Jacques R. Pauwels - Profit Uber Alles a
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.,
Jacques R. Pauwels
Pro t i i er a es!
Come la grande industria americana
imparò adamare ilfascismo e la guerra
Traduzione di
Silvio Calzavarini
•
LA CITTA DEL SOLE
3
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In copertina: 30luglio 1938, il Vice-Console del Terzo Reich Fritz Hailer
conferisce, su incarico di Hitler, la Gran Croce dell'Aquila Germanica
a Henry Ford in occasione del suo sessantacinquesimo compleanno
Questo articolo è stato pubblicato da GlobalResearch
1'8 giugno 2004. Mentre l'America conduce la guerra in
Medio Oriente, questo articolo incisivo èfrutto di ricerche
accurate da parte di jacques Pauwels efornisce una comp-
rensione storica delle relazioni fra guerra eprofitto.
Edizioni
iD«LA CITTÀ DEL SOLE"
Via Giovanni Ninni, 34
80135 Napoli
ISBN 978-88-8292-409-6
,
Le Edizioni La Città del Sole sono contro la ridu
zione a merce dell'individuo e del prodotto del suo•
mgegno.
La riproduzione, anche integrale, di questo volume è,
pertanto, possibile e grztuita, ed è subordinata ad autoriz
zazione dell'editore soltanto a garanzia di un uso proprio
e legittimo dei contenuti dell'opera.
INDICE
Nota dell'editore
Ammiratori del Fììhrer
Depressione? Quale depressione?
Meglio Hitler di «Rosenfeld»
Blitzkrieg «rnade in USA»L'aiuto americano ai sovietici . .. e ai nazisti
Affari ... come al solito
Guerra uguale denaro
Niente bombe sulla Ford-Werke
Epilogo
p. 7
14
17
27
3647
54
66
77
89
5
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,
Nota dell'editore
Questo scritto, apparso su Global Research 1'8 giugno
2004, è una efficace e breve sintesi, con finalità divulga
tive, del libro dello stesso Autore, Il mito della guerra
buona, che, su base rigorosamente documentaria, dis
trugge molte delle falsità che sono state insinuate e radi
cate nell'opinione pubblica con riferimento a dichiaraz
ioni e comportamenti che gli Stati Uniti hanno espressoprima, durante e dopo la seconda guerra mondiale.
Nel momento in cui, anzi, quegli stessi "campioni
della libertà e della democrazia", i "liberatori" di ieri
"esportano" oggi "la democrazia" in Iraq, in Afghani
stan e in mezzo mondo, la lettura di uno storico, non
mercenario e non revisionista, come Pauwels può es
sere preziosa per comprendere le relazioni - di ieri e di
oggi - tra guerra e profitto: verità terribili, che stridono
violentemente con credenze e luoghi comuni seminati
a p iene mani da media e politici interessati e avallate
da altri "storici" fin troppo "disinvolti".
Pauwels non soltanto ricorda al let tore le ben note
simpatie dichiarate di Henry Ford - che è stato e resta
quasi una icona sacra del capitalismo americano - per
Hitler e per il nazismo, ma denunzia - documenti alla
mano - come l'alta finanza e le grandi corporations degli
Stati Uniti finanziarono l'ascesa al potere del nazional-
7
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socialismo, l'aiutarono a riarmarsi e a preparare la guer
ra, lo sostennero nelle sue aggressioni e continuarono
a lavorare per lo sforzo bellico tedesco anche quando
il proprio paese scese in guerra contro la Germania.
Tra gli estimatori e i sostenitori d i H it le r c'era tutto
il "Gotha" della finanza americana: Standard Oil, Gen-
eral Motors, Ford, IBM, Coca-Cola, D u Pont, Union,
Carbide, Westinghouse, GeneraI Electric, Goodrich,
Singer, Kodak, ITT, J. P. Morgan, etc. etc.
I motivi di questa simpatia e di questo sostegno
erano evidenti e, del resto, dichiarati: Hitler no n aveva
proclamato la sua crociata anticomunista? E, infatti ,•
un a volta preso il potere anche co n questi aiuti, aveva
eliminato fisicamente - uccidendoli o m et te nd ol i i n
galera - i comunist i, aveva tol to di mezzo i s indacat ie le loro fastidiose rivendicazioni, ridotto i lavoratori
tedeschi a un a massa intimidita e sottopagata di ubbi
dienti esecutori, e - dopo l 'inizio della guerra - aveva
messo a disposizione degli industriali tedeschi e ameri
cani un esercito di schiavi rastrellati in tutta Europa.
E, infine, Hitler aveva dichiarato di voler aggredire e
distruggere l'Unione Sovietica. Ai finanzieri americani
dovevanq essere apparsi, rispettivamente, il caporaleaustriaco come il messia del capitalismo e la Germania
nazista come il paradiso terrestre.
In ogni caso i capi ta li st i americani no n furono,
neppure allora, ammiratori e mecenati disinteressati: ilnazismo pagò sostegno e simpatia co n i lauti profitti del
riarmo prima e dello sforzo bellico poi. Alla Wermacht
servivano camion, cingolati e altri mezzi motorizzati?
Li fornirono - a prezzi molto convenienti - prima e per
tutta la durata del conflitto, le filiali tedesche di Ford e
8
GeneraI Motors. E poiché serviva anche la benzina per
far spostare velocemente nella "guerra lampo" camion e
carri armati, ecco farsi avanti la Esso e laTexaco, pronte
a soddisfare anche quest'esigenza prima con laute for
niture di petrolio e, in seguito, dopo l'entrata in guerra
degli USA, anche co n la produzione i n G er ma ni a di
benzina sintetica. Poco importava che quei carri armati
e i soldati, trasportati co n quei camion mossi da quella
benzina, sparassero anche contro i soldati americani: il
profitto era ùber al/es! E questo valeva, naturalmente,
anche per tutte le altre corporations statunitensi che
operavano in Germania. E pensate che i signori della
IB M, c omodame nte seduti a Wall Street , avessero il
proprio sonno turbato dal fatto che, al di là dell'oceano,
le loro macchine e il loro know-how servissero alle SSpe r selezionare gli esseri umani che dovevano essere
avviati ai campi di sterminio e alle camere a gas?!?
Business are business: e la guerra è certamente l'affare
pi ù remunerativo che si possa immaginare, ieri come
oggi. Prima e durante il conflitto garantisce gli enormi
profitti delle commesse; dopo consente di godere delle
spoglie del nemico, di spadroneggiare e di sfruttare
mercati ancora più ampi, magari anche sulla pelle deglistessi "alleati".
L'alta finanza statunitense è stata sempre maestra in
quest't'arte" di mettere il profitto ùber al/es. Durante
la seconda guerra mondiale, mentre intascava profitti
enormi dalla collaborazione e dalla complicità con i
nemici del proprio paese e dei popoli di tutto il mondo,
aiutava "generosamente" anche i nemici della Germania
hitleriana co n prestiti e quantità e normi di forniture
belliche. In tal modo raggiungeva un duplice scopo:
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acquisiva facilmente da questi prestiti e forniture altriprofitti astronomici, e, nello stesso tempo, indebolivae asserviva gli "alleati" concorrenti che si coprivanodi debiti nei suoi confronti. I classici due piccionicon una sola fava. La Gran Bretagna, grazie a questomeccanismo perverso, uscì stremata dalla guerra, eco
nomicamente in balia dei finanzieri americani, costrettaa rinunciare, pezzo per pezzo, al suo impero colonialee alla sua egemonia in vaste e ricche aree del pianetain cui - manco a dirlo - si affrettarono a sosti tuirla gliStati Uniti, ormai unica superpotenza capitalistica.
Non basta. Dopo la guerra la "generosità" dei "liberatori" venne in soccorso dei popoli - vincitori e vinti,indifferentemente - con aiuti economici e alimentari
che consentirono al capitalismo americano di accumulare altri profi tt i, di smaltire le scorte accumulatenel periodo bellico, di riconvertire in parte la propria
industria e di insediarsi in posizione egemone nelleeconomie di mezzo mondo.
Di fronte a tanto lucido cinismo non sorprende cheHenry Ford chiarisse così la vocazione "liberatrice" degliUSA: "Né gli Alleati, né l'Asse devono vincere la guerra.
Gli Stati Uniti dovranno fornire ai due campi i mezziper continuare a battersi fino all'annientamento di tuttie due". Né stupisce che nel 1941 l'allora Vice Presidente HarryTruman, con la sua grossolana franchezza, sintetizzasse intenzioni e scopi dell'America dichiarando:"Se la Germania vince, dobbiamo aiutare la Russia, e sela Russia vince, dobbiamo aiutare la Germania, affinchépossiamo ottenere il massimo vantaggio da entrambe".
L'unica cosa che non era stata messa nel conto
da Ford, Truman & c., era che l'Unione Sovietica e
lO
i popol i d'Europa potessero resistere vittoriosamentealle armate hitleriane e poi, addirittura, sconfiggerie.Americani e britannici avevano sperato che i loro competitori tedeschi e gli odiati sovietici si scannassero traloro. Soltanto quando - a partire da Stalingrado - la irresistibile controffensiva sovietica delineò con chiarezza
la "vittoria comunista", gli "Alleati" si decisero ad aprireil "secondo fronte" non potendo consentire che fossel'Armata Rossa a liberare l'intera Europa.
L'opera di Pauwels è, dunque, preziosa per riprist inare la verità della storia, ma anche per farci comprendere il presente , al di là di quello che la retorica egli stereotipi della propaganda cercano di ammannire
e che il fervore revisionistico di certi "storici" prova a
benedire. E, allora, è possibile individuare e seguire un
filo nero che congiunge le motivazione dei "liberatori"della seconda guerra mondiale con gli "esportatori didemocrazia" dei giorni nostri.
È un caso che il nonno di Gorge W. Bush fosse uno
dei finanziatori di Hitler? Oppure per il nipote ilprofittoè, come per suo nonno, sempre e comunque ùber al/es?
Sergio Manes
•
Il
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,
Negli Stati Uniti la Seconda Guerra Mondiale è ge
neralmente nota come la "crociata" nella quale l'America
combatté eroicamente per la democrazia, la libertà e la
giustizia contro la dittatura. Diversamente da altri con
flitti che si ammette siano stati "cattivi", come le guerre
indiane, quasi paragonabili ad un genocidio , o quello
iniquo combattuto nel Vietnam, la Seconda GuerraMondiale è largamente celebrata comela «guerra buona»,
ovvero quella in cui gli USA si batterono disinteressata
mente dalla parte del «bene» contro il «male». Questa ter
minologia risulta, in definitiva, giustificata dalmomento
che il nazismo (ed anche il militarismo giapponese)
furono certamente, per usare l'espressione dello storico
americano Howard Zinn, «un nemico di una malvagità
indescrivibile-'. LAmerica merita certamente considera
zione e rispetto per l'importante contributo offerto alla
vittoria conseguita dagli Alleati ed ottenuta al prezzo di
duri combattimenti, ma è veramente difficile sintetizzare
il ruolo della grande industria americana nel conflitto
con l'affermazione del presidente Roosevelt, secondo il
I Howacd Zinn , A Peoples History 01the United States, New
York, 1990, p. 398 ; cc. it. di E. ' Mannucci, Storia del popolo
americano.Dal 1942 a oggi, 2005, Il Saggiarore, Milano.
13
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quale gli USAsono stati «l'arsenale della democrazia». Gli
aereoplani, le navi, i carri armati, gli autocarri, le jeep e
gli altri mezzi che resero possibile la vittoria alleata, non
sarebbero probabilmente stati prodotti senza l'impegno
di proprietari e dirigenti della grande industria america
na (la Corporate America). Quando, tuttavia, nel giugno
del 1944 i soldati USA sbarcarono in Normandia e
catturarono i primi autocarri tedeschi furono molto stu
piti nello scoprire che anche quei veicoli erano dotati di
motori prodotti da ditte americane come Ford e General
Morors", Venne allora alla luce che la grande industria
USA si era in realtà comportata anche come l'arsenale
del nazismo.
Ammiratori del Fùbrer
Hitler e Mussolini e il loro fascismo, nelle rispettive
varianti tedesca e italiana, si guadagnarono fin dall'ini
zio il disprezzo di molti americani, ma l'atteggiamento
dei leader della Corporate America fu invece molto
ambivalente. Nell'ambiente, Mussolini era stato molto
ammirato per il colpo di stato che l 'aveva portato al po
tere assieme ad «una rivoluzione giovane ed attraente .",Hitler, d'altro canto, suscitava sentimenti contradditto-
2Michael Dobbs, «US Automakers Fight Claims of Aiding
Nazis», The International Herald Tribune, 3 dicembre 1998.
3David F. Schmitz, «A Fine Young Revolution: The United
Stares and the Fascist Revolution in Italy, 1919-1925,» Radical
History Review, 33 , settembre 1985, pp. 117-138; ]ohn P. Diggins, Mussolini and Fascism: The View from America, Princeton,
New ]ersey, 1972.
14
ri. Esattamente come i loro omologhi in Germania, gli
uomini d'affari americani erano seriamente preoccupati
riguardo a scopi e a metodi di questo rozzo parvenu,
la cui ideologia era chiamata Nazional Socialismo, il
cui partito si presentava come partito dei lavoratori e
alludeva minacciosamente a mutamenti rivoluzionari".
Alcuni dirigenti d'alto profilo della grande industriaamericana, come ad esempio Henry Ford, apprezza
rono e s'entusiasmarono per Hit ler, s in dall' inizio",
Precoci ammiratori di Hitler furono il magnate della
stampa Randolph Hearst e Irénée Du Pont, alla testa
del trust Du Pont che, secondo Charles Higham, aveva
già «seguito con passione la carriera del futuro Pììhrer
nel corso degli anni Venti» e l 'aveva sostenuto finan
ziariamente", Solo alla fine, comunque, gran parte deicapitani d'industria americani impararono ad amare
il Ftìhrer,
Spesso si suggerisce che il fascino di Hitler avesse
a che fare con la sua personali tà, ossia se ne fornisce
una ragione psicologica. Si fa l 'ipotesi che personaggi
4 Gabriel Kolko, «American Business an d Germany, 1930
1941», The Wéstern Political Quarterly, 25 , dicembre 1962, p.
714. Kolko riferisce dello «scetticismo dei giornalisti economici
americani nei confronti di Hit ler- motivato dal f at to che egli
era «un non conformista sia quanto alle sue vedute politiche
che economiche».
5Neil Baldwin, Henry Ford and the [eus: The Mass Production
ofHate, New York, 20 0 l, in particolare le pp.I72-191; Charles
Higham, Trading with the Enemy: An Exposé oftheNazi-American
Money Plot 1933-1949, New York, 1983, p. 162.
6 Higham, op. cit., p. 162
15
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di grande potere potessero non tanto aiutare, quanto
piuttosto esprimere simpatia ed ammirazione per un
uomo che predicava le virtù del "primato del comando"
e metteva in pratica quanto andava dicendo sia nel suo
partito che in tutta la Germania. Anche se cita altri
fattori, è essenzialmente in questi termini che Edwin
Black, autore del l ibro , del resto eccel lente, 1'IBM t
l'Olocausto, spiega il caso del presidente dell'IBM Tho-
mas J.Watson, che incontrò Hitler in diverse occasioni
nel corso degli anni Trenta e fu affascinato dall'autorita-- .
rismo del nuovo capo di s ta to tedesco. E, tuttavia, con
la politica economica, piuttosto che con la psicologia,
che si riesce a venire a capo in modo più comprensibile
e convincente delle ragioni pe r cui la grande industria
americana abbracciò Hitler.Nel corso degli anniVenti, grosse aziende statunitensi
avevano fatto cospicui investimenti in Germania. 1'IBM
aveva costituito una sussidiaria tedesca, la Dehornag,
anteriormente alla Prima Guerra mondiale. La Genera]
Motors aveva acquisito negli anni Venti la più grande
azienda automobilistica tedesca, la Adam Opel AG,
mentre la Ford si costruiva una fabbrica affiliata, in se
guito nota come Ford-Werke, a Colonia. Altre imprese
americine avevano comprato partecipazioni strategiche
in aziende tedesche. LaStandardOil ofNew Jersey- oggi
Ex:xon - sviluppò stretti legami con il gruppo tedesco IG
Farben/. Agli inizi degli anniTrenta, un'èlite di circaventi
tra i maggiori gruppi industriali statunitensi - tra cui Du
Pont, Union Carbide, Westinghouse, GeneraI Electric,
7 Kolko, op. cit., p. 721 e sego
16
Gillette, Goodrich, Singer, Eastman Kodak, Coca-Cola,
IBM, ITT - aveva interessi in Germania. Inoltre, molti
uffici legali americani, compagnie finanziarie e banche
erano attivamente coinvolte in un'aggressiva politica di
investimenti in terra tedesca. Tra questi il rinomato stu
dio legale di Wall Street Sullivan & Cromwell, le banche
J.P'Morgan e Dillon, Read & Company, come pure la
Union Bank di New York detenuta da Brown Brothers
& Harriman. La Union Bank era strettamente collegata
all'impero finanziario ed industriale delmagnate tedesco
dell'acciaio Thyssen, il cui sostegno finanziario aveva
contribuito all'ascesa al potere di Hitler. Questa banca
era diretta dal nonno di GeorgeW Bush , Prescot t. Si
dice che Prescott Bush fosse un entusiasta sostenitore di
Hitler, cui fece affluire denaro attraverso Thyssen e che
in r itorno ne ebbe cospicui guadagni con lo sviluppo di
grandi affari con la Germania nazista. Con questi profitti,
lanciò nei settore petrolifero il figlio, chemolto più tardi
divenne presidente degli Stati Uniti",
Depressione? Quale depressione?
All'inizio degli anni Trenta, tuttavia, queste attività
oltreoceano delle grandi industrie americane avevano
poco successo, dato che la Grande Depressione picchiava
8Webster G. Tarpley eAnton Chaitkin, «The Hitler Project»,
capitolo secondo di GeorgeBush: The Unauthorized Biography,
Washington, 1992 e nel web all 'indir izzo http://www.tarpley.
net/bush2.htm; «Ali in the Family: The AppIe does no t fall far
f rom the Bush», Press for Conversion, 54, agosto 2004.
17
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particolarmente duro anche in Germania. Produzione e
profitti erano precipitati, la situazione politica era estre
mamente instabile, mentre si susseguivano scioperi e
scontri nelle strade tra nazisti e comunisti, e molti teme
vano che ilpaese fosse maturo per una rivoluzione "rossa"
come quella che aveva portato i bolscevichi al governo in
Russia nel 1917. Sostenuto, tuttavia, dalla potenza e dal
denaro di industriali e banchieri comeThyssen, Krupp e
Schacht, Hitler salì al potere nel gennaio 1933 e no n solo
la situazione politica, ma anche quella socio-economica
cambiò drasticamente. Subito le filiali tedesche delle
grandi industrie americane iniziarono a macinare profitti.
Perché? Dopo l'ascesa al potere di Hitler, i dirigenti delle
aziende americane con attività in Germania si accorsero,
con immensa soddisfazione, che la cosiddetta rivoluzione
rispettava lo status quo socio-economico. La variante
teutonica del fascismo, come d'al tronde ogni altra sua
varietà, era reazionaria per natura ed estremamente utile
per le finalità capitalistiche. Portato al potere dai princi
pali uomini d'affari e banchieri tedeschi, Hitler ne favorì
gli interessi. La sua prima e più importante misura fu
quella di sciogliere i sindacati e di mettere i comunisti e
molti militanti socialisti in prigione e nei primi campi diconcentramento, specificatamente allestiti per accogliere
un gran numero di prigionieri politici di sinistra. Questo
trattamento spietato non solo eliminò la minaccia di
un mutamento rivoluzionario - impersonato in gran
parte dai comunisti tedeschi - ma privò di ogni capacità
combattiva la classe operaia tedesca e la trasformò in una
"massa obbediente" priva di ogn i potere - Gefolgschaft,
per usare laterminologia nazista - incondizionatamente a
disposizione dei suoi datori di lavoro, iThyssen e i Krupp.
18
Nello stato hitleriano, i lavoratori «erano poco più che
servi cui eravietato non solo di scioperare, ma persino di
cambiare lavoro», spinti «a lavorare più duramente [e] più
in fretta» mentre le loro paghe «venivano deliberatamente
tenute molto basse-". Gran parte, senon tutte, le imprese
in Germania, comprese le filiali tedesche dei gruppi ame
ricani, approffitarono appassionatamente di questasitua
zione e tagliarono drasticamente i costi di manodopera.
La Ford-Werke, ad esempio, ridusse il costo del lavoro
dal 15% del volume d'affari nel 1933 all' 11% nel 193810•
Lo stabilimento d'imbottigliamento della Coca-Cola ad
Essen incrementò considerevolmente i suoi profitti grazie
al sistema nazista di maggiorlavoro e stipendi più bassi I l .Nella Germania nazista i salari reali decrebbero rapida
mente, mentre - in modo corrispondente - aumentavano
i profitti. Ciò nonostante non sorgevano problemi sinda
cali di alcun tipo dato che ogni tentativo di organizzare
uno sciopero scatenava un'immediata risposta armata
da parte della Gestapo che finiva con licenziamenti ed
arresti. Questo fu quanto successe nello stabilimento
dellaGM a Rììsselsheim nel giugno 193612• Come scrisse
9 Mark Pendergast, For God, country and Coca-Cola: the un
authorizedhistory ofthegreatAmerican 50ft drink and the company
that makes it, New York, 1993, p. 221; tr. it. La vera storia del la
Coca-Cola, 1996, Piemme, Casale Monferrato (AL).
lO Research FindingsAbout Ford-Wérke Under the Nazi-Regime,
Dearborn, 2001, pp. 135-136, http://media.ford.com/events/
fw research.cfm.
11 Pendergast, op.cit., p. 221.•
12
Reinhold Billstein, Karola Fings, Anita Kugler, NicholasLevis, Working /or the Enemy: Ford, Generai Motors, and Forced
19
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dopo la guerra l'insegnante e membro della resistenza
antifascista della Turingia Otto jenssen, i direttori delle
industrie tedesche erano lieti che «la paura del campo di
concentramento rendesse gli operai tedeschi tanto docili
quanto i cani da passeggio-P.Proprietari e dirigenti delle
grandi industrie americane con investimenti in Germanianon eranomeno affascinati e seesprimevano apertamente
la loro ammirazioneper Hitler- come fecero il presidente
della ITT Sosthenes Behn e ilcapo della GeneralMotors,
WilliamKnudsen che pubblicamente paragonòHitler ad
«un miracolo del Ventesimo Secolo»- fu indubbiamente
perché egli aveva risolto i problemi sociali dellaGermania
in un modo che aveva giovato ai loro interessi".
Hitler si accattivò la simpatia dei grandi industrial:
americani anche per un'altra importante ragione: fece
balenare davanti ai loro occhi una soluzione all'enorme
problema della Grande Depressione. Il suo rimedio ers
una specie di stratagemma keynesiano, ove gli ordini ds
parte dello stato stimolavano la domanda e ottenevanc
che la produzione si rimettesse in moto. Ciò rendeva pos-
Labor d,uring the Second Wor!d Wtlr, New York, 2000, p. 25Henry Ashby Turner jr., Genera! Motors and tbe Nazis: Th
Struggle for Contro! o/ Opel, Europei Biggest Carmaker, Nev
Haven e London, 2 005, p. 23.
13Citazione da Manfred Overesh, Machtergreifung von links
Tbùringen 194511946, Hildesheim, 1993, p. 64.
14 Citazione di Knudsen da Higham, p. 163. Vedi anch.
Volker Berghahn, «Writing theHistory of Business in the Thin
Reich: Past Achievements and Future Directions», in Francis R
Nicosia e Jonathan Huener (a cura di) , Business and Industry i iNazi Germany, New York e Oxford, 2004, p. 142 e sego
Sa lone dell'auto di Berlino, 1936:
Hitler ammira un modello Ford fabbricato in Germania
sible alle imprese presenti in Germania - incluse quelle di
proprietà straniera - di accrescere in modo spettacolare
la produzione e di far giungere i profitti a livelli senza
precedenti. Quello che lo stato ordinava all 'industria te
desca erano, comunque, equipaggiamenti militari e fu
subito chiaro che la polit ica di riarmo di Hitler avrebbe
inesorabilmente condotto alla guerra, dato che solamente
il bottino risultante da una guerra vittoriosa avrebbe alla
fine consentito al regime di ripagare i conti salati che i suoi
fornitori gli avrebbero presentato. Il riarmo nazista si rivelò
una meravigliosa finestra di opportunità per le filiali della
grande industria americana. Ford rivendica chela suaFord
Werke venne discriminata dal regime nazista per il fatto
che ilsuo proprietario erastraniero,ma riconosce che nella
seconda metà degli anni Trenta la sua filiale di Colonia
I,•
2021
•
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venne «formalmente cerrificata [dalle autorità naziste] .. .
di origine tedesca» e pertanto «con i requisiti per ricevere
contratti govemativia". Ford si affrettò ad approfittare
di questa opportunità, anche se gli ordini del governo
riguardavano quasi esclusivamente forniture militari.
Lo stabilimento della Ford tedesca aveva registrato
grosse perdite nella prima parte degli anni Trenta, tuttavia, con i vantaggiosi contratti governativi, grazie alla
corsa agli armamenti di Hitler, i profitti annuali della
Ford-Werke crebbero in modo spettacolare dai 63.000
Reich Mark (RM) del 1935 al 1.287.800 RM del 1939.
Alla fabbrica Opel di Riisselsheim, vicino a Mainz, che
pure aveva subito perdite all'inizio del decennio, andò
persino meglio grazie al programma di riarmo tedesco.
Un guadagno di 35 milioni di RM - circa 14 milioni didollari - venne registrato nel 193816• «Il brutto anatrocco
lo delle industrie americane in Germaniasi rivelò in pochi
anni un'oca dalle uovad'oro,» scriveHenryAshbyTurner,
uno storico che ebbe l'incarico da GM di scrivere la sto
ria della sua filiale tedesca durante il Terzo Reich e che
ha pubblicato un libro sull'argornenro'". Nel 1939, alla
15 Res,earch Findings, p. 21
16 Research Findings, pp. 135-136; Billstein et al., p. 24;
Stephan H. Lindner, Das Reichskommissariat fUr die Behandlung
feindlichen Vermogens im Zwiten Weltkrieg: Eine Studie zur Verwal
tungs-, Recbts- und Wirtschaftsgeschichte des nationalsozialistichen
Deutschlands, Stuttgart, 1991, p. 121; Simon Reich, The Fruits of
Fascism: Postwar Prosperity in Historical Perspectiue, IthacalNY- Usa
e London, 1990, pp . 109 ,117,247; vedi anche Ken Silverstein,
«Ford and the Fuhrer», The Nation, 24 gennaio 2000, pp. 11-16.
17Turner, op. cit., p. lO
22
vigilia della guerra, Alfred P. Sloan giustificava pubblica
mente le attività del suo gruppo nella Germania nazista,
sottolineando il carattere estremamente remunerativo
delle operazioni della GM sotto ilTerzo Reich'". Un altro
grande gruppo americano che approfittò di questo eden
dei profitti nellaGermania di Hitler fu l'IBM. Lasua filia
le tedesca, Dehomag, fornì ai nazisti le machine perforatrici - precursori dei moderni computer - necessarie per
automatizzare la produzione e con esse guadagnò grandi
somme di denaro. Nel 1933, l'anno dell'ascesa al potere
di Hitler, la Dehomag produsse profitti per un milione di
dollari, e durante i primi anni del regime nazista la filiale
tedesca riversò all'IBM negli USA circa 4,5 milioni di
dollari in dividendi. Nel 1938, ancora in piena Depres
sione,«iprofitti annuali furono 2.3 milioni di RM, un
ritorno del 16 per cento sul fatturato netto,» scriveEdwin
Black. Nel 1939 i guadagni della Dehomagaumentarono
in modo spettacolare arrivando a circa 4 milioni di RM 19.
Le imprese americane con stabilimenti in Germa
nia non furono le uniche ad approfittare degli inattesi
ricavi provenienti dalla corsa al r iarmo di Hitler. La
Germania stava accumulando riserve di carburanti
18 Citato in Michael Dobbs, «Ford and GM Scrutinized
foe Al1eged Nazi Collaboration», The Washington Post, 12
dicembre 1998.
19 Edwin Black, IBM and Holocaust: The Strategic Alliance
between Nazi Germany andAmerica's Most Powerfùl Corporation,
London, 2001, pp. 76-77 , 86-87, 98, 119-121 ,164-198,222;
tr. il. d i Rober ta Zuppet e Sergio Mancini, LIBM e l'Olocausto.
I rapporti tra il Terzo Reich e una grande azienda americana,
200 l, Rizzoli, Milano.
23
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in previsione della guerra e questi vennero in gran
parte forniti dalle industrie petrolifere americane. La
Texaco ottenne grandi profitti dalle sue vendite alla
Germania, e pertanto non è una sorpresa il fat to che
il suo presidente, Thorkild Rieber, divenne un altro
imprenditore americano che nutriva grande ammi-
razione per Hitler. Un membro del servizio segreto,germanico riferì che egli era un «ammiratore sincero
'del Ftihrer» ed «assolutamente filo-tedesco» Rieber
divenne anche un amico personale di Coring, lo "zar"
di Hitler per l'economia?". Quanto alla Ford, non si
limitò a produrre su suo lo tedesco per i nazisti , ma
esportò direttamente dagli Stati Uniti alla Germania
autocarri parzialmente assemblati. Questi veicoli ven
nerosottoposti
alle fasi finali delmontaggio
alla FordWerke di Colonia e furono pronti giusto in t empo per
essere usati nella primavera del 1939 nell'occupazione
hitleriana di quella parte della Cecoslovacchia che non
gli e ra stata ceduta nello scellerato Patto di Monaco
stipulato l'anno prima. In aggiunta, nell'ultimo scor
cio degli anni Trenta Ford aveva inviato alla Germania
materiali grezzi strategici, talvolta attraverso sue filiali
presenti in paesi terzi. Nel solo 1937, queste spedi-
zioni comprendevano quasi due mil ioni di libbre di
gomma e 130.000 libbre di rame-".
Le grandi industrie americane fecero grandi profitti
nella Germania di Hitler. Questa, e non il preteso ca-
20Tobias Jersak, «0 1fur den Fùhrer», Frank.fùrterAl/gemeine
Zeitung, Il febbraio 1999.
21 Research Findings, pp. 24-28.
24
risma del Filhrer, è probabilmente la ragione per cui i
proprietari e i dirigenti di queste imprese l 'adoravano.
Di rimando, anche Hitler e suoi amici erano compia-
ciuti dei risultati ottenuti dal capitale americano nello
stato tedesco. In effetti, la produzione di materiale
bellico da parte delle filiali Usa in Germania corrispose
e persino superò le aspettative della leadership nazista.Berlino pagava con puntuali tà ed Hitler in persona
dimostrava il suo apprezzamento conferendo presti
giose decorazioni a persone come Henry Ford, Thomas
Watson del l' IBM ed al direttore dell'export di GM ,
James D. Mooney.
Il regime nazista, almeno in linea teorica, non con-
sentiva che i guadagni fatti da imprese estere venissero
rimpatriati. In realtà, le case madri riuscivano ad aggirare questo embargo. Ad esempio, l'ufficio centrale
dell' IBM di New York fatturava regolarmente alla sua
filiale tedesca "royalties", interessi su prestiti, ed ogni
sorta d i altri "costi"22. Queste pratiche, come pure
altre transazioni bizantine tra l a sede cent ra le e la sua
succursale, servivano a ridurre i profi tt i dichiarat i in
Germania e costituivano una strategia di evasione fisca
le molto efficace. È poco verosimile che l'IBM sia stata
l'unica impresa USA a uti lizzare quest i s is temi vol ti a
evitare il divieto nazista al rimpatrio dei profitt i. La re
strizione, comunque, comportava che gli utili venissero
reinvestiti in un paese dalle grandi opportunità, quale
si stava rivelando la Germania dell'epoca, ad esempio
con la modernizzazione degli impianti esistenti, con
•
22 Black, op. cit., pp. 59 e seg. , pp. 76 e sego
25
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la costruzione o l'acquisizione di nuovi stabilimenti,
l'acquisto di obbligazioni statali tedesche o di proprietà
immobiliari. L'IBM reinvestì parte dei suoi considere
voli guadagni in una fabbrica nel sobborgo berlinese di
Lichterfelde, in un ampliamento del suo principale im
pianto di Sindelfingen, vicino Stoccarda, nell'acquisto
di immobili destinati a locazione a Berlino ed altri benisicuri. (Allo stesso modo Opel investì nell'espansione
e modernizzazione dei suoi impianti e nell'acquisto di
obbligazioni di risparmio emesse dal Reich.) In queste
circostanze, il valore dell'impresa IBM in Germania au
mentò considerevolmente. Alla fine del 1938, il valore
netto di Dehomag era raddoppiato da 7.7 milioni RM
nel 1934 a più di 14 milioni RM. Analogamente, i beni
totali della Ford-Werke erano lievitati dai 25.8 milioni
RM del 1933 ai 60.4 milioni RM nel 1939. Quanto
alla Opel, la stima del suo valore alla fine del 1939 era
di 86.7 milioni di dollari, più del doppio dell'iniziale
investimento GM in Germania, che ammontava a 33.3
milioni di dollari". Il complesso dei beni americani
in Germania, pertanto, aumentò considerevolmente
sotto Hitler ed assommava a 450 milioni di dollari
al momento dello scoppio della guerra nel 1939 ed a
circa 475 milioni di dollari nel dicembre 1941, quando
avvenne l'attacco giapponese a Pearl Harbor".
23 Black, op. cit., pp. 76-77, 86-87, 98, 119-121; Research
Findings, p. 133; Turner, op. cit., p. 12.
24 Research Findings, p. 6; Simon Reich, «Corpo rate Social .
Responsibility and the Issue ofCompensarion:The Case of Ford
andNazi Germany
»,in Nicosia e Huener,
op. cit. ,p. 114.
26
Meglio Hitler di «Rosenfeld»
Nel corso di tutti gli «sporchi anni Trenta» l'eco
nomia americana restò impantanata nel fango della
Grande Depressione. Il problema chiave era l'insuf
ficiente domanda economica a fronte dell 'imponente
offerta esistente. Il presidente Roosevelt cercò di ravvivare la prima con un approccio di tipo keynesiano,
con l 'operazione che viene indicata come il "caricare
la pompa" dell'economia. Gli ordini vennero stimolati
da gigantesche iniziative statali come la costruzione di
dighe nella valle del fiume Tennessee. Questa politica
economica "statale" divenne nota come "New Deal",
ma fu bollata come "socialista" dai campioni della libera
impresa, inclusi molti leader dell'industria americana,anche se in seguito molti storici la celebrarono come
una politica illuminata, audace ed efficace. In realtà, il
"New Deal" di Roosevelt non si dimostrò un rimedio
risolutivo per curare la malattia che aveva attaccato
l'economia. Vedremo presto quali fattori metteranno
realmente fine alla Grande Depressione negli USA.
Negli "sporchi anni Trenta", mentre milioni di citta
dini americani soffrivano disoccupazione e povertà, ca
pitani d'industria come Henry Ford si preoccupatvano
soprattutto dei declinanti profitti industriali. Per giun
ta, l'America delle grandi Corporation si scontrava con
la crescente attività di sindacalisti, comunisti ed altri
radicali che stavano diventando tanto numerosi negli
Stati Uniti da convincere molti storici ad indicare quel
decennio anche con il nome di "rossi anni Trenta". I
leader dell'industria americana trovavano Roosevelt fin
troppo accomodante con i "rossi" mentre d'altro canto
27
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Copertina dell'edizione tedesca del libro antisemita di Henry Ford
The International Jew
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non potevano soffrire le sue interferenze nell'economia,
presumibilmente di tipo "socialista", rappresentate dal
"New Deal". Negl i USA, grandi gruppi industriali
come la GM e la Ford potevano solo sognarsi i grandi
profitti che le loro filiali tedesche stavano accumulan
do grazie ad Hitler e, allo stesso tempo, unicamente
augurarsi che un leader polit ico forte li sbarazzassedei "rossi», come Hitler aveva inflessibilrnente fatto in
Germania. Dal punto di vista dell'él ite della grande
industria USA, Hitler appariva non solo come un cu
stode dell'economia nazionale migliore del presidente
Roosevelt, ma anche un politico molto più sensibile alle
esigenze ed ai desideri del mondo degli affari.
Che dire degli aspetti marcatamente negativi della
personali tà e del regime del Fiihrer? Il suo razzismoed il suo antisemitismo non disturbavano i leader del
l 'America industriale? La risposta a queste domande
è sfortunatamente negativa. I maggiori proprietari e
dirigenti USA erano quasi senza eccezione dei bianchi
che avevano assorbito le idee di darwinismo sociale
e similari tipiche del tardo diciannovesimo secolo e,
come Hitler, erano convinti della superiorità delle
razze "nordiche" e dell' inferiorità dei neri. L'odio raz
ziale proclamato e diffuso da Hit le r non era ritenuto
un problema, e neppure il suo antisemitismo. Molti
leader della grande industria americana erano antise
miti dichiarati. Già nel 1920 Henry Ford aveva dato
alle stampe un libro veementemente antiebraico, The
InternationalJew, che venne tradotto in diverse lingue.
Hitler ne lesse l'edizione tedesca ed in seguito riconob
be che l 'opera di Ford gli aveva fornito ispirazione ed
incoraggiamento. Un'altra figura di grande spicco tra i
28 29
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• •• •rnagnan amerrcaru, nororramenre antisemita, fu Irénée
)Du POnt, pur se anche nella sua famiglia c'era stato
qualche antenato ebreo".
L'antisemitismo americano, tipo quello di Ford e
della Du Pont, assomigliava fortemente a quello d i
Hitler, la cui vi sione dell'ebraismo era intimamente
intrecciata a quella del marxismo, come ha argomen
.tato in modo convincente Arno J. Mayer nel suo l ibro
,Why Did the Heavens not Darken26? Hitler dichiarava
di essere un socialista, ma si trattava di un socialismo
"nazionale", un socialismo esclusivamente per tedeschi
razzialmente puri. Hitler scelse di ammantare se stesso
il suo movimento fascista con la bandiera del socia
lismo perché aveva capito che l 'ideale di eguaglianza e
,solidarietà tra i lavoratori era molto popolare allora in'Germania ed era pertanto una chiave pe r il successo
elettorale. Quanto al socialismo genuino, quello che .
proclamava la solidarietà internazionale della classe
opera ia e si ispirava a ll 'opera di Karl Marx, era tema
violentemente disprezzato da Hit ler in quanto ideo- .
logia ebraica che avrebbe condotto a rendere schiavi .
o persino a dis truggere i tedeschi e gli a ltr i "ariani". I
nazisti consideravano il marxismo un socialismo inter-
25 Henry Ford, The lnternational [eto: The World's Foremost
Problem , Dearborn, 1920; Higham, op. cit., p. 162; Domenico
Losurdo, Il linguaggio dell1mpero: Lessico dell'ideologia americanaBari, 2007, pp. 114 e sego '
26 Arno ]. Mayer, Why Did tbe Heavens not Darken? The
Final Solution in History, NewYork, 1988; tr , i t. di G. Panzieri
Saija, Soluzionefinale. Lo sterminio degli Ebrei nella storia europea,
1990, Mondadori, Milano.
30
nazionale, lo scellerato contrario del loro socialismo
nazionale e un'invenzione - per citare il t itolo del libro
di Ford - dell"'Internazionale ebraica".
Hitler aborriva come "ebree" tutte le forme di
marxismo , ma nessuna più del comunismo, allora
generalmente chiamato "bolscevismo", e denunciava
l'Unione Sovietica come la patria del socialismo inter
nazionale "ebraico". Esattamente come Hitler e Ford,
molti altri magnati americani aderivano in maniera
entusiastica al mito del "bolscevismo ebraico'r". Negli
anni Trenta, l'antisemitismo della grande industria
americana non era che l'altra faccia della medaglia
degli atteggiamenti anti-socialisti ed anti-marxisti che
proponevano la caccia ai rossi. Molti importanti uo
mini d'affari americani denunciarono il New Deal diRoosevelt come "socialista", ossia un 'intromissione nel
l'economia ispirata e diretta dagli ebrei. Gli antisemiti
della grande industria americana consideravano Roo
sevelt un criptocomunista ed un agente degli interessi
ebraici, se non un ebreo egli stesso, e si divertivano nel
chiamarlo "Rosenfeld" mentre il suo New Deal veniva
sbeffeggiato come "Jew Deal" (non "Nuovo Corso" ma
"Corso Ebreo"):", Lantisemitismo di Hitler non offendeva gli industriali americani, al contrario, anche loro
anelavano ad un salvatore fascista che, sotto le bandiere
dell'antisemitismo, si preparasse a combattere ogni tipo
di socialismo marxista, che liberasse il loro paese dai
27 Domenico Losurdo, Il revisionismo storico. Problemi e
miti, pp. 224 e sego .
28 Baldwin, op. cit., p. 279; Higham, op. cit., p. 161.
31
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"rossi" e in questo modo salvaguardasse i loro privilegi
e ripristinasse le capacità di profitto delle loro imprese.
Du Pont fornì un generoso sostegno finanziario alle
organizzazioni fasciste d'America, come la famigerata
"Black Legion" e fu persino coinvolto nei piani per un
colpo di stato fascista a Washington29• Hitler, allora, era
ammirato e in molte occasioni apertamente lodato dai
leader dell'industria USA no n malgrado, ma a motivo
del suo antisemitismo.
Bisogna riconoscere, però, che c'erano nel regime
hi tleriano anche a lc un i a sp et ti ch e allarmavano i
proprie tari e i d ir igent i della grande industria ame
ricana, anche se certamente no n erano di tipo etico.
In quanto tradizionali campioni della libera impresa,
questi uomini d'affari contestavano in via di principioil fatto che le loro filiali fossero strettamente con-
trollate dal governo nazista, ad esempio pe r ciò che
riguardava il rimpatrio negli Stati Uniti dei profitti
generati in Germania , e che le loro imprese fossero
talvolta svantaggiate rispetto a quelle tedesche, in par
ticolare quando era necessario avere accesso a risorse
importanti, ma scarse". Per giunta, le filiali tedesche
29Walter Hofer - Herbert R. Reginbogin, Hitler, der Wésten
un die Schweiz 1936-1945, Zurich, 2002, pp. 585-586; Higham,
op. cit., pp. 162-164. Sul colpo di stato abort it o, vedi jules
Archer, The Plot to Seize the White House: The True Story o/
the American Fascists Who Tried to Seize Power ftom FDR, Ne w
York, 1973 e Richard Sanders (ed.), «Facing Corporate Roots o f
American Fascism», in Press fòr Conuersion, 53, marzo 2004.
30 Kolko, op. cit., p. 715; Research Findings, p. 17; Reich,
op. cit., (2004), p. 114.
32
in qualche occasione dovevano sottostare ai tentativi
d'intromissione nei loro affari da parte di leader nazisti
locali e provinciali, "piccoli Hitler"!' come li chiama
Turner. Tuttavia, grazie alle eccellenti relazioni che
Opel e Ford-Werke godevano con i massimi esponenti
del movimento a Berlino, tali interferenze venivano di
solito bloccate.Era ovvio che Hitler, che stava riarmando la Ger
mania fino ai denti, avrebbe - prima o dopo - sca
t en at o u na grande guerra. Qualsiasi fraintendimento
potessero inizialmente avere i capitani dell 'industria
americana, venne ben pre sto dissipato dato ch e
chiunque negli anni Trenta fosse appena un poco al
corrente degli sviluppi nella diplomazia internazionale
e nel mondo degli affari si attendeva ampiamente cheHitler no n avrebbe toccato i paesi occidentali , ma
invece attaccato e distrutto l 'Unione Sovietica come
promesso nel Mein Kampf I leader della grande indu
stria americana - e di tut ti gli altri paesi «occidentali»
aborrivano l'Unione Sovietica perché quello stato
comunista era la culla di un no n desiderato "contro
sistema" rispetto all'ordine mondiale capitalis ta ed
un a fonte ispiratrice per i "rossi" dei loro paesi. In
Germania, Hitler aveva già dimostrato come sbaraz
zarsi dei comunisti ; no n sarebbe stato meraviglioso
se egli avesse potuto l iberare il mondo una volta
pe r tutte dal flagello del comunismo schiacciando
l'Unione Sovietica? Per i molti industriali americani
che vedevano le cose in questo modo, la determina-
•
31Turner, op. cit., pp. 46-47, 81.
33
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zione di Hitler a scatenare una guerra contro lo stato
sovietico non era motivo di preoccupaz ione ma, al
contrario, un'altra ragione per ammirare quello zotico
ma stupendamente utile parvenu. Indubbiamente si
sperava anche che la dis truz ione del l'URSS avrebbe
portato al reintegro dei considerevoli investimenti
di Corporation americane, come la Singer, nell'Im
pero zarista, perduti con la Rivoluzione Russa'".
Hitler era il Sigfrido determinato ad uccidere il dra
go bolscevico nella sua tana sovietica. Per incoraggiarlo
ed assisterlo in questo compito, venne adottata da
Londra e Parigi - olt re che discretamente sostenuta da
Washington - la cosiddetta politica dell'Appeasement,
posta in essere, anche se le sue vere f inal ità venivano
mantenute nell'ombra". LAppeasement, tuttavia, erauna strategia contorta il cui vero scopo non poteva es
sere rivelato alle opinioni pubbliche di Gran Bretagna
e Francia, ove, come negli USA, la maggioranza della
popolazione aborriva Hit le r ed una minoranza non
trascurabile simpatizzava per i sovietici. In ogni caso,
la politica dell'Appeasement si ritorse spettacolarmente
contro chi l'aveva promossa perché i suoi contorcimenti
alla fine resero Hitler sospettoso sulle vere intenzioni di
Londra e Parigi e ciò spinse il dittatore tedesco a fare
un accordo con Stalin. Il risultato fu la gue rra della
Germania alla Polonia e lo scontro con l'alleanza an
glo-francese anziché con l'Unione Sovietica. Malgrado
32 Per il caso Singer si veda il saggio di Irina V. Potkina con
sultabile anche sul web all'indirizzo www.helsinki.fì/iehc2006/
papers3/Potkina.pd f e www.singermemories.com/guns-and-sew
ing-machines.html.
ciò, il sogno di una crociata tedesca contro l 'Unione
Sovietica comunista in nome dell'''Occidente'' capita
lista stentava a morire. Londra e Parigi dichiararono
solamente una "finta guerra" alla Germania, sperando
che Hitler concludesse in fretta il fastidioso assalto alla
Polonia e finalmente concentrasse la sua attenzione
sull'Unione Sovietica. Questa era anche l 'idea che stava dietro le missioni semi-ufficiali a Berlino e Londra
intraprese dall'uomo della GM, James D. Mooney,
che tentò instancabilmente - come fece i'ambasciatoreamericano a Londra, Joseph Kennedy, padre di John F.
Kennedy - di convincere i leader di Londra e Berlino
a risolvere il loro inopportuno conflitto, in modo che
Hitler potesse dedicare per intero la sua attenzione al
suo grande progetto orientale'", Proprietari e dirigentidelle grandi imprese americane con filiali in Germa
nia indubbiamente si rammaricavano che la guerra
scatenata da Hitler nel 1939 fosse una guerra contro
l'Occidente, ma in ult ima analisi ciò non aveva molta
importanza. Quel che contava era questo: aiutare Hitler
a prepararsi per la guerra era stato un buon affare e ora
il conflitto apriva prospettive persino più entusiasmanti
per fare affari e macinare profitti.
33Vedi Clement Leibovitz e Alvin Finkel, In Our Time: The
, Chamberlain-Hitler Collusion, New York, 1988; tr . it. di Silvio
Caizavarini, Il nemico comune. La collusione antisovietica fra Gran
Bretagna e Germania nazista, 2005, Fazi, Roma.
34 Bills tein et al., op. cit., pp. 37-44; Volklein, Geschiifte
mit dem Feind: Die geheime Allianz des grossen Geldes wiihrend
des Zweiten Weltkriegs au f beiden Seiten der Front, Hamburg e
Vienna, 2002, pp. 81-88 e Turner, op.cit., pp. 104 e sego
34 • 35
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Blitzkrieg «made in USA ))
I successi mil it ar i tedeschi del 1939-1940 erano
basati su una strategia bellica nuova ed estremamente
mobile, il Blitzkrieg, consistente in attacchi di terra e di
mare rapidi e altamente sincronizzati. Per combattere la
"guerra lampo", Hitler aveva bisogno di motori, coraz
zati, areoplani, lubrificanti, gasolio, gomma e sofisticati
sistemi di comunicazione che consentissero agli Stukas
di colpire in modo coordinato con i Panzer. Molto di
questo equipaggiamento venne fornito da ditte america
ne e si può dire che senza questo t ipo di supporto ame
ricano la Germania di Hitler non si sarebbe nemmeno
potuta sognare i Blitzkrieg, le "guerre lampo", seguite
dai Blitzsiege, le "vittorie lampo", del 1939 e 1940.Gran parte dei veicoli e degli aerei di Hitler furono
prodotti in Germania dalle filiali tedesche di GM e Ford.
Per la fine degli anni Trenta tali imprese avevano gradual
mente dismesso la produzione di beni di uso civile per
concentrarsi esclusivamentesullo sviluppo di armamento
per l'esercito tedesco. Questo mutamento di l inea era
stato richiesto, se non ordinato, dalle autorità naziste,
ma era stato non solo approvato, ma anche attivamenteincoraggiato dagli uffici centrali di queste due grandi
imprese negli Stati Uniti. La Ford-Werke di Colonia
procedette alla costruzione di innumerevoli autocarri e
mezzi di trasporto per le truppe, ma anche di motori e
ricambi per la Wehrmacht. Tra l'autunno del 1939 e gli
inizi del 1945 la Ford di Colonia produsse circa 90.000
autocarri, incluso l'ulti.nissimo modello chiamato Maul-
tier (<<mulo»), equipaggiato di ruote anteriori e cingoli
posteriori - ed altri veicoli per l'esercito ed anche le SS .
36
•
Bombardieri ]U-88 per la Lufrwaffe vengono assemblati nella fabbricaOpel della Generai Motors di Riisselsheim.
37
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!
" ..... -
,
.J•""-,,, .'- --
Un autocarro Maultier fabbricato in Germania della Ford di Colonia
Il nuovo stabilimento Opel della GM in Brandenburgo
sfornò gli autocarri Blitz da tre tonnellate per laWehr
macht, descritti come la «spina dorsale [del trasporto] di
truppe tedesche» durante la Seconda Guerra mondiale.
Lo stabilimento principale di Russelsheirn, d'altro canto,
produceva in primo luogo per la Luftwaffe, assemblando
areoplani come lo fu-SS, il cavallo da fatica della flotta ae
rea di bombardieri tedeschi, ma fabbricava anche parti di
siluri per lamarina germanica" . Nel frattempo l'ITT ave-
35 Billstein et al., op. cit., p. 25 ; Anita Kugler, «Das Opel
Management wahrend des Zweiten Weltkrieges. Die Behand
lung "feindlichen Verm6gens" und die "Selbsverantwortung"
de r Riistungindustrie», in Be rn d Hey l - Andrea Neugebauer
(eds.), " ,> . ohne Riicksit aul die Verhiiltnisse": Opel zwischen
Weltwirtschafiskrise and Wiederaujbau, Frankfurr am Main,
38
va acquisito un quarto delle azioni del costruttore aereo
Focke-Wulf, e così collaborava alla costruzione dei caccia
che avrebbero abbattuto innumerevoli velivoli alleati",
É possible argomentare che le filiali tedesche dellegrandi imprese americane non avevano alcuna realistica
alternativa se non quella di collaborare col regime nazista.
Questo in effetti è ciò che ha sostenuto Simon Reich, uno
studioso "assunto" - ossia pagato - dalla Ford, che ha
studiato e generosamente interpretato il ruolo di questa
grande industria nel Terzo Reich. HenryAshbyTurner, un
noto storico conosciuto per lasua benevolenza nei riguardi
del mondo degli affari, ha svolto un compito analogo in
favore della GM. I loro argomenti risultano convincenti,
ma distolgono l'attenzione da un elemento, probabilmen
te quello cruciale, che non vieneaffrontato in alcunmodo,ossia, per la precisione, che i dirigenti delle filiali tedesche, e
assai spesso proprietari e direttori generali statunitensi non
avevano alcuna necessità di venire costretti, in quanto si
dimostravano perproprio conto estremamente desiderosi di
collaborare con un regime che era chiaramente determinato
1977 , pp . 35-38, 40 e seg.; Anita Kluger, «Flugzeuge fiirden
Ftìhrer», Deursche "Gefolgschaftsmitglieder" und auslandische
Zwangsarbeiter im Opel-Werke in Riisselsheim 1940 bis 1945»,
in Heyl - Neugebauer, ".. . ohne Rùcksit auf die Verhdltnisse ",
pp. 69-92 ; Hans G. Helms , «Ford un d die Nazis», i n Komila
Felinska (ed.), Zwangsarbeit bei Ford, Colonia, 1996, pp. 113,
e Turncr, op. cit., pp . 41 e seg., 92-99. Per maggiori informazi
on i sull 'autocarro Maultier vedi http://de.wikipedia.org/
wiki/Maultier_%28Halbkettenfahrzeug% 29 e sul!'autocarro
Blitz vedi anche http://de.wikipedia.org/wiki/Opel_Bli tz .
36 Higham , op. cit., pp. 93-95.
39
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a scatenare una terribileguerra. La maggioranza di questi
uomini d'affari americani eracostituitada persone indub-
biamenteoneste e di cittadini ligi alla legge. La loro volon
tà e persino impazienza di collaborare col regime nazista
non aveva nulla a che fare con la loro psicologia, mamolto
con la logica del sistema capitalista, più specificatamente
col fatto che le forniture d'armi alle forze armate tedescheproducevano più profitti che la produzione di beni non
militari, come concedeTurner in riferimento alla Opel";
Senza l 'aiuto americano la Germania nazista non
sarebbe stata in grado di sfornare i carri armat i e gli au
tocarri necessari per la guerra che stava pianificando. Per
poter combattere una "guerra lampo", ovvero una guerra
basata su mobilità e rapidità, Hitler aveva disperatamente
bisogno di materie prime strategiche, come la gomma eil petrolio. Anche in questo settore, le grandi imprese
americane si precipitarono in soccorso al nazismo. La
Texaco, ad esempio, aiutò Hitler a costituirsi grandi riser
ve di combustibili. Inoltre, mentre il conflitto in Europa
si stava già avviando, imponenti quantità di carburanti
diesel, olio lubrificante ed altro petrolio venne inviato
via mare in Germania non solo dalla Texaco ma anche
dalla Standard Oil, in gran parte attraverso porti spagnoli
(fra l'altro, lamarina militare tedesca veniva rifornita dal
petroliere texano William Rhodes Davis):". Nel corso
37 Turner, op. cit., p. 42.
38MaxWallace, The AmericanAxis: Henry Ford, Cbarles Lind
bergh, and the Rise o/the Third Reich, New York, 2003, p. 257;
Bernd Martin, «Friedens-Planungen der multinationalen Grossin-
dustrie (J932-1940) alspolitische Krisenstrategie», Geschichte und
Gesellschaft, 2, 1976, p. 82.
40
Corporations americane come la Texaco fornirono carburante
all'aviazione americana, ma, tramite paesi neutrali, rifornirono Hitler
del carburante di cui aveva bisogno per la "guerra-lampo" contro Polonia,
Francia, Unione Sovietica, ecc.
41
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tedesca Dehomag. Secondo Edwin Black, il know-how
dell'IBM mise la macchina da guerra nazista in con- .
dizione di «acquisire dimensioni adeguate, velocità ed
efficienza». L'IBM - conclude Black - «mise il blitz
nel krieg della Germania nazisra-'". Per concludere, si
dovrebbe anche citare che molte mitragliatrici, usate
dallaWehrmacht e dalla Luftwaffe per spargere morte
sui loro nemici, vennero prodotte nel Wittenberg dalla
filiale tedesca della Singer, che di solito viene associata
alle più pacifiche machine per cucire'".
Ce n'è abbastanza per fare un tentativo di interpre
tare razionalmente i motivi di questa messe di affari
con Hitler. Si potrebbe argomentare che gli Stati Uniti
erano un paese neutrale e che anche altri stati neutrali
- la Svezia, ad esempio - fecero affari redditizi con laGermania nazista. Inoltre, ogni studente di economia
e direzione aziendale può dirvi che le filiali di imprese
straniere devono comportarsi nello stesso modo in cui
agiscono le imprese del paese, e pertanto essere "buone
cittadine" dello stato che le ospita; se il paese entra in
guerra è qu ind i un fatto normale che anche la filiale
collabori al raggiungimento della vittoria. Secondo
un 'a lt ra for te argomentazione, gli uomini d'affari
producono e vendono merci; come queste vengano
utilizzate non è cosa che riguardi la loro professione.
In risposta ad una domanda relativa alle attività della
sua filiale nella Germania nazista, un portavoce della
Dow Chemical Company dichiarò: «Noi non chiedia-
degli anni Trenta, la Standard Oil aiutò la IG Farben a
sviluppare un carburante sintetico come alternativa a
quello minerale del quale la Germania doveva impor
tare ogni singola goccia'". Albert Speer, architetto di
Hitler e ministro degli armamenti durante il conflitto,
dichiarò dopo la guerra che senza certi tipi di carbu
rante sintetico reso disponibile da ditte americane,Hitler «non avrebbe neppure preso in considerazione
di invadere la Poloniav". Quanto ai Focke-Wulf as
semblati dalla ITT e agli al tr i caccia tedeschi , non
avrebbero potuto raggiungere la micidiale velocità che
li contraddistingueva se nel loro carburante non fosse
stato presente un componente noto come tetraetile
sintetico. Gli stessi tedeschi in seguito ammisero che
senza tetraetile il concetto di guerra lampo sarebbe stato difficilmente pensabile. Questo magico ingrediente
veniva prodotto da un'impresa chiamata Ethyl GmbH,
la cui proprietà era detenuta da un trio costituito dalla
Standard Oil, da IG Farben - partner tedesco della
Standard Oil- e dalla GM 41• La strategia del Blitzkrieg
comportava attacchi via aria e via terra perfettamente
sincronizzati e ciò richiedeva strumenti di comunica
zione altamente sofisticati. La filiale tedesca dell' ITT
fornì gran parte di queste apparecchiature, mentre altre
modernissime tecnologie utili per gli us i della "guerra
lampo" arrivarono grazie all'IBM, tramite la sua filiale
39 Volklein, op. cit., pp. 64 e seg.; Ho fer-Reginbogin, op.
cit. , pp. 588-589.
40 Citato in Dobbs, «US Automakcrs Fight Claims .. . »
41Hofer-Reginbogin, op. cit., p. 589.
42
42 Black, op. cit., p. 208.
43 Sanders, op. cit., p. Il.
•
43
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mo quale utilizzo avranno i nostri prodotti, noi siamo
esclusivamente interessati a venderli»44.
Nel 1939 e nel 1940, i nazisti usarono i materiali
sfornati dalle fìliali tedesche delle grandi industrie
americane per stabilire il loro dominio su gran parte
dell'Europa continentale. Dal punto di vista dell'indu
stria americana ciò non era motivo di preoccupazione,semmai il contrario. Le loro precedenti esperienze in
Germania avevano dimostrato che con Hitler si poteva
no condurre ottimi affari, ed era pertanto ragionevole
assumere che sarebbe stato possible fare altrettanto
- so tto gli auspici nazisti - anche nel resto d'Europa.
Citando il caso del presidente dell'IBM Thomas Wa
tson, Edwin Black illustra l'ottimismo che lo scoppio
della guerra - e le prospettiva di vit torie tedesche- provocarono nei vertici delle grandi imprese s ta tu
nitensi. «Come molti [altri uomini d'affari] », scrive
Black, «Watson si aspettava che la Germania sarebbe
rimasta il dominatore d'Europa, e che l'IBM avrebbe
tratto benefìcio da ciò «[controllando] il set tore dei
dati informativi», cioè fornendo alla Germania i mezzi
tecnologici per il controllo totale", Questo ottimismo inon era ingiustifìcato. Approfittando delle vittorie della .
Wehrmacht, per così dire, alcune fìliali tedesche delle
grandi industrie americane - ad esempio la Ford-Werke
e lo stabilimento d'imbottigliamento della Coca-Cola
di Essen - iniziarono ad espandersi nei paesi occupati.
44 Citato in Kolko, op. cit., p. 726; una dichiarazione simile
fatta da Alfred P. Sloan dellaGM è citata da Turner, op. cit.,p. 27.
45 Black, op. cit., p. 212 .
44
Proprietari e dirigenti delle Corporation USA con
fìliali nella Germania nazista non svilupparono alcun
senso di colpa per il loro contributo alle vit torie di
Hit ler. Al contrario, ne andavano fìeri. In qualche
modo i t rionfì di Hitler erano anche loro e così, quan
do i nazisti celebravano le loro vittor ie , GM, Ford,
IBM, ecc. celebravano assieme ai nazisti. Quando, il26 giugno 1940, un funzionario commerciale tede
sc o organizzò un pranzo all'Hotel Waldorf-Astoria
di New York per festeggiare le vittorie della Wehr
macht in Europa Occidentale, furono presenti molti
dei principali esponenti dell ' industria statunitense,
compreso James D. Mooney, il dirigente GM addet
to alle att ività in Germania. Cinque giorni più tardi
quei trionfì vennero di nuovo celebrati a New York,questa volta ad un ricevimento in cui il padrone di
casa era il fìlo-fascista Thorkild Rieber, capo della
Texaco. Tra gli alti dirigenti d'industria erano presenti
James D. Mooney ed il fìglio di Henry Ford, Edsel".
Il 1939 si era dimostrato un anno eccezionalmente
buono per l'industria americana. Non solo le fìliali te
desche erano riuscite ad attingere alle spoglie dei trionfì
di Hitler, ma la guerra in Europa stava generando altre
ottime opportunità. LastessaAmerica si stava preparando
ad un possible conflitto e ora gli ordini per autocarri, carri
armati, aerei e navi iniziavano ad affluire anche daWashin
gton. Furono questi affari collegati allaguerrae non il New
46 Higham, op. cit., p. 97; Ed Cray, Chrome Co!ossus: Gen-
era! Motors and its Times, New York, 1980, p. 315 e Anthony
Sampson, The Seven Sisters: The Great Di! Companies and the
Wor!d They Made, New York, 1975, p. 82.
45
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Dealdi Roosevelt a riaccendere ladomanda economica e a
mettere in questo modo fine allaGrande Depressione ne
gli USA. Naturalmente fu di grande aiuto che il presidente
Roosevelr assicurasse, in un pr imo tempo con un rigido
accordo di pagamento alla consegna (cash-and-carry) in
seguito attraverso il famoso proveddimento "Affitti e pre
stiti" (Lend-and-Lease), che l'industria americana potessefornire equipaggiamenti militari ed altri mezzi in modo da
consentire alla piccola e coraggiosa Albione di continuare
indefinitamente la sua guerra contro Hitler. Gli affari con
la Gran Bretagna si rivelarono una cornucopia di profitti
per la grande industria USA, in particolare da quando
vennero adottate un'orgia di discutibili pratiche come il
sovrapprezzo e la doppia fatturazione. (La Gran Bretagna
sisarebbe caricata di un debito che non avrebbe intera
mente pagato fino al .. . 31 dicembre 2006)47. Per la fine
del 1940, tutti i paesi belligeranti come pure quelli neu
trali - e gli stessi Stati Uniti - erano inondati di materiale
bellico sfornato dagli stabilimenti dell'industria USA e
prodotto sia in patria, che in Germaniae in Gran Bretagna
(dove Ford etal possedevano filiali con stabilimenti).
Era davvero una guerra meravigliosa e più a lungo
fosse durata meglio sarebbe stato dal punto di vista in
dustriale. Hitler avevajàtto bene agli affàri, ma la guerra
che aveva scatenato si era dimostrata persino miglioreper
gli scopi di ottimizzazione dei profitti della grande indu-
47 Kim Cold, «T he Morher of Ali Frauds: How rhe Unired
Stares swindled Brirain as ir faced Nazi Invasion», Morning Star,
IO aprile 2003; http://forums.canadianconrenr.ner/inrernational
politics/55234-31st-december-britain-will-have.hrrnl.
46
stria americana. Prima del conflitto i leader industriali
d'America avevano idolatrato Hitler, ma ora comin
ciarono ad adorare lo stesso moloch della guerra. Non
interessava loro né che Hitler perdesse né che vincesse
la guerra: quello che volevano era che continuasse il
più a lungo possibile. Si consideri ad esempio il caso di
Henry Ford. Per la profonda simpatia che lo legava adHitler egli inizialmente rifiutò di produrre armamento
per la Gran Bretagna, ma ad un certo punto cambiò
idea - non per un'improvvisa infatuazione perAlbione,
ma perché voleva che la Gran Bretagna fosse in grado
di continuare la guerra . Secondo il suo biografo, Da
vid Lanier Lewis, Ford «espresse la speranza che né gli
Alleati né l'Asse vincessero [la guerra],» suggerendo che
gliUSA
rifornisseroentrambe
le potenze, sia l 'Asse chegli Alleati, con i «mezzi per continuare a combattere
finché entrambi fossero collassati». Il patriarca dell'in
dustria americana era un personaggio che metteva in
pratica quanto dichiarava e pertanto si assicurò che i
suoi stabilimenti in patria e all' es tero fornissero sia i
tedeschi che i britannici con ogni sorta di armamento
e mezzo beilico'". La guerra significava profitti e guerra
infinita profitti ulteriori.
L'aiuto americano ai sovietici .. . e ai nazisti
I capi delle grandi Corporations americane si ramma
ricavano di un'unica cosa: che non fosse stata l'Unione
48 David Lanier Lewis, The Public Image o fHenry Ford: an
American hero and His Company, Derroit, 1976 , pp. 222, 270 .
47
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Sovietica a diventare l 'oggetto del furor germanicus.
D'altro canto, essi erano indubbiamente ben informati
sul fatto che l'infame "patto" t ra Mosca e Berlino non
era che un semplice espediente temporaneo, destinato
a durare solo fintantoché si fosse dimostrato vantag
gioso ai suoi protagonisti. La speranza che un qualche
giorno Hitler si sarebbe risolto a distruggere la patria
del comunismo rimaneva comunque viva..Il 22 giugno
1941 laWehrmacht finalmente attraversò il confine so
vietico, motorizzata da Ford e GM ed equipaggiata con
gli strumenti bellici prodott i in Germania dal capitale
e dal know-how americano. Se Hitler avesse attaccato
dieci, cinque o anche un solo anno prima, i cap i della
grande industria USA avrebbero certamente applaudito
in modo unanime. Ma ora, nel 1941, i loro sentimentierano meno chiari. Gli affari favoriti dal provvedimento
«Affitti e prestiti» (Lend-and-Lease) con la Gran Bretagna
si dimostravano un'inesauribile fonte di profitti ed erano
almeno in parte responsabili della ripresa economica che
si stava manifestando negli USA. Più a lungo durava la
guerra in Europa, meglio sarebbe stato per l 'industria
americana in generale, e pe r i gruppi che rifornivano
l 'Inghilterra in particolare. Le prospettive di una so
pravvivenza inglese chiaramente migliorarono quando
i tedeschi si rivolsero contro un nuovo nemico che non
collassò entro poche set timane, come inizialmente
avevano profetizzato gli esperti di Washington, Londra
e, naturalmente, Berlinot". (AWashington, l'Alto Co-
49Thomas R. Maddux, Years ofEstrangement: American Rela
tions with the Soviet Union 1933-1941, Tallahassee/FL - Usa, pp.
48
mando dell'esercito aveva predetto che i sovietici sareb
bero stati schiacciati dallaWehrmacht come un uovo).
Inoltre, anche certi aspetti della politica economica
del regime nazista svolsero un ruolo importante nel
raffreddare l 'entusiasmo americano per Hitler e la
sua crociata antisovietica. I capi politici ed industriali
d 'America erano vir tualmente unanimi nel r itenere
che il commercio estero - nelle condizioni favorevoli
agli USA, naturalmente - fosse la precondizione pe r la
prosperità del loro paese'", Di conseguenza, essi vole
vano "porte aperte" in tutto il mondo per i loro pro
dotti d'esportazione ed i loro capitali d'investimento.
I nazis ti , al contrario, come parte dei loro preparativi
economici per la guerra avevano scelto l'autarchia e
pertanto facevano ogni sforzo per ridurre le importazioni e trasformare la Germania in una di quelle
"economie chiuse" tanto aborrite dagli uomini d'affari
americani. Per tali ragioni, le esportazioni americane in
Germania iniziarono a ridursi nella seconda metà degli
anni Trenta, ma la situazione peggiorò drasticamente
nel 1939-1940 con l'instaurarsi dell'egemonia tede
sca potenzialmente su ogn i par te d 'Europa. Da quel
momento innanzi non sarebbero s ta te solo le "porte"
148-150; Ralph B. Levering, American Opinion and the RussianAl
liance, 1939-1945, Chapel Hill/NC - Usa, 1976, p. 49; Clive Ponting, Armageddon: The Second World war, London, 1995, p. 116;
jusrus D. Doenecke, «Rehearsal for Co IdWar: United Stares Anri
Interventionists and the SovietUnion, 1939-1941», International
Journal ofPolitics, Culture and Society, 7:3 , 1994, pp. 381-382.
50 PeterN. Carroll- DavidW Noble, The Free and the Unfree: A
NewHistory oftbeUnitedStates, 2a edizione, NewYork, 1988, p. 345.
49
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della Germania, ma quelle di tutta l'Europa controllata
dai tedeschi - il cosiddetto Grossraumwirtshaft tedesco- che sarebbero rimaste chiuse alle esportazioni ameri-
cane". Per i dirigenti economici e politici dell'Americaquesto costituiva uno schiaffo in faccia che veniva loroproprio dal regime nazista al quale - solo poco prima
- avevano espresso grande ammirazione. Nel momento
in cui la Germania nazista attaccò l'Unione Sovietica,molti industriali americani desideravano pertanto che
né l 'una né l 'a ltra parte ottenesse un a chiara vittoria;preferivano piuttosto che rimanessero impiglia te in
una lunghissima guerra che le dissanguasse entrambe>.
Un zoccolo duro di uomini d'affari americani rimase,tuttavia, decisamente filofascista ed antisovietico, im-
paziente di vedere la distruzione, tanto a lungo attesa,della culla sovietica del comunismo. È verosimile che
questa fosse anche l'opinione di mol ti , se no n dellamaggior parte, dei proprietari e dirigenti delle grandi
industrie con filiali tedesche impegnate nella costru-
zione dei mezzi sui quali i nazisti si erano lanciati
verso Mosca nella calda estate del 1941. I tedeschi,
tuttavia, non avrebbero mai raggiunto la capitale russa.Il successo del Blitzkrieg contro la Russia era no n
solo la precondizione militare, ma anche economica per
,IHans ]lirgen Schroder, Deutscbland und die Vereinigten
Staaten 1933-1939: Wirtschaft und Politik in der Entwiklung des
deutsch-amerikanischen Gegensatzes,Wiesbaden, 1970, pp. 263 e sego
,2 Ralph B. Levering, American Opinion and the Russian
Alliance 1939-1945, Chapel Hill/NC - Usa, p. 46 e WayneS. Cole, Rooseoelt and tbe Isolationists 1932-1945, Lincoln/NE
- Usa, pp. 433 e sego
50
una vittoria finale della Germania nella Seconda Guerra
mondiale. Era necessario sopra ogni cosa un Blitzsieg
- un trionfo lampo - sull'Unione Sovietica. Una grande
e rapida vittoria avrebbe dato alla Germania nazista lapossibilità di accedere ad un' inesauribile fonte di materie prime, compreso il pe trolio , la cui penuria aveva
tanto contribuito alla sconfitta della Germania nellaPrima Guerra Mondiale. Quando, il 5 dicembre 1941 ,l'Armata Rossa lanciò un contrattacco in prossimità diMosca, fu chiaro ai generali dell'Alto Comando tedesco,ed anche a Hitler, che non ci si poteva più aspettare che
la "guerra lampo" all'est producesse una "vittoria lampo",e che pertanto la Germania era des tina ta a perdere laguerra. Il 5 dicembre 1941 fu il vero "punto di svolta"
della Seconda Guerra mondiale. Per i tedeschi l 'insuccesso del Blitzkrieg, impantanatosi nei pressi di Mosca,r isultò essere il principio della fine, ma tragicamente
ci sarebbero voluti anni di combattimenti e milioni divittime prima che l'invitabile sconfitta diventasse realtà.
Del vero significato del fallimento del Blitzkrieg in
Russia i capi dell'industria americana non si resero conto.Quel che da allora in avanti risultava evidente, comun-
que, erache i tedeschi sarebbero stati occupati per qualchetempo sul fronte orientale e questo avrebbe permesso agliinglesi di continuare la guerra e ai vantaggiosi affari pro-
piziati dal Lend-and-Lease ài continuare indefinitamente.In altri termini: il successo dell'Armata Rossa faceva beneagli affari americani. La situazione divenne ancora più
favorevole quando ci si accorse che da quel momento inavanti si potevano avviare commerci anche con i sovietici. In effetti, già nel novembre'1941, quando fu chiaro
che l'Unione Sovietica non era sul punto di soccombere,
51
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"Speriamo che quesre due bestie pericolose - i l nazismo
e il comunismo sovietico - si distruggano l'un l 'altro" era il commento
di questa caricatura del Chicago Tribune, un giornale del gruppo Hearst,
il 5 dicembre 1941
Washington si era detta d'accordo nell'estendere aMosca
facilitazioni creditizie e a concludere un'intesa del tipo
Lend and Lease con l'URSS, fornendo alle grandi imprese
USA un altro mercato per i loro prodotti.
, ' l
•
)Dopo la guerra, sarebbe diventato un luogo comune
in "Occidente" sostenere che l'inatteso successo sovieti
co contro la Germania nazista era stato possible esclusi
vamente per le massicce forniture americane e che senza
questo aiuto l 'URSS non sarebbe sopravvissuta all'at
tacco nazista. Questa affermazione èmolto discutibile.
Primo, gli aiuti americani non furono più del quattroo cinque per cento del totale della produzione bellica
sovietica, anche se si deve ammet tere che anche una
percentuale tanto esigua può forse diventare un fattore
cruciale in una situazione di crisi acuta. Secondo, cosa
più rilevante, le forniture statunitensi non divennero
significative prima del 1942, ovvero parecchio tempo
dopo la solitaria controffensiva sovietica che aveva
bloccato l 'avanzata dellaWehrmacht.
Terzo, anche isoviet ici sfornarono armi e sistemi d'arma di grande
qualità - come il T-34, probabilmente il miglior carro
armato della Seconda Guerra mondia le - che resero
possibi le il loro successo contro la Wehrmacht53• Da
ultimo, il molto pubblicizzato provvedimento di Lend
and-Lease a favore dell'Unione Sovietica fu in larga
misura neutralizzato - si può dire minimizzato - dagli
aiuti non ufficiali, discreti, ma molto importanti forniti
da fonti della grande industria USA ai tedeschi nemici
dei sovietici. Nel 1940-1941, le compagnie petrolifere
americane aumentarono le vantaggiose esportazioni
di petrolio alla Germania; imponenti quantità furono
fatte giungere ai tedeschi attraverso stati neutrali come
la Spagna. La quota di importazioni dall'America dei
53 P ' .76
ntlllg, op. ctt., pp. e sego
5253
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vitali lubrificanti per motore, ad esempio, passò dal 44
per cento nel luglio 1941 al 94 per cento nel settem-
bre dello stesso anno. Senza carburanti e lubrificanti
di fonte americana, l'attacco all'Unione Sovietica non
sarebbe stato possible secondo lo storico tedesco Tobia
Jersak, un'autorità nel campo del "petrolio - americano
- per il Fiihrer"54.
Affari .. . come al solito
Hitler stava ancora ruminando le catastrofiche noti-
zie sul fallimento del Blitzkrieg all'est, quando apprese
che i giapponesi avevano lanciato un attacco a sorpresa
contro Pearl Harbor il 7 dicembre 1941. I preesistenti
accordi tra Germania e Giappone non comportavano
che Hitler si precipitasse in aiuto dello del Sol Levante.
Ciò nonostante, 1'11 dicembre 1941 la Germania dichia
rò guerraagli USA. Probabilmente il Fiihrersi attendeva
un comportamento reciproco da parte del Giappone,
ossia una sua dichiarazione di guerra all'Unione Sovie
tica, cosa che avrebbe potuto riaccendere le speranze
di vittoria contro l'arei-nemico della Germania nazista
e nel la guerra in generale. I giapponesi, tuttavia, nonricambiarono il favore. L'inutile dichiarazione di guerra
di Hitler, accompagnata da una analoga quanto futile di
parte italiana, rese gli USA attivi partecipi della guerra
54 Jersak. Jersak ha usato un documento "top secret" del
Wehrmacht Reichstelle fUr Mineralol, ora nella sezione militare
del Bundesarchiv, record RW 19/2694. Vedi anche Higham, op.
cit., pp. 59-61.
54
in Europa. Il Fiihreraveva iscritto a forza gli USA nella
coalizione dei suoi nemici. Quanto ciò avrebbe influito
sulle attività produttive in Germania dei grandi gruppi
industriali USA?55
Legrandi Corporation statunitensi hanno sempre fatto
capire che le loro filiali tedesche erano state rigorosamente
confiscate dai nazisti e che ogni controllo da parte dellerispettive direzioni generali delle case madri negli Stati
Uniti erastato interrotto fino alla sconfittadellaGermania
nel 1945. In realtà, questo èassai discutibile. Circa i beni
di Ford e GM, ad esempio, l'esperto tedesco Hans Helms
asserisce che «nemmeno una volta durante il loro regime
terroristico i nazisti fecero ilminimo tentativo di cambiare
1'assetto proprietario di Ford [ossiaFord-Werke] oOpel»>,
Persino dopo Pearl Harbor, Ford mantenne il suo 52 per
cento di proprietà della Ford-Werke di Colonia, mentre
GM continuò ad essere unico proprietario della Opel'".
Inoltre, in molti casi, le direzioni generali negli Stati Uni
ti e le filiali tedesche si mantennero reciprocamente in
contatto. Lo fecero sia indirettamente, attraverso le filiali ·
con sede nella neutrale Svizzera, o anche direttamente,
55 james V. Compton, «The Swastika and the Eagle», inArnold A. Offner (ed.), America and the Origins ofWorldW'ar II
1933-1941, NewYork, 1971, pp. 179-183; Melvin Small, «The
"Lessons" of the Past: Second Thoughts about World War II», in
Norman K. Risjord (ed.), Insights on American History; volume 2,
San Diego/CA - Usa, 1988, p. 20, e Andreas Hillgruber (ed.),
Der Zweite Weltkrieg 1939-1945: Kriegsziele und Srrategie der
Grossen Machre, 5a edizione, Sturrgart, 1989, pp. 83-84.
56 Helms, op. cit.. , p. 114.
57
Billstein et al., op. cit., pp. 74, 141.
55
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attraverso moderni sistemi di comunicazione senza fili.
Questi ultimi venivano forniti dall'ITT in collaborazione
con Transradio, una società partecipata da ITT stessa, da
ReA , un'altra ditta americana, e da due imprese tedesche,
Siemens eTelefunken". In un minuzioso rapporto ove si
illustrano le sue attività nella Germania nazista, la Ford
asserisce che la sua direzione generale a Dearborn nonebbe alcun contatto diretto con la sua filiale tedesca dopo
Pearl Harbor. Quanto alla possibilità di contatti avvenuti
attraverso le sue filiali estere situate in paesi neutrali, il
rapporto afferma che «non ci sono indicazioni di comu
nicazioni verificatisi tramite queste filiali-". La mancanza
di tali "indicazioni"può semplicemente significare che ogni
prova di contatto è stata perduta o distrutta prima che gli
autori della ricerca siano stati ammessi ad accedere agli ar
chivi interessati. Questo consenso ad accedere ai dati storici
dell'azienda fu consentito solo più di cinquant'anni dopo i
fatti ed è noto che Henry Ford in persona distrusse perso
nalmente grandi quantità di materiale archivistico della sua
impresa di famiglia60. Inoltre, lo stesso rapporto ammette
in modo piuttosto contraddittorio chequadri direttivi della
Ford-Werke si recarono a Lisbona nel 1943 per una visita
alla filiale portoghesedella Ford, ed è estremamente invero
simile che Dearborn non fosse informato di ciò. Per finire,
gli autori del rapporto passano sotto silenz io il possibile
58 Helrns, op. cit. , 114- 115 e Higham , op. cit., pp. 104 e sego
59 Research Findings, p. 88. Vedi anche Reich, op. cito (2004),
pp. 111 , 118 e seg., 127 e sego (nota 40 sulle "comunicazioni
t ramite radio-telefono").
60
Wallace, op. cit., p.339
.
56
uso delle apparecchiatureTransradio, che potrebbero aver
lasciato poche o nessuna prova scritta?'.Ulteriori ricerche,
svolte non da studiosi accuratamente scelti ed almeno in
parte pagati dalla Ford, come nel caso della relazione pre
sentata dallo stesso gruppo industriale relativamente alla
Ford-Werke di Colonia, sono chiaramente necessarie. Nel
frattempo, le affermazioni contenute nel rapporto Ford nondevono essere considerate l'ultima parola su questi eventi.
Quanto alI'IBM, Edwin Black scrive che durante la guerra
il suo direttore generale per l'Europa, l'olandeseJurriaanW.
Schotte, fu dislocato nel quartier generale di NewYork, da
dove «cont inuò a mantenere regolari comunicazioni con
le filiali IBM in territorio nazista, come la nativa Olanda e
il Belgio». Si dimostrò anche molto utile che l'IBM avesse
un ufficio a Ginevra, ovvero nella neutrale Svizzera, il cui
direttore, un cittadino svizzero, «viaggiava liberamente
attraverso la Germania, i paesi occupati e quelli neutrali».
Black giunge alla conclusione che «malgrado le apparenze
di un non-coinvolgimento , l'IBM [di New York] conti
nuò a giocare un ruolo centrale nelle attività quotidiane
delle sue filiali [in Germania ed altre parti d'Europa] . .. Si
trattava di affari, come sempre, anche sesi era in guerra»62.
Quanto alla Opel, d 'altro canto, non ci sono prove che
contraddicano l'affermazione di Turner secondo il quale
la direzione generale di GM negli Stati Uniti perse ogni
contatto con la sua filiale di Riisselsheim persino anterior-
61 Sul tema delle comunicazioni t ra Dearborn e la Ford
Werke come pure sui documenti perduti , vedi Wallace, op.
cit., pp . 337-339 , 376.
62 Black, op. cit., pp . 339, 376, 392-395.
57
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"Attenzione!' . . le nostre case ora sono in pericolo!",
Nel 1942 la General Motors finanziò questo manifesto antinazista,
rappresentando Hitler e i suoi al leat i giapponesi come malvagi gangsters.
58
mente a Pearl Harbor. Anche nel caso di GM, tuttavia, la
causa della verità e dell'obiettività sarebbe servitameglio se
ricercatori veramente indipendenti, piuttosto che storici
"selezionati", potessero avere pieno accesso agli archivi di
quell'industria.
I nazis ti consentirono ai proprietari americani di
mantenere il possesso e un certa quantità di controlloamministrat ivo sui loro beni in Germania e sulle loro
filiali. L'intervento nazista sulla dirigenza di Opel e
Ford-Werke, inoltre, rimase minimo. Dopo la dichia
razione di guerra agli USA, i membri americani dei
quadri direttivi naturalmente scomparvero dalla scena,
ma i dirigenti tedeschi già esistenti - e quindi che
godevano della fiducia delle alte sfere della direzione
negli USA - in generemantennero
i lo ro incar ich idi comando e continuarono a dirigere l 'azienda,
certamente tenendo ben present i gli interessi del la
direzione generale e degli azionisti negli Stati Uni ti .
Secondo la ricercatrice tedesca Anita Kugler, dopo
la d ichiarazione di guer ra tedesca agli USA i nazisti,
almeno inizialmente, non interferirono per nulla nella
direzione aziendale della Opel, Solo il 25 novembre
1942, Berlino nominò un "custode dei beni del
nemico" (Feindvermogensverwalter), ma il significato
di questa mossa si rivelò semplicemente simbolico. I
nazisti volevano solamente dare un'immagine tedesca
ad un'az ienda la cui proprietà fu per tutto il corso
della guerra al cento per cento della GM63. Alla Ford-
63 Billstein et al., op. cit., p. 61. Sull'Opel, vedi 'Iurner, pp.
op. cit., 127 e sego
59
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Werke, Robert Schmidt, che si dice fosse un ardente
nazista, fu direttore generale durante la guerra e il suo
comportamento professionale fu molto soddisfacente
sia per le autorità di Berlino che per la direzione
Ford in America. Prima di Pearl Harbor, messaggi
di approvazione e congrutalazioni - f irmati da Edsel
Ford - arrivavano regolarmente dal quartiere generaledella Ford a Dearborn. Anche i nazisti e rano molto
compiaciuti del lavoro di Schmidt e, a suo tempo, lo
premiarono col t itolo onorario di "leader nel campo
dell'economia militare" (Wehrwirtschafisfiihrer). Persi
no quando, mesi dopo Pearl Harbor, venne nominato
un custode per sovrintendere lo stabilimento Ford
di Colonia, Schmidt conservò le sue prerogative e
la sua l iber tà d' azione'". L'esperienza di IBM con
i cus todi dell'Asse nel per iodo bellico, non solo in
Germania ma anche nei paesi occupati fu analo
gamente tutt'altro che traumatica. Secondo Black,
«essi [i custodi nazisti] protessero con sollecitudine
i beni, aumentarono la produttività ed accrebbero i
profitti»; inoltre, «i manager IBM che già esistevano
vennero mantenuti nella loro posizione per attende
re all 'attività quotidiana e, in alcuni casi, vennero
persino nominati vice-custodi dei beni del nemico».Relat ivamente al custode della Dehomag, Hermann
B. Fellinger, Black scrive che egli «operò con tanto
zelo commerciale e dedizione nei confronti dell 'IBM
che il diret tore generale Watson non avrebbe potuto
scegliere in modo migliore». Alla luce di ciò, non è
64 Silverstein, op. cit., pp. 15 e sego e Lindner, op. cit., p. 121.
60
affatto sorprendente che dopo la capitolazione tedesca
Fellinger venne mantenuto in un incarico di grande
autorità e prestigio all 'interno dell 'amministrazione
di Dehornag'" .
La prospettiva di avere un custode di "beni stranie
ri" nelle loro filiali in Germania e nei paesi d 'Europa
occupati dai tedeschi, non rappresentò alcun traumaper le case madri in America. I proprietari statuniten
si avevano ogni ragione per credere che le propr ie tà
straniere in Germania sarebbero state trattate non solo
come lo erano state durante la Prima Guerra mondiale,
ma anche allo stesso modo dei beni tedeschi in USA
nel corso della Seconda Guerra mondiale. Gli inve
stitori d'entrambe le par ti potevano attenders i che la
loro proprietà nel paese nemico «venisse salvaguardata,amministrata assennatamente da un fiduciario, e quindi
restituita nella sua integrità al termine del conflitro,»
mentre i profitti, temporaneamente trattenuti, sarebbe
.ro stati alla fine restituiti. Come gli americani, i nazisti
rispettavano le regole scritte e non scritte del capitali-
smo internazionale. In aggiunta, essere posti sotto la
.tutela di un "custode di beni del nemico" produceva
un notevole vantaggio, come nota Edwin Black, vale
a dire la possibilità di «smentire in modo plausibile»
ogni responsabilità: la presenza di un Feinduermiigen-
sverwalter metteva proprietà e dir igenti negli USA in
condizione di fare grandi guadagni collaborando col
nemico, tuttavia - nello stesso tempo - di negare in
modo convincente ogni colpa per attività che erano,
65 Black, op. cit. , pp . 376, 400-402, 405 , 415 .
61
• •
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Nvmmer ')4 g a nApril-J \irt ì 1943
D e rsotto diversi aspetti, assimilabili ad un tradimento, e
che spesso coprivano azioni persino criminali '".
I nazisti mostrarono molto meno interesse alla na
zionalità dei proprietari o all 'identità dei dirigenti che al
modo di aumentare la produzione. Per poter continuare la
guerra dopo il fallimento della strategia del Blitzkriegcon
l'Unione Sovietica e così dilazionare più a lungo possibleun'inevitabile sconfitta, avevano disperatamente bisogno
di un numero massiccio di autocarri e aereoplani, e in Ger
mania questi beni potevano avere una produzione di massa
soprattutto negli stabilimenti delle filiali di due grandi
industrie americane. Fin da quando Henry Ford per primo
aveva introdotto l 'uso della catena di montaggio ed altre
tecniche "fordiste", le imprese americane erano diventate
leader nel settore delle produzioni industriali di massa, e
le filiali americane in Germania, compresi gli stabilimenti
Opel della GM, non costituivano un'eccezione rispetto a
questa regola generale. I pianificatori nazisti come Goring
e Speer comprendevano che radicali cambiamenti nei
quadri direttivi di Opel potevano inceppare la produzione
nel Brandeburgo o a Riisselsheim. Venne pertanto con
sentito ai vecchi dirigenti di rimanere alloro posto perché
si riteneva conoscessero bene quei metodi americani di
produzione particolarmente efficienti. Questa - ritenevano
- era l 'unica strada per mantenere la produzione di Opel
ad alti livelli e, in effetti, le quote di produzione assegnate
da Berlino venivano persino regolarmente superate, tanto
che i nazisti accordarono alla filiale tedesca di GM il titolo
66 Black, Op. cit. , pp. 234-237. Per l'atteggiamento nazista ri
guardo le «proprietà del nemico», vedi ancheTurner, op. cit
., p. 141.
11 periodico aziendale della Opel di Russelsheirn annuncia che la fabbrica
è sta ta insignita del ti tol o onorario di "impresa di guerra modello"
62 63
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onorifico di "campione in lavorazioni di guerra" (Krieg-
musterbetrieby" Anita Kugler conclude affermando che
Opel «mise per intero le sue capacità e la sua energia inno
vativa a disposizione della macchina da guerra nazista ed
obiettivamente aiutò a proseguire ed amplia re la guerra»68.
Attraverso le loro filiali in Germania, non soloGM, ma
molti altri gruppi industriali statunitensi collaboraronocon Hitler nel continuare un conflitto lungo e disastroso
anche dopo che per i nazisti era andata perduta ogni possi
bilità di vincerlo. Lo fecero fornendo al regime imponenti
quantità di mezzi bellici ed anche equipaggiamento di alta
qualità. Dall'inizio del conflitto fino alla fine - in altri ter
mini: anche dopo Pearl Harbor - i naz is ti poterono conta
re su know-howamericano per la produzioni di armamenti
d'avanguardia. GM , ad esempio, produsse a Rììsselsheim
autocarri a quattro ruote motrici che si dimostrarono di
grande utilità ai tedeschi nei pantani del fronte orientale e
nel deserto africano, carrelli d'atterraggio avanzatiper aerei
e,verso la fine della guerra,motori per il nuovo cacciaME
262, il primo con propulsione a reazione'". Attraverso una
ditta di copertura, l'ArendtGmbH, e forse senzal'esplicita
autorizzazione di Dearborn, la Ford-Werke partecipò allo
sviluppo segreto di turbine per i tristemente noti razzi V-2
67 Billstein et al., op. cit., p. 81; Kugler , «Das Opel-Manage
meni», pp. 52, 61 e seg., 67; Kugler, «Flugzeuge», p. 85; Turner,
op. cit., p. 142.
68 Anita Kugler, «Airplanes for the Fiìhrer», in Billstein et
al., op. cit., p. 81.
69 Snell, «CM and the Nazis», Rampart s, 12 g iugno 1974,
pp . 14-15; Kugler, «Das Opcl-Management», pp. 53, 67 e
Kugler, «Flugzeuge», p. 89.
64
che fecero cadere morte e distruzione su Londra ed An
versa". Ed esattamente fino all 'ultimo sussulto di guerra,
le filiali dell'ITT in Germania ed in paesi neutrali come
Svezia, Svizzera e Spagna fornirono alle forze armate tede
sche tutti i dispositivi e le apparecchiature più moderne,
come avvisatori di incursioni aeree e radar, componenti
per le bombe-razzo lanciate su Londra e sistemi radio adalta frequenza. I sistemidi comunicazione avanzata resi di
sponibili da ITT misero i nazisti in condizione di decifrare
il codice cifrato usato dalla diplomazia americana". Non
è quindi sorprendente che le filiali tedesche dei gruppi
industriali statunitensi siano state lodate per essere state
«pioniere nello sviluppo tecnologico» dai pianificatori del
Ministero Economico del Reich ed altre autorità naziste
coinvolte nello sforzo bellico'",
La moderna tecnologia USA fu d'aiuto non solo
alle attività belliche dei nazisti, ma anche ai loro grandi
progetti di genocidio e ad altri crimini. Edwin Black
ha dimostrato che le calcolatrici avanzate Hollerith,
fornite da IBM, misero i nazisti in condizione di «ge
nerare elenchi di ebrei ed altre vittime, che diventavano
soggetti a deportazione», «regist rare i detenuti [dei
campi di concentramento] e tenere traccia dei lavora
tori-schiavi»?", Forse è vero che i nazisti erano in grado
e avrebbero potuto raggiungere la medesima mortale
70 Research Findings, pp. 41-42; commenti critici in Wal-
lace, op. cit., p. 231.
71 Higham, op. cit., pp. 99-112.
72 Lindner, op. cit., p. 104.
73
Black, op. cit., pp. 360 e seg., 371 e sego
65
- ".
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efficienza senza l'ausilio della tecnologia IBM, come
alcuni cr it ic i del lavoro di Black sostengono. Il caso
dell'IBM, comunque, fornisce un ulteriore esempio
di come le grandi industr ie USA fornirono ai nazisti
tecnologia d'avanguardia senza curarsi minimamente
degli scopi disumani per i quali sarebbe stata usata.
Guerra uguale denaro
Prima di Pearl Harbor, proprietari e dirigenti delle in
dustrie madri negli Stati Uniti conoscevano esattamente
quel che facevano le loro filiali tedesche. Nel periodo suc
cessivo è corretto asserire che in molti casi sapevano e in
altri non sapevano, ma erano indubbiamente al corrente
del fatto che manager affidabili continuavano a dirigere inmodo efficiente le loro filiali in Germania e chele autorità
naziste rispettavano le norme stabilite sui beni di proprie
tà del nemico. Era questo l'elemento cruciale e, quanto
al resto, non era di alcuna importanza per proprietari e
dirigenza centrale sapere - forse era addirittura meglio
non sapere! - che tipo di prodotti uscivano dalle loro
catene di montaggio tedesche e quale uso ne facevano i
nazisti. Quel che contava per loro e per gli azionisti erano
solo i profitti. A questo riguardo vale la pena sottolineare
due elementi. Primo, le filiali tedesche dei grandi gruppi
industriali americani accumularono cospicui guadagni
nel corso della guerra. Secondo, questo danaro non venne
intascato dai nazisti, ma trovò la sua strada per finire nei
portafogli di proprietari ed azionisti americani.
Per la Ford-Werke sono disponibili cifre precise. I pro
fitti della sussidiaria tedesca di Dearborn salirono da 1.2
66
milioni di RM (Reich Mark) nel 1939 ad 1.7 milioni di
RM nel 1940, 1.8 milioni RM nel 1941, 2.0 milioni RM
nel 1942 e 2.1 milioni RM nel 194374• Le filiali Ford nellaFrancia occupata, in Olanda e in Belgio, dove il gigante
industriale americano fornì pure un cospicuo contributo
industriale allo sforzo bellico nazista, ebbero anch'esse
grandi successi, in gran parte grazie ad una collaborazionesenza condizioni con le autorità d'occupazione tedesche.
La Ford-France, ad esempio , un'impresa non molto
fiorente prima della guerra - divenne estremamente re
munerativa dopo il 1940 grazie alla sua incondizionata
cooperazione con gli occupanti . Nel 1941 registrò gua
dagni per 58 milioni di franchi, un risultato per il quale
ricevette calde congratulazioni da Edsel Ford".
Come la Ford, l'lBM sperimentò una stagione di
alti profitti non solo nella sua filiale tedesca, ma anche
nella Francia occupata, dovuti in primo luogo alla
collaborazione entusiasta offerta alle autorità d 'occu
pazione germaniche. L'IBM prosperò, comunque, sia
in Germania che nei paesi occupati, soprattutto con la
vendita ai nazisti degli strumenti tecnologici indispen
sabili ad identificare, deportare, rinchiudere nei ghetti ,
74 Research Findings, p. 136; Silversrein, op. cit. , pp. 12,
14; Helms, op. cit. , p. 115; Simon Reich, «Cor porare Social
Responsibiliry and rhe Issue of Compensation: Th e Case of
Ford and Nazi Gerrnany», in Francis R. Nicosia - [onathan
Huener (eds.), Business and Industry in Nazi Germany, New
York - Oxford , 2004, pp. 121, 123.
75 Billstein et al., op. cit., p. 106; Research Findings , pp.
73-7 5; Silverstein, op. cit. , pp. 15-16; Wallace, op . cit., pp.
345 e sego
67
reazionaria - e l'utilizzo del lavoro forzato. Non appena
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rendere schiavi e da ultimo sterminare milioni di ebrei
europei, in altri termini, per l'organizzazione dell'Olo
causto". La stessa Opel raggiunse guadagni imponenti.
Turner riferisce del «crescente flusso di profitti» che
provenivano dai «contratti di forniture militari» firmati
da Opel e che produssero una «ingente liquidità che,
per la fine del 1942, ammontava a p iù di un quarto dimiliardo di RM»77. Secondo un'altra fonte, .i guadagni
di Ope l aumentarono in modo talmente vertiginoso
che il ministro nazista dell'economia ne proibì la pub
blica divulgazione per evitare critiche da parte della
popolazione tedesca, alla quale veniva continuamente
chies to di tirare col le ttivamente la cinghia , e che era
probabilmente al corrente del fatto che i profitti di que
sta impresa diproprietà
americananon
sarebbero finitiai camerati tedeschi o "camerati di razza" (Volgenossen),
per usare la terminologia nazionalsocialista".
Le filiali tedesche delle grandi industrie americane
riuscirono a fare grandi guadagni durante la guerra non
solo perché il governo nazista ordinava sempremaggiori
quantità di equipaggiamenti militari e ne pagava il conto
salato con il denaro rubato alle sue vittime ebree, con
l'oro sottratto alle banche nazionali di paesi occupati,
come il Belgio, e con altri tip i di bottino di guerra. Ul
teriori fattori che contribuirono a questi alti rendimenti
furono la politica del lavoro nazista - drasticamente
76 Black, op. cit., pp. 212, 253, 297-299.
77Turner, op. cit., pp 146-147.
78 Billstein et al., op. cit., p. 73; Kugler, «Das Opel-Manage
ment», pp. 55, 67 e Kugler, «Flugzeuge», p. 85.
68
giunti al potere, i nazisti avevano eliminato i sindacati e
trasformato la classe operaia, fino ad allora militante in
una docile Geftlgschaft ("massa di seguaci") senza potere.
Non sorprende, pertanto, che i salari reali nella Germa
nia nazista siano declinati considerevolmente a fronte
di un corrispondente aumento dei profitti. Durante laguerra, la penuria di manodopera risultante dall'invio
alle armi di milioni di lavoratori avrebbe dovuto portare
ad un aumento dei salari, come ad esempio avvenne
negli USA, o almeno a stipendi che riuscivano a tenere
il passo con gli aumenti dei prezzi. I nazisti, tuttavia,
riuscirono a prevenire tutto questo mediante misure
inflessibili di congelamento o persino di decutartazione
salariale e la contemporanea imposizione di un aumento
delle ore di lavoro?". Tutto questo era grano per i mu
lini addetti a macinare profitti, ovvero per le industrie
tedesche e non solo, ma anche per le filiali delle grandi
Corporation americane. Turner riferisce che gli operai
della Opel da allora ebbero orari di lavoro di almeno
sessanta ore la settimana". Le proprietà americane in
Germania, pertanto, si dimostrarono durante la guerra
fonti di enormi quantità di profitti perché riuscirono a
79 Bernt Engelmann, Einig gegen Recht und Freiheit:
Ein deutsches Anti-Geschichtsbuch, Munchen, 1975, pp. 263
e seg.; Marie-Luise Recker, «Zwischen sozialer Befriedung
und materieller Ausbeutung: Lohn- und Arbeitsbedingun
gen im Zwiten Weltkrieg», in Wolfgang Michalka (ed.),
Der Zweite Weltkrieg. Analysen, Grundziige, Forschungbilanz,
Mììnchen - Ztìrich, 1989, pp. 430-444, in particolare p. 436.
80 Turner, op. cit., p. 144.
69
trarre pieno vantaggio dal sistema nazista di bassi salari e Ford-Werke, è stato sos tenuto che a partire dal 1941
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lunghi orari di lavoro.
La penuria di manodopera divenne un fatto perma
nente quando il catastrofico fallimento del Blitzkrieg
contro la Russia alla fine del 1941 non consentì il ritor
no nelle fabbriche degli operai al fronte. Di conseguen
za, i nazisti si affidarono in modo crescente ai lavoratoristranieri, spesso deportati in Germania contro la loro
volontà e messi al lavoro in Germania in condizioni in
genere disumane. Assieme a centinaia di migliaia di so
vietici ed altri prigionieri di guerra come pure di depor
tati nei campi di concentramento, questi operai stranie
ri (Fremdarbeiter) costituirono una gigantesca riserva di
manodopera, da sfruttare a piacere da parte di chiunque
avesse trovato conveniente impiegarla in cambio di un
piccolo compenso da pagare alle 55 o a qua lche altra
organizzazione nazista. Le 55, per di più, avrebbero
continuato ad occuparsi del mantenimento di una spie
tata disciplina nelle fabbriche che li avessero impiegati.
Le filiali delle grandi imprese americane utilizzarono
con entusiasmo la manodopera servile che i nazisti ren
devano loro disponibile. Ad esempio, la Yale & Towne
Manufacturing Company, con stabilimenti a Velbert
in Renania, contò sull'«aiuto di lavoratori dell 'Europaorientale» per realizzare «considerevoli profitti» e si dice
che anche la Coca-Cola abbia beneficiato dell'utilizzo
sia di operai stranieri che di prigionieri di guerra nella
sua fabbrica tedesca ove era iniziata la produzione
di una nuova bibi ta leggera: la Fantav.Quanto alla
81 Lindner, op . cit., p. 118 ; Pendergast , op. cit ., p. 228.
70
questa azienda «entusiasticament e, aggressivamente
e con successo» perseguì una politica di impiego di
lavoratori stranieri e prigionieri di guerra di Unione
Sovietica, Francia, Belgio ed altri paesi sotto occu
pazione - e sembra che ne fosse al corrente anche il
quartier generale della casa madre negli USA82.
KarolaFings, una ricercatrice tedesca che ha accuratamen
te studiato le att ività della Ford-Werke in tempo di
guerra, scrive che la filiale tedesca della Ford trasse in
genere notevoli vantaggi dalla politica nazista di bassi
salari, ma raggiunse margini di profitto stratosferici
con l'utilizzo dei cosiddetti Ostarbeiter, ossia del lavoro
forzato proveniente dall'Europa orientale. Le migliaia
di operai stranieri inviati al lavoro forzato alla Ford
Werke erano costret ti ad orari di dodici ore al giorno,
esclusa la domenica, senza ricevere compenso alcuno.
Presumibilmente anche peggiore era il trattamento ri
servato al numero relativamente piccolo di detenuti del
campo di concentramento di Buchenwald, che furono
resi disponibili per la Ford-Werke nell'estate del 194483.
L'Opel, d 'altro canto, non fece mai uso di detenuti dei
campi di concentramento, almeno non nei principali
stabilimenti della ditta a Riìsselsheim e in Brandebur-
82 «Ford-Konze rn wegen Zwangsarbeit verklagt», Kòlner
Stadt-Anzeiger, 6 marzo 1998.
83Karola Fings, «Zwangsarbeit bei den Kolner Ford-Werken»,
in Felinska, op. cit., p. 108; vedi anche Silverstein, op . cit., p.
14; Billsrein et al., op. cit., pp. 53-55, 135-156; Wallace, op.
cit., pp. 325 e seg.; Research Findings, pp . 45-72.
71
go. La filiale tedesca di GM , tuttavia, dimostrò un per la Opel, Grazie alla correttezza dei nazisti, alla fine
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insaziabile appetito per altri tipi di lavoro forzato, come
quello dei prigionieri di guerra. Il tipico uso del lavoro
forzato negli stabilimenti Opel, in particolare quando
erano coinvolti i russi, scrive la storica Anita Kugler,
fu caratterizzato da «massimo sfruttamento, peggior
trattamento possibile e .. . punizioni capitali anche nelcaso di lievi infrazionis'".
Ford-Werke, Opel ed altre filiali tedesche di imprese
americane furono costret te dai nazisti ad impiegare
lavoro forzato? Quanto erano disumane le condizioni
di lavoro negli stabilimenti delle filiali tedesche delle
imprese USA? Questi temi sono attualmente oggetto di
grande dibattito, nel quale le barricate degli apologeti
sono difese da Reich e Turner contro gli a ttacchi di
storici come Fings, Kugler, Helms, Wallace ed altri'".
Cosa accadde ai profi tt i che vennero accumulat i in
Germania dalle grandi industrie USA durante la guerra?
Primo, si dovrebbe tener presente che il governo nazista
rispettava le regole capitaliste relative ai beni detenuti da
stranieri. Di conseguenza, era consentito ai dividendi
annuali, derivanti dai profitti prodotti dalle filiali di
imprese estere, di essere accreditati su conti intestati
alle case madri , in modo che queste li potessero recuperare alla fine delle ostilità. Sappiamo che ciò avvenne
84 Kugler, «Das Opel-Managernenr», p. 57 e Kugler, «Flug
zeuge», pp. 72-76, citazione da p. 76; Billstein et al., op. cit.,
pp. 53-55; Turner, op. cit. , pp. 145-146.
85 Reich (2004) , op. cit., pp. 119-122; Wallace, op. cit.,
pp. 336, 343.
72
della Seconda Guerra mondiale, si era accumulato a
favore della Opel un dividendo di 22.4 milioni di RM.
Nel 1951 la GM rivendicò il suo dirit to su questo te
soretto che, nel frattempo, si era ridotto al valore di
«sol i» 261.061 dollari a causa della riforma monetaria
introdottanel dopoguerra.
Lappropriazionedi questasomma, comparativamente modesta, è sufficiente, come
sottolineaTurner, per «ritenere laGM colpevole di avere
fatto profitti utilizzando lavoro forzato per produrre
strumenti bellici per il Terzo Reich»86. Un altro modo
per aggirare l'embargo sul rimpatrio dei profi tt i era il
loro reinvestimento in Germania, prassi che era stata
corrente durante gli anni Trenta. Dopo lo scoppio della
guerra nel 1939, tuttavia, questa opzione non era più
consentita, almeno in teoria. In pratica le filiali tedesche
delle imprese americane riuscirono a reinvestire i loro
profitti in Germania ed in questo modo ad aumentare ilvalore totale dei beni delle loro imprese nel paese. Opel,
ad esempio , acquistò una fonderia a Lipsia nel 194287.
Questo, verosimilmente, fu un fattore che contribuì ad
aumentare nel corso del periodo bellico il valore della
Ford-Werke dai 60.4 milioni di RM nel 1939 ai 68.8
milioni nel 1945: queste sono le cifre ufficiali, ma parecerto che in realtà il valore dell'impresa venne più che
raddoppiato durante la guerra". Esistevano anche op-
86 Turner, op. cit., pp. 147-149, 158.
87Comunicazione all 'autore di A. Neugebauer dell'Archivio
Comunale di Riisselsheim, 4 febbraio 2000; Lindner, op. cit.,
pp. 126-127.
73
portunità di espansione nei paesi dell'Europa occupata.
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La filiale francese di Ford usò i suoi profitt i del 1941 per
costruire una fabbrica di corazzati ad Orano in Algeria.
A quanto si asserisce, questo stabilimento fornì all'Africa
Korps di Rommel i mezzi meccanici per avanzare fino ad
El Alamein in Egitto. Dal momento che la Ford-Werke
di Colonia manteneva strette relazioni con Ford-France,è possible che lo stabilimento algerino sia stato in parte
finanziato con i fondi prodotti dalla Ford in Germania89 •
Nel 1943 la Ford-Werke mise in piedi una fonderia non
lontano da Colonia, poco oltre il confine col Belgio,
vicino a Liegi, per produrre pezzi di ricambio?". Per
rimpatriare i profitti, le grandi industrie USA potevano
anche contare sui servizi e gli esperti consigli delle filiali
parigine di alcune grandi banche americane, come Chase
Manhattan e J.P. Morgan. La Chase Manhattan faceva
parte dell'impero Rockefeller, come la Standard Oil,
il partner americano di IG Farben. La sua filiale, nella
Parigi sotto occupazione tedesca, rimase aperta durante
tutto il corso della guerra e si avvalse proficuamente di
una stretta collaborazione con le autorità germaniche".
Per finire, è anche possibile che una parte dei guadagni
raccolti nel Terzo Reich siano stati trasferit i in USA at
traverso la neutrale Svizzera. Molte grandi industrie USAmantennero gli uffici in Svizzera per far da tramite tra le
casemadri negli StatiUniti e le loro filiali in paesi nemici
88 Research Findings, p. 133.
89 Helms, Op. cit., p. 115; Higham, op . cit., pp. 158-159.
90 Research Findings, p. 133.
91 Higham, Op. cit., pp. 20 e sego
74
•
Museo di guerra di El Alamein:
autocarro "tedesco" costruito in Germania in fabbtiche americane
75
o sotto occupazione, e furono anche molto attive «nel conflitto, lo stessoMcKittrick lavorò in grande armonia
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l'incanalare i profitti», come scrive Edwin Black riguardoalla filiale svizzera di IBM92. Per ogni tipo di transazionefinanziaria con la Germania nazista, si poteva inoltre farconto sulla Bank for International Setrlernents (BIS)di Basilea, fondata nel 1930 entro la cornice del Piano
Young allo scopo di facilitare i pagamenti tedeschi perle riparazioni belliche dopo la Prima Guerra .mondiale.Questa banca, che si doveva presumere internazionale,fu diretta in modo esclusivo da banchieri americani etedeschi, i quali, fino alla fine della guerra, collaboraronoin tutta comodità non solo tra loro, ma anche con rappresentanti di imprese tedesche e statunitensi e con un
agente segreto americano che risiedeva in Svizzera,AllenDulles. Prima del conflitto, Alan Dulles e suo fratelloJohn Foster erano stati soci nell 'ufficio legale Sullivan& Cromwell di New York e si erano specializzati nellalucrosa cura degli investimenti americani in Germania.
I Dulles avevano eccellenti contatti con proprietari e topmanager delle grandi industrie americane e con banchieri, uomini d'affari, funzionari governativi - compresi glialti papaveri nazisti - in Germania. Dopo lo scoppio della guerra, John Foster divenne illegale della BIS a New
York, mentre Allen rinunciò ad una redditizia carrieralegale al servizio della grande industria pe r arruolarsi
nel servizio segreto americano OSS, precursore dellaCIA. Prese, quindi, servizio in Svizzera, ove gli capitòdi diventare amico del presidente americano della BIS,Thomas H. McKittrick. (Durante tut to il corso del
92 Black, op. cit., p. 73; Helms, op. cit., p. 115.
76
con il direttore della BIS, Paul Hechler, tedesco e devotonazista.) È ampiamente noto che durante laguerra la BIStrattò imponenti somme di denaro ed oro provenienti
dalla Germania nazista. È irragionevole sospettare chetali trasferimenti potessero riguardare i profitti delle
filiali delle grandi industrie americane in Germania, inaltri termini, denaro accumulato da clienti e soci deglionnipresenti fratelli Dullesr'"
Niente bombe sulla Ford-Wérke
Durante la guerra, le Corporation americane accumularono enormi ricchezze anche negli Stati Uniti
94•
Tuttavia, solamente un'élite molto ristretta di questeimprese, incluse molte - se non tut te - quelle con fi-
93 Gian Trepp, «Kapiral uber alles: Zentralbankenkoopcrat ion bei der Bank fììr Internationalen Zahlungsausgleich imZwiten Weltkrieg», in Philip Sarasin - Regina Wecker (eds.),Raubgold, Reduit, Fliichtlinge: Zur Gescbichte da Schweiz im
Zu/eiten Weltkrieg, Ziirich, 1998, pp. 71-80; Higham, op. cit.,
pp. 1-19; Anthony Sarnpson, Tbe Sovereign State of ITT, NewYork, 1973, p. 47; «VS-Banken collaboreerden met nazi's», HetNieuwsblad (Bruxelles), 26 dicembre 1998; William Clarke,«Nazi Gold: The Role of the CentraI Banks - Where Doesthe Blame Lie?», Centrai Banking, 8, Estate 1997, http://www.centralbanking.co.uk/cbv8nlLhrrnl .
94 Stuarr K. Brandes, Warhogs: A History of war Profits
in America, Lexington/KY - Usa, 1997, pp. 253-259 , 263.Vedi anche Zinn, op. cit ., p. 416 ; Sean Dennis Cashman,America, Rooseoelt and World War II , New York - London,
1989, pp. 202-208.
77
liali in Germania, approfittarono alla grande del boom ritenere proditorie'". Il governo americano, d'altro canto,
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sviluppatosi con la guerra , in quanto po ssedevano un
accesso privilegiato all'enorme messe di ordini di p ro
venienza statale USA. L'IBM, ad esempio, fece grandi
profitti nellaGermania di Hitler, ma seppe anche come
trarre pienamente vantaggio dalle opportunità di affari
generati dalla guerra nel proprio paese'", Edwin Blackscrive che questa ditta riuscì ad assicurarsi ogni sorta di
ordini per munizioni ed altro equipaggiamento milita
re, tanto che il suo volume d'affari complessivo triplicò
tra il 1940 ed il 194596• Quanto alla Generai Motors,
durante la Seconda Guerra mondiale accumulò profitti
per 673 milioni di dollari su un complessivo d i o rd i
ni statali che assommava a 13,4 miliardi di dollari'",
Negli USA le case madri delle grandi industrie con
filiali e stabilimenti in Germania s'impegnarono alacre
mente per convincere l'opinione pubblica americana del
loro patriottismo. Di conseguenza, nessun uomo della
strada in America avrebbe potuto mai pensare che laGM ,
ad esempio, che in patria finanziava l'affissione di enormi
cartelloni pubblicitari anti-tedeschi, era coinvolta sulle
lontane sponde del Reno in attività che si potevano anche
95 Robert Higgs, "Private Profir, Public Risk: Instirutional
Antecedenrs of the Modern Military Procurement System in
the Rearmament Program of 1940-1941 », in Ceoffrey T. Milis
- Hugh Rockoff (cds.), Th e S inews o/ War : Essays on tbe
Economie History o/ World War II , Ames/IA - Usa, 1993, pp .
186-188; Brandes, op. cit., pp. 253-259, 263.
96 Black, op. cit., p. 345 .
97David Farber, Sioan Rules: Alfted P. Sioan and the Triumph
o/ Generai Motors, Chicago - London, 2002.
78
era alcorrente di quanto succedeva in Germania,ma chiu
deva un occhio od entrambi di fronte al fat to che grandi
industrie americane accumulavano ricchezze tramite inve
stimenti, o commerci, con un paese con il quale gli USA
erano in guerra. Questa indulgenza avevamolto a che fare
con il fatto che lagrande industriaamericana era diventatamolto più influente a Washington di quanto lo fosse mai
stata prima della guerra. In effetti, dopo Pearl Harbor,
molti rappresentanti del mondo dei "grandi affari" si
erano affrettati a raggiungere Washington per occupare
molti ed importanti posti governativi. La motivazione di
questa migrazione era, almeno stando alle apparenze, un
genuino patriottismo; questi dirigenti inoltre offrivano i
loro servizi alla patria per il salario simbolico di un dollaro
l'anno, ed è per questo che divennero noti come gli "uomi
ni da un dollaro l'anno". Molti se non tutti, sembrarono
tuttavia trovarsi in quegli incarichi soprattutto per seguire
da vicino gli interessi dell'impresada cui provenivano, per
assicurare ad essa ordini remunerativi e, naturalmente,
anche per proteggere i beni che la ditta aveva accumulato
in Germania. L'ex-presidente dellaGM , William S. Knu
dsen, negli anni Trenta uno schietto ammiratore di Hitler
ed amico di G6ring, divenne direttore dell'ufficio gover
nativo di direzione della produzione (Office o[Production
Management). Un altro alto dirigente della GM , Edward
Stettinius Jr., venne nominato Segretario di Stato e Char-
98 I car te lloni pubblicitari f inanziati da CM si possono
reperire nella divisione grafica degli Archivi Nazionali a Wash
ington/DC.
79
les E. Wilson, presidente di Generai Electric, si trasformò di Esercito, Marina ed Aviazione proveniva dai suoi
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nel «potente numero due all'ufficio per la produzione
bellica (mtr Production Board}»99.
In queste circostanze, ci si deve meravigliare se il go
verno americano preferì guardare dall'altra parte men-
tre le grandi imprese americane accumulavano profitti
nella patria del nemico tedesco? In effetti, Washingtonvirtualmente legittimò queste attività. Appena una
settimana dopo l 'attacco giapponese a Pearl Harbor, il
13 dicembre 1941, lo stesso presidente Roosevelt emise
discretamente un decreto che consentiva alle grandi
imprese americane di intrattenere rapporti d'affari con
paesi nemici - o con stati neutrali che intrattenevano
con essi relazioni amichevoli - mediante una autoriz
zazione speciale100. Questo ordine contravveniva chia
ramente la supposta rigida legislazione che vietava ogni
forma di "rapporto economico col nemico".
Come regola generale, il governo americano ignorò
sistematicamente la condotta antipatriottica del capi
tale d'investimento americano all'estero, ma ci furono
certamente alcune eccezioni a questo comportamento.
«Per soddisfare la pubblica opinione», scrive Higham,
un'azione legale simbolica fu intrapresa nel 1942
contro il gruppo industriale più conosciuto per le sueviolazioni alla legislazione sui «rapporti economici
col nemico», la Standard Oil. Quest'ultima rispose
che «un'alta percentuale delle forniture di carburante
99Michael S. Sherry, In the Shadow ofWar: The United States
Since the 1930s, New Haven/CT - Usa, 1995, p. 172.
100 Higham, op. cit., pp. XV-XXI.
80
impianti, ed era ciò che rendeva possibile all'America
di vincere la guerra». L'impresa di Rockefeller alla fine
s'accordò per pagare una lieve ammenda «per aver tra
dito l'America», ma le fu consentito di continuare nei
suoi lucrosi commerci con i nemici degli Stati Uniti'°'.
Un tentativo di indagine nelle attività di IBM, presumibilmente passibili della stessa accusa di tradimento
in terra tedesca, venne analogamente interrotto, dato
che gli USA avevano bisogno della tecnologia IBM tan
to quanto i nazisti, Edwin Black scrive: «L'IBM era in
un certo modo più importante della guerra». Entrambe
le par ti non si potevano permettere di continuare il
conflitto prescindendo dalle tecnologie indispensa
bili prodotte da quell'impresa. «Hitler aveva bisogno
dell'IBM. Lo stesso gli alleati»102. Lo Zio Sam per un
po ' agitò il d ito contro la Standard Oil e l 'IBM, ma la
grandissima parte dei proprietari e dei dirigenti delle
imprese che facevano affari con Hitler non vennero
minimamente disturbati. I legami di Sosthenes Behn
dell'ITT con la Germania nazista, ad esempio, erano di
pubblico dominio a Washington, ma egli non dovette
mai affrontare alcuna difficoltà per questo motivol'",
Nel corso della guerra, le grandi industrie ame-ricane acquisirono, come non mai in precedenza,
IO! Higham, op. cit., pp. 44-46.
102 Black, op. cit ., pp. 333-348.
103Higham, op. cit., pp. 112-115; Sampson (1973), op. cit.,
p. 40; Tom Bower, The Paperclip Conspiracy. The Battle for the
Spoils and Secrets ofNazi Germany, London, 1987, pp. 78-79.
81
un' enorme capacità di controllo sullo s tato e riusci
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...
•..,.
82
Lo stabilimento Ford-Werke sulle rive del Reno a Colonia
dur ante la guerra
rono persino a convert ir lo in uno strumento adatto
al raggiungimento del loro più importante obiettivo,
ovvero il maggior profitto possible. Questo spiega non
solo perché la grande industria americana fu in grado
di "fare affari col nemico" impunemente, ma anche
perché, nonostante la loro cruciale importanza per losforzo bellico nazista, gli stabilimenti delle filiali ame
ricane in Germania non divennero mai un obiettivo
degli imponenti bombardamenti aerei alleati. Bernard
Baruch, un consigliere di alto grado del presidente
Roosevelt, aveva dato ordine di non bombardare le
fabbriche tedesche comprese in un certo elenco, o di
bombardarle solo leggermente; non è sorprendente
che gli stabilimenti delle filiali delle imprese ameri
cane r ient rassero in questa lista. Così pot é accadere
che, mentre il cent ro s torico di Colonia venne raso
al suolo da ripetute incursioni aeree, la vasta aerea
occupata dallo stabilimento Ford alla periferia del
centro urbano si guadagnò la fama di essere il posto
più sicuro in città durante gli attacchi aerei, anche se
alcune bombe incidentalmente caddero all'interno
della sua recinzione' ?'. Un 'altra impresa risparmiata
fu la Bayer di Leverkusen, indirettamente collegata
alla Standard Oil attraverso la IG Farben. Questo
stabilimento produceva cer ti t ip i di farmaci contro
le malattie tropicali, necessari all 'esercito americano
104 Helrns, op. cit., pp. 115-1,6; Mira Wilkins - Frank
Ernest Hill, American Business Abroad: Ford on Six Continent,
Detroir, 1964, pp. 344-346.
83
del Pacif ico, al quale venivano inviati tramite paesi ebbe 785.321 dollari'P', Questi indennizzi costituiscono
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neutrali come Svizzera e Portogallo. Anche gli stabi-
l imenti IBM in Germania sopravvissero con danni
estremamente contenuti. L'unico stabilimento di una
filiale americana pesantemente bombardato fu quello
della Opel a Riisselsheim, ma dato che le più impor-
tanti attrezzature produttive (<<Auslagerung») eranostate preventivamente smontate e disseminate in vari
rifugi, il danno ai macchinari ed agli altri dispositivi
indispensabili alla produzione assommò approssi-
mativamente al so lo dieci per cento. La produzione
era ancora a pieno ritmo quando i soldati americani
raggiunsero Riisselsheim il 25 marzo 1945 105•
Dopo la guerra, GM e le altre grandi imprese ameri
cane che avevano fatto affari in Germania non solo non
vennero punite, ma invece vennero addirittura risarcite
per i danni sofferti a causa dei bombardamenti alleati.
La GeneraI Motors ricevette un indennizzo di 33 mi-
l ioni di dollari dallo stato americano e l'ITT 27 milioni
di dol lari . La Ford-Werke aveva subito danni mol to
modesti durante la guerra ed aveva ricevuto un risarci
mento di olt re 100.000 dollari dallo stesso regime na
zista. Ford-France, frattanto , era riuscita a strappare un
indennizzo di 38 milioni di franchi dal regime di Vichy.
Nondimeno la Ford richiese aWashington un totale di
7 milioni di dollari per danni e dopo molte discussioni
105 Billstein et al., op. cit., pp. 77-79, 98-100; Helms, op.
cit., pp . 115-116; Reich (l990) , op. cit., pp. 124 -125 , 133;
Wilkins - Hill , op. cit., pp . 344-346 ; Heyl - Neugebauer, op.
cit., pp. 171-180; Black, op. cit. , pp. 406-409.
84
un caratteristico esempio della grande generosità usata
dal Tesoro americano, in particolare perché queste stes-. ., .
se Imprese avevano gia ricevuto una sospensione delle
imposte durante la guerra per la supposta perdita dei
loro beni in Germania. La GM , ad esempio, era riuscita '
a dedurre l'intero importo degli investimenti fatti per laOpel nel 1941, che ammontavano ad un 'agevolazione
fiscale di circa 23 mil ioni di dollari. Teoricamente, ciò
metteva il governo USA in condizione di confiscare
la Opel nel dopoguerra. Al contrario, nel 1948 alla
GM venne gentilmente consentito di r iacquisi re il
suo investimento in Germania pagando 1.8 mil ioni di
dollari, guadagnando in tal modo la cifra tonda di 21
milioni di dollari di agevolazioni fiscali. Ford tentò un
colpo analogo: pe r la Ford-Werke era stata registrata
nel 1943 una perdita di circa 8 milioni di dollari, ma
venne recuperata nel 1954 per soli 557.000 dollari.
Come già detto, la finzione legale secondo la quale i
loro beni tedeschi erano andat i perdut i, aveva anche
consentito a proprietari e dir igenti delle case madri
negli USA di negare ogni responsabilità per le atti-
vità altamente discutibili delle loro filiali redesche' :".
La guerra benedisse le grandi imprese americane nonsolo con gli imponenti profitti che accumularono in pa-
106 Research Findings, p. 109; vedi anche Wallace, op. cit.,pp. 342-343.
1 ~ Silverstein, op. cit., p. 15; Snell, op. cit. , p. 16; Higham,
op. ctt., pp. 160-177 ; Sampson (1 973), op. cit., p. 47 ; Reich,
op. cit., p. 12; Billstein et al ; op. cit. , pp. 73-75.
85
tria e all 'estero, con l ' incremento delle loro risorse in un a nuova vita negli USA perché ciò er a "buono per
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Germania, con i generosi risarcimenti a fronte di dannilimitati, ma anche con un bottino bellico estremamente
prezioso sotto forma di tecnologia e know-how tedesco.Nella primavera de l 1945, durante l'avanzata delle lorotruppe in Germania, gli americani confiscarono mate
riali d 'ogn i t ipo - macchinari industriali , gallerie delvento, motori diesel, microscopi elettronici, ecc. - oltre
a brevetti, piani e progetti. Lo fecero non solo nel la
propria zona, il settore occidentale della Germania, ma
anche in una parte della zona sovietica - que lla che in
seguito sarebbe diventata la Repubblica Democratica
Tedesca - che occuparono nell'ultima settimana di
guerra. Fu allora, ad esemp io , che fecero sparire gran
parte del capitale del la famosa industria Carl Zeiss diJena, prima che que lla regione, la Turingia, fosse riconsegnata ai sovietici in base ai termini di precedenti
accordi interal leat i, cosa che avvenne il primo luglio
1945. Gli americani, inoltre, costrinsero forzatamente
a seguirli dir igen ti , ingegneri , esper ti d i ogni tipo escienziati prelevandoli da fabbriche, industrie ed abi
tazioni per rnetterli al lavoro nelle zone d'occupazione
occidentali. Oltre a ciò, numerosi scienziati tedeschi
ed esperti di diverse discipline vennero mandati negli
USA per essere impiegati al Pentagono o in altri dipar
t iment i ed agenzie governative, o nelle più importanti
università e, naturalmente, industrie del paese. Questa
operazione venne condotta sotto i du e nomi in codice
d i "Overcast" e "Paperclip". Nel loro numero erano
, compresi anche ex-membri delle SS e noti criminali
di guerra, ma il loro passato fu considerato irrilevante.
Quel che venne ritenuto importante era fornire loro
86
gli affari"loB. A molti nazisti con orribili crimini sulla
coscienza venne così consentito di vivere a lungo e felicemente nel "paese dalle illimitate possibilità".
È, pertanto, una falsa leggenda che gli USA - con un
atteggiamento ed un comportamento molto lontani da
quello tenuto dall 'Unione Sovietica - né chiesero né ot
tennero dalla Germania riparazioni di guerra. In realtà, gliamericani si appropriarono di "riparazioni intellettuali",come un funzionario dell'ufficio tecnico del Dipartimen
to de l Commercio americano, john C. Green, chiamò
questi trasferimenti di ricchezza'?", Lo storico americano
John Gimbel, uno specialista in questo campo, giunge
addirittura alla conclusione che «la scienza e l'industria
americana si appropriarono del capitale più prezioso dellaGermania sconfitta», Ed a ciò aggiunge che il valore diquesto capitale intellettuale era molto maggiore del muc
chio di macchinari industriali antiquati che fu consentito
ai sovietici di portare via'!", Le considerevoli riparazioni
108 John Gimbel, «German Scienrisrs, United States DenazifÌcation Policy, and th e "Paperclip" Conspiracy», The Interna
tional History Review, XII , 3 agosto 1990, p. 448; John Gimbel,«Projecr Paperciip: German Scienrists, American Policy, and theColdWan), Diplomatic History, 14-3, Estate 1990; John Gimbel,«Science, Technology, and Reparations in Posrwar Gerrnany»,in Jeffrey M. Diefendorf, Axel Frohn, Herrnann-Josef Rupieper(eds.), American Policy and the Reconstruction ofGermany, 1945-
1955, Cambr idge , 1993, pp. 175-196.
109 Gimbel, «Projecr Paperclip», p. 349.
110 john Gimbel, «T he American Exploiration of GermanTechnical Know-How afrer World War II», Political Science
87
che la Germania pagò agli USA, comunque, furono in l'avvento al potere di Hitler e sfruttarono ogni vantag
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gran parte passate direttamente alle grandi industrie ame
ricane, in altri termini: privatizzate, e in questo modo - e
in stridente contrasto con le sopravvalutate riparazioni
pagate all'Unione Sovietica - sparirono dallo spettro dei
discorsi pubblici.
«Sulle cose di cui non si può dire, si dovrebbe
rimanere in silenzio», dichiarava il famoso filosofo
Wittgenstein, ed un collega, Max Horkheimer, ne
fece una parafrasi relativa al fenomeno del fascismo e
della sua varietà tedesca, il nazismo, sottolineando che
se si vuole parlare di fascismo, non si può stare zitti
sul capitalismo. Il Terzo Reich di Hitler fu un sistema
mostruoso reso possibile dai massimi proprietari e
dirigenti tedeschi, e benché si sia dimostrato una ca
tastrofe per milioni di persone, rappresentò il paradiso
per la grande industria tedesca. Le imprese americane
(ed al tre di proprietà straniera) furono ammesse a
godere dei meravigliosi servizi che Hitler rendeva a
das Kapital, come l'eliminazione di sindacati e partiti
operai, un sistema di bassi salari e prolungati orari di
lavoro, un programma di riarmo che portava immensi
profitti. Edwin Black erroneamente ritiene che il caso
dell'IBM - e la sua prosperità che si alimentò nellagrande festa fascista che si tenne sulle rive del Reno
- sia atipico tr a le grandi imprese USA. Invece, non
solo l 'IBM, ma virtualmente tutte le imprese ameri
cane con filiali tedesche rimasero in Germania dopo
Quarterly, 105-2, Esrate 1990, p. 296; John Gimbel, «Science,
Technology, and Reparations», pp. 182, 186, 192-194.
88
gio derivante dalle opportunità di massimizzare i loro
profitti offerte da quel regime. Esse contribuirono
ai trionfi di Hitler del 1939 e del 1940 producendo
massivamente ogni tipo di armi mortali , e continuan-
do a farlo dopo Pearl Harbor tradirono il loro paese.
Parlando obiettivamente, collaborarono con i nazisti
nella realizzazione di crimini terribili. Questi dettagli
tecnici, tuttavia, non sembrano turbare proprietari
e dirigenti in Germania e neppure in USA, benché
anche qui si fosse al corrente di quel che stava succe
dendo oltreoceano. Tutto quel che interessava loro,
chiaramente, era che la collaborazione senza condi-
zioni con Hit le r consentiva loro di macinare profitti
come non mai in precedenza. Il loro motto avrebbe
potuto essere: «Profi s ùberAlles!»
Epilogo
I leader delle grandi imprese USA emersero dalla
Seconda Guerra mondiale con un controllo virtual
mente totale sullo stato americano. Non è sorprenden
te, pertanto, che le polit iche perseguite da Washin
gton - sia in patria che al l'estero - a par ti re dal 1945
si siano rivelate estremamente funzionali all'obiettivo
principale di tutte queste grandi industrie, il loro Alfa
ed Omega: la massimizzazione dei profitti. Solo alla
,luce di questa realtà è possibile capire il senso di due
iapparenti anomalie nella storia del dopoguerra di un
paese che rivendica di essere il fiore all'occhiello delle
democrazie amanti della pace: primo , una stupefa-
89
cente tolleranza per le dittature fasciste, e secondo,
un coinvolgimento che pare non aver fine in guerre
economica della Seconda Guerra Mondiale - non
solo rernunerativi ordini statali per forniture belliche,
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spesso scatenate dagli stessi Stati Uniti.
Prima della Seconda Guerra Mondiale, le dittatu-
re fasciste si erano rivelate meravigliosi strumenti al
sevizio dell'accumulazione capitalista. A questo scopo
il fascismo rimase uti le anche dopo la guerra ed è
questa la rag ione per cui i governi americani tollera
rono, e spesso sostennero attivamente, regimi fascisti
o autoritari in paesi come Spagna, Portogallo, Grecia,
Turchia, Iran, Taiwan, Indonesia, Filippine, Cile,
Argentina, Sud Corea ed il Sud Africa dell'apartheid.
Questo rese possibile alla grande industria americana
(e internazionale) di acquisire profitti esattamente
come aveva fatto in precedenza nella Germania na
zista, ovvero attraverso l'eliminazione dei sindacati,un sistema di bassi salari, ecc. Da circa vent'anni,
sistemi politici più democratici hanno goduto della
benevolenza ufficiale dei leader economici e polit ici
dell'America. Questo, comunque, non ha significato
la fine dell' instancabile ricerca di una manodopera
docile e a buon mercato che i regimi fascisti e rano
soliti presentare su un piatto d'argento. Attualmente
questi obiettivi vengono perseguiti principalmentemediante strumenti più occulti come il downsizing,
l' outsourcing ed altre manifestazioni della cosiddetta
"globalizzazione".
Quanto ai conflitti, dopo il 1945 gli USA non
hanno mai smesso di fare guerre fredde o calde. Ciò
ha molto a che fare con il fatto che, per lo scopo della
massimizzazione del profitto, le guerre funzionano
persino meglio del fascismo. Grazie alla benedizione
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ma anche eliminazione dei concorrenti, apertura di
nuovi mercati, ecc. - la possibilità di fare profitti
non fu solo ripristinata, ma incrementata come non
mai in precedenza, ed è questo il mot ivo per cui la
grande industr ia statunitense è innamorata "co tta"
della guerra. Nel 1945, non appena Germania e
Giappone si arresero, un nuovo nemico venne fatto
apparire e la funzione di massimizzare i profitti svolta
dalla Seconda Guerra mondiale venne sostituita da
una nuova guerra, questa volta "fredda". Il motore
dell'economia americana pot é così continuare a fun
zionare a pieno regime con grande vantaggio delle
Corporation, che poterono fornire missili ed a ltr e
bizzarre apparecchiature militari a prezzi srratosferici.L'improvvisa fine della Guerra Fredda mise, da capo,
la grande industria USA di fronte ad una potenziale
catastrofe, rappresentata dalla possibile conversione
in un 'economia di pace. Non è facile trovare sempre
nuovi nemici, che consentano di legittimare il perpe
tuarsi dell'economia di guerra americana, il cosiddetto
toarjare sJstem o "sistema Pentagono". Una sorta di
"soluzione finale" a questo problema, tuttavia, vennefatto apparire come d'incanto dal presidente George
W. Bush, che approfittò del crimine raccapricciante
commesso a New York e Washington 1'11 settembre
2001, per proclamare una "guerra contro il terrori
smo" che sarebbe stata mondiale e - ancor più im
portante - permanente, una guerra contro chiunque
fosse stato denunciato come "terrorista" dall'élite di
governo USA. Il "terrorismo" non pot rà mai arren-
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dersi o capitolare, cosl l'economia americana potrà
rimanere in stato di guerra indefinitamente, a scapito
5/17/2018 Jacques R. Pauwels - Profit Uber Alles a - slidepdf.com
http://slidepdf.com/reader/full/jacques-r-pauwels-profit-uber-alles-a 46/46
dell'americano "medio", che pagherà con le sue tasse
e il suo sangue questa guerra e si accollerà la "sua"
quota di un debito pubblico rapidamente crescente,
ma a grande vantaggio dell'élite della grande industria
- esemplif ica ta dal la famosa Halliburton, legata al
vice-presidente Cheney - che intascherà gli imponenti
profitt i che questo conflit to rende possibili Ili. Dove
e come si potrebbero ottenere questi profitti senza la
guerra?
II I Vedi Jeffrey St. Clair, Grand Theft Pentagon: là/es of
Corruption and Profùeering in tbe war on Terror, Monroe/ME
- Usa, 2005.
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