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da Storia socialedell�arte

di Arnold Hauser

Storia dell�arte Einaudi 1

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Edizione di riferimento:Arnold Hauser, Storia sociale dell�arte. Volume pri-mo. Preistoria. Antichità. Medioevo, trad. it. di AnnaBovero, Einaudi, Torino 1955, 1956 e 1987Titolo originale:Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck,München

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Indice

Storia dell�arte Einaudi 3

l�antichità classica

V. L�ellenismo 4

VI. L�impero romano e la tarda antichità 12

VII. Poeti e artisti nell�antichità 19

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Capitolo quinto

L�ellenismo

Nell�età ellenistica, cioè nei trecento anni dopo Ales-sandro il Grande, il baricentro dell�evoluzione si spostadalla Grecia all�Oriente. Ma gli influssi sono reciproci,e ci troviamo di fronte � per la prima volta nella storiaumana � a una civiltà mista veramente internazionale.È soprattutto questo livellamento delle culture nazionaliche dà all�ellenismo il suo carattere eminentementemoderno. Ma la fusione fra le tendenze particolari nonsi produce solo su questo piano, e le cesure troppo asprenon scompaiono soltanto fra Occidente e Oriente, fraGreci e Barbari, ma anche fra i diversi ceti, se non frale classi. Nonostante le differenze economiche crescen-ti, l�accumulazione sempre piú concentrata del capitalee il costante aumento del proletariato1, insomma, nono-stante l�acuirsi dei contrasti di classe, si compie un certolivellamento sociale, che annulla i privilegi della nasci-ta. Giunge cosí a termine un processo in atto già dallafine della monarchia tribale, e fatale alle differenze dicasta. Il passo decisivo è opera dei sofisti, che sviluppa-no un concetto affatto nuovo dell�areté, indipendentedal ceto e dall�origine, perché sia accessibile a ognigreco. La nuova tappa sulla via del livellamento è rap-presentata dalla Stoa, che cerca di liberare i valori umanianche dai segni della razza e della nazionalità. Con la sualibertà dai pregiudizi nazionali, essa non fa che sancireuna situazione già in atto grazie al governo dei Diado-

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chi, proprio come il liberalismo dei sofisti non era cheun riflesso della situazione creata dalla borghesia citta-dina, industriale e commerciale.

Già il fatto che ogni abitante dell�impero, con unsemplice mutamento di residenza, possa diventare cit-tadino di una qualsiasi città, significa la fine dell�ideadella polis come comunità politica. I cittadini sono orai membri di una comunità economica; e traggono van-taggio dalla libertà di movimento, e non dall�apparte-nenza a un gruppo tradizionale. L�interesse comune nonè piú determinato dalla razza o dalla nazionalità, ma dal-l�uguaglianza delle possibilità personali. Siamo giuntialla fase economica del capitalismo sopranazionale. Lostato favorisce la selezione secondo l�abilità economica,perché gli elementi che si affermano nella lotta per l�e-sistenza si dimostrano anche i piú idonei all�organizza-zione interna dell�impero mondiale. L�antica aristocra-zia, con la sua tendenza alla separazione e all�isolamen-to, coi suoi sforzi per conservare la purezza etnica e lacultura tradizionale, è del tutto inadatta all�organizza-zione e all�amministrazione di un siffatto impero. Ilnuovo stato l�abbandona al suo destino e sollecita la for-mazione di un ceto dirigente borghese, sorretto unica-mente dalla potenza economica, senza prevenzioni dirazza o di casta. Questo, per il suo dinamismo econo-mico, la mancanza di tradizioni rigide e ormai prive disenso, il razionalismo improvvisatore, è molto vicino,nella sua visione della vita, all�antico ceto medio, e sirivela il miglior cemento per l�unione politica ed econo-mica dei popoli del mondo ellenistico.

Il razionalismo, promosso energicamente dallo stato,si afferma in tutti i campi della vita civile; non solo livel-lando razze e caste, e rimuovendo tutte le tradizioni cheinceppano l�economia liberistica, ma anche nell�orga-nizzazione sopranazionale dell�attività scientifica e arti-stica, in quel commercium litterarum et artium che rac-

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coglie i letterati e i dotti del mondo civile in una gran-de comunità di lavoro, crea centri di ricerche, musei ebiblioteche, e attua pienamente i principî della divisio-ne del lavoro anche nel campo intellettuale. Dappertut-to sorgono, al posto dei gruppi tradizionali, comunità dilavoro fondate su criteri pratici, e anche la produzioneintellettuale si regola sulla concorrenza e sul rendimen-to, anziché su ragioni etiche e affettive. Come il gran-de stato ellenistico spedisce di qua e di là i suoi funzio-nari senza badare all�origine e alla tradizione2, come ilcommercio capitalistico, emancipa i suoi soggetti dalluogo di nascita e dalla patria, cosí anche gli artisti e gliscienziati vengono sradicati e riuniti nei grandi centri dicultura internazionale.

Già i sofisti del secolo v, anzi già i poeti e gli artistidell�età tirannica, si staccavano dalle città dov�eranonati e cresciuti, e conducevano un�esistenza libera evagabonda. Ma ciò significava semplicemente che sierano liberati da certi legami, senza sostituirli con altri.Soltanto l�ellenismo sviluppa, al posto dell�antica fedeltàalla polis, una nuova solidarietà che abbraccia tutto ilmondo colto. Nel campo della ricerca scientifica, que-sto senso di solidarietà permette una cooperazione frastudiosi senza precedenti, una distribuzione dei compi-ti e un�integrazione dei risultati, insomma un razionali-smo dei metodi di lavoro orientato esclusivamente versoil rendimento, e direttamente dedotto dai principî del-l�economia razionale. Julius Kärst osserva che si mani-festa fin d�ora quella «reificazione» della vita spiritua-le, che generalmente consideriamo come una caratteri-stica del tecnicismo del nostro tempo3. I fattori perso-nali passano in secondo piano, i compiti sono fraziona-ti e distribuiti senza riguardo alle inclinazioni e attitu-dini dei singoli. Esemplari per questa organizzazionetecnica del lavoro intellettuale, che collega e subordinameccanicamente l�una all�altra le prestazioni individua-

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li, sono l�apparato amministrativo, la burocrazia cen-tralizzata e la gerarchia dei funzionari, che uno statogigantesco deve sviluppare e mantenere4. Le conse-guenze inevitabili di questa specializzazione e sperso-nalizzazione della ricerca sono la tendenza all�erudizio-ne pura e il pericolo dell�eclettismo. L�una e l�altro fannola loro apparizione nella storia della cultura occidentalecon l�età ellenistica, e, forse piú di tutti gli altri suoiaspetti, fanno pensare allo spirito del nostro tempo. L�e-clettismo è un tratto fondamentale non solo della scien-za, ma anche dell�arte ellenistica. L�orientamento stori-co, il gusto antiquario, la comprensione per le diversetendenze artistiche del passato, portano con sé unarecettività indiscriminata, che riceve sempre nuoviimpulsi dalla fondazione di raccolte d�arte e di musei.Collezioni principesche e private esistevano ancheprima, ma solo ora si comincia a raccogliere sistemati-camente e secondo un piano. Solo ora si tende a costi-tuire gliptoteche «complete», che rispecchino l�interaevoluzione dell�arte greca; e, dove mancano originaliimportanti, si colmano le lacune con le copie. In questascientificità del metodo, le collezioni ellenistiche pre-corrono i musei e le gallerie moderne.

Neppure nelle epoche precedenti lo stile artistico fusempre del tutto unitario, e spesso un�arte aristocratica,formalmente rigoristica, convisse con un�arte piú popo-lare e piú sciolta; o un�arte sacra tradizionalista conun�arte profana progressiva. Ma soltanto l�ellenismovide sorgere dallo stesso terreno sociale tendenze di stilee di gusto affatto diverse e opere d�arte stilisticamentediversissime, eppure destinate a una stessa classe e a unostesso ambiente culturale. Il «naturalismo», il «baroc-co», il «rococò» e il «classicismo» alessandrino nasconoe si sviluppano l�uno dopo l�altro, ma da ultimo sussi-stono l�uno accanto all�altro; e fin da principio il pate-tico e l�intimo, il solenne e il bozzettistico, il colossale

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e l�idillico si dividono i favori del pubblico. L�autono-mia dell�arte, scoperta nel secolo vi, coerentemente svol-ta nel v, trasformata in estetismo nel iv, si riduce ora aun gioco arbitrario di virtuosismi formali, a un astrattocimento delle facoltà espressive, a una libertà che, ben-ché sappia ancor maturare opere elette, sconvolge e sva-luta i criteri classici. La dissoluzione dei principî dellostile classico è in stretto rapporto coi mutamenti nellastruttura sociale del ceto dei consumatori e intenditorid�arte. Via via che questo ceto si differenzia, correntistilistiche sempre piú eterogenee sorgono l�una accantoall�altra. Il principale mutamento nella composizionedel pubblico è determinato dal fatto che l�antico cetomedio � finora poco influente in questo campo � si fainnanzi come acquirente di opere d�arte. Evidentemen-te i suoi criteri estetici sono diversi da quelli dellanobiltà, benché esso cerchi in molti modi, e spesso conla massima ambizione, di adeguarsi al gusto dell�élite.Un altro fattore determinante nel complesso del merca-to artistico sono i principi con le loro corti; a loro volta,essi propongono all�arte esigenze nuove, affatto diverseda quelle dei nobili e dei borghesi, benché gli uni e glialtri cerchino di appropriarsi le maniere dei principi e diimitare, nei loro modesti limiti, lo stile teatrale e pom-poso delle corti. Cosí la tradizione classica si mescola daun lato col naturalismo bozzettistico del gusto borghe-se, dall�altro col barocco lussureggiante del gusto auli-co. All�arricchimento eclettico del patrimonio formalecontribuisce infine la stessa organizzazione capitalisticadella produzione d�arte, che, facendo leva sull�estetismodel tempo, crea una domanda di opere d�arte che mutasecondo la moda e si rinnova periodicamente. Accantoalle botteghe dei ceramisti, che in parte lavorano già consistemi industriali, comincia la produzione su vasta scaladi copie dei capolavori della scultura. Senza dubbio, lestesse botteghe e le stesse persone producevano anche

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opere originali. Ma è naturale che gli scultori, eserci-tando quel mestiere di copisti, si lasciassero facilmentesedurre dal puro virtuosismo stilistico.

All�eclettismo dell�epoca corrisponde la confusionedelle arti e dei generi, altro fenomeno caratteristicodella tarda classicità, di cui tuttavia gli inizi già si tro-vano nel secolo iv. Esso si manifesta soprattutto nellostile pittorico della scultura lisippea e prassitelica; ma sipuò constatare anche altrove, in primo luogo nel dram-ma, che già in Euripide brulica di elementi lirici e reto-rici. In questi sconfinamenti si esprime la stessa ten-denza espansiva dell�arte, a cui debbono il loro succes-so il ritratto, il paesaggio e la natura morta, temi untempo ignoti o eccezionali, e impiegati tuttora � alme-no in parte � solo come accessori. Si afferma in essi quel-lo stesso attaccamento alle cose e agli oggetti, che domi-na lo spirito economico dell�epoca, legato al concetto dimerce. L�uomo, finora soggetto quasi esclusivo dellarappresentazione artistica, cede ora dappertutto ai temidel mondo delle cose. La «reificazione», che si affermanell�organizzazione del lavoro intellettuale, si esprimecosí anche nei temi dell�arte. E non solo la natura mortae il paesaggio, ma anche il ritratto veristico, che trattal�uomo come un pezzo di natura, è un sintomo di quel-la tendenza.

Alla fioritura della ritrattistica corrisponde, in let-teratura, la sempre maggiore predilezione per la biogra-fia e l�autobiografia5. Il valore del «documento umano»cresce nella misura in cui l�acume psicologico diventaun�arma sempre piú indispensabile della concorrenzaeconomica. Il crescente interesse per l�elemento biogra-fico si riconnette anche al progresso della riflessionefilosofica su se stessi, al culto degli eroi � ravvivato daitempi di Alessandro � e, in una certa misura, al piú vivointeresse personale che lega tra di loro i membri dellanuova società aulica6. Al gusto per la psicologia debbo-

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no la loro origine altri due generi: il romanzo e la com-media «borghese». Nella letteratura greca, le storieinventate, soprattutto storie d�amore, che si svolgononel mondo di quella stessa gente per cui sono scritte, nongià in quello remoto della leggenda, sono una creazionedell�ellenismo7. Cosí è della commedia menandrea, checontiene tutto ciò che è rimasto vivo � dopo la scom-parsa della democrazia cittadina e del culto dionisiaco -� dell�antica commedia politica e della tragedia euripi-dea. I personaggi appartengono al medio ceto e alle clas-si piú umili, l�azione s�impernia sull�amore, sul denaro,sull�eredità: padri avari, figli scappati, etère avide, paras-siti imbroglioni, servi astuti, bambini esposti, gemelliscambiati, genitori perduti e ritrovati. Il tema amorosonon può mai mancare. Anche qui Euripide precorre l�el-lenismo. L�amore come centro del conflitto drammati-co era, prima di lui, affatto ignoto, ed è lui che lo acqui-sisce al dramma, anche se sarà soltanto l�ellenismo afarne la leva principale dell�azione8. Il tema erotico èforse quel che vi è di piú borghese nella commedia bor-ghese, dove gli amanti non lottano piú contro dei edemoni, ma contro il meccanismo sociale: genitori osti-li, ricchi rivali, lettere perfide, clausole testamentarie.Tutto questo gioco d�intrighi amorosi è in stretto rap-porto col «disincantamento»9 e con la razionalizzazionedella vita, col pieno sviluppo dell�economia monetaria ecol predominio dello spirito mercantile.

Ora infine anche la borghesia ha il suo teatro. Inogni piccola città esso ha la sua modesta sede; ma nellegrandi città si serve di quei nuovi, splendidi edifici dipietra e di marmo, i cui ruderi sono giunti fino a noi, ea cui corre il nostro pensiero quando si parla di teatrogreco, mentre in realtà non furono destinati a Eschilo ea Sofocle, ma a quell�Euripide ai suoi tempi cosí disprez-zato e ai suoi tardi emuli: cioè la variopinta compagniaa cui appartenevano non solo Menandro ed Eronda, ma

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ogni sorta di acrobati e flautisti, saltimbanchi e pagliac-ci, come troveremo, tanti secoli dopo, tra i rivali diShakespeare.

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Capitolo sesto

L�impero romano e la tarda antichità

All�ellenismo succede l�egemonia mondiale dell�arteromana; a partire dall�epoca imperiale, è questa, e nonpiú quella greca, che segna le linee decisive dello svi-luppo. L�ampolloso barocco e il lezioso rococò alessan-drino sono giunti a un punto morto, e non fanno cheripetere le loro formule trite, mentre Roma, sotto laguida dei Cesari, crea, di pari passo con l�unitaria ammi-nistrazione dell�impero, un�«arte imperiale»10 piú omeno unitaria; arte che, per la sua modernità, finisce perimporsi dovunque. Dopo lo stile augusteo, ancora for-temente grecizzante, benché già piú «borghese», asciut-to e sobrio, l�elemento romano emerge sempre di piúnell�età flavia e traianea, e prevale nel tardo impero. ARoma il successo dell�arte greca si limitò fin dall�inizioai circoli aristocratici e colti; il ceto medio la capivapoco, e il popolo, naturalmente, ancor meno. Negli ulti-mi secoli dell�impero d�Occidente, quando l�aristocraziaperde la sua posizione dominante e abbandona le città,quando i generali e i Cesari vengono spesso dalla bassaforza e dal fondo delle province, e il principale movi-mento religioso dell�epoca penetra dall�infima plebe neiceti piú elevati, uno spirito popolaresco, provinciale siafferma anche nell�arte, e a poco a poco soppianta gliideali classici11. Specie nella ritrattistica plastica, ci si rifàall�antica tradizione etrusco-italica, sempre viva nelleimmagini di cera degli antenati che ornavano gli atri

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delle case12. Chiamare «popolari» questi ritratti sarebbetroppo, perché il culto delle imagines restò legato aifunerali aristocratici e non poté mai penetrare larga-mente fra il popolo13, anche se, negli ultimi tempi dellarepubblica, le grandi famiglie plebee usufruivano delprivilegio patrizio di poter portare nei cortei funebri leimmagini degli avi14 (Polibio, Storie, 6, 53; Plinio, Let-tere, 3, 5; Giovenale, Satire, 8). Ma l�arte del ritratto(indipendentemente dalla sua diffusione) è per lo piú,presso i Romani, destinata a scopi privati, a differenzache presso i Greci, che se ne servivano solo quando sitrattava di onorare pubblicamente un cittadino, erigen-dogli una statua. Questa circostanza spiega anzitutto lospontaneo, immediato naturalismo del ritratto romano,che finí per prevalere anche nello stile delle opere desti-nate a scopi pubblici. Ma l�evoluzione non è omogenea.Sussistono fino alla fine due diverse tendenze: lo stilegrecizzante e idealistico, classicamente generico, tea-tralmente patetico dell�aristocrazia aulica; e quello indi-geno, prosaicamente veristico, delle classi medie, piúsolide. La corrente popolare non sopraffà dovunquenella stessa misura l�arte dell�élite, che da ultimo si rifu-gia in un linguaggio impressionistico, probabilmenteincomprensibile ai ceti inferiori, prima di cedere deltutto di fronte alla semplicità plebea ed espressionisticadella tarda romanità.

Nell�età augustea, sotto il prevalente influsso greco,la scultura è l�arte principale; ma in seguito la pitturapassa sempre piú in primo piano, fino a sostituire com-pletamente la scultura architettonica e monumentale. Apartire dal secolo iii non si copiano piú statue greche, enei due secoli seguenti la pittura domina nella decora-zione degli interni15. La pittura è l�arte tardo-romana ecristiana per eccellenza, come la scultura è stata l�arteclassica kat�exochén. Ma è anche l�arte popolare, l�arteche parla a tutti, nel linguaggio di tutti. Mai come ora

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la pittura era stata cosí attiva, mai era stata usata ascopi cosí comuni ed effimeri16. Ora chiunque vogliarivolgersi al pubblico, informarlo di grandi avvenimen-ti, persuaderlo del proprio diritto e agitarlo per la pro-pria causa, non ha mezzo migliore della pittura. Il gene-rale fa recare nel corteo trionfale cartelloni dipinti cheraccontano le sue gesta, rappresentano le città conqui-state, mostrano al popolo l�umiliazione del nemico.Accusatori e difensori nelle azioni giudiziarie ricorronoall�evidenza dell�immagine dipinta per chiarire al giudi-ce e all�uditorio il caso in discussione, lo svolgimento delmisfatto o l�alibi dell�accusato. I credenti offrono exvoto, che illustrano lo scampato pericolo con tutti i par-ticolari che li riguardano. Tiberio Sempronio Graccodedica alla dea della Libertà le rappresentazioni figura-te delle scene che si sono svolte a Benevento, all�ingressodei suoi soldati vittoriosi; Traiano fa scolpire in pietrale storie delle sue conquiste; il fornaio, il lavoro della suabottega con ogni particolare17. L�immagine è tutto: noti-ziario, articolo di fondo, mezzo di propaganda, cartel-lone, giornale illustrato, cronaca figurata, disegno ani-mato, documentario, dramma cinematografico. In que-sto amore per l�immagine, oltre al piacere dell�aneddo-to, all�interesse per la notizia autentica, la testimonian-za e il documento, si esprime una primitiva, insaziabilecuriosità, una preferenza puerile per tutto ciò che è illu-strazione. Sono tutti fogli tratti da un libro di figure peradulti, talvolta � come nelle spire ascendenti della colon-na traiana � da un «rotolo figurato»18 che suggerisce,svolgendosi, la continuità degli eventi e precorre ilnostro film. C�è, senza dubbio, qualcosa di molto pro-saico, e in sé niente affatto artistico, nel desiderio a cuiquelle pitture e quei rilievi corrispondono. È somma-mente ingenuo voler provare tutto, voler vedere tuttocoi propri occhi, come a esserci stati; è sommamente pri-mitivo non voler nulla di seconda mano, nulla in quella

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forma mediata e traslata in cui le età piú raffinate scor-gono appunto l�essenza dell�arte.

Ma da questo stile da cinematografo o da «museodelle statue di cera» � che certo in origine corrisponde-va solo al gusto dei ceti incolti � dall�amore del parti-colare aneddotico, «interessante perché vero», dal ten-tativo di ritrarre con la massima evidenza e completez-za un fatto degno di essere ricordato, si sviluppa lo stileepico dell�arte figurativa: lo stile della cristianità e del-l�Occidente. L�arte dell�antico Oriente e della Grecia èplastica, monumentale, commemorativa, statica o quasi,antiepica e antidrammatica; l�arte di Roma e dell�Occi-dente cristiano è illustrativa, epico-illusionistica, dram-matica, cinematografica. In Oriente e in Grecia trovia-mo quasi esclusivamente immagini solenni, figure stati-che, isolate; a Roma, in Occidente, prevale il soggettostorico, la narrazione per immagini, in cui un fenome-no essenzialmente temporale è oggettivato e rappresen-tato con mezzi ottico-spaziali. L�arte greca e l�arte roma-na ellenizzante assolvono questo compito, quando nonpossono evitarlo, con una particolare impostazione, cheLessing chiama del «momento pregnante» e che riassu-me i tempi successivi dell�azione in un solo quadro, sta-tico in sé, ma ricco di possibilità dinamiche. Lessingvede in questo metodo il metodo dell�arte figurativa ingenerale; ma in realtà è solo quello della Grecia classicae dell�età moderna, a cui Franz Wickhoff contrapponela rappresentazione affatto diversa della tarda romanitàe del Medioevo cristiano, rappresentazione che egli chia-ma «continua» in contrasto con l�altra, «isolante»19.Egli allude, in sostanza, a uno stile che tende al rac-conto, all�illustrazione «cinematografica», e che allineasenza cesure le fasi successive di un�azione nello stessoscenario o nello stesso paesaggio, ripetendo sempre lafigura principale, cosí che le singole scene si susseguo-no come gli episodi dei racconti figurati nei fogli umo-

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ristici, e ricordano le sequenze del cinema. Ma nel filmil movimento è reale, qui invece è fittizio e le impres-sioni successive possono paragonarsi ai singoli foto-grammi, ma non all�immagine che si muove sullo scher-mo. Tuttavia, nell�uno e nell�altro caso, l�intenzionedell�artista è la stessa. Vi si manifesta la stessa ricercadi completezza e d�immediatezza, ma soprattutto ilsenso dell�immagine come mezzo espressivo piú minuto,immediato e spontaneo della parola.

L�altra forma d�arte della tarda romanità è lo stileimpressionistico, che, di fronte allo stile epico della rap-presentazione continua, ha un�intonazione piuttosto liri-ca e cerca di fissare la singola impressione ottica nellasua soggettiva labilità. Il Wickhoff vede in questo meto-do la premessa e l�integrazione organica della rappre-sentazione continua20; ma una cosí stretta connessionefra i due stili non sembra giustificata. Essi compaionoin momenti diversi e in diverse condizioni esteriori einteriori: l�impressionismo del secolo i d. C. è l�ultimoraffinato germoglio dell�arte classica; mentre la rappre-sentazione continua nasce nel secolo ii, come espressio-ne, dapprima volgare e rozza, di una volontà artisticaessenzialmente estranea al gusto classico. Nascono dastrati sociali diversi e raramente li vediamo uniti nellastessa opera d�arte. Quando appare la rappresentazionecontinua, è già finita l�epoca migliore dell�impressioni-smo antico, e solo esteriorità tecniche di esso persisto-no ancora per un certo tempo nella tradizione artigiana,finché cadono anch�esse in disuso e in oblio. La rap-presentazione continua e in genere lo stile epico, rivol-to soprattutto a valorizzare l�azione del soggetto, nonintegrano, anzi soffocano e annientano la tecnica pitto-rica dell�impressionismo. La maniera continua rispondea un intento artistico essenzialmente antinaturalistico escompare nei due grandi periodi del naturalismo � l�ar-te greca e l�arte moderna � quasi senza lasciar traccia.

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Assurda è l�affermazione del Wickhoff, per cui essadominerebbe tutta l�arte occidentale dal ii al xvi seco-lo. Già nel tardo gotico essa non è piú la regola, e, a par-tire dal primo Rinascimento, diventa un�eccezione.Comunque, l�illusionismo epico della maniera continuanon ha alcun rapporto intrinseco con l�illusionismo otti-co dello stile impressionistico.

Ma anche l�impressionismo, se pur per altre vie, con-duce alla dissoluzione dell�arte antica. Dipingendo figu-re piú leggere, ariose, piatte e sommarie, quasi le sma-terializza; ed esse, ridotte a semplici pretesti di fenomenicoloristici e atmosferici, perdono il loro peso corporeo,la solidità della struttura, la consistenza fisica, e hannogià l�aria di esprimere qualcosa di ideale e trascendente21.L�impressionismo naturalistico e materialistico preparacosí il proprio opposto, l�espressionismo spiritualistico22,e fa pensare all�espressionismo della pittura paleolitica,che a sua volta, come sappiamo, introduce il suo con-trario, il geometrismo neolitico. Dai due casi emergecon uguale chiarezza come le forme stilistiche sianoambigue e polivalenti, e come possano fungere da veicolidelle concezioni e delle mentalità piú diverse.

L�impressionismo, come si esprime, ad esempio, nelquarto stile pompeiano, con la sua tecnica raffinata eallusiva, è la piú raffinata espressione artistica dell�altasocietà romana; ma come appare nelle catacombe cri-stiane, con le sue figure senza peso né volume, è lo stiletipico del cristiano che si distoglie dal mondo e rinun-cia a ogni cosa terrena e materiale.

La rappresentazione di figure nell�antichità classicaparte dalla frontalità per tornare alla frontalità; dallaveduta unica e dalla rigidità arcaiche, attraverso il libe-ro movimento dell�arte classica e le convulsioni delbarocchismo ellenistico, si giunge di nuovo alla vedutafrontale piatta, solenne e simmetrica23. Da uno stato didipendenza ieratica, attraverso l�autonomia e l�esteti-

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smo, torniamo al vincolo religioso; dalla rappresenta-zione di un ordine sociale autoritario, attraverso lademocrazia e il liberalesimo, all�espressione di una nuovaautorità spirituale. Se si debba considerare quest�ultimafase come la conclusione storica dell�arte classica, accet-tando l�opinione del Droysen, che l�antichità avrebbesuperato se stessa e il paganesimo per forza propria; ose proprio in essa si debba scorgere il principio di unanuova era, è un problema di classificazione e periodiz-zazione. In ogni caso, non c�è dubbio che si possa sta-bilire una certa continuità � come fra il colonato e il feu-dalesimo � fra l�arte della tarda romanità e quella delMedioevo cristiano24.

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Capitolo settimo

Poeti e artisti nell�antichità

Dal principio alla fine dell�evo antico poco o nullamuta nel modo di giudicare l�artista in confronto alpoeta. A quest�ultimo di quando in quando si tributanospeciali onori: è ritenuto un veggente, un profeta, undispensatore di gloria e un interprete di miti; l�artista,invece, è e rimane il «vile meccanico», il banausos, cuinulla è dovuto oltre il salario. A creare questa differen-za concorrono diverse cause: anzitutto l�artista vien paga-to e non ne fa mistero, mentre il poeta, anche al tempodella sua peggior soggezione, è considerato ospite e amicodel suo protettore; inoltre, il lavoro del pittore e delloscultore sporca le mani, e sporchi sono i materiali e gliarnesi ch�essi debbono usare, mentre il poeta ha le vestie le mani pulite � e questo, per un�epoca non ancordominata dalla tecnica, ha maggior peso di quanto sipossa immaginare � ma, soprattutto, l�artista deve fareun lavoro manuale e sottoporsi a un compito faticoso, auno sforzo fisico, mentre la fatica del poeta non dà nel-l�occhio a nessuno. La scarsa considerazione verso chideve lavorare per vivere, il disprezzo di ogni attivitàremunerata e in generale di ogni lavoro produttivo, nascedal fatto che ogni attività di questo genere, in contrastocon le occupazioni signorili del governo, della guerra edella palestra, sa di sottomissione, servizio e obbedien-za25. Nell�epoca in cui agricoltura e allevamento, ormai

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pienamente sviluppati, sono affidati alla donna, la guer-ra diventa l�occupazione principale dell�uomo, e la cac-cia il suo principale svago. Entrambe richiedono forza edesercizio, ardire e destrezza, e sono quindi onorevolissi-me; mentre ogni lavoro minuto, paziente, estenuantepassa per un segno di debolezza, ed è quindi spregevole.E, per trapasso di idee, ogni attività produttiva, ognioccupazione che serva per vivere, è considerata avvilen-te. Tocca agli schiavi, perché è disprezzata; ma non è(come si è potuto ritenere) disprezzata perché tocca aglischiavi. L�associazione del lavoro fisico col lavoro servi-le contribuisce tutt�al piú al consolidamento del primiti-vo concetto di prestigio, ma questo è evidentementeanteriore all�istituto della schiavitú.

L�antichità classica perviene a risolvere l�intima con-traddizione fra il disprezzo del lavoro manuale e l�altavalutazione dell�arte come strumento di culto e di pro-paganda, separando l�opera dalla persona dell�artista,cioè onorandola pur disprezzandone l�autore26. Se con-frontiamo con questa concezione quella moderna, cheinnalza l�artista sull�opera, quando non possa mantene-re la finzione dell�artista perfettamente riflesso dall�o-pera, noi vediamo quanto diverga la valutazione odier-na del lavoro da quella dell�antichità. La differenza èenorme, benché gli uomini, come afferma il Veblen,non si siano liberati neanche oggi dal concetto primiti-vo dell�ozio onorevole27. Ma certo piú profondamentedel nostro tempo ne era compresa l�antichità. Finchédura in Grecia il predominio dell�aristocrazia guerriera,dura intatto il concetto dell�onore primitivo, parassita ebrigantesco, e, alla fine di quel predominio, è sostituitoda un concetto analogo: quello della vittoria nell�agone.Come sola occupazione nobile e degna vale, quando siposano le armi, la gara sportiva. Cosí il nuovo ideale siricollega all�idea di una lotta che occupa tutta la vita edesige che i suoi fedeli vivano di rendita.

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Per il ceto dominante in Grecia e per i suoi filosofila «pienezza dell�ozio» è la premessa di ogni cosa bellae buona, è il solo bene che renda la vita degna di esservissuta. Soltanto l�ozioso può conseguire la saggezza, lalibertà interiore, dominare e godere la vita. È evidentela dipendenza di questo ideale dalla condotta di vita delceto abbiente. Nel concetto della kalokagathía, dellaperfetta educazione fisica e spirituale, nel disprezzo diogni cultura unilaterale e di ogni ristretta specializza-zione, si esprime chiaramente l�ideale di una vita fuoridi ogni vincolo di professione. Ma quando Platone, nelleLeggi (643 e), sottolinea il contrasto fra la paideia chearricchisce tutto l�uomo e l�abilità professionale, egli dàevidentemente espressione, oltre che all�antica idea ari-stocratica della kalokagathía, anche alla propria ostilitàalla nuova borghesia democratica che si nasconde dietrola differenziazione professionale. Agli occhi di Platoneogni specialità, ogni occupazione nettamente circoscrit-ta è banausica, ma questa banausia è un tratto caratteri-stico della società democratica28.

La vittoria del costume borghese sul costume ari-stocratico, nel corso del secolo iv e dell�età ellenistica,comporta la parziale trasformazione dell�antica idea diprestigio; ma nemmeno ora si rispetta il lavoro per sestesso o gli si attribuisce un valore educativo nel sensodella nostra etica borghese; lo si scusa, indulgendo a chisa far denari. Già il Burckhardt osserva che in Grecianon solo l�aristocrazia, ma anche la borghesia disprezzail lavoro, in contrasto con la borghesia medievale che findall�inizio lo tiene in grande stima, e anziché adottareil concetto di onore della nobiltà, impone ad essa il pro-prio concetto di onore professionale. Decisive per ilvalore che un popolo annette al lavoro sono, per ilBurckhardt, le circostanze in cui si sono foggiati i suoiideali di vita. Quelli dell�Occidente odierno derivanodalla borghesia medievale, che supera via via la nobiltà

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in beni materiali e spirituali. Quelli dei Greci invecederivavano dall�età eroica, da un mondo ignaro del prin-cipio di utilità, e costituivano un patrimonio a cui siattennero ancora per secoli29. Solo quando gli ideali ago-nistici cessano di operare, a un momento cioè che coin-cide con la fine della polis, si annuncia una valutazioneaffatto nuova del lavoro e quindi dell�arte figurativa; mal�antichità non era destinata a compiere il passo decisi-vo nel senso di questa trasformazione.

Nell�Atene classica la posizione economica e socialedi scultori e pittori è pressoché la stessa che nei tempieroici e omerici, nonostante la straordinaria importan-za acquistata dalle opere d�arte per la polis vittoriosa eper l�orgogliosa esibizione della sua potenza. Si continuaa considerare l�arte come pura abilità manuale, e l�arti-sta come un comune operaio, che non ha nulla che farecoi valori spirituali piú elevati, con la scienza e con lacultura. Egli è pur sempre mal pagato, senza sede fissa,e mena la vita instabile dei vagabondi, per lo piú stra-niero senza diritti nella città che gli dà lavoro. BernhardSchweitzer spiega la posizione immutata dell�artista conle condizioni economiche, sempre ugualmente sfavore-voli, in cui egli lavora per tutta l�epoca della libertàgreca30. In Grecia lo stato cittadino è, e rimane, il sologrande committente di opere d�arte; non ha quasi con-correnti, poiché non c�è privato che, per i costi relati-vamente alti dei prodotti artistici, gli si possa opporre oaffiancare. Fra gli artisti, invece, c�è un�accanita con-correnza, che non è minimamente compensata dalla garafra le città. Un mercato libero (che potrebbe valorizzarli)non sussiste né all�interno delle singole città, né nellaloro competizione reciproca.

Il mutamento nella condizione dell�artista, che siosserva al tempo di Alessandro il Grande, è in strettorapporto con la propaganda messa in opera per il con-quistatore. Il culto dell�individuo, che si sviluppa dal

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nuovo culto degli eroi, torna a favore dell�artista, chedispensa la gloria e la riceve. Le esigenze delle corti deiDiadochi e la ricchezza che si accumula nelle mani deiprivati aumentano la richiesta, e quindi il pregio del-l�arte e la considerazione in cui è tenuto l�artista. La cul-tura filosofica e letteraria penetra anche nella cerchiadegli artisti; essi cominciano a emanciparsi dall�artigia-nato e a formare un ceto a sé di fronte ai lavoratorimanuali. I ricordi e gli aneddoti tratti dalla vita degliartisti mostrano benissimo il grande mutamento dell�e-poca classica. Il pittore Parrasio, firmando le sue opere,dà prova di un�arroganza inconcepibile ancora pocotempo prima. Zeusi, si acquista, con la propria arte, unaricchezza quale nessun artista aveva mai posseduto.Apelle non è soltanto il pittore di corte, ma anche l�a-mico di Alessandro il Grande. Cominciano a correreaneddoti sull�eccentricità di pittori e scultori, e infinepossiamo osservare fenomeni che ricordano l�omaggiotributato all�artista nei tempi moderni31. A tutto ciò siaggiunge � anzi vi è sottinteso � quella che Schweitzerchiama «la scoperta del genio artistico» e che risale allafilosofia di Plotino32. Questi scorge nel bello un trattoessenziale del divino; secondo la sua metafisica, la realtàspezzata e frammentaria riacquista solo attraverso labellezza e nelle forme dell�arte quella totalità che ha per-duto allontanandosi da Dio33. Grande è il prestigio chedoveva venire all�artista dalla diffusione di una similedottrina. Il magico alone del veggente ispirato dal diotorna ad avvolgerlo come nella preistoria. Egli appare dinuovo l�invasato, l�essere carismatico iniziato ai miste-ri com�era stato ai tempi della magia. L�atto dell�artistacreatore prende l�aspetto della unio mystica e si sottraesempre piú al mondo della ratio. Fin dal primo secoloDione Crisostomo paragona l�artista al Demiurgo; ilneoplatonismo sviluppa questo parallelo e sottolinea ilmomento creativo nell�opera dell�artista.

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Si spiega cosí l�atteggiamento contrastante verso l�ar-tista proprio di epoche piú tarde, soprattutto dell�imperoromano e della tarda antichità. Roma repubblicana el�impero agli inizi valutavano ancora il lavoro manualee la professione dell�artista come la Grecia eroica e quel-la oligarchica e democratica. Ma a Roma, dove i piú anti-chi ricordi risalivano a una popolazione agricola, ildisprezzo del lavoro non discendeva direttamente dal-l�originaria casta guerriera: doveva passare per un�età incui anche i ricchi e gli uomini politici avevano lavoratonei campi34, per riallacciarsi a idee la cui continuità sto-rica era da gran tempo interrotta. Comunque, il belli-coso popolo di contadini, che domina Roma nei secoliiii e ii è, nonostante la sua familiarità col lavoro, tutt�al-tro che ben disposto verso l�arte e gli artisti. Solo conla trasformazione della civiltà attraverso l�economiamonetaria e urbana, e con l�influsso greco, comincia amutare l�importanza sociale del poeta, e poi, a poco apoco, anche quella dell�artista. Ma solo nell�età augusteail mutamento diviene piú sensibile e si manifesta da unlato nella figura del «vate», dall�altro nell�ampiezza enella forma assunta dal mecenatismo privato accanto aquello della corte. Tuttavia l�arte continua a essereapprezzata meno della poesia35. Durante l�impero, i pit-tori dilettanti diventano sempre piú numerosi fra i patri-zi, e la moda trova seguaci persino tra gli imperatori:Nerone, Adriano, Marco Aurelio, Alessandro Severo,Valentiniano I, tutti dipingono. Ma la scultura, forseperché piú faticosa, e per le piú complesse esigenze tec-niche, continua a essere considerata un�attività volgare.E anche la pittura è considerata un�occupazione rispet-tabile solo quando non viene esercitata per denaro. Pit-tori ormai celebri non si fanno piú pagare i loro lavori,e Plutarco, per esempio, distingue Polignoto dal volgosolo perché ha affrescato un edificio pubblico senza esi-gere alcun compenso.

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Seneca mantiene ancora l�antica distinzione tra l�o-pera d�arte e l�artista. «Si prega e si sacrifica davanti alleimmagini degli dei, � egli dice, � ma si disprezza lo scul-tore che le ha fatte»36. Ed è nota l�affermazione analo-ga di Plutarco: «Nessun giovane d�alto sentire, davantiallo Zeus di Olimpia o all�Hera di Argo, vorrebbe diven-tare un Fidia o un Policleto». È un linguaggio abba-stanza chiaro contro gli artisti; ma poi si dice che ilnostro giovane non vorrebbe essere neppure Anacreon-te, o Filemone, o Archiloco; poiché, se anche � dice Plu-tarco � godiamo delle opere, i loro creatori non merita-no di essere emulati37. L�equiparazione del poeta con loscultore è un tratto assolutamente estraneo alla classi-cità, e mostra l�incoerenza del tardo Impero di fronte atutti questi problemi. Il poeta condivide la sorte delloscultore, perché anch�egli è soltanto uno specialista esegue le regole precise di una dottrina, che traduce l�i-spirazione divina in una tecnica razionale. E lo stessodissidio che pervade le idee di Plutarco, si ritrova nelSogno di Luciano, dove la Scultura è rappresentata comeuna donna sudicia e volgare, la Retorica come una splen-dida creatura eterea; ma, contrariamente a Plutarco, siasserisce che insieme con le statue degli dei si onoranoanche i loro autori38. Il riconoscimento della personalitàartistica, nella misura in cui traspare in queste dichia-razioni, è evidentemente in rapporto con l�estetismoimperiale, e indirettamente forse anche col neoplatoni-smo e con dottrine filosofiche affini; ma la simultaneacondanna dell�artista � una voce che non si spegne maiaccanto all�altra � prova che l�antichità, anche nell�epo-ca piú tarda, rimane legata alla concezione preistoricache fa consistere il prestigio nell�«ozio ostentativo»(Veblen), e, nonostante la sua cultura estetica, è sem-plicemente incapace di concepire un�idea come quelladel «genio», propria del Rinascimento e dell�età moder-na. Poiché solo con questo concetto diventa indifferen-

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te in quale forma e con quali mezzi si esprima la perso-nalità, purché riesca a esprimersi, o anche solo ad accen-nare ciò che non riesce a esprimere.

1 k. j. beloch, Griechische Geschichte, 2a ed., IV, 1, 1925, pp.323-25; m. rostovtzeff, The Social and Economic History of the Hel-lenistic World, I, 1941, pp. 2o6-7.

2 o. neurath, Antike Wirtschaftsgeschichte cit., p. 49.julius kärst, Geschichte des Hellenismus, II, 2a ed., 1926, pp.

166-67.4 Ibid., p. 163.5 georg misch, Geschichte der Autobiographie, I, 1931, 2a ed., pp.

96 sgg.6 Ibid., pp. 105, 113, 179.7 u. wilamowitz-möllendorff, Die griechische Literatur, pp.

185-87.8 e. bethe, Die griechische Poesie, in gercke-norden, Einleitung in

die Altertumswissenschaft, I, 3, 1924, p. 38.9 Il termine, in questa accezione, proviene da Max Weber.10 franz wickhoff, Römische Kunst. Die Wiener Genesis, in Sch-

riften, III, 1912, p. 23.11 arnold schober, Zur Entstehung und Bedeutung der provin-

zialrömischen Kunst, «Jahresberichte des Österreichischen Archäologi-schen Instituts», XXVI, 1930, pp. 49-51; silvio ferri, Arte romanasul Reno, 1931, p. 268.

12 Cfr. guido kaschnitz-weinberg, Studien zur etruskischen undfrührömischen Porträtkunst, «Mitteilungen des Deutschen Archäologi-schen Instituts. Römische Abteilung», vol. XLI, 1926, pp. 178 sgg.

13 t. mommsen, Römisches Staatsrecht, 1887, 3a ed., I, p. 442; III,p. 465.

14 a. zadoks-jitta, Ancestral Portraiture in Rome, 1932, p. 34.15 herbert koch, Spätantike Kunst, in Probleme der Spätantike,

Vorträge auf dem 17. Deutschen Historikertag, 1930, pagine 41-42.16 g. rodenwaldt, Die Kunst der Antike, 1927, p. 67.17 th. birt, Zur Kulturgeschichte Roms, 1917, 3a ed., p. 138.18 Ibid.19 Römische Kunst ecc. cit., passim, specialmente pp. 14-16.20 Ibid.21 Cfr. max dvoRák, Katakombenmalereien: Anfänge der christlichen

Kunst, in Kunstgeschichte als Geistesgeschichte, 1924, pagine 16-17.22 lntorno all�espressionismo dell�arte tardo-romana cfr. rudolf

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kautzsch, Die bildende Kunst der Gegenwart und die Kunst der sinken-den Antike, 192o.

23 Cfr. h. koch, Spätantike Kunst ecc. cit., pp. 49, 53; g.rodenwaldt, Die Kunst ecc. cit., p. 87; m. dvorák, Katakombenmale-reien ecc. cit., p. 21.

24 max weber, Die sozialen Gründe des Untergangs der antiken Kul-tur, in Gesammelte Aufsätze zur Sozial- und Wirtschaftsgeschichte, 1924,pp. 307-8.

25 t. veblen, The Theory 0f the Leisure Class cit.26 e. zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffs cit., p. 35.27 Ibid., p. 36.28 j. burckhardt, Griechische Kulturgeschichte cit., IV, pagine

125-26.29 Ibid., pp. 123-24.30 b. schweitzer, Der bildende Künstler und der Begriff des Kün-

stlerischen cit., p. 47.31 j. p. mahaffy, Social Life in Greece from Homer to Menander,

1888, p. 439.32 Der bildende Künstler ecc. cit., pp. 6o, 124 sgg.33 Enneadi, V, 8, 9.34 o. neurath, Antike Wirtschaftsgeschichte cit., p. 68.35 e. zilsel, Die Entstehung des Geniebegriffs cit., p. 26.36 lattanzio, Div. Inst., II, 2, 14.37 plutarco, Pericle, 2, 1.38 l. friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschiehte Roms, III,

10a ed., 1923, p. 103; b. schweitzer, Der bildende Künstler ecc. cit.,p. 30.

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