Professione Salute 01/2016

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febbraio 2016 1 Corso accreditato ECM Alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche L’alimentazione nell’adulto sportivo sano SANITÀ Prestazioni sanitarie private: l’impatto sul livello di tutela della salute del cittadino GINECOLOGIA Come il microbiota intestinale influenza la salute dell’intero organismo nelle donne SALUTE&BENESSERE Conoscere il dolore per impostare la strategia terapeutica più efficace STILI DI VITA I rimedi detox che aiutano a liberare l’organismo dall’accumulo di tossine PEDIATRIA E MATERNITÀ Dalla Consensus su vitamina D in età pediatrica le raccomandazioni per prevenire l’ipovitaminosi D

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Periodico bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione

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febbraio 20161

Corso accreditato ECMAlimentazione e sportin diverse condizionifisiopatologiche

L’alimentazionenell’adulto sportivo sano

sanitàPrestazioni sanitarie private:l’impatto sul livello di tuteladella salute del cittadino

ginecologiaCome il microbiota intestinaleinfluenza la salute dell’interoorganismo nelle donne

salute&benessereConoscere il doloreper impostare la strategia terapeutica più efficace

stili di vitaI rimedi detox che aiutanoa liberare l’organismodall’accumulo di tossine

pediatria e maternitàDalla Consensus su vitamina Din età pediatrica le raccomandazioniper prevenire l’ipovitaminosi D

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Professione Salutefebbraio 2016 3

editoriale

Giuseppe RoccucciDirettore responsabile

Hellas CenaDirettore scientifico

Corso Fad: “Alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche”Da sempre impegnata nel campo della formazione alla prevenzione in ambito medico e nutri-zionale, Professione Salute propone per il 2016 un nuovo corso Fad che prende in considera-zione un binomio inscindibile per il mantenimento della salute e del benessere individuale ov-vero l’importanza di un’alimentazione equilibrata abbinata a un esercizio fisico adeguato in soggetti con particolari esigenze.Il percorso formativo del corso Fad manterrà la stessa struttura delle edizioni precedenti e sarà articolato in cinque moduli didattici che analizzeranno nello specifico il legame tra dieta e sport nelle diverse condizioni fisiopatologiche: dall’adulto sano che pratica attività fisica fino all’an-ziano, soffermandosi sulle misure da adottare nel paziente in cura per patologie croniche, nella riabilitazione del paziente affetto da disturbi cardiovascolari e nel paziente oncologico.Il corso vuole essere un aggiornamento per il professionista che opera in ambito sanitario, il quale nella pratica clinica deve tenere conto dei bisogni specifici dei pazienti.

Giuseppe Roccucci

Esercizio fisico e dieta sana,cardini di benessere e salute

L’attenzione che oggi si pone sul regime alimentare dimostra una maggiore consapevolezza circa lo stretto legame tra salute e stile di vita. L’attività fisica associata a una corretta alimen-tazione è in grado di portare benessere psicofisico a tutti i soggetti sani di qualunque età, di prevenire patologie cronico degenerative, mantenere il peso corporeo in un range di normali-tà, raggiungere e conservare una composizione corporea adeguata per età e sesso nonché co-adiuvare la terapia di numerose condizioni patologiche, oltre a ritardare l’invecchiamento ag-giungendo qualità di vita alla longevità.

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Gli sportivi, fra tutti, sono sicuramente coloro che da sempre hanno rivolto particolare at-tenzione all’alimentazione per ottenere una performance ottimale. Sono però spesso vittime di errate convinzioni che promettono risultati miracolosi e sono vulnerabili a regimi dietetici sbilanciati che possono compromettere il loro stato di nutrizione con manifestazioni caren-ziali subclinche.L’alimentazione dello sportivo richiede un’attenzione particolare, in quanto l’atleta, a secon-da del tipo di attività fisica, della frequenza degli allenamenti e delle gare, è un soggetto che ha un fabbisogno nettamente superiore, e deve garantire un adeguato apporto energetico

nonché la presenza di tutti i principi nutritivi in modo da soddisfare le necessità metaboliche, di turnover e di ac-crescimento dei tessuti.L’interesse nei confronti dell’attività fisica e dell’alimen-tazione oggi però non si limita allo sportivo ma è sempre più alla ribalta anche nella pratica clinica e in quella pre-ventiva della popolazione generale.La ricerca ha oramai dimostrato ampiamente che l’ade-renza a uno stile di vita attivo e a un’alimentazione cor-retta permette di migliorare una serie di condizioni fi-siologiche e prevenire condizioni patologiche oramai frequenti e sempre più precoci come le malattie metabo-liche, cardiovascolari e il cancro.La grande offerta di alimenti a elevata densità energetica e basso contenuto nutrizionale, associata alla sedenta-rietà tipica dei nostri tempi, non favoriscono il raggiungi-mento del completo benessere psicofisico, anzi, sono fat-tori di rischio per le principali malattie non trasmissibili. Tutto ciò ha portato la WHO (World Health Organization)

a riconoscere l’esigenza di migliorare la dieta e aumentare il livello di attività fisica (WHO Glo-bal Strategy on Diet, Physical Activity and Health, May 2004) nonché a sviluppare delle Racco-mandazioni (Global Recommendations on Physical Activity for Health) con l’obiettivo genera-le di fornire un orientamento sul rapporto dose-risposta tra frequenza, durata, intensità, tipo e quantità totale di attività fisica necessaria per la prevenzione delle malattie non trasmissibili.È compito prioritario di tutti coloro che si occupano di salute conoscere e promuovere una die-ta equilibrata e una vita attiva a scopo preventivo e riconoscere la necessità di applicare i prin-cipi dietetici nonché gli esercizi fisici specifici per patologia nella pratica clinica.

Prof. Hellas CenaMedico Specialista in Scienza dell’Alimentazione

Università degli studi di Pavia

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sommario

3Editoriale

9Ne parliamo conLA SANITà PRIVATAIN ITALIA E IL RUOLODEL FARMACISTANEL PERCORSO DI CURAIntervista ad Andrea Mandellidi Renato Torlaschi

13Corso ECM 2016L’ALIMENTAZIONENELL’ADULTO SPORTIVOSANOdi Mara Oliveri e Anna Gerbaldo

25Salute&BenessereL’INTESTINOE IL MICROBIOTACHE CI ABITA:LA PROSPETTIVAGINECOLOGICAdi Alessandra Graziottin

29Salute&BenessereLA FISIOLOGIADEL DOLOREE LE TERAPIEFARMACOLOGICHEdi Giampiero Pilat

33Stili di vitaPURIFICAREL’ORGANISMOCON I RIMEDIDETOX NATURALIdi Carla Carnovale

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Direttore responsabileGiuseppe Roccucci

Board scientifico

Hellas Cena (Direttore)

Donatella Ballardini

Silvia Brazzo

Mario Calzavara

Mariano Casali

Rachele De Giuseppe

Massimo Labate

Luca Marin

Mara Oliveri

Marco Rufolo

RedazioneAndrea Peren [email protected] Romanelli [email protected] Villa [email protected]

GraficaGrafic House, Milano

Hanno collaboratoCarla Carnovale, Anna Gerbaldo, Alessandra Graziottin, Vincenzo Marra, Mara Oliveri, Giampiero Pilat, Renato Torlaschi

VenditeStefania Bianchi [email protected], tel. 340.1246792Giovanni Cerrina Feroni [email protected], tel. 346.2330694Lucia Oggianu [email protected], tel. 338.9609937

Ufficio AbbonamentiTel. 031.789085 - [email protected]

SIDeMaSTSocietà Italiana di Dermatologiamedica, chirurgica, estetica e delleMalattie Sessualmente Trasmesse

StampaReggiani spa - Divisione Arti GraficheVia Alighieri, 50Brezzo di Bedero (VA)

Abbonamento annuale Italia: euro 0,95Singolo fascicolo: euro 0,19

Professione Salute periodico bimestraleAnno VII - n. 1 - febbraio 2016

Registrazione del Tribunale di Comocon il n. 4 del 14/04/2010

EditoreGriffin srl unipersonale, piazza Castello 5/E22060 Carimate (CO)

Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la respon-sabilità degli Autori. La pubblicazione degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e uti-lizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previ-sto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Grif-fin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titola-re del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra ope-razione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inser-zionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.

sommario

39Pediatria e maternitàCARENZA DI VITAMINA DRIGUARDA OLTREUN BAMBINO SU DUEdi Vincenzo Marra

45Igiene oralePARODONTITE:«LA TERAPIA VA SEMPREPORTATA A TERMINE»di Andrea Peren

48Diritto di replicaLIBERALIZZAZIONEFARMACI DI FASCIA C:IL PUNTO DI VISTADELLA GDO

49Attualità

55Le aziende informano

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Professione Salutefebbraio 2016 9

A differenza di quanto accade nella maggioranza dei paesi europei,

dove la spesa sanitaria privata è ampiamente intermediata dai

sistemi di assistenza integrativa, in Italia questo avviene in minima

parte e i costi ricadono in gran parte sul singolo cittadino

È da anni che istituti di ricerca, associazio-ni di categoria e di cittadini e rappresen-tanze professionali denunciano la crescita

costante della spesa sanitaria privata. Per re-stare a dati ormai consolidati, nel 2013 i citta-dini hanno speso per ottenere prestazioni sani-tarie una cifra pari al 22% della spesa sanitaria complessiva, vale a dire 31,6 miliardi. È poco? È molto? Lo abbiamo chiesto al presidente della Federazione ordine farmacisti italiani (Fofi) An-drea Mandelli, alla luce delle spinte sociali e delle decisioni politiche su questo tema.

Dottor Mandelli, può darci una sua valuta-zione dell’entità della spesa sanitaria priva-ta in Italia?Rispondere non è semplicissimo. È un dato per così dire fisiologico che, accanto alla spe-sa pubblica, vi sia una componente a carico del singolo cittadino anche in altri paesi che hanno adottato un sistema universalistico e solidale: è così in Francia, in Germania e in Gran Bretagna, dove la spesa privata varia dal 18 al 22% e non è un dato distante dalla media dei paesi Ocse. C’è però una differenza strutturale: mentre nel resto d’Europa buona parte di questa spesa è

Intervista diRenato Torlaschi

Andrea MandelliPresidente Fofi

intermediata dai sistemi di assistenza integrati-va – sia quelli mutualistici sia quelli assicurativi – in Italia solo il 4,7%, cioè 1,4 miliardi di euro, segue questo percorso. Per la parte restante è il singolo che, come si suol dire, si rivolge al mer-cato per acquistare farmaci, test diagnostici, vi-site specialistiche e altre prestazioni.

Qual è l’impatto sulla salute degli italiani?Questa struttura della spesa ha conseguenze importanti sul livello della tutela della salute: un sistema di questo tipo mina alla base il ca-rattere universalistico della sanità italiana, che discende direttamente dal dettato costituzio-nale, creando un solco tra chi può acquistare direttamente la prestazione di cui ha necessi-tà e chi non può, tanto è vero che nella classifi-ca delle Regioni che vantano la maggiore spesa privata troviamo ai primi posti Lombardia (608 euro annui a testa), l’Emilia Romagna (581) e il Friuli Venezia Giulia (551), mentre nelle ultime posizioni ci sono Calabria (274 euro), Campania (263) e Sicilia (245), le stesse Regioni che pre-sentano un quadro assistenziale spesso critico. Una classifica «ormai invariata da decenni», co-me si legge nello studio presentato lo scorso

La sanità privata in Italiae il ruolo del farmacistanel percorso di cura

ne Parliamo con

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interviSta ad Andrea Mandelli

dicembre da Fondo Est, l’ente di assistenza sa-nitaria integrativa del commercio, del turismo, dei servizi e dei settori affini. Ma non c’è soltan-to questo aspetto da considerare: da sempre quello sanitario è ritenuto un settore “a falli-mento del mercato”, in cui il gioco tra doman-da e offerta non mette capo all’effettivo sod-disfacimento delle esigenze. I motivi sono noti, ma soprattutto uno è fondamentale: l’asimme-tria informativa, cioè l’impossibilità per il citta-dino di stabilire di quale prestazione ha effet-tivamente bisogno e di valutare la qualità e la rispondenza di ciò che “acquista”.

Qual è il compito della politica?È evidente che, a fronte di una situazione che vede una costante riduzione del finanziamen-to della sanità pubblica, ben al di là di quanto ammesso dagli ultimi governi, ci si deve por-re il problema di fornire al cittadino che ha una capacità di spesa gli strumenti per far rende-re al meglio in termini di salute il suo esborso e, dall’altra parte, di permettere alle fasce me-no abbienti di accedere a un secondo pilastro dell’assistenza sanitaria attraverso meccanismi mutualistici e di condivisione del rischio, sia at-traverso i fondi di categoria sia attraverso si-stemi aperti su base volontaria.Non è un obiettivo a lungo termine, ma è una necessità di oggi: l’invecchiamento della po-polazione, il problema dell’autosufficienza e i progressi nell’ambito dell’innovazione tecni-ca e farmaceutica suggeriscono la necessità di un profondo ammodernamento del nostro ser-vizio sanitario nazionale, anche attraverso una crescente integrazione tra il primo e il secondo pilastro. Vale la pena di ricordare che, secondo l’indagine presentata da Censis e Rbm la scorsa estate, il 63,4% degli italiani teme per la coper-tura sanitaria futura. E il 54% indica come prio-rità del welfare la riduzione delle liste di attesa.Secondo i dati dell’ultimo rapporto Pit salute curato da Cittadinanzattiva-Tribunale dei dirit-ti del malato, nell’11% dei casi, le segnalazioni giunte al Tribunale nell’anno 2014 riguardano proprio i costi sostenuti per accedere alle pre-

stazioni sanitarie, e al primo posto troviamo i costi relativi a farmaci (26,6%), esami diagno-stici e visite specialistiche (21,3%), prestazioni intramoenia (18,9%), tutte voci in aumento ri-spetto alla precedente rilevazione. Ma, al di là delle singole voci, secondo il rapporto il tema dei costi per curarsi è ormai divenuto trasver-sale e ricorre in tutte le indagini sulla tutela della salute. Il servizio sanitario universalisti-co è un imprescindibile ammortizzatore socia-le, ma ha dei limiti che vanno corretti e in que-sta opera gli schemi di assistenza integrativa possono avere un ruolo fondamentale.

Nella società civile si moltiplicano gli ap-pelli a confrontarsi costruttivamente su questo aspetto: cosa ne pensa?È un fatto che va salutato positivamente, tra le diverse iniziative, vorrei citare il convegno “La sanità nel welfare che cambia”, organizza-to a Roma da Confindustria e Confcommer-cio il 10 dicembre scorso. Le possibili soluzio-ni non mancano, quello che serve è la volontà politica di valutarne la fattibilità e procedere alla loro applicazione.Da ultimo, ma non per importanza, il crescere di questa modalità di intervento potrebbe esse-re anche il motore della crescita dell’assistenza sul territorio, anche e innanzitutto quella offerta dal farmacista di comunità. Negli anni, grazie so-prattutto ai progetti avviati dalla Federazione de-gli Ordini, si è avuta la conferma scientifica del-la possibilità di migliorare il percorso di cura, in collaborazione con il medico, attraverso le pre-stazioni professionali del farmacista a supporto dell’aderenza. Ma non solo: l’intervento del far-macista può far conseguire significativi risparmi, evitando aggravamenti di patologie, in partico-lare quelle croniche, ma anche riducendo spre-chi ed errori. Un elemento di razionalizzazione che può rendere la stessa assistenza farmaceu-tica più “leggera” per il terzo pagante e l’esem-pio della vicina Svizzera, dove le casse malattia rimborsano una serie di prestazioni professionali proprio per ridurre gli oneri del capitolo assisten-ziale, mi sembra abbastanza eloquente. n

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AbbonAmento 2016

30 €solo la rivista

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59 €Corso FAD+sCeglienDo trA

L’apparato gastroentericotra salute e patologia:

ruolo di alimentazione e stile di vita

*Alimentazione e sportin diverse condizioni

fisiopatologiche

il corso è costituito da 5 moduli didatticie darà diritto a maturare 21 crediti eCM

Corso erogato nei fascicoli di Professione Salutee disponibile anche online

I corsi sono svolti nell’ambito del programma ECM del Ministerodella Salute, con modalità FAD (Formazione a Distanza).

I crediti acquisiti con gli eventi formativi sono validi su tuttoil territorio nazionale.

*

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Corso ECM 2016Modalità di Formazione a Distanza (FAD)

riservAto Agli AbbonAti pAgAnti*

Alimentazione e sportin diverse condizioni fisiopatologiche

Responsabile scientificoprof.ssa Hellas CenaMedico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia

Programma del corsoL’esercizio fisico e l’attività sportiva sono fondamentali per favorire il pieno sviluppo dell’organismo e per promuovere e mantene-re uno stato di salute ottimale sia a breve che a lungo termine. Alla luce di tali considerazioni, nel corso Alimentazione e sport in diverse condizioni fisiopatologiche verranno approfonditi diversi aspetti:z come una alimentazione corretta ed equilibrata rappresenti il sistema più adatto per soddisfare i particolari bisogni energetici e nutrizionali degli sportivi, sia amatoriali che professionisti; z come nell’anziano, in seguito a modificazioni fisiologiche quali il rallentamento del metabolismo basale, la diminuzione della muscolatura scheletrica e una ridotta attività fisica, sia necessario un intervento nutrizionale adeguato unitamente a un corretto programma di esercizio fisico al fine di mantenere un buono stato di benessere sia fisico che cognitivo e psichico;z come un’alimentazione equilibrata e corretta, affiancata a un valido e continuo programma motorio, sia un’efficace misura da adottare nella cura di patologie croniche (diabete mellito di tipo 1), nella riabilitazione del paziente affetto da patologia cardiova-scolare e nel paziente oncologico.

Struttura del corsoz Alimentazione nell’adulto sportivo sano (Mara Oliveri, Anna Gerbaldo)z Alimentazione ed esercizio fisico: raccomandazioni per l’anziano (Matteo Vandoni, Silvia Maffoni)z Esercizio e nutrizione nella riabilitazione della patologia cardiovascolare (Pietro Mariano Casali, Francesca Bicocca)z Alimentazione e attività fisica nel paziente oncologico (Luca Marin, Silvia Brazzo)z Ruolo di alimentazione e sport nel diabete di tipo 1 (Francesca Bicocca)

Obiettivi del corsoIl presente corso si prefigge di raggiunfìgere i seguenti obiettivi:z l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere “trasferiti” all’utente finale, con ripercussioni in termini di “aumento di competenze” della comunità in cui si è chiamati ad agire;z l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professio-nali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventivo, che potrà avere importanti ripercussioni “a cascata” in termini di “guadagno di salute” di tutta la popolazione.

Modalità di somministrazione del corso e accreditamento ECMIn ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2016 e per tutto il 2016 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di valutazione.Tutti i moduli pubblicati sulla Rivista saranno disponibili online su sito www.fadmedica.it, dove sarà possibile, modulo per modu-lo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM avverrà al superamento di tutti i questionari.Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

*per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: [email protected]

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corso ecm

L’alimentazionenell’adulto sportivo sano

Nella storia dell’uomo il concetto di massimizzazione della performance sportiva, intesa come abilità a portare

a termine un impegno fisico nelle più svariate situazioni, è noto sin dall’antichità. Già i grandi condottieri ribadivano il ruolo di assoluta cen-tralità che l’alimentazione gioca sulle capacità fisio-metaboliche dell’uomo: fornendo a ogni soldato una razione alimentare (“posca”, co-stituita-da germogli di cereali, fichi secchi e formaggi), i Romani hanno reso evidente co-me l’alimentazione fosse già parte di una logi-ca finalizzata. In ambito più specificatamente sportivo, già dai tempi dei Giochi Olimpici del

500 a.C. gli atleti avvertono la necessità di so-stenere la propria prestazione attraverso una dieta particolare con grandi quantità di carne, pane, frutta secca, miele, ecc. Talvolta si dif-fondevano dei luoghi comuni tra gli atleti: cu-riosa è l’idea che questi dovessero, per otti-mizzare la loro prestazione, mangiare carni di animali con caratteristiche simili a quelli della disciplina sportiva praticata, quindi i corridori avrebbero dovuto preferire carne di antilope e i saltatori quella di gazzella. In generale, possiamo dire che mentre in pas-sato l’alimentazione degli atleti era orienta-ta prevalentemente alla prescrizione di regimi

nutrizionali, a volte assai bizzarri e fantasio-si, da proporre solo in occasione dell’evento gara, oggi più modernamente si pensa preva-lentemente in termini di una vera e propria preparazione nutrizionale dell’atleta da realiz-zare durante tutto l’arco dell’intera stagione sportiva. Questo perché dall’idea di una dieta strutturata ma “spot”, fornita in occasione di un evento straordinario (la gara), si è passa-ti a considerare l’adeguata e corretta alimen-tazione dell’atleta come uno dei cardini fon-damentali per promuovere quella condizione di completo e valido stato di buona salute, fi-sica e psichica, che è premessa indispensabi-

A cura di Mara Oliveri

BiologoSpecialista in Scienza dell’Alimentazione

Anna GerbaldoCorso di laurea in Dietistica

Università di Pavia

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alimentazione e SPort in diverSe condizioni fiSioPatologiche

le per il raggiungimento della migliore presta-zione atletica. Oggigiorno la nutrizione in ambito sportivo è argomento seguito da milioni di entusiasti del fitness e dello sport che, in tutto il mondo, pra-ticano le più varie attività: dalla corsa al cicli-smo su strada, dalle attività organizzate in pa-lestra alle arti marziali, ed ha quindi smesso di essere una questione riguardante esclusiva-mente gli atleti di élite.Recentemente è stato descritto come le cono-scenze nutrizionali in atleti di tutti i livelli con età maggiore di 13 anni, di ambo i sessi, fos-sero più elevate nelle donne e correlate positi-

vamente e significativamente al grado di istru-zione e al livello socio-economico, quando paragonati a una popolazione di controllo (non atleti)(1). Tuttavia, a fronte di una sempre mag-gior quota di soggetti interessati e della pro-gressiva richiesta di informazioni nutrizionali, molti atleti seguono un’alimentazione che non soddisfa i loro obiettivi nutrizionali. Tra le prin-cipali criticità rilevate si riportano: scarsa cono-scenza degli alimenti e della loro preparazione, scarsa conoscenza della nutrizione applicata a diversi tipi di impegno fisico che le discipline sportive richiedono e ricorso all’utilizzo di so-stanze che promettono di ottimizzare la presta-zione a scapito dell’obiettivo di salute. Il presente modulo ha lo scopo di chiarire qua-le sia la quantità di calorie e la loro distribu-zione in termini di macronutrienti da fornire all’atleta per raggiungere e mantenere quel-la condizione psico-fisica che gli consentirà di sostenere la propria performance nei vari con-testi ambientali. Particolare attenzione sarà ri-volta allo stato di idratazione dell’atleta e al bi-lancio idrico-salino.

L’idratazione e il bilancio idrico-salino come punto di partenzaL’acqua è un componente fondamentale dell’organismo umano e un suo nutriente aca-lorico; è tra i più importanti fattori in grado di influire sulla prestazione sportiva e sulla salu-te dell’atleta.L’acqua corporea totale (Total Body Water, TBW) si compone fondamentalmente di due compar-timenti idrici: l’acqua intracellulare (Intra Cel-lular Water, ICW, indicata anche come liquido intracellulare, LIC, contenente K, Mg e fosfati) ed extracellulare (Extra Cellular Water, ECW, in-dicata anche come liquido extracellulare, LEC, contenente Na, bicarbonati e cloruri). All’inter-no di questi l’acqua si distribuisce seguendo la concentrazione dei soluti, ovvero l’osmolarità, in quote rispettive di circa 2/3 e 1/3 (2).Il controllo del bilancio idrico dell’organi-smo è un processo finemente regolato attra-

verso il controllo dell’osmolarità e del volume dell’ECW, chiamando in causa l’ormone anti-diuretico (ADH), la sete, il sistema renina-an-giotensina-aldosterone, il peptide natriuretico atriale (ANP) e cerebrale (BNP). Grazie a que-sti meccanismi, l’osmolarità viene mantenuta costante subendo variazioni minime e di bre-ve durata. L’organismo mantiene il proprio pa-trimonio idrico cellulare ed extracellulare re-golando la sola componente extracellulare; la composizione intracellulare si equilibrerà poi con l’ECW; lo spostamento minimo dell’acqua da ICW a ECW viene percepito da osmorecet-tori che evocano la sensazione di sete (3).Il ricambio di acqua è un processo continuo in cui l’acqua introdotta e disponibile per l’orga-nismo (derivante da bevande, dalla parte ac-quosa di alimenti solidi e dal metabolismo os-sidativo dei macronutrienti) deve bilanciare le uscite che avvengono tramite le urine, le fe-ci, la respirazione, la sudorazione e la perspira-tio insensibilis; si stima inoltre che la produzio-ne endogena derivante dalla metabolizzazione di macronutrienti, per un soggetto sedenta-rio, sia intorno ai 250-300 ml/die e aumenta nell’esercizio fisico, soprattutto se di partico-lare intensità (2).Uno stato di idratazione ottimale è correlato a un minor rischio di disidratazione, a un più basso rischio di traumi muscolari e al ripristi-no più rapido delle condizioni fisiche ottimali. Secondo i Larn (2), l’assunzione adeguata (AI) di acqua negli uomini adulti sani è di 2,5 L/die e nelle donne adulte sane di 2,0 L/die, tenen-do conto dell’acqua da bevande e da alimenti ma senza considerare l’acqua metabolica; que-sti valori si riferiscono a un basso livello di atti-vità fisica, con clima temperato e sono stima-ti sulla base dei consumi medi di popolazione, sul volume urinario minimo per eliminare i so-luti a livello renale e dalle relazioni tra appor-to d’acqua ed energetico. Non vi sono indica-zioni rispetto al limite massimo di assunzione, che si presume irrealistico se superiore alla ve-locità di escrezione renale (2).

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corso ecm

Sebbene un’idratazione efficiente influisca po-sitivamente sulla performance e permetta un recupero più rapido, specialmente dopo uno sforzo intenso, non sempre gli atleti assumono liquidi secondo una strategia strutturata, os-servando quantità adeguate e tempi opportu-ni. Nello sportivo la situazione di più frequen-te riscontro è la disidratazione.Nella pratica sportiva e nell’attività fisica re-golare le cellule muscolari impegnate nell’uti-lizzazione dell’ATP producono calore con con-seguente innalzamento della temperatura corporea, elemento sfavorevole alla prestazio-ne atletica e alla salute dello sportivo. Pertan-to il corpo umano deve mettere in atto mec-canismi di termodispersione per salvaguardare l’integrità dell’organismo, che lavora in modo ottimale entro un range limitato di tempera-tura (37-38 °C a livello rettale). Il meccanismo termodisperdente di gran lunga più effica-ce nello sportivo è la sudorazione e la perdi-ta di calore attraverso evaporazione del sudo-re, che si avvia quando la perdita di calore per convezione, irradiazione, conduzione e respi-razione divengono insufficienti alla preserva-zione dell’equilibrio termico; per ogni g (ml) di acqua evaporata, si disperdono 0,58 kcal. Si ri-tiene che la massima sudorazione possibile sia pari a 1800 ml/ora di lavoro muscolare; negli atleti impegnati per lungo tempo in sport di intensità elevata si possono osservare perdite di liquidi fino a 5-6 kg. La produzione di sudo-re è a sua volta influenzata dal tipo di vestiario, dalla temperatura ambientale, dalla ventilazio-ne e dalla percentuale di umidità. In condizio-ni di elevata umidità o scarsa ventilazione, il processo di evaporazione può essere in parte o del tutto compromesso; in questa situazio-ne il fisico tenta di abbassare la temperatura producendo altro sudore che però non evapo-rerà, con il rischio di conseguente aumento di temperatura, calo ponderale da disidratazione e perdita di sali (4).Il sudore è normalmente ipotonico rispetto ai fluidi corporei, mentre l’osmolarità dell’ICW e

dell’ECW è equivalente (280-290 mOsm/L H2O),

poiché gli scambi d’acqua tra ICW ed ECW ten-dono a bilanciare la loro osmolarità seguen-do il gradiente di pressione osmotica. Nell’at-leta il sudore conserva la sua caratteristica di ipotonicità rispetto al plasma, con concentra-zioni basse di Na e Cl; tuttavia, con sudorazio-ni abbondanti questi elettroliti possono andare persi in modo significativo: per una riduzione di circa il 6% del peso corporeo con l’attivi-tà sportiva, si possono perdere il 5% e il 7% del contenuto corporeo totale rispettivamen-te di Na e Cl. A preservarli in parte intervengo-no fenomeni adattativi dell’atleta, quali il mi-glior riassorbimento del Na indotto dall’azione dell’aldosterone sul rene e dotti escretori del-le ghiandole sudoripare. La produzione di al-dosterone può, per contro, favorire una mag-gior perdita di K con il sudore e con le urine. Alcuni studi dimostrano che la concentrazione plasmatica di K, più elevata durante l’attività sportiva, scende poi ai limiti inferiori della nor-

ma (4) e la sua perdita può arrivare fino all’1% del contenuto corporeo totale. Stessi valori si possono riscontrare per la perdita di Mg in-tracellulare. Anche se possono all’apparenza sembrare variazioni percentualmente piccole, considerando la loro quantità totale nell’orga-nismo e i molteplici ruoli svolti, perdite di tali entità di K e Mg possono favorire l’insorgenza di affaticamento muscolare o anche di spasmo muscolare (crampo). Gli effetti dell’alterazione del bilancio idro-sa-lino possono dare disidratazione o iperidrata-zione distinte in: ipotonica, isotonica e iperto-nica, come riassunto in tabella 1.La disidratazione si definisce come una caren-za del volume idrico totale nell’organismo, le cui principali manifestazioni sono l’ipovolemia (diminuzione del volume ematico) e la riduzio-ne del peso corporeo (PC). Le cause possono dipendere da alterato introito contemporaneo o meno a eccessiva perdita dovuta a diuresi profusa, vomito, diarrea, abbondante sudora-

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alimentazione e SPort in diverSe condizioni fiSioPatologiche

zione, ecc. Le variazioni giornaliere del volume idrico negli individui sani attivi servono a con-trobilanciare eventuali cambiamenti nel con-tenuto di soluti; tali variazioni sono general-mente asintomatiche e non oltrepassano l’1% del peso corporeo. La disidratazione può es-sere di entità lieve (1-3% di peso corporeo in adulti e bambini >10 kg e 5% di peso corpo-reo in bambini <10 kg), moderata (3-10% di peso corporeo) o grave (>10% di peso corpo-reo). Ciascuna di queste manifestazioni è ca-ratterizzata da una serie di sintomi e segni cli-nici e da anomalie di laboratorio più o meno significative. È fondamentale che ogni atleta sia in grado di riconoscere eventuali sintomi da disidrata-zione che possono essere da lievi a importanti, quali il senso di fatica e di sete, cefalea, tachi-cardia, bocca secca, vertigine, astenia, cram-pi muscolari, irrequietezza e diminuzione del-la performance fisica. L’ipoidratazione tipica negli atleti è caratterizzata da ipovolemia ipe-

rosmotica; se le riserve idrico-saline non ven-gono adeguatamente rifornite, il soggetto va incontro a disidratazione.La reintegrazione delle perdite idro-saline di-pende da molteplici fattori; per sport di bre-ve durata e modesta intensità può essere suf-ficiente la sola acqua, purché all’interno di un

programma nutrizionale ricco di frutta e ver-dura a reintegrare i minerali eventualmente persi. Per attività intense e prolungate la sola acqua può non risultare sufficiente al reinte-gro completo delle perdite totali; in tali circo-stanze può essere utile l’utilizzo di soluzio-ni idro-saline contenenti Na e Cl e che siano ipotoniche o isotoniche rispetto al plasma; tali soluzioni possono contenere – facoltati-vamente – altri elettroliti quali K, Mg e Ca, anche se sono di raro riscontro le situazio-ni di una loro carenza imputabili alle perdi-te con il sudore.Il meccanismo che rende efficace il reintegro con bevande energetiche idro-saline è lo sti-molo che il glucosio e il sodio esercitano nel riassorbimento dell’acqua a livello intestinale. La presenza contemporanea di glucosio, Na e K facilita il movimento passivo dell’acqua per mezzo della creazione di un gradiente osmo-tico favorevole all’afflusso di liquido nel tor-rente circolatorio. A sua volta l’assorbimento del glucosio è facilitato dalla contemporanea presenza di Na. La circolare del 30 novembre 2005, n. 3 del ministero della Salute relativa alle Linee gui-da sulla composizione, etichettatura e pubbli-cità dei prodotti dietetici per sportivi (Gazzetta Ufficiale n. 287 del 10 dicembre 2005) riporta i seguenti requisiti per i prodotti con minera-

DISFUNZIONE

Disidratazioneisotonica

Disidratazioneipertonica

Disidratazioneipotonica

Iperidratazioneisotonica

Iperidratazioneipertonica

Iperidratazioneisotonica

Perdita acqua + NaCl(sudorazione intensa,vomito, diarrea, usodiuretici, alterazioni

patologichedella funzione renale)

Perdita acqua(aumento perspiratio

insensibilis nella febbre,ipertermia,

iperventilazione)

Perdita NaCl

Assunzione acqua + NaCldiuresi

Assunzione NaClingestione acqua di mare

Assunzione acqua

LEC

LIC

LIC

LEC

LIC e LEC

LIC

Volemiacollasso

cardiocircolatorio

Iperosmolaritàvario grado

della volemia

Conseguenza più graveedema cerebrale

VolemiaedemaDiuresivolemiacollasso

cardiocircolatorioConseguenza più grave

edema cerebrale

caUSa altEraZIONE EFFEttI

tAbellA 1 - effetti dell’AlterAziOne del bilAnciO idricO

s

ss

s

ss

s

s

s

s

s

s

s

s

s

s

ss

s

lic, liquido intracellulare; lec, liquido extracellulare

Ione concentrazione mEq/l mg/l Sodio 20-50 460-1150

cloro (*) non più di 36 1278

Potassio (*) non più di 7.5 292

Magnesio (*) non più di 4.1 50

tAbellA 2 - cOncentrAziOne deGli elettrOliti nei prOdOttidestinAti A reinteGrAre le perdite idrO-sAline

indicazioni del ministero della Salute in merito ai requisiti per i prodotti con minerali destinatia reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione conseguente all’attività muscolare(*) la presenza di questi ioni è auspicabile

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corso ecm

z più è lungo l’impegno sportivo e più facile è disidratarsi (-30% delle capacità prestative, del grado di benessere e della concentrazione);z non aspettare lo stimolo della sete ma bere prima, durante e dopo la attività;z un metodo facile per valutare la dose neces-saria di acqua è la misurazione del peso corpo-reo prima e dopo lo sforzo fisico;z un’eccessiva introduzione di acqua può, per contro, portare a iponatriemia.

Intake energetico e macronutrientiLa componente più importante per un allena-mento e una prestazione sportiva ottimale è rappresentata da un adeguato intake calorico per supportare la spesa energetica e mante-nere forza, resistenza, massa muscolare e, nel complesso, un buono stato di salute. Nel nostro organismo quasi tutte le reazio-ni cellulari e i processi che richiedono energia vengono alimentati dalla conversione di ade-nosina trifosfato (ATP) in adenosina difosfato (ADP), ovvero dalla scissione di legami con li-berazione di una grande quantità di energia, pari a circa 7,5 kcal/mole. L’organismo ha una riserva modesta di ATP nei muscoli e una scor-ta di energia disponibile sotto forma di fosfo-creatina (PC). Carboidrati, grassi e proteine vengono metabolizzati per rifornire il sistema di ATP; il glucosio è stoccato nel muscolo sotto forma di glicogeno (circa 400 g in un sogget-

to di 80 kg), una riserva che non deve mancare perché l’organismo non attinga energia dalle proteine, “mangiando” così parte della massa muscolare (4).Dal punto di vista “meccanico” la maggiore quantità di energia viene utilizzata in presen-za di due condizioni strettamente connesse al-lo sforzo fisico:z l’aumento della frequenza cardiaca, cui se-gue un maggior apporto di sangue ai muscoli;z l’aumento della frequenza respiratoria, cioè miglior ossigenazione e migliore eliminazione di anidride carbonica con la respirazione.Tanto gli sport aerobici, a bassa intensità e a lunga durata, quanto quelli anaerobici, che

li destinati a reintegrare le perdite idro-saline causate dalla sudorazione conseguente all’at-tività muscolare svolta: z l’apporto calorico deve essere derivante per almeno il 75% da carboidrati semplici e/o mal-todestrine;z il tenore energetico deve essere compreso tra 80 e 350 kcal/l di acqua;z l’integrazione con vitamina C ed eventual-mente con altri nutrienti è facoltativa;z nella forma pronta per l’uso, la concentrazio-ne degli elettroliti deve essere la seguente (ve-di tab. 2)Alla luce di quanto sopra descritto, se da un la-to è vero che non può esistere una regola stan-dard per definire volume e frequenza di assun-zione dei liquidi a causa dell’ampia variabilità individuale nelle richieste e dei molti fatto-ri che influenzano la quantità di liquidi per-si (per esempio, durata e intensità dell’attività fisica, condizioni ambientali e caratteristiche del soggetto), è altrettanto vero che si posso-no fornire indicazioni di carattere generale ma personalizzabili, al fine di non incorrere in er-rori grossolani nell’organizzare un piano per il mantenimento del bilancio idrico.Di seguito alcune delle regole proposte dall’A-merican College of Sport Medicine (5) uti-li all’atleta per mantenere uno stato di idrata-zione ottimale:z bere 500 cc di liquidi 2 ore prima dell’eser-cizio fisico (per dare il tempo di assorbire ed eventualmente espellere l’eccesso);z durante lo sforzo fisico bere a intervalli rego-lari sin dall’inizio;z i liquidi ingeriti devono essere più freschi del-la temperatura ambiente e aromatizzati con gusti piacevoli (per favorirne l’assunzione);z durante la prima ora di attività sportiva si raccomanda di reintegrare solo liquidi; dopo i primi 60 minuti è consigliabile aggiungere una giusta quantità di carboidrati ed elettroliti;z dopo l’ora, la quantità di zuccheri da sommi-nistrare (maltodestrine o glucosio) deve essere pari a 30-60 g l’ora, per es. 600-1200 ml di so-luzione contenente dal 4 all’8% di carboidrati;

figura 1 - lavoro muscolare e metabolismo energetico

tAbellA 3 - livellO di eserciziO fisicO, frequenzA cArdiAcA (fc),substrAti e sisteMi enerGetici

livello intensità leggero Moderato Intenso Molto intensoesercizio fisico

attività (esempi) Cammino Corsa Corsa veloce Corsa a passo svelto estrema

Fc (VO2 max) <60% 60-70% 75-90% >90%

Substrato energetico Grassi Grassi e zuccheri Zuccheri e grassi Zuccheri

Sistema energetico Aerobico Aerobico Aerobico Anaerobico anaerobico

Si riesce È difficile Non si riescerespirazione a parlare Si parla a fatica parlare a parlare normalmente

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alimentazione e SPort in diverSe condizioni fiSioPatologiche

prevedono uno sforzo intenso in mancanza di ossigeno, determinano un incremento delle ri-chieste metaboliche (4).Per attività prevalentemente aerobiche in cui prevalgono in allenamento carichi di media in-tensità e di lunga durata, i substrati energeti-ci di riferimento sono grassi e zuccheri, men-tre per discipline in cui sia prevalente la fase anaerobica il glucosio è il carburante di riferi-mento (4). Semplificando, intensità dello sfor-zo e durata dell’esercizio influenzano più di qualunque altra variabile il contributo fornito dai vari sistemi energetici per soddisfare le esi-genze caloriche; questo contributo è dinami-co e varia al variare della durata e dell’inten-sità dell’attività praticata, come sintetizzato in tabella 3 e figura 1 (4). Seppur descritti sepa-ratamente, i sistemi energetici non funziona-no indipendentemente l’uno dall’altro; sia per le attività lievi sia per le attività intense, i siste-mi energetici sono integrati, con il prevalere di uno rispetto agli altri.Più in dettaglio, i fattori determinanti la scelta

del substrato energetico utilizzato dai muscoli durante l’esercizio sono:z durataz intensitàz tipo di esercizioz stato di allenamentoz stato nutrizionale del soggettoz eventuali condizioni fisiopatologiche del soggetto.La richiesta energetica varia in base a peso, al-tezza, età, sesso e metabolismo basale e a se-conda del tipo, della frequenza, dell’intensità e della durata dell’esercizio fisico. Per sogget-ti che praticano attività fisica regolare lieve-moderata (30-40 minuti al giorno per 3 volte alla settimana), l’intake calorico può general-mente essere allineato ai fabbisogni calcola-ti per la popolazione generale ma per atleti di élite con allenamenti intensi e di lunga dura-ta si può arrivare a un significativo aumento del fabbisogno energetico (per es. fino a 10000 kcal/die)(6).Ad esempio, individui che affrontano un pro-

gramma di allenamento di media intensità pos-sono soddisfare le proprie esigenze di macro-nutrienti con una classica dieta composta dal 45-60% di carboidrati (3-5 g/kg di peso cor-poreo), 10-15% di proteine (0,8-1 g/kg di pe-so corporeo) e 25-30% di grassi (0,5-1 g/kg di peso corporeo), mentre atleti che si allenano in modo intenso devono incrementare la quantità di carboidrati e modulare l’apporto proteico (4).Pertanto, per determinare le calorie giorna-liere e le più corrette proporzioni tra nutrien-ti da inserire nella preparazione nutrizionale di un atleta, è necessario conoscere in dettaglio la sua condizione personale (livello di allena-mento di partenza), lo stato nutrizionale/pon-derale e le caratteristiche del programma di al-lenamento, al fine di individuare il substrato prevalente che verrà utilizzato nelle varie fasi previste dal programma stesso o dalla specifi-ca attività praticata (4).

CarboidratiLa prima fonte di glucosio per il muscolo è rappresentata dal glicogeno immagazzinato. Quando si esaurisce, i meccanismi di glico-genolisi e, successivamente, di gluconeoge-nesi forniscono il glucosio necessario ai mu-scoli (4).Durante un esercizio fisico con una dura-ta superiore ai 90 minuti, come la maratona, le scorte di glicogeno muscolare si abbassano progressivamente. Quando arrivano a un livel-lo critico, il corpo non è in grado di mantenere un esercizio ad alta intensità. In termini prati-ci, l’atleta è esausto e deve fermarsi oppure di-minuire l’intensità dello sforzo (4).Per ovviare a questa problematica, è necessa-rio effettuare il “carico di glicogeno” o comun-que seguire una dieta ad alto tenore di carboi-drati, così che venga massimizzata la scorta di glicogeno (4).La quantità di carboidrati richiesti dall’or-ganismo dipende dal fabbisogno energetico dell’atleta, dal tipo di sport, dal sesso e dal-le condizioni ambientali esterne. Indicativa-mente, si va dai 5 ai 7 g/kg di peso corporeo

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corso ecm

per gli allenamenti ad intensità moderata e dai 7 a 10 g/kg di peso corporeo per gli sport di resistenza (4).

ProteineIl fabbisogno proteico degli atleti nelle varie fasi – dall’attività al recupero – è stato og-getto di numerosi studi negli ultimi 20 an-ni; gli end point considerati, oltre al mante-nimento del bilancio dell’azoto in equilibrio, sono: l’aumento di resistenza allo sforzo bre-ve o prolungato, l’aumento della massa e della forza muscolare. Ancora oggi la definizione dei fabbisogni proteici specifici per le singole attività e per ogni singolo atleta, a seconda del tipo, du-rata e frequenza di allenamento, resta una tematica attuale, ampiamente dibattuta e in continua evoluzione (4).In questa sede tracciamo delle linee di com-portamento generali, considerando quanto è stato definito nelle revisioni più recenti ri-spetto ai fabbisogni proteici di atleti adul-ti sani:z nelle attività dilettantistiche e nelle atti-vità programmate di intensità medio-bassa è sufficiente modulare l’apporto energetico in proporzione alle variazioni del dispen-dio, mantenendo le proporzioni tra macro-nutrienti suggerite dalla IV revisione dei Larn

(2); l’apporto proteico sarà quindi sovrappo-nibile a quanto indicato per la popolazione adulta sana tra 18-59 anni e pari a 0,9 g/kg/die (da alcuni autori riferito come range 0,8-1,0 g/kg/die)(2);z per prestazioni aerobiche superiori a 60 mi-nuti è richiesto un surplus proteico rispet-to alla popolazione generale, necessario per il ricambio delle proteine tissutali muscola-ri e per coprire, in caso di attività prolunga-te (>90 minuti) e di intensità elevata, il co-sto energetico e il recupero post-esercizio: in questi casi infatti una quota proteica può es-sere utilizzata come substrato energetico in relazione alla simultanea disponibilità (o me-no) di carboidrati e grassi. Il range di fabbiso-gno indicato è 1,2-1,4 g/kg/die (4);z il fabbisogno proteico, specialmente ne-gli sport di forza, può differenziarsi in quan-tità necessaria per il mantenimento (quantità minima di proteine per mantenere l’equilibrio azotato) e quantità necessaria per ottenere un bilancio azotato positivo; l’intake sugge-rito è tra 1,2/1,4-1,7 g/kg/die a supportare il momento di allenamento finalizzato all’incre-mento della massa magra (4);z negli atleti di élite impegnati in attività che richiedono grandi masse muscolari è rilevato che un apporto di 1,6 g/kg/die, ottenuto sen-za utilizzo di integratori o supplementi, è in

grado di soddisfare le aumentate richieste (4);z le donne hanno un turnover proteico sti-mato inferiore agli uomini, mentre gli anzia-ni hanno un catabolismo maggiore rispetto ai più giovani; questo dato è da considera-re nella valutazione della quota proteica da fornire (4).Per completezza in tabella 4 si riportano le in-dicazioni fornite da altra fonte bibliografica (7), in cui si evidenzia che l’intake stimato va-ria nel range tra 0,8-1,7 g/kg/die.Per sintetizzare, al di là dei luoghi comu-ni che spesso inducono a un eccessivo inta-ke proteico, non è raccomandato superare il doppio della quota indicata dal PRI (Popu-lation Reference Intake) per la popolazione adulta sana (e comunque non oltre i 2 g/kg/die); di fatto non è provata l’efficacia sul mi-glioramento della performance fisica per in-take proteici superiori a questi livelli. Inoltre, diete iperproteiche possono com-promettere l’intake glucidico, riducendo-lo e inficiando così la possibilità di riuscire a sostenere la performance, possono causa-re sovraccarico renale ed epatico e possono contenere una significativa quantità di grassi di tipo saturo; in taluni casi l’eccesso amino-acidico può aumentare il rischio di disidrata-zione per via dell’aumento delle necessità di acqua necessaria alla loro metabolizzazione.

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alimentazione e SPort in diverSe condizioni fiSioPatologiche

GrassiI grassi, oltre a fornire l’energia per l’allena-mento, apportano acidi grassi essenziali ne-cessari per le membrane cellulari, per la pelle, per gli ormoni e per il trasporto di vitamine li-posolubili. I lipidi sono i maggiori carburanti, se non i più importanti, per gli esercizi a leg-gera-moderata intensità e per gli allenamen-ti aerobici a lunga durata.Alcuni tipi di grassi poli-insaturi, gli AGE (aci-di grassi essenziali), hanno anche una funzione antinfiammatoria, sono protettivi nei confronti del sistema cardiovascolare, migliorano la fun-zione endoteliale, contribuiscono a mantene-re l’adeguato profilo lipemico; in questo senso giocano un ruolo rilevante nel mantenimento dello stato di salute dello sportivo, più espo-sto agli stress ossidativi causati da esercizio fi-sico intenso. Recentemente si è osservato che la supplementazione con olio di pesce ricco in grassi omega-3 riduce lo stress ossidativo cau-sato da esercizio estremo, può ridurre il ritmo cardiaco sia a riposo sia durante l’attività, for-se a causa di un effetto diretto sulla funzione

elettrofisiologica del cuore, può ridurre la pres-sione sanguigna e l’insorgenza di crampi mu-scolari e sembra migliorare la performance (8). L’integrazione con omega-3 è stata associata anche al miglioramento di abilità quali i tempi di reazione e di decisione e alla stabilizzazione dell’umore. Tuttavia è utile ricordare che non è stata definita una dose soglia oltre la quale si possono avere effetti avversi, quali sanguina-mento; in attesa di futuri risultati che chiari-scano tutte le condizioni in cui si possono ot-tenere dei benefici, il tipo migliore di olio per l’integrazione, le dosi e i tempi ottimali di som-ministrazione per specifici outcome, si sugge-risce un approccio prudenziale al loro utilizzo e secondo le raccomandazioni fornite dai Larn (2). In ogni caso, la quota lipidica introdotta giornalmente non deve superare il 30% delle calorie totali; intake inferiori al 15% dell’ener-gia totale giornaliera non portano benefici ma, per contro, possono essere responsabili di defi-cit di vitamine liposolubili e di AGE.

Allenamento, gara e recuperoNell’alimentazione applicata allo sport, l’ora-rio d’inizio dell’allenamento o della gara con-diziona la suddivisione dei pasti e spuntini (ben definiti in numero e contenuto energe-tico-nutrizionale), tempi e modalità di consu-mo nell’arco della giornata.Generalmente, per motivi fisiologici, l’allena-mento deve iniziare a digestione pressoché ultimata (circa tre ore dopo un pasto comple-to). Il tempo necessario alla digestione è va-riabile in funzione della quantità, della qua-lità e delle modalità di preparazione dei cibi assunti: pasti a elevato contenuto proteico (carni) richiedono tempi di digestione di cir-ca tre ore; cibi a prevalente contenuto lipidico richiedono circa due ore, mentre i carboidra-ti complessi richiedono circa un’ora. Qualora non vi fosse tale disponibilità di tempo è ne-cessario intervenire sulla distribuzione dei pa-sti nell’arco della giornata definendone, inol-tre, il contenuto energetico-nutrizionale (4).Gli obiettivi del pasto che precede l’allena-

mento sono due: non deve far sentire fame al soggetto e deve mantenere un livello ottima-le di glucosio nel sangue per l’esercizio mu-scolare. Gli sportivi che si allenano al mattino presto prima di mangiare o di bere rischiano di avere un basso livello di glicogeno a livel-lo epatico e questo può influenzare la perfor-mance, soprattutto se si tratta di un allena-mento di resistenza (4).Quando si è in prossimità di una gara, il fat-tore durata è quello che più di ogni altro in-dirizza le scelte nutrizionali. A seconda della durata della gara, ci sono specifiche necessi-tà. Nelle gare di durata inferiore a 1 ora, ge-neralmente l’intervento nutrizionale si limita a sorvegliare l’idratazione e non è necessa-rio che il comportamento alimentare si di-scosti da quello del periodo di allenamento: alimentazione equilibrata, suddivisione pos-sibilmente in cinque pasti (tre pasti principa-li e due spuntini), consumo a orari stabiliti in relazione all’impegno agonistico (4). Nelle gare di durata compresa tra 1 e 3 ore è necessario integrare acqua e carboidrati. In-fine, nelle gare di durata superiore alle 3 ore (come ad esempio nella maratona) l’interven-to nutrizionale è finalizzato ad assicurare una concentrazione ottimale di glicogeno e ac-qua, indispensabili a coprire le richieste ener-getiche del muscolo per tutto l’arco della ga-ra e a prevenire la disidratazione, unitamente a un’integrazione salina. Inoltre, poiché la quan-tità di glicogeno muscolare ed epatico rappre-senta un fattore limitante la prestazione, l’at-leta deve modificare la propria alimentazione nei giorni immediatamente precedenti l’impe-gno agonistico, al fine di saturarne le scorte per un’adeguata performance (4).Di pari importanza è l’alimentazione dopo la gara o l’allenamento, che ha lo scopo di ri-stabilire l’equilibrio metabolico-nutrizionale. Il ripristino di questo equilibrio deve essere veloce, affinché l’atleta possa intraprendere il prima possibile e al meglio una seduta di alle-namento o una gara. A tale scopo il glucosio si è dimostrato il più adatto fra gli zuccheri

Group Protein intake (g/kg/day)Sedentary men and women 0.8-1.0

Recreational endurance athletes 0.8-1.0Moderate-intensity enduranceathletes 1.2

Resistance athletes (steady state) 1.0-1.2Resistance athletes(early training) 1.5-1.7

Elite male endurance athletes 1.6

Football, power sports 1.4-1.7

tAbellA 4 - stiMA del fAbbisOGnOprOteicO nelle vArie Attività

fonte: Burke and deakin, clinical Sportsnutrition, 3rd edition, mcgraw-hill australia

Pty ltd, 2006.

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22 Professione Salute febbraio 2016

corso ecm

ad assicurare il più rapido ripristino del glico-geno muscolare. Infatti, poiché la velocità di sintesi del glicogeno è influenzata dall’enti-tà della sua assunzione e dal momento in cui questa inizia (è massima nelle prime due ore successive alla fine dell’esercizio) è risultata ottimale una razione glucidica di 0,7g/kg pe-so ogni 2 ore. Tale consumo dovrebbe inizia-re subito dopo la fine dell’impegno fisico (4).L’aggiunta di 5-9 g di proteine ogni 100 g di carboidrati ingeriti dopo l’allenamento può aumentare il livello di sintesi di glicogeno, procura gli aminoacidi per la riparazione mu-scolare e promuove il miglioramento del pro-filo degli ormoni anabolizzanti (4).

ConclusioniIn sintesi, l’alimentazione dell’atleta non deve discostarsi qualitativamente dai concetti della dieta mediterranea; ciò che dovrà essere adat-tato sono: il contenuto energetico, la quota di carboidrati e l’apporto idro-salino. Il fatto che l’uomo sia sopravvissuto per anni mangiando nei modi più svariati secondo tradizioni e cul-

questiOnAriO di vAlutAziOne

1. Secondo i larn, l’assunzione adeguata (aI) di acqua negli uomini e nelle donne adulte sane è rispettivamente di:a) 2,5 L/die e 2,0 L/dieb) 1,5 L/die e 2,0 L/diec) 1,5 L/die per entrambid) 1,0 L/die per entrambi

2. le principali manifestazioni della disidratazione sono:a) solo ipovolemia (riduzione del volume ematico)b) solo riduzione del peso corporeoc) ipovolemia e riduzione del peso corporeod) aumento del peso corporeo

3. Per sport di breve durata e modesta intensità:a) la sola acqua può non risultare sufficiente al reintegro completo delle perdite totali

b) può essere sufficiente la sola acqua, purché all’interno di un programma nutrizionale ricco di frutta e verdura, a reintegrare i minerali eventualmente persic) non vi sono indicazioni a riguardod) è necessario l’utilizzo di soluzioni idro-saline contenenti Na e Cl e che siano ipotoniche o isotoniche rispetto al plasma

4. Per attività intense e prolungate:a) la sola acqua può non risultare sufficiente al reintegro completo delle perdite totali; può essere utile l’utilizzo di soluzioni idro-saline contenenti Na e Cl e che siano ipotoniche o isotoniche rispetto al plasmab) può essere sufficiente la sola acquac) può essere sufficiente la sola acqua purché all’interno di un programma nutrizionale ricco di frutta e verdura a reintegrare i minerali eventualmente persid) non vi sono indicazioni a riguardo

ture differenti suggerisce che vi sono più mo-di efficaci per fornire energia e nutrienti con funzioni plastiche; all’atleta però servono sub-strati che siano allo stesso tempo efficienti nel fornire combustibile e siano in grado di “pro-muovere” il minor impegno metabolico e la maggior resa per l’organismo.Il successo atletico deriva da una corretta commistione tra patrimonio genetico favore-vole, la “volontà di fare”, un’opportuna disci-plina, un allenamento corretto e un adeguato approccio nutrizionale ed è difficilmente per-seguibile in assenza di uno stato di salute in-teso come benessere psico-fisico.Una nutrizione appropriata supporta l’eserci-zio fisico, migliora la performance atletica e ri-duce i tempi di recupero. Pertanto, l’esperto in ambito nutrizionale ha un ruolo cruciale nel determinare le corrette opzioni e strategie, al fine di aiutare l’atleta o colui che intrapren-de una regolare attività fisica a raggiungere o a mantenere lo stato di salute, contribuen-do a correggere e/o a prevenire l’instaurarsi di eventuali deficit nutrizionali (6). n

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Professione Salutefebbraio 2016 23

alimentazione e SPort in diverSe condizioni fiSioPatologiche

5. Per attività principalmente aerobiche in cui prevalgonoin allenamento carichi di media intensità e di lunga durata,i substrati energetici di riferimento sono:a) grassib) zuccheric) grassi e zuccherid) proteine

6. Per discipline in cui è prevalente la fase anaerobica,il carburante di riferimento è/sono:a) glucosiob) grassic) zuccherid) grassi e zuccheri

7. Per soggetti che praticano attività fisica regolarelieve-moderata (30-40 minuti al giorno per 3 voltealla settimana):a) l’intake calorico può generalmente essere allineatoai fabbisogni calcolati per la popolazione generaleb) si può arrivare a un significativo aumento del fabbisognoenergetico (per es. fino a 10000 kcal/die)c) si ha una diminuzione del fabbisogno energeticod) non vi sono indicazioni specifiche a riguardo

8. Per atleti di élite con allenamenti intensi e di lunga durata:a) l’intake calorico può generalmente essere allineatoai fabbisogni calcolati per la popolazione generaleb) si può arrivare a un significativo aumento del fabbisognoenergetico (per es. fino a 10000 kcal/die)c) si ha una diminuzione del fabbisogno energeticod) non vi sono indicazioni specifiche a riguardo

9. la quantità di carboidrati richiesti dall’organismoper gli allenamenti ad intensità moderata:a) è pari a 5-7 g/kg di peso corporeob) è pari a 7-10 g/kg di peso corporeoc) è >15 g/kg di peso corporeod) è <5 g/kg di peso corporeo

10. la quantità di carboidrati richiesti dall’organismoper gli sport di resistenza:a) è pari a 5-7 g/kg di peso corporeob) è pari a 7-10 g/kg di peso corporeoc) è >15 g/kg di peso corporeod) è <5 g/kg di peso corporeo

11. l’apporto proteico di adulti sani nelle attività dilettantistichee nelle attività programmate di intensità medio-bassa è pari a:a) 0,9 g/kg/dieb) 1,2-1,4 g/kg/diec) 1,4-1,7 g/kg/died) 1,6 g/kg/die

12. l’apporto proteico di adulti sani per prestazioni aerobiche superiori a 60 minuti è pari a:a) 0,9 g/kg/dieb) 1,2-1,4 g/kg/diec) 1,4-1,7 g/kg/died) 1,6 g/kg/die

13. l’apporto proteico, negli atleti di élite impegnati in attivitàche richiedono grandi masse muscolari, è pari a:a) 0,9 g/kg/dieb) 1,2-1,4 g/kg/diec) 1,4-1,7 g/kg/died) 1,6 g/kg/die

14. Quale di queste affermazioni inerente ai grassi è scorretta?a) La quota lipidica introdotta giornalmente deve superare il 30% delle calorie totalib) I grassi apportano acidi grassi essenziali necessari per le membrane cellulari, per la pelle, per gli ormoni e per il trasporto di vitamine liposolubilic) Gli AGE (acidi grassi essenziali) hanno anche una funzione antinfiammatoriad) La quota lipidica introdotta giornalmente non deve superare il 30% delle calorie totali

15. Quale di queste affermazioni inerente l’allenamento,la gara e il recupero è scorretta?a) Gli obiettivi del pasto che precede l’allenamento sono due: deve fare in modo di non far sentire fame al soggetto e deve mantenere un livello ottimale di glucosio nel sangue per l’esercizio muscolareb) Nelle gare di durata inferiore a 1 ora, generalmente l’intervento nutrizionale si limita a sorvegliare l’idratazione e non è necessario che il comportamento alimentare si discosti da quello del periodo di allenamentoc) Nelle gare di durata superiore alle 3 ore (maratona), l’intervento nutrizionale è finalizzato ad assicurare una concentrazione ottimale di glicogeno e acquad) L’alimentazione dopo la gara o l’allenamento non riveste importanza nel mantenimento dell’equilibrio metabolico-nutrizionale

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Professione Salutefebbraio 2016 25

Perché una ginecologa dovrebbe interessarsi di microbiota intestinale? Per tre buone ragioni.

La prima è che l’essere umano è un ecosiste-ma con due gambe, con un vero e proprio “su-per-organismo” a livello intestinale, capace di condizionare in modo articolato salute e ma-lattia generale e, nello specifico, ginecologi-ca, molto più di quanto attualmente si ap-prezzi. Dentro di noi esiste infatti uno dei più complessi e affascinanti ecosistemi di natu-ra. Il microbiota gastrointestinale è composto da un numero di batteri pari a 6 volte il tota-le delle cellule che compongono l’intero cor-

L’intestino e il microbiotache ci abita:la prospettiva ginecologica

salute&benessere_microbiota intestinale

A cura di Prof. Alessandra GraziottinDirettore del centro di GinecologiaH. San Raffaele Resnati, MilanoPresidente Fondazione Graziottin per la cura del dolore nella donna www.alessandragraziottin.itwww.fondazionegraziottin.org

po umano e da almeno quattro milioni di ti-pi di batteri diversi. Questi coinquilini vivono in stretto e mutualistico contatto con la mu-cosa intestinale con cui dialogano nella salu-te e nella malattia. I principali batteri che popolano l’apparato so-no i Bifidobatteri, i Lattobacilli e gli Eubacte-rium, ma ve ne sono numerosissime altre spe-cie (di cui la maggioranza non è stata ancora identificata). Tutti insieme svolgono funzioni per noi essenziali. Per esempio: z favoriscono la biodisponibilità di alcuni nu-trienti e il metabolismo delle calorie contenu-te nei cibi: molte sindromi carenziali in gineco-

l’efficienza del microbiota

intestinale è un fattore

chiave per il benessere

dell’intero organismo.

le alterazioni della

flora batterica intestinale

possono influenzare anche

patologie ginecologiche

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26 Professione Salute febbraio 2016

logia hanno come trigger un malassorbimento intestinale; variazioni del microbiota intestina-le possono contribuire all’obesità;z sintetizzano diverse vitamine; z regolano l’espressione del sistema immuni-tario nella mucosa intestinale grazie all’azione sul sistema dei linfociti associato all’intestino (Gut Associated Lymphoid Tissue, Galt);z sostengono e contribuiscono alla peristalsi intestinale, aspetto su cui gli ormoni sessuali (estrogeni, progesterone e testosterone) hanno un ruolo fondamentale, sinergico e di modula-

zione del microbiota stesso, ancora poco ap-prezzato: basti pensare, per esempio, all’au-

mento dei sintomi da sindrome dell’intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, Ibs) in fase mestruale o a quanto menopausa e in-vecchiamento si associno a un rallentamen-

to del transito intestinale, fino a una franca stitichezza e riduzione della capacità digesti-va e di assorbimento di nutrienti (anche a pa-rità di conservazione dell’apparato dentario);z proteggono la mucosa intestinale – e dun-

que l’intero organismo – dalle aggressio-ni di microrganismi patogeni, prevenen-do così la comparsa di molte infezioni. Una protezione articolata, sia attraverso

la formazione di biofilm fisiologici intesti-nali extracellulari, che contrastano i biofilm

patogeni, sia attraverso una singolare siner-gia di riparazione, potenziamento e rinforzo delle chiusure intercellulari (tight junctions) che migliorano e ottimizzano la capacità della mucosa intestinale stessa di essere un’efficace e selettiva frontiera, sia per i germi sia per al-lergeni complessi. Queste azioni sono particolarmente ben docu-mentate nel caso dell’Escherichia coli di Nissle, capace di una specifica azione di modulazio-ne del microbiota intestinale grazie all’azione diretta antimicrobica, mediante produzione di batteriocine, e all’azione di rinforzo della fun-zione di frontiera della mucosa intestinale, gra-zie al dialogo biunivoco (cross-talk) con le cel-lule della mucosa stessa, attraverso appunto la formazione di un biofilm fisiologico extracellu-lare protettivo, produzione di difensine e rin-forzo delle tight junctions. Un’azione di eccel-lente efficacia biologica, che va a ridurre la “ sindrome dell’intestino che perde” (o “coi bu-chi”, “leaky gut sydrome”), responsabile di mol-te patologie anche a declinazione ginecologica. L’Escherichia coli di Nissle vanta inoltre pro-prietà immunomodulanti, grazie alla riduzio-ne delle citochine pro-infiammatorie – Inter-leuchina 2 (IL-2), Tumor Necrosis Factor alpha (TNF alpha) Interferone gamma (IFN gamma) – e aumento delle citochine antinfiammatorie .

salute&benessere_microbiota intestinale

«Il migliore comandantenon è colui che riporta cento vittorie in cento battagliema chi sottomette l’avversario,senza nemmeno dare battaglia.Egli è il migliore in assoluto […]Conoscere l’altro e se stessi:vittoria senza rischi.Conoscere il terreno e le condizioni ambientali: vittoria su tutti i fronti»

Sun-TzuL’arte della guerra, VI sec. a.C.

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La seconda ragione è critica dal punto di vi-sta clinico: l’intestino è il vero “mandante occulto” di moltissime vaginiti e cistiti reci-divanti, campo di cui mi occupo da decen-ni. Includere l’intestino nel progetto di pre-venzione e terapia è indispensabile se non si vuole cadere nel fallimentare minimali-smo terapeutico di usare antibiotici in modo indiscriminato e sempre più patogeno. Agi-re sui fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento, in primis a livello intestinale, è certamente più fisiopatologicamente cor-retto e terapeuticamente più efficace. Usare con intelligenza clinica probiotici, prebiotici e microorganismi strategicamente utili co-me, ad esempio, l’Escherichia Coli di Nissle, lassativi di massa, in caso di stipsi propul-siva, ma anche opportune terapie ormona-li sostitutive, quando appropriate, è vincente sul fronte terapeutico.La terza, e non ultima ragione, è che “le don-ne ragionano con la pancia”. Dato pragmatico estremamente stimolante da un punto di vi-sta scientifico, clinico e culturale, per una gi-necologa che ami la prospettiva internistica e la visione multisistemica (e non solo “ute-rina”) della salute della donna. È vero che noi donne abbiamo, più degli uomini, un “cervello viscerale” ossia una centrale neurovegetati-va ed emozionale di risposta al mondo situa-ta nell’intestino. Oltre il 90% della serotonina, che è il neurotrasmettitore principe che rego-la il tono dell’umore, non si trova nel cervello ma nella parete dell’intestino. Ecco perché la pancia esprime bene il nostro umore e il no-stro stress. L’aspetto più affascinante riguarda il micro-biota. È curioso il modo in cui i nostri inqui-lini intestinali influenzano il nostro cervello, le

salute&benessere_microbiota intestinale

emozioni, i pensieri. Per esempio:z a piccole quantità, componenti dei batteri stimolano il nostro sistema immunitario inna-to, e questo è ottimo; z proteine dei germi possono creare reazio-ni crociate con antigeni umani e causare se-ri problemi nel nostro sistema immunitario: molte intolleranze, allergie alimentari ma an-che malattie autoimmuni hanno questa base;z i batteri possono produrre sostanze neuro-tossiche, come l’azoto e il D-acido lattico: un cervello intossicato e infiammato pensa ma-lissimo;z i batteri possono anche produrre ormoni e neurotrasmettitori, che influenzano il cervello, ma rispondono anche ai nostri ormoni e alle loro fluttuazioni. Il che spiega meglio il gonfio-re di pancia (meteorismo) premestruale, non-ché la depressione e l’irritabilità associate,o la tendenza progressiva alla stitichezza dopo la menopausa.Gli antibiotici sono bombe atomiche per il mi-crobiota: per tornare alla normalità posso-no non bastare due anni. Ecco perché bisogna usarli con prudenza e visione clinica a lungo termine. Importante, la qualità degli alimenti condiziona il microbiota, nel bene e nel ma-le. Noi siamo quel che mangiamo. E pensiamo, con il cervello e con la pancia, anche in base a quel che mangiamo. Infine, l’intestino parla al cervello e il cervello parla all’intestino:z i batteri stimolano i nervi del cervello en-terico (intestinale) e questi modificano l’atti-vità cerebrale, inclusi il sonno, la risposta allo stress, la soglia del dolore, la memoria, perfino la lucidità del pensiero; z possono modulare o concorrere a malattie autoimmuni, come sopra accennato, come la celiachia o la sclerosi multipla, con rapporti in corso di studioz il cervello può modificare a sua volta la com-posizione e il lavoro del microbiota intestina-le, per via nervosa e ormonale. Non solo nelle donne, ma in tutti gli esseri umani. Come non appassionarsi a questa prospettiva? n

APProfondimenti

I probiotici sono microrganismi viventi che possono essere integrati in vari tipi di prodotti, come alimenti, medicinali e supplementi dietetici. Nello specifico, con il termine “probiotico” si fa riferimento a quei microrganismi viventi che hanno dimostrato di avere effetti benefici sulla salute. Le specie di Lactobacillus e di Bifidobacterium sono quelle che vengono utilizzate più comunemente come probiotici.

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La fisiologiadel doloree le terapiefarmacologiche

salute&benessere_dolore cronico

Il dolore è un fenomeno assolutamente fisiologico, che ci consente se possibile di prevenire o comunque di contenere i danni

che il mondo esterno può causare all’organismo.A partire da questa premessa Diego Fornasa-ri, farmacologo presso il Dipartimento di bio-tecnologie mediche e medicina traslazionale dell’Università di Milano, ha aperto un corso de-dicato al low back pain descrivendo i meccani-smi che producono la sensazione del dolore, in un processo «estremamente complesso del qua-le noi oggi percepiamo qualcosa come se guar-dassimo in una stanza attraverso il buco della serratura: conosciamo più cose rispetto a po-chi anni fa, ma molto di più è quello che anco-ra non sappiamo».Tutto parte da uno stimolo, di natura mecca-nica, chimica o termica che viene catturato dai

«nel trattamento del dolore cronico

bisogna essere creativi» dice il farmacologo

diego Fornasari. Facciamo il punto

sulla fisiologia del dolore, sulle classificazioni

e sulle terapie farmacologiche,

dal paracetamolo ai Fans, fino agli oppiacei

di Giampiero Pilat

nocicettori, i sensori del dolore presenti un po’ dovunque nel corpo e soprattutto nella pelle, in alcuni organi interni, nella polpa dentaria e nel periostio. Lo stimolo viene trasdotto, ossia pro-duce una attività elettrica e poi trasmesso, con un meccanismo neurologico attraverso il qua-le raggiunge il cervello. C’è poi una modulazio-ne, in cui il segnale doloroso può essere ampli-ficato o inibito sia prima che dopo l’arrivo alle aree corticali. La modulazione è attivata da di-versi input e, oltre allo stesso stimolo doloro-so, possono intervenire fattori emotivi, processi cognitivi, sostanze endogene ma anche farma-ci o tecniche antalgiche. La fisiologia del dolo-re è completata da quel processo elusivo che è la percezione, attraverso il quale il segnale noci-cettivo diventa fenomeno soggettivo, con rispo-ste variabili da un individuo all’altro. In genera-

Diego Fornasari

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30 Professione Salute febbraio 2016

le si possono distinguere una via ascendente, in cui l’informazione viaggia dalla periferia al cer-vello da una discendente in cui, in svariati casi, la sensazione dolorosa viene soppressa, grazie al rilascio di neurotrasmettitori come la nora-drenalina e la serotonina. Proprio la via discen-dente che libera noradrenalina è responsabile per esempio dell’analgesia da stress, meccani-smo biologico che impedisce di percepire il do-lore in condizioni di tensione, come per esempio durante un combattimento.

Classificare il doloreLa conoscenza della fisiologia del dolore è fon-damentale per capire in cosa consista la tran-sizione verso il dolore cronico caratterizzato, come rileva Fornasari, non tanto dalla dura-ta, come abitualmente si crede, ma «dal cam-biamento delle regole del gioco, ed è su questo che si innesta la terapia farmacologica». Ecco che allora un primo strumento utile per orien-tarsi meglio è una classificazione del dolore, che si può distinguere in nocicettivo, infiammatorio acuto, infiammatorio cronico e neuropatico, ol-tre a quello misto in cui sono presenti compo-nenti diverse e ad altre tipologie come il dolore

meccanico strut-turale, quello per cui ad esempio una persona obe-

sa sente un dolore alle ginocchia a cau-

sa del carico del peso sull’articolazione.

Il dolore nocicettivo, del tutto fi-siologico, è quello che compare

in reazione a un evento lesivo, per esempio di natura traumatica. Il do-

lore infiammatorio è legato appunto alla presenza di una infiammazione, che può interessare diverse struttu-

re ed è caratterizzato dalla attivazione dei nocicettori periferici; se quello acuto rientra ancora in un ambito fisiologico,

con il dolore infiammatorio cronico en-triamo nella patologia, così come nel

caso del dolore neuropatico, associato ad altera-zioni permanenti della struttura anatomica e dei rapporti funzionali dei neuroni spinali e cerebra-li. «Nell’infiammazione, gli agenti sensibilizzanti primari – spiega Fornasari – sono le prostaglan-dine; sono prima di tutto loro che sensibilizzano a livello periferico; se poi il dolore persiste sono probabilmente le citochine a dare fastidio. Natu-ralmente questi impulsi raggiungono la sinapsi centrale, che si modifica a sua volta con l’aper-tura dei recettori Nmda del glutammato; il cal-cio è il secondo messaggero, che attiva le china-si, che vanno nel nucleo della cellula nervosa e ne modificano l’espressione genica. Nel momen-to in cui andiamo verso una cronicizzazione, si ha insomma una profonda modificazione della via del dolore. Ma parlando di mal di schiena in-teressa anche il dolore neuropatico, che spesso subentra progressivamente complicando il qua-dro del dolore infiammatorio cronico e prevede interventi farmacologici che non possono essere semplicemente antinfiammatori».

Terapie farmacologichea confrontoMa quali sono le strategie terapeutiche per con-trastare il dolore cronico? Le conoscenze delle vie del dolore ci indicano che le strade possibi-li sono tre: ridurre la sensibilizzazione periferica, ridurre la sensibilizzazione centrale o potenziare le vie discendenti. «Ad agire a livello periferico – ricorda il farmacologo milanese – sono i farmaci antinfiammatori non steoidei, i Fans, tra cui gli inibitori selettivi della COX-2, che possono es-sere utilizzati ma in maniera oculata e per tem-pi stabiliti a causa degli effetti avversi. Ci sono inoltre i glucocorticoidi e anche tra questi prin-cipi la scelta deve essere attenta, visto che non sono tutti uguali ma hanno caratteristiche far-macocinetiche diverse».Per ridurre la sensibilizzazione c’è invece il para-cetamolo, con efficacia limitata ma che può es-sere somministrato a lungo «ed è interessante anche perché i suoi meccanismi sono comple-mentari con quelli di quasi tutti gli altri farma-ci. Possiamo anche agire bloccando i canali del

salute&benessere_dolore cronico

approfondImentI

Il dolore nocicettivo compare in seguito a un evento lesivo. Lo stimolo viene percepito a livello periferico e trasmesso al sistema nervoso centrale, dove viene memorizzato. Può essere somatico, se causato da una lesione dei tessuti, o viscerale, se causato da alterazioni a carico degli organi interni.

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Professione Salutefebbraio 2016 31

salute&benessere_dolore cronico

calcio e dunque il passaggio degli impulsi do-lorosi, diminuendo la sensibilizzazione centra-le della sinapsi; a questo scopo abbiamo però farmaci (come la chetamina o il metadone) che hanno una marea di effetti avversi e quindi so-no pochissimo utilizzati al di fuori del setting ospedaliero. Abbiamo poi i farmaci che vanno sui recettori oppiodi: quelli che con una classi-ficazione un po’ antiquata vengono definiti op-piacei deboli (codeina, tramadolo, buprenorfina) o forti (come morfina e ossicodone), agonisti dei recettori e quindi in grado di potenziare il mec-canismo analgesico».La terza possibilità è quella di potenziare le vie discendenti, e per raggiungere questo obiettivo si usano farmaci che provengono da un setting diverso, quello psichiatrico: «si tratta degli inibi-tori della ricaptazione della serotonina (Ssri) e della noradrenalina (Nari), grazie ai quali questi neurotrasmettitori persistono più a lungo, pro-ducendo un effetto analgesico». Ma Fornasari indica una strategia ancora migliore: combina-re i trattamenti terapeutici, agendo così su più fronti contemporaneamente, con l’ulteriore im-portante vantaggio di poter ridurre il dosaggio dei farmaci e con esso gli effetti avversi.Come spesso accade, la conferma arriva da una revisione Cochrane (1), secondo la quale nel do-lore neuropatico l’associazione di due farmaci permette di ottenere risultati migliori. In questo senso, un farmaco molto interessan-te è il tapentadolo che, con una sola molecola, permette di colpire due bersagli: si tratta infat-ti di un analgesico centrale che ha due diversi meccanismi di azione, essendo agonista dei re-cettori μ e inibitore del reuptake della noradre-nalina. È un oppioide più potente della morfina estremamente efficace sul dolore nocicettivo, viscerale, infiammatorio e neuropatico.

L’opzione dei farmaci oppiaceiSull’utilizzo degli oppiacei nella terapia del do-lore cronico è in corso un dibattito che si sta sviluppando specialmente oltreoceano: danno dipendenza?«Quello che si è visto – spiega Diego Fornasari –

è che il rischio di dipendenza c’è ma non è gene-ralizzato; per esempio, dopo i sessant’anni non si diventa dipendenti. Esistono fattori di rischio per la dipendenza, che può svilupparsi in pazien-ti giovani o che hanno problematiche psichiatri-che; inoltre, chi ha avuto una dipendenza prece-dente sicuramente la riproduce».Ma si può quantificare questo rischio? Gli studi prospettici di cui disponiamo oggi ci mostrano che circa tre pazienti su cento sviluppano dipendenza: un dato piuttosto basso, che indica come la dipendenza non sia il problema principale legato all’utilizzo degli oppiodi per trattare il dolore cronico. Tuttavia, esattamente come accade per esempio con i Fans, bisogna usarli con cautela e nei casi in cui sono davvero indicati. Un aspetto importante è che non dobbiamo cronicizzare la terapia: se prescrivo un oppiaceo devo dire al paziente per quanto tempo, altrimenti il paziente si spaventa e rifiuta il farmaco. Quando l’oppiaceo avrà svolto il proprio compito, di bloccare il passaggio eccessivo degli stimoli dolorosi attraverso la sinapsi centrale, occorre diminuire progressivamente il dosaggio e cercare qualcos’altro, come si fa con gli antidepressivi: nel trattamento del dolore cronico bisogna essere creativi». n

raPPorto leGGe 38: oPPiacei in crescita ma livelli di consumo sono bassi

Sono stati resi noti in maggio i dati del rapporto sullo stato di attuazione della legge 38/2010 sul-le cure palliative e la terapia del dolore. Dati che, come ha spiegato il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, «dimostrano che l’uso delle terapie con-tro il dolore non è più un tabù e che sono sempre di più le persone che ricevono un’assistenza ade-guata nel momento di massima fragilità».Nel rapporto si legge di un aumento contenuto del consumo dei farmaci analgesici non oppioidi tra il 2012 e il 2014, mentre per gli analgesici oppioi-di l’incremento è stato maggiore: del 26% su sca-la nazionale e di oltre il 30% in alcune regioni, ma nonostante questo incremento l’uso degli oppioidi in Italia rimane marginale.«Il 17% della popolazione mondiale risiede ne-gli Stati Uniti e in Canada, dove avviene il 92% del

consumo globale di oppioidi e derivati della morfina – ha spiegato Guido Fanelli, presidente della Com-missione ministeriale per l’attuazione della Legge 38 –. Il consumo medio procapite di questi farmaci è pari a 800 mg di equivalenti in morfina nella po-polazione statunitense, 0,64 mg nei Paesi dell’Afri-ca sub-sahariana, 2 mg in Italia. Il rischio che ab-biamo a livello internazionale è la double failure: se fossimo troppo restrittivi nel contenere l’uso degli oppioidi, rischieremmo di impedirne l’accesso alla stragrande maggioranza dei Paesi del mondo; all’e-stremo opposto, con la carenza di attenzione si ri-schierebbe l’abuso che si sta verificando negli Stati Uniti. In Italia abbiamo livelli di consumo bassi, co-me confermato anche da questa analisi. Dobbiamo, quindi, continuare a crescere in maniera appropria-ta e regolamentata» ha concluso l’esperto.

Bibliografia1. Chaparro LE, Wiffen PJ, Moore RA, Gilron I. Combination pharmacotherapy for the treatment of neuropathic pain in adults. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Jul 11;7:CD008943.

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Professione Salutefebbraio 2016 33

Purificare l’organismocon i rimedi detox naturali

stili di vita_programma detox

Senso di gonfiore e pesantezza addominale, intestino irritato e affaticamento del fegato sono tutti fastidiosi sintomi

che costituiscono dei campanelli di allarme e suggeriscono la necessità di favorire un’efficace depurazione dell’organismo, prediligendo uno di stile di vita che salvaguardi il benessere dell’apparato digerente. In merito esistono diverse scuole di pensiero, metodi e rimedi naturali adattabili a seconda delle proprie necessità e basati prevalentemente sul consumo di una dieta ricca di frutta e verdura e di integratori alimentari oppure rimedi fitoterapici specifici che aiutano ad alleviare una grande varietà di sintomi quali stanchezza, costipazione, difficoltà nella digestione, gonfiore e irritabilità.

Pulizia disintossicante: come e quandoOgni individuo dovrebbe prendere coscienza dell’importanza di sottoporsi a una regolare depurazione per favorire una periodica pulizia disintossicante. Sebbene infatti il corpo uma-

periodicamente, e soprattutto

durante i cambi di stagione,

è essenziale depurare l’organismo

per favorire l’eliminazione

delle tossine accumulate che

possono incidere negativamente

sulla qualità di vita

di Carla Carnovale

no possieda un’enorme ed efficiente capacità di rinnovamento, è necessario che gli vengano garantite le condizioni giuste per farlo. Molti scelgono sapientemente di effettuare una pulizia preventiva nei cambi di stagione, dedi-candosi ai diversi rimedi per favorire i proces-si depurativi dell’organismo; ma la disintossi-cazione deve essere intesa come un processo continuo, che permetta di raggiungere l’obiet-tivo primario di una condizione di salute psico-fisica ideale. Quotidianamente tutti noi siamo continuamente esposti ai molti agenti nocivi presenti nei cibi, nell’aria, nell’acqua; è essen-ziale acquisire consapevolezza in merito e agire

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34 Professione Salute febbraio 2016

di conseguenza per far sì che il processo di de-purazione risulti efficace. Essere coscienti inoltre del perché questo ac-cade, ci permette non solo di poter gestire, ma soprattutto di prevenire, con piccoli accorgi-menti quotidiani, tutti quei sintomi spiacevoli e caratteristici di un organismo affaticato.

Senso di gonfiore addominale e affaticamento del fegatoMolto spesso una dieta non equilibrata è una delle cause principali di questi sintomi. Il consu-mo di cibi industriali, affumicati, raffinati chimi-camente, l’uso quotidiano di troppi grassi e zuc-cheri a discapito di un regime alimentare ricco di frutta, verdura cruda e fibre, possono alla lun-ga causare una serie di condizioni in cui il cor-po umano non è in grado di lavorare in manie-ra adeguata, nonostante un’apparente regolarità intestinale. L’eccesso di lipidi, infatti, soprattutto quelli saturi ed idrogenati, sovraccarica il siste-ma epatobiliare disturbando l’equilibrio funzio-nale del fegato, l’organo difensivo per eccellen-za, deputato a disintossicare l’organismo. Inoltre, quando durante la cottura dei cibi si raggiungo-no elevate temperature, i condimenti subiscono delle alterazioni importanti e originano sostan-ze tossiche che contribuiscono ad appesantire il fegato. Anche l’alcol e gli alcaloidi contenuti ad esempio in caffè, tè, cioccolato, contribuiscono, soprattutto se assunti a dosi elevate, a indebolire

stili di vita_programma detox

il fegato. Il leggero dolore localizzato nella par-te superiore destra dell’addome che si avverte in certi casi, ci allerta sulla necessità di intervenire.

Favorire una disintossicazione efficace mediante un corretto regime alimentareÈ fondamentale selezionare quei cibi che con le loro proprietà ci aiutano a farci sentire meglio e più leggeri. Sono da preferire alimenti che con-tengono fibre, le quali trattengono acqua e au-mentando il volume favoriscono la peristalsi in-testinale, come legumi, cereali, verdura, frutta e semi, eccellenti fonti di fibra naturale. Tra i cibi indicati durante il processo di depura-zione è bene prediligere: z asparagi, ricchi di fibre, potassio e con un basso contenuto calorico. Possiedono eccellen-ti proprietà diuretiche e depurative e sono par-ticolarmente utili nella protezione del fegato;z carciofi, una delle verdure anti-gonfiore per eccellenza. Promuovono la funzionalità epati-ca, favorendo la secrezione biliare e miglioran-do la salute di fegato e intestino;z ravanelli, rucola, verdure ricche di acqua, quindi contro il gonfiore intestinale e la riten-zione idrica;z finocchi, ottimi aiutanti per mantenere il

approfondimenti

Il carbone vegetale è un integratore alimentare efficace in caso di problemi digestivi, soprattutto quando si associano a sintomi come aerofagia e meteorismo. Oltre ad adsorbire direttamente i gas intestinali, trattiene anche parte dei batteri che li producono esplicando una blanda azione disinfettante.

Più movimento e meno stress Per disintossiCare l’organismo

Per incrementare l’eliminazione di sostanze noci-ve dall’organismo è essenziale prediligere uno sti-le di vita sano e dedicare mezz’ora al giorno all’at-tività fisica.È molto utile prendersi cura del proprio corpo, fa-cendo lunghe docce calde, sauna e brevi docce fredde per stimolare il metabolismo, riattivare la circolazione sanguigna e favorire l’eliminazione di impurità e scorie dall’organismo. Inoltre, restare lontani dallo stress garantirà ri-sultati migliori. Lo stress, può infatti stimolare gli

spasmi del colon che avendo molte terminazioni nervose che lo collegano al cervello, nei momen-ti di tensione può causare la fastidiosa sensazione di disagio all’altezza dell’addome.Se seguiamo questi piccoli accorgimenti e un re-gime alimentare corretto, basterà osservare la lin-gua (specchio di tutto il sistema digestivo) per renderci conto che stiamo procedendo bene. Una lingua rosa pulita indica che tutti gli organi dige-stivi sono puliti; al contrario, ogni tipo di patina sulla lingua significa che gli organi sono intasati.

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stili di vita_programma detox

ventre piatto, contrastano la stitichezza; z cavolo, valido aiuto per alleviare le irritazio-ni intestinali;z carote, sedano, barbabietole, ottime nel favori-re il funzionamento e la depurazione del fegato.Anche la frutta è un toccasana, su tutti:z ananas, aiuta a depurare l’organismo, solleci-ta l’intestino pigro e favorisce digestione;z fragole, ricche di vitamine e minerali, stimo-lano la diuresi e hanno un’azione depurativa e disintossicante;z kiwi, oltre a essere un frutto tra i più ricchi di vitamina C è unico nel tenere a bada il gonfio-re addominale;z papaya, con un alto valore nutrizionale, sconfigge la pancia gonfia;z succo di pompelmo, favorisce la produzione di enzimi disintossicanti nel fegato, aiutando a eliminare le sostanze dannose.È fondamentale infine bere molti liquidi du-rante il processo di disintossicazione: acqua minerale che idrata l’organismo, favorisce la digestione e la diuresi oppure tisane.

Erbe medicinali e integratori alimentariAl fine di coadiuvare il processo di purificazio-ne dell’organismo, è estremamente utile asso-

ciare alla terapia nutrizionale, specifici rimedi naturali di tipo integrativo. Ad oggi, sono mol-tissimi i prodotti disponibili sul mercato; ogni integratore alimentare e prodotto fitoterapico è stato appositamente studiato e commercia-lizzato per rispondere e soddisfare le più di-sparate e specifiche esigenze. Per rispondere a un pubblico sempre più vasto ed esigente e venire incontro a un numero crescente di bi-sogni, sono state inoltre formulate differen-ti formulazioni (capsule, compresse, operco-li, sciroppi, tisane). Qui di seguito si riportano a titolo esemplificativo, i prodotti composti da estratti di origine vegetale, (sia monocompo-sti che pluricomposti), maggiormente utilizza-ti allo scopo di promuovere un’azione depura-tiva, lenitiva e drenante.z Tarassaco: stimolante della funzione biliare che agisce accelerando la peristalsi intestina-le, l’espulsione delle feci e l’eliminazione dei li-quidi in eccesso. Favorisce la buona digestione. z Cardo mariano: dalle ben noti proprietà epa-toprotettrici, utile come disintossicante epatico.z Aloe vera e melissa: di valido aiuto per la fi-siologica funzionalità dei processi depurativi dell’organismo e per svolgere un’azione leni-tiva per il tratto gastrointestinale.z Pilosella, betulla, tè di Giava, tarassaco, so-lidago, meliloto: combattono naturalmente la ritenzione idrica, stimolando l’eliminazione dei liquidi in eccesso; utili per sostenere le funzioni depurative fisiologiche dell’organismo.z Camomilla: esplica un’azione spasmolitica e calmante sull’apparato gastrointestinale con conseguente riduzione delle difficoltà digesti-ve e della scarsa motilità gastrica e intestinale.z Ortica, salvia, timo, anice, biancospino: stimo-lano gli organi purificatori (fegato, reni, intesti-no) e riducono le fermentazioni intestinali. z Angelica, finocchio, menta piperita, liquiri-zia: svolgono un’azione eccitante sulla motilità dello stomaco e dell’intestino, sulla produzione della bile con conseguente azione stimolante sulla peristalsi intestinale; svolgono anche l’a-zione antifermentativa e carminativa con con-seguente espulsione dei gas intestinali. n

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Pediatria e maternità_vitamina d

Carenza di vitamina Driguarda oltreun bambino su due

a dispetto di quanto si possa credere, l’ipovitaminosi d

non è affatto debellata e colpisce anche nei Paesi ricchi. Scarsa

esposizione solare e obesità sono alcune fra le cause

a determinarla. Una recente consensus approntata da società

scientifiche pediatriche punta a fornire corrette indicazioni in materia

di Vincenzo Marra

Spauracchio per i genitori, la carenza di vitamina D in età pediatrica nonostan-te le raccomandazioni che giungono da

medici e pediatri continua a rappresentare una condizione particolarmente diffusa nella fa-scia di età 0-18, addebitabile a stili di vita scor-retti e poco salutari. Immediato è il collega-mento con il rachitismo carenziale, patologia caratterizzata da una ridotta mineralizzazione del tessuto osseo neoformato e da ridotta o assente calcificazione endocondrale della car-tilagine di accrescimento, con successiva de-formazione, disturbo che conta sempre più ca-si anche nei Paesi industrializzati. Ma le conseguenze negative per lo stato di sa-lute legate a ipovitaminosi D non si fermano qui. Secondo recenti studi scientifici, infatti, ta-le condizione deficitaria potrebbe determina-re una maggiore incidenza di diabete mellito, infezioni respiratorie, asma, dermatite atopi-ca, malattie allergiche, infiammazioni croniche, persino depressione e autismo. Un quadro mol-to serio, dunque, che non permette in alcun modo superficiali sottovalutazioni di sorta.

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Pediatria e maternità_vitamina d

Le raccomandazioni degli espertiNell’ottica di promuovere adeguate indica-zioni terapeutiche si inserisce la recente con-sensus sulla vitamina D in età pediatrica, pro-mossa dalla Società italiana di pediatria (Sip) e dalla Società italiana di pediatria preventiva

e sociale (Sipps), in collabora-zione con la Federazione me-dici pediatri (Fimp). Tale docu-mento, il primo del genere nel nostro Paese, fornisce le rac-comandazioni mirate alla pre-venzione dell’ipovitaminosi D in età pediatrica, individuan-do i soggetti a rischio e indi-cando le modalità di profilassi e di trattamento. «La principale novità del docu-mento è rappresentata dalle recenti acquisizioni scientifi-

che relative alle azioni extrascheletriche del-la vitamina D nel bambino e nell’adolescente – spiega Giuseppe Saggese, presidente del-la Conferenza permanente dei direttori delle scuole di specializzazione in pediatria e coordi-natore e scientifico della consensus –. Sino ad ora sapevamo che la vitamina D previene ma-lattie dell’apparato osseo, come il rachitismo e l’osteoporosi, perché favorisce nell’organismo i processi di assorbimento del calcio, elemen-to costitutivo dell’apparato scheletrico. Nuove evidenze suggeriscono che la vitamina D ha un

ruolo positivo in alcune patologie autoimmu-ni, come il diabete mellito 1 e l’artrite idiopati-ca giovanile, ma anche nell’asma, nel bronco-spasmo e nelle infezioni respiratorie ricorrenti. Alcuni studi hanno messo in luce che i bambi-ni con queste infezioni hanno livelli più bassi di vitamina D e si è visto anche che la vitamina D ne migliora il decorso. Si tratta di letteratu-ra recente ancora oggetto di approfondimento – ha precisato Giuseppe Saggese – ma i risulta-ti sono incoraggianti e aprono nuove prospet-tive di utilizzo della vitamina D. In attesa di dati definitivi i pediatri devono comportarsi usando i principi del buonsenso e facendo riferimento alle raccomandazioni della consensus».

Carenza di vitamina D:quali conseguenze?Esistono due forme di vitamina D: l’ergocalcife-rolo, assunto con il cibo, e il colecalciferolo sin-tetizzato dall’organismo. La vitamina D rappre-senta un regolatore del metabolismo del calcio, favorisce dunque anche una corretta mineraliz-zazione dello scheletro e contribuisce a mante-nere nella norma i livelli di calcio e di fosforo nel sangue.È una vitamina liposolubile, viene quindi ac-cumulata nel fegato, per cui non è necessario assumerla con regolarità attraverso i cibi, dal momento che il corpo la rilascia a piccole dosi quando il suo impiego diventa necessario.La vitamina D è scarsamente presente negli alimenti, con l’unica eccezione rappresentata dall’olio di fegato di merluzzo, mentre salmone, sardine, sgombro, latte e derivati, uova, fegato e verdure verdi ne contengono discrete quantità (vedi tab. 1). La maggior parte della vitamina D viene sintetizzata all’interno dell’organismo at-traverso l’azione dei raggi del sole, a partire da derivati del colesterolo presenti nella pelle. La carenza di tale vitamina comporta il rischio di rachitismo nei bambini, con conseguente de-formazione delle ossa e arresto della crescita, e di osteomalacia negli adulti, una intensa forma di decalcificazione ossea che si presenta quando la struttura esterna dell’osso è integra ma all’in-

Alimento Vitamina D (µg per 100 g)Olio di fegato di merluzzo 210.0

Sgombro, crudo 8.2

Salmone, crudo 7.1

Salmone, grigliato 5.9

Tuorlo d’uovo 4.9

tabella 1 - Maggiori fontialiMentari di VitaMina d

Fonte: European Food InformationCouncil (Eufic).

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Pediatria e maternità_vitamina d

terno si registra un contenuto insufficiente di minerali. La mancanza di vitamina D rende inol-tre i denti più deboli e maggiormente soggetti alla carie. Al contrario, un eccesso di vitamina D può causare calcificazioni diffuse negli organi, contrazioni e spasmi muscolari, vomito, diarrea. Generalmente la normale esposizione ai rag-gi del sole è sufficiente a coprire il fabbisogno di vitamina D negli adulti, e va quindi integrata solo durante la fase di accrescimento e duran-te la gravidanza e l’allattamento. Essendo rece-pita prevalentemente dai raggi del sole, una ca-renza di tale vitamina può derivare da abitudini che impediscono l’esposizione solare del corpo per lunghi periodi di tempo.Comportamenti poco sani quali l’abuso di alcol e il consumo di sostanze stupefacenti possono contribuire a ridurre le concentrazioni di vitami-na D presenti nell’organismo.

Categorie a rischioLa maggior parte delle persone è in gra-do di ottenere la vitamina D di cui necessi-ta attraverso una dieta sana ed equilibrata e mediante l’esposizione al sole estivo. Alcu-ni soggetti, in momenti particolari della vi-ta, possono tuttavia mostrare delle carenze di tale nutriente o dei fabbisogni superiori e avere quindi bisogno di integrarlo sotto stret-ta osservazione medica: in questa categoria rientrano in primo luogo i bambini nel pieno della crescita, le donne durante la gravidan-za e l’allattamento, gli over 65 e i soggetti che per determinate circostanze non si espongo-no sufficientemente al sole (come coloro che si trovano costretti a stare casa per lunghi periodi). Gli studi epidemiologici disponibi-li evidenziano un’elevata prevalenza di ipovi-taminosi D in età pediatrica – persino supe-riore al 50% – su tutto il territorio italiano; e anche gli adolescenti rientrano tra i soggetti particolarmente a rischio. La profilassi con vi-tamina D durante il primo anno di vita risul-ta dunque essere fondamentale per garantire uno stato vitaminico D adeguato e per preve-nire forme di rachitismo carenziale.

Le indicazioni della consensus per i neonatiIl documento in questione raccomanda la pro-filassi con vitamina D in tutti i neonati indipen-dentemente dal tipo di allattamento. Infatti, il latte materno contiene quantità di vitamina D insufficienti per la prevenzione del deficit di tale vitamina. D’altronde un bambino allattato arti-ficialmente, considerando il fabbisogno idrico e il contenuto di vitamina D delle formule (circa 400 UI/l), è in grado di assumere un litro di lat-te formulato solo quando raggiunge un peso di circa 5-6 kg, quindi alcuni mesi dopo la nascita. Inoltre, al raggiungimento di tale peso, i lattanti vengono generalmente svezzati con riduzione nell’assunzione della quota di latte formulato.In assenza di fattori di rischio specifici si rac-comanda di somministrare 400 UI/die di vita-mina D, mentre in presenza di fattori di rischio per il relativo deficit (vedi tab. 2) possono esse-re somministrate fino a 1.000 UI/die di vitami-na. Si raccomanda, altresì, di iniziare la profi-lassi con vitamina D fin dai primi giorni di vita proseguendo per tutto il primo anno di vita, mediante una somministrazione giornaliera (la somministrazione di vitamina D2 o D3 risulta efficace in egual misura).Il nato pretermine presenta un rischio rilevan-te di alterazioni del metabolismo osseo fino al possibile sviluppo della cosiddetta “malattia metabolica dell’osso” o “osteopenia della pre-maturità”, condizione caratterizzata da una ri-

z Soggetti di etnia non caucasica con elevata pigmentazione cutaneaz Insufficienza epatica cronicaz Insufficienza renale cronicaz Malassorbimenti (ad esempio fibrosi cistica, malattie infiammatorie croniche intestinali,celiachia alla diagnosi, etc.)z Terapie croniche: antiepilettici (fenobarbital, fenitoina), corticosteroidi per via sistemica,farmaci antiretrovirali, antimicotici per via sistemica (ketoconazolo)z Regimi dietetici inadeguati (ad esempio dieta vegana)z Nati da madri con fattori di rischio di deficit di vitamina D durante la gravidanza

tabella 2 - fattori di rischio di deficit di VitaMina ddi possibile riscontro nel priMo anno di Vita

Fonte: Consensus vitamina D in età pediatrica (Sip, Sipps, Fimp).

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Pediatria e maternità_vitamina d

approfondimenti

È possibile comunque prendere in considerazione, soprattutto nei casi di scarsa compliance, la profilassi effettuata mediante somministrazione intermittente (dosi settimanali o mensili per una dose cumulativa mensile di 18.000-30.000 UI di vitamina D) a partire dal 5°-6° anno di vita e in particolare durante l’adolescenza.

duzione significativa del contenuto minerale osseo a livello scheletrico e da un aumentato rischio di frattura. Pertanto la promozione di uno stato vitaminico D ottimale gioca un ruo-lo di fondamentale importanza per il bambino prematuro, al fine di ottimizzare l’assorbimen-to intestinale di calcio e fosforo e promuovere i processi di mineralizzazione ossea.La consensus raccomanda nel nato pretermi-ne con peso alla nascita inferiore a 1.500 gram-mi un apporto di 200-400 UI/die di vitamina D. Quando il neonato raggiunge un peso di almeno 1.500 grammi e viene alimentato con alimenta-zione enterale totale si raccomanda un dosag-gio di 400-800 UI/die di vitamina D fino ad un età post-concezionale pari a 40 settimane (ta-le indicazione vale anche per i neonati che pre-sentano alla nascita un peso superiore a 1,5 Kg).

Profilassi con vitamina Din bambini e adolescentiNelle fasi successive all’età pediatrica, dopo il primo anno e fino all’adolescenza (1-18 anni), la profilassi con vitamina D deve essere conside-rata nei soggetti con fattori di rischio deficit di tale vitamina, con particolare attenzione rivol-ta agli individui con scarsa esposizione alla lu-ce solare durante l’estate (periodo dell’anno in cui la sintesi cutanea di vitamina D è più effica-ce) e durante l’adolescenza. L’efficacia della ra-diazione solare nel promuovere la sintesi di vita-mina D è condizionata da molti fattori come la latitudine, il momento della giornata e la stagio-ne dell’anno durante le quali ci si espone al so-le, l’inquinamento atmosferico, la percentuale di cute esposta, anche in base al tipo di vestiario che si suole indossare, il grado di pigmentazio-ne cutanea e l’utilizzo di filtri solari. Nei sogget-ti con scarsa esposizione solare la profilassi con vitamina D può essere considerata nel periodo di tempo compreso tra il termine dell’autunno e l’i-nizio della primavera (novembre-aprile).In caso di fattori di rischio permanenti di deficit di vitamina D, come ad esempio specifiche con-dizioni patologiche (fibrosi cistica, malattie epa-tiche, insufficienza renale cronica, tubercolosi,

terapia cronica con farmaci anticomiziali o corti-costeroidi, eccetera), la profilassi dovrebbe esse-re somministrata durante tutto l’anno. L’apporto giornaliero raccomandato di vitamina D dopo il primo anno fino all’adolescenza è pari a 600 UI/die (nei soggetti a rischio di deficit, la sommini-strazione giornaliera può arrivare a 1.000 UI/die). Nel bambino e nell’adolescente obeso si consi-glia, invece, la profilassi con vitamina D alla dose di 1.000-1.500 UI/die durante il periodo compre-so novembre e aprile. Nel soggetto obeso, infat-ti, per garantire uno stato vitaminico D adegua-to sono necessari apporti di vitamina D 2-3 volte superiori rispetto ai fabbisogni consigliati per l’e-tà. Quando, poi, oltre all’obesità si associa ridot-ta esposizione solare durante l’estate si consiglia la profilassi nel corso di tutto l’anno. Inoltre, per tali soggetti si ribadisce l’importanza di promuo-vere l’esposizione alla luce solare e l’attività fisi-ca all’aria aperta nel periodo estivo.

La supplementazionedurante la gravidanzaLa promozione di uno sufficiente stato vitamini-co D è di estrema importanza anche durante la gravidanza, in considerazione delle ripercussioni negative che può causare l’ipovitaminosi D ma-terna sul feto e sul bambino. A tal proposito la presente consensus raccomanda di somministra-re come profilassi una supplementazione vitami-nica pari a 600 UI/die (la quale può aumentare fi-no a 1000-2000 Ul/die in presenza di fattori di rischio per il deficit di vitamina D) a tutte le don-ne gravide e a quelle che allattano. n

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igiene orale_parodontite

«Alivello della salute sistemica c’è stata un’inversione: gli stu-di di Wagner Marcenes (1, 2) ci

hanno fatto vedere che l’impatto sulla salu-te della popolazione negli ultimi vent’anni di carie ed edentulia parziale è sceso, mentre è aumentato l’impatto della parodontite gra-ve, con numeri da vera epidemia». Lo ha det-to Maurizio Tonetti, presidente della Socie-tà Italiana di Parodontologia e Implantologia (Sidp), al Padiglione Italia in Expo nell’ambito della Sido Consensus Conference “Ogni boc-ca ha la sua lingua”, programma di preven-zione multietnica.Secondo i dati forniti dall’esperto, la paro-dontite oggi è un problema dai numeri spa-ventosi: 750 milioni di persone nel mondo ne sono ammalate nella forma grave, quella for-ma che è in grado di portare alla perdita dei

Parodontite: «la terapiava sempre portata a termine»

Un panel mondiale cerca

le soluzioni per contenere

l’esplosione della malattia

parodontale, anche

nella sua forma grave,

in tutto il mondo.

tra i consigli c’è quello

di portare sempre a termine

la terapia per non rischiare

di «coltivare» la malattia

di Andrea Perendenti. Solo in Italia i pazienti con parodontite sarebbero 8 milioni, e 3 milioni quelli con pa-rodontite grave.«Il problema è che nonostante trent’anni di sforzi di prevenzione, informazione a livel-lo di salute pubblica e a livello professionale non siamo riusciti a erodere in maniera con-vincente il 10-15% di prevalenza della for-ma grave della malattia nella popolazione – spiega Tonetti –. Questo quadro ha portato la Società italiana di parodontologia e implan-tologia (Sidp), assieme alla Federazione eu-ropea di parodontologia (Efp), all’Accademia americana di parodontologia (Aap) e alla Fe-derazione di parodontologia Asia-Pacifico a catalizzare questo sforzo globale per cerca-re di cambiare le cose e impegnarci in mo-do diverso». Questo panel di esperti ha redatto un docu-

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igiene orale_parodontite

Bibliografia1. Marcenes W, Kassebaum NJ, Bernabé E, Flaxman A, Naghavi M, Lopez A, Murray CJ. Global burden of oral conditions in 1990-2010: a systematic analysis. J Dent Res. 2013 Jul;92(7):592-7.2. Kassebaum NJ, Bernabé E, Dahiya M, Bhandari B, Murray CJ, Marcenes W. Global burden of severe periodontitis in 1990-2010: a systematic review and meta-regression. J Dent Res. 2014 Nov;93(11):1045-53.

mento che identifica 9 azioni a livello preven-tivo, 3 a livello diagnostico e 14 azioni a livello terapeutico per affrontare il problema. Un do-cumento sul quale si aprirà un confronto a li-vello planetario.

La prevenzioneA differenza di quello che viene percepito dalla popolazione, la parodontite grave non è una patologia della terza età, anzi. Ripor-ta Tonetti che «il picco d’incidenza è tra i 30 e i 40 anni e il determinante sociale più im-portante per lo sviluppo di parodontite è la mancanza di accesso alle cure nella terza-quarta decade di vita».In ottica preventiva la prima indicazione è quella di cercare di far capire ai pazienti che il sanguinamento gengivale è un fattore di rischio per la trasformazione della gengivite in malattia parodontale ed è un segnale pre-coce di malattia. «Il sanguinamento gengiva-le deve diventare linfonodo sentinella per la prevenzione» ha detto Tonetti. Un secondo punto chiave è la motivazione e l’istruzione dei pazienti alla corretta igiene orale e in questo ambito è importante «che queste indicazioni vengano date da un pro-fessionista e non dalla pubblicità». Sempre dal lato del paziente, è importante mettere in guardia dall’automedicazione, perché l’u-tilizzo di alcuni prodotti, quando efficaci, ha l’effetto di alleviare o mascherare i sintomi, mentre l’obiettivo deve essere quello di iden-tificare l’origine del problema ed eventual-mente curarlo.È poi importante che le strategie di preven-zione siano sviluppate sulla base di una dia-gnosi e del profilo di rischio del paziente: non esiste infatti un sistema di prevenzione che va bene per tutti e c’è quindi la necessità di personalizzare.Il professor Tonetti riferisce della necessi-tà di una implementazione universale del-lo screening parodontale e sottolinea come non sia possibile fare prevenzione professio-nale senza diagnosi: «fare prevenzione da so-

la è inappropriato se il paziente ha bisogno di trattamento».La rimozione meccanica professionale della placca è importante ma non può essere l’uni-co elemento: «la prevenzione secondaria per tutta la vita nei pazienti è importante, ma ov-viamente non è e non può essere basata so-lo su una pulizia periodica, che viene spesso proposta come specchietto per le allodole per attirare pazienti negli studi – ammonisce To-netti –. Ci sono altre componenti che devo-no emergere».

Diagnosi e trattamentoGli esperti mondiali di parodontologia riten-gono che sia fondamentale muoversi secon-do un approccio a tre livelli: autodiagnosi del paziente (il sanguinamento delle gengive), screening parodontale del professionista (per identificare paziente sano, paziente con gen-givite e paziente con parodontite) ed even-tuale pianificazione del trattamento quando necessario.Oggi esistono dei meccanismi di terapia effi-caci, ma sembra che non siano ancora unifor-memente utilizzati dai professionisti: «esisto-no degli standard di cura – sottolinea Tonetti – ma purtroppo ancora oggi molte terapie proposte non sono basate sull’evidenza scien-tifica». Anche il fai-da-te naturalmente non è efficace e la parodontite non può certo esse-re gestita in autonomia dal paziente con den-tifrici, collutori o rimedi di erboristeria o solo con la pulizia periodica dal dentista. Una volta messa in atto la terapia, poi, è ne-cessario che venga portata a termine. Un’in-dicazione che può sembrare banale, ma che evidenzia una preoccupante realtà: il pazien-te dopo un primo ciclo di cure percepisce un miglioramento e può accadere che decida di interrompere la terapia, che invece è lun-ga e complessa, richiede tempo e successivi appuntamenti per arrivare a fine corsa. Il ri-schio, spiega Maurizio Tonetti, è addirittura che la terapia, se non portata a termine, in un certo senso “coltivi” la malattia». n

Maurizio Tonetti

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diritto di rePlica

Liberalizzazione farmaci di fascia C: il punto di vista della Gdo

La questione della vendita dei farmaci di fascia C presso le parafarmacie e i corner della gran-de distribuzione è un tema caldo, che negli ul-timi tempi è stato al centro di un’accesa pole-mica tra le categorie coinvolte. Secondo la presidente di Federfarma, Annarosa Racca, come si evince da alcune dichiarazioni rilasciate in occasione dell’in-tervista pubblicata su Professione Salute di dicembre 2015, questo tipo di liberalizzazio-ne non porterebbe né risparmi per i cittadini né un aumento dei posti di lavoro qualificati per i laureati in farmacia, ma favorirebbe so-lo gli interessi della Gdo. Di opinione assolutamente contraria è invece la grande distribuzione organizzata, nello spe-cifico parliamo di Conad, che ha fatto perve-nire alla redazione di Professione Salute una lettera di replica all’intervista in questione, nella quale l’amministratore delegato Francesco Pugliese precisa il proprio punto di vista sull’argomento. «Ribadiamo – affer-ma Pugliese – che Conad non ha intenzione di smantellare il sistema di organizzazione delle farmacie e a nulla serve richiamare gli effetti che la crescita della Gdo ha prodotto sulla vita dei piccoli esercizi commerciali. Resta da capi-re, semmai, cosa abbiano da spartire con la tu-tela della salute dei cittadini i vari prodotti che nelle farmacie affiancano i farmaci snaturan-do la funzione del servizio farmaceutico». Pugliese contesta inoltre le affermazioni che la volontà della Gdo sia esclusivamente quel-la di “fare profitti con il farmaco”. Relativa-mente alla tipologia di contratto applicata, l’ad di Conad precisa infatti che: «il contrat-to collettivo nazionale di lavoro delle farma-cie private e quello del commercio (applicato ai dipendenti delle parafarmacie Conad) so-

no similari sia dal punto normativo sia eco-nomico, anche se il confronto tra settori di-versi non è semplice. Con 100 parafarmacie in funzione e un fatturato annuo di 80 mi-lioni di euro – a fronte di un giro d’affari del gruppo Conad di oltre 12 miliardi di euro – non facciamo business. Diamo però un ser-vizio ai cittadini e assicuriamo convenien-za, nel pieno rispetto della tutela della salute perché è un servizio erogato da un farmaci-sta. Non è perciò il caso di prendersela con i farmacisti delle parafarmacie, quasi fossero professionisti diversi dai colleghi che lavora-no in farmacia».Alle affermazioni della presidente Annarosa Racca, la quale sostiene che il settore delle farmacie è uno dei più liberalizzati in assolu-to, Pugliese controbatte: «Il Fondo monetario internazionale, nel 2013, definiva il mondo delle associazioni professionali in Italia “un sistema con una delle regolamentazioni più restrittive tra i Paesi dell’Ocse, con una com-petizione limitata, un’offerta ristretta e ren-dite protette con un conseguente aggravio dei costi per imprese e famiglie”. Per l’Istitu-to Bruno Leoni in materia di liberalizzazioni l’Italia resta al palo in Europa, con un indice del 67 per cento che la relega al tredicesimo posto nella classifica Ue».E continua: «Con la liberalizzazione dei far-maci di fascia C le farmacie perderebbero dai 45 ai 55 euro al giorno mantenendo comun-que una posizione dominante nel mercato. Ma sull’altro piatto della bilancia ci sarebbe-ro 5 mila nuovi posti di lavoro, 3 mila nuove aziende, investimenti per 700 milioni. A co-sto zero per lo Stato e per il Servizio Sanita-rio Nazionale. Per non dire del risparmio an-nuo per i cittadini compreso tra 450 e 890

milioni di euro (se applicato uno sconto tra il 15 e il 30 per cento) (fonte: Nicola Saler-no, Valutazione di impatto della riforma del-le farmacie, Reforming n°22, gennaio 2015), considerando che i farmaci di fascia C – con obbligo di ricetta medica (bianca) e non rim-borsabili dal SSN – hanno un prezzo medio di 11,8 euro, 3,7 euro più elevato rispetto a quello dei farmaci senza obbligo di ricetta. Visto che, secondo i dati Federfarma, il giro d’affari delle farmacie è composto per il 49 per cento dai farmaci di fascia A, per il 12 per cento dai farmaci di fascia C, per il 9 per cen-to dall’autocura (Sop e Otc) e per il restan-te 30 per cento da prodotti non farmaceutici (parafarmaco, omeopatici, prodotti per l’in-fanzia, igiene e bellezza etc.), la liberalizza-zione della fascia C riguarderebbe solo il 12 per cento del fatturato delle farmacie. Oggi le farmacie raccolgono dal libero mercato il 40 per cento del proprio fatturato (prodotti non farmaceutici più farmaci senza obbligo di ricetta), riuscendo a farlo senza sminuire la propria professionalità e con buoni risul-tati, visto che nei primi sei mesi del 2015 è stato proprio il mercato commerciale – quel-lo liberalizzato – a far registrare il migliore trend di crescita, +4,8 per cento rispetto al primo semestre del 2014». Infine, riguardo alla possibilità di praticare sconti sui medicinali senza ricetta, Francesco Pugliese conclude dicendo: «non ci risulta sia-no applicati nella misura che la legge del 2005 consentirebbe. Sul fatto che la farmacia, de-terminante per mantenere un elevato livello di servizio al cittadino, “debba essere messa in condizione di affrontare il nuovo contesto in modo efficace e con tutti gli strumenti neces-sari”, abbiamo un’opinione diversa».

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Lorenzin: farmaci con ricetta, questione estranea al ddl concorrenza

La vendita dei farmaci di fascia C con ricetta non è un argomento che può essere affrontato in un provvedimento sulla concorrenza. Non si considera infatti che si tratta di un tasello che regge un intero sistema. Questa la netta presa di posizione del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che ha recentemente ribadito di non aver mai cambiato opinione in merito al tema della distribuzione dei medicinali con ricetta al di fuori delle farmacie: «Non si tratta di libera-lizzarli, si tratta di venderli nei supermercati. E io non sono d’accordo» ha dichiarato.Secondo il ministro, infatti «è stato affrontato un tema specifico del sistema sanitario e della filiera dell’organizzazione sanitaria in un ddl liberalizzazione e concorrenza. Non si com-prende che quel ‘pezzettino’ di organizzazione fa tenere insieme tutto il sistema della distri-buzione del farmaco, della farmacia territo-riale, del controllo dei prezzi del farmaci. Se il Governo - e non il ministro della Salute ma un altro ministro - intendeva chiedere una rifor-ma del sistema di distribuzione del farmaco, si doveva aprire un altro tipo di lavoro. Insom-ma poteva essere anche fatto, ma in modo di-verso. È un tema complesso che non si può af-frontare con l’accetta».

La vendita dei farmaci di fascia C deve rimanere in farmaciaLorenzin ricorda che si è costruito tutto il Patto per la Salute e il sistema di prevenzio-

ne «con una collaborazione con le rete del-le farmacie, che saranno farmacie di servizio. La farmacia è un luogo, soprattutto nelle lo-calità più remote - di campagna, di monta-gna nei paesini isolati che sono tanti in Italia - che permette di erogare una serie di servizi ai cittadini oltre alla semplice distribuzione». E aggiunge: «La farmacia, e parliamo anche di quelle comunali, spesso è il primo presi-dio sanitario».

Maggiore sicurezza con la distribuzionedei farmaci più sensibili in farmaciaSulla divisone in farmaci da banco e farma-ci con ricetta, il ministro interviene in ma-

niera chiara ribadendo: «significa che alcuni prodotti hanno la necessità di essere eroga-ti con ricetta e di avere un controllo da par-te delle farmacia. Tra i farmaci in fascia C con ricetta ci sono gli psicofarmaci. Abbia-mo voluto mantenere una specificità della farmacia. Ma per farla reggere sono neces-sarie alcune caratteristiche. È aperta la not-te, si trova in ogni comune, porta il farma-co a casa quando è necessario». Ma bisogna anche garantirne la sostenibilità, e la distri-buzione dei farmaci di fascia C con ricetta è parte integrante di questa possibilità, secon-do il ministro.«È il motivo - aggiunge il ministro della Sa-lute Beatrice Lorenzin - per cui non si può fare una riforma della distribuzione del far-maco in Italia, che si ‘tiene’ con tanti tasselli, in un modo semplicistico, superficiale e fat-to con l’accetta. Se si deve fare una riforma della distribuzione del farmaco e si decide di farla, allora ci si siede ad un tavolo. Si consi-derano tutti i parametri delicati che riguar-dano questa questione e si affronta. Fatta in questo modo è fare una cortesia alla gran-de distribuzione. E tutto questo non ha nul-la a che fare con la liberalizzazione. Ma mol-to ha a che fare con il commercio, che è una cosa molto diversa rispetto alla tutela e alla distribuzione del farmaco che, non a caso, è un istituto che viene gestito ad hoc e in mo-do specifico», conclude Lorenzin.

attualità

Secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin si tratta di «un tassello che regge un intero sistema» e in quanto tale non può essere il tema di un disegno di legge che tratta di concorrenza sostanzialmente estraneo alla sanità, di cui la farmacia è un presidio integrante

attualità

il ministro della Salute, Beatrice lorenzin

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attualità

Istat: buona la salute degli italiani, stabile il numero dei malati cronici

Italiani sempre più longevi e in buona salute. È quanto emerge dall’edizione 2015 dell’An-nuario statistico italiano redatto dall’Istat, che offre un patrimonio di dati statistici so-lido e strutturato e molte chiavi di lettura sui principali temi ambientali, sociali ed econo-mici che interessano il Paese. Prosegue nel 2014 l’incremento della speranza di vita: per gli uomini da 79,8 del 2013 a 80,2 anni e per le donne da 84,6 a 84,9. «Nel 2015 – si leg-ge nel capitolo Sanità e Salute dell’Annua-rio statistico italiano – il 69,9 per cento del-la popolazione residente in Italia ha dato un giudizio positivo sul proprio stato di salute, rispondendo “molto bene” o “bene” al quesi-to “Come va in generale la sua salute?”. Il da-to è stabile rispetto all’anno precedente. La percentuale di persone che dichiarano di go-dere di un buono stato di salute è più eleva-ta tra gli uomini (73,4 per cento) che tra le donne (66,5 per cento)». Lo svantaggio del sesso femminile, a pari-tà di età tra i due generi, è evidente dopo i 45 anni: nella fascia di età 45-54 anni il 72,5% degli uomini si considera in buona salute contro il 68,6% delle coetanee; le dif-ferenze maggiori si hanno tra i 65-74 an-ni (44,3% contro il 36,6%) e dopo i 75 anni (29,6% contro il 21,6%).«A livello territoriale – riporta ancora l’an-nuario – la quota di persone che si dichia-ra in buona salute è più elevata nel Nord-est

(72,3 per cento), mentre meno al Sud e nelle Isole (rispettivamente 68,7 per cento e 68,5 per cento). Tra le regioni italiane le situa-zioni migliori rispetto alla media nazionale si rilevano soprattutto a Bolzano (85,8 per cento), a Trento (78,8 per cento) e in Valle d’Aosta (72,4 per cento), mentre quella peg-giore si ha in Calabria (60,8 per cento) e in Sardegna (64,7 per cento)».

Malati cronici: invariatii numeri rispetto al 2014Oltre alla percezione dello stato di salute, indi-catore globale delle condizioni di salute della popolazione molto utilizzato anche in ambito internazionale, un altro importante valore per determinare lo stato di salute di una popola-zione è la diffusione di patologie croniche, che nel nostro Paese assume una particolare rile-vanza visto l’elevato invecchiamento della po-polazione.«Il 38,3 per cento dei residenti in Italia – si leg-

ge nell’annuario Istat – ha dichiarato di esse-re affetto da almeno una delle principali pa-tologie croniche rilevate (scelte tra una lista di 15 malattie o condizioni croniche). Il dato ri-sulta stabile rispetto al 2014. Le patologie cro-nico-degenerative sono più frequenti nelle fa-sce di età più adulte: già nella classe 55-59 anni ne soffre il 51,5 per cento e tra le perso-ne ultra settantacinquenni la quota raggiunge l’85,2 per cento». Le più colpite dalle patologie croniche sono le donne, in particolare supera-ta la soglia dei 55 anni.In termini di diffusione delle patologie cro-niche, l’analisi riporta l’’ipertensione al pri-mo posto (17,1%), a seguire l’artrosi/artrite (15,6%), le malattie allergiche (10,1%), l’o-steoporosi (7,3%), la bronchite cronica e l’a-sma bronchiale (5,6%) e il diabete (5,4%).

Uso dei farmaciPer quanto riguarda l’impiego di farmaci, il 41% della popolazione ne ha fatto uso nei

Il 69,9% dei residenti in Italia ritiene di essere in buona salute, ma il 38,3% è affetto da una patologiacronica. Ipertensione, artrosi e allergie le più diffuse, mentre le malattie del sistema circolatorio e i tumori sono tra le prime cause di morte. Diminuiscono in maniera significativa i numeri dei ricoveri

Entrando nel merito dell’assistenza territoriale che ruota attorno alla figura del medico di fa-miglia, principale riferimento per le cure di base del cittadino, l’annuario curato dall’Istat conta circa 45 mila medici di medicina generale nel 2012: con un valore che va da 7,8 a 7,6 medici

ogni 10 mila abitanti, il numero di assistiti per medico è pari a 1.156 assistiti. Per quanto ri-guarda l’offerta di medici pediatri, sul territo-rio nazionale nel 2012 operano circa 7.700 me-dici pediatri: circa 9 ogni 10 mila bambini fino a 14 anni.

i numeri dell’assistenza di base

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attualitàattualità

Mortalità per gruppi di cause e sesso (anno 2012, rapporti per 100.000 abitanti).

due giorni precedenti l’intervista. Nello spe-cifico, sono le donne le maggiori consuma-trici. Il numero dei fruitori aumenta con l’a-vanzare dell’età: «per entrambi i sessi si raggiunge la metà della popolazione già dai 55 anni fino a raggiungere l’89,1 per cento tra le donne» dichiarano dall’Istat.

Tumori e malattie circolatorietra le prime cause di morteNel 2012 in Italia si sono verificati circa 613 mila decessi, 295.831 uomini e 317.689 don-ne, riconducibili per il 66% a malattie del si-stema circolatorio e a tumori. Nello specifico, precisa l’annuario: «Tra 15 e 29 anni, il 58,5 per cento dei decessi maschili avviene per cause di natura violenta contro il 37,8 di quel-li femminili. La mortalità infantile più elevata si registra in Campania, Sicilia, Calabria e Pu-glia». Il grafico in questa pagina offre una sin-tesi delle principali cause di morte.

SuicidiIn Italia nel 2012 si sono registrati 4.258 sui-cidi (7,2 ogni 100 mila abitanti). Si tratta pre-valentemente di uomini con 3.325 casi rispet-

to ai 933 delle donne. Per entrambi i sessi la mortalità per suicidio cresce al crescere dell’e-tà: si passa da 1,6 suicidi per 100 mila abi-tanti sotto i 24 anni a 6,5 tra i 25 e i 44 an-ni, a 9,6 fra i 45 e i 64 anni fino ad arrivare a 11,1 per le persone di oltre sessantacinque an-ni, circa sette volte più alta rispetto alla clas-se più giovane.

Tempi di ricovero più breviContinua il processo di deospedalizzazione che ha determinato una progressiva e signi-ficativa diminuzione dei ricoveri nel tempo: «Negli ultimi cinque anni le dimissioni ospe-daliere hanno fatto registrare una riduzione media annua del 4,5% – riferisce l’Istat – e una riduzione complessiva del 16,7% rispet-to al 2009. Tra il 2012 e il 2013 la diminuzio-ne dell’attività ospedaliera per acuti è stata del 4,3%. Considerando i dati provvisori re-lativi al primo semestre 2014, diffusi dal Mi-nistero della salute, la riduzione rispetto al primo semestre 2013 è pari al 9,2%».I principali motivi legati all’ospedalizzazio-ne sono riconducibili, per entrambi i sessi, a malattie del sistema circolatorio (14,1% dei

casi totali) e a tumori (10,7%). Fra le donne sono frequenti anche i casi dovuti a compli-cazioni legate alla gravidanza (16,5% del to-tale delle dimissioni ospedaliere femminili).

Stili alimentari eabitudine al fumo di tabaccoSono comportamenti salutari quelli che emergono dall’analisi sugli stili alimenta-ri degli italiani: il pranzo costituisce, infat-ti, ancora nella gran parte dei casi il pasto principale (67,2% della popolazione di 3 an-ni e più) e molto spesso è consumato a ca-sa (73,4%), soprattutto al Sud, offrendo co-sì una qualità superiore in termini di scelta degli ingredienti rispetto ai pasti consuma-ti fuori casa.Inoltre cresce di un punto percentuale ri-spetto al 2014 il numero degli italiani che non rinuncia a fare una buona colazione: l’81,2 per cento della popolazione (sopra i 3 anni) fa una colazione che può essere defi-nita “adeguata”, ovvero non solo limitata al caffè o al tè, ma nella quale vengono assun-ti alimenti più ricchi di nutrienti come latte e cibi solidi (biscotti, pane, ecc). Per quanto riguarda l’abitudine al fumo di tabacco si osserva una sostanziale stabilità del fenomeno rispetto al 2014: la quota di fumatori tra la popolazione di 14 anni e più nel 2015 si attesta intorno al 19,6%. A non rinunciare alla sigaretta sono soprattutto gli uomini con il 24,6% dei fumatori, men-tre le fumatrici tra le donne scendono al 15%. Inoltre, nonostante sia noto che l’e-sposizione al fumo di tabacco possa favo-rire l’insorgenza di patologie cronico-dege-nerative soprattutto a carico dell’apparato respiratorio e cardio-vascolare, l’abitudine al fumo di tabacco è molto diffusa nelle fa-sce di età giovanili ed adulte: «In partico-lare – stima l’Istat – tra i maschi la quota più elevata si raggiunge tra i 25 e i 34 anni e si attesta al 33,0 per cento, mentre tra le femmine si raggiunge tra i 55-59 anni (20,8 per cento)».

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attualità

Integratori: in farmacia sono la seconda quota di mercato dopo il farmaco etico

L’integratore alimentare gioca un ruolo da protagonista nell’healthcare insieme al far-maco e il mercato italiano è leader in Euro-pa per dimensioni, crescita e articolazione. Gli integratori alimentari valgono oggi ol-tre 2,5 miliardi di euro, di cui il 92,1% ven-duti in farmacia, e rappresentano la seconda quota di mercato dopo il farmaco etico con una crescita nell’ultimo anno di quasi il 9% che supera il farmaco di automedicazione.L’integratore è oggi un prodotto per il con-sumo di massa per la gestione di esigen-ze molto articolate e specifici ‘disturbi’, e nell’ultimo anno ha registrato vendite per circa 183 milioni di confezioni rispondendo ai bisogni di un consumatore con esigenze di salute sempre più evolute. Numerose sono le motivazioni d’uso degli integratori, non necessariamente legate a carenze nutrizionali ma a un rinnovato im-piego dei prodotti che ha generato lo svi-luppo di nuove categorie: ad esempio nell’a-rea cardiovascolare, dei ‘disturbi’ invernali e dell’affaticamento.Medico e farmacista sono riferimenti cen-trali nella scelta d’acquisto di un integra-tore che rientra ormai nella pratica clini-ca quotidiana: metà dei medici di medicina generale e un terzo degli specialisti li con-sigliano abitualmente perché ne riconosco-no l’utilità clinica sulla base di un raziona-le scientifico.

Federsalus presenta il primoosservatorio della filiera italiana dell’integratore alimentareAccanto alle aziende specializza-te, l’industria degli integratori si compone di aziende di primo li-vello di matrice farmaceutica, cosmetica e che spesso opera-no anche nell’industria del food. Le imprese del settore rispondono all’evoluzione dei bisogni di salu-te e di benessere con investimenti in qualità e innovazione. Lo dimostrano le principali evidenze emerse dalla prima inda-gine del Centro Studi FederSalus sulla filie-ra italiana degli integratori alimentari che ha coinvolto 108 tra le aziende associate. I rica-vi industriali superano un miliardo di euro, l’occupazione è cresciuta del 51% nell’ulti-mo anno, in controtendenza rispetto alla cri-si, il 58% ha aumentato il fatturato estero e complessivamente la quota dell’export è pari al 18,6% del valore della produzione. È una fotografia molto approfondita quel-la emersa dall’indagine, il primo capitolo di una serie di analisi che saranno promosse dal nuovo Centro Studi FederSalus. Le in-formazioni ottenute dalle imprese associate a FederSalus (162 in totale) sono statistica-mente molto significative e rappresentati-ve dell’intero comparto della produzione e distribuzione degli integratori alimenta-

ri. La mappatura, così disegnata, consen-te di inquadrare al meglio lo stato di salute del settore e conferma l’utilità dei progetti strategici pianificati per la crescita dell’As-sociazione. «L’integratore gioca ormai un ruolo da pro-tagonista in ambito healthcare e l’industria italiana è leader in Europa – ha dichiarato Marco Fiorani, Presidente FederSalus – ma si muove all’interno di un quadro regolatorio ancora acerbo e poco rappresentativo della realtà della domanda e dell’offerta, che ri-chiede parametri e regole chiare ma anche coerenti con la natura e la destinazione d’u-so dei prodotti. Le evidenze del Centro Stu-di FederSalus saranno uno strumento molto importante per migliorare la consapevolez-za dei decision makers in questa direzione».

La filiera italiana dell’integratore alimentare punta su innovazione e qualità per venire incontroalle richieste del consumatore sempre più esigente in un mercato che, a dispetto degli altri settori,non sembra conoscere crisi e conta un volume di vendite pari a 183 milioni di confezioni all’anno

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attualità

Salute dei migranti: un’iniziativa per garantire l’accesso ai farmaci

Un progetto importante, voluto dal ministero della Salute e dall’Agenzia italiana del farmaco, rivoltonon solo ai migranti ma anche alle fasce più vulnerabili della popolazione, che consentirà di raccogliere informazioni sanitarie e veicolare la cartella clinica del migrante in tutto il territorio europeo

L’accesso alle cure farmacologiche è un di-ritto inalienabile della persona, a prescindere dal suo status giuridico e dalle condizioni so-cio-economiche. Su questo principio si basa la nuova iniziativa congiunta Aifa-ministero della Salute dal titolo “Accesso ai farmaci, un diritto umano”, un progetto lanciato in occa-sione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2016 nell’Anno del Giubileo del-la Misericordia, che si è svolta il 17 gennaio.«Questa iniziativa dell’Aifa – ha dichiarato il mi-nistro della Salute, Beatrice Lorenzin – riguar-da un tema su cui il Ministero è particolarmen-te sensibile e attivo: l’assistenza ai migranti. La possibilità di avere a disposizione un databa-se con una cartella clinica che accompagni la storia del migrante e possa essere veicolata su tutto il territorio europeo è un’ulteriore risorsa che il nostro Paese mette a servizio della salu-te pubblica, della solidarietà e della sicurezza».L’iniziativa vuole approfondire l’assistenza sani-taria e farmaceutica nelle popolazioni migran-ti, tema particolarmente delicato dal momen-to che il loro stato di salute è messo a rischio dalle condizioni di vita generalmente precarie. Questa popolazione speciale di pazienti neces-sita, quindi, di un approccio terapeutico mira-to e pertanto il primo obiettivo è di raccogliere e sistematizzare le informazioni disponibili sul profilo di salute dei migranti arrivati in Italia, sulle patologie identificate e sui trattamenti ri-cevuti nel corso della loro permanenza.

«L’Aifa – ha precisato il presidente dell’Aifa, Mario Melazzini – ha avvertito il dovere eti-co e sociale di promuovere e proteggere, at-traverso l’uso appropriato dei farmaci, la salu-te di malati vulnerabili, quali sono i migranti, gli emarginati e le fasce deboli della popola-zione, e favorire una maggiore comprensione dei diritti e delle modalità di accesso alle cure da parte di questi pazienti. L’accesso alle cu-re è infatti un diritto dell’uomo, sancito dal-la Costituzione e dai trattati internazionali, e l’Aifa con il sostegno del Ministero, non pote-va sottrarsi alla responsabilità di porre un’at-tenzione speciale a una realtà fragile sempre più presente sul nostro territorio, quale quel-la dei migranti»Il direttore generale dell’Aifa, Luca Pani, ri-badisce la necessità di interventi mirati in soccorso dei soggetti più deboli: «Dalla par-ticolare attenzione che da alcuni anni l’Aifa dedica alle popolazioni speciali e vulnerabi-li, è emersa una realtà sommersa, di pazienti fragili e senza voce, provati da lunghi viaggi e da condizioni di salute precarie, che giunti nel nostro Paese hanno bisogno di un’atten-zione e una cura speciale anche attraverso un accesso tempestivo e appropriato ai far-maci e approcci terapeutici mirati. Una sfi-da che l’Aifa e il Ministero della Salute, che ha dato impulso all’iniziativa, sono pronti a raccogliere. Infatti acquisire informazioni sui trattamenti cui vengono sottoposti questi

pazienti e sui loro effetti, ci consentirà di co-noscere meglio pazienti con background ge-netico e stili di vita differenti che dobbiamo comunque essere in grado di trattare in mo-do sicuro ed efficace».Nell’ambito dell’iniziativa, sul portale istitu-zionale dell’Agenzia Italiana del Farmaco è at-tiva una nuova sezione, in italiano e inglese, all’interno dello spazio “Rapporti internazio-nali”, che conterrà tutti gli aggiornamenti re-lativi ai diritti umani in campo internazionale e alle news per i pazienti.Un ulteriore obiettivo è la creazione di un net-work per lo scambio di informazioni che coin-volga, oltreché Aifa e Ministero, le principa-li istituzioni e organizzazioni attive nel campo dell’assistenza sanitario-farmacologica ai mi-granti, per rendere possibile l’acquisizione e l’analisi di dati da utilizzare in ambito regola-torio, ad esempio per il monitoraggio dell’ap-propriatezza delle prescrizioni e dell’aderenza alle terapie in questa categoria di pazienti.Tra i farmaci ad applicazione topica più uti-lizzati per le cure ai migranti spiccano anti-parassitari, antibiotici, antibiotici in associa-zione a corticosteroidi e Fans, antimicotici e corticosteroidi. Per i farmaci a somministra-zione sistemica la priorità va a preparazioni orali, soprattutto antibiotici (macrolidi, peni-cilline, fluorochinoloni e cefalosporine), se-guiti da farmaci analgesici e antipiretici, anti-micotici, antivirali e antiparassitari.

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attualità

Farmaci più sicuri e meno sprechicon il nuovo bugi@rdino

Un servizio al passo coi tempi che risolve l’an-nosa questione delle modifiche dei foglietti illustrativi, che creava non pochi problemi di gestione delle scorte da parte delle farmacie e allo stesso tempo rappresentava un costo elevato per la collettività. “Bugiardino digita-le” è un’applicazione per smartphone Android e iPhone che permette di ricevere sul proprio dispositivo il foglietto illustrativo aggiornato di qualsiasi medicinale, soggetto a prescrizio-ne o da automedicazione. «Il foglietto illustrativo digitale è la rispo-sta dei farmacisti alla necessità, ormai qua-si universale, di disporre delle informazioni nel modo più rapido e più comodo, a mag-gior ragione quando si tratta di informazioni importanti per la propria salute e quella dei propri cari» ha dichiarato il senatore Andrea Mandelli, presidente della Federazione de-gli Ordini dei Farmacisti Italiani, in occasio-ne della presentazione del nuovo servizio, che ha ricevuto il patrocinio dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Che cosa cambiaFino a poco tempo fa, quando il foglietto il-lustrativo di un farmaco subiva modifiche, anziché ritirare il medicinale e procedere a un nuovo confezionamento, il farmacista era tenuto a stampare il nuovo foglietto il-lustrativo e a consegnarlo al paziente. Si par-la di numeri ingenti se consideriamo che l’Ai-

fa autorizza circa 5.000 variazioni all’anno di foglietti illustrativi, come ha sottolineato Anna Rosa Marra, responsabile dell’Ufficio Autorizzazioni all’Immissione in Commercio dell’Aifa. Tuttavia non sempre la stampa di diversi fogli risultava comoda per il paziente e pratica per il farmacista e di qui il ricorso a questa modalità al passo con i tempi ed eco-logica perché efficace nel ridurre gli sprechi.«Grazie a questo sistema – ha dichiarato Claudio Maiocchi, Managing Director di Di-gital Solutions, la società che realizzato tec-nicamente l’app – gli utenti potranno scari-care gratuitamente l’applicazione, effettuare la registrazione e ricevere gli aggiornamen-ti dei foglietti illustrativi in modo semplice e sicuro. Bugiardino digitale è la soluzione ot-timale che automatizza il procedimento di aggiornamento, apportando un grosso be-neficio sia agli operatori del settore sia ai cittadini che avranno la sicurezza di essere sempre aggiornati su ogni farmaco in tem-po reale».«È evidente che questo strumento rispon-de anche ad altre esigenze. Per esempio – ha spiegato Mandelli – è abbastanza frequente che il paziente, una volta aperta la confezio-ne, perda o getti il foglietto illustrativo del medicinale: una circostanza potenzialmente pericolosa sempre, ma in particolare quando si tratta di farmaci che non si impiegano di frequente. Grazie all’app è possibile recupe-

rare sempre e comunque il foglietto illustra-tivo corrispondente senza incorre in erro-ri. Mi sembra un contributo importante alla sicurezza dell’impiego dei medicinali. Inoltre con il sistema il paziente può costruire una banca dati personale dei farmaci che ha as-sunto e assume». Il servizio ai cittadini è inoltre completato da una “web app” (in fase di attivazione) acces-sibile all’indirizzo www.bugiardinodigitale.it.

Come funzionaIl Bugiardino Digitale ha un funzionamento molto semplice. Il farmacista, dopo aver sca-ricato e installato sul suo computer il sof-tware Bugiardino Digitale, al momento del-la scansione del codice a barre del farmaco riceve comunicazione dal sistema nel ca-so in cui sia presente un foglietto illustrati-vo aggiornato; se il paziente dispone di uno smartphone in cui è installata l’app, comuni-cando attraverso il tesserino sanitario o di-rettamente, il suo codice fiscale o l’indirizzo e-mail al farmacista, riceverà immediata-mente il nuovo foglietto in formato digitale. Questa semplicità d’uso consente di ridur-re al minimo l’impegno del farmacista. Inol-tre, fatto molto importante per i farmacisti, Bugiardino Digitale può operare con tutti i principali software in uso nelle farmacie ita-liane, a garanzia di una diffusione quanto più capillare possibile nelle farmacie italiane.

L’introduzione del foglietto illustrativo smart è un servizio innovativo, economico ed ecologico, che permette sia agli operatori sanitari sia ai cittadini di essere sempre aggiornati su ogni farmaco in tempo reale. Un’iniziativa voluta dalla Federazione degli ordini dei farmacisti che semplificherà il lavoro del farmacista

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Professione Salutefebbraio 2016 55

Naso chiuso, raffreddori, riniti, sinusiti o difficoltà respirato-

rie dovute a muco in eccesso sono alcuni dei sintomi dei disturbi tipi-ci della stagione fredda.Per sfuggire a questi fastidi che coinvolgono l’apparato respirato-rio è importante prendersi cura del proprio naso fin dai primi sintomi in modo delicato.Dall’esperienza Euritalia Pharma nasce Isomar Spray Deconge-stionante con acido ialuronico,

indicato per un pronto sollievo dal naso chiuso. Aiuta a mantenere la mucosa morbida per un rapido sollievo di adulti e bambini grazie ai suoi due componenti: l’acqua di mare ha azione decongestionan-te con una concentrazione salina intorno al 3% e allevia la conge-stione nasale per osmosi in modo delicato. Grazie all’azione fluidifi-cante, aiuta a liberare il naso dal muco in eccesso e da batteri e vi-rus, principali cause dell’irritazio-

ne nasale. L’acido ialuronico man-tiene la mucosa morbida e dona al prodotto un’attività di protezione delle cellule dalla disidratazione, riducendo il rischio di secchezza e microlesioni all’interno delle cavi-tà nasali che possono incorrere in caso di forti raffreddori, riniti al-lergiche e sinusiti.Il pratico formato da 100 ml con-sente di portare sempre con sé Isomar Spray Decongestionan-te con acido ialuronico, per una

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Mal di gola, sinusite, otite, mal di denti, mal di schiena, dolo-

ri muscolari sono solo alcuni esem-pi dei cosiddetti “disturbi non dif-feribili”, ovvero stati infiammatori con sintomatologia mista, associa-ti a dolore e, a volte, febbre. Angeli-ni ha presentato la prima e ad oggi unica combinazione a dose fissa di paracetamolo (500 mg) e ibuprofe-ne (150 mg) approvata in Italia. La riduzione dei dosaggi, rispet-to alle formulazioni tradizionali, consentirebbe un impiego più ef-ficiente dei principi attivi e mino-ri effetti collaterali, coniugando i vantaggi del paracetamolo a quel-li dell’ibuprofene: in particolare, rispetto alle due molecole assunte separatamente, uno studio clini-co (1) avrebbe dimostrato un’effi-cacia nel controllo del dolore su-

periore del 30%, l’aumento della durata dell’effetto analgesico e la maggior velocità di azione.«I disturbi non differibili sono l’in-sieme dei problemi che portano i pazienti, in cerca di risposte rapi-de ed efficaci, presso l’ambulatorio del medico di famiglia, impattan-do per il 30% sul suo carico di la-voro – evidenzia Pierangelo Lora Aprile, segretario scientifico e re-sponsabile area medicina del dolo-re e cure palliative della Simg –. In queste situazioni è spesso presen-te un dolore di tipo infiammato-rio e il medico di famiglia, nel 75% dei casi fino ad oggi, faceva rife-rimento ai Fans a dosaggio pie-no come prima possibilità di cura, poiché difficilmente l’associazio-ne con un antalgico dava garan-zie di regolare assunzione. Grazie

all’attività sinergica tra le due mo-lecole, che ha consentito di ridur-ne le dosi, l’associazione paraceta-molo-ibuprofene ha un profilo di sicurezza maggiore e potrà esse-re utilizzata anche per tipologie di pazienti particolari, come anziani, diabetici o soggetti affetti da pa-tologie cardiovascolari che non potrebbero assumere antinfiam-matori ai dosaggi consueti».«L’associazione ibuprofene-para-cetamolo, dal punto di vista far-macologico, permette di ottenere due vantaggi fondamentali – illu-stra Diego Fornasari, docente di farmacologia all’Università di Mila-no –. Il primo è a livello farmacodi-namico e riguarda l’interazione fra i due principi attivi, che hanno mec-canismi d’azione diversi e comple-mentari: mentre l’ibuprofene è un

classico Fans che agisce inibendo gli enzimi implicati nei processi in-fiammatori, il paracetamolo è un analgesico ad azione centrale. La combinazione permette quindi di aggredire il dolore su fronti diversi, ottenendo un effetto terapeutico sinergico, superiore alla somma dei due farmaci presi singolarmente».La nuova associazione è un far-maco a prescrizione medica inse-rito in fascia C.

1. Fanelli A, Fornasari D, Lora Aprile P, Viganò R. La gestione farmacologi-ca del dolore nei disturbi non differibi-li con la combinazione a dose fissa pa-racetamolo/ibuprofene. Fighting pain 2(4)2015: 17-26

Per informazioni:Angelini - www.angelini.it

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Paracetamolo + ibuProfene: nuovo farmaco Per stati infiammatori con sintomatologia mista

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56 Professione Salute febbraio 2016

Il siero SansTime (brevetto n. 2072032), a differenza di diver-

si prodotti anti-age in commer-cio, non contiene acido jaluronico, bensì i suoi precursori: acido glu-curonico e N-acetyl glucosamina. Sono queste le due molecole che introdotte nel derma con un lipo-soma diventeranno, attraverso l’a-zione della jaluron sintetasi, acido jaluronico.Si tratta di acido jaluronico ve-ro, quello naturale, poiché pro-dotto fisiologicamente attraver-so un processo biochimico. L’acido jaluronico che si viene a forma-

re dopo 20-25 giorni avrà rag-giunto un peso molecolare di circa 500.000/600.000 dalton, suf-ficiente per produrre quell’idrata-zione profonda essenziale per la

distensione delle rughe di super-ficie e già dalla prima settimana di utilizzo si noteranno importanti benefici sulle zone trattate.SansTime non è formulato come un cosmetico tradizionale, poiché è es-senzialmente un veicolo transder-mico che serve a introdurre nei fi-broblasti del derma le due sostanze che formeranno l’acido jaluronico. Queto siero viene assorbito veloce-mente senza lasciare tracce di unto o grasso in superficie, lascia la pelle liscia e compatta. Si presenta sen-za conservanti, coloranti e profu-mo; non contiene sostanze di natu-

ra animale e non è stato testato su animali. SansTime si applica, secon-do le necessità, sulle zone interes-sate del viso e del collo; si consiglia di massaggiare delicatamente fino ad assorbimento completo. Per le sue particolari caratteristiche formulative, si raccomanda di usa-re il siero da solo e prevalentemen-te di notte, poiché durante il riposo si ha una risposta più efficace.

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proflora, l’integratore che riequilibral’ecosistema intestinale

Proflora è l’integratore ali-mentare simbiotico prodot-

to da Guna costituito da 6 diver-si ceppi probiotici, associati con fibra prebiotica, in grado di fa-vorire il riequilibrio della micro-flora intestinale nel caso in cui la sua composizione sia stata altera-ta da alimentazione impropria, te-rapie antibiotiche, diarrea, alcool o stress psico-fisico. Grazie a un innovativo processo produttivo brevettato, i micror-ganismi probiotici contenuti in Proflora si presentano in forma microincapsulata gastroprotetta.L’impiego di questa tecnologia mi-gliora la capacità di sopravvivenza di tutti i ceppi probiotici durante

il transito gastroduodenale, con-sentendo in tal modo il raggiun-gimento dell’intestino da parte di un elevato numero di microrgani-smi vivi e vitali.La componente probiotica appar-tiene sia al genere Bifidobacterium che Lactobacillus e ha caratteristi-che metaboliche tali da creare un effetto sinergico che assicura una

pronta colonizzazione dei diver-si segmenti intestinali. Tra i 6 cep-pi probiotici vi sono Lactobacillus rhamnosus LR06 e Lactobacillus plantarum LP02, entrambi in gra-do di produrre sostanze attive li-mitanti i batteri coliformi.La componente prebiotica è costi-tuita da frutto-oligosaccaridi (Fos), in grado di stimolare selettivamen-

te lo sviluppo dei ceppi probioti-ci presenti in Proflora e di tutti i gruppi microbici benefici della mi-croflora intestinale autoctona. Non essendo idrolizzati dagli enzimi di-gestivi, né assorbiti dalla mucosa del piccolo intestino, i Fos riescono a giungere intatti nel colon dove vengono fermentati selettivamen-te dalla componente benefica della microflora intestinale, in particola-re dai Lattobacilli e Bifidobatteri.ProFlora è disponibile in confezio-ni da 10 e da 30 bustine da 2,5 g.

GunaTel. 02 280181

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le aziende informano

sanstime, l’unico siero al monDo che ricostruisce l’aciDo Jaluronico nel Derma per via transDermica

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Professione Salutefebbraio 2016 57

Jalutè-hyaluronic bio-revitali-zing gel è una novità di Offici-

na Cosmetologica. Si tratta di un gel intradermico a base di acido ialuronico naturale, nato per sod-disfare tutti i tipi di pazienti in ba-se alle specifiche esigenze e può essere usato anche in aree estese del corpo per trattamenti antiaging personalizza-ti con scopi preventivi, ristrutturanti e di man-tenimento.Il prodotto è un dispo-sitivo medico di Classe

III, per biorivitalizzazione comple-ta collo-decolletè-viso-contorno occhi. L’acido ialuronico utiliz-zato in Jalutè è ottenuto per via biofermentativa a medio pe-so molecolare simile all’acido ia-luronico endogeno, formulato a una concentrazione di 20 mg/ml

in un tampone fisiologico,

senza alcuna modifica chimica: una garanzia di biocompatibilità e tollerabilità.Jalutè è indicato nel processo fi-siologico di invecchiamento della pelle e consente di apportare, di-rettamente nell’area da trattare, la quantità di acido ialuronico ne-cessaria a ripristinare la funziona-lità dei tessuti. Esplica una natu-

rale funzione idratante, consente di migliorare nettamente il trofismo e la trama cutanea con sostanzioso aumento

del turgore e dell’elasticità. Il gel si presenta in siringa preriempita da 2 ml, monouso con 2 aghi da 30 g, sterile e apirogena. Si consiglia di effettuare un ciclo iniziale di tre sedute di trattamen-to, a intervalli di una settimana l’una dall’altra, seguito eventual-mente da sedute mensili di man-tenimento.

Officina CosmetologicaTel. 02 36596679

[email protected]

Il 2016 è l’anno giusto per inve-stire in automazione grazie al-

le novità introdotte nella legge di stabilità approvata dal Senato il 22 dicembre scorso. Le farmacie inte-ressate a innovare le proprie strut-ture potranno beneficiare di due nuovi incentivi statali: il maxi am-mortamento e il credito di imposta, che rendono ancor più convenien-te l’investimento in nuovi macchi-nari. Il primo consente una dedu-zione extra contabile al 140% per chi investe nel 2016, riconoscendo quindi un 40% in più del valore fi-scale del bene.Il secondo, cumulabile al maxi am-mortamento, concede dal 1° gen-naio 2016 al 31 dicembre 2019 un credito d’imposta pari al 20% per

le piccole imprese del Mezzogiorno. I sistemi automatici Rowa rien-trano tra i beni strumentali cui si applicano gli incentivi e le farma-cie che intendono automatizzare il proprio magazzino con un investi-mento efficace e duraturo avranno ora un doppio beneficio: non so-lo l’ottimizzazione dei processi e il costante supporto al cliente che la tecnologia e i servizi Rowa offro-

no, ma anche il risparmio econo-mico concesso dai nuovi dispositi-vi statali. L’automazione per le farmacie, ol-tre a offrire una panoramica a 360 gradi dello stock, ha diversi vantag-gi: più tempo per la consulenza e la cura del cliente perché il farmacista non ha più la necessità di abban-donare il banco ed un guadagno di spazio nell’area vendita sfruttabi-

le per l’esposizione di ulteriori pro-dotti e per le soluzioni digitali di BD, che consentono ad esempio di presentare prodotti OTC in maniera moderna e interattiva.Da vent’anni Rowa è una tecno-logia leader nell’ambito dell’auto-mazione per farmacie. Dal 2015 CareFusion | Rowa è entrata a far parte di Becton Dickinson. L’unio-ne delle diverse competenze per-mette a BD di fornire soluzioni af-fidabili e innovative, garantendo servizi di alta qualità per il back office e front office di farmacie private e ospedaliere.

CareFusion Italy 327Tel. 02 99990120

www.rowa-italia.it

jalutè-hyaluronic biorevitalizing gelper un trattamento antiaging personalizzato

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sistemi automatici rowa, mai così convenienti grazie agli incentivi della legge di stabilità

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58 Professione Salute febbraio 2016

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dalla tecnologia endocarel’obiettivo raggiunto della rinascita cellulare

Con Endocare Cellage Pro il concetto di antietà globa-

le assume una nuova e più am-pia dimensione innovativa per la doppia tecnologia nel fotoaging severo: IFC-CAF, ricco di fattori di crescita che agiscono sulle cellu-le madre cutanee e WhartonGel Complex, un biomateriale esclu-sivo dalle proprietà rigenerative. Grazie alla sua miscela di glu-cosaminoglicani (GAGs) solfa-tati, acido ialuronico e proteine, WhartonGel Complex promuo-ve un’attività chemiotattica verso fibroblasti e cheratinociti; contri-

buisce a stimolare la produzione di collagene, fibronectina ed ela-stina; aumenta l’idratazione e fa-

vorisce infine la riduzione dei li-velli di MMP. IFC-CAF è invece un ingredien-te cosmetico ottenuto tramite estrazione biotecnologica da uo-va di lumaca “Helicidae”. Grazie al suo elevato contenuto proteico attiva le cellule madre cutanee, contribuisce a stimolare la loro differenziazione in cheratinociti e fibroblasti e facilita la loro migra-zione verso epidermide e derma.Inoltre Endocare Cellage Pro - che possiede proprietà anti-glicanti, antiossidanti, anti inflammaging - include due prodotti per rivi-

talizzare, rigenerare, ristruttura-re la pelle. La texture di Gelcream si presenta leggera e non gras-sa, non comedogena, per pelli da normali a grasse.La crema è invece caratteriz-zata da una texture ricca, extra comfort, adatta a pelli da normali a secche e consente una nutrizio-ne della pelle di 24 ore. Entrambi i prodotti si presentano senza pa-rabeni, Peg e allergeni.

Difa CooperTel. 02 9659031

www.difacooper.com

amino-relax, per mantenersi in formasenza perdere il buonumore

Solgar, azienda fondata a New York nel 1947, ai ver-

tici nei mercati internazionali nella produzione di integratori alimentari, vitamine, minera-li, estratti erbali, aminoacidi e nutraceutici, ha messo a punto Amino Relax, integratore ali-mentare a base di griffonia, va-leriana e vitamina B6. Una dieta equilibrata e alcuni ali-menti in particolare possono in-fluire sull’umore e sulla percezio-ne di benessere e talvolta seguire una dieta ferrea può essere cau-sa di stress. Amino-relax è par-ticolarmente adatto a uomini e

donne che desiderino sostene-re il proprio benessere mentale, il tono dell’umore e controllare il senso di fame per riuscire a se-guire in modo efficace diete ali-mentari, senza perdere il buonu-more. I semi di griffonia forniscono il 5-idrossi triptofano (5-HTP), un aminoacido precursore del-la serotonina, neurotrasmetti-tore fondamentale per regola-re l’umore, il sonno e l’appetito. La griffonia contribuisce a man-tenere un normale tono dell’u-more, favorisce il rilassamento, il benessere mentale e aiuta a con-

trollare il senso di fame; l’estrat-to di valeriana facilita il rilassa-mento in caso di stress e il sonno; infine la vitamina B6 contribui-sce alla riduzione della stanchez-za e dell’affaticamento, favorisce il normale funzionamento del si-stema nervoso e la normale fun-zione psicologica. Amino-relax non contiene zuc-chero, sale, lievito, frumento, so-ia, derivati del latte, conservanti, coloranti, aromi artificiali e deri-vati animali ed è adatto anche a vegetariani e vegani. Si consiglia l’assunzione di una capsula vegetale al giorno, pre-

feribilmente lontano dai pasti, la sera prima di coricarsi.

Solgar Italia Multinutrient Tel. 049 8642996

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