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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA FACOLTA’ DI INGEGNERIA DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E DELL’INFORMAZIONE Corso di Laurea Magistrale in Bioingegneria Progettazione bottom-up di sistemi biologici: Debug di circuiti sintetici interconnessi con comportamento non predicibile mediante approcci in-vivo ed in-silico Relatore: Prof. Paolo Magni Correlatore: Ing. Lorenzo Pasotti Tesi di Laurea di Massimo Bellato Anno Accademico 2014/15

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA

FACOLTA’ DI INGEGNERIA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E

DELL’INFORMAZIONE

Corso di Laurea Magistrale in Bioingegneria

Progettazione bottom-up di sistemi biologici:Debug di circuiti sintetici interconnessi

con comportamento non predicibilemediante approcci in-vivo ed in-silico

Relatore: Prof. Paolo Magni

Correlatore: Ing. Lorenzo Pasotti

Tesi di Laurea di

Massimo Bellato

Anno Accademico 2014/15

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“...we are good for nothing and capable of anything...”

-Morrison, James Douglas-

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Prefazione

La Biologia Sintetica e una branca della Bioingegneria emersa nell’ultima deca-

de, grazie agli sviluppi tecnologici nell’ambito della biologia molecolare, ormai

diffusa in tutto il mondo. Gli studi di questa disciplina spaziano dalla costru-

zione di nuovi sistemi biologici mediante molecole sintetiche, alla manipolazio-

ne di entita biologiche gia esistenti col fine di ottenere nuove funzionalita in

sistemi viventi. Oltre alla comprensione dei meccanismi che stanno alla base

della vita quindi, la Biologia Sintetica si occupa anche dell’implementazione di

sistemi biologici, atti a risolvere particolari specifiche: in questo, la Biologia

Sintetica differisce profondamente dalla biotecnologia e dall’ingegneria gene-

tica in quanto introduce l’approccio razionale nella progettazione di sistemi

viventi, tipico delle discipline ingegneristiche.

Una delle caratteristiche della Biologia Sintetica, e il processo di progettazione

bottom-up. L’affinazione di questo approccio, adottato in tutti gli altri campi

dell’ingegneria, portera ad una notevole espansione del nostro potenziale di in-

gegnerizzazione dei sistemi viventi. Attualmente, la nostra capacita di predire

il comportamento di sistemi genetici ingegnerizzati a partire da caratterizzazio-

ni quantitative delle singole parti, e limitata a causa di interazioni non predette

tra le parti componenti il circuito. La valutazione dell’approccio bottom-up per

un ampio gruppo di sistemi modello, puo consentire di elicitare i reali limiti di

predicibilita, entro i quali i sistemi progettati si comportano come atteso; di

conseguenza, lo studio di sistemi non funzionanti o impredicibili offre l’opportu-

nita di determinare caratteristiche specifiche, parti e condizioni che influenzano

significativamente la predicibilita. Lo scopo di questa tesi e l’analisi in-vivo di

i

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ii

due sistemi modello nel batterio Escherichia coli, precedentemente sviluppati

all’interno del gruppo di ricerca presso il quale e stata svolta l’attivita di tesi,

che presentano un comportamento non predicibile. Il primo sistema analizzato

e un circuito costituito da una cascata di regolatori di trascrizione; cercando

un parallelismo con l’ingegneria elettronica, tale sistema si puo approssimare

ad una cascata di porte logiche NOT. Questo sistema e proposto in due versio-

ni, entrambe composte da moduli interconnessi precedentemente caratterizzati

che differiscono per uno dei moduli utilizzati. Il circuito genetico riceve come

ingresso il livello di un induttore chimico dell’espressione genica e fornisce in

uscita un segnale trascrizionale, misurabile indirettamente attraverso la quan-

tita di proteina fluorescente rossa prodotta dalla coltura batterica. Il secondo

sistema analizzato e un circuito che si propone di controllare, attraverso un

sistema a retroazione negativa, la concentrazione extracellulare di una moleco-

la segnale in grado di diffondere liberamente attraverso le membrane cellulari

di E. coli. Questo circuito, sotto l’effetto di un’induzione esterna, produce

l’enzima che sintetizza la molecola segnale; la concentrazione di tale molecola

regola a sua volta la produzione della proteina che la degrada, portando cosı

la concentrazione di molecola segnale ad un livello stabile.

Nel Capitolo 1 verranno introdotti i concetti fondamentali su cui si basa la

Biologia Sintetica; in particolare verranno descritte le parti di cui e costitui-

to un circuito genetico e sara presentata una breve trattazione dei principi

di astrazione, standardizzazione, modularita e modellizzazione matematica, e

verra illustrato come questi possano essere applicati nel campo dell’ingegneria

dei sistemi biologici.

Nel Capitolo 2 verranno illustrati in dettaglio i sistemi studiati in questo lavoro

e saranno presentati i risultati pregressi, dimostranti la non predicibilita del

comportamento dei circuiti in analisi; l’analisi delle cause di tali impredicibilita

e lo scopo ultimo di questo lavoro di tesi.

Nel Capitolo 3 saranno illustrati materiali e metodi impiegati in questo lavoro

di tesi; in particolare sara elencato il materiale di laboratorio impiegato per

analisi in-vivo delle colture cellulari e per la misura delle grandezze biologi-

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iii

che; verranno quindi presentati in dettaglio i modelli matematici utilizzati per

descrivere e predire i sistemi in studio, nonche i metodi utilizzati nell’analisi

dei dati biologici. Saranno infine descritti i protocolli di biologia molecolare

utilizzati per trattare DNA e batteri e per la caratterizzazione della parti bio-

logiche costituenti i circuiti.

Nel Capitolo 4 verranno presentati i risultati ottenuti durante il lavoro di tesi.

Nel caso dell’analisi della cascata di regolatori di trascrizione, saranno presen-

tate le quattro ipotesi vagliate per spiegare la causa del comportamento non

predicibile del sistema, corredate dai relativi esperimenti di validazione, fino

al raggiungimento di un’evidenza sperimentale in grado di spiegare le ragioni

della non predicibilita del sistema.

Per lo studio del controllore a retroazione negativa, saranno inizialmente pre-

sentati i risultati provenienti da due esperimenti effettuati per valutare l’in-

fluenza che determinate condizioni cellulari presenti nel sistema, precedente-

mente non considerate, hanno nella caratterizzazione delle parti del circuito;

successivamente verra effettuata una trattazione sul modello di errore utilizzato

nella stima dei parametri del modello a partire dai dati sperimentali provenien-

ti da esperimenti pregressi e nuovi, giungendo in fine alla stesura di un nuovo

set di parametri in grado di predire correttamente il funzionamento del sistema

finale.

Nel Capitolo 5 saranno infine tratte le conclusioni sui risultati presentati; verra

quindi discusso come l’analisi del comportamento impredicibile dei due sistemi

modello studiati possa contribuire al miglioramento del processo di progetta-

zione bottom-up di circuiti genetici in Biologia Sintetica.

Le parti relative alla modellistica matematica e analisi dei dati presenti in que-

sto lavoro di tesi sono state effettuate presso il laboratorio di Bioinformatica

e Biologia Sintetica (BMS) del Dipartimento di Ingegneria Industriale e del-

l’Informazione dell’Universita degli Studi di Pavia. La costruzione di circuiti

genetici mediante manipolazione del DNA e le caratterizzazioni quantitati-

ve in-vivo invece, sono state svolte presso il laboratorio di Colture Cellulari

del Centro di Ricerca Interdipartimentale di Ingegneria Tissutale (C.I.T) del-

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l’Universita di Pavia. Parte dei risultati di questo lavoro e stata presentata al

congresso annuale della Bioinformatics Italian Society (BITS 2015, 3-5 Giugno,

Milano) e presentati nei relativi atti [1].

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Indice

1 Introduzione 1

1.1 Astrazione in Biologia Sintetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

1.2 Componenti fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2.1 Promotori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2.2 Siti di legame per i ribosomi (ribosome binding site) . . . 7

1.2.3 Sequenze codificanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

1.2.4 Terminatori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.2.5 Vettori plasmidici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.3 Standardizzazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.4 Modularita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

1.5 Modelli matematici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18

2 Scopo della tesi 23

2.1 Cascate di regolatori di trascrizione . . . . . . . . . . . . . . . . 23

2.2 Controllore ad anello chiuso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

3 Materiali e metodi 31

3.1 Reagenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3.1.1 Terreni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

v

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vi INDICE

3.1.2 Induttori dell’espressione genica . . . . . . . . . . . . . . 32

3.1.3 Antibiotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.2 Tecniche di assemblaggio del DNA . . . . . . . . . . . . . . . . 33

3.3 Strumenti per la caratterizzazione quantitativa . . . . . . . . . . 35

3.3.1 Tecan Infinite F200 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35

3.3.2 Bioreattore LAMBDA MINIFOR . . . . . . . . . . . . . 37

3.4 Analisi dei dati per il calcolo di SSScell . . . . . . . . . . . . . . . . 39

3.5 Modelli e caratterizzazione dei circuiti . . . . . . . . . . . . . . 42

3.5.1 Modello della cascata di regolatori di trascrizione . . . . 42

3.5.2 Modello del controllore ad anello chiuso con retroazione

negativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3.6 Metodi per le caratterizzazioni delle sottoparti . . . . . . . . . . 52

3.6.1 Caratterizzazione di promotori ed input inducibili . . . . 52

3.6.2 Caratterizzazione degli enzimi . . . . . . . . . . . . . . . 55

3.7 Fitting e simulazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59

4 Risultati 61

4.1 Debug della cascata di regolatori di trascrizione . . . . . . . . . 61

4.1.1 Analisi del rate di degradazione di LacI e TetR . . . . . 61

4.1.2 Verifica della stabilita genetica delle parti . . . . . . . . . 62

4.1.3 Interferenza tra le parti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

4.1.4 Analisi sovraccarico metabolico . . . . . . . . . . . . . . 73

4.2 Debug del controllore ad anello chiuso . . . . . . . . . . . . . . 75

4.2.1 Analisi con plasmidi cotrasformati . . . . . . . . . . . . . 76

4.2.2 Studio del modello d’errore . . . . . . . . . . . . . . . . . 79

4.2.3 Simulazioni post-debug . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

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INDICE vii

5 Conclusioni 89

Bibliografia 95

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viii INDICE

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Elenco delle figure

1.1 Engineering cycle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1.2 Possibili gerarchie d’astrazione di un sistema biologico . . . . . . 6

1.3 Plasmide nello standard BioBrickTM . . . . . . . . . . . . . . . 10

1.4 Standard Assembly . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

1.5 Retroattivita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

2.1 Rappresentazione schematica delle cascate di repressori in E. coli 24

2.2 Risultati pregressi nell’analisi dei circuiti y16 ed y21 . . . . . . . 27

2.3 Rappresentazione schematica della configurazione a retroazione

negativa per il controllo di 3OC6-HSL in E. coli . . . . . . . . . 29

2.4 Risultati pregressi nell’analisi del circuito di controllo a retroa-

zione negativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30

3.1 Tecan Infinite F200 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

3.2 Bioreattore LAMBDA MINIFOR . . . . . . . . . . . . . . . . . 38

3.3 Tipica configurazione di un chemostato . . . . . . . . . . . . . . 50

3.4 Sottosistema per la stima dei parametri dei promotori . . . . . . 53

3.5 Sottosistema per la stima dei parametri di LuxI . . . . . . . . . 56

3.6 Sottosistema per la stima dei parametri di AiiA . . . . . . . . . 58

ix

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x ELENCO DELLE FIGURE

4.1 Simulazione dei circuiti al variare dei parametri di degradazione

delle proteine TetR e LacI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

4.2 Stabilita fenotipica: analisi della stabilita dei sistemi y16 ed y21 65

4.3 Analisi della stabilita genotipica dei sistemi y16 ed y21 . . . . . 67

4.4 Sistemi y16 ed y21 indotti con IPTG . . . . . . . . . . . . . . . 69

4.5 Analisi del sistema N4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

4.6 Analisi del sistema N5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

4.7 Analisi dei sistemi N1 ed N2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74

4.8 Analisi del growth rate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

4.9 Analisi della variazione del copy number di pSB3K3 . . . . . . . 77

4.10 Confronto tra la funzione ingresso-uscita di PLux in singolo pla-

smide e cotrasformato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78

4.11 Modello d’errore utilizzato nella stima dei parametri statici dei

promotori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

4.12 Fitting dei parametri del promotore . . . . . . . . . . . . . . . . 81

4.13 Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dinamica . . . 81

4.14 Fitting delle dinamiche dei promotori PTetR in MC e PLux in MC 82

4.15 Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dell’attivita di

LuxI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

4.16 Fitting dell’attivita enzimatica di LuxI . . . . . . . . . . . . . . 83

4.17 Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dell’attivita di

AiiA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

4.18 Fitting dell’attivita enzimatica di AiiA . . . . . . . . . . . . . . 86

4.19 Simulazione del controllore a retroazione negativa post-debug. . 86

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Elenco delle tabelle

2.1 Cascate di repressori: parti BioBrickTM . . . . . . . . . . . . . . 26

3.1 Parametri del modello della cascata di regolatori di trascrizione 44

3.2 Parametri del modello del controllore genetico . . . . . . . . . . 49

4.1 Blocchi di disaccoppiamento dei circuiti N4 ed N5 . . . . . . . . 70

4.2 Blocco GFP dei circuiti N1 ed N2 . . . . . . . . . . . . . . . . . 73

4.3 Promotori costitutivi utilizzati per il raffinamento della carat-

terizzazione di AiiA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84

4.4 Parametri del modello del controllore genetico post-debug . . . . 87

xi

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xii ELENCO DELLE TABELLE

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Capitolo 1

Introduzione

Le scoperte relative alla struttura ed alla manipolazione del DNA, fatte nel-

l’ultimo secolo, hanno permesso la crescita delle biotecnologie avanzate e lo

sviluppo dell’ingegneria genetica [2, 3]. Il DNA e una molecola, costituita da

nucleotidi, che codifica le informazioni necessarie allo sviluppo ed al funziona-

mento di cellule e degli organismi viventi in generale. Il modo in cui questa

informazione e decodificata ed utilizzata viene descritto dal cosiddetto dogma

centrale della biologia molecolare [4]: le sequenze di DNA codificanti protei-

ne (dette geni) sono trascritte in molecole di RNA, le quali sono tradotte in

proteine dal ribosoma. Infine le molecole di DNA possono esser replicate nelle

cellule viventi per propagare le funzioni codificate alla progenie.

La Biologia Sintetica e una nuova disciplina che, nell’ultima decade, grazie agli

sviluppi tecnologici nell’ambito della biologia molecolare, si e diffusa in tutto

il mondo; una sua possibile definizione e stata data in [5]:

“Synthetic biology aims to design and engineer biologically based

parts, novel devices and systems as well as redesigning existing,

natural biological systems”

Questa frase, apparentemente semplice, e molto esaustiva in quanto illustra

tutti i principali scopi della Biologia Sintetica, dalla costruzione di nuovi si-

stemi biologici mediante molecole sintetiche (biomimetiche o meno) [6] al riar-

1

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2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

rangiamento di entita biologiche gia esistenti in nuove strutture, in modo da

ottenere nuove funzionalita in sistemi viventi [6, 7, 8]. Nel primo caso, gli studi

sono focalizzati alla comprensione piu profonda dei meccanismi che stanno alla

base della vita; nel secondo lo scopo e l’implementazione di nuove funzionalita

atte a risolvere particolari specifiche (spesso ispirate a circuiti elettrici o ar-

chitetture informatiche). Questi concetti, derivanti dal mondo dell’ingegneria,

differenziano in modo sostanziale la Biologia Sintetica dalla biotecnologia e

dall’ingegneria genetica in quanto introducono l’approccio razionale nella pro-

gettazione di sistemi viventi [5, 9, 10].

Inizialmente, durante la sua breve storia, la Biologia Sintetica si e occupa-

ta dell’implementazione di semplici funzionalita, combinando parti biologiche

basilari; oggigiorno i biologi sintetici affrontano sfide avanzate, progettando e

sviluppando sistemi sempre piu complessi [11]. Tuttavia, lavorare con sistemi

viventi, quali ad esempio i microorganismi, non e banale in quanto composti

da elementi biologici (molecole) che possono interagire ed interferire tra loro,

alterando i rispettivi comportamenti. Le cellule sono inoltre in grado di cresce-

re ed evolvere e queste due caratteristiche possono influenzare ulteriormente

l’uscita di un sistema; in particolare, il rate di crescita di una popolazione

microbica ad esempio, puo influenzare il rendimento di un sistema portando

spesso all’incapacita di rispettare le specifiche del progetto [12, 13]. In aggiun-

ta a questo, la capacita di evoluzione puo introdurre ulteriori problemi nella

stabilita del sistema [9, 13] (il comportamento predetto di un sistema biologico

puo non esser preservato nel tempo a causa di mutazioni inaspettate in uno

o piu dei suoi componenti). Lavorare in un contesto biologico significa inoltre

interagire con organismi che sono di per se capaci di reagire a cambiamenti

ambientali, come ad esempio variazioni nella temperatura e nel pH: cio impli-

ca che vadano considerati come elementi attivi anziche chassis passivi.

Nell’ottica di affrontare tutti questi problemi, e necessario un approccio razio-

nale nell’assemblare e testare i nuovi sistemi. Questo sottolinea la necessita

di avere delle linee guida, o quantomeno un set di principi fondamentali, utili

ad implementare nuovi sistemi che si comportino in modo affidabile e predi-

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cibile, definendo i confini entro i quali questi sistemi svolgano le operazioni

progettate dall’utente; sotto questo punto di vista, nonostante le differenze nel

contesto di applicazione, questa disciplina puo esser considerata analoga agli

altri campi dell’ingegneria come l’elettrica o l’informatica [5, 14]. Il processo di

progettazione di una funzione biologica sintetica dovrebbe seguire il cosiddetto

engineering cycle (Fig. 1.1):

1. definizione delle specifiche;

2. progettazione del sistema in accordo con le specifiche (in questa fase e

raccomandata una standardizzazione delle parti);

3. sviluppo di un modello in grado di predire l’uscita;

4. implementazione del sistema;

5. test e validazione per verificare se le specifiche sono state soddisfatte...

6. ...o vadano ridefinite.

Figura 1.1: Engineering cycle. L’engineering cycle comincia con la definizione delle specifiche

del sistema, seguita dalla scelta delle parti e delle loro connessioni (progettazione); successivamente viene

sviluppato un modello matematico del sistema in modo da predirne l’uscita ed il comportamento. Una volta

assemblato, il sistema viene testato e validato per capire se le specifiche sono state rispettate ed, in caso

contrario, vengono apportate opportune modifiche sulla base dei risultati ottenuti [5].

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4 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

I principi ingegneristici di astrazione, standardizzazione e modularita rappre-

sentano le basi della Biologia Sintetica [8, 14] e permettono di seguire l’ap-

proccio razionale nella progettazione.

Gli studi di Biologia Sintetica hanno ricoperto vari campi tra cui l’elaborazione

delle informazioni, la chimica, la produzione di materiali e strutture, l’energia,

l’alimentazione, la medicina e l’ecologia [5]. Uno degli esempi piu significativi

e senza dubbio la produzione di acido artemisinico, un precursore del farmaco

antimalarico chiamato artemisinina, sintetizzato attraverso lieviti ingegneriz-

zati. Prima, questa sostanza veniva estratta dalle foglie di Artemisia annua

a costi molto alti; grazie all’innovazione introdotta da [5] ad oggi e possibile

produrre l’artemisinina su larga scala a costi ridotti, come dimostrato dallo

stabilimento di Garessio (CN, Italia) avviato da Sanofi nel 2013. Recentemen-

te, sono stati compiuti molti sforzi anche nell’ambito dei biocarburanti [15, 16,

17, 18]; questi ed altri lavori dimostrano come la Biologia Sintetica abbia un

ampio range di applicazioni.

1.1 Astrazione in Biologia Sintetica

Le discipline ingegneristiche forniscono un potente strumento per affrontare

la complessita: l’astrazione [14]. Differentemente dagli altri campi scientifici,

in questo caso la definizione di astrazione deve essere estesa in modo tale da

poter essere applicata in ambito biologico [8]. Astrarre significa stabilire una

gerarchia di moduli e dispositivi, basata sulla loro complessita: il progettista

deve essere in grado di lavorare ad ogni livello di complessita, con uno scambio

limitato di informazioni tra i diversi livelli, in modo che la progettazione del

sistema possa essere fatta in modo indipendente tra un livello e l’altro [8, 14,

19]; i livelli condividono interfacce comuni per poter comunicare tra loro. Que-

sta strategia permette la progettazione di sistemi arbitrariamente complessi,

omettendo dettagli non necessari al processo d’interconnessione dei moduli [20,

9].

E stata proposta una possibile gerarchia (Fig. 1.2(a)), reperibile in lettera-

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1.2. COMPONENTI FONDAMENTALI 5

tura [14], che pone a livello base il DNA; questa approssimazione puo essere

considerata come il livello fisico dell’ingegneria elettronica. Il livello superiore

e costituito dalle parti, intese come “sequenze funzionali base” di DNA quali,

ad esempio, i promotori (Sez. 1.2). Una combinazione di parti che compiano

una funzione di complessita superiore e considerata un dispositivo ed, infine,

l’interconnessione dei dispositivi, volta a svolgere una funzione con un elevato

livello di complessita, e considerata un sistema. Un’alternativa e stata propo-

sta in [8], introducendo il parallelismo con il mondo dell’ingegneria informatica

(Fig. 1.2(b)): proteine e geni sono il livello piu basso. La loro combinazio-

ne porta ad un set di reazioni biochimiche che possono a loro volta costituire

pathway biochimici. Questi possono essere considerati come le componenti

fondamentali delle cellule che, infine, possono esser raggruppate in tessuti e

colture.

1.2 Componenti fondamentali

In questo lavoro, si considera come “componente” una sequenza di DNA che

puo essere classificata seconda della sua funzione. Infatti, a seconda di quest’ul-

tima, un componente puo essere classificato nelle diverse categorie di seguito

descritte.

1.2.1 Promotori

I promotori sono sequenze di DNA, poste a monte dei geni, che sono riconosciu-

te dall’RNA-polimerasi, enzima in grado di trascrivere in mRNA il messaggio

codificato nel DNA. Sono responsabili dell’inizio della trascrizione. La forza

di un promotore (intesa come il rate di inizio trascrizione) dipende dalla sua

sequenza nucleotidica: un promotore e piu forte di un altro quando e in grado

di reclutare piu RNA-polimerasi, fornendo quindi un piu alto rate di inizio

trascrizione e portando ad una maggiore produzione di mRNA corrispondente

alla sequenza situata a valle del promotore stesso.

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6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

(a) Architettura proposta in [14].

(b) Architettura proposta in [8].

Figura 1.2: Possibili gerarchie d’astrazione di un sistema biologico. Rappre-

sentazione di due possibili gerarchie. In (a), il DNA rappresenta il livello piu basso mentre, aumentando la

complessita, si possono trovano le sequenze funzionali che possono esser combinate a formare dispositivi e

sistemi. In (b) e invece rappresentato un possibile parallelismo con l’ingegneria informatica

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1.2. COMPONENTI FONDAMENTALI 7

I promotori possono avere un output trascrizionale costante ed, in questo caso,

sono detti promotori costitutivi ; nel caso in cui nella sequenza siano presenti

dei siti operatori, corte sotto-sequenze in grado di legare specifici elementi (fat-

tori trascrizionali e/o sostanze chimiche dette induttori e repressori), si parla

di promotori regolati.

1.2.2 Siti di legame per i ribosomi (ribosome binding

site)

Con l’acronimo RBS ci si riferisce alla sotto-sequenza nella molecola di mRNA

alla quale si legano i ribosomi per iniziare la traduzione. Per questa ragione,

gli RBS sono sequenze trascritte ma non tradotte. Si ha quindi che, nel DNA,

la sequenza RBS e posizionata a monte della sequenza codificante ed a valle del

corrispondente promotore. La sezione piu importante di un RBS e la sequenza

di Shine-Dalgarno, che e situata appena prima del codone di START della

sequenza codificante (Sez. 1.2.3) ed e responsabile del legame dell’mRNA ai

ribosomi. L’inizio di traduzione e strettamente relazionato alla sequenza RBS:

maggiore e la forza di un RBS, maggiore sara il rate di traduzione della se-

quenza codificante a valle dell’RBS stesso e quindi la quantita della proteina

tradotta. Negli ultimi anni sono stati effettuati diversi studi nel processo di

forward e reverse engineering degli RBS: strumenti come “RBS Calculator”,

“UTR Designer” e “RBS Designer” sono stati sviluppati per aiutare la valu-

tazione della forza di un RBS e rendere possibile la progettazione di sequenze

con forza predicibile [21, 22].

1.2.3 Sequenze codificanti

Una sequenza codificante (coding sequence, CDS), o gene, e una sequenza di

DNA che, una volta trascritta in mRNA, codifica l’informazione necessaria ai

ribosomi per assemblare una catena polipeptidica; le sequenze codificanti sono

situate a valle delle sequenze RBS. Un gruppo di tre nucleotidi e chiamato

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8 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

codone: ogni codone determina l’amminoacido che deve essere legato alla ca-

tena polipeptidica, a seconda del codice genetico dell’organismo. La CDS e

delimitata da un codone di START e uno di STOP. La proteina e di solito

composta da tre domini:

• un dominio N-terminale, detto anche dominio di testa, che contie-

ne il codone di START ed, opzionalmente, una sequenza tag, letteral-

mente una sequenza che puo esser riconosciuta da particolari proteine

dell’organismo ospitante (ad esempio tag di esportazione o di legame);

• un dominio proteico che rappresenta il nucleo della catena polipeptidi-

ca. A seconda della sequenza, fornisce alla catena una specifica capacita

di svolgere un determinato compito;

• un dominio C-terminale, o dominio di coda, contenente un codone di

STOP e con delle speciali sequenze tag opzionali, quale ad esempio un

tag per la degradazione rapida.

1.2.4 Terminatori

I terminatori sono sequenze che determinano la fine del processo di trascrizione

dell’RNA-polimerasi. Possono essere ρ-dipendenti o indipendenti: nel primo

caso, per far distaccare l’RNA-polimerasi dal frammento di DNA che sta tra-

scrivendo, e necessario l’intervento di una speciale proteina, chiamata fattore

ρ, con attivita elicasica. Per quanto concerne i terminatori ρ-indipendenti,

questi sono in grado di porre fine al processo di trascrizione sfruttando una

caratteristica struttura a forcina che puo assumere l’RNA. In questo caso la

sequenza che caratterizza il terminatore si piega a formare strutture che, una

volta trascritte, inducono la separazione dell’RNA-polimerasi dal DNA ed il

rilascio dell’RNA stesso.

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1.3. STANDARDIZZAZIONE 9

1.2.5 Vettori plasmidici

I vettori plasmidici sono molecole costituite da una catena circolare di DNA

a doppio filamento, utilizzate per incorporare un programma genetico in una

cellula ospite. Generalmente sono costituiti da:

• un’origine di replicazione, sequenza in grado di determinare il nume-

ro di copie di plasmide per cellula; la replicazione di DNA plasmidico

avviene infatti in parallelo alla replicazione del DNA genomico;

• un marker di selezione che e una regione che contiene una cassetta di

espressione per una particolare proteina che conferisce alla cellula ospite

particolari capacita quale, ad esempio, la resistenza ad un determinato

antibiotico. Questo permette di discriminare e selezionare, a partire da

un pool di cellule, le sole contenenti il plasmide;

• un sito di clonaggio, regione progettata con lo scopo di inserire nel

plasmide una funzionalita definita dal progettista. E fiancheggiata da

sequenze chiamate siti di restrizione, che sono riconosciute e tagliate in

modo specifico da enzimi detti endonucleasi di restrizione. Attraverso

protocolli di biologia molecolare (Sez. 1.3) e possibile digerire e ligare il

vettore plasmidico in modo da inserire le sequenze desiderate all’interno

del sito di clonaggio.

1.3 Standardizzazione

La standardizzazione e uno dei concetti chiave delle discipline ingegneristiche;

permette di costruire sistemi inter-operabili ovvero dispositivi aventi un’in-

terfaccia comune. Nell’ambito della Biologia sintetica emerge la necessita di

utilizzare sia una standardizzazione di tipo fisico, attraverso la quale parti

elementari che condividano determinati e prestabiliti criteri possono essere in-

terconnesse in modo semplice e ricorsivo, sia una di tipo funzionale, utile ad

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10 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Figura 1.3: Plasmide nello standard BioBrickTM . Struttura di un vettore plasmidico

conforme allo standard BioBrickTM [23]. In questa rappresentazione schematica sono mostrate le caratteri-

stiche principali: origine di replicazione, marker di selezione e sito di clonaggio. Quest’ultimo e fiancheggiato

dai quattro siti di restrizioni previsti dallo standard: EcoRI (E) e XbaI (X) nel prefisso, SpeI(S) e PstI(P)

nel suffisso.

unificare il formato con cui le informazioni vengono condivise ed utilizzate. La

standardizzazione sottintende quindi anche la necessita di utilizzare metodolo-

gie comuni (ad esempio stessi sistemi ed unita di misura) per poter condividere

la conoscenza quantitativa sulle parti studiate.

In Biologia Sintetica, la piu piccola componente biologica e l’unita funzionale

di DNA, che non puo essere ulteriormente suddivisa in componenti piu picco-

le [23]. Per lavorare con tali sequenze di DNA, e stato proposto uno standard

chiamato Standard BioBrickTM [24, 25]: questo insieme di regole semplifica

l’assemblaggio di nuove sequenze genetiche, che possono essere facilmente con-

divise e riutilizzate da piu gruppi di ricerca. Le parti BioBrickTM sono inserite

in speciali plasmidi con caratteristiche standardizzate: alle due estremita del

sito di clonaggio sono presenti una sequenza prefisso, contenente i siti di restri-

zione per gli enzimi EcoRI (E) e XbaI (X), ed una suffisso, contenete i siti di

per SpeI (S) e PstI (P) (Fig. 1.3). Il plasmide deve inoltre contenere una resi-

stenza ad un antibiotico, utilizzabile come marker di selezione, ed un’origine di

replicazione che determini il copy number del plasmide stesso. Questa configu-

razione permette all’operatore di digerire e ligare il DNA in modo tale che le

parti combinate risultino assemblate in una nuova parte, ancora conforme allo

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1.3. STANDARDIZZAZIONE 11

(a) Assemblaggio mediante Standard

BioBrickTM .

(b) Enzimi di

restrizione usati

nello standard

BioBrickTM .

Figura 1.4: Standard Assembly. Assemblaggio di due parti BioBrick TM : (a) BBa B0034 e

digerito con gli enzimi di restrizione EcoRI e SpeI, mentre BBa C0010 con EcoRI e XbaI. (b) Dal momento

che XbaI e SpeI sono isocaudameri, le loro estremita protrudenti sono complementari: possono quindi essere

ligate formando un sito misto che non e riconosciuto da nessuno dei quattro enzimi sopra menzionati. Alla

fine del processo, la parte composita risultante rispetta ancora lo standard BioBrickTM [23].

standard sopra citato. In questo modo e possibile eseguire piu inserzioni attra-

verso una procedura riproducibile che impieghi sempre gli stessi quattro enzimi

(Fig. 1.4) [9]. Presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT) e depo-

sitato e mantenuto un archivio open source delle parti BioBrickTM , chiamato

Registry of Standard Biolgical Parts, nel quale ognuna delle parti e catalogata

attraverso un codice standardizzato e corredata da informazioni per utilizzo e

funzionamento. Queste informazioni sono facilmente reperibili come documen-

tazione online [23]. Come in altre discipline ingegneristiche infatti, risulta utile

avere la possibilita di accedere a datasheet standardizzati nei quali reperire le

informazioni su un dispositivo quali [26]:

• il suo funzionamento ed interfaccia (input e output);

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12 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

• il contesto operativo della sua caratterizzazione, ad esempio il back-

ground genetico (organismo ospite) e le condizioni di crescita (terreno,

temperatura e pH);

• la sua caratterizzazione quantitativa, che puo esser basata su modelliz-

zazione matematica.

Sebbene le informazioni sulle parti BioBrickTM siano liberamente accessibili,

e necessario definire una serie di procedure comuni per misurare l’attivita di

queste parti in modo affidabile e riproducibile, al fine di supportare la scelta

dei componenti da includere nel sistema di interesse [14]; diventa cosı possibile

dare delle descrizioni quantitative e standardizzate per i dispositivi biologici,

utili a stabilire facilmente se una certa parte risponda alle specifiche desiderate

durante la fase di progettazione di un nuovo sistema.

Un chiaro esempio di procedura di misurazione standardizzata e la quanti-

ficazione dell’attivita dei promotori in termini di Relative Promoter Units

(RPU) [27]. Riportare l’uscita del promotore d’interesse normalizzata rispetto

a quella di un promotore di riferimento standard risulta essere molto proficuo

poiche, cosı facendo, e possibile avere misure affidabili e confrontabili anche

se provenienti da condizioni sperimentali o strumenti differenti. L’approccio

di misura dell’RPU e basato su un semplice modello matematico che rac-

chiude la descrizione dei principali processi coinvolti nell’espressione genica e

proteica da parte di un promotore. In particolare, la Polimerasi per Secon-

do (PoPS), definita come il numero di enzimi RNA-polimerasi che passano

attraverso uno specifico punto della catena di DNA per unita di tempo, e il

parametro d’interesse che descrive il rate di trascrizione del gene a valle dovuta

al promotore. E possibile stimare indirettamente PoPS utilizzando il modello

riportato nell’Eq.1.1, quantificando il livello di espressione un gene reporter,

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1.3. STANDARDIZZAZIONE 13

codificante una proteina fluorescente, a valle del promotore d’interesse:

d

dt[M ] = n · PoPS − γ[M ] · [M ],

d

dt[I] = ρ · [M ]− (a+ γI) · [I], (1.1)

d

dt[G] = a · [I]− γG · [G].

dove PoPS indica le trascrizioni per secondo per copia di DNA (plasmide),

[M ] e la concentrazione di mRNA per cellula, [I] la concentrazione di proteina

immatura (non fluorescente) per cellula e [G] la concentrazione di proteina

matura (fluorescente) per cellula. γM e γI sono rispettivamente i rate di de-

gradazione di mRNA e proteina immatura mentre γG il rate di degradazione

della proteina matura. I termini di estinzione γ tengono in considerazione sia

l’effetto dovuto alla diluizione, causata alla crescita cellulare, che la degrada-

zione specifica della molecola: nel caso dell’mRNA, la degradazione specifica

non puo essere ignorata e il suo rate risulta molto maggiore del rate di crescita

cellulare mentre, considerando la forte stabilita delle proteine reporter impie-

gate per effettuare queste misure, la dinamica e dominata dal solo fattore di

diluizione, dovuto alla duplicazione cellulare. a e il rate di maturazione della

proteina reporter e n e il copy number medio del plasmide contenente il pro-

motore d’interesse. Infine, ρ e il rate di sintesi della proteina immatura per

secondo per mRNA.

Assumendo lo stato stazionario, quindi [M ] = 0, [I] = 0 e [G] = 0, e pos-

sibile esprimere PoPSSS (in cui SS indica lo stato stazionario) in termini di

concentrazione della proteina reporter matura:

PoPSSS =(a+ γI) · γM · γG · [GSS]

n · ρ · a(1.2)

Definendo poi il rate di sintesi per cellula della proteina reporter matura come:

Scell = a · [I] (1.3)

e quindi possibile calcolare le PoPSSS dall’equazione Eq.1.4

PoPSSS =(a+ γI) · γM · SSScell

n · ρ · a(1.4)

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14 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

Il valore di RPU di un generico promotore Φ e definito come il rapporto tra

il suo valore di PoPSSS e il valore PoPSSS di un promotore di riferimento

standard BBa J23101, promotore costitutivo presente nel Registry of Standard

Biological Parts [23]. Come risultato, si ottiene quindi che l’attivita di un

promotore Φ relativa al promotore di riferimento, puo essere ottenuta come

riportato in Eq.1.5.

RPU =

(a+ γI,Φ) · γM,Φ · SSScell,ΦnΦ · ρΦ · aΦ

(a+ γI,ref ) · γM,ref · SSScell,refnref · ρref · aref

(1.5)

Assumendo che:

• il rate di maturazione della proteina reporter sia lo stesso nelle due

condizioni;

• il copy number dei plasimidi del riferimento e del promotore d’interesse

siano identici;

• il sito d’inizio trascrizione e l’mRNA a valle siano identici, in modo ta-

le che i due rate di degradazione ed i due rate di sintesi di proteina

immatura per mRNA per secondo possano esser considerati uguali;

• il rate di diluizione della proteina, uguale al rate di crescita della coltura

(γI = µ), sia trascurabile se comparato con il rate di maturazione della

proteina a;

e possibile calcolare l’RPU come in Eq.1.6

RPU =SSScell,ΦSSScell,ref

(1.6)

Quindi, l’attivita del promotore puo esser facilmente calcolata sulla base del

suo rate di sintesi per cellula diviso per il rate di sintesi per cellula del promo-

tore di riferimento. Queste sono misure facili da ottenere poiche, utilizzando

uno strumento che permetta di monitorare la crescita della coltura e l’attivita

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1.3. STANDARDIZZAZIONE 15

di un reporter (fluorescenza di una proteina), e possibile derivare l’SSScell come

derivata temporale del segnale reporter F nel tempo, fratto la densita della

coltura, espressa per esempio in termini di densita ottica (OD):

SSScell =dF

dt· 1

OD(1.7)

Solitamente, ai fini di ottenere misure robuste, e conveniente considerare la

media di questa quantita calcolata in una appropriata finestra temporale (per

esempio durante la fase esponenziale della crescita batterica, durante la quale

tutte le assunzioni precedentemente fatte possono esser considerate valide) [26,

27].

Sebbene le RPU rappresentino una misura affidabile per l’attivita trascrizio-

nale dei promotori, la caratterizzazione di questi ultimi e complicata dal loro

comportamento contesto-dipendente; infatti l’uscita osservabile puo variare a

seconda della sequenza che un promotore ha a monte o a valle. Al fine di

risolvere questa complicazione sono stati effettuati molti studi, uno dei quali

ha portato ad esempio alla creazione di una libreria di promotori isolati che

si comportano in modo predicibile in diversi contesti genetici [28]. Altre par-

ti, quali gli RBS ed i terminatori, sono intrinsecamente contesto-dipendenti e

questo influenza pesantemente la misura delle loro prestazioni; tutto cio com-

plica notevolmente la misura dei parametri biologici legati a questi elementi.

Alcuni modelli biofisici applicati all Biologia Sintetica hanno provato a de-

scrivere le interazioni intermolecolari ed intramolecolari che regolano processi

quali legame di enzimi a mRNA o ripiegamenti nelle catene nucleotidiche,

quantificando la loro forza in termini di energia libera. Uno strumento uti-

lizzato negli ultimi anni, sviluppato da Salis e colleghi [21, 29], consente di

predire il rate di inizio traduzione di un gene data la sequenza dell’RBS e le

sequenze circostanti. Questo consente di quantificare la forza di RBS esisten-

ti (reverse engineering) e di progettare la sequenza di RBS che dia un’uscita

definita dal progettista (forward engineering), basandosi sull’ottimizzazione di

un modello termodinamico. Analogamente, sono stati implementati modelli

termodinamici accoppiati a modelli lineari utili a predire il comportamento di

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16 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

terminatori [30]. Tutte le metodologie sviluppate sono notevolmente recenti

e talvolta caratterizzate da una capacita predittiva modesta, rendendo quindi

necessari ulteriori sforzi per aumentare la predicibilita delle parti biologiche

usate in diversi contesti.

1.4 Modularita

La modularita e una proprieta fondamentale in tutte le applicazioni ingegne-

ristiche poiche permette di costruire sistemi complessi, ottenuti assemblando

moduli funzionali fondamentali, aventi comportamento predicibile data la co-

noscenza delle caratteristiche quantitative dei sotto-moduli [31, 32]. Dopo aver

caratterizzato completamente i moduli, e possibile implementare funzioni sem-

pre piu complesse: infatti, nell’ipotesi di modularita, l’integrita delle proprieta

dei moduli interconnessi dovrebbe essere garantita [33]. In altri termini, se e

nota la funzione di trasferimento di ingresso-uscita di N moduli, e possibile

interconnetterli e predire l’uscita della loro interconnessione [32]. Infatti, de-

comporre ed interconnettere sistemi in moduli piu piccoli comporta, da un lato,

la riduzione della complessita, dall’altro, progettare moduli ed ingegnerizzare

sistemi piu efficientemente. In alcuni casi, tuttavia, sebbene la caratterizzazio-

ne delle parti sia accurata, questa non e sufficiente a predire l’uscita di sistemi

interconnessi dato che, sperimentalmente, le parti non lavorano come atteso

quando messe assieme [34]. Nei sistemi biologici, il comportamento contesto-

dipendente di alcuni dispositivi, l’interazione con i meccanismi cellulari, gli

effetti collaterali sul loro metabolismo, il rumore intrinseco e le mutazioni, fan-

no si che le cellule viventi siano sistemi estremamente complessi; questi ed altri

elementi influenzano la possibilita di programmare modularmente nuove fun-

zionalita predicibili. Al fine di investigare il grado di modularita delle parti e

risolvere i problemi relativi all’interconnessione di dispositivi, sono stati effet-

tuati molti lavori [31, 32, 33, 35]. Anche in altre discipline, come l’ingegneria

elettrica o meccanica, la modularita non e sempre valida, tuttavia gli effetti

contesto-dipendenti sono stati ben identificati ed i sistemi possono essere com-

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1.4. MODULARITA 17

Figura 1.5: Retroattivita. La retroattivita e un effetto indesiderato dovuto al fatto che i segnali

possono muoversi da valle a monte, cioe nella direzione opposta a quella in cui viaggia l’informazione. u

rappresenta l’ingresso del sistema Σ mentre y l’uscita. Le frecce rosse sono due segnali legati alla retroattivita:

r e la retroattivita all’ingresso, che altera Σ quando riceve stimoli d’ingresso, mentre s e la retroazione

all’uscita che emerge in seguito ad interconnessioni con moduli a valle [37].

posti ottenendo comportamenti predicibili, una volta noto il contesto in cui

questi debbono lavorare, da parti caratterizzate individualmente. Ad esempio,

e noto che la temperatura influisce sull’impedenza di componenti elettriche,

come i resistori, ma i progettisti possono tener conto in modo quantitativo

di questo effetto considerando le caratteristiche di impedenza-temperatura dei

componenti di interesse durante il processo di progettazione del circuito. I

progettisti sono inoltre in grado di predire i cambiamenti nel comportamento

del circuito a seguito di interconnessioni con carichi a valle: considerando que-

st’ultimo esempio, e stato introdotto il termine “retroattivita” nell’ingegneria

dei sistemi biologici, per descrivere una situazione analoga all’impedenza non

nulla dell’ingegneria elettrica, che puo portare a cambiamenti di comportamen-

to interconnessione-dipendenti durante la progettazione di una rete genica. In

particolare, in [36] il problema della retroattivita viene discusso in maniera

approfondita al fine di comprendere come questo fenomeno possa influire sul

comportamento dinamico dei circuiti genetici. La retroattivita e causata da

segnali che viaggiano in direzioni opposte (da valle a monte) rispetto all’infor-

mazione [37]; i due segnali che rappresentano la retroattivita sono mostrati in

Fig. 1.5. Il segnale s e chiamato retroattivita all’uscita ed e dovuto all’inter-

connessione del sistema Σ con il modulo a valle; il segnale r e la retroattivita

all’ingresso e rappresenta il cambiamento nella dinamica di Σ quando questa

e stimolata da un ingresso u. Quindi, la retroattivita emerge quando i moduli

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18 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

sono interconnessi e portano ad un effetto non voluto sull’uscita del sistema;

questo accade, ad esempio, in presenza di siti di legame con repressori non

desiderati in un circuito a valle, che legano una proteina repressore coinvolta

in un circuito a monte.

Per far fronte a questi problemi e ridurre il tempo necessario a progettare

e realizzare nuove funzionalita in sistemi viventi e importante caratterizzare

quantitativamente le parti fondamentali, in relazione all’uscita dei dispositivi

in ingresso ed al contesto d’applicazione. Il raggiungimento di predizioni ro-

buste non e banale dal momento che ci sono molte fonti di incertezza: l’effetto

del rumore nell’espressione genica, mutazioni, morte cellulare, ambienti extra-

cellulari indefiniti ed in evoluzione ed interazioni con altri contesti cellulari;

la Biologia Sintetica deve affrontare questi difficili problemi attraverso il rag-

giungimento dell’implementazione di progetti scalabili e predicibili per le parti

biologiche [8, 38].

1.5 Modelli matematici

Per gestire la complessita dei sistemi e migliorare la loro predicibilita, uno dei

migliori strumenti risulta essere la modellizzazione matematica; essa infatti

consente la descrizione di sistemi arbitrariamente complessi, utilizzando un in-

sieme limitato di parametri. Oggigiorno e possibile definire modelli sofisticati,

risolubili e gestibili sfruttando la potenza computazionale degli attuali calco-

latori; tuttavia va tenuto conto dell’esistenza di alcune peculiarita, legate al

rumore intrinseco dei sistemi biologici, che non sono facili da modellizzare [39].

Un modello matematico utilizzato per descrivere un sistema puo esser definito

prima di assemblare fisicamente il sistema stesso; in questo modo l’uscita del

sistema puo essere predetta, in modo da poter verificare se ci siano configura-

zioni in grado di rispettare le specifiche. I modelli matematici possono essere

inoltre d’aiuto nel ciclo ingegneristico, per predire come un sistema potrebbe

comportarsi una volta sottoposto a cambiamenti nel funzionamento di alcune

delle sue parti fondamentali, senza la necessita di effettuare numerosi esperi-

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1.5. MODELLI MATEMATICI 19

menti trial-and-error [40]. In particolare, un ulteriore aiuto e dato dal fatto

che confronti tra predizioni del modello e dati sperimentali possono eviden-

ziare l’inaccuratezza di certe ipotesi sui sistemi biologici e, attraverso questo,

spiegare il possibile malfunzionamento dei dispositivi sintetici [5].

In studi recenti, sono stati sfruttati svariati modelli per i piu svariati scopi:

modelli biofisici per predire il rate di inizio traduzione di un RBS data la sua se-

quenza di DNA [21]; modelli basati su equazioni differenziali ordinarie (ODE)

sono stati utilizzati per descrivere il funzionamento di circuiti genetici [41, 42,

43], stimare parametri non osservabili e predire gli effetti sui cambiamenti di

parametri (temperatura, crescita cellulare, copy number, regolazione di pro-

motori e/o RBS) [44, 45]; un modello lineare che descrive l’espressione genica

e stato utilizzato per lo studio degli effetti contesto-dipendenti sui livelli di

proteine [46].

Le ODE, in particolare, si sono rivelate un utile supporto per lo studio e la pro-

gettazione bottom-up di un ampio gruppo di circuiti genetici: tramite i modelli

ODE, il comportamento di un sistema viene descritto in modo deterministico;

tuttavia, in antitesi con questo paradigma, l’utilizzo di modelli stocastici puo

includere la casualita intrinseca di questi processi. Tale natura probabilistica e

dovuta alle fluttuazioni presenti nei sistemi viventi ed al fatto che le distribu-

zioni di probabilita sono talvolta essenziali per descrivere la dinamica di alcune

di queste specie cellulari rispetto ai valori deterministici [47].

Sebbene la dinamica di una semplice rete genetica possa essere inferita senza

l’utilizzo di modelli matematici, il comportamento di reti con reazioni comples-

se puo essere difficile da predire senza l’utilizzo di strumenti di modellizzazione

usati assieme ai dati sperimentali [48]. Lavorando su semplici reti genetiche,

composte ad esempio da un promotore regolato che esprime una proteina tar-

get, le leggi empiriche basate su funzioni di Hill possono essere utilizzate per

descrivere l’attivazione caratteristica del promotore, in termini di espressio-

ne della proteina come funzione dell’intensita del segnale d’ingresso (indutto-

re/repressore del promotore). La principale caratteristica di questi modelli e

la loro facilita di utilizzo, sebbene in contrasto con la mancanza di significato

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20 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

biologico di alcuni dei parametri e con l’impossibilita di approfondire la co-

noscenza di ogni singola reazione. Quando i modelli empirici sono inadeguati

per lo studio del fenomeno d’interesse, possono esser formulati modelli mecca-

nicistici, derivati dalle leggi cinetiche di azione di massa, che forniscano una

descrizione piu fine del sistema [40]. In quest’ultimo tipo di modelli infatti, e

descritta ogni singola interazione biomolecolare attraverso reazioni biochimi-

che. I modelli meccanicistici, tuttavia, sono caratterizzati da un alto numero

di parametri e passi intermedi: in contrasto con quanto succede con i modelli

empirici, in questo caso i parametri hanno un significato biologico, rappresen-

tando, per esempio, rate di associazione e dissociazione, rate di dimerizzazione

e dedimerizzazione o rate di traduzione [49]. Tali parametri risultano quindi

spesso dispendiosi e difficili da misurare se non addirittura impossibili da rile-

vare sperimentalmente.

In Sez. 1.3 e stato descritto un modello valido per una semplice rete ge-

netica: tramite questo modello e possibile predire la concentrazione di spe-

cie intracellulari. Piu generale, per modellizzare un promotore che guidi l’e-

spressione di un gene reporter (ad esempio una proteina fluorescente verde

Green Fluorescent Protein GFP), puo essere adottata una funzione empirica di

Hill, in grado di descrivere lo stato stazionario di ingresso-uscita caratteristico

PoPSSScell(X) dove X rappresenta l’intensita del segnale d’ingresso (solitamente

la concentrazione di una molecola), pilotante l’attivazione o la repressione del

promotore.

PoPSSScell(X) = δ +Vmax ·Xη

Kη +Xη, (1.8)

PoPSSScell(X) = δ + Vmax ·(

1− Xη

Kη +Xη

). (1.9)

In queste funzioni, δ rappresenta l’attivita basale del promotore regolato quan-

do questo si trova nel suo stato “spento”, δ + Vmax e il rate di attivazione

massimo che puo esser raggiunto, K e l’ingresso per il quale l’uscita raggiunge

un livello di δ+ Vmax/2 ed η e il coefficiente di Hill, rappresentante la penden-

za con cui la curva raggiunge il valore massimo (ed implicitamente, volendo

attribuire un significato fisiologico, la cooperativita dei siti di legame). Le

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1.5. MODELLI MATEMATICI 21

equazioni Eq.1.8 ed Eq.1.9 rappresentano rispettivamente il comportamento

di un promotore indotto da X e di un promotore represso da X.

Sebbene queste relazioni empiriche siano state utilizzate per descrivere il com-

portamento allo stato stazionario di una rete genetica, il modello puo esser

considerato valido anche per lo studio della caratteristica dinamica del siste-

ma; in questo caso, PoPS(t) e una funzione che puo esser inclusa nel modello

come variabile di stato. Modelli come questi possono essere definiti per ogni

blocco esprimente un gene di una rete arbitrariamente grande: sulla base del

concetto di modularita, le rispettive funzioni statiche/dinamiche possono esse-

re stimate separatamente ed utilizzate con approccio bottom-up per predizione,

debugging e regolazione del sistema intero.

Talvolta risulta oneroso misurare sperimentalmente i parametri coinvolti nella

trascrizione in reti genetiche, in particolare quelle costituite da svariate casset-

te di espressione; tuttavia, in casi come questo, la dinamica di trascrizione puo

essere trascurata in quanto piu veloce delle alte dinamiche coinvolte. Come

esempio, le equazioni Eq.1.1 diventano:

d

dt[I] = P − (a+ γI) · [I], (1.10)

d

dt[G] = a · [I]− γG · [G]. (1.11)

dove P e il rate di produzione della proteina che puo essere descritto dalla fun-

zione di Hill come illustrato precedentemente per PoPS nelle Eq.1.8,1.9. Deve

quindi essere aggiunta un’equazione addizionale per P in modo da includere

empiricamente la dinamica del rate di produzione della proteina.

Si ha quindi che il comportamento dinamico di una rete arbitrariamente com-

plessa puo essere descritto da un insieme di equazioni differenziali ordinarie e,

sotto l’ipotesi di stazionarieta, il comportamento statico puo essere studiato

attraverso un sistema semplificato di equazioni algebriche. Le dinamiche di

trascrizione possono essere o incorporate implicitamente nelle funzioni descri-

venti la traduzione o descritte esplicitamente tramite un’equazione dinamica

empirica.

In diversi studi, questi tipi di modelli matematici sono stati utilizzati con l’in-

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22 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE

tento di studiare approfonditamente la modularita in Biologia Sintetica. Per

esempio, in [50] e stato utilizzato un meccanismo di silenziamento, chiamato

controllore post-trascrizionale, basato su un’interazione CIS-TRANS1, con lo

scopo di testare un approccio progettuale puramente bottom-up ed impiegando

un modello matematico per predire il comportamento del sistema. In questo

caso il sistema e composto da una sequenza che produce costitutivamente GFP

il cui mRNA e modificato in modo da avere una sequenza regolabile CIS e una

produzione regolata di un elemento TRANS, in grado di bloccare la traduzione

di GFP. Per stimare i parametri del modello sono stati caratterizzati i singoli

sotto-sistemi.

1Gli elementi CIS-regolatori sono regioni di DNA non codificanti che regolano la trascri-

zione di un gene vicino; il prefisso latino CIS sottolinea la presenza a lato del gene, di cui

tipicamente regolano la trascrizione, fungendo da sito di legame per un fattore di trascrizio-

ne, l’elemento TRANS. Un elemento TRANS attivatore e una sequenza di DNA che contiene

un gene codificante per una proteina utilizzata per la regolazione di un altro gene target.

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Capitolo 2

Scopo della tesi

Lo scopo di questo lavoro e il debugging di due sistemi modello, progettati e

realizzati mediante approccio bottom-up, il cui comportamento sperimentale

non risulta correttamente predetto dai rispettivi modelli matematici. I circuiti

analizzati in questo lavoro, cosı come quelli impiegati per il loro debug, sono

stati costruiti utilizzando parti genetiche provenienti dal MIT Registry of Stan-

dard Biological Parts, seguendo il BioBrickTM Standard Assembly descritto in

Sez. 1.3.

2.1 Cascate di regolatori di trascrizione

Lo scopo di questo lavoro, avviato e condotto all’interno del gruppo di ricerca

di Biologia Sintetica presso il BMS-Lab dell’Universita degli Studi di Pavia,

e lo studio della modularita in sistemi biologici modello; nello specifico, so-

no stati analizzati due circuiti, denominati y16 e y21, costituiti da cascate di

regolatori di trascrizione (Fig. 2.1). I due sistemi sono composti da moduli

interconnessi. I moduli di input hanno come ingresso il livello di un indutto-

re dell’espressione genica (3-ossoesanoil-omoserina-lattone 3OC6-HSL) la cui

concentrazione puo essere impostata dall’utente per regolare la trascrizione del

promotore di output e hanno come uscita un segnale trascrizionale che viene

23

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24 CAPITOLO 2. SCOPO DELLA TESI

Figura 2.1: Rappresentazione schematica delle cascate di repressori in E.coli. Costrutti y16 ed y21, costituiti da 4 moduli: i due moduli centrali realizzano delle porte NOT in

grado di invertire il segnale trascrizionale in ingresso sintetizzando, in caso di ingresso “ON”, il repressore

del promotore in uscita dal modulo; l’uscita del modulo d’ingresso e pilotata dall’utente mediante il controllo

della concentrazione di 3OC6-HSL fornita al sistema; il modulo d’uscita permette di rilevare lo stato d’uscita

del sistema, producendo RFP laddove l’uscita trascrizionale del blocco a monte sia “alta”.

fornito al modulo a valle. Gli altri moduli sono delle NOT gate, ovvero dei

dispositivi aventi un segnale trascrizionale come input e output, in cui l’output

e l’inversione logica del segnale di input. Tale caratteristica e implementata

utilizzando delle coppie repressore-promotore reprimibile: quando l’espressio-

ne del repressore e nulla, l’uscita sara “alta”; viceversa, quando il repressore e

altamente espresso, il promotore sara represso e quindi l’uscita sara “bassa”.

L’output trascrizionale finale del circuito interconnesso viene misurato indiret-

tamente mediante RFP.

Seguendo un approccio bottom-up, la caratteristica input-output (allo stato

stazionario) di ogni singolo modulo e stata caratterizzata quantitativamen-

te ed e stata utilizzata per identificare un modello del sistema (descritto in

dettaglio in Sez. 3.5). Il modello identificato e stato utilizzato per predire

quantitativamente la caratteristica input-output del circuito interconnesso. I

due moduli centrali di questi sistemi realizzano delle porte NOT: i promotori

PTetR e PLac, posti all’uscita dei blocchi Blocco TetR e Blocco LacI, sono re-

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2.1. CASCATE DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE 25

golati dall’espressione dei rispettivi repressori, codificati dai geni tetR e lacI.

Tali geni sono situati immediatamente a monte del rispettivo promotore re-

primibile, all’interno dello stesso blocco. Il Blocco input costituisce l’ingresso,

regolabile dall’utente, del sistema ed e l’unico blocco in cui i circuiti y16 ed

y21 differiscono. I due moduli hanno in comune il gene luxR situato a mon-

te di un promotore regolato, codificante per il fattore di trascrizione LuxR,

espresso costitutivamente grazie al promotore Pλ. Il promotore regolato, di-

verso nei due circuiti, viene controllato dal complesso costituito da LuxR con

3OC6-HSL: laddove tale promotore sia PLux (costrutto y16), questo viene in-

dotto dalla presenza del complesso; nel caso di PLuxRep (costrutto y21) invece,

tale regolazione e di tipo repressivo1. La molecola 3OC6-HSL, in grado di

diffondere liberamente dallo spazio extracellulare al citoplasma, viene fornita

al sistema dall’esterno, ponendo di fatto la sua concentrazione come unico in-

gresso, nonche grado di liberta, dell’intero sistema. Il comportamento opposto

dei promotori regolati presenti in questi due blocchi attribuisce ai due sistemi,

a parita di induzione, un comportamento atteso reciprocamente invertito. Il

Blocco output, infine, permette di rilevare lo stato d’uscita del sistema attraver-

so l’espressione del gene reporter rfp, codificante per una proteina fluorescente

rossa (red fluorescent protein, RFP). Tale espressione e attiva solo in presenza

di un segnale trascrizionale in uscita dal modulo a monte.

In Tab. 2.1 sono riportate tutte le parti BiobrickTM impiegate per assemblare

il sistema; i due circuiti sono realizzati su plasmide pSB4C5 a basso numero

di copie (circa 5 per cellula) e trasformati in E. coli TOP10.

Il rate di produzione delle proteine coinvolte e funzione dell’attivita trascri-

zionale dei promotori posti a monte dei rispettivi geni. A sua volta, il livello

trascrizionale esercitato da un generico promotore regolato e una funzione della

concentrazione dell’induttore, modellizzata tramite una curva di Hill. I circuiti

1Il promotore PLux viene attivato dal complesso LuxR-3OC6-HSL che si lega ad una

sequenza, detta lux box, presente a monte del promotore. Nel caso di PLuxRep, la lux box

presente all’inizio della sequenza in PLux, e situata al centro della sequenza del promotore.

Questo fa si che il legame col complesso impedisca meccanicamente alla RNA-polimerasi di

avviare la trascrizione, trasformando di fatto 3OC6-HSL da induttore a repressore

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26 CAPITOLO 2. SCOPO DELLA TESI

sono quindi studiati per diverse concentrazioni in ingresso di 3OC6-HSL. Infi-

ne, non essendo la dinamica del sistema un dato d’interesse per questo studio,

i due sistemi sono stati valutati solo allo stato stazionario. L’analisi speri-

(a) Cascata: Blocco input

Parte Pλ RBS luxR T PLux (y16) OR PLuxRep (y21)

BBa R0051 B0030 C0062 B1006 R0062(y16) OR J107100(y21)

(b) Cascata: BloccoTetR

Parte RBS tetR TT PTetR

BBa B0031 C0040 B0015 R0040

(c) Cascata: Blocco LacI

Parte RBS lacI TT PLac

BBa B0031 C0012 B0015 R0011

(d) Cascata: Blocco output

Parte RBS rfp TT

BBa B0034 E1010 B0015

Tabella 2.1: Parti BioBrickTM utilizzate per realizzare le cascate di re-pressori. Elenco degli elementi,in ordine di sequenza codificante, costituenti i vari moduli interconnessi

a realizzare le due cascate di repressori; per ogni parte e indicato anche l’identificativo per la ricerca nel

Registry. Entrambe i circuiti sono realizzati su plasmide pSB4C5 a basso numero di copie.

mentale del comportamento di questi due circuiti genetici, come da Fig. 2.2,

risulta essere totalmente impredicibile utilizzando il modello di sistema imple-

mentato. In particolare, l’uscita del sistema completo risulta essere “bassa” in

corrispondenza delle induzioni alle quali il sistema sia atteso produrre i mas-

simi livelli di RFP.

Tale impredicibilita del comportamento sperimentale del sistema, e stata presa

in analisi in questo lavoro di tesi.

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2.2. CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 27

0 1E−1 1E+0 1E+1 1E+2 1E+3 1E+40

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8Circuito y16

3OC6−HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

Dati sperimentaliPredizioni

0 1E−1 1E+0 1E+1 1E+2 1E+3 1E+40

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8Circuito y21

3OC6−HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

Figura 2.2: Risultati pregressi nell’analisi dei circuiti y16 ed y21. Sono riportati

i livelli di SSScell, sperimentali e predetti, che i due sistemi y16 ed y21 raggiungono per diverse induzioni di

3OC6-HSL. Le barre di errore orizzontali e verticali rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% delle

medie su almeno tre repliche.

2.2 Controllore ad anello chiuso con retroazio-

ne negativa

Il sistema illustrato in Fig. 2.3, sviluppato all’interno del gruppo di ricerca di

Biologia Sintetica presso il BMS-Lab e descritto dettagliatamente in [51], si

propone di controllare, attraverso un sistema a retroazione negativa, la con-

centrazione extracellulare di 3OC6-HSL, una piccola molecola segnale in grado

di diffondere liberamente attraverso le membrane cellulari di E. coli. In natu-

ra, 3OC6-HSL fa parte di un’importante classe di molecole segnale, chiamate

autoinduttori, coinvolte nei processi di quorum sensing di svariati batteri. Il

controllo a retroazione negativa del circuito implementato e attuato attraverso

i geni luxI e aiiA: il primo, proveniente dal batterio marino V. fischeri, codi-

fica per una 3OC6-HSL sintetasi, la quale sintetizza la molecola segnale; aiiA

invece codifica una lattonasi, proveniente dal batterio Bacillus sp.240B1, in

grado di degradare 3OC6-HSL [52].

Entrambi gli enzimi vengono espressi nel batterio E. coli come proteine in-

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28 CAPITOLO 2. SCOPO DELLA TESI

tracellulari. Per modulare l’espressione di questi due geni, sono stati impie-

gati due promotori regolabili: il promotore PTetR, inducibile mediante anidro-

tetraciclina (aTc), pilota la trascrizione di luxI mentre il promotore PLux, il

cui output trascrizionale e inducibile da 3OC6-HSL, modula la trascrizione di

aiiA. Il promotore PLux necessita dell’attivatore di trascrizione LuxR per es-

sere regolato da 3OC6-HSL2 al fine di aumentare la sua attivita trascrizionale.

Per questo motivo, il circuito contiene inoltre un modulo per l’espressione co-

stitutiva del gene luxR, codificante per LuxR, guidata dal promotore PLac. Il

promotore PTetR, invece, e inducibile da aTc in presenza del repressore TetR

(secondo il meccanismo di regolazione mostrato in Fig. 2.3), il cui gene e co-

stitutivamente espresso nel genoma del ceppo utilizzato (MG1655-Z1).

Considerati assieme, gli elementi descritti realizzano una retroazione negativa:

3OC6-HSL e prodotto da LuxI; quando 3OC6-HSL raggiunge una concentra-

zione critica, innesca la produzione di AiiA che lo degrada, autoregolando

quindi la sua concentrazione. La Fig. 2.3 illustra l’intero progetto di circuito

e le interazioni tra i suoi elementi. Ogni parte ha un codice, corrispondente

all’identificativo BioBrickTM con il quale e disponibile nel Registry of Stan-

dard Biological Parts. E stato sviluppato un modello matematico di equazioni

differenziali (riportato nella Sez. 3.5.2) in grado di descrivere l’andamento di

3OC6-HSL. Seguendo un approccio bottom-up, i parametri di questo model-

lo sono stati stimati dalla caratterizzazione di sotto-parti del sistema finale

(evidenziate in Fig. 2.3) e il modello completamente identificato e stato utiliz-

zato per predire l’andamento di 3OC6-HSL in condizioni di coltura continua

(o chemostato, vedere Sez. 3.5.2) in funzione della densita cellulare. Il siste-

ma cosı implementato e stato testato e, come descritto in [51], e in grado di

riprodurre correttamente il comportamento qualitativo sperimentale; tuttavia

il comportamento allo stato stazionario del sistema non e quantitativamente

predicibile mediante il modello in quanto, al crescere dell’OD600, la concen-

trazione di 3OC6-HSL predetta risulta essere inferiore a quella sperimentale

2Due molecole di LuxR legano due molecole di 3OC6-HSL, generando un etero-tetramero

ed infine questo complesso lega la sequenza di DNA lux box, contenuta in PLux.

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2.2. CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 29

Figura 2.3: Rappresentazione schematica della configurazione a retroazionenegativa per il controllo di 3OC6-HSL in E. coli. Progetto di un controllore sintetico

genetico, realizzato in E. coli MG1655-Z1. E composto da tre cassette d’espressione, uno per l’espressione

dell’attivatore LuxR, uno per la produzione di 3OC6-HSL ed uno per la degradazione. Il repressore TetR e

prodotto costitutivamente dal gene tetR, situato nel genoma di MG1655-Z1. Il promotore PTetR, inducibile

mediante aTc, e posizionato a monte della sequenza codificante di luxI , regolando il suo rate di trascrizione.

Una volta tradotto, l’enzima LuxI produce 3OC6-HSL che, assieme al fattore di trascrizione LuxR (espresso

costitutivamente dal promotore PLac), induce l’aumento dell’output trascrizionale del promotore PLux.

Questo, a sua volta, e posizionato a monte della sequenza codificante aiiA, che sintetizza per una lattonasi,

enzima in grado di degradare 3OC6-HSL. Ci si attende che questo meccanismo, propriamente regolato dalla

scelta di parti opportune, sia in grado di controllare la concentrazione di 3OC6-HSL ad un livello target

nelle colture di E. coli.

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30 CAPITOLO 2. SCOPO DELLA TESI

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.40

20

40

60

80

100

120

ODSS600

HS

L [n

M]

Dati sperimentaliPredizioni

Figura 2.4: Risultati pregressi nell’analisi del circuito di controllo a retroa-zione negativa. Sono riportati i livelli di 3OC6-HSL allo stato stazionario, sperimentali e predetti,

che il sistema raggiunge con e senza controllo retroattivo; tali esperimenti sono condotti e simulati in mo-

dalita chemostato, per differenti valori di OD600. Le barre di errore orizzontali e verticali rappresentano gli

intervalli di confidenza al 95% delle medie di OD600 e 3OC6-HSL su almeno tre repliche.

(vedere Fig.2.4). Tale discordanza tra il comportamento predetto e sperimen-

tale del sistema, probabilmente dovuto ad effetti secondari non modellizzati

[51], e stata presa in analisi in questo lavoro di tesi.

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Capitolo 3

Materiali e metodi

In questo capitolo vengono elencati i materiali da laboratorio, gli strumenti

ed i protocolli sperimentali utilizzati in questi studi. Sono descritti inoltre

in modo dettagliato i modelli matematici utilizzati per la caratterizzazione di

sottoparti e sottosistemi e per la predizione del comportamento dei sistemi

interconnessi. Clonaggi e caratterizzazione sperimentale dei circuiti in esame

sono stati effettuati nel batterio E. coli.

3.1 Reagenti

3.1.1 Terreni

• Terreno LB: Terreno liquido utilizzato per la crescita delle colture pro-

paganti il plasmide d’interesse; e preparato, in accordo con il protocollo

riportato in [53], diluendo in acqua microfiltrata e poi autoclavando:

– 10 g/L bacto-tryptone;

– 5 g/L estratto di lievito;

– 10 g/L NaCl.

31

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32 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Se preparato come terreno solido per coltura in piastra Petri, vengono

aggiunti alla soluzione 15 g/L di agar.

• Terreno M9: Terreno liquido utilizzato per la crescita dei batteri in

tutti gli esperimenti quantitativi per la sua bassa auto-fluorescenza; e

preparato seguendo il seguente protocollo:

– 739 mL/L acqua deionizzata autoclavata;

– 100 µL/L CaCl2 1 M;

– 200 mL/L 5× M9 Salts (M6030, Sigma Aldrich);

– 20 mL/L amminoacidi di caseina idrolizzata (casamino acids) 10%;

– 34 mL/L tiamina cloridrato 10 mg/mL;

– 5 mL/L glicerolo 80%;

– 2 mL/L MgSO4 1 M.

In tutti gli esperimenti effettuati sul circuito a retroazione negativa o

sulle sue sottoparti, il protocollo include un ulteriore passo di regolazione

del pH al valore 6, mediante l’aggiunta di un’opportuna quantita di HCl

(Sigma Aldrich), al fine di garantire una maggiore stabilita della molecola

3OC6-HSL [51]. Fanno eccezione gli esperimenti di quantificazione di

3OC6-HSL tramite biosensore.

3.1.2 Induttori dell’espressione genica

Gli induttori chimici utilizzati in questo lavoro per la regolazione dell’attivita

trascrizionale sono:

• anidro-tetraciclina (aTc): (631310, Clontech) e un analogo della

tetraciclina non tossico per E. coli, in grado di indurre indirettamente

l’attivita trascrizionale del promotore PTetR, legando ed inibendo il re-

pressore TetR. Viene conservato, come soluzione concentrata 2 mg/mL,

a −20◦C;

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3.2. TECNICHE DI ASSEMBLAGGIO DEL DNA 33

• Isopropil-β-D-1-tiogalattopiranoside (IPTG): (I1284, Sigma Al-

drich) e un analogo del galattosio non metabolizzabile, in grado di legare

il repressore LacI, incrementando cosı indirettamente l’attivita del pro-

motore PLac. Viene conservato, come soluzione concentrata 200 mM, a

−20◦C;

• 3-ossoesanoil-omoserina-lattone (3OC6-HSL): (K3007, Sigma

Aldrich) Questa molecola e utilizzata negli esperimenti riguardanti l’at-

tivazione del promotore PLux. Viene conservato, come soluzione 2 mM

in acqua deionizzata, a −20◦C.

3.1.3 Antibiotici

• Cloramfenicolo (Cm): La resistenza a questo antibiotico e utilizzata

come marker di selezione per tutti i circuiti implementati su plasmide

pSB4C5 a basso numero di copie. Viene conservato in concentrazione 34

mg/mL ed utilizzato a 12.5 µg/mL

• Kanamicina (Kan): La resistenza a questo antibiotico e utilizzata

come marker di selezione per tutti i circuiti implementati su plasmide

pSB3K3 a medio numero di copie. Viene conservato in stock 50 mg/mL

ed utilizzato a 25 µg/mL .

3.2 Tecniche di assemblaggio del DNA

Ogni parte di DNA utilizzata in questo lavoro e consistente con lo Standard

BioBrickTM [24, 25]. Cio comporta che, ogni giunzione presente tra le par-

ti dopo l’assemblaggio, detta scar, sia costituita dalla sequenza nucleotidica

TACTAG (se la parte a valle e una CDS) o dalla sequenza TACTAGAG. Per

propagare le parti intermedie dei circuiti, vengono utilizzate cellule competenti

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34 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

E. coli, ceppo TOP10; le parti finali vengono trasformate1 in cellule competen-

ti di E. coli ceppo TOP10 nel caso delle cascate di regolatori di trascrizione,

MG1655-Z1 nel caso del controllore a retroazione negativa [53]. Il protocollo

di clonaggio prevede i seguenti passi2:

1. purificazione del DNA da coltura batterica liquida di propagazione, uti-

lizzando il NucleoSpin Plasmid kit (Macherey-Nagel);

2. digestione dei plasmidi purificati, secondo le modalita del BioBrickTM

Standard Assembly (Sez.1.3), mediante enzimi di restrizione (Roche);

3. separazione di vettori ed inserti digeriti mediante elettroforesi su gel;

4. gel-estrazione delle bande d’interesse utilizzando il NucleoSpin Extract

II kit (Macherey-Nagel);

5. ligazione mediante ligasi T4 (Roche).

Successivamente il plasmide ligato viene trasformato in TOP10, propagato in

coltura liquida e purificato come appena descritto; la riuscita dell’assemblag-

gio viene verificata tramite elettroforesi su gel del plasmide, opportunamente

digerito, ed eventuale sequenziamento (BMR Genomics, Padova). Le cellule

vengono selezionate con il rispettivo antibiotico: nel caso del circuito a re-

troazione la presenza di due plasmidi, cotrasformati all’interno della cellula,

pone la necessita di effettuare la selezione mediante una combinazione di 12, 5

µg/mL Cm e 20 µg/mL Kan. Le colture vengono conservate in soluzione 20%

glicerolo a −80◦C. La realizzazione di tali stock viene effettuata con 250 µL

di glicerolo concentrato 80%, miscelato a 750 µL di cellule cresciute in LB

selettivo3. Tutti i plasmidi sono stati assemblati utilizzando le parti base delle

distribuzioni del Registry [23] degli anni 2009, 2010 o 2011.

1Trasformazione batterica: processo attraverso il quale viene inserito del materiale

genetico eterologo all’interno di un batterio.2La descrizione dettagliata di ogni passo, e reperibile in [20].3addizionato con opportuno antibiotico.

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3.3. STRUMENTI PER LA CARATTERIZZAZIONE QUANTITATIVA 35

3.3 Strumenti per la caratterizzazione quanti-

tativa

3.3.1 Tecan Infinite F200

Il Tecan Infinite F200 (Fig. 3.1) e un lettore di micro-piastre, utilizzabile in

molte applicazioni, grazie alla sua flessibilita e modularita. Consente l’utilizzo

di diversi tipi di micro-piastre, da 6 fino a 384 pozzetti. La macchina e in

grado di misurare assorbanza, fluorescenza e luminescenza di colture liquide

in pozzetto attraverso un sistema che include una lampada, rilevatori e filtri

ottici. E inoltre dotato di un sistema meccanico per la dispensazione automa-

tica di liquidi nei pozzetti. Gli utenti possono programmare dei cicli cinetici,

mediante il software i-controlTM , per misurare le quantita d’interesse ad uno

specifico tempo di campionamento. Inoltre, e possibile regolare le condizioni di

incubazione della piastra, mediante il controllo della temperatura interna dello

strumento e dello shaking. In questo modo, possono essere effettuati diversi

test sperimentali della durata di piu ore, monitorando le quantita di interesse.

Lo strumento viene utilizzato per misurare principalmente due grandezze, in

colture liquide su micro-piastre da 96 pozzetti:

• la densita ottica (o assorbanza) a 600nm (OD600) che e una quantita

proporzionale al numero di cellule per pozzetto. Viene definita come:

OD600 = −log10I

I0

(3.1)

dove I0 e l’intensita della radiazione incidente mentre I e l’intensita della

radiazione trasmessa;

• la fluorescenza delle colture (535 nm di eccitazione e 620 nm di emissione

nel caso di fluorescenza rossa da RFP, 485 nm di eccitazione e 540 nm

di emissione nel caso di fluorescenza verde da GFP).

In ogni misura sperimentale effettuata con il lettore Infinite F200, vengono uti-

lizzati dei controlli sperimentali per normalizzare le due quantita di interesse:

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36 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Figura 3.1: Tecan Infinite F200. Questo strumento e utilizzato in questo lavoro di tesi per

misurare dinamicamente la densita ottica e la fluorescenza in colture cellulari liquide. E composto da

un’unita centrale, la piu grande, ed un’unita d’iniezione; la prima contiene i filtri e la circuiteria che effettua

le misurazione e, in questa configurazione, puo contenere micro-piastre da 96 pozzetti. Il secondo e composto

dalla circuiteria e l’idraulica necessari ad automatizzare la dispensazione di liquidi nella piastra.

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3.3. STRUMENTI PER LA CARATTERIZZAZIONE QUANTITATIVA 37

in particolare, la densita ottica del terreno sterile e utilizzata per normalizzare

la crescita delle colture mentre la fluorescenza di una coltura che non produca

proteine reporter e utilizzata come blank per il segnale di fluorescenza.

3.3.2 Bioreattore LAMBDA MINIFOR

Il LAMBDA MINIFOR e un bioreattore da laboratorio. Puo essere utilizzato

per compiere esperimenti in cui crescite di colture batteriche in modalita batch,

fed-batch o continua 4 sono effettuate in un ambiente in cui sia possibile mo-

nitorare costantemente temperatura, pH e ossigeno (Fig. 3.2). In particolare,

la modalita di coltura continua e utilizzata per mantenere la coltura liquida

ad una densita stabile e, in questo caso, il set up e chiamato chemostato (Sez.

3.5.2). Il bioreattore e costituito da:

• una giara di vetro da 0.4 L, sterilizzabile in autoclave; ha un gruppo di

accessi attraverso i quali e possibile inserire sonde da immergere nel liqui-

do contenuto per rilevare parametri che necessitino di esser controllati in

un tipico processo di crescita batterica (pH, temperatura e pO2). Questi

accessi possono anche essere utilizzati per dispensare acidi o basi al fine

di controllare il pH cosı come per campionare la coltura, attraverso una

porta che riduca il rischio di contaminazione dell’ambiente interno;

• un tappo a vite in grado di serrare ermeticamente il recipiente, isolandolo

dall’ambiente esterno attraverso una membrana siliconica;

4Queste tre tipologie di modalita di crescita delle colture differiscono per il modo in cui

viene fornito il nutrimento alle colture. Nelle colture batch, il sistema e chiuso, i nutrienti

vengono forniti solo all’inizio e il sistema evolve, senza ulteriori interazioni con l’esterno, a

volume costante; nella modalita fed-batch, il sistema riceve il nutrimento in modo continuo,

aumentando di fatto il volume della coltura; in modalita continua, il nutrimento viene fornito

in modo costante ma al contempo viene prelevata una quantita di coltura “esausta” pari

alla quantita di nuovo terreno nutriente immesso, mantenendo quindi un volume costante di

coltura.

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38 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Figura 3.2: Bioreattore LAMBDA MINIFOR. Foto del bioreattore utilizzato per

mantenere colture liquide a densita (OD600) costante.

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3.4. ANALISI DEI DATI PER IL CALCOLO DI SSSCELL 39

• un motore che permette il movimento di un albero con dischi in silicone

per l’agitazione, in modo da mescolare le colture;

• una sonda di pO2 per monitorare la concentrazione dell’ossigeno disciolto

nella coltura;

• una sonda per la misurazione di pH e temperatura;

• pompe peristaltiche utilizzate per iniettare soluzioni, ad esempio per ag-

giustare il pH della coltura liquida mediante dispensazione di soluzioni

acide o basiche o estrarre il contenuto della giara. Le pompe peristaltiche

possono essere programmate dall’utente con una portata costante (come

nel chemostato) o controllate da un’unita centrale di controllo che elabora

i parametri di interesse, calcolando automaticamente il rate delle pompe

(ad esempio per l’aggiunta di base in esperimenti a pH controllato);

• un’unita centrale di controllo che permette all’utilizzatore di impostare

temperatura di lavoro, pH e frequenza di rotazione dell’albero mescolan-

te la coltura; contiene inoltre un radiatore ad infrarossi per attuare il

controllo della temperatura.

3.4 Analisi dei dati per il calcolo di SSScell

Le serie temporali di OD600 e fluorescenza del gene reporter, acquisite con

il lettore Infinite F200 da colture monitorate durante la crescita in pozzetto

da 200 µL, necessitano di essere processate per poterne estrapolare le misure

d’interesse, come rate di sintesi di proteina fluorescente per cellula Scell. Il

protocollo utilizzato comunemente, programmato con il software i-controlTM

(Tecan), e costituito da un ciclo cinetico con le seguenti caratteristiche:

1. shaking lineare della micro-piastra ad ampiezza 3 mm, durata 15 s;

2. attesa 5 s;

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40 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

3. misura dell’OD600;

4. misura della fluorescenza dei segnali RFP e GFP: eccitazione a 535 nm ed

emissione a 620 nm per RFP, 485 nm e 540 nm per GFP, rispettivamente.

Il guadagno e impostato a 80;

5. ripetizione dei punti precedenti ogni 5 min.

In ogni esperimento, sono utilizzati dei pozzetti (in triplicato tecnico) per mi-

surare il background di assorbanza e fluorescenza, al fine di normalizzare le

serie temporali acquisite; la normalizzazione viene effettuata sottraendo ai da-

ti grezzi di assorbanza e fluorescenza la media campionaria dei background per

ogni punto temporale. Dato che l’autofluorescenza nelle lunghezze d’onda del

verde mostra una dipendenza importante dalla densita batterica, per elabo-

rare il segnale di fluorescenza di GFP e stata seguita una procedura diversa:

una curva standard e stata ottenuta effettuando il fitting, tramite regressione

lineare, della fluorescenza di background in funzione di OD600; la retta risul-

tante e stata utilizzata per sottrarre la fluorescenza di background di GFP

dalla fluorescenza grezza di ogni coltura dato il suo OD600, ottenendo cosı una

serie temporale proporzionale alla quantita totale di GFP nella coltura [54].

Dopo questa prima fase, al fine di calcolare il rate di sintesi per cellula Scell,

viene calcolata la derivata numerica della fluorescenza per ogni intervallo di

campionamento, divisa per la media dell’assorbanza tra i due estremi dell’in-

tervallo.

Il segnale cosı elaborato viene poi mediato lungo la fase di crescita esponen-

ziale della coltura (OD600 compreso tra 0.05 e 0.2) ottenendo cosı il rate di

sintesi per cellula allo stato stazionario, nominalmente SSScell. Quest’ultimo vie-

ne espresso come unita arbitrarie di fluorescenza per cellula per minuto (A.U.

cell−1 min−1). Il valore cosı ottenuto nelle colture di interesse e stato infine

diviso per il rispettivo valore calcolato in una coltura di riferimento, inclusa in

tutti gli esperimenti al fine di minimizzare la variabilita. La coltura di riferi-

mento contiene il promotore BBa J23101 con a valle un sistema di espressione

per RFP (BBa I13507). Nel caso delle cascate di regolatori, il costrutto e

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3.4. ANALISI DEI DATI PER IL CALCOLO DI SSSCELL 41

contenuto nel plasmide pSB4C5, mentre nel caso del circuito a retroazione il

costrutto e in pSB3K3 a medio numero di copie (tra le 20 e le40 per cellula)e

possiede una giunzione non standard (TACTAGTG) tra promotore ed RBS a

valle.

In questo lavoro, i valori ottenuti al termine di questa procedura di norma-

lizzazione saranno indicati come Scell. Dai dati sperimentali ottenuti come

descritto nel protocollo precedente, e possibile ricavare anche il growth rate

delle colture. Questo parametro descrive il rate di crescita cellulare, calcolato

attraverso la stima del coefficiente angolare della retta di regressione sul ln dei

campioni di OD600(t) nella fase di crescita esponenziale della coltura.

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42 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

3.5 Modelli matematici e caratterizzazione dei

circuiti studiati

3.5.1 Modello della cascata di regolatori di trascrizione

Per un sistema di questo tipo, in cui la dinamica d’evoluzione dell’uscita non

e stata considerata in questa tesi, e sufficiente definire un modello allo stato

stazionario, in cui le quantita dei prodotti di espressione dei geni del circuito

non variano nel tempo:

Per y16: PLuxSS = δPLux +Vmax,PLux

1 +

(kPLux

[HSL]

)ηPLux (3.2)

TetRSS =PLuxSS

γTetR + µ(3.3)

Per y21: PLuxRepSS = δPLuxRep +Vmax,PLuxRep

1 +

([HSL]

kPLuxRep

)ηPLuxRep (3.4)

TetRSS =PLuxRepSS

γTetR + µ(3.5)

Per y16 ed y21:

PTetRSS =Vmax,PTetR

1 +

([TetR]

kPTetR

)ηPTetR (3.6)

LacISS =PTetRSS

γLacI + µ(3.7)

PLacSS =Vmax,PLac

1 +

([LacI]

kPLac

)ηPLac (3.8)

ISS =PLacSS

a+ µ(3.9)

SSScell = a · ISS (3.10)

Il sistema, di sole equazioni algebriche, derivanti da sistemi di equazioni diffe-

renziali con struttura analoga ad Eq. 1.10, viene implementato sotto le seguenti

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3.5. MODELLI E CARATTERIZZAZIONE DEI CIRCUITI 43

ipotesi:

• la produzione di proteine, regolata dalla concentrazione dell’opportuno

induttore chimico, e descritta coerentemente al modello presentato in

Sez. 1.3, con l’eccezione che la trascrizione non e modellizzata esplici-

tamente, mentre la traduzione e descritta con il rate di sintesi proteica

per cellula P 5. In particolare, il rate di sintesi per cellula della proteina

reporter RFP, e descritto tramite SSScell con ISS proteina immatura;

• il rate di sintesi proteica per cellula allo stato stazionario, in funzione

della concentrazione della proteina regolatrice, viene modellizzato utiliz-

zando le equazioni presenti in Sez. 1.5. Se il regolatore e un attivatore

dell’espressione genica (PLux, Eq. 3.2) viene utilizzato il modello di at-

tivazione dell’equazione Eq. 1.8, altrimenti (PLuxRep Eq. 3.4, PTetR Eq.

3.6, PLac Eq. 3.8) quello di repressione dell’equazione Eq. 1.9;

• per esprimere la concentrazione proteica intracellulare dei repressori dei

blocchi centrali (Eq. 3.3, 3.5, 3.8), il rate di sintesi viene diviso per la

somma dei due contributi di degradazione µ e γProteina, rispettivamente

diluizione dovuta alla divisione cellulare e degradazione specifica.

• la degradazione spontanea di RFP non e stata modellizzata in quanto la

proteina e stabile nelle condizioni sperimentali di lavoro;

• la maturazione di LacI e TetR, in queste condizioni sperimentali, e molto

rapida rispetto agli altri processi e quindi la concentrazione di proteina

immatura, cosı come il suo rate di maturazione, non sono modellizzati.

5Nomenclatura: un promotore viene indicato con la lettera P avente al pedice un identifi-

cativo, ad esempio PTetR; il rate di sintesi della proteina a valle di un determinato promotore,

invece, e indicato come P 〈Proteina〉 , ad esempio PTetR indica il rate di sintesi della pro-

teina il cui il gene si trova a valle del promotore PTetR (in questo modello la proteina AiiA).

Una proteina invece viene indicata con la prima lettera maiuscola mentre la sequenza codifi-

cante corrispondente viene indicata con la prima lettera minuscola (ad esempio, la proteina

AiiA e codificata dal gene aiiA.

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44 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Tabella 3.1: Parametri del modello per le cascate di regolatori ditrascrizione. Lista dei parametri del modello con le rispettive descrizione ed unita di misura.

Nome Descrizione Stima Unita di misura

Vmax,PLuxUscita massima del promotore PLux 12.7393 A.U.cell−1min−1

δPLuxAttivita basale percentuale del promotore PLux 0.1398 −

kPLuxCostante di semi-saturazione del promotore PLux 4.8209 nM

ηPLuxCoefficiente di Hill del promotore PLux 1.6105 −

Vmax,PLuxRepUscita massima del promotore PLuxRep 2.8665 A.U.cell−1min−1

δPLuxRepAttivita basale percentuale del promotore PLuxRep 0.1212 −

kPLuxRepCostante di semi-saturazione del promotore PLuxRep 10.7009 nM

ηPLuxRepCoefficiente di Hill del promotore PLuxRep 1.3138 −

Vmax,PTetRUscita massima del promotore PTetR 3.6293 A.U.cell−1min−1

kPTetRCostante di semi-saturazione del promotore PTetR 10.8829 ng/mL

ηPTetRCoefficiente di Hill del promotore PTetR 2.4285 −

Vmax,PLacUscita massima del promotore PLac 0.8224 A.U.cell−1min−1

kPLacCostante di semi-saturazione del promotore PLac 90.6469 nM

ηPLacCoefficiente di Hill del promotore PLac 1.9767 −

a Rate di maturazione di RFP 0.0176 min−1

µ Rate medio di crescita batterica nelle colture studiate 0.009 min−1

γTetR Rate di degradazione spontanea di TetR 0.0115 min−1

γLacI Rate di degradazione spontanea di LacI 0.0533 min−1

I valori dei parametri presenti nel modello, precedentemente stimati in lavori

passati del gruppo di ricerca presso il quale e stata svolta l’attivita di tesi (ad

eccezione di γLacI [55] e a [54]), sono riassunti in Tab.3.1.

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3.5. MODELLI E CARATTERIZZAZIONE DEI CIRCUITI 45

Analisi del comportamento complessivo: ventaglio di induzioni di

3OC6-HSL

Una volta noti i parametri dei promotori, si procede con il seguente protocollo

per misurare la caratteristica input-output dei sistemi finali y16 ed y21, da

confrontare con le predizioni del modello identificato:

1. isolare singole colonie su piastre con LB selettivo, mediante striscio ef-

fettuato a partire da stock in glicerolo; in seguito ad incubazione ON6 a

37◦C. Ogni colonia e considerata come replica biologica7;

2. inoculo di 3 colonie per costrutto crescita ON a 37◦C in 0.5 mL di M9

selettivo, indotto a diverse concentrazioni di 3OC6-HSL (0, 1, 10, 100,

1000, 10000 nM), in provette da 2 mL, shaking 220 rpm;

3. diluizione 1:100 delle colture in 200 µL di terreno selettivo fresco op-

portunamente indotto (stessa concentrazione di 3OC6-HSL dell’aliquota

di batteri diluita) in micro-piastra da 96 pozzetti e test con protocollo

descritto in Sez. 3.4.

3.5.2 Modello del controllore ad anello chiuso con re-

troazione negativa

Il controllore e descritto dal seguente sistema, considerato valido per colture

in modalita di crescita continua (realizzata mediante chemostato, descritto

6Over Night: le piastre sono strisciate nel pomeriggio, lasciate crescere tutta la notte ed

utilizzate il giorno seguente. Laddove le colonie fossero necessarie nei giorni a seguire, la

piastra viene spostata a −20◦C, in modo da bloccare la crescita batterica.7Replica biologica: colonie differenti di stesso costrutto; replica tecnica: stessa colonia

testata piu volte.

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46 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

dettagliatamente in seguito):

d

dtOD600 = 0 (3.11)

d

dtPTetR = −rPTetR · PTetR + rPTetR · αPTetR ·

δPTetR +1− δPTetR

1 +

(kPTetR[aTc]

)ηPTetR

(3.12)

d

dtPLux = −rPLux · PLux+ rPLux · αPLux ·

δPLux +1− δPLux

1 +

(kPLux

[HSL]

)ηPLux

(3.13)

d

dt[LuxI] = PTetR− (µ+ γLV A) · [LuxI] (3.14)

d

dt[AiiA] = PLux− (µ+ γLV A) · [AiiA] (3.15)

d

dt[HSL] = OD600 ·

kLuxI,max

1 +

(kM,LuxI

[LuxI]

)ηLuxI+

OD600 ·kAiiA,max

1 +

(kM,AiiA

[AiiA]

)ηAiiA + γHSL + µ

· [HSL] (3.16)

Il sistema di equazioni differenziali e implementato sotto le seguenti ipotesi:

• L’OD600, e proporzionale alla concentrazione cellulare in coltura liquida

ed e utilizzato per descrivere la crescita cellulare. Nella crescita delle

colture batteriche in modalita continua, l’OD600 e mantenuto ad un li-

vello costante OD600(t0) (Eq. 3.11). Il tempo (t0) corrisponde all’istante

in cui il sistema viene indotto con aTc, dopo una prima fase di crescita

libera per raggiungere l’OD600 desiderato (vedere chemostato).

• La produzione di proteine, regolata dalla concentrazione dell’opportuno

induttore chimico in ingresso, e descritta in Sez. 1.3, con l’eccezione che

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3.5. MODELLI E CARATTERIZZAZIONE DEI CIRCUITI 47

la trascrizione non e modellizzata esplicitamente, mentre la traduzione e

descritta con il rate di sintesi proteica per cellula (P ), attraverso equa-

zioni differenziali. Inoltre, assumendo di avere dinamiche di primo ordine

con costante di tempo1

rPXe X proteina in analisi, P e anche una varia-

bile di stato. In questo modo viene riassunto empiricamente il processo

dall’attivazione di trascrizione alla sintesi di una proteina funzionale. P

e espresso come rate di sintesi per cellula per minuto, A.U. cell−1 min−1

(Eq. 3.13, 3.12).

• La relazione tra l’uscita del promotore e la concentrazione degli indut-

tori viene modellizzata mediante funzioni di Hill, descritte da un out-

put massimo αpromotore, un’attivita basale δpromotore, una costante di

semi-saturazione kpromotore ed un coefficiente di Hill ηpromotore (Eq. 3.12,

3.13).

• Dal momento che LuxR e prodotto costitutivamente sotto il controllo del

promotore PLac, il modello tiene in considerazione la sola concentrazione

di 3OC6-HSL per descrivere l’attivazione di trascrizione del promotore

PLux (Eq. 3.13).

• Tutte le molecole sono rappresentate attraverso la loro concentrazione

intracellulare, ad eccezione di 3OC6-HSL che puo diffondere liberamente

attraverso le membrane cellulari e, per questo, la concentrazione interna

ed esterna sono considerate identiche (Eq. 3.12, 3.13, 3.14, 3.15, 3.16).

• L’attivita enzimatica viene modellizzata mediante funzioni di Hill della

concentrazione intracellulare d’enzima. Sono descritte da tre parame-

tri: un’attivita massima kenzima,max, una costante di semi-saturazione

kM,enzima ed un coefficiente di Hill ηenzima. In questo caso non viene

introdotta un’attivita basale (Eq. 3.16).

• E stato inserito un termine di degradazione di primo ordine per gli enzimi,

relativo al tag di degradazione inserito nella sequenza codificante (Eq.

3.14, 3.15).

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48 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

• Nell’equazione 3.16, e presente un termine lineare per la degradazione

spontanea di 3OC6-HSL a cui si somma un fattore di degradazione µ,

rappresentante la diluizione di 3OC6-HSL dovuta alla diluizione della

coltura stessa (vedere chemostato).

Le condizioni iniziali del sistema differenziale sono ottenute considerando il

modello allo stato stazionario in assenza di aTc ed approssimando a 0 la

concentrazione iniziale di 3OC6-HSL:

OD600,0 = OD600(t0) (3.17)

PTetR0 = αPTetR · δPTetR (3.18)

PLux0 = αPLux · δPLux (3.19)

[LuxI]0 =PTetR0

µ+ γLV A(3.20)

[AiiA]0 =PLux0

µ+ γLV A(3.21)

[HSL]0 = 0; (3.22)

L’approssimazione a 0 di [HSL] al tempo iniziale e giustificata dal fatto che,

per tutte le condizioni simulate, la concentrazione basale sperimentale e tal-

mente bassa da non essere nemmeno rilevabile sperimentalmente.

I parametri presenti nel modello, precedentemente stimati da altri lavori del

gruppo di ricerca presso il quale e stata svolta l’attivita di tesi (ad eccezione di

γLV A [55]), sono riassunti in tabella Tab. 3.2. Le stime dei parametri riportate

in tabella Tab.3.2 sono calcolate a partire dai dati sperimentali ottenuti da

test ad hoc effettuati sulle sottoparti, come descritto in Sez. 3.6.1.

Set up sperimentale del chemostato

Chemostato e un termine che si riferisce ad un generico bioreattore, nel quale

il volume di coltura delle cellule e mantenuto costante attraverso una simul-

tanea aggiunta e rimozione del terreno di coltura. Nello studio del circuito

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3.5. MODELLI E CARATTERIZZAZIONE DEI CIRCUITI 49

Tabella 3.2: Parametri del modello per il controllore genetico a retroazionenegativa. Lista dei parametri del modello con le rispettive descrizione ed unita di misura.

Nome Descrizione Stima Unita di misura

µ Rate di crescita di colture liquide 0.0126 min−1

rPTetRRate di attivazione del promotore PTetR 0.1057 min−1

αPTetRUscita massima del promotore PTetR 1.0274 A.U.cell−1min−1

δPTetRAttivita basale percentuale del promotore PTetR 0.0193 −

kPTetRCostante di semi-saturazione del promotore PTetR 3.1311 ng/mL

ηPTetRCoefficiente di Hill del promotore PTetR 3.1858 −

rPLuxRate di attivazione del promotore PLux 0.0586 min−1

αPLuxUscita massima del promotore PLux 5.4136 A.U.cell−1min−1

δPLuxAttivita basale percentuale del promotore PLux 0.0173 −

kPLuxCostante di semi-saturazione del promotore PLux 559.3358 nM

ηPLuxCoefficiente di Hill del promotore PLux 0.7778 −

γLV A Rate di degradazione spontanea dovuto al tag LVA 0.0173 min−1

γHSL Rate di degradazione spontanea di 3OC6-HSL e− 4 min−1

kLuxI,max Massima attivita di Lux 6.4584 nMcell−1min−1

kM,LuxI Costante di semi-saturazione dell’attivita di LuxI 14.6515 A.U.cell−1

ηLuxI Coefficiente di Hill per l’attivita enzimatica di LuxI 4.1011 −kAiiA,max Massima attivita di Aiia 0.4266 cell−1min−1

kM,AiiA Costante di semi-saturazione dell’attivita di AiiA 11.7440 A.U.cell−1

ηAiiA Coefficiente di Hill per l’attivita enzimatica di Aiia 3.0296 −

di controllo a retroazione negativa, il chemostato e usato per mantenere la

densita cellulare ad un valore costante, in modo da lavorare in un contesto

sperimentale in cui le cellule rimangano indefinitamente nella fase di crescita

esponenziale. Durante tale fase, il loro rate di crescita e costante e massimo;

inoltre, l’espressione di proteine non e affetta dai fenomeni altrimenti riscon-

trabili nella fase di saturazione. In particolare, il chemostato viene impiegato

per identificare i parametri del modelli in sezione Sez. 3.5.2 durante la crescita

esponenziale. La Fig. 3.3 mostra una tipica configurazione per un apparato

di coltura continua: il sistema e mantenuto in mescolamento da un albero vi-

brante e le colture sono costantemente nutrite con terreno fresco mediante una

pompa a portata costante. Allo stesso tempo, un dispositivo per il “troppo

pieno” rimuove coltura, in modo da mantenere costante il volume di liquido

interno al bioreattore.

Per mantenere costante la densita cellulare all’interno del bioreattore, le coltu-

re necessitano di esser diluite alla stessa velocita con cui crescono; per verificare

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50 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Figura 3.3: Tipica configurazione di un chemostato. Il terreno fresco viene prelevato

da un serbatoio ed immesso nel reattore ad una portata preimpostata, mentre un ugello collegato ad una

pompa per il “troppo pieno” mantiene il volume costante. Il sistema e mescolato mediante un albero motore.

Sono presenti altri dispositivi per il controllo di ossigenazione, pH e temperatura [56].

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3.5. MODELLI E CARATTERIZZAZIONE DEI CIRCUITI 51

questa condizione sperimentale, la portata delle pompe deve essere pari al rate

di crescita cellulare. Date queste condizioni sperimentali, la coltura risulta

costantemente in fase esponenziale, sotto l’effetto di una diluizione continua

D e puo esser modellizzata dall’equazione Eq. 3.23:

d

dtOD600 = µ ·OD600 −D ·OD600 (3.23)

Il rate di diluizione e dato da D =k

Vdove k e il flusso in ingresso espresso in

mL min−1 e V e il volume della coltura, espresso in mL [56]. Quindi, quando

D e uguale al rate di crescita cellulare µ (dipendente dall’OD600 ma massimo

nella fase esponenziale) si puo ottenere una coltura a densita costante.

Nel set up sperimentale di questo lavoro, per realizzare il chemostato, viene

utilizzato il bioreattore LAMBDA MINIFOR (Sez. 3.3.2): due pompe peri-

staltiche sono utilizzate per immettere terreno fresco e rimuovere il terreno di

coltura esausto dal recipiente, attraverso tubi di silicone. La pompa d’usci-

ta, connessa alla porta di campionamento, viene usata per limitare il volume

della coltura mantenendolo costante. L’ossigenazione e monitorata ma non

controllata: tuttavia, per un esperimento di questo tipo, il volume di liquido

normalmente utilizzato e di circa 35 mL in una giara da 0.4 L, quindi l’ossige-

nazione e sempre massima. La temperatura e impostata a 37◦C.

Il protocollo impiegato per gli esperimenti in coltura continua e il seguente:

1. isolare singole colonie su piastre con LB selettivo, mediante striscio ef-

fettuato a partire da stock in glicerolo e crescita ON a 37◦C;

2. prelievo di una colonia ed inoculo in 5 mL di terreno M9 pH6 selettivo

in una provetta da 15 mL, crescita ON a 37◦C e 220 rpm;

3. modalita crescita libera: diluizione 1:100 della coltura in 35 mL di terreno

sterile M9 pH6 selettivo in un recipiente da 0.4 L, in cui la coltura e

sottoposta a shaking di 10 Hz da parte dell’albero, e crescita fino al

raggiungimento della densita ottica desiderata; monitoraggio dell’OD600

campionando ogni ora e misurando l’assorbanza con il lettore Infinite

F200;

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52 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

4. al raggiungimento dell’OD600 desiderato, inizio della modalita chemosta-

to: la pompa d’uscita e impostata sempre a 20 rpm mentre la pompa

d’ingresso al valore k = µ · V ;

5. Induzione della coltura con 100 ng/mL di aTc, in modo da regolare

la produzione di 3OC6-HSL; le cellule sono soggette ad un induzione

costante a concentrazione 100 ng/mL di aTc attraverso l’induzione di

100 ng/mL anche nel serbatoio contenente il terreno selettivo fresco;

6. campionamento della coltura ogni mezzora, in modo da monitorare la

densita ottica e regolare opportunamente le rpm della pompa d’immis-

sione, laddove l’andamento dell’OD600 sia significativamente crescente o

decrescente (condizione dovuta a possibili errori nel posizionamento della

cannula per la limitazione del volume);

7. centrifugazione di un’aliquota di circa 100 µL del campione per 1 min a

13000 rpm e conservazione del surnatante, privo di cellule, a −20◦C per

la successiva quantificazione di 3OC6-HSL [57].

I valori di OD600 campionati durante la modalita crescita libera vengono uti-

lizzati, una volta normalizzati sui rispettivi background di assorbanza, per

stimare il rate di crescita µ; questo dato e fondamentale per calcolare la por-

tata della pompa in ingresso e ricavare le sue rpm in relazione a µ, sebbene il

rate di crescita sia fortemente riproducibile tra i diversi esperimenti effettuati.

3.6 Metodi per le caratterizzazioni delle sot-

toparti

3.6.1 Caratterizzazione di promotori ed input inducibili

I promotori sono responsabili della trascrizione dei geni e possono essere co-

stitutivi o regolati (Sez. 1.2.1). In questi lavori vengono impiegati quattro

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3.6. METODI PER LE CARATTERIZZAZIONI DELLE SOTTOPARTI 53

Figura 3.4: Sottosistema per la stima dei parametri dei promotori. Rappre-

sentazione schematica del circuito genetico utilizzato per stimare i parametri dei promotori: il promotore di

interesse e assemblato a monte della sequenza codificante il reporter RFP. Nel caso della caratterizzazione

dei promotori PLux e PLuxRep, Px indica un dispositivo in cui oltre al promotore in analisi e presente anche

una cassetta d’espressione costitutiva per LuxR

promotori inducibili:

• PLux, inducibile mediante 3OC6-HSL;

• PLuxRep, reprimibile mediante 3OC6-HSL;

• PTetR, reprimibile mediante TetR ed inducibile, come precedentemente

descritto (Sez. 3.1.1), mediante aTc;

• PLac, reprimibile mediante LacI ed inducibile, come precedentemente

descritto (Sez. 3.1.1), mediante IPTG.

Per caratterizzare opportunamente i promotori, essi sono ligati a monte di

una cassetta di espressione del reporter RFP, in modo da ottenere un’uscita

osservabile (Fig. 3.4). Il modello utilizzato per rilevare il comportamento di

un generico promotore regolato e il seguente:

d

dtP = −rP ·

P − αP ·δP · 1− δP

1 +

(kP

[induttore]

)ηP

d

dtI = P − (µ+ a) · I (3.24)

Scell = a · I

In questo modello, I rappresenta la concentrazione della proteina immatura

(non-fluorescente), che matura in RFP ad un rate a, coerentemente con quanto

visto nelle equazioni Eq. 1.10, 1.11.

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54 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Stato stazionario

Considerando il modello dell’Eq. 3.24 allo stato stazionario, e possibile ottenere

le relazioni matematiche utilizzate per identificare i parametri statici relativi

ai promotori. Infatti:

P SS = αP ·

δP · 1− δP

1 +

(kP

[induttore]

)ηP

ISS =αPµ+ a

·

δP · 1− δP

1 +

(kP

[induttore]

)ηP (3.25)

SSScell =a

µ+ a· αP ·

δP · 1− δP

1 +

(kP

[induttore]

)ηP

Nei test sperimentali per la stima dei parametri della funzione di trasferimento

statica, viene misurato l’SSScell (data una concentrazione di induttore), quantita

proporzionale al rate di sintesi per cellula di RFP, calcolato come descritto in

Sez. 3.4.

Il protocollo utilizzato per l’identificazione dei parametri sopra citati e il se-

guente:

1. isolare singole colonie su piastre con LB selettivo, mediante striscio ef-

fettuato a partire da stock in glicerolo, considerate repliche biologiche e

crescita ON a 37◦C;

2. prelievo di 3 colonie per ogni costrutto ed inoculo ON a 37◦C in 0, 5 mL

di M9-pH6 selettivo, in provetta da 2 mL, shaking 220 rpm;

3. diluizione delle colture 1:100 in 1 mL di terreno selettivo fresco in pro-

vetta da 15 mL e crescita per 1 ora nelle stesse condizioni del passo

precedente;

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3.6. METODI PER LE CARATTERIZZAZIONI DELLE SOTTOPARTI 55

4. induzione con 10 µL d’induttore a diverse concentrazioni, opportuna-

mente diluito. Per ogni concentrazione testata, effettuare almeno tre

repliche tecniche. Crescita per 1 ora;

5. Trasferimento di 200 µL per coltura in micro-piastra da 96 pozzetti e

test con protocollo descritto in Sez. 1.3.

Caratterizzazione dinamica

Il modello mostrato in Eq. 3.24 e utilizzato per identificare i parametri rPX ,

che descrivono il comportamento dinamico dei promotori dati i parametri del-

le Hill precedentemente identificati attraverso la caratterizzazione statica. Il

protocollo e uguale al precedente per i primi 3 punti; successivamente:

4. dopo la crescita ON, diluizione 1:100 in 200 µL di terreno selettivo fresco

in micro-piastra da 96 pozzetti, incubata nell’F200 a 37◦C, monitorando

l’assorbanza;

5. al raggiungimento della densita ottica di 0.03-0.05 induzione delle colture

con 2 µL di induttore opportunamente diluito, per una concentrazione

finale di 100 ng/mL di aTc per PTetR e 1 µM di 3OC6-HSL per PLux.

Incubare nuovamente la micropiastra, monitorando fluorescenza e densita

ottica come precedentemente descritto.

I dati sono processati come descritto in Sez. 3.4 in modo da ottenere serie

temporali di rate di sintesi per cellula (Scell(t)). Il parametro rPX e identificato

da questi dati (in triplicato), dato il rate di maturazione a (da [51]) ed i

parametri coinvolti nella curva d’induzione statica precedentemente stimati.

3.6.2 Caratterizzazione degli enzimi

La produzione della molecola segnale 3OC6-HSL da parte dell’enzima LuxI e

la sua degradazione da parte di AiiA, vengono studiate attraverso sottosistemi

assemblati ad hoc.

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56 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Figura 3.5: Sottosistema per la stima dei parametri di LuxI. Rappresentazione

schematica del circuito genetico utilizzato per stimare l’attivita enzimatica di LuxI: il promotore PTetR e

assemblato a monte della sequenza codificante luxI. In questo caso, il terminatore di trascrizione utilizzato

e quello situato a valle del sito di clonaggio del plasmide (non mostrato in figura).

Caratterizzazione dell’enzima LuxI

Il dispositivo sintetizzante 3OC6-HSL, sotto il controllo dell’induzione di aTc,

e rappresentato in Fig. 3.5; in questo sistema, il promotore PTetR e assemblato

a monte del gene luxI, pilotandone la trascrizione.

Il protocollo utilizzato per la caratterizzazione dell’attivita enzimatica e ugua-

le per i primi tre punti a quello per i promotori riportato in Sez. 3.6.1;

successivamente si procede nel modo seguente:

4. diluizione delle colture 1:100 in 5 mL di terreno selettivo fresco in pro-

vetta da 15 mL e crescita per 1 ora a 37◦C, 220 rpm. Crescita per 1

ora;

5. Induzione a diverse concentrazioni di aTc (0, 0.2, 0.5, 1, 2, 4, 8, 100

ng/mL). Crescita per 1 ora;

6. inizio monitoraggio della coltura (t0) con primo campionamento: misu-

rare OD600 e centrifugare il campione 1min a 13000rpm; conservare il

surnatante privo di cellule a −20◦C da processare come descritto al punto

8.;

7. ripetizione campionamento dopo 1, 2 e 4 ore;

8. quantificzione 3OC6-HSL utilizzando un biosensore [57];

Dal momento che l’attivita trascrizionale di PTetR si assume essere allo sta-

to stazionario dopo un’ora dall’induzione, il modello utilizzato per stimare

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3.6. METODI PER LE CARATTERIZZAZIONI DELLE SOTTOPARTI 57

l’attivita di LuxI non tiene in considerazione l’attivazione dinamica del pro-

motore. In particolare, dato che e tenuta in considerazione solo la fase espo-

nenziale, l’equazione Eq. 3.26 include una semplice crescita esponenziale senza

saturazione. Il modello risultante e rappresentato quindi dalle due equazioni:

d

dtOD600 = µ ·OD600 (3.26)

d

dt[HSL] = kLuxI(aTc) ·OD600 − γHSL · [HSL] (3.27)

dove µ e il rate di crescita della coltura, stimato dai dati sperimentali, mentre

γHSL e il rate di degradazione spontanea di 3OC6-HSL (in realta, nelle con-

dizioni sperimentali utilizzate, l’emivita di 3OC6-HSL e molto maggiore della

durata dell’esperimento stesso e quindi γHSL e posto a 0 [51]). Il parametro

kLuxI(aTc) si riferisce al rate di produzione di 3OC6-HSL per unita di OD600 ed

e considerato funzione di aTc, dal momento che PTetR modula la concentrazio-

ne di enzima per cellula sotto l’induzione di aTc. Questo parametro, stimato

dai dati sperimentali, e successivamente utilizzato per identificare i parame-

tri dell’equazione che collega l’attivita di LuxI alla concentrazione enzimatica

cellulare allo stato stazionario:

kLuxI =kLuxI,max

1 +

(kM,LuxI

[LuxI]SS

)ηLuxI (3.28)

Per stimare il livello intracellulare di LuxI, viene utilizzato il livello di RFP

prodotto da un promotore posto nelle stesse condizioni del sottosistema (stesso

ceppo batterico, plasmide e RBS) impiegato per l’espressione dell’enzima; cio

si basa sull’ipotesi secondo la quale proteine prodotte in uguali condizioni se-

guano lo stesso andamento della proteina RFP, e quindi della sua fluorescenza,

eccetto un fattore di scala. Per questa ragione, la concentrazione intracellulare

di LuxI e espressa in A.U. cell−1. Dati i parametri di attivazione preceden-

temente stimati ed una concentrazione di aTc, e quindi possibile stimare la

concentrazione di enzima per cellula, allo stato stazionario del promotore pi-

lotante la trascrizione. In particolare, la proteina LuxI allo stato stazionario

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58 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

Figura 3.6: Sottosistema per la stima dei parametri di AiiA. Rappresentazio-

ne schematica del circuito genetico utilizzato per stimare i parametri dell’attivita enzimatica di AiiA: il

promotore PTetR e assemblato a monte della sequenza codificante aiiA.

per una data concentrazione di aTc e data dall’equazione Eq. 3.29

PTetR(aTc)SS = αPTetR ·

δPTetR +1− δPTetR

1 +

(kPTetR[aTc]

)ηPTetR (3.29)

La concentrazione dell’enzima LuxI e descritta dall’equazione Eq. 3.30

d

dt[LuxI] = PTetR− (µ+ γLV A · [LuxI]) (3.30)

che, considerata allo stato stazionario, porta ad avere l’Eq. 3.31

[LuxI](aTc)SS =PTetR(aTc)SS

µ+ γLV A(3.31)

Caratterizzazione dell’enzima AiiA

L’attivita dell’enzima AiiA e caratterizzata mediante una procedura simile a

quella impiegata per LuxI, vista nel precedente paragrafo. In fase di carat-

terizzazione dei parametri dell’enzima AiiA, la trascrizione del gene aiiA e

pilotata dal promotore PTetR, come rappresentato in Fig. 3.6. Il protocol-

lo sperimentale e identico al precedente, con l’eccezione che nel punto (6),

prima del campionamento t0, alla coltura viene aggiunto 3OC6-HSL ad una

concentrazione iniziale di 100 nM, in modo da poter valutare la degradazio-

ne della molecola da parte di AiiA nei successivi campionamenti. I dati sono

utilizzati per identificare i parametri del modello composto dalle Eq. 3.32,

3.33, che mettono in relazione l’attivita dell’enzima AiiA con il decadimento

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3.7. FITTING E SIMULAZIONI 59

di 3OC6-HSL.

d

dt= µ ·OD600 (3.32)

d

dt= −(kAiiA(aTc) ·OD600 + γHSL) · [HSL] (3.33)

La prima equazione rappresenta la crescita della coltura mentre la seconda

descrive il decadimento della molecola segnale, dovuta all’azione dell’enzima

AiiA. In particolare, il livello di AiiA per cellula e espresso in funzione di aTc,

dato che la regolazione della sua trascrizione e pilotata dal promotore PTetR

(Fig. 3.6). Nuovamente, le attivita stimate sono utilizzate per identificare i

parametri dell’equazione che mette in relazione la concentrazione intracellulare

di AiiA con la sua attivita (Eq. 3.34). Questi parametri sono stati identificati

considerando lo stato stazionario della concentrazione di AiiA.

kAiiA =kAiiA,max

1 +

(kM,AiiA

[AiiA]SS

)ηAiiA (3.34)

La concentrazione intracellulare di AiiA in funzione della concentrazione di

aTc e calcolata come:

[AiiA](aTc)SS =PTetR(aTc)SS

µ+ γLV A(3.35)

3.7 Fitting e simulazioni

Tutte le simulazioni, cosı come le analisi dei dati e la realizzazione dei grafici di

questo lavoro, sono state effettuate utilizzando il software MATLABTM R2012a

(Mathworks, Natick, MA); in particolare, le simulazioni dei sistemi differenziali

sono effettuate utilizzando la funzione ode15s. Le stime parametriche invece

vengono ricavate utilizzando la funzione lsqnonlin che implementa l’algoritmo

dei minimi quadrati. Al fine di tenere conto del modello d’errore, i quadrati

dei residui sono stati moltiplicati per un opportuno peso, implementando cosı

di fatto il metodo dei dei minimi quadrati pesati WLS; i pesi utilizzati nella

stima dei parametri sono stati scelti come l’inverso della varianza dell’errore,

utilizzando i modelli d’errore descritti in Cap. 4.

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60 CAPITOLO 3. MATERIALI E METODI

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Capitolo 4

Risultati

4.1 Debug della cascata di regolatori di tra-

scrizione

Come descritto in Sez. 2.1, i circuiti composti da cascate di regolatori di

trascrizione hanno mostrato dei comportamenti non predicibili sulla base dei

modelli matematici e della caratterizzazione delle sotto parti. Con lo scopo

di investigare le ragioni di tale comportamento (vedere Fig. 2.2) sono sta-

te vagliate diverse ipotesi, per ognuna delle quali sono stati effettuati degli

esperimenti ad hoc, descritti in questo paragrafo.

4.1.1 Analisi del rate di degradazione di LacI e TetR

Come prima ipotesi, e stata presa in considerazione la possibilita di un’alte-

razione nei meccanismi di degradazione dei fattori di trascrizione. Infatti, sia

LacI che TetR possiedono un tag di degradazione rapida che, come descritto in

letteratura, aumenta il rate di degradazione delle proteine di interesse, media-

to da un complesso di proteasi. Tuttavia, quando nella cellula sono presenti

proteine con il tag in eccesso, questo meccanismo non e in grado di supporta-

re la loro degradazione rapida a causa del numero finito di proteasi e questo

61

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62 CAPITOLO 4. RISULTATI

implica un abbassamento del rate di degradazione di tali proteine [58].

Per valutare se il verificarsi di questo fenomeno possa spiegare il comporta-

mento sperimentale del sistema, e stata effettuata una simulazione in cui i

parametri di degradazione delle proteine repressori γTetR e γLac sono stati im-

postati in modo combinatorio su valori nominali (γnominale ) ed arbitrariamente

bassi (10−2 × γnominale), ottenendo i risultati riportati in Fig. 4.1. Sebbene la

variazione di questi parametri alteri significativamente l’uscita del sistema, nes-

suno degli andamenti predetti e riconducibile al comportamento mostrato dai

dati sperimentali in corrispondenza delle concentrazioni di 3OC6-HSL in cui i

sistemi mostrano un comportamento diverso da quello predetto dal modello.

Non e quindi possibile trarre conclusioni che possano giustificare il comporta-

mento del sistema attraverso questa analisi.

4.1.2 Verifica della stabilita genetica delle parti

La seconda ipotesi considerata e stata la comparsa di mutazioni nel DNA (in

una o piu parti del circuito), eventualmente verificatesi a causa di concentra-

zioni, al limite della tossicita, delle proteine prodotte.

Stabilita fenotipica

Come mostrato in Fig. 2.2, y16 ed y21 mostrano un comportamento non

predicibile, in cui l’espressione di RFP si abbassa significativamente, per con-

centrazioni di 3OC6-HSL superiori a 10 nM in y16 ed inferiori a 1 nM in y21.

Per verificare se l’abbassamento di RFP sia dovuto a mutazioni nelle sequen-

ze nucleotidiche dei circuiti, i ceppi ricombinanti con i costrutti y16 e y21,

cresciuti nelle condizioni in cui la loro uscita risultava quantitativamente non

predicibile, sono stati riportati ai livelli di induzione corrispondenti a condizio-

ni in cui il comportamento era apparso in accordo con le predizioni del modello

(induzione nulla per y16 e massima per y21). Ci si aspetta quindi che, in caso

di danno irreversibile al DNA, l’espressione di RFP non sia in grado di ritor-

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE63

(a) Simulazione del comportamento di y16.

(b) Simulazione del comportamento di y21.

Figura 4.1: Simulazione dei circuiti al variare dei parametri di degradazionedelle proteine TetR e LacI. Nei grafici sono riportati i valori delle uscite del sistema in termini

di SSScell al variare dei parametri di degradazione γTetR e γLac. Dove le simulazioni sembrano esser rette,

l’andamento della curva stimata e in realta ancora di tipo sigmoidale (crescente in y16, decrescente in y21)

sebbene la differenza tra massimo e minimo non sia visibile nella scala in cui questi grafici sono riportati.

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64 CAPITOLO 4. RISULTATI

nare a valori confrontabili con quelli delle rispettive induzioni in cui l’uscita

era correttamente predetta dal modello.

Sono stati quindi compiuti degli esperimenti in cui ceppi ricombinanti con y16

ed y21 vengono testati in presenza di 3OC6-HSL alle induzioni minima (0 nM),

massima (10 µM), ed alla concentrazione alla quale il circuito mostra la prima

impredicibilita marcata (10 nM per y16, 1 nM per y21), testati come in Sez.

3.5.1. Al termine di questo esperimento, si e seguito il seguente protocollo:

1. lavaggio dei campioni y16 mediante centrifugazione e ri-sospensione dei

pellet in 200 µL di M9 selettivo non indotto con lo scopo di rimuovere

l’induttore presente dal terreno;

2. inoculo di 5 µL dei campioni y16 lavati in 500 µL di M9 selettivo, non

indotto e crescita ON; inoculo di 5 µL dei campioni y21 in 500 µL di M9

selettivo, indotto 3OC6-HSL 10 µM e crescita ON;

3. diluizione 1:100 delle colture in 200 µL di M9 selettivo fresco opportu-

namente indotto (0 nM per y16, 10 µM per y21) in micro-piastra da 96

pozzetti e test con protocollo descritto in Sez. 3.4.

Come si puo notare in Fig. 4.2, la stabilita fenotipica e conservata in quanto,

propagando le colture dopo l’esposizione a condizioni di crescita che causano un

comportamento non correttamente predetto dal modello in terreni in presenza

di concentrazioni di 3OC6-HSL corrispondenti ad un’uscita coerente con le

predizioni, il comportamento dei circuiti viene ripristinato.

Stabilita genotipica: gel di screening e sequenziamento del plasmide

Per verificare l’assenza di mutazioni in grado di giustificare l’abbassamento im-

predicibile dell’uscita del sistema, sono state effettuate anche delle analisi per

la valutazione della stabilita genotipica mediante screening con elettroforesi su

gel e sequenziamento del plasmide. In particolare, sono state prelevate delle

aliquote da 2 µL dalle colture realizzate nel punto 2 del protocollo precedente-

mente descritto, reinoculate poi in 10 mL di terreno LB selettivo, in provette

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE65

0 1E−1 1E+0 1E+1 1E+2 1E+3 1E+40

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4Stabilità fenotipica circuito y16

3OC6−HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

0 1E−1 1E+0 1E+1 1E+2 1E+3 1E+40

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4Stabilità fenotipica circuito y21

3OC6−HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

Figura 4.2: Stabilita fenotipica: analisi della stabilita dei sistemi y16 edy21. SSScell dopo il lavaggio di 3OC6-HSL (per y16) o l’induzione a concentrazione massima di 3OC6-HSL

(per y21) a partire dalla concentrazione di induttore indicata sull’asse x. I punti rappresentano la media dei

dati sperimentali su almeno 3 repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di confidenza

al 95% della media.

da 50 mL e cresciute ON. Il giorno seguente, sono stati purificati i plasmidi, con

un protocollo analogo a quello descritto in Sez. 3.2 (esclusa la ligazione); quin-

di, sono stati digeriti mediante enzimi EcoRI -PstI e la lunghezza delle parti

risultanti e stata analizzata mediante elettroforesi su gel. I plasmidi relativi

alle colonie y162 (seconda replica biologica di y16) ed y211 (prima replica bio-

logica di y21) sono stati sottoposti a sequenziamento Sanger (BMR Genomics,

Padova), con i primer utilizzati VR: 5’-ATTACCGCCTTTGAGTGAGC-3’ e

C0062VF: 5’-GAATGTTTAGCGTGGGCATG-3’ [59].

Dall’analisi del gel1, si puo notare che i costrutti y16 ad induzioni elevate (im-

predicibilita marcata) presentano alcune bande di lieve intensita a lunghezze

differenti da quelle attese (plasmide pSB4C5=3221 bp; inserto y16=4063 bp),

1Lettura gel: le colonne con piu bande sono dei riferimenti (Ladder) con i quali e

possibile discriminare porzioni di DNA a lunghezza differente; le altre colonne rappresentano

le diverse colture. Le bande presenti nelle colonne delle colture corrispondono alle porzioni

di plasmidi digeriti (vettori ed inserti), le cui lunghezze teoriche sono determinate sulla base

delle informazioni sulle singole parti riportate nel Registry of Standard Biological Parts[23].

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66 CAPITOLO 4. RISULTATI

non presenti invece nelle colture sottoposte ad induzione nulla; per y21 invece,

al variare della concentrazione di 3OC6-HSL, non sono osservabili alterazioni

nelle bande visualizzate (plasmide pSB4C5=3221 bp; inserto y21=4000 bp).

Tutte le colture analizzate, presentano bande intense coerenti alle lunghezze

attese di vettore ed inserto (Fig. 4.3(a)).

Dall’analisi dei sequenziamenti, effettuata utilizzando il software ApE (Way-

ne Davis, University of Utah), solo nel costrutto y162 all’induzione 10 µM e

stata riscontrata una mutazione a carico di una piccola parte della popola-

zione sequenziata (sulla base della presenza di un tracciato di bassa intensita

sovrapposto al segnale corretto, Fig. 4.3(b)). Utilizzando lo strumento BLA-

ST (NCBI) si e quindi proceduto all’allineamento tra la sequenza mutata con

quella del costrutto corretto: da quest’analisi e emerso che la mutazione pre-

sente in parte della popolazione analizzata e una delezione che interessa larga

parte del circuito, dal gene luxR (escluso) a tutto il gene codificante la RFP

(Fig. 4.3(c)).

In conclusione, data la debolezza d’intensita delle bande inattese presenti nel

gel e del tracciato osservato, e dato l’accertamento di una mutazione nel so-

lo clone y162 indotto 10 µM e non negli altri cloni che avevano mostrato un

comportamento non predicibile (y162-10 nM, y211-1 nM ed y211-0 nM), le

informazioni ricavate da queste analisi non possono giustificare la scarsa pre-

dicibilita complessiva del circuito; sono piuttosto una possibile conseguenza

di una probabile condizione di stress cellulare, la cui causa e stata ricercata

attraverso gli esperimenti di seguito presentati.

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE67

(a) Stabilita genotipica: gel di screening dei sistemi y16 ed y21 dopo analisi della stabilita.

(b) Compresenza di due segnali sovrapposti nel cromatogramma di y162.

(c) Costrutto mutato in y162.

Figura 4.3: Analisi della stabilita genotipica dei sistemi y16 ed y21. a)

Elettroforesi su gel per screening dei costrutti y16 e y21 nel plasmide pSB4C5 dopo un esperimento in cui le

colture sono cresciute in presenza della concentrazione di 3OC6-HSL riportata. A destra e sono riportate le

lunghezze relative al marcatore dei pesi molecolari (Ladder). Tre colonie sono state testate per tre induzioni

diverse in ciascun costrutto. b) Cromatogramma relativo al sequenziamento di y162 1 µM con il primer

VR, in cui si puo osservare la presenza di un secondo tracciato (dalla freccia gialla in poi), che ha permesso

di identificare la mutazione in una parte della popolazione sequenziata. c) Illustrazione della mutazione

identificata: e avvenuta una delezione a partire dalla sequenza a valle del gene luxR fino al gene rfp incluso.

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68 CAPITOLO 4. RISULTATI

4.1.3 Interferenza tra le parti

La terza ipotesi vagliata per identificare la causa delle non predicibilita ri-

scontrate in fase di caratterizzazione sperimentale del circuito e legata al so-

vraccarico metabolico, dovuto all’espressione ad alti livelli dei fattori di tra-

scrizione presenti nel circuito e ad interferenze non modellizzate tra le diverse

sotto-parti. Appurato che:

• un rallentamento del tempo di emivita delle proteine coinvolte nel cir-

cuito, a seguito di una variazione nell’attivita proteasica, non giustifiche-

rebbe il comportamento del sistema (da simulazione);

• la stabilita genetica delle colture e conservata (mediamente) per ogni

induzione a cui il sistema e sottoposto;

la differenza tra predizioni e comportamento sperimentale del sistema puo

dipendere esclusivamente da:

• interferenze biochimiche non modellizzate nella regolazione dell’espres-

sione genica;

• sovraccarico metabolico per una o piu parti del sistema, dovuto alla

limitatezza delle risorse dei sistemi biologici.

Controllo dell’espressione di RFP attraverso IPTG

Come prima verifica della presenza di un’interferenza tra le parti, e stato effet-

tuato un semplice controllo per simulare un disaccoppiamento delle parti del

sistema. Dal momento che l’azione repressiva di LacI sul promotore PLac puo

essere inibita mediante IPTG (vedere Sez. 3.1.2), sono stati compiuti degli

esperimenti seguendo un protocollo analogo a quello riportato in Sez. 3.5.1; in

questo caso pero sono stati valutati solo 4 livelli d’induzione di 3OC6-HSL e

tutte le colture sono state testate sia in condizioni normali che con crescita in

terreni indotti con IPTG ad una concentrazione 500 µM. In presenza di IPTG,

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE69

Figura 4.4: Sistemi y16 ed y21 indotti con IPTG. Entrambi i sistemi sono stati

caratterizzati indotti con 500 µM di IPTG. I punti rappresentano la media dei dati sperimentali su almeno

3 repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% della media.

ci si attende che il sistema presenti un’uscita costante al variare delle concen-

trazioni di 3OC6-HSL: il promotore PLac infatti, non essendo piu represso, e

equiparabile ad un promotore costitutivo. L’osservazione dei grafici riportati

in Fig. 4.4, evidenzia come il sistema, anche quando l’uscita attesa e costante,

mostri un comportamento impredicibile, suggerendo la presenza di un’interfe-

renza tra le parti che lo costituiscono ed un possibile fenomeno di crosstalk tra

la proteina TetR ed il promotore PLac, che potrebbe avvenire quando TetR si

trova espresso ad elevati livelli.

Controllo della modulazione di PLac attraverso TetR

In [60] vengono presentati due circuiti analoghi a quelli studiati in questo la-

voro, con uscite predicibili, la cui unica differenza strutturale rispetto ad y16

ed y21 risiede nell’ordine dei blocchi centrali del circuito. Nel circuito duale ad

y16, il promotore PLux, piu forte tra tutti i promotori utilizzati (vedere Tab.

3.1), pilota l’espressione della proteina LacI (in y16, PLux pilota l’espressione

di TetR); tale lavoro dimostra quindi implicitamente come un’alta concentra-

zione della proteina LacI non generi impredicibilita nel sistema. Per questo

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70 CAPITOLO 4. RISULTATI

motivo, in aggiunta a quanto osservato nell’esperimento precedente, lo studio

dell’interferenza tra le parti dei sistemi e stato focalizzato sull’analisi di una

possibile influenza esercitata da alte concentrazioni della proteina TetR sul

promotore PLac, pilotante l’espressione di RFP.

Per effettuare questa analisi, sono stati implementati ad hoc due circuiti costi-

tuiti da tre blocchi:

• un Blocco input, identico a quello presente in y16, con promotore indu-

cibile forte PLux (vedere Tab. 2.0(a));

• un Blocco disaccoppiato, differente nei due circuiti implementati (chia-

mati N4 ed N5) le cui strutture sono riportate in Tab. 4.1. In questi

blocchi e stata mantenuta l’espressione di TetR, pilotata dal Blocco in-

put, ma PTet e il Blocco PLac sono stati rimossi e l’espressione della RFP

e pilotata in un caso da PLac (N4) e nell’altro dal promotore costitutivo

BBa J23100 (N5);

• un Blocco output (vedere Tab. 2.0(d)).

(a) Blocco disaccoppiato Circuito N4

Parte RBS tetR TT PLac

BBa B0031 C0040 B0015 R0040

(b) Blocco disaccoppiato Circuito N5

Parte RBS tetR TT J100

BBa B0031 C0040 B0015 J23100

Tabella 4.1: Blocchi di disaccoppiamento dei circuiti N4 ed N5. I blocchi centrali

dei circuiti N4 ed N5 realizzano un disaccoppiamento del blocco d’ingresso dal blocco di uscita del sistema.

La presenza di due promotori differenti, regolato in N4, costitutivo in N5, consente di discriminare la non

predicibilita per fenomeno di crosstalk da quella per sovraccarico metabolico.

Attraverso il circuito N4 e possibile studiare se la presenza di TetR, a diverse

concentrazioni di 3OC6-HSL, influisca o meno sulla forza del promotore re-

golato PLac quando questo opera come un promotore costitutivo (in assenza

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE71

del repressore LacI espresso nel circuito): il blocco centrale infatti, realizza il

disaccoppiamento tra Blocco input e Blocco output, in quanto non include il

processo di sintesi di LacI pilotato da PTetR presente in y16 ed y21. Lo studio

del comportamento di N4 e stato compiuto sia in presenza di IPTG che in sua

assenza, nelle stesse condizioni sperimentali e con lo stesso protocollo utilizzato

per gli esperimenti descritti in precedenza.

L’analisi del costrutto N5 consente di valutare se l’influenza che la proteina

TetR parrebbe esercitare sul promotore PLac sia da attribuirsi a fenomeni di

crosstalk o sia da imputare ad altre cause: nel primo caso, l’uscita del circuito

N5 e atteso rimanga costante per qualsiasi induzione di 3OC6-HSL in quanto,

essendo BBa J23100 un promotore costitutivo, questo non puo essere affetto

da fenomeni di tipo induttivo o repressivo da parte di altre molecole. Nel caso

invece in cui anche l’uscita di N5 non sia predicibile, tale comportamento e da

attribuirsi a fenomeni che interessano globalmente il metabolismo dei batteri

e non a specifiche interazioni molecolari non modellizzate.

Per questi esperimenti, sono state utilizzate come controllo delle colture di

batteri contenenti i soli Blocchi output, pilotati in un caso da PLac (costrutto

A33, controllo per N4) e nell’altro da BBa J23100 (costrutto J100, controllo

per N5). I risultati degli esperimenti sono riportati in Fig. 4.5 e 4.6: l’ana-

lisi di questi grafici dimostra che l’impredicibilita dei sistemi non puo essere

attribuita ad un fenomeno di crosstalk specifico tra repressore TetR ad alte

concentrazioni e promotore PLac in quanto, sia N5 che N4 (sia in assenza che in

presenza di IPTG2), presentano il medesimo comportamento, con uscite non

riconducibili all’espressione pilotata da due promotori costitutivi ed una ridu-

zione nei livelli d’espressione media della proteina reporter al crescere della

concentrazione di 3OC6-HSL che portano ad avere un Scell pari rispettivamen-

te a 26%, 80% e 53% (per N4, N4 indotto con IPTG ed N5) del valore di Scell

2Sebbene nel circuito non sia presente il gene lacI e quindi non sia espresso il repressore

LacI, il segnale di N4 in presenza di IPTG risulta maggiore in quanto quest’ultimo lega le

molecole di LacI, codificato nel genoma di E. coli TOP10 ed espresso costitutivamente, il

quale, in assenza di IPTG, impone una repressione del promotore PLac.

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72 CAPITOLO 4. RISULTATI

Figura 4.5: Analisi del sistema N4. Espressione di RFP da parte di PLac (pannello in

alto) e PLac in presenza di 500 µM di IPTG nel circuito N4, in funzione di 3OC6-HSL (pannello in basso).

La retta riportata in magenta rappresenta l’Scell medio del promotore PLac caratterizzato individualmente

(costrutto A33). I punti rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% della media.

Figura 4.6: Analisi del sistema N5. Espressione di RFP da parte di J23100 assemblato nel

circuito N5, in funzione di 3OC6-HSL. La retta riportata in magenta rappresenta l’Scell medio del promotore

J23100 caratterizzato individualmente (costrutto J100). I punti rappresentano gli intervalli di confidenza al

95% della media.

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4.1. DEBUG DELLA CASCATA DI REGOLATORI DI TRASCRIZIONE73

Tabella 4.2: Blocco GFP dei circuiti N1 ed N2. Struttura del blocco a valle dei circuiti

y16 ed y21 nei costrutti N1 ed N2.

Parte PC RBS GFP TT

BBa J23100 B0032 E0040 B0015

nel caso non indotto.

La presenza di tale comportamento non predicibile ma coerente in tutte le con-

dizioni considerate, evidenzia l’esistenza in sistemi cosı costituiti di una con-

dizione di sovraccarico metabolico, non imputabile semplicemente alla singola

interazione molecola-promotore.

4.1.4 Analisi sovraccarico metabolico

Per validare l’ipotesi del sovraccarico metabolico, sono stati realizzati due co-

strutti, chiamati N1 ed N2, con struttura identica ad y16 ed y21 ma con in piu,

a valle, un Blocco GFP in cui un promotore costitutivo pilota l’espressione di

una proteina reporter a fluorescenza verde GFP.

In [61] infatti, e stato recentemente dimostrato come l’utilizzo di un gene re-

porter costitutivamente espresso, nel genoma dell’organismo ospite, permetta

di verificare la presenza di condizioni di sovraccarico metabolico: se una cel-

lula in cui sia stato incorporato un circuito e in grado di svolgere le proprie

funzioni cellulari (ad esempio trascrizione e traduzione di genoma e plasmidi

trasformati) senza sovraccaricare il macchinario trascrizionale e traduzionale,

la proteina reporter indicante lo stato cellulare (GFP nel caso di N1 ed N2),

essendo posta a valle di un promotore costitutivo, deve dare in uscita un segna-

le stabile indipendentemente delle condizioni di lavoro (nel caso di y16 e y21,

induzioni di 3OC6-HSL). Viceversa, la presenza di un sovraccarico metabolico

gravera sulla produzione della proteina reporter. Poiche in y16 e y21 e gia

presente un gene reporter, la scelta del secondo reporter e stata effettuata in

modo tale da rilevare due segnali (RFP e GFP) aventi spettri di fluorescenza

contestualmente ben separati [31].

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74 CAPITOLO 4. RISULTATI

Figura 4.7: Analisi dei sistemi N1 ed N2. Espressione di RFP (pannelli in alto) e GFP

(pannelli in basso) per i costrutti N1 (sinistra) ed N2 (destra), in funzione di 3OC6-HSL. Nel caso di GFP,

la retta riportata in verde rappresenta l’Scell medio del promotore J23100 caratterizzato individualmente

(costrutto A37). I punti rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% della media.

I circuiti N1 ed N2 sono stati testati nelle stesse condizioni e con lo stesso

protocollo con cui sono stati studiati i circuiti y16 ed y21 (vedere Sez. 3.5.1).

Come controllo, sono state analizzate anche delle colture in cui e stato trasfor-

mato il solo Blocco GFP (costrutto A37).

Dai grafici riportati in Fig. 4.7 e possibile notare come l’ipotesi di sovracca-

rico metabolico sia verificata: i livelli del segnale GFP infatti risultano essere

minori del segnale di controllo sia per N1 che per N2. Per il circuito N1 e

particolarmente evidente come i segnali di GFP ed RFP abbiano lo stesso

andamento al variare dell’induzione di 3OC6-HSL; questo comportamento e

indice di una dipendenza dal carico metabolico a cui la cellula e sottoposta

quando l’induzione di PLux e superiore ad una determinata soglia e quindi

TetR e altamente espresso. Non e stato possibile osservare questo stesso anda-

mento nell’espressione della proteina GFP nel circuito N2 in quanto il segnale

assume un valore costante per tutte le induzioni di 3OC6-HSL, molto minore

del controllo.

Ad ulteriore dimostrazione di questa ipotesi, e stata fatta un’analisi del growth

rate delle colture. Dai grafici riportati in Fig. 4.8 e possibile notare come, con

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 75

0 1E−1 1E+0 1E+1 1E+2 1E+3 1E+40

50

100

150

200

250

300

HSL [nM]

doub

ling

time

[min

]

Circuito N1

0 1E−11E+01E+11E+21E+31E+40

50

100

150

200

250

300

HSL [nM]do

ublin

g tim

e [m

in]

Circuito N2

Figura 4.8: Analisi del growth rate. Tempo di raddoppiamento delle colture con N1 ed N2

in funzione di 3OC6-HSL. I punti rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% della media.

l’aumentare dell’impredicibilita del sistema, la crescita cellulare risulti rallenta-

ta. Questo fenomeno trova giustificazione nell’ipotesi che la carenza di risorse

di una cellula sottoposta a sovraccarico metabolico, si ripercuota anche nei me-

tabolismi regolanti la divisione; l’intera popolazione e quindi soggetta ad una

crescita rallentata o quantomeno sub-ottimale. Questo risultato ha permesso

di individuare la causa della non predicibilita dei circuiti presi in esame, che

risiede nel sovraccarico metabolico del macchinario trascrizionale/traduzionale

della cellula ospite. La quantificazione di tali effetti e cruciale nell’individuazio-

ne dei limiti di predicibilita dei sistemi biologici e per permettere l’applicazione

dell’approccio bottom-up in biologia sintetica.

4.2 Debug del controllore ad anello chiuso con

retroazione negativa

In questa sezione saranno presentati i risultati relativi al debug del secondo dei

due circuiti studiati, cioe il controllore ad anello chiuso della concentrazione

extra-cellulare di 3OC6-HSL.

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76 CAPITOLO 4. RISULTATI

Sulla base dei risultati mostrati in Sez. 2.2, Fig. 2.4 in cui il sistema re-

troazionato non si comporta in modo predicibile sono stati effettuati diversi

interventi per provare a spiegare tale impredicibilita, alcuni dei quali hanno

portato all’aggiornamento delle stime parametriche per tenere conto dei feno-

meni identificati. In particolare, la presenza di due plasmidi, cotrasformati,

nel ceppo ricombinante che implementa il circuito del controllore e stata consi-

derata come una sorgente di variabilita in termini di copy number, ma anche di

trascrizione o traduzione a causa del carico metabolico superiore al caso in cui

sia presente un singolo plasmide (Sez. 4.2.1). Tutti i dati disponibili, compresi

quelli acquisiti durante questo lavoro di tesi, sono stati infine analizzati ed

utilizzati per ri-stimare tutti i parametri del modello, tenendo esplicitamente

conto delle distribuzioni dell’errore di misura dei dati (Sez. 4.2.2). Infine le

predizioni del modello cosı rielaborato sono presentate in Sez. 4.2.3.

4.2.1 Analisi con plasmidi cotrasformati

Per giustificare la discrepanza tra le predizioni del modello ed i dati sperimen-

tali, e stato ipotizzato che la presenza di due plasmidi cotrasformati all’interno

di una cellula possa causare alterazioni, non modellizzate, nel comportamento

del sistema.

Copy number

Una prima analisi ha riguardato l’effetto che la presenza di due plasmidi co-

trasformati ha sul copy number dei plasmidi. Tale parametro e stato stimato

indirettamente, analizzando le variazioni nei livelli di espressione di un gene re-

porter, assemblato nei plasmidi in studio, nel caso in cui questi siano cotrasfor-

mati con un secondo plasmide di riferimento. Per valutare questa condizione,

sono stati realizzati dei costrutti costituiti da cinque promotori costitutivi pilo-

tanti l’espressione di una RFP (sempre con lo stesso RBS) in plasmide pSB3K3.

I promotori costitutivi utilizzati sono BBa J23101, BBa J23105, BBa J23106,

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 77

BBa J23110, BBa J23116.

Le cinque colture contenenti i soli plasmidi sopra descritti, sono state quindi

testate in parallelo ad altrettante colture contenenti gli stessi plasmidi, co-

trasformati pero con il circuito realizzato su plasmide pSB4C5 presente nel

sistema retroazionato (vedere Fig. 2.3).

Il protocollo seguito e analogo a quello utilizzato per la caratterizzazione di

promotori allo stato stazionario, riportato in Sez. 3.6.1, senza alcuna indu-

zione; l’analisi e stata poi ripetuta una seconda volta, inducendo le colture

cotrasformate con aTc a concentrazione 100 ng/mL, per riprodurre le condi-

zioni sperimentali del controllore. In Fig. 4.9 sono riportati i risultati ottenuti:

dall’analisi del grafico a barre si nota che l’influenza sul copy number al variare

Figura 4.9: Analisi della variazione del copy number di pSB3K3. I grafici

a barre riportano il valore di Scell nei contesti indicati. Nell’ipotesi che essi siano proporzionali al copy

number di pSB3K3, questa figura mostra le sue variazioni in tre diversi contesti. Le barre rappresentano gli

intervalli di confidenza al 95% della media.

delle condizioni non e di entita rilevante. Infatti, il CV medio tra la condi-

zione cotrasformata e quella non cotrasformata e 16% e 6%, rispettivamente

nei casi di colture indotte ed non indotte con aTc. Inoltre, nel caso di colture

cotrasformate indotte con aTc, in cui si osserva la differenza di maggior en-

tita, si riscontra un incremento sistematico del copy number (vedere Fig. 4.9),

mentre il comportamento sperimentale osservato nel sistema a retroazione nel

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78 CAPITOLO 4. RISULTATI

10−1

100

101

102

103

104

105

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

3OC6−HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

PLux

in MC singolo plasmide VS PLux

cotrasformato

PLux

in MC cotrasformato

PLux

in MC singolo plasmide

Figura 4.10: Confronto tra la funzione ingresso-uscita di PLux in singoloplasmide e cotrasformato. Sono mostrati i dati di caratterizzazione quantitativa, in funzione

di 3OC6-HSL, relativi al promotore PLux con a valle rfp, assemblato in pSB3K3 trasformato in E. coli da

solo oppure in presenza di un secondo plasmide, pSB4C5 con un sistema di espressione per luxI sotto il

controllo di PTetR non indotto da aTc. I punti rappresentano la media dei dati sperimentali su almeno 3

repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di confidenza al 95% della media.

circuito di Fig. 2.3 potrebbe essere spiegato attraverso una diminuzione del

copy number.

Caratterizzazione PLux cotrasformato

Scartata l’ipotesi dell’influenza sul copy number, e stato scelto di valutare se la

condizione di cotrasformazione influisse sulla caratterizzazione del promotore

PLux; in particolare, l’analisi della cotrasformazione con il circuito realizzato

su plasmide pSB4C5 presente nel sistema retroazionato (vedere Fig. 2.3), uti-

lizzato anche nel precedente esperimento, e di particolare interesse in quanto

riproduce esattamente le condizioni in cui il promotore PLux opera all’interno

del circuito di controllo a retroazione negativa.

L’esperimento e stato condotto nelle condizioni descritte in Sez. 3.6.1 per

la caratterizzazione di promotori allo stato stazionario; l’analisi ha portato

ai risultati presenti in Fig. 4.10. Data la differenza nella risposta del pro-

motore nelle due condizioni, per simulare il sistema finale e stato scelto di

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 79

utilizzare i parametri stimati ai partire dai dati ottenuti nella condizione di

cotrasformazione.

4.2.2 Studio del modello d’errore

In [51], le stime dei parametri sono il risultato di un’analisi basata sul metodo

Monte Carlo per la propagazione delle incertezze, sotto l’ipotesi che le distri-

buzioni dei dati sperimentali siano a varianza costante. Nell’ottica di eliminare

le componenti che potessero indurre l’impredicibilita quantitativa del sistema,

tutti i parametri del modello generale sono stati nuovamente stimati a partire

dai dati sperimentali (descritti in [51]): per ogni caratterizzazione, e stato con-

siderato un nuovo modello d’errore, scelto ad hoc sulla base delle distribuzioni

delle varianze osservate nei dati sperimentali. Tale modello e stato di volta

in volta utilizzato per generare i vettori dei pesi per le stime parametriche

attraverso l’algoritmo di ottimizzazione Weighted Least Squares (WLS).

Stima dei parametri statici per i promotori PTetR e PLux

In questo lavoro sono state fatte quattro caratterizzazioni di promotori: PTetR

in plasmide LC3, PTetR in plasmide MC (utilizzato nella caratterizzazione del-

l’attivita dell’enzima AiiA), PLux in plasmide MC e PLux in plasmide MC

cotrasformato con un plasmide LC contenente il gene luxI. Sulla base delle

varianze dei dati grezzi (Fig. 4.11), e stato scelto di rappresentare il modello

d’errore attraverso la seguente equazione:

ε2 = σ2l + CV 2

g · z2 (4.1)

dove:

• σ2l e il termine additivo di varianza, considerata separatamente per ogni

promotore;

3LC: plasmide pSB4C5 a basso numero di copie; MC: plasmide pSB3K3 a medio numero

di copie.

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80 CAPITOLO 4. RISULTATI

0 0.2 0.4 0.60

0.005

0.01

0.015

Varianza per PTetR

in LC

0 0.5 10

0.5

1

CV−Media per PTetR

in LC

0 0.5 10

0.5

1

1.5

ScellSS [A.U. cell−1 min−1]

CV−Mediana per PTetR

in LC

0 1 2 30

0.2

0.4

Varianza per PLux

in MC

0 2 40

0.5

1

CV−Media per PLux

in MC

0 2 40

0.5

1

ScellSS [A.U. cell−1 min−1]

CV−Mediana per PLux

in MC

0 1 20

0.2

0.4

Varianza per PTetR

in MC

0 1 20

0.5

1

CV−Media per PTetR

in MC

0 1 20

0.5

1

ScellSS [A.U. cell−1 min−1]

CV−Mediana per PTetR

in MC

0 0.5 1 1.50

0.02

0.04

0.06

Varianza per PLux

cotr. in MC

0 1 20

0.1

0.2

CV−Media per PLux

cotr. in MC

0 1 20

0.1

0.2

ScellSS [A.U. cell−1 min−1]

CV−Mediana per PLux

cotr. in MC

Statistiche

σl2+CV

g2⋅ z2

Figura 4.11: Modello d’errore utilizzato nella stima dei parametri staticidei promotori. Per ogni promotore sono mostrati varianza (prima riga di pannelli) e CV calcolato

sulla media (seconda riga) o sulla mediana (terza riga). Per descrivere il modello di errore relativo alla

caratteristica statica dei promotori e stato scelto un modello misto additivo-proporzionale, i cui parametri

sono stati stimati per ciascun promotore. Il fitting della varianza dell’errore con il modello risultante e

mostrato con linee blu. I punti mostrano varianze o CV calcolati su almeno tre repliche biologiche ad una

data induzione e sono mostrati in funzione dell’Scell medio relativo all’induzione.

• CVg e il coefficiente di variazione globale, parametro stimato interpo-

lando con l’Eq. 4.1 le varianze sperimentali dei dati aggregati di tutti i

promotori;

• z e il valore del singolo dato, espresso in Scell;

• ε e il vettore dei pesi utilizzato nella WLS.

Il fitting delle varianze ottenuto utilizzando questo modello e riportato in (Fig.

4.11). Il fitting finale e riportato invece in Fig. 4.12.

Stima dei parametri dinamici per i promotori PTetR in plasmide LC

e PLux in plasmide MC

Per la stima dei parametri rPLux (Eq. 3.13) ed rPTetR (Eq. 3.12), sulla base

delle varianze dei dati grezzi riportate in Fig. 4.13, e stato scelto di utilizzare

un modello d’errore a CV costante. Il vettore dei pesi utilizzato nella WLS e

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 81

10−2

10−1

100

101

102

103

−0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

aTc [ng/mL]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

PTetR

in LC

Fitting a σl e CV

g

Dati sperimentali

(a) PTetR in plasmide LC.

10−3

10−2

10−1

100

101

102

103

−0.5

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

aTc [ng/mL]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

PTetR

in MC

Fitting a σl e CV

g

Dati sperimentali

(b) PTetR in plasmide MC.

10−2

10−1

100

101

102

103

104

105

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. c

ell−

1 min

−1 ]

PLux

in MC

Fitting a σl e CV

g

Dati sperimentali

(c) PLux in plasmide MC.

10−2

10−1

100

101

102

103

104

105

0

0.5

1

1.5

2

HSL [nM]

Sce

llS

S [A

.U. r c

ell−

1 min

−1 ]

PLux

in MC cotrasformato

Fitting a σl e CV

g

Dati sperimentali

(d) PLux in plasmide LC cotrasformato.

Figura 4.12: Fitting dei parametri del promotore. Dati sperimentali e fitting risultante

per la caratteristica statica di ciascuno dei promotori e condizioni utilizzati. I punti rappresentano la media

dei dati sperimentali su almeno 3 repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di

confidenza al 95% della media. Le curve blu rappresentano i fitting mediante i relativi modelli identificati.

−0.5 0 0.5 10

0.1

0.2

Varianza per PTetR

in LC

−0.5 0 0.5 1−2

0

2CV−Media per P

TetR in LC

−0.5 0 0.5 1−5

0

5CV−Mediana per P

TetR in LC

Scell

[A.U. cell−1 min−1]

−1 0 1 2 30

0.2

0.4

Varianza per PLux

in MC

−1 0 1 2 3−5

0

5CV−Media per P

Lux in MC

−1 0 1 2 3−5

0

5CV−Mediana per P

Lux in MC

Scell

[A.U. cell−1 min−1]

Figura 4.13: Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dinamica.Per ogni promotore sono mostrati varianza (prima riga di pannelli) e CV calcolato sulla media (seconda

riga) o sulla mediana (terza riga). I punti mostrano varianze o CV calcolati su almeno tre repliche biologiche

ad un dato tempo e sono mostrati in funzione dell’Scell medio relativo a quel tempo.

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82 CAPITOLO 4. RISULTATI

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180−0.5

0

0.5

1

Sce

ll [A.U

. cel

l−1 m

in−

1 ] Dinamica di attivazione di PTetR

in LC

Fitting a CV−costanteDati sperimentali (media)

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200

0

2

4

Tempo [min]

Sce

ll [A.U

. cel

l−1 m

in−

1 ] Dinamica di attivazione di PLux

in MC

Figura 4.14: Fitting delle dinamiche dei promotori PTetR in LC e PLuxin MC. Dati sperimentali e fitting risultante per la caratteristica dinamica di ciascuno dei promotori

utilizzati. I punti rappresentano la media dei dati sperimentali su almeno 3 repliche biologiche. Le curve

blu rappresentano i fitting mediante i relativi modelli identificati.

quindi costituito dall’inverso dei quadrati delle medie di Scell per ogni istante

temporale. Inoltre, poiche alcuni dei campioni iniziali di bassa ampiezza mo-

stravano rumore di entita molto elevata, e stato impostato un limite inferiore

di 0.8 per i quadrati delle medie. Per quanto riguarda PLux cotrasformato, il

valore del parametro rLux e stato assunto uguale al sistema non cotrasformato.

Stima dell’attivita di LuxI

Per la stima dei parametri kLuxI,max, kM,LuxI ed ηLuxI , relativi all’attivita del-

l’enzima LuxI, l’osservazione delle varianze dei dati (Fig. 4.15) ha suggerito

l’adozione di un modello d’errore a varianza costante, il cui corrispondente

vettore dei pesi nel calcolo dei WLS e quindi costituito da soli 1. Il fitting dei

dati e riportato in Fig. 4.16. Si tenga presente che le concentrazioni intracel-

lulari di LuxI sono a loro volta calcolate (Eq. 3.31) sui parametri relativi al

promotore PTetR in LC, la cui stima e stata descritta nei paragrafi precedenti.

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 83

0 5 100

1

2

3

4

5

6

7

8Varianza

Attività LuxI [cell−1 min−1]0 5 10

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5CV−Media

Attività LuxI [cell−1 min−1]0 2 4 6 8

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5CV−Mediana

Attività LuxI [cell−1 min−1]

Figura 4.15: Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dell’attivitadi LuxI. Sono mostrati varianza e CV relativi ai dati di attivita dell’enzima LuxI. I punti mostrano

varianze o CV calcolati su almeno tre repliche biologiche ad una data induzione e sono mostrati in funzione

dell’attivita media relativa a quell’induzione.

10−1

100

101

102

103

0

2

4

6

8

10

LuxI per cellula [A.U. cell−1]

Atti

vità

Lux

I [ce

ll−1 m

in−

1 ]

kLuxI

a σ−costante

Dati sperimentaliFitting

Figura 4.16: Fitting dell’attivita enzimatica di LuxI. Dati sperimentali e fitting

risultante per la caratteristica statica dell’attivita dell’enzima LuxI. I punti rappresentano la media dei dati

sperimentali su almeno 3 repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di confidenza al

95% della media. La curva blu rappresenta il fitting mediante il modello identificato.

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84 CAPITOLO 4. RISULTATI

Tabella 4.3: Promotori costitutivi utilizzati per il raffinamento della

caratterizzazione di AiiA.

Costrutto BBa Promotore SSScell (RPU)

E74 J23101 1.223004217

E75 J23105 0.160771252

E76 J23106 0.227238714

E77 J23116 0.04902193

E78 J23118 0.881678988

E81 J23110 0.806014016

E82 I14032 0.879494133

Stima dell’attivita di AiiA

La stima dei parametri dell’equazione (Eq. 3.34), e ottenuta effettuando

una regressione non lineare (basata su WLS, vedere Sez. 3.7), dei valori di

kAiiA(aTc) espressi in funzione della quantita [AiiA](aTc)SS, calcolata come

in Eq. 3.35; in quest’ultima vengono a loro volta utilizzati i valori descritti

dalla curva Eq. 3.29, che esprime il rate di sintesi del promotore PTetR allo

stato stazionario, in funzione della concentrazione di aTc, in un plasmide a

medio numero di copie.

In particolare, l’attivita di AiiA cresce da zero ai valori piu alti per livelli di

AiiA stimati tra 7 e 50 A.U. cell−1 rispettivamente; tale intervallo corrisponde

a concentrazioni di aTc d’induzione comprese tra 0.5 e 1 ng/mL, che non sono

cosı differenti: questo si ripercuote sulla stima finale dei parametri kAiiA,max,

kM,AiiA ed ηAiiA.

Al fine di ridurre l’errore dovuto alla mancanza (o imprecisione) dei dati appar-

tenenti al range di induzioni sopra descritto, sono stati effettuati degli esperi-

menti analoghi a quelli descritti in Sez. 3.6.2, utilizzando vari costrutti aventi,

al posto del promotore regolato PTetR, dei promotori costitutivi (Tab. 4.3), i cui

rate di sintesi fossero prossimi a quello di PTetR nell’intorno dello switch-point.

Per ognuno di questi costrutti e stato stimato un kAiiA(PCost); la concentrazione

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 85

10−3

10−2

10−1

100

0

0.1

0.2Varianza

10−3

10−2

10−1

100

0

1

2CV−Media

10−3

10−2

10−1

100

0

2

4CV−Mediana

Attività AiiA [cell−1 min−1]

CostitutiviP

TetR(aTc)

Figura 4.17: Statistiche degli esperimenti di caratterizzazione dell’attivitadi AiiA. Sono mostrati varianza e CV relativi ai dati di attivita dell’enzima AiiA. I punti mostrano

varianze o CV calcolati su almeno tre repliche biologiche ad una data induzione e sono mostrati in funzione

dell’attivita media relativa a quell’induzione. I punti in rosso sono relativi alla caratterizzazione effettuata

su AiiA pilotato da PTetR, mentre i punti in azzurro sono relativi alla caratterizzazione mediante promotori

costitutivi di diversa forza, al fine di raffinare la quantificazione dell’attivita enzimatica al variare del livello

intracellulare di AiiA.

intracellulare di AiiA e stata stimata come:

[AiiA]SSPCost =PCostSS

µ+ γLV A(4.2)

dove PCostSS e il rate di sintesi per cellula di un promotore costitutivo.

Per la stima dei parametri relativi all’attivita dell’enzima AiiA (kAiiA,max,

kM,AiiA ed ηAiiA), sono stati inclusi anche i dati provenienti dagli esperimenti

sui promotori costitutivi precedentemente descritti, svolti durante l’attivita di

tesi; l’osservazione delle varianze dei dati (Fig. 4.17) ha suggerito l’adozione

di un modello d’errore CV costante. Il fitting complessivo dei dati e riportato

in Fig. 4.18. In Tab. 4.4 sono riassunti tutti i parametri stimati in questo

lavoro, messi a confronto con le stime precedentemente proposte in [51]

4.2.3 Simulazioni post-debug

Utilizzando i parametri stimati come descritto nei precedenti paragrafi, e stato

infine simulato il sistema complessivo, ottenendo i seguenti risultati:

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86 CAPITOLO 4. RISULTATI

10−1

100

101

102

−0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

AiiA per cellula [A.U. cell−1]

Atti

vità

AiiA

[cel

l−1 m

in−

1 ]

kAiiA

a CV−costante

PTetR

(aTc)

CostitutiviFitting

Figura 4.18: Fitting dell’attivita enzimatica di AiiA. Dati sperimentali e fitting

risultante per la caratteristica statica dell’attivita dell’enzima AiiA. I punti rappresentano la media dei dati

sperimentali su almeno 3 repliche biologiche e le barre di errore rappresentano gli intervalli di confidenza

al 95% della media. La curva blu rappresenta il fitting mediante il modello identificato. Come nel grafico

precedente, i punti in rosso sono relativi alla caratterizzazione effettuata su AiiA pilotato da PTetR, mentre

i punti in azzurro sono relativi alla caratterizzazione mediante promotori costitutivi di diversa forza.

0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.40

20

40

60

80

100

120

ODSS600

HS

L [n

M]

Dati sperimentaliPredizioni

Figura 4.19: Predizione della caratteristica OD600-3OC6-HSL allo steadystate del controllore a retroazione negativa, dopo il debug effettuato. Dati

sperimentali e predizione del modello che descrive il livello allo stato stazionario di 3OC6-HSL in funzione

della densita cellulare in esperimenti in chemostato. I punti sperimentali rappresentano la media degli ultimi

tre valori misurati di 3OC6-HSL (tempo di campionamento: 30 min) in funzione del valore medio dell’OD600

lungo l’esperimento. Le barre di errore orizzontali e verticali rappresentano gli intervalli di confidenza al

95% delle medie di OD600 e 3OC6-HSL.

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4.2. DEBUG DEL CONTROLLORE AD ANELLO CHIUSO 87

Tabella 4.4: Confronto tra le stime dei parametri del modello per il con-trollore genetico a retroazione negativa pre e post-debug. Lista dei parametri

del modello con le rispettive descrizione ed unita di misura.

Nome Descrizione Stima [51] Nuova stima Unita di misura

rPTetRRate di attivazione del promotore

PTetR

0.1057 0.0902 min−1

αPTetRUscita massima del promotore

PTetR

1.0274 0.9432 A.U.cell1min−1

δPTetRAttivita basale percentuale del

promotore PTetR

0.0193 0.0209 −

kPTetRCostante di semi-saturazione del

promotore PTetR

3.1311 3.0648 ng/mL

ηPTetRCoefficiente di Hill del promotore

PTetR

3.1858 3.7077 −

rPLuxRate di attivazione del promotore

PLux

0.0586 0.0368 min−1

αPLuxUscita massima del promotore PLux 5.4136 2.5938 A.U.cell−1min−1

δPLuxAttivita basale percentuale del

promotore PLux

0.0173 0.0473 −

kPLuxCostante di semi-saturazione del

promotore PLux

559.33 984.37 nM

ηPLuxCoefficiente di Hill del promotore

PLux

0.7778 0.8331 −

kLuxI,max Massima attivita di LuxI 6.4584 6.0147 nMcell−1min−1

kM,LuxI Costante di semi-saturazione del-

l’attivita di LuxI

14.651 9.0998 A.U.cell−1

ηLuxI Coefficiente di Hill per l’attivita

enzimatica di LuxI

4.1011 3.2589 −

kAiiA,max Massima attivita di AiiA 0.4266 0.3625 cell−1min−1

kM,AiiA Costante di semi-saturazione del-

l’attivita di AiiA

11.744 21.779 A.U.cell−1

ηAiiA Coefficiente di Hill per l’attivita

enzimatica di AiiA

3.0296 4.3092 −

Come si puo notare in Fig. 4.19, i livelli di espressione di 3OC6-HSL allo

stato stazionario del sistema, simulati al variare dell’OD600 mantenuto nel

chemostato, sono coerenti con i dati sperimentali.

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88 CAPITOLO 4. RISULTATI

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Capitolo 5

Conclusioni

La progettazione bottom-up in Biologia Sintetica si basa sui concetti di modu-

larita e predicibilita, proprieta fondamentali in tutte le applicazioni ingegneri-

stiche. Tale approccio permette di costruire sistemi complessi, ottenuti assem-

blando moduli funzionali fondamentali, aventi comportamento predicibile data

la conoscenza delle caratteristiche quantitative dei sotto-moduli. Tuttavia, nel-

la progettazione di circuiti complessi mediante questo approccio, i sistemi pos-

sono presentare diversi livelli di impredicibilita una volta assemblati. In alcuni

casi infatti, sebbene la caratterizzazione delle parti sia accurata, questa non e

sufficiente a predire l’uscita di sistemi interconnessi dato che, sperimentalmen-

te, le parti non lavorano come atteso una volta assemblate. La determinazione

degli effetti contesto-dipendenti puo permettere, una volta noto il contesto in

cui le parti debbono lavorare, la realizzazione di sistemi complessi con compor-

tamenti predicibili a partire da parti caratterizzate individualmente. Quindi,

per far fronte a questi problemi e ridurre il tempo necessario a progettare

e realizzare nuove funzionalita in sistemi viventi, e importante caratterizzare

quantitativamente le parti fondamentali anche in relazione al contesto d’appli-

cazione, oppure avere degli strumenti modellistici sufficientemente accurati per

predire le caratteristiche quantitative delle parti dato il contesto di funziona-

mento (organismo, ceppo, terreno, plasmide, sequenze di DNA fiancheggianti,

89

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90 CAPITOLO 5. CONCLUSIONI

ecc.). In quest’ottica, lo studio di sistemi modello e un strumento importante

per assemblare sistemi artificiali aventi complessita crescente per valutare i li-

miti dovuti a contesti e condizioni di funzionamento dei sistemi; in particolare,

l’analisi dei sistemi non funzionanti e fondamentale per capire come tali con-

dizioni possano influenzare le parti se non addirittura rilevare eventuali fattori

ignoti che, introducendo comportamenti non predicibili, limitano i livelli di

complessita raggiungibile in fase di progettazione. In questo modo, oltre ad

ottenere informazioni sui contesti di funzionamento e le eventuali limitazioni

derivanti, e possibile ricercare soluzioni per, se non risolvere, quantomeno evi-

tare il ripresentarsi di analoghe situazioni in lavori successivi.

Uno dei migliori strumenti per gestire la complessita dei sistemi e migliorar-

ne la predicibilita, risulta essere la modellizzazione matematica; questa infatti

consente la descrizione di sistemi arbitrariamente complessi, utilizzando un

insieme limitato di parametri. L’identificazione di tali parametri e tuttavia

un processo complesso in quanto la caratterizzazione di una parte biologica

risulta intrinsecamente affetta da fonti di incertezza quali l’effetto del rumore

nell’espressione genica e le interazioni con altri contesti cellulari; tali incertezze

si propagano poi all’interno del modello portando a predizioni errate.

In questa tesi son state prese in considerazione due architetture di sistemi mo-

dello: cascata di regolatori di trascrizione e controllore a retroazione negativa.

Entrambe mostravano comportamenti non predicibili. In questo lavoro di tesi

e stato realizzato un processo di debug dei due sistemi, vagliando diverse ipo-

tesi, sia con approcci in-silico sia mediante esperimenti in-vivo su colture di

batteri E. coli.

Nelle cascate di regolatori di trascrizione, i circuiti presentavano un crollo nel

livello d’espressione del gene reporter RFP in corrispondenza delle induzioni

di 3OC6-HSL per quali il sistema avrebbe dovuto dare una risposta “alta”. La

prima ipotesi vagliata per spiegare questo comportamento e stata la presenza di

un’alterazione nei meccanismi di degradazione delle proteine: un test in-silico

ha dimostrato che una simile condizione, sebbene alteri la risposta del sistema,

non e in grado di giustificare il comportamento del sistema. La seconda ipotesi

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91

considerata e stata la comparsa di mutazioni nel DNA (in una o piu parti del

circuito), eventualmente verificatesi a causa di concentrazioni, al limite del-

la tossicita, delle proteine prodotte; attraverso degli esperimenti di stabilita

fenotipica mediante l’analisi dell’espressione di RFP su due serie di crescite

batteriche (inoculo in terreni indotti a concentrazioni di non predicibilita se-

guito da un secondo reinoculo delle stesse colture testate precedentemente in

terreni con induzioni di funzionamento), e stata verificata la stabilita fenoti-

pica in quanto per i circuiti e stato ripristinato un comportamento predicibile

in seguito all’esposizione a condizioni che determinano impredicibilita. Suc-

cessivamente e stata effettuata un’analisi della stabilita genetica sulle colture

cresciute in terreni ad induzione critica; tale analisi e stata effettuata mediante

visualizzazione delle parti, ottenute dalla digestione dei plasmidi purificati, con

elettroforesi su gel. Parallelamente, i costrutti sono stati sequenziati: queste

analisi hanno dimostrato la comparsa di alcune mutazioni in presenza di indu-

zioni critiche, coerenti con un abbassamento nell’espressione di RFP, ma in una

percentuale della popolazione totale troppo modesta per giustificare il compor-

tamento complessivo del sistema. La presenza delle mutazioni e stata quindi

considerata una conseguenza di una condizione di stress cellulare dovuta ad

interferenze biochimiche non modellizzate o da una situazione di sovraccarico

metabolico per una o piu parti del sistema, dovuto alla limitatezza delle risorse

dei sistemi biologici. L’ipotesi della presenza di interferenze biochimiche dovu-

ta ad un eccesso nei livelli di concentrazione di TetR, proteina maggiormente

prodotta dal sistema, e stata valutata attraverso due esperimenti. Nel primo

caso e stato realizzato un disaccoppiamento biochimico dei blocchi d’ingresso

ed uscita del sistema, attraverso l’utilizzo di un secondo induttore, in modo

da avere un’uscita teoricamente costante al variare dell’induzione del blocco

d’ingresso, pilotante l’espressione della proteina TetR: il sistema ha continua-

to a dimostrare un comportamento non in accordo con quanto teoricamente

atteso. Nel secondo esperimento, il disaccoppiamento e stato realizzato me-

diante la costruzione di un nuovo circuito genetico, in cui fossero prodotte le

stesse quantita di TetR sintetizzate nei sistemi iniziali, ma senza la possibi-

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92 CAPITOLO 5. CONCLUSIONI

lita di alcun legame biochimico realizzabile tra questa e l’espressione del gene

RFP: anche in questo caso il sistema ha continuato a presentare la differen-

za tra predizioni e dati sperimentali riscontrata in precedenza. L’ipotesi di

sovraccarico metabolico, si e rilevata in ultimo essere la spiegazione al com-

portamento non predicibile di questi sistemi: per validare questa teoria, sono

stati realizzati dei circuiti identici a quelli da cui e partito lo studio, ai quali

pero sono stati assemblati a valle dei dispositivi per l’espressione costitutiva

di un secondo gene reporter, codificante per una proteina fluorescente verde

(GFP). L’espressione di tale proteina, totalmente indipendente dal circuito a

monte, ha presentato dei livelli del segnale GFP minori del segnale di controllo

ed in particolare, per uno dei due circuiti, il comportamento ricalcava l’an-

damento visto in precedenza nel caso di RFP. Un’ulteriore analisi del rate di

crescita cellulare ha dimostrato inoltre come l’aumento del carico metabolico,

oltre un certo livello critico, rallenti sensibilmente la crescita delle colture, in-

dice del fatto che la carenza di risorse di una cellula sottoposta a sovraccarico

metabolico, si ripercuote anche nel metabolismo regolante la divisione cellula-

re. L’impredicibilita del comportamento di questo sistema non e quindi stata

risolta, sebbene sia stata identificata la causa alterante il funzionamento del

circuito; una possibile soluzione potrebbe essere l’utilizzo di un ceppo batterico

che sia in grado di supportare carichi metabolici maggiori. Questo studio ha

comunque dimostrato come il carico metabolico che un circuito impone alla

cellula ospite sia un parametro imprescindibile nella progettazione di sistemi

con approccio bottom-up. E quindi interessante valutare la possibilita di ef-

fettuare ulteriori studi, volti a caratterizzare il carico metabolico massimo al

variare del ceppo cellulare; inoltre, una caratterizzazione del “peso metabolico”

che ogni parte introduce quando assemblata in un sistema, potrebbe facilitare

la progettazione razionale di circuiti complessi, riducendo il verificarsi di feno-

meni di impredicibilita dovuti a condizioni di stress metabolico.

Nel circuito ad anello chiuso con retroazione, il sistema era in grado di ri-

produrre correttamente il comportamento qualitativo sperimentale; tuttavia

il comportamento allo stato stazionario del sistema non era quantitativamen-

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93

te predicibile mediante il modello in quanto, al crescere della densita ottica

della coltura (OD600), la predizione della concentrazione di molecola segnale

controllata 3OC6-HSL risultava essere di molto inferiore a quella sperimentale.

Sono stati effettuati diversi interventi per provare a spiegare tale comportamen-

to, alcuni dei quali hanno portato all’aggiornamento delle stime parametriche

per tenere conto dei fenomeni identificati. Come prima fase di studio e stato

valutato l’effetto della presenza di due plasmidi, cotrasformati, nel ceppo ri-

combinante che implementa il circuito del controllore. E stato ipotizzato che

tale condizione potesse essere una sorgente di variabilita in termini di copy

number ; analogamente, e stato valutata anche una possibile implicazione nei

fenomeni di trascrizione o traduzione, causa del carico metabolico superiore

rispetto alla condizione di singolo plasmide. La variazione sul copy number,

effettuata indirettamente confrontando l’espressione di un gene reporter tra

plasmidi in singolo o cotrasformati, non ha dimostrato differenze marcate o

comunque in grado di spiegare il comportamento del sistema. L’analisi sugli

effetti che la cotrasformazione ha sui processi trascrizionali, si e focalizzata

sull’analisi dell’attivita del promotore PLux pilotante la trascrizione dell’enzi-

ma che regola la degradazione della molecola segnale. Gli esperimenti condotti

hanno dimostrato la presenza di un’alterazione nella caratteristica di funzio-

namento del promotore, portando alla scelta di utilizzare, nel modello finale

del controllore, i parametri ottenuti dalla nuova caratterizzazione di PLux nel-

le condizioni sperimentali di cotrasformazione. La nuova caratterizzazione di

PLux mostra un’attivita massima circa dimezzata e uno switch point circa dop-

pio rispetto alla condizione precedente. Queste due importanti variazioni sono

compatibili con i dati sperimentali dei livelli di 3OC6-HSL allo stato staziona-

rio in quanto, una piu bassa attivita di PLux ed una piu alta concentrazione di

3OC6-HSL necessario per l’attivazione del promotore, possono portare ad una

minore produzione di AiiA e, conseguentemente, ad una minore degradazione

di 3OC6-HSL, traducibile in un piu alto livello di concentrazione della molecola

allo stato stazionario rispetto alla condizione precedente di non cotrasforma-

zione. I motivi della variazione in queste caratteristiche potrebbero essere

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94 CAPITOLO 5. CONCLUSIONI

attribuibili ad un sovraccarico metabolico, a cui si deve una minor quantita

del gene espresso, e ad una piu bassa produzione dell’enzima LuxR che com-

porta uno spostamento verso destra della curva caratteristica del promotore.

Infine, nell’ottica di eliminare le componenti che potessero indurre l’impredi-

cibilita quantitativa del sistema, tutti i parametri del modello generale sono

stati nuovamente stimati a partire dai dati sperimentali. Sono stati quindi con-

siderati dei nuovi modelli d’errore (precedentemente, i parametri erano stati

stimati a varianza costante), sviluppati ad hoc sulla base delle distribuzione

delle varianze dei dati e differenti tra caratteristiche statiche e dinamiche dei

promotori, nonche tra enzima ed enzima. La simulazione del sistema utilizzan-

do i parametri stimati utilizzando questi modelli d’errore, accorpando anche

le analisi derivanti dallo studio degli effetti della cotrasformazione su PLux ed

altri dati ricavati da esperimenti per l’arricchimento dei dati riguardanti l’at-

tivita dell’enzima AiiA, ha portato all’ottenimento di predizioni coerenti con i

dati sperimentali, concludendo quindi in maniera positiva il debug del sistema.

Attraverso questo studio e stato quindi dimostrato che la condizione di cotra-

sformazione di piu plasmidi all’interno di una stessa cellula ospite comporti

l’introduzione di una componente di impredicibilita non trascurabile nella fa-

se di progettazione di un sistema biologico ingegnerizzato. Verificato che tale

condizione sembri non influenzare drasticamente il parametro copy number dei

plasmidi ma incida significativamente sull’attivita delle parti costituenti i cir-

cuiti, la caratterizzazione delle parti in condizioni di cotrasformazione sembra

permetta di aggirare il problema dell’impredicibilita del comportamento dei

sistemi con plasmidi cotrasformati, tipicamente progettati a partire da parti

caratterizzate in singolo plasmide. Saranno quindi necessari ulteriori studi per

identificare la motivazione biologica esistente alla base di questa interferenza;

in questo modo sara possibile capire se la condizione di cotrasformazione possa

essere modellizzata e potranno eventualmente essere ricercate delle soluzioni

per controllare e gestire i fenomeni legati alla cotrasformazione, possibilmen-

te alternative all’approccio, dispendioso dal punto di vista sperimentale, di

caratterizzazione duale in plasmide a singola copia e cotrasformato.

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102 BIBLIOGRAFIA

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Ringraziamenti

Sebbene inizialmente mi fossi ripromesso di concretizzare la mia gratitudine at-

traverso i gesti di ogni giorno piuttosto che con una sterile e frettolosa manciata

di parole scritte agli sgoccioli della presentazione di questo lavoro, l’esperienza

e lo stress vissuti negli ultimi giorni mi hanno spinto a formalizzare questi

pochi pensieri, ad epigrafe di quanto comunque conto di poter dimostrare di

persona nei prossimi giorni ed in quelli a venire.

I primi ringraziamenti formali, canonici ma sinceramente sentiti, vanno di di-

ritto al Prof. Paolo Magni che, accogliendomi nel gruppo di ricerca di Biologia

Sintetica per la realizzazione di questo lavoro di tesi, mi ha permesso di ar-

ricchire la mia formazione immergendomi in una realta multidisciplinare ed

oltremodo stimolante che da sempre andavo cercando nella Bioingegneria.

I ringraziamenti ai miei genitori, ai miei fratelli ed alle altre “appendici” fa-

migliari che sempre ho sentito vicino fin dal primo giorno di trasferimento a

Pavia, sono a dir poco scontati: e la loro quotidiana presenza nella mia vita,

anche a tanti chilometri di distanza, che eleva da fatica a viva ed orgogliosa

soddisfazione non solo questo lavoro ma l’intero percorso compiuto in questi

anni.

Altrettanto ovvi sono i ringraziamenti rivolti ai miei amici tutti, storici e nuo-

vi, compagni di scuola, d’universita, di vacanze, di laboratorio, di suonate e

di risate nelle serate patavine e pavesi, con i quali ho condiviso tanto in que-

sti anni e con i quali tanto ancora conto di condividere negli anni a venire, a

cominciare dai festeggiamenti che seguiranno la discussione di questa tesi.

Un grazie speciale va a J.A.R.V.I.S., sempre presente nei momenti di difficolta.

103

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104 Ringraziamenti

In ultimo, ma non per importanza, va il ringraziamento che piu di ogni altro

necessita di una formalizzazione scritta, ad encomio dell’incoraggiamento e di

quanto fatto per me negli ultimi periodi di intensa attivita di scrittura:

Grazie Dr.Ing.Pasotti e Dott.ssa Ing.Zucca o, meno formalmente, Lorenzo e

Susy.

Senza la vostra preziosissima presenza, tutto questo non sarebbe mai stato

possibile.