Cenerentola ovv Angelica - Teatro Regio Torino · Durante una vacanza a Ravenna, Rossini compone...

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1 SOMMARIO Cenerentola vien qua, Cenerentola va’ là ................................................... pag. 3 Gioachino Rossini e la sua epoca ................................................................. pag. 4 La Cenerentola di Rossini, presentazione e trama ................................. pag. 11 Le mille e una Cenerentola............................................................................ pag. 14 Proposte di studio interdisciplinare........................................................... pag. 19 Lo spettacolo. Cenerentola, ovvero Angelina e la magia del cuore Presentazione ............................................................................................. pag. 21 Libretto ....................................................................................................... pag. 25 Il disco ......................................................................................................... pag. 37 Gli spartiti ................................................................................................... pag. 39 Proposte operative Giochiamo con “La Cenerentola”............................................................. pag. 59 Giochi musicali............................................................................................ pag. 71 Giochi con la voce ...................................................................................... pag. 80 Giochi con la scenograa ......................................................................... pag. 83 La caccia al tesoro musicale ................................................................... pag. 91 Il castello di Don Ramiro ......................................................................... pag. 93 E inne… a teatro! ..................................................................................... pag. 94

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SOMMARIO

Cenerentola vien qua, Cenerentola va’ là ...................................................pag. 3Gioachino Rossini e la sua epoca .................................................................pag. 4La Cenerentola di Rossini, presentazione e trama .................................pag. 11Le mille e una Cenerentola............................................................................pag. 14Proposte di studio interdisciplinare...........................................................pag. 19

Lo spettacolo. Cenerentola, ovvero Angelina e la magia del cuorePresentazione .............................................................................................pag. 21Libretto .......................................................................................................pag. 25Il disco .........................................................................................................pag. 37Gli spartiti ...................................................................................................pag. 39

Proposte operativeGiochiamo con “La Cenerentola” .............................................................pag. 59Giochi musicali ............................................................................................pag. 71Giochi con la voce ......................................................................................pag. 80Giochi con la scenografi a .........................................................................pag. 83La caccia al tesoro musicale ...................................................................pag. 91Il castello di Don Ramiro .........................................................................pag. 93E infi ne… a teatro! .....................................................................................pag. 94

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CENERENTOLA VIEN QUA, CENERENTOLA VA’ LÀ…

Sapevate che la fi aba di Cenerentola è probabilmente la più diffusa al mondo? La storia della povera e maltrattata fanciulla che, a dispetto delle invidiose sorellastre e della perfi da matrigna, si riscatta sposando un bellissimo principe con cui vivrà “felice e contenta”, è presente in tutte le culture del mondo a partire da epoche molto remote: si può cominciare da Yeh-shen, l’antica Cenerentola cinese, o da Tam, la sua gemella vietnamita, per arrivare alla moderna Cinderella disneyana passando attraverso le infi nite denominazioni nazionali e regionali del personaggio (conoscete la veneziana Conza-senare o la sarda Chiginera…?). Le versioni più importanti, però, sono quelle raccontate da alcuni specialisti della fi aba, come il francese Charles Perrault, che nel 1697 raccontò la classica Cendrillon, oppure i tedeschi fratelli Grimm, che la ripresero con diverse varianti in Aschenputtel (1812), senza dimenticare il meno conosciuto Giovan Battista Basile che nella raccolta Lo cunto de li cunti del 1634 (sottotitolo: Lo trattenemiento de’ peccerille, scritto nella gustosa lingua napoletana) inserì la sua Zezolla, o La gatta Cenerentola, in cui la protagonista appare un po’ meno angelica del solito.Il nostro personaggio è davvero una star! Come mai? Forse avete imparato che le fi abe hanno un signifi cato simbolico: raccontano infatti in forma divertente e attraverso eventi prodigiosi alcuni dei principali aspetti della vita umana, legati alla sfera affettiva o alla crescita fi sica e psicologica della persona. La nostra Cenerentola, allora, non descrive altro che l’importante svolta che avviene nella ragazza alla fi ne dell’adolescenza, quando, lasciate le spoglie della sua vita infantile (rappresentate dalla cenere), diventa una donna in grado di sposarsi; per dirla con un’altra fi aba famosa, il Brutto Anatroccolo si trasforma fi nalmente in un Bel Cigno.

Nella fi aba di Cenerentola possiamo riconoscere anche altri simbolismi:

– la fi gura materna sdoppiata in matrigna e fata. Non è forse vero che a volte durante l’adolescenza pare diffi cile sentirsi compresi dagli adulti? Però, senza il loro aiuto, è impossibile superare le diffi coltà.

– Le sorellastre: perfi no i nostri amici e fratelli ci possono apparire come ingombranti ostacoli alla nostra crescita.

– Il principe azzurro: quando si scopre l’amore, tutto appare perfetto, anche il più normale degli esseri umani diventa per noi stupendo, un vero principe!

Con una simile diva a disposizione, c’era da aspettarsi che il mondo del teatro, del cinema e del balletto se ne impossessassero volentieri! Una delle principali versioni teatrali della fi aba è sicuramente quella di Gioachino Rossini: La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo, rappresentata la prima volta presso il Teatro Valle di Roma nel gennaio 1817. Prima di parlare dell’opera rossiniana, però, vogliamo sapere qualcosa di più del suo autore.

Gustave Dorè (1832-1883), La prova della scarpet-ta, illustrazione per la fi aba Cendrillon di Charles Perrault, tratta da Il libro delle fate, Tipografi a Editrice Lombarda, 1880.

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GIOACHINO ROSSINI E LA SUA EPOCAIntroduzione storica di Elisabetta Lipeti

Il contesto culturaleLa vita di Gioachino Rossini si svolse in un arco di tempo piuttosto lungo e ricco di radicali trasformazioni nella società e nella cultura italiane ed europee: il grande compositore nacque alla fi ne del XVIII secolo mentre la Francia rivoluzionaria proclamava con la Repubblica la morte dell’ancien régime, e visse fi no al 1868; fu quindi contemporaneo delle guerre napoleoniche, della restaurazione, dell’epopea risorgimentale fi no all’unifi cazione e alla nascita del Regno d’Italia (1861), mentre in Francia in una vorticosa successione di colpi di scena si erano avvicendati un nuovo regime monarchico con conseguente rivoluzione, la Seconda Repubblica e il Secondo Impero.

Un periodo di tempo così ampio e movimentato fu ovviamente caratterizzato anche da importanti rivolgimenti culturali: tramontata l’età d’oro dell’Illuminismo e del Razionalismo settecenteschi, si affacciava al panorama europeo il Romanticismo, che si sarebbe sviluppato e avrebbe dato i suoi frutti migliori nella prima parte del secolo XIX, per cominciare ad “appassire” verso metà Ottocento. Bisogna però ricordare che tale processo di trasformazione avvenne in Italia con qualche decennio di ritardo rispetto all’Europa del Nord.

I principi ispiratori della corrente culturale e artistica dell’Illuminismo erano:

- la fede nella ragione umana, “lume” in grado di guidare l’umanità verso il progresso spirituale e sociale, liberandola dalle tenebre delle ingiustizie e della superstizione;

- l’esaltazione degli ideali di libertà, uguaglianza, tolleranza;

- il rifi uto del dogmatismo religioso;

- l’interesse per la cultura dell’età classica (antica Grecia e antica Roma), come modello nelle arti e nella società.

Al contrario il Romanticismo promuoveva:

- la negazione della ragione a favore dell’irrazionalità, del sogno, del mistero;

- l’esaltazione dell’individuo come soggetto unico dotato di una visione del mondo del tutto personale e, su scala più ampia;

- l’unicità di ogni popolo, con le sue tradizioni culturali, rispetto ad ogni altro (nazionalismo);

- il recupero del sentimento religioso e la tensione verso l’infi nito;

- lo studio del Medioevo come modello di libertà formale nelle arti.

In realtà la produzione teatrale di Rossini si sviluppò in un periodo molto limitato rispetto all’esteso arco della sua vita: i diciannove anni compresi tra il 1810 e il 1829 videro nascere, in una folgorante carriera, la successione stupefacente dei suoi numerosi e celeberrimi capolavori. Poi, un lungo silenzio durato quasi quarant’anni, interrotto solamente da deliziose pagine vocali e pianistiche e da due mirabili composizioni sacre: quasi un rompicapo per gli storici, che si sono sempre interrogati sui motivi di una decisione all’apparenza tanto contraddittoria, presa da Rossini proprio mentre si trovava incontrastato all’apice della celebrità in tutta Europa.

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La musicaIl Settecento musicale europeo era stato dominato dalla diffusione dell’opera italiana, che furoreggiava in tutte le principali città da Monaco a San Pietroburgo, da Vienna a Londra e Parigi (dove, peraltro, si era discusso non poco tra i sostenitori della tradizione francese e quelli della fazione italiana). Verso la metà del secolo XVIII i compositori, i librettisti, i cantanti, i ballerini (e gli impresari!) italiani erano contesi dai principali teatri internazionali, nei quali un pubblico adorante, formato soprattutto dalla nobiltà, era sempre pronto ad applaudire i suoi beniamini.

Spesso si parla di opera o melodramma; ma cos’è esattamente? L’opera lirica o melodramma è un genere teatrale nato a Firenze alla fi ne del Cinquecento; in esso gli attori si esprimono col recitar cantando, una speciale tecnica artistica che unisce azione (gestualità, movimento) e musica (canto accompagnato). Ma nell’opera c’è molto di più: magnifi che scenografi e, splendidi costumi, un testo poetico e talvolta danza. L’unione di tutti questi preziosi ingredienti crea uno spettacolo meraviglioso e davvero emozionante!

Scendendo più nel dettaglio, com’è fatta un’opera? Quali sono le parti della sua struttura?

Il testo poetico utilizzato nell’opera si chiama libretto; questo è composto da atti, a loro volta suddivisi in scene.

La struttura musicale, oltre a seguire l’articolazione in atti e scene, utilizza altri elementi, che cambiano molto a seconda del periodo storico. All’epoca di Rossini sono:

– la sinfonia d’opera, un brano solo orchestrale che precede l’apertura del sipario;

– l’aria, un brano vocale solistico nel quale solitamente il personaggio esprime uno stato d’animo, un sentimento, un proposito;

– il recitativo, parte determinante per il susseguirsi degli avvenimenti, ma in cui il canto è molto semplifi cato; può essere recitativo secco, quando è sostenuto dal solo clavicembalo, o accompagnato, quando interviene anche l’orchestra;

– i pezzi d’assieme (duetto, terzetto, ecc.), o concertati, lunghi brani in cui più personaggi cantano insieme, a volte accompagnati dal coro; le parole non si comprendono perfettamente, ma la bellezza dell’intreccio di voci e il carattere generale del pezzo favoriscono la comprensione;

– i cori, nei quali il personaggio collettivo della folla agisce o commenta lo sviluppo della vicenda.

Nel Settecento il genere dell’opera si suddivideva in due tipi ben distinti di spettacolo: opera seria e opera comica. Le loro caratteristiche si possono così riassumere:

Opera seria– ambientazione nell’antichità classica, talvolta in un oriente immaginario;– linguaggio poetico elevato;– canto tecnicamente diffi cile o perfi no virtuosistico (bel canto);– recitazione poco vivace;– parti principali affi date a evirati o a voci femminili;– lunghi recitativi;– molte arie e pochissime parti d’assieme;– lieto fi ne.Opera comica– ambientazione contemporanea, quotidiana, borghese o popolare;– linguaggio poetico simile al parlare comune;– canto tecnicamente più semplice;– recitazione vivace;– parti importanti affi date anche a voci gravi; - molte parti d’assieme e concertati;– lieto fi ne.

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Tra il Sette e l’Ottocento i compositori cominciarono a mescolare aspetti relativi ai due generi: nell’opera seria vennero inseriti diversi i pezzi d’assieme, mentre la condotta vocale dell’opera comica accantonò le linee semplici a favore di un canto fi orito e spesso molto virtuosistico. Nel frattempo scomparvero quasi del tutto gli evirati; al loro posto le voci tenorili cominciarono a essere sempre più apprezzate.Durante lo stesso periodo nacque in Francia e si diffuse in Italia il nuovo genere ibrido dell’Opera semiseria, basata sulle vicende di una protagonista di carattere delicato o patetico, inserita in un contesto comico.

La tradizione strumentale, ormai, era quasi del tutto trascurata dagli autori e dal pub-blico italiani, ma ampiamente coltivata nel resto d’Europa; a Vienna, in particolare, tra la fi ne del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, fi oriva la mirabile stagione denominata Classicismo Viennese. La stupefacen-te triade Haydn-Mozart-Beethoven creò capolavori sinfonici, concerti-stici, di musica da camera… che di-vennero modelli perfetti per tutte le generazioni successive.

All’inizio dell’Ottocento il panorama musicale stava dunque rapidamente cambiando: l’opera italiana godeva ancora dell’ammirazione incontra-stata del pubblico, ma veniva osser-vata in modo piuttosto polemico dai colleghi stranieri, che la ritenevano una specie di sottoprodotto artisti-co, un rudere antiquato rispetto alle innovazioni della grande arte nordi-ca. L’Italia stava diventando fanalino di coda nel mondo musicale europeo?

È questa la situazione in cui Rossini cominciò a operare.

La vita di RossiniGioachino Rossini nasce a Pesaro il 29 febbraio 1792 in una famiglia di musicisti poco più che dilettanti: il padre Giuseppe, detto “il Vivazza” per le sue abitudini goderecce, è pubblico “trombetta” (cioè banditore) e suona il corno in piccoli teatri; la madre Anna svolge per qualche tempo la carriera di cantante d’opera. Dopo l’arrivo delle armate napoleoniche a Pesaro, subito seguito dal ritorno del governo pontifi cio, Giuseppe viene arrestato con l’accusa di nutrire forti simpatie rivoluzionarie, ma la vittoria di Napoleone a Marengo ne causa presto la scarcerazione. Frattanto il piccolo Gioachino, che manifesta eccezionali doti musicali, comincia a frequentare la scuola di musica di Lugo di Romagna e poi il Conservatorio di Bologna, dove impara ad amare i capolavori di Mozart e Haydn, tanto da meritare il soprannome di “tedeschino”. Il ragazzo è dotato di una voce bellissima, ma suona anche il clavicembalo e il violino.

Durante una vacanza a Ravenna, Rossini compone sei quartetti per archi da eseguirsi come passatempo assieme a tre giovani amici durante le sere d’estate. Le Sei sonate a quattro, in seguito giudicate molto severamente dallo stesso compositore, sono in realtà pagine piacevolissime in cui ammiriamo la precocità del maestrino; corre l’anno 1804 e Rossini ha solo 12 anni.

Il Teatro Valle di Roma dove andò in scena per la prima volta La Cenerentola di Rossini.

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Ancora adolescente Rossini compone la sua prima opera, Demetrio e Polibio, che sarà rappresentata a Roma nel 1812; il vero esordio teatrale avviene nel 1810, quando il Teatro San Moisé di Venezia allestisce La cambiale di matrimonio, seguita, l’anno dopo, da L’equivoco stravagante (dato a Bologna); ma sarà il 1812 l’anno del “miracolo” e dell’esplosione creativa: sono ben sei le prime rossiniane, tra cui una (La pietra di paragone) al Teatro alla Scala di Milano, decreterà il successo del ventenne compositore. Successo consolidato e affi dato per sempre alla Storia grazie alla creazione, nel 1813, dei capolavori Tancredi e L’italiana in Algeri con i quali la fama di Rossini varca i confi ni italiani e si proietta su scala europea.

Nel 1815 un impresario napoletano (Domenico Barbaja) riesce ad accaparrarsi l’astro nascente dei teatri italiani e a portarlo con sé al San Carlo, dove gli verranno assegnate le mansioni di direttore artistico e compositore. Nella bella città mediterranea la regina delle scene è la cantante spagnola Isabella Colbran; tra i due artisti nasce una grande affi nità sentimentale e professionale: si sposeranno nel 1822. Frattanto Rossini sfodera una serie di diciannove opere, non tutte per i teatri napoletani, tra le quali brillano titoli immortali appartenenti sia al genere serio che a quello comico: Il barbiere di Siviglia, Otello (1815), La gazza ladra (‘17), Mosè in Egitto (‘18), Maometto II (‘20) e naturalmente la nostra Cenerentola, scritta per il Teatro Valle di Roma tra il dicembre del 1816 e il gennaio successivo.

Il 1822 è l’anno del primo viaggio in una grande capitale europea: Vienna! La città musicalmente più importante d’Europa è dominata dalla fi gura di Ludwig van Beethoven, considerato il più grande compositore del mondo. Pensiamo allo stupore e forse anche al dispetto provato dall’autorevole personaggio quando si accorgerà che il pubblico viennese, disertando un po’ i suoi concerti, corre a frotte ad osannare le opere del giovane Rossini…!

Soggiogato dal carisma del più anziano collega, il cui brutto carattere è reso ancor più ombroso dalla sordità, Rossini lo va a visitare umilmente e riceve da lui garbati apprezzamenti insieme ad un consiglio: «Fate molta opera buffa!» Rossini se la prenderà un po’ per queste parole, che signifi cano pressappoco: «Fate cosette leggere, e lasciate ad altri le cose serie!» Il giudizio di Beethoven, cortese ma severo, ferisce la suscettibilità di Rossini, che dopo molti anni racconterà l’episodio ad un celebre collega, un altro “gigante” della musica, Richard Wagner.

Rossini è ormai al culmine della celebrità; nel 1823 propone al pubblico del Teatro La Fenice di Venezia la monumentale Semiramide, opera di carattere fortemente tragico; sarà l’ultima opera rossiniana scritta per le scene italiane: alla fi ne dello stesso anno il compositore inizia una tournée a Londra (dove trionfa anche come cantante!) e a Parigi, città in cui decide di stabilirsi nel luglio del ‘24, in veste di direttore del Théâtre Italien. Il soggiorno parigino, interrotto da alcuni viaggi e da periodi trascorsi in Italia, diventerà defi nitivo nel 1855. Contemporaneamente la produzione teatrale subisce un

Pietro Folo (1790-1867), Ritratto di Gioachino Rossini, in-cisione, s.d. Pesaro, Casa Rossini.

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brusco rallentamento, causato anche dalle instabili condizioni di salute di Rossini. Il suo umore, infatti, oscilla tra momenti di estroversa gioia di vivere (proverbiale, tra l’altro, la sua raffi nata passione per il cibo!) e profondi crolli depressivi, acuiti certamente dalle diffi coltà familiari che sfociano nella separazione dalla Colbran e nella nuova relazione con Olympe Pélissier, che Rossini sposerà nel 1846.

Anche il nuovo ambiente musicale parigino, già pervaso dal clima del Romanticismo, impone all’autore nuovi ritmi creativi e la necessità di adattamento ad un gusto diverso da quello italiano; nascono così la cantata scenica Il viaggio a Reims (‘25), per l’incoronazione di Carlo X, i rifacimenti Le Siège de Corinthe (da Maometto II) e Moïse et Pharaon (da Mosè in Egitto) e infi ne gli ultimi capolavori, Le Comte Ory (‘28), esilarante e raffi natissima commedia di ambientazione medioevale, e Guillaume Tell (‘29), opera già di gusto romantico, permeata di patriottismo, sensibilità per la natura, passione amorosa. Il moderno clima culturale, però, non fa per lui e, giunto all’apice del successo, il compositore decide di lasciare le scene. Morirà molti anni dopo, nel 1868, e verrà sepolto inizialmente a Parigi; la salma verrà poi trasferita a Firenze, in Santa Croce, nel 1887.

Durante i quarant’anni di silenzio teatrale Rossini in realtà non smette di comporre: due mirabili pagine sacre, lo Stabat Mater e la Petite messe solennelle testimoniano la grandezza della sua vena creativa, tutt’altro che esaurita. Su un piano quasi intimo e personale, invece, si trovano le raccolte di arie e duetti da camera Soirées musicales e i brani pianistici detti ironicamente Péchés de vieillesse (Peccati di vecchiaia), una specie di diario musicale ora buffo ora venato di malinconia, scritto da un genio che si sente estraneo alla sua epoca.

La musica di RossiniPassato alla storia come autore di opere comiche, Rossini in realtà fu anche eccelso compositore di opere serie, come testimoniano ad esempio Otello, Tancredi, Guillaume Tell… Le generazioni successive considerarono inizialmente la produzione rossiniana come un modello stilistico perfetto, ma ben presto il suo mitico nome, uffi cialmente onorato come quello di un dio dell’olimpo musicale (ci fu anche chi lo defi nì “Giove-Rossini”!), fu poi semplicemente rispettato come si fa con un vecchio nonno dai gusti ormai superati. Nel corso dell’Ottocento la maggior parte delle opere rossiniane scomparve quindi dalla programmazione dei teatri e si dovette attendere il Novecento per giungere ad uno studio accurato della fi gura del grande compositore e alla cosiddetta “Rossini-renaissance”.

Recentemente si sono anche studiati gli aspetti particolari e moderni dei suoi capolavori, aspetti che in parte precorrevano troppo i tempi per poter essere compresi e apprezzati durante il XIX secolo. Un tema ricorrente nelle sue pagine comiche, ad esempio, è la rassegnata ironia sui limiti della ragione umana e sull’incapacità che talvolta tutti noi sperimentiamo nel comprendere le circostanze o perfi no noi stessi. Le buffe crisi d’identità dei personaggi rossiniani, come vedrai anche in Cenerentola, ricordano molte analoghe situazioni descritte dalla letteratura e dal teatro del Novecento. Accade anche nel primo atto della Cenerentola, quando, su una musica ondeggiante che esprime stupore, quasi una scena di cinema al rallentatore, i personaggi cantano: «Nel volto estatico di questo e quello si vede il vortice del lor cervello, che ondeggia e dubita e incerto sta».

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Le principali opere di Rossini

Opere serie– Tancredi, libretto di G. Rossi, Venezia, Teatro La Fenice, 1813– Elisabetta regina d’Inghilterra, libretto di G. Schmidt, Napoli, Teatro San Carlo, 1815– Otello, ossia il Moro di Venezia, libretto di F. Berio di Salsa, da Shakespeare, Napoli, Teatro

del Fondo, 1816– Mosè in Egitto, libretto di A. L. Tottola, Napoli, Teatro San Carlo, 1818– La donna del lago, libretto di A. L. Tottola, da W. Scott, Napoli,Teatro San Carlo, 1819– Maometto II, libretto di C. della Valle, da Voltaire, Napoli, Teatro San Carlo, 1820– Semiramide, libretto di G. Rossi, da Voltaire, Venezia, Teatro La Fenice, 1823

Opere comiche o semiserie– L’italiana in Algeri, libretto di A. Anelli, Venezia, Teatro San Benedetto, 1813 – Il turco in Italia, libretto di F. Romani, Milano, Teatro alla Scala, 1814– Il barbiere di Siviglia, libretto di C. Sterbini, da Beaumarchais, Roma, Teatro Argentina, 1816– La Cenerentola, libretto di A. Ferretti, Roma, Teatro Valle, 1817– La gazza ladra, libretto di G. Gherardini, Milano, Teatro alla Scala, 1817

Opere francesi– Il viaggio a Reims, cantata scenica, libretto di L. Balocchi, Parigi, Théâtre des Italiens, 1825– Le Siège de Corinthe (da Maometto II), libretto di L. Balocchi e A. Soumet, Parigi, Opéra, 1826– Moïse et Pharaon (da Mosè in Egitto), libretto di E. de Jouy e L. Balocchi, Parigi, Opéra, 1827– Le Comte Ory, libretto di E. Scribe e M. Delestre Poirson, Parigi, Opéra, 1828– Guillaume Tell, libretto di E. de Jouy e H. Bis, Parigi, Opéra, 1829

Altre composizioni– Soirées musicales, per voce e pianoforte, 1830-35– Péchés de vieillesse, 14 fascicoli, per diversi organici– Stabat Mater, per voci e orchestra, 1841– Petite messe solennelle, per dodici voci, due pianoforti e armonium, 1863

Piccola antologia di ascolti rossiniani

– da Tancredi, «Di tanti palpiti» (Tancredi), atto I– da Mosè in Egitto, «Dal Tuo stellato soglio», preghiera di Mosè (Anaide, Maria, Elisero, Mosè e

Coro), atto IV– da Semiramide, «Serbami ognor sì fi do» (Semiramide e Arsace), atto I– da L’italiana in Algeri, «Nella testa ho un campanel», fi nale atto I– da Il barbiere di Siviglia, «Largo al factotum» (Figaro), «Una voce poco fa» (Rosina), atto I– da La gazza ladra, sinfonia– da Guillaume Tell, ouverture

inoltre:– Franz Liszt, Canzone (da Canzone del gondoliere, Otello), per pianoforte; da Années de

pèlerinage, Venezia e Napoli– Ottorino Respighi, La bottega fantastica, balletto; da Péchés de vieillesse

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LA CENERENTOLA DI ROSSINI

PresentazioneSera dell’antivigilia di Natale del 1816: il Teatro Valle di Roma ha commissionato a Rossini una nuova opera comica per il Carnevale imminente; il tempo stringe, ma ancora l’opera non c’è, anzi, non è stato nemmeno deciso l’argomento! In compagnia dell’amico Jacopo Ferretti, librettista, il compositore esamina e scarta una miriade di soggetti: troppo lunghi, troppo noiosi, troppo costosi… Sfi duciato e mezzo addormentato Ferretti suggerisce infi ne sbadigliando: «Cendrillon…?». Rossini, che si è sdraiato nel letto per concentrarsi meglio (!), subito si rizza a sedere, accetta entusiasta e ordina al povero librettista una traccia completa dell’intreccio per l’indomani mattina. L’opera andrà in scena il 25 gennaio 1817 e sarà inizialmente un mezzo fi asco; nel corso delle repliche successive, però, il giudizio unanime diventerà sempre più lusinghiero e La Cenerentola potrà essere consegnata alla fama inossidabile che le spetta.

Il soggetto, ovviamente, è quello celeberri-mo; Rossini, però, non trovandosi a suo agio in mezzo a magie e prodigi vari, ne vuole fare una storia edifi cante, basata sulle doti morali della protagonista piuttosto che sul-l’incantevole scenografi a di zucche trasfor-mate in carrozze, topolini che diventano cavalli, scarpette di cristallo, cenci laceri mutati in vestiti d’oro e d’argento. Scom-pare quindi la fata e al suo posto compare il fi losofo e maestro Alidoro; eliminata d’al-tronde anche la matrigna in favore di un pa-trigno, Don Magnifi co, altrettanto malvagio benché ridicolo e goffo. Restano le sorella-stre e naturalmente il meraviglioso princi-pe, aiutato però dal cameriere Dandini, che è il vero buffo della situazione.

Inutile dire che musicalmente l’opera è splendida, divertente, frizzante; l’Autore caratterizza ogni personaggio grazie ad uno stile di canto tutto suo: bisbetiche e petulanti le sorellastre, rozzo e stupido Don Magnifi co, nei suoi tentativi di indossare i panni del nobile d’alto lignaggio; solenne e degno di rispetto il maestro Alidoro, gentile e veramente nobile il principe Don Ramiro, comicissimo e simpatico Dandini, cui è concesso per un giorno di indossare i panni del principe e di poter toccare con mano le debolezze e le bassezze umane della cosiddetta alta società. Ma la stella di prima grandezza è lei, Cenerentola, il cui animo regale è presente sin dall’inizio e brilla lucente anche sotto la cenere del camino; paragoniamo la sua sognante cantilena iniziale «Una volta c’era un re», talmente semplice da poter essere facilmente fi schiettata, con il “pirotecnico” fi nale «Non più mesta accanto al fuoco»: non si tratta di trasformazione del canto, ma piuttosto di liberazione e innalzamento verso il massimo virtuosismo. Virtù canora e virtù morale allora coincidono: davvero possiamo festeggiare la «bontà in trionfo»!

Anonimo, Ritratto di Jacopo Ferretti.

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La Cenerentola, ossia La bontà in trionfoMelodramma giocoso in due atti

Libretto di Jacopo FerrettiMusica di Gioachino Rossini

Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817

Personaggi

Angelina, sotto nome di Cenerentola, fi gliastra di Don Magnifi co (Contralto)Don Magnifi co, barone di Montefi ascone (Basso)Clorinda, fi glia di Don Magnifi co (Soprano)Tisbe, fi glia di Don Magnifi co (Mezzosoprano)Don Ramiro, principe di Salerno (Tenore)Dandini, suo cameriere (Basso)Alidoro, fi losofo, maestro di Don Ramiro (Basso)I cortigiani del Principe (Coro)

TramaAtto I

«Una volta c’era un re, che a star solo s’annoiò»… La povera Angelina-Cenerentola, fi gliastra del barone Don Magnifi co e costretta ai lavori più umili, si consola cantando e sognando a occhi aperti, come tutte le ragazze della sua età. Incurante delle due perfi de sorellastre, Cenerentola continua: «Cerca, cerca, ritrovò, ma il volean sposar in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà e alla fi n sceglie per sé l’innocenza e la bontà. La la la… li li li». Lei non lo sa ancora, ma più che una bella fi aba la sua è una profezia o forse un programma di vita. I litigi quotidiani vengono interrotti dall’arrivo di un mendicante che viene immediatamente maltrattato da Clorinda e Tisbe, mentre Angelina gli porge amorevole soccorso. In realtà si tratta del fi losofo Alidoro, in cerca di una sposa virtuosa per il suo allievo, il principe Don Ramiro. Poco dopo un gruppo di cavalieri giunge ad annunciare l’arrivo del principe, che verrà ad invitare ad un gran ballo tutti i nobili del paese; le sorellastre non stanno più nella pelle e corrono a prepararsi. La scena resta vuota; giunge Don Ramiro, travestito da scudiero per poter osservare da vicino le ragazze, visto che Alidoro lo ha avvisato che in quel palazzo decrepito è presente una fanciulla buona e bella. Casualmente si imbatte in

Frontespizio del libretto della prima rappresentazione assoluta della Cenerentola di Gioachino Rossini al Teatro Valle di Roma il 25 gennaio 1817.

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Cenerentola e tra i due scocca il colpo di fulmine: «Un soave non so che in quegli occhi scintillò… Io vorrei saper perché il mio cor mi palpitò…». L’incanto è rotto dal pomposo arrivo del servo Dandini, nelle vesti del principe, subito circuito dalle discutibili grazie delle due bisbetiche. Mentre il gruppo fa per avviarsi alla festa Cenerentola implora il patrigno di poter partecipare, ma implacabile e malvagio Don Magnifi co la umilia e la respinge. La piangente fanciulla viene consolata da Alidoro in persona: il ballo la aspetta, un vestito e una carrozza sono pronti per lei.A palazzo c’è un gran fermento: le sorellastre si danno da fare per sedurre il “principe” (in realtà Dandini), disprezzando il suo scudiero. Annunciata dai cortigiani entra una meravigliosa dama velata, stranamente somigliante a Cenerentola; Don Ramiro ne è incantato, ma lei ammonisce: «M’offra chi mi vuol sposa rispetto, amor, bontà».

Atto II

L’arrivo della bellissima e misteriosa dama preoccupa molto Clorinda e Tisbe, ma non Don Magnifi co, certo che una delle due fi glie riuscirà a diventare principessa. Nel frattempo la Sconosciuta confessa al fi nto principe di amare in realtà il suo scudiero; Ramiro sente tutto, le chiede di sposarlo, ma lei vuole che prima lui scopra la sua vera identità: gli lascia allora un braccialetto, identico ad un altro da lei indossato, poi svanisce. Si avvicina intanto il momento della verità per Don Magnifi co: Dandini, sollecitato a fare la sua scelta, gli rivela con feroce derisione di non essere il principe, ma un suo cameriere; a nulla valgono le lamentele del tronfi o barone, che assieme alle fi glie torna a casa affranto e molto, molto arrabbiato. La notte stessa, durante un temporale, la carrozza di Don Ramiro si guasta proprio davanti al palazzo di Don Magnifi co (ma in realtà è Alidoro ad architettare l’incidente). Tutti fi nalmente si riconoscono nei propri panni: è lo sbigottimen-to generale («Che sarà!… Questo è un nodo avviluppato…»), tra l’esta-si amorosa dei due giovani e la di-sperazione dei tre “cattivi”. Il giorno delle nozze, nella sala del trono, la corte omaggia la giovane principessa; regale nell’aspetto e nell’animo, Angelina esprime immensa magnanimità: perdona il patrigno e le sorellastre e inneggia alla felicità ottenuta grazie al trionfo della bontà.

Gino Carlo Sensani, bozzetto per il secondo atto de La Cenerentola di Rossini per il Teatro alla Scala di Milano, Stagione 1946-47.

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LE MILLE E UNA CENERENTOLAA cura di Luciana Pasino e Pompeo Vagliani - Fondazione Tancredi di Barolo

La popolaritàCenerentola è probabilmente la più popolare di tutte le fi abe. La si trova in raccolte provenienti da ogni parte d’Europa, in Asia, in nord Africa, in Australia, nell’America del nord e del sud. Uno sguardo sommario alle indagini di cui è stata oggetto ce ne rivela oltre settecento versioni, che aumentano ancora se comprendiamo sotto questo titolo le fi abe affi ni di Pelle d’asino e Bene come il sale, che nel loro insieme costituiscono un vero e proprio “Ciclo di Cenerentola o della fanciulla perseguitata”, e se teniamo conto delle versioni al maschile, quelle che hanno per protagonista un Cenerentolo o un Ceneraccio disprezzato dal padre e dai fratelli maggiori e uso trascorrere le sue giornate tra le ceneri del focolare (almeno tre nella sola raccolta norvegese di Peter Asbjørnsen).

Oltre che la più raccontata, Cenerentola sembra essere anche la più studiata e ri-scritta delle novelline popolari. A farne og-getto di studio sono stati, fi n dall’Ottocen-to, etnologi e indologi, psicanalisti e socio-logi, semiologi e naturalmente folcloristi, o meglio folcloriste perché i maggiori stu-diosi di Cenerentola – l’inglese Marian Roal-fe Cox e la svedese Anna Birgitta Rooth – sono guarda caso donne. A rileggerla e a riscriverla ci hanno pensato il teatro, il ci-nema e la letteratura, un numero di volte pressoché infi nito (in un solo anno, molto vicino a quello della Cenerentola rossinia-na, un catalogo francese delle composizioni teatrali più o meno integralmente ispirate al racconto ne registra ben dodici!). Ma è nell’ambito della letteratura per l’infanzia che la fi aba è diventata un mito, consacra-to dal cartone disneyano, che ha esercitato e continua ad esercitare il suo fascino su generazioni di giovani lettori. Un fascino a livello conscio, perché parla di desideri che si avverano, di umili che vengono esaltati, di virtù ricompensata e di malvagità punita, ma anche un fascino a livello inconscio perché, come ci ha insegnato Bettelheim, questa fi aba rappresenta tensioni legate ai rapporti familiari e risveglia nel bambino le emozioni connesse con il senso di colpa edipico e con i sentimenti di rivalità fraterna ma nello stesso tempo lo aiuta ad accettarli come un fatto abbastanza comune e quindi a vincerli e a superarli.

Una trama con tante variantiNella quasi totalità dei casi, la Cenerentola proposta al pubblico infantile adotta, oppure adatta, una delle due versioni classiche della fi aba (Perrault, Grimm) che valorizzano motivi della trama diversamente presenti nella tradizione orale e scritta.

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La situazione base è quella dell’orfana perseguitata. Cenerentola, fi glia di un nobile o di un mercante rimasto vedovo, è maltrattata dalla matrigna e dalle sorellastre che la costringono ai lavori più umili, come lascia intendere il suo nome, spesso collegato con la cenere per indicare la bassa condizione in cui è tenuta nella casa paterna: Culincenere, Cendrillon, Aschenputtel, Aschenbroedel, Cinderella, ma anche Conza-sénare a Venezia, Scindrin-Scindrun a Milano, Cenerognola nel Casentino, Cenerientola a Roma, Chiginera in Sardegna e così via. L’orfanella riceve un aiuto soprannaturale dalla madre morta o da qualche magico intermediario, un albero (dattero, nocciolo) piantato sulla tomba della madre, un animale protettore (pesce, serpe, uccello), una vecchina oppure una fata-madrina, che magicamente le forniscono splendidi abiti, calzature e talvolta carrozza per partecipare in incognito a una festa, un banchetto o un ballo. Qui incontra il futuro sposo, principe, reuccio o fi glio di re, che si innamora di lei a prima vista o per oggetto interposto. La fanciulla sfugge ripetutamente fi nché, nonostante gli imbrogli delle sorellastre che in qualche caso non esitano a mutilarsi i piedi per calzare la scarpetta, viene riconosciuta grazie a un oggetto (scarpetta perduta, anello) e convola a nozze principesche con o senza punizione esemplare dei persecutori. Pur presentandosi con le varianti di motivi cui abbiamo accennato, l’intreccio, classifi cato nel fondamentale indice di Stith Thompson come tipo 510A, ricalca lo schema individuato da Propp nelle fi abe di magia: è facile riconoscervi il danneggiamento o mancanza iniziale (la morte della madre); il divieto (la proibizione alla fi gliastra di partecipare al ballo del principe); la fornitura degli strumenti magici (vestito e scarpette); il superamento del divieto; l’arrivo in incognito alla festa; le pretese infondate avanzate dal falso eroe (i tentativi delle sorellastre di sostituirsi a lei); il riconoscimento dell’eroina, l’unica fanciulla che riesce a calzare la scarpetta; lo smascheramento delle antagoniste e le nozze conclusive.

Un po’ di storia e un po’ di preistoria

Da dove viene la novellina della Cenerentola? Probabilmente da molto lontano, tanto che, come per ogni intreccio fi abesco, il residuo di miti e riti e il continuo andirivieni tra oralità e scrittura, tra racconto popolare che diventa documento letterario e versione letteraria che ritorna nella corrente della tradizione orale, rendono diffi cilissimo se non impossibile ricostruirne la storia.

Una teoria affascinante, che ha sedotto molti studiosi a partire dai seguaci della scuola mitologica, la suppone derivata da un mito solare dove la fanciulla è fi gura dell’aurora, la cenere il suo travestimento notturno, i tre abiti immagini del suo potere luminoso e il principe metafora dell’astro nascente che si leva e si fonde con lei. Altre ipotesi vengono dalle Radici storiche dei racconti di fate di Propp, testo cardine degli studi novecenteschi sulla fi aba, dove sono rintracciabili connessioni tra l’aiutante magico dell’orfana e alcuni riti tribali del “ciclo dell’oltretomba”; o da un più recente saggio sulla decifrazione del Sabba stregonesco dove, proprio nell’analisi della fi aba in questione, si rileva l’affi nità profonda che lega tra loro miti e riti provenienti dai contesti più disparati, dalla zoppia di Edipo alla scarpetta della nostra eroina.

Quanto alla storia scritta, la prima versione della Cenerentola sarebbe secondo alcuni una leggenda egizia, riferita in età augustea dal geografo greco Strabone (Geografi a, XVII, I, 33) e narrata due secoli dopo dal retore romano Eliano in una delle sue Storie varie (XIII, 33), dove una scarpetta accidentalmente perduta diventa oggetto di innamoramento a distanza. Vi si racconta infatti come durante il bagno un’aquila rubi alla cortigiana Rodopi il suo sandalo e lo porti al faraone il quale, immaginando la bellezza della donna dalle armoniose proporzioni del piede, si innamora di lei, la fa ricercare e la sposa.

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Ma la più antica versione scritta fi no ad oggi conosciuta viene dall’Oriente e risale al IX secolo d.C. A riportarla fu un dotto funzionario cinese, Tuang Ch’eng-Shih, che l’aveva ascoltata da uno dei suoi servi. In questa antichissima storia, dove non è diffi cile intravedere un legame tra la piccolezza del piede su cui si impernia l’intreccio della fi aba e l’antica consuetudine delle classi elevate cinese di fasciare strettamente dall’infanzia i piedi femminili per impedirne la crescita, compaiono i più noti ingredienti della fi aba: matrigna e sorellastra, protettore sovrannaturale, vesti ottenute per magia, festa lasciata in anticipo e scarpetta perduta. Racconta infatti come la povera Sheh-Hsien, che non si chiama ancora Cenerentola ma è già orfana e perseguitata, dalle lische di un pesce miracoloso uccisole a tradimento dalla matrigna ottenga un paio di scarpe d’oro e un abito per recarsi alla festa della grotta ma, affrettandosi sulla via del ritorno, perda una delle calzature. La scarpetta viene in possesso del re di un’isola vicina che, affascinato dalla sua dimensione («era più corta di un pollice») ne fa ricercare ovunque la proprietaria, la trova e la proclama sua consorte.

In Occidente, la prima Cenerentola a stampa sembra essere la novella di Pernette, contenuta in una raccolta francese del XVI secolo (Bonaventure Des Perriers, Contes ou Nouvelles Récréations et Joyeux Devis, CXXIX), dove si narra l’avventura a lieto fi ne di una fanciulla maltrattata dalla madre e dalle sorelle che, non volendo consentire alle sue nozze, la sottopongono a una serie di prove umilianti tra cui indossare una pelle d’asino e raccogliere con la lingua uno staio di grani d’orzo disseminati per terra. Certamente più nota è però la novella napoletana di Giovan Battista Basile La gatta Cenerentola (Pentamerone, 1636, I, 6) dove fi nalmente la protagonista, di nome Zezolla, riceve il soprannome di Cenerentola, perché costretta a vivere in cucina tra le ceneri del focolare. Qui si racconta come la fi glia di un principe rimasto vedovo sia odiata dalla malvagia matrigna e se ne lamenti con l’istitutrice, affermando che avrebbe preferito lei come sposa del padre. La storia è un po’ anomala per la duplicazione dei persecutori, sei sorellastre e due matrigne, e soprattutto per il comportamento della protagonista, che su istigazione della seconda matrigna ammazza la prima spezzandole il collo con il coperchio di una cassapanca. E tuttavia ricalca la traccia ben nota: degradazione e persecuzione dell’orfanella, aiuto sovrannaturale, dono degli abiti e delle pianelle, partecipazione alla festa, fuga, riconoscimento e nozze.

Cendrillon o Aschenputtel?Ma la Cenerentola destinata ad eclissare tutte le altre e a diventare, complice Walt Disney, la versione privilegiata per l’infanzia è senza dubbio la Cendrillon di Charles Perrault (1697). Perrault depura la fi aba dai particolari truculenti e crudeli presenti sia in Basile (uccisione della prima matrigna) sia nella tradizione orale (amputazione dei piedi per la prova della scarpetta o accecamento delle sorellastre per punizione ) e inventa nuovi particolari, che ci sono diventati così familiari da sembrare inscindibili dalla fi aba: la madrina fatata, la zucca trasformata in cocchio, il ritorno a casa allo scoccare della mezzanotte, la scarpina di vetro, il perdono fi nale. E invece alcuni di essi, come la raffi nata e brillante calzatura di vetro, sono sconosciuti al di fuori della versione di Perrault e di quelle da essa derivate, tanto che per giustifi carla si è addirittura pensato ad un errore accidentale degli stampatori, che per ragioni di omofonia avrebbero confuso la parole verre (vetro) con vair (pelliccia), piuttosto che all’intenzione del letterato di assecondare il gusto della corte dove andavano di moda i vetri soffi ati veneziani. Deliberata invenzione o confusione linguistica, la scarpetta di vetro, nonostante la sua fragilità, è sopravvissuta con successo alle rielaborazioni successive; destino contrario è toccato invece alle due

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“morali” in versi che concludevano la fi aba nell’edizione originale, progressivamente ridotte, modifi cate o scomparse: la prima inneggiava alla grazia femminile che vince sulla bellezza, la seconda, più maliziosamente, all’aiuto di padrini e madrine che vince ogni talento.

Il secondo posto nella hit parade delle Cenerentole spetta ad Aschenputtel, trascrizione ottocentesca dei fratelli Grimm (Kinder und Hausmärchen, 1812, I, 21), dove compaiono alcuni particolari assenti in Perrault ma presenti nella tradizione orale, e dove la fi aba trova la sua versione più complessa e completa e forse per questo più arcaica e “barbarica”. Nell’introduzione assistiamo per la prima volta alla morte della madre, che promette protezione dal cielo, e alle frequenti visite della tomba da parte dell’orfanella. Seguono le nozze del padre, la degradazione della povera fi gliastra, i dispetti delle sorellastre e, particolare importante, la richiesta al padre di un ramo in dono. Piantato sulla tomba della madre, il ramo diventa una pianta e sui suoi rami si posa un uccellino che getta a Cenerentola qualunque cosa lei chieda. Così, quando il re invita tutte le ragazze del paese a una festa di tre giorni e la matrigna accorda il suo permesso alla fi gliastra solo patto che superi una prova, prima verranno ad aiutarla due colombe bianche, poi dai rami dell’albero cadrà ogni sera un sontuoso abito completo di scarpette. Le prime due sere la bella sconosciuta, di cui il principe subito si innamora, riesce a fuggire senza lasciare traccia ma la terza volta perde la sua scarpetta tutta d’oro. Per diventare regine le sorellastre non esitano a mutilarsi i piedi con un coltello ma l’intervento delle colombe che rivelano al principe la presenza di sangue nelle loro scarpe porta allo smascheramento delle antagoniste e al riconoscimento dell’eroina. La fi aba si conclude con le nozze e con la punizione esemplare dei colpevoli eseguita dalle colombe protettrici che, impietosamente e con teutonica sistematicità, accecano le due perfi de sorelle: «mentre gli sposi andavano in chiesa, la maggiore era a destra e la minore a sinistra di Cenerentola; e le colombe cavarono un occhio a ciascuna. Poi all’uscita, la maggiore era a sinistra, la minore a destra; e le colombe cavarono a ciascuna l’altro occhio».

Il successo iconografi co nell’editoria per l’infanzia

La diffusione della fi aba, in particolare nell’ambito dell’editoria per l’infanzia a partire dall’Ottocento, porta con sé la rigogliosa fi oritura di un ricco e variegato repertorio iconografi co, emblematico non solo per la lettura visiva dei motivi dominanti della storia, ma anche come pretesto per esprimere mutamenti stilistici e di gusto. Dopo una fase di affermazione nell’editoria popolare (incisioni e silografi e anonime, Imagerie d’Épinal), a illustrare la fi aba in tutto il mondo si accostano artisti di primo piano, dall’ inglese Arthur Rackham, al francese Gustave Doré.

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In Italia, la versione perraultiana si affaccia iconografi camente nella seconda metà dell’Ottocento, proprio attraverso le immagini di Doré, nel celeberrimo I racconti delle Fate che privilegia scene di ambiente, di costume, con divertenti toni di umorismo, mentre nella originale e personalissima riscrittura di Collodi uscita a Firenze nel 1876, la fi aba non è illustrata.

Le versioni di matrice tedesca penetrano in Italia nelle numerose riedizioni di fi abe dei fratelli Grimm di fi ne Ottocento che ripropongono in squillanti cromolitografi e i tipi, i motivi e le varianti tematiche specifi che: la presenza degli uccellini “aiutanti”, la tomba della madre, ecc.

Nel periodo Liberty e Deco il contesto iconografi co prevalente è un Settecento rivisitato da un raffi nato decorativismo mentre negli anni ‘40 si diffonde una pletora di immagini non sempre di qualità, fi no all’episodio disneyano del 1950 che condizionerà le successive interpretazioni.

Contemporaneamente le scene clou della fi aba (il camino, le sorellastre e la matrigna, la fata madrina, la carrozza e le trasformazioni, il ballo, la perdita della scarpina, la prova, il trionfo fi nale) si diffondono nell’ambito dei libri animati e dei libri gioco, nei teatrini di carta, in fi gurine, cartoline e calendarietti, contribuendo ad affermare il mito.

Una fi aba multiculturale

La varietà di lingue in cui è raccontata, dall’idioma degli appalachi allo zulu, e di paesi in cui è ambientata, dalla Bosnia all’Iraq al Vietnam, fanno di Cenerentola una fi aba naturalmente multiculturale. In una scuola con allievi stranieri in continuo incremento, fi abe come Cenerentola possono diventare uno strumento prezioso per scoprire analogie e differenze tra universi fi abeschi lontani, conoscere culture differenti e attraversare il tempo dal passato al presente, cogliendo indizi che da spazi e tempi lontani ci riportino alla nostra attuale società multietnica. Esperienze e proposte non mancano. In un prezioso volumetto curato dal referente del MIUR sui temi dell’intercultura, è citata ad esempio una ricerca su alcune versioni della fi aba condotta in un corso di formazione multiculturale per insegnanti, a partire da una variante portata a scuola da una bambina macedone. E a scaffali multiculturali delle biblioteche per ragazzi e scolastiche è destinata la più antica delle cenerentole in un libro bilingue, italiano e cinese, edito nel 2003 a cura di Yang Xiaping, una mediatrice culturale di grande competenza. Suggerimenti e supporti vengono anche dalla rete: sul tema Cinderella, la American Library Association fornisce un corposo elenco di edizioni illustrate in numerose lingue; la Maryland Technology Academy propone Cinderella: a mirror of a culture, attività didattiche in chiave multiculturale rivolte soprattutto ad allievi di scuola media superiore; l’Università canadese di Calgary insieme con la Children’s Literature Web Guide offre dettagliate informazioni bibliografi che relative a risorse internet, saggi, articoli, varianti in lingue diverse e raccolte di fi abe popolari in cui la fi aba compare; l’University of Southern Mississippi presenta infi ne The Cinderella Projet, un archivio di trascrizioni e immagini cui ha lavorato un gruppo di studenti del corso di Bibliografi a e Metodi di Ricerca. Insomma spunti e materiali non mancano. Dunque buona Cenerentola e buon lavoro!

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PROPOSTE DI STUDIO INTERDISCIPLINARE

Parte generale– Cos’è e come si allestisce un’opera lirica– Breve storia dell’opera

Il contesto storico-culturale– Italia ed Europa tra Sette e Ottocento: la Rivoluzione Francese, L’epopea napoleonica,

il Congresso di Vienna, la Restaurazione– Classicismo e Romanticismo

La fonte letteraria– Charles Perrault, Contes de ma mère l’Oye, 1697– Il genere letterario della fi aba

Il compositore– Gioachino Rossini (1792 – 1868) e il melodramma italiano dell’Ottocento

Il librettista– Jacopo Ferretti ( 1784 –1852)

L’opera– L’intreccio– La struttura del libretto, il lessico– La struttura musicale: sinfonia, atti, recitativi, arie, pezzi d’assieme– Il sistema dei personaggi e la loro connotazione musicale– Stili musicali a confronto: stile popolare, buffo, serio– Travestimenti drammaturgici e musicali– L’orchestrazione

Per approfondire– Una, mille Cenerentola nella tradizione popolare, nella fi aba, nel teatro, nel cinema– Incontro di generi e stili: fi aba, farsa, commedia sentimentale, comicità surreale– Immagini femminili a confronto nel teatro, in letteratura, nel cinema– L’arte e la censura– www.rossinioperafestival.it - www.fondazionerossini.org - www.operaitaliana.com

Rielaborare il testo– Lettura drammatizzata– Intervista impossibile ai personaggi e agli autori– Ricerca iconografi ca– Dizionario dell’opera

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LA CENERENTOLA,OVVERO ANGELINA E LA MAGIA DEL CUORE

a cura di Roberta Cortese

PresentazioneC’era una volta una ragazza di nome Angelina, nata fi glia di baroni. Sua madre era rimasta vedova e si era risposata con tale Don Magnifi co, da cui aveva avuto altre due fi glie, Clorinda e Tisbe; era poi morta però anche lei, lasciando così Angelina sola col patrigno e le sorellastre, che la trattavano come una serva.

Un bel giorno bussano alla porta di Don Magnifi co tre mendicanti in cerca carità: Clorinda e Tisbe vogliono cacciarli via, ma Angelina riesce a dar loro di nascosto un po’ di colazione. Dalla strada intanto i cavalieri annunciano un ballo a palazzo: il Principe Ramiro sceglierà la sua sposa. Clorinda e Tisbe a furia di strilli svegliano Don Magnifi co, interrompendo un suo sogno strampalato; Don Magnifi co infi ne raccomanda alle fi glie di fare di tutto per conquistare il principe e queste corrono a prepararsi. Ed ecco che arriva Ramiro in perso-na, che ha scambiato i suoi abiti con quelli del suo cameriere Dandini per osservare più da vicino la situazione: i suoi tre saggi maestri, Alfonso, Donato e Rodolfo, gli hanno infatti rivelato che in quella casa c’è una virtù nascosta. Manco a dirlo si scontra subito con Ange-lina... ed è amore a prima vista! Intanto arrivano i cavalieri ad annunciare l’arrivo del prin-cipe (Dandini travestito), che invita le ragazze al ballo. Angelina supplica Don Magnifi co di lasciare andare anche lei, ma lui rifi uta decisamente, quando sopraggiungono i tre maestri di Ramiro a chiedere della terza fi glia di Don Magnifi co; nella confu-sione generale, i tre (che hanno riconosciuto la sua bontà travestiti da mendicanti) conducono via Angelina promettendole aiuto per andare al ballo.

Nel palazzo di Ramiro, mentre Clorinda e Tisbe trattano in malo modo Ramiro credendo che sia solo uno scudiero, fa la sua comparsa una bellezza sconosciuta: tutti restano sbalorditi nel notare la somiglianza con Angelina. Anche Dandini ne è affascinato, ma Angelina rifi uta le sue offerte e gli confessa di essere innamorata del suo scudiero. Ramiro allora dichiara a sua volta il proprio amore, ma Angelina fugge lasciandogli in pegno uno dei suoi due braccialetti, con l’invito a cercarla. Ramiro e Dandini riprendono i propri ruoli: Ramiro raduna i suoi per partire in cerca della sconosciuta, mentre a Dandini tocca rivelare tutto a Don Magnifi co e cacciarlo via dal palazzo.

Tornati tutti a casa, Angelina ripren-de i suoi lavori, quando bussa alla porta proprio Ramiro, in cerca di aiuto perché gli si è rove-

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sciata la carrozza: riconosce Angelina e le chiede di sposarlo. Le sorellastre e Don Ma-gnifi co ridono della sorella, facendo arrabbiare il principe, ma Angelina richiama tutti alla pace: questo giorno per lei è talmente felice che non vuole lasciarselo rovinare da rancori, ma condividerlo con quella che considera comunque la sua famiglia. Di fronte a tanto cuo-

re perfi no Clorinda, Tisbe e Don Magnifi co sono costretti a cedere, lasciandosi trascinare in un unico grande abbraccio fi nale.

Quella di Cenerentola è tra le favole più co-nosciute della tradizione popolare, fa par-te senz’altro dei ricordi infantili di tutti e, inutile negarlo, non per ultimo grazie al cartone animato di Walt Disney. La favola che conosciamo noi, in realtà, è però sol-

tanto la più diffusa delle tante versioni della storia e deriva dalla Cendrillon scritta da Charles Perrault nel 1697,

che a sua volta prendeva spunto da La gatta Cenerentola di Giambattista Ba-sile (del 1634); anche i fratelli Grimm,

nell’800, ne scrissero un’altra ver-sione (un po’ più macabra...) dal

titolo Aschenputtel. Ma la storia di questa eroina per-seguitata ha origini mol-to più antiche, tanto che si

trovano perfi no una Rodophis greca del I sec. a.C. e una Yen-Shen

cinese del IX sec. (che spiega, fra l’altro, il perché della scarpetta risolutrice, vista l’im-

portanza data dalla cultura antica cinese al piede minuto come rappresentativo di virtù). Cenerentola nel corso dei secoli ha poi subito numerose ulteriori metamorfosi ed è diventata soggetto principale di forme artistiche diverse,

come il balletto, il fi lm e naturalmente anche l’opera.

Rossini, si sa, compone La Cenerentola nel 1817 (in 24 giorni!), musicando un libretto scritto da Jacopo Ferretti (in 22 giorni!) che era ispirato all’opera di un altro librettista francese, a sua volta partito da Perrault: e qui torniamo ad un nome e ad una versione della storia che dovrebbero esserci familiare... Eppure ci si scontra subito con alcune novità molto interessanti.

Innanzi tutto scopriamo presto che la matrigna si è trasformata in patrigno: e un patrigno certamente meglio si prestava a diventare il personaggio comico di un’opera buffa. Ma la novità sostanziale è un’altra: Ferretti, infatti, decide di abolire totalmente la magia! Niente fata madrina, niente zucca o cetriolo che si trasforma in carrozza e niente topi che diventano cavalli. E se la matrigna ora è un patrigno, la madrina diventa una sorta di ‘padrino’: Alidoro, un saggio fi losofo che nella “nostra” versione dell’opera di Rossini è sostituito da Alfonso, Donato e Rodolfo, i tre saggi maestri del principe Ramiro. Questi sanno subito riconoscere la bontà di Cenerentola ed apprezzarne il valore, senza lasciarsi ingannare dalle apparenze, e dimostrando uno spirito d’iniziativa in grado di trasformare gli eventi al meglio: saranno proprio loro a creare il tramite più forte tra palcoscenico e

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platea, rendendo così anche il pubblico in sala artefi ce della felicità di Angelina e di tutti quelli che vivranno felici e contenti insieme a lei.

Altra novità rispetto alla favola classica è il personaggio di Dandini, che si fi nge il principe perché questo nel frattempo, travestito da servitore, possa curiosare indisturbato in casa di Don Magnifi co... Eppure il gioco dello scambio di ruoli è antichissimo, e sicuramente i suoi risvolti comici sono molto utili in un’opera buffa.

Ma veniamo ora a Cenerentola, o meglio Angelina. E arriviamoci passando per la famosa e già citata frase “... e vissero per sempre felici e contenti”. Chi vive felice e contento, alla fi ne di questa favola? Senz’altro Cenerentola e il principe, a cui si possono aggiungere al limite la fata madrina (o Alidoro, o i tre maestri) e sottintendere magari eventuali parenti e amici del principe... Però è inutile negare che il fi nale della favola tradizionale riesce a procurarci una certa soddisfazione per la sconfi tta totale delle perfi de sorellastre e della matrigna; in Basile fuggono via, in Perrault implorano la grazia divina, nei fratelli Grimm vengono crudelmente puniti e nella versione Disney restano comunque sconfi tti. Ma qui, no. Qui, come dice il sottotitolo originale dell’opera, si tratta del “trionfo della bontà”, e felici e contenti vivranno proprio tutti, perché la bontà di Angelina abbraccia tutti quanti fi n dall’inizio.

È proprio questa la vera nuova magia che si diffonde nell’opera: la profonda e convinta bontà di Angelina. Che a volte può forse passare per ingenua (e questo è sicuramente un aspetto sfruttato per i suoi risvolti comici), ma che colpisce per la sua convinzione profonda che in tutti, perfi no in quei tre mostri che costituiscono la sua famiglia, ci sia qualcosa di buono in attesa di manifestarsi - e il fi nale le darà ragione in un trionfo non solo di bontà, ma anche di lacrime e abbracci. Il punto è che la bontà di Angelina è non soltanto convincente, ma anche ‘contagiosa’; Rossini l’ha magistralmente espressa nei toni vagamente malinconici che avvol-gono la linea melodica della protagonista fi n dalla sua prima comparsa in scena. “Una volta c’era un re” ci fa subito capire con chi abbiamo a che fare: Angelina rallenta i tempi, ci culla nella sua melodia in 6/8 e ci apre il suo cuore. Impossi-bile resisterle, e infatti il principe non appena la vede non solo s’innamora, ma nel duetto “Un soave non so che” utilizza lo stesso ritmo della canzone di Ange-lina. Alla melodia cullante si alternano poi naturalmente le agilità tipiche rossiniane, che però non sono in contrasto con la calma di prima; perché Angelina sarà dolce e buona, si, ma non si limita a subire, quando è necessario fa sen-tire la sua determinazione e, al momento giusto, sa coglie-re l’occasione per diventare felice.

La magia delle fate si è tra-sformata in magia del cuore, una magia molto più umana e alla portata di tutti, ma ugualmente in grado di compie-re inaspettate trasformazioni.

cipe non appena la vedeuetto “Un soave

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La Cenerentola ovvero Angelina e la magia del cuoreMusica di Gioachino Rossini

Libretto di Jacopo Ferrettidal racconto Cendrillon, ou la petit pantoufl e (1697) di Charles Perrault

Prima rappresentazione: Roma, Teatro Valle, 25 gennaio 1817

Riduzione ad atto unico a cura di Roberta CorteseAdattamento musicale di Carlo Pavese

Personaggi

Don Magnifi co, barone di Montefi ascone (basso)

Clorinda e Tisbe, fi glie di Don Magnifi co (soprano)

Angelina, fi gliastra di Don Magnifi co, da tutti chiamata Cenerentola (contralto)

Don Ramiro, principe di Salerno (tenore)

Dandini, suo cameriere (baritono)

Alfonso, Donato e Rodolfo, nipoti di Don Ramiro (trio di voci bianche)

Coro di cortigiani del Principe

L’azione si svolge nel palazzo di Don Magnifi co, nel casino di delizie e nel palazzo del Principe.

Antica sala terrena nel castello del BaroneClorindaNo no no: non v’è, non v’èChi trinciar sappia cosìLeggerissimo sciassé.TisbeSì sì sì: va bene lì.Meglio lì; no, meglio qui.Risaltar di più mi fa.Clorinda e TisbeA quest’arte, a tal beltàSdrucciolare ognun dovrà.Angelina(con tono fl emmatico)Una volta c’era un re,Che a star solo s’annoiò:Cerca, cerca, ritrovò;Ma il volean sposare in tre.Cosa fa?Sprezza il fasto e la beltà.E alla fi n sceglie per séL’innocenza e la bontà.La la làLi li lìLa la là.

Clorinda e TisbeCenerentola, fi niscilaCon la solita canzone.

AngelinaPresso al fuoco in un cantoneVia lasciatemi cantar.Una volta c’era un reUna volta…

Clorinda e TisbeE due, e tre.La fi nisci sì o no?Se non taci ti darò.

AngelinaUna volta...(S’ode picchiare. Angelina apre, ed entrano Alfonso, Donato e Rodolfo travestiti da mendicanti)

Clorinda, Tisbe e AngelinaChi sarà?

Alfonso, Donato e RodolfoUn tantin di carità.

Clorinda e TisbeAccattoni! Via di qua.

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AngelinaZitti, zitti: su prendeteQuesto po’ di colazione.(Versa tazze di caffè, e le dà con un pane ai tre coprendoli dalle sorelle)Alfonso, Donato e RodolfoForse il Cielo il guiderdonePria di notte vi darà.Clorinda e TisbeMa che vedo! Ancora lì!Anche un pane? anche il caffè?(scagliandosi contro Angelina)Prendi, prendi, questo a te.AngelinaAh! soccorso chi mi dà!Alfonso, Donato e Rodolfo(frapponendosi inutilmente)Vi fermate, per pietà.(Si picchia fortemente; Angelina corre ad aprire, ed entrano i cavalieri)

Coro e coro del pubblicoO fi glie amabili di Don Magnifi coRamiro il Principe or or verrà,Al suo palagio vi condurrà.Si canterà si danzerà:Poi la bellissima fra l’altre femmineSposa carissima per lui sarà.

Clorinda e TisbeMa dunque il Principe?CoroOr or verrà.Clorinda e TisbeE la bellissima?CoroSi sceglierà.Clorinda e TisbeCenerentola vien qua.Le mie scarpe, il mio bonné.Cenerentola vien qua.Le mie penne, il mio collié.Nel cervello ho una fucina;Son più bella e vo’ trionfar.A un sorriso, a un’occhiatinaDon Ramiro ha da cascar.AngelinaCenerentola vien qua.Cenerentola va’ là.Cenerentola va’ su.Cenerentola va’ giù.Questo è proprio uno strapazzo!Mi volete far crepar?

Chi alla festa, chi al sollazzoEd io resto qui a soffi ar.Alfonso, Donato e RodolfoNel cervello una fucinaSta le pazze a martellar.Ma già pronta è la ruina.Voglio ridere a schiattar.CoroGià nel capo una fucinaSta le donne a martellar;Il cimento si avvicinaIl gran punto di trionfar.TisbeCenerentola, prestoPrepara i nastri, i manti.ClorindaGli unguenti, le pomate.TisbeI miei diamanti.AngelinaUditemi, sorelle...Clorinda(altera)Che sorelle!Non profanarci con sì fatto nome.Tisbe(minacciandola)E guai per te se t’uscirà di bocca.Angelina(Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.)(si ritira)TisbeNon v’è da perder tempo.ClorindaNostro padreAvvisarne convien.(Questionando fra loro, ed opponendosi a vicenda d’entrare)TisbeEsser la primaVoglio a darne la nuova.ClorindaOh! mi perdoni.Io sono la maggiore.TisbeNo no, gliel vo’ dir io.(Crescendo nella rabbia fra loro)ClorindaÈ questo il dover mio.Io svegliare lo vuo’. Venite appresso.

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TisbeOh! non la vincerai.

Clorinda (osservando fra le scene)Ecco egli stesso.

Don Magnifi co, bieco in volto, esce in berretta da notte e veste da camera, e detti; indi Angelina

Don Magnifi coMiei rampolli femminini,Vi ripudio; mi vergogno!Un magnifi co mio sognoMi veniste a sconcertar.(ricusando di dar loro a baciar la mano. Clorinda e Tisbe ridono quando non le guarda)(da sé, osservandole)Come son mortifi cate!Degne fi glie d’un Barone!Via: silenzio ed attenzione.State il sogno a meditar.Mi sognai fra il fosco e il chiaroUn bellissimo somaro.Un somaro, ma solenne.Quando a un tratto, oh che portento!Su le spalle a cento a centoGli spuntavano le penneEd in alto, fsct, volò!Ed in cima a un campanileCome in trono si fermò.Si sentiano per di sottoLe campane sdindonar.Col cì cì, ciù ciù di bottoMi faceste risvegliar.(Interrompendosi e strappandosi Don Magnifi co)

ClorindaSappiate che fra poco...

TisbeIl Principe Ramiro...

ClorindaChe son tre dì che nella deliziosa...

TisbeVicina mezzo miglioVenuto è ad abitar...

ClorindaSceglie una sposa...

TisbeCi mandò ad invitar...

ClorindaE fra momenti...

TisbeArriverà per prenderci...

ClorindaE la sceltaLa più bella sarà...

Don Magnifi co(in aria di stupore ed importanza)Figlie, che dite!Quel principon! Quantunque io nol conosco...Sceglierà!.. v’invitò... Sposa... più bella!Io cado in svenimento. Cenerentola, presto.Portami il mio caffè. Viscere mie.Metà del mio palazzo è già crollata,E l’altra è in agonia. Fatevi onore.Mettiamoci un puntello.(andando e tornando, e riprendendo le fi glie, che stanno per entrare)Figlie state in cervello.Parlate in punto e virgola.Per carità: pensate ad abbigliarvi;Si tratta niente men che imprinciparvi.(Entra nelle sue stanze, Clorinda e Tisbe nella loro)

Don Ramiro e Angelina. Don Ramiro vestito da scudiero; guarda intorno e si avanza a poco a poco

RamiroTutto è deserto. Amici?Nessun risponde. In questaSimulata sembianzaLe belle osserverò. Né viene alcuno?Eppur mi dièn speranzaI miei sapienti maestriChe qui, saggia e vezzosa,Degna di me trovar saprò la sposa.Sposarsi... e non amar! Legge tiranna,Che nel fi or de’ miei giorniAlla diffi cil scelta mi condanna.Cerchiam, vediamo.

Angelina cantando fra’ denti con sottocoppa e tazza da caffè, entra spensierata nella stanza, e si trova a faccia a faccia con Ramiro; le cade tutto di mano, e si ritira in un angolo

AngelinaUna volta c’era...Ah! è fatta

RamiroCos’è?

AngelinaChe batticuore!

RamiroForse un mostro son io!

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Angelina(prima astratta poi correggendosi con naturalezza)Sì... no, signore.

RamiroUn soave non so cheIn quegl’occhi scintillò!

CenerentolaIo vorrei saper perchéIl mio cor mi palpitò?

RamiroLe direi... ma non ardisco.

AngelinaParlar voglio, e taccio intanto.

Angelina e RamiroUna grazia, un certo incantoPar che brilli su quel viso!Quanto caro è quel sorriso.Scende all’alma e fa sperar.

RamiroNon so che dir. Come in sì rozze spoglieSì bel volto e gentil! Ma Don Magnifi coNon apparisce ancor? Nunziar vorreidel mascherato Principe l’arrivo.Fortunato consiglio!Da semplice scudieroIl core delle femmineMeglio svelar saprò. Dandini intantoRecitando da Principe...

Don Magnifi coDomandoUn milion di perdoni.Dica: e Sua Altezza il Prence?

RamiroArriva.

Don Magnifi coE quando?

RamiroTra tre minuti.

Don Magnifi co(in agitazione)Tre minuti! ah fi glie!Sbrigatevi: che serve?Le vado ad affrettar. Scusi; per questeRagazze benedette,Un secolo è un momento alla toelette.(entra dalle fi glie)RamiroChe buffone! Eppure i miei maestriSostengon che in queste muraSta la bontà più pura!Basta basta, vedrem. Alle sue fi glie

Convien che m’avvicini.Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini.

Cavalieri, Dandini e detto; indi Clorinda e Tisbe

Coro e coro del pubblicoScegli la sposa, affrettati:S’invola via l’età.La principesca lineaSe no s’estinguerà.

DandiniCome un’ape ne’ giorni d’aprileVa volando leggiera e scherzosa;Corre al giglio, poi salta alla rosa,Dolce un fi ore a cercare per sé;Fra le belle m’aggiro e rimiro;Ne ho vedute già tante e poi tanteMa non trovo un giudizio, un sembiante,Un boccone squisito per me.

(Clorinda e Tisbe escono, e sono presentate a Dandini da Don Magnifi co in gala)

ClorindaPrence!

TisbeSire...

Clorinda e TisbeMa quanti favori!

Don Magnifi coChe diluvio! che abisso di onori!

DandiniNulla, nulla;(con espressione or all’una ora all’altra)Vezzosa; graziosa!(accostandosi a Ramiro)(Dico bene?) Son tutte papà.(Ma al fi nir della nostra commediaChe tragedia qui nascer dovrà.)

Clorinda e Tisbe(ognuna da sé)(Ei mi guarda. Sospira, deliraNon v’è dubbio: è mio schiavo di già.)

Ramiro(sempre osservando con interesse se torna Angelina)(Ah! perché qui non viene colei,Con quell’aria di grazia e bontà?)

Don Magnifi co(da sé osservando con compiacenza Dandini, che sembra innamorato)(E già cotto, stracotto, spolpatoL’Eccellenza si cangia in Maestà.)

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Coro Scegli la sposa affrettatiS’invola via l’età.

DandiniBelle ragazze,Se vi degnate inciambellare il braccioAi nostri cavalieri, il legno è pronto.

Clorinda(servita dai cavalieri)Andiamo.

TisbePapà,non tardate a venir.(escono)Don Magnifi co(ad Angelina, voltandosi)Che fai tu qui?Il cappello e il bastone.

AngelinaSignor, una parola:In casa di quel PrincipeUn’ora, un’ora solaPortatemi a ballar.

Don Magnifi coIh! Ih! La bella Venere!Vezzosa! Pomposetta!Sguaiata! Cova-cenere!Lasciami, deggio andar.

Dandini(tornando indietro, ed osservando Ramiro immobile)Cos’è? qui fa la statua?(Sottovoce fra loro in tempo del solo di Don Magnifi co)RamiroSilenzio, ed osserviamo.

DandiniMa andiamo o non andiamo?

RamiroMi sento lacerar.

AngelinaMa una mezz’ora... un quarto.

Don Magnifi co(alzando minaccioso il bastone)Ma lasciami o ti stritolo.

Ramiro e Dandini(accorrendo a trattenerlo)Fermate.

Don Magnifi co(sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini)Serenissima!

(ora a Dandini ora ad Angelina)Ma vattene. - Altezzissima!Servaccia ignorantissima!

Ramiro e DandiniServa?

AngelinaCioè...

Don Magnifi co(mettendole una mano sulla bocca e interrompendola)VilissimaD’un’estrazion bassissima,Vuol far la suffi ciente,La cara, l’avvenente,E non è buona a niente.(minacciando e trascinando)Va’ in camera, va’ in cameraLa polvere a spazzar.

Dandini(opponendosi con autorità)Ma caro Don Magnifi coVia, non la strapazzar.

Ramiro(fra sé, con sdegno represso)Or ora la mia colleraNon posso più frenar.

Angelina(con tono d’ingenuità)Ah! sempre fra la cenereSempre dovrò restar?

(Nel momento che Don Magnifi co staccasi da Angelina ed è tratto via da Dandini, entrano i tre maestri con taccuini aperti)

Alfonso e DonatoNel nostro codiceDelle zitelleCon Don Magnifi coStan tre sorelle.(a Don Magnifi co con autorità)Or che va il PrincipeLa sposa a scegliere,La terza fi gliaSi va cercando.

Don Magnifi co(confuso ed alterato)Che terza fi gliaMi va fi gliando?

RodolfoTerza sorella...

Don Magnifi co(atterrito)Ella... morì...

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RodolfoEppur nel codiceNon v’è così.Angelina(Ah! di me parlano.)(ponendosi in mezzo con ingenuità)No, non morì.Don Magnifi coSta’ zitta lì.RodolfoGuardate qui!Don Magnifi co(balzando Angelina in un cantone)Se tu respiri,Ti scanno qui.Ramiro e DandiniElla morì?Don Magnifi co(sempre tremante)Altezza morì.(Momento di silenzio)Tutti(guardandosi scambievolmente)Nel volto estaticoDi questo e quelloSi legge il vorticeDel lor cervello,Che ondeggia e dubitaE incerto sta.Don Magnifi co(fra’ denti, trascinando Angelina)Se tu più mormoriSolo una sillabaUn cimiterioQui si farà.Angelina(con passione)Deh soccorretemi,Deh non lasciatemi,Ah! di me, miseraChe mai sarà?RamiroVia consolatevi.Signor lasciatela.(strappandola da Don Magnifi co)(Già la mia furiaCrescendo va.)Alfonso, Donato e Rodolfo(frapponendosi)Via meno strepito:Fate silenzio.O qualche scandaloQui nascerà.

DandiniIo sono un Principe,O sono un cavolo?Vi mando al diavolo:Venite qua.(Dandini strappa Angelina da Don Magnifi co e lo conduce via, seguito da Ramiro)AlfonsoAngelina. Vieni con noi.AngelinaE dove?AlfonsoOr ora un cocchioS’appresserà. Del PrincipeAndremo al festino.Angelina(guardandolo e accennandogli gli abiti)Con questi stracci?Come Paris e Vienna? oh che bel gruppo.(Nel momento che si volgono, Alfonso, Donato e Rodolfo gettano il manto)RodolfoOsserva. Silenzio. Abiti, gioie,Tutto avrai tu da noi. Fasto, ricchezzaNon t’abbaglino il cor. DonatoDama sarai;Scoprirti non dovrai. Amor soltantoTutto t’insegnerà.AngelinaMa questa è storiaOppure una commedia?

Coro del pubblicoAngelina,L’allegrezza e la penaSon commedia e tragedia, e il mondo è scena.

(Aprono la porta; vedesi una carrozza. Angelina vi monta. Alfonso, Donato e Rodolfo chiudono la porta e sentesi la partenza della carrozza)Alfonso, Donato e RodolfoVasto teatro è il mondo,Siam tutti commedianti.Si può fra brevi istantiCarattere cangiar.Quel ch’oggi è un ArlecchinoBattuto dal padrone,Domani è un signorone,Un uomo d’alto affar.Fra misteriose nuvoleChe l’occhio uman non penetraSta scritto quel carattere

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Che devi recitar.(S’ode avvicinare una carrozza)Odo del cocchio crescereIl prossimo fragore...Vieni, t’insegni il core,Colui che devi amar.(escono)Gabinetto nel casino di Don Ramiro.Dandini e Don Ramiro correndo sul davanti del palco, osservando per ogni parte.Ramiro(sotto voce)Zitto zitto, piano piano;Senza strepito e rumore:Delle due qual è l’umore?Esattezza e verità.DandiniSotto voce a mezzo tono;In estrema confi denza:Sono un misto d’insolenza,Di capriccio e vanità.(Clorinda, accorrendo da una parte, e Tisbe dall’altra)Clorinda(di dentro)Principino dove siete?TisbePrincipino dove state?Clorinda e TisbeAh! perché mi abbandonate?Mi farete disperar.ClorindaIo vi voglio...TisbeVi vogl’io...DandiniMa non diamo in bagattelle.Maritarsi a due sorelleTutte insieme non si può!Una sposo.Clorinda e Tisbe(con interesse di smania)E l’altra…?DandiniE l’altra...(accennando Ramiro)All’amico la darò.Clorinda e TisbeNo no no no no,Un scudiero! oibò oibò!Ramiro(ponendosi loro in mezzo con dolcezza)

Sarò docile, amoroso,Tenerissimo di cuore.

Clorinda e Tisbe(guardandolo con disprezzo)Un scudiero! No signore.Un scudiero! questo no.

ClorindaCon un’anima pleba!

TisbeCon un’aria dozzinale!

Clorinda e Tisbe(con affettazione)Mi fa male, mi fa maleSolamente a immaginar.

Ramiro e Dandini(fra loro ridono)La scenetta è originaleVeramente da contar.

Coro di cavalieri dentro le scene, indi Alfonso, Donato e Rodolfo.

CoroVenga, inoltri, avanzi il piè.Anticamera non v’è.

Ramiro e DandiniSapientissimi nipoti,Questo strepito cos’è?(Angelina avanzasi velata)

Alfonso, Donato e RodolfoDama incognita qui vien.Sopra il volto un velo tien.

Clorinda e TisbeUna dama!

Alfonso, Donato e RodolfoSignor sì.

Clorinda, Tisbe, Ramiro e DandiniMa chi è?

Alfonso, Donato e RodolfoNol palesò.

Clorinda e TisbeSarà bella?

Alfonso, Donato e RodolfoSì e no.Ramiro e DandiniChi sarà?Alfonso, Donato e RodolfoMa non si sa.ClorindaNon parlò?

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Alfonso, Donato e RodolfoSignora no.

TisbeE qui vien?

Alfonso, Donato e RodolfoChi sa perché?

TuttiChi sarà? chi è? perché?Non si sa. Si vedrà.

Clorinda e Tisbe(Gelosia già già mi lacera,Già il cervel più in me non è.)

Alfonso, Donato e Rodolfo(Gelosia già già le rosica,Più il cervello in lor non è.)

Ramiro(Un ignoto arcano palpitoOra m’agita, perché?)

Dandini(Diventato son di zucchero:Quante mosche intorno a me.)

Angelina svelasi. Momento di sorpresa, di riconoscimento, d’incertezza)TuttiAh!(Ciascuno da sé guardando Angelina, e Angelina sogguardando Ramiro)Ramiro e Angelina(Parlar - pensar - vorrei.Parlar - pensar - non so.Questo è un inganno/è un incanto, o dei!Quel volto mi atterrò.)(Don Magnifi co accorrendo, e detti)Don Magnifi coSignora Altezza, in tavolaChe... co... chi... sì... che bestia!Quando si dice i simili!Non sembra Cenerentola?Clorinda e TisbePareva ancora a noi,Ma a riguardarla poi...La nostra è goffa e attratta,Questa è un po’ più ben fatta;Ma poi non è una VenereDa farci spaventar.

Don Magnifi coQuella sta nella cenere;Ha stracci sol per abiti.

Angelina(Il vecchio guarda e dubita.)

Ramiro(Mi guarda, e par che palpiti.)

DandiniMa non facciam le statue.Patisce l’individuo:Andiamo presto in tavola.Poi balleremo il Taice,E quindi la bellissima...Con me s’ha da sposar.

Tutti(meno Dandini)Andiamo, andiamo a tavola.Si voli a giubilar.

DandiniOggi che fo da PrincipePer quattro io vo’ mangiar.

Giardino di delizie.

Tutti e Coro del pubblicoMi par d’essere sognandoFra giardini e fra boschetti;I ruscelli sussurrando,Gorgheggiando gli augelletti,In un mare di delizieFanno l’anima nuotar.

TuttiMa ho timor che sotto terraPiano piano a poco a pocoSi sviluppi un certo foco.E improvviso a tutti ignotoBalzi fuori un terremoto,Che crollando, strepitandoFracassando, sconquassandoPoi mi venga a risvegliar.E ho paura che il mio sognoVada in fumo a dileguar.

Gabinetto nel palazzo di Don Ramiro.Angelina fuggendo da Dandini, indi Ramiro.

DandiniMa non fuggir, per bacco! quattro volteMi hai fatto misurar la galleria.AngelinaO mutate linguaggio, o vado via.DandiniMa che? Il parlar d’amoreÈ forse una stoccata!AngelinaMa io d’un altro sono innamorata!DandiniE me lo dici in faccia?

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AngelinaAh! mio signore,Deh! non andate in colleraCol mio labbro sincero.DandiniEd ami?AngelinaScusi...DandiniEd ami?AngelinaIl suo scudiero.Ramiro(palesandosi)Oh gioia! anima mia!Alfonso, Donato e Rodolfo(mostrando il loro contento)(Va a meraviglia!)RamiroDunque saresti mia?Angelina(gli dà un smaniglio)Tieni.Cercami; e alla mia destraIl compagno vedrai.E allor... Se non ti spiaccio... allor m’avrai.(parte)RamiroDandini, che ne dici?DandiniEh! dico che da PrincipeSono passato a far da testimonio.Ramiro(a Dandini)Principe più non sei: di tante scioccheSi vuoti il mio palazzo.(chiamando i seguaci che entrano)Olà miei fi diSia pronto il nostro cocchio, e fra momenti...Così potessi aver l’ali dei venti.Sì, ritrovarla io giuro.Amore, amor mi muove:Se fosse in grembo a Giove,Io la ritroverò.Ramiro e CoroNoi voleremo, - Domanderemo,Ricercheremo, - Ritroveremo.Dolce speranza, - Freddo timoreDentro al mio/suo cuore - Stanno a pugnar.Amore, amore - M’hai/L’hai da guidar.(parte con i seguaci)

Dandini; indi Don Magnifi co.

Dandini(passeggiando)Ma dunque io sono un ex? Dal tutto al nientePrecipito in un tratto?Veramente ci ho fattoUna bella fi gura!Don Magnifi co(entra premuroso)Scusi la mia premura...Ma quelle due ragazzeStan con la febbre a freddo. Si potrebbeSollecitar la scelta?DandiniÈ fatta, amico.Don Magnifi co(con sorpresa, in ginocchio)È fatta! e quale?Clorindina o Tisbetta?Presto, per carità.DandiniVoi sentireteUn caso assai bizzarro.Don Magnifi co(Che volesseMaritarsi con me!)DandiniMi raccomando.Don Magnifi co(con smania che cresce)Ma si lasci servir.DandiniSia sigillatoQuanto ora udrete dalla bocca mia.Don Magnifi coIo tengo in corpo una segreteria.DandiniUn segreto d’importanza,Un arcano interessanteIo vi devo palesar.Don Magnifi coSenza battere le ciglia,Senza manco trarre il fi atoIo mi pongo ad ascoltar.DandiniUomo saggio e stagionatoSempre meglio ci consiglia.Se sposassi una sua fi glia,come mai l’ho da trattar?Don Magnifi co(Consiglier son già stampato.)Ma che eccesso di clemenza!Mi stia dunque sua Eccellenza...

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Bestia!.. Altezza ad ascoltar.Abbia sempre pronti in salaTrenta servi in piena gala,Cento sedici cavalli,Duchi, Conti, MarescialliA dozzine i convitati,Pranzi sempre coi gelati,Poi carrozze, poi bombè.DandiniVi rispondo senza arcani...

Coro del pubblicoChe qui siamo assai lontani.Lui non usa far dei pranzi,Mangia sempre degli avanzi,Non s’accosta a gran signori,Tratta sempre servitori,Se ne va poi sempre a piè.

Don Magnifi coMi corbella?DandiniGiel prometto.Don Magnifi coQuesto dunque?DandiniÈ un romanzetto.È una burla il principato,Sono un uomo mascherato.Ma venuto è il vero PrincipeM’ha strappata alfi n la maschera.Io ritorno al mio mestiere:Son Dandini il cameriere.Rifar letti, spazzar abitiFar la barba e pettinar.Don Magnifi coDi quest’ingiuria,Di quest’affrontoIl vero PrincipeMi renda conto.DandiniOh non s’incomodiNon farà niente.Ma parta subitoImmantinente.Don Magnifi coNon partirò.DandiniLei partirà.Don Magnifi coSono un Barone.DandiniPronto è il bastone.

Don Magnifi coCi rivedremoCi parleremo.DandiniCi rivedremoCi parleremo.Don Magnifi coNon partirò.DandiniLei partirà.Don Magnifi coDa cima a fondo,Poter del mondo!Che scivolata,Che gran cascata!Eccolo eccoloTutti dirannoMi burlerannoPer la città.DandiniVostr’EccellenzaAbbia prudenza.Se vuol rasoio,Sapone e pettineSaprò arricciarla,Sbarbifi carla.Ah ah! guardatelo,L’allocco è là.(Partono)

Sala terrena con camino in casa di Don Magnifi co.Angelina nel solito abito accanto al fuoco.

Angelina e coro del pubblicoUna volta c’era un Re,Che a star solo s’annoiò:Cerca, cerca, ritrovò;Ma il volean sposare in tre.Cosa fa?Sprezza il fasto e la beltà.E alla fi n sceglie per séL’innocenza e la bontà.La la làLi li lìLa la là.

(s’ode bussare fortemente, Angelina apre)Clorinda(entrando, accennando Cenerentola)(Ma! ve l’avevo detto...)Don Magnifi co(Ma cospetto! cospetto!Similissime sono affatto affatto.Quella è l’original, questa è il ritratto.)Hai fatto tutto?

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AngelinaTutto.Perché quel ceffo bruttoVoi mi fate così?

Don Magnifi coPerché, perché...Per una certa stregaChe rassomiglia a te...

ClorindaSu le tue spalleQuasi mi sfogherei.

AngelinaPovere spalle mie!Cosa c’hanno che far?(Cominciano lampi e tuoni, indi si sente il rovesciarsi di una carrozza.Entra Dandini, indi Don Ramiro)

DandiniScusate, amici.La carrozza del PrincipeRibaltò... ma chi vedo?(riconoscendo Don Magnifi co)

Don Magnifi coUh! Siete voi!Ma il Principe dov’è?

Dandini(accennando Ramiro)Lo conoscete!

Don Magnifi co(rimanendo sorpreso)Lo scudiero? Oh! guardate.

RamiroSignore perdonateSe una combinazione...

Don Magnifi coChe dice! Si fi guri! mio padrone.(alle fi glie)(Eh, non senza perché venuto è qua.La sposa, fi glie mie, fra voi sarà.)Ehi, presto, Cenerentola,Porta la sedia nobile.

RamiroNo, no: pochi minuti. Altra carrozzaPronta ritornerà.

Don Magnifi coMa che! gli pare!

Clorinda(con premura verso le quinte)Ti sbriga, Cenerentola.(Angelina recando una sedia nobile a Dandini, che crede il Principe)

AngelinaSon qui.

Don Magnifi coDalla al Principe, bestia, eccolo lì.

AngelinaQuesto! Ah che vedo! Principe!(sorpresa riconoscendo per Principe Don Ramiro; si pone le mani sul volto e vuol fuggire)

RamiroT’arresta.Che! Lo smaniglio!... è lei!che gioia è questa!Siete voi?

Angelina(osservando il vestito del Principe)Voi Prence siete?

Clorinda e Tisbe(fra loro, attonite)Qual sorpresa!

DandiniIl caso è bello!

Don Magnifi co(volendo interrompere Ramiro)Ma...

RamiroTacete.

Don Magnifi coAddio cervello.(prende a sé Ramiro e Dandini)Se...

Ramiro e DandiniSilenzio.

Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini, Don Magnifi coChe sarà!

Coro del pubblicoQuesto è un nodo avviluppato,Questo è un gruppo rintrecciato.

Clorinda, Tisbe, Angelina, Ramiro, Dandini, Don Magnifi co Chi sviluppa più inviluppa,Chi più sgruppa, più raggruppa;Ed intanto la mia testaVola, vola e poi s’arresta;Vo tenton per l’aria oscura,E comincio a delirar.

Don Magnifi coMa in somma delle somme,Altezza, cosa vuole?

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RamiroPiano: non più parole.(prende per mano Angelina)Questa sarà mia sposa.Clorinda, Tisbe e Don Magnifi coAh! ah! dirà per ridere.(ad Angelina)Non vedi che ti burlano?RamiroLo giuro: mia sarà.(scuotendo Angelina)Sposa...

Angelina(stupida per la gioia)Signor, perdonaLa tenera incertezzaChe mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai,Fra la cenere immonda...Ed or sul trono... e un serto mi circonda.

Don Magnifi co(corre in ginocchio)Altezza... a voi si prostra.

AngelinaNé mai m’udrò chiamar la fi glia vostra?

Ramiro(accennando le sorelle)Quelle orgogliose...

AngelinaAh Prence,Io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurieMi svanir dalla mente.Sul trono io salgo, e voglioStarvi maggior del trono.E sarà mia vendetta il lor perdono.Nacqui all’affanno, al pianto.Soffrì tacendo il core;Ma per soave incanto,Dell’età mia nel fi ore,Come un baleno rapidoLa sorte mia cangiò.(a Don Magnifi co e sorelle)No no; - tergete il ciglio;Perché tremar, perché?A questo sen volate.(abbracciandole)Non più mesta accanto al fuocoStarò sola a gorgheggiar.Ah fu un lampo, un sogno, un giocoIl mio lungo palpitar.

Coro e coro del pubblicoTutto cangia a poco a pocoCessa alfi n di sospirar.

GLOSSARIO

Allocco: scioccoAlma: animaAstratta: con la testa nelle nuvole, immersa

nei suoi pensieriAtterrò: dal verbo ‘atterrare’: gettare a terra,

abbattereAttratta: qui signifi ca ‘contratta’, ‘storpia’Avanzasi: viene avantiBagattelle: sciocchezzeBaleno: bagliore, lampoBieco: minacciosoBombé: carrozza dalla forma arrotondataBonné: dal francese bonnet, cappellinoCantone: angoloCasino: residenza nobile di campagnaCeffo: faccia bruttaCollié: dal francese collier, collanaContar: qui signifi ca ‘raccontare’Corbella: prende in giro, canzonaCospetto!: esclamazione che indica meravigliaDeggio: devoDeliziosa: residenza nobile di campagnaDièn: diederoGrado: sottinteso ‘di nobiltà’Guiderdone: ricompensaImprinciparvi: (neologismo) diventare

principesse sposando un principeInciambellare: (neologismo) mettere il braccio

attorno a quello dei cavalieriLegno: qui signifi ca ‘carrozza’Nuova: notiziaPalagio: palazzoPomposetta: vanagloriosa, che si dà ariePrence: principePria: primaPugnar: combattereQuestionando: discutendoRampolli: discendenti, fi gliRicusando: rifi utandoRuina: rovinaSciassé: dal francese chassé; indica un

particolare passo di danzaSdindonar: parola onomatopeica inventata, che

ricorda il suono delle campaneSerto: ghirlanda, coronaSmaniglio: braccialettoSogguardando: guardando di nascostoSprezza: disprezzaStoccata: colpo, bastonataStupida: stupitaTaice: dal tedesco Deutsche, danza popolare

da cui ha avuto origine il valzerTergete: asciugateTuono: qui signifi ca ‘tono’Vezzosa: bella

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Il disco

Selezione da La Cenerentola di Gioachino Rossini

Traccia n. 1 «Una volta c’era un re» - Cenerentola, Clorinda e TisbeTraccia n. 2 «O fi glie amabili» - coroTraccia n. 3 «Un soave non so che» - Don Ramiro, CenerentolaTraccia n. 4 «Scegli la sposa… Come un’ape nei giorni d’aprile» - coro e DandiniTraccia n. 5 «Qui nel mio codice… Nel volto estatico» - Alidoro e tuttiTraccia n. 6 «Ah, se velata ancor… Sprezzo quei don» - coro e CenerentolaTraccia n. 7 «Mi par d’essere sognando» - Finale I, tuttiTraccia n. 8 «Un segreto d’importanza» - Dandini, Don Magnifi coTraccia n. 9 «Siete voi?… Questo è un nodo avviluppato» - Don Ramiro,

Cenerentola, Dandini, Don Magnifi co, Clorinda, TisbeTraccia n. 10 «Non più mesta… Tutto cangia a poco a poco» - Cenerentola, coro

Esercizi per i cori del pubblicoBasi musicali cantateTraccia n. 11 «O fi glie amabili»Traccia n. 12 «Scegli la sposa»Traccia n. 13 «Il mondo è scena»Traccia n. 14 «Vi rispondo senza arcani»Traccia n. 15 «Una volta c’era un re»Traccia n. 16 «Questo è un nodo avviluppato»Traccia n. 17 «Tutto cangia a poco a poco»

Basi strumentaliTraccia n. 18 «O fi glie amabili»Traccia n. 19 «Scegli la sposa»Traccia n. 20 «Il mondo è scena»Traccia n. 21 «Vi rispondo senza arcani»Traccia n. 22 «Una volta c’era un re»Traccia n. 23 «Questo è un nodo avviluppato»Traccia n. 24 «Tutto cangia a poco a poco»

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Coro del Pubblico

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Coro

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O figlie amabili

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Coro

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Coro

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Coro

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812

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Coro del pubblico

Allegro Moderato

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Coro

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Coro

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Coro

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Scegli la sposa

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Cenerentola

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Coro del pubblico

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3

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Cen.

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Il mondo è scena

Recitativo

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Cen.

Coro

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Coro

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CORO DEL PUBBLICO

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TUTTI

Coro del pubblico

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di ni, fra giar di ni,Ie fra bo

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Pubblico

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TUTTI

Pubblico

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giando, gor gheggian do gliIaugel

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giando, gor gheggian do gliIaugel

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let ti: in un ma re di de

Clorinda, Tisbe, Cenerentola

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TUTTI

Pubblico

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li zia fan no l'a ni ma nuo

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tar, sus sur ran do, sus sur

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ran do fan no l'a ni ma nuo- - - - - - - - - - - - - - -- - - - - - -

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Pubblico

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pianissimoŒjœœœœœbb#jœœœœœjœœœœœjœœœœœjœœœœœjœœœœœ

sus sur ran do, sus sur

bassa

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ran do fan no l'a ni ma nuo

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U˙˙n Ótar.

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Allegro

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Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœval li, Cen to se di ci ca

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Jœ Jœjœ Jœ Jœ

jœ Jœ Jœ Jœ Jœval li, Du chi, Con ti, Ma re

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Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœscial li A doz zi neIi con viœ#

f‰ œ.pœ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ.

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Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœta ti, Pran zi sem pre coi ge

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Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœ Jœla ti, Poi car roz ze, poi bom

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ca ni Che qui sia moIas sai lon

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Vi rispondo senza arcaniMAGNIFICO

DANDINI CORO DEL PUBBLICO

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Page 48: Cenerentola ovv Angelica - Teatro Regio Torino · Durante una vacanza a Ravenna, Rossini compone sei quartetti per archi da eseguirsi come passatempo ... Le Sei sonate a quattro,

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13 jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœta ni. Che qui sia moIas sai lon

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jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœta ni. Lui non u sa far dei

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jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœpran zi, Man gia sem pre de gliIaœ

‰ œ.pœ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ. œ.

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16 jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœvan zi, Non s'ac co staIa gran si

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jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœgno ri, Trat ta sem pre ser viœ

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pœn œ. ‰ œ.

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jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœ jœto ri, Se ne va poi sem preIa

œn œ. œ .œ œ .œ œ .œ œ .œ œœœœ. œœœ. œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ œœœ

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86

86

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CenerentolaCoro del Pubblico

Andantino

Œ ‰ ‰ jœ jœU na

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jœœœ.œ.p

Jœ. œ. Jœ

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œ jœ œ jœvol ta c'e raIun

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jœœœ.œ. Jœ

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œ ‰ ‰ jœ JœRe, CheIa star

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jœœœ.œ. Jœ

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Cen.Coro

4 jœ>jœ rœ rœ jœ>

jœ .Rœ rKœso lo CheIa star so lo s'an no

4

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Jœœœ.

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Cen.Coro

7

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vò; Ma il vo

7

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Jœ Jœ œ œ œ œ Rœ œ œ3 3

le an spo sa re in

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jœœ.œœ. J

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3 3

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Cen.Coro

10

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10 œ. œ. œ. Jœ ‰ ‰

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fa? Sprez za il

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œ jœ œ jœfa stoIe la bel

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jœœ.œœ. J

œœ. œœ. Jœœ.

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Una volta c'era un re

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Cen.Coro

13

.œ jœ Jœ Jœtà. EIal la

13

œœ.jœœ. œœ.

jœœ.œœ. J

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.œ jœ jœ jœfin sce glie per

œœ.jœœ. œœœb .

jœœœ.œœ.

Jœœ. œœ

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Cen.Coro

16

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16 œœbbœœ œœ

jœœ ‰ ‰

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œ jœ rœn œ œ œ œ œcen za L'in no

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cen za e la bon

œœ.jœœ. œœ# .

jœœ.œ. Jœ. œœ

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Cen.Coro

19

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tà. La la la là Li li li

19

œœ.œ œ œ œ œœ œ œ

33

œœ. Jœœœ. œœœœ#

.Jœœœœ.

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œ ‰ œœœ.œœœ.œœœ.

œœœ ‰ œœ. œœ. œœ.

œ ‰ Œ ‰là.

œœœ ‰ Œ ‰

œœ ‰ Œ ‰

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44

44

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Dandini

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Œ rœ.rœ. Rœ. Rœ. Rœ

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rœ. rœ. Rœ. Rœ. Rœ

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Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ

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Œ Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ.Rœ.

Que stoIèIun no doIav vi lup

jœ. ‰Œ œœ.‰ ‰ œœ.

Jœ. ‰Œ œœ. ‰ ‰ œœ.

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Dan.

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Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ. Rœ

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pa to, que stoIèIun grup po rin trec

4

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œ. Rœ.Que stoIèIun no doIav vi lup

Rœ Rœ Œ Rœ ‰ ‰ Rœcia to. que stoIèIun

jœœ. ‰ Œ œœ.‰ ‰ œœ.

Jœ. ‰ Œ œœ. ‰ ‰ œœ.

Rœ. rœ. R

œ. Rœ. Rœ. Rœ.Rœ. Rœ.

pa to, que stoIèIun grup po rin trec

Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœngrup po que stoIèIun grup po rin trec

œœ.‰ œœ. œœ. œœ. œœ. œœ. œœn .

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Cen.

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Coro

7

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Que stoIèIun no doIav vi lup

Rœ Rœ Œ Rœ ‰ ‰ Rœcia to. que stoIèIun

Rœ Rœ Rœrœ Rœ Rœ Rœ Rœ

cia to. chi svi lup pa piùIin vi

Œ rœ.rœ.

rœ. rœ. Rœ. rœ.

Que stoIèIun no doIav vi lup

FEMMINE con Cenerentola

7

Jœ. ‰ Œ œœœ.

‰ ‰ œœœ.

Jœœ. ‰ Œ œœ

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rœ. rœ.rœ.

rœ. rœ. rœ.rœ. rœ.

pa to, que stoIèIun grup po rin trec

Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ rœn Rœgrup po que stoIèIun grup po rin trec

rœ Rœ Rœ Rœn Rœ Rœ Rœ Rœnlup pa, chi più sgrup pa, più rag

rœ. rœ.rœ.

rœ. rœ. rœ.rœ. rœ.

pa to, que stoIèIun grup po rin trec

œœœ.‰ ‰ œœ. œœ. ‰ ‰ œœ.

œœ. ‰ ‰ œœn .

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‰ ‰ œœn.

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Questo è un nodo

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Cen.

Ram.

Dan.

Mag.

Coro

9 rœ rœ Œ rœ ‰ ‰ rœcia to. que stoIèIun

Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ rœ Rœcia to. chi svi lup pa piùIin vi

Rœ Rœ Rœ Rœb Rœ Rœ Rœ Rœgrup pa; chi svi lup pa piùIin vi

Œ rœ. Rœ. Rœ

. rœ. Rœ. Rœ.Que stoIèIun no doIav vi lup

rœ rœ rœ.rœ.

rœ. rœ. Rœ. rœ.

cia to. Que stoIèIun no doIav vi lup

MASCHI con Magnifico

9 jœœ.‰ Œ œœœ.

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Jœœ. ‰ Œ œœ

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rœ rœ rœrœ rœ rœ rœ

rœgrup po que stoIèIun grup po rin trec

rœ Rœ Rœ Rœ rœ rœ Rœ Rœlup pa, chi più sgrup pa, più rag

Rœ Rœ Rœ Rœn Rœ Rœ Rœn Rœlup pa, chi più sgrup pa, più rag

Rœ.Rœ. Rœ. Rœ

.Rœ.

rœ. Rœ.

Rœ.pa to, que stoIèIun grup po rin trec

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rœ. rœ. rœ.rœ. rœ.

pa to, que stoIèIun grup po rin trec

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‰ ‰ œœn.

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Cen.

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Coro

11

rœ rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ

cia to. Que stoIèIun no doIav vi lup

rœ rœ Rœrœ rœ rœ Rœ

rœgrup pa; Que stoIèIun no doIav vi lup

Rœb Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœgrup pa; Que stoIèIun no doIav vi lup

Rœrœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ

cia to. Que stoIèIun no doIav vi lup

rœ rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ

cia to. Que stoIèIun no doIav vi lup

TUTTI con Cenerentola

11 jœœ.‰ rœœ rœœb rœœ rœœ

rœœ rœœ

Jœœ. ‰ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœpa to, que stoIèIun grup po rin trecrœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœpa to, que stoIèIun grup po rin trec

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœpa to, que stoIèIun grup po rin trec

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœpa to, que stoIèIun grup po rin trec

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœpa to, que stoIèIun grup po rin trec

rœœ rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœrœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ

-

-

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Cen.

Ram.

Dan.

Mag.

Coro

13

Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ

cia to. chi svi lup pa piùIin vi

Rœ Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ

cia to. chi svi lup pa piùIin vi

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœcia to. chi svi lup pa piùIin vi

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœcia to. chi svi lup pa piùIin vi

Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ

cia to. chi svi lup pa piùIin vi

13

Rœœ Rœœrœœ rœœ rœœ rœœ

rœœ rœœrœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœrœ

lup pa, chi più sgrup pa, più ragrœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœlup pa, chi più sgrup pa, più rag

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœlup pa, chi più sgrup pa, più rag

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœlup pa, chi più sgrup pa, più rag

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœrœ

lup pa, chi più sgrup pa, più rag

rœœ rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœ Rœœrœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ

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Cen.

Ram.

Dan.

Mag.

Coro

15 rœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ rœgrup pa; ed in tan to la mia

Rœ Rœ Rœrœ rœ rœ Rœ

rœgrup pa; ed in tan to la mia

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœgrup pa; ed in tan to la mia

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœgrup pa; ed in tan to la mia

rœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ rœgrup pa; ed in tan to la mia

15

Rœœrœœ R

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œœœrœœœ Rœœœ R

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œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœte sta vo la, vo laIe poi s'arrœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœte sta vo la, vo laIe poi s'ar

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœte sta vo la, vo laIe poi s'ar

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœte sta vo la, vo laIe poi s'ar

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœte sta vo la, vo laIe poi s'ar

Rœœœ

rœœœ Rœœœ R

œœœ Rœœœ R

œœœ Rœœœ R

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œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

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Cen.

Ram.

Dan.

Mag.

Coro

17

Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ

re sta; vo ten ton per l'a riaIo

Rœ Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ

re sta; vo ten ton per l'a riaIo

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœre sta; vo ten ton per l'a riaIo

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœre sta; vo ten ton per l'a riaIo

Rœrœ rœ rœ rœ rœ rœ rœ

re sta; vo ten ton per l'a riaIo17

Rœœœ Rœœœ R

œœœrœœœ

rœœœrœœœ Rœœœ

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œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœrœ

scu ra, e co min cioIa de lirœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœscu ra, e co min cioIa de li

rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœscu ra, e co min cioIa de li

Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœ Rœ rœscu ra, e co min cioIa de li

rœ rœ Rœ Rœ Rœ Rœ Rœrœ

scu ra, e co min cioIa de lirœœœrœœœ Rœœœ Rœœœ Rœœœ R

œœœ Rœœœ Rœœœ

œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

jœ ‰ Œ Órar.

Jœ ‰ Œ Órar.

Jœ ‰ Œ Órar.

Jœ ‰ Œ Órar.

jœ ‰ Œ Órar.

Jœœœ ‰ Œ Ó

jœ ‰ Œ Ó

- - - - - - - - -

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Cenerentola

Coro del pubblico

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lam po,Iun so gno,Iun

‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ

œœ ‰œœ ‰

jœœ ‰jœœ‰

œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œgio co il mio

‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ

œœ ‰ œœ ‰jœœ ‰

jœœ ‰

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Cen.

Coro

3 jœœ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ

lun go

3

‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœœœ ‰ œœ ‰

Jœœ ‰

Jœœ ‰

œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œpal pi

‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœ ‰ œœœœœ ‰ œœ ‰ jœœ

‰ jœœ‰

œ Œ Œ .Jœ Rœtar. Ah fuIun

Œ .jœp rœ .jœ

cresc. rœ .jœ rœTut to can giaIa po coIa

œœpœœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ

œœ œ œœ œ œœ œ œœ œ

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Cen.

Coro

6 œ œ Œ .Jœ Rœgio co ah fuIun

.jœ rœ .jœ rœ .jœ rœ .jœf rœ

po co, ces saIal fin di so spi

6 œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœƒœœ œœ œœ

œœ œ œœ œ œœ œ œœ œ

œ œ Œ .Jœ Rœgio co ah fuIun

.jœ rœ .jœ rœ .jœ rœ .jœ rœrar, sì, ces saIal fin di so spi

œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ œœ

œœ œ œœ œ œœ œ œœ œ

- -

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Tutto cangia

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Cen.

Coro

8 œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œ œlam

jœ ‰ Œ Órar

8 œœ Œ Ó

œœ Œ Ó

˙ œ œ œ œ œ œ œ œ

˙# ˙ ˙ ˙

œœƒœœ œœ œœ œœ

œœ œœ œœ œœ

˙ ‰ Jœ Jœ Jœpo il pal pi

˙ ˙ ˙ ˙

œœ œœ œœ œœ œœ œœœœ œœ œœ œœ

- - - - - - - - - - - - -

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Cen.

Coro

11

œ Œ Œ .œ œtar. Ah fuIun

Œ .œp

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PROPOSTE OPERATIVE

1. GIOCHIAMO CON “LA CENERENTOLA” A cura di Sabrina Saccomani

1.a Per la scuola dell’infanzia e il primo biennio della scuola elementareRitaglia le sagome di Don Ramiro, Dandini e Cenerentola e quelle dei loro vestiti che troverai in queste pagine. Divertiti a trasformarli come accade nella fi aba applicando le sagome degli abiti a quelle dei personaggi: Don Ramiro che si traveste da Dandini e viceversa, Cenerentola che diventa, da ragazza vestita di stracci, stupenda principessa.

DON RAMIRO

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DANDINI

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CENERENTOLA

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1.b Per la scuola elementare Se ti piace l’enigmistica, e hai letto con attenzione il libretto della versione

proposta dal Teatro Regio, puoi provare a inserire nei riquadri che seguono le defi nizioni richieste e scoprire così il nome di un personaggio dell’opera rossiniana. Scrivi le parole corrispondenti alle defi nizioni nelle rispettive griglie. Se avrai inserito le parole corrette, utilizzando le lettere contenute nei quadrati colorati, comparirà il nome di un personaggio dell’opera

1. Quanti sono i mendicanti che bussano alla porta di Don Magnifi co?

2. Come si chiama in realtà Cenerentola?

3. Quale animale è il protagonista del sogno di Don Magnifi co?

4. Nella prima parte dell’opera, chi indossa gli abiti del Principe ?

5. Quale oggetto Cenerentola consegna al Principe in pegno del suo amore?

6. Qual è la virtù dimostrata da Cenerentola nel corso della storia?

Il personaggio da scoprire è…

SOLUZIONITre, Angelina, Somaro, Dandini, Braccialetto, BontàRamiro

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1.c Per la scuola elementare e la scuola media Come hai potuto leggere nelle pagine precedenti, la fi aba di Cenerentola ha

origini antiche e conobbe nel corso dei secoli numerose versioni fi no ad arrivare a quella più famosa, scritta da Charles Perrault (Parigi, 1628-1703). Ispirandosi proprio al testo di Perrault, Jacopo Ferretti trasse il libretto dell’opera di Rossini. Tra la versione del letterato francese e il libretto dell’opera vi sono però alcune importanti differenze, sia per quanto riguarda i personaggi, sia per quanto riguarda la vicenda vera e propria. La versione proposta dal Teatro Regio presenta inoltre ulteriori cambiamenti rispetto all’originale di Rossini. Dopo aver letto con attenzione la fi aba (che trovi qui di seguito nella traduzione di Elena Giolitti, tratta da Charles Perrault, Fiabe classiche. I racconti di Mamma Oca, Mondadori, Milano 2001), la trama della Cenerentola di Rossini e il libretto della versione proposta dal Teatro Regio, prova a confrontare tra loro i tre testi. Che differenze ci sono tra i vari personaggi della storia e il loro ruolo all’interno della vicenda? Gli oggetti citati sono gli stessi o no? La magia, ad esempio, è sempre presente?

Cenerentoladi Charles Perrault

C’era una volta un gentiluomo, il quale aveva sposato in seconde nozze la donna più altezzosa e arrogante che mai si fosse vista. Ella aveva due fi glie del suo stesso carattere, che le rassomigliavano in ogni cosa. Anche il marito aveva una fi glia, ma di una dolcezza e di una bontà da non farsene un’idea; e in questo aveva preso dalla mamma, che era stata la creatura più buona del mondo. Le nozze erano appena state celebrate che la matrigna diede subito prova della sua cattiveria: non poteva sopportare tutte le buone qualità della giovinetta, le quali, per contrasto, rendevano le sue fi gliuole ancora più antipatiche. Cominciò così ad addossarle le più umili faccende di casa: era lei a lavare i piatti, a pulire le scale, a spazzare la camera della signora e delle signorine sue fi glie; ella dormiva in una soffi tta, proprio sotto i tetti, su un vecchio pagliericcio, nel mentre che le due sorelle avevano belle camere col pavimento in legno, letti all’ultima moda, e certi specchi nei quali potevano rimirarsi da capo a piedi; la povera ragazza sopportava ogni cosa con pazienza, e non osava lagnarsene col padre perché l’avrebbe sgridata: sua moglie

faceva di lui tutto quello che voleva.Quando aveva fi nito le sue faccende, ella andava a rifugiarsi in un cantuccio del focolare, e si metteva a sedere nella cenere; cosa che, in famiglia, le aveva guadagnato il soprannome di Culincenere; però la minore delle due sorelle, ch’era un po’ meno sguaiata dell’altra, la chiamava

Cenerentola. Cenerentola, coi suoi poveri abitucci, non mancava tuttavia d’essere cento volte più bella delle sorelle, riccamente vestite com’erano.Accadde che il fi glio del Re desse una festa da ballo e invitasse a parte-ciparvi tutta la gente im-portante; anche le nostre due damigelle furono invi-tate, perché erano perso-ne molto in vista nel paese. Eccole dunque tutte con-tente e tutte affaccen-date a scegliere vestiti e

acconciature, che le facessero fi gurare di più; nuova fatica per Cenerentola, giacché toccava a lei stirare la biancheria delle sorelle e inamida-re i loro polsini ricamati. In casa non si parlava d’altro che del modo in cui si sarebbero vestite per andare alla festa. «Io», diceva la maggio-re, «mi metterò l’abito di velluto rosso, con le guarnizioni di ricamo inglese.» «Io», interveniva

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la minore, «non avrò che la solita gonna; ma, in compenso, vi metterò sopra il mantello a fi ori d’oro e la collana di diamanti, che non è certo una cosa qualunque.» Mandarono a chiamare la più brava pettinatrice, per farsi far ben due fi le di riccioli, e fecero comprare i più bei nèi dalla migliore merciaia; chiamarono poi Cene-rentola perché dicesse il suo parere, sapendo che aveva buon gusto. Cenerentola le consigliò come meglio poté, anzi, si offrì di pettinarle, cosa che venne accettata volentieri. Mentre le pettinava le sorelle dicevano: «Ce-nerentola, ti piacerebbe andare al ballo?...» . «Ah, signorine, volete burlarvi di me! Cose simili non son pane pei miei denti.» «Dici bene: chissà quante risate nel vedere un Culincenere a una festa da ballo!». Un’altra, invece di Cenerento-la, avrebbe fatto apposta a pettinarle male; ma lei era buona, e le aggiustò a perfezione. Erano sta-te quasi due giorni senza mangiare, tant’erano stor-dite dalla contentezza. E a forza di stringerle nel bu-sto per render loro la vita più sottile, si ruppero più di dodici stringhe. Tutta la giornata la passavano a guardarsi nello specchio.Finalmente il gran giorno arrivò; le due sorelle par-tirono alla volta del palaz-zo reale e Cenerentola le seguì con gli occhi più a lungo che poté: poi, quando non le vide più, scop-piò a piangere. La sua madrina, venutola a tro-vare la vide in un mare di lagrime e le domandò cos’avesse: «Io vorrei... vorrei...» Piangeva così forte, che non poteva continuare. La madrina, che era una fata, le disse: «Vorresti andare al ballo, non è vero?». «Ahimè, sì» disse Ceneren-tola con un sospiro. «Ebbene, mi prometti d’aver giudizio?», disse la madrina. «Quand’è così ti ci farò andare.» La conducesse nella sua camera e le disse: «Corri in giardino e portami una zucca». Cenerentola corse immediatamente a raccoglie-re la più bella zucca che poté trovare e la portò alla madrina, senza riuscire a indovinare in qual modo quella zucca potesse servire a farla anda-re al ballo. La madrina, dopo averla ben svuotata, non lasciandone che la scorza, vi batté con la sua bacchetta magica, e la zucca fu subito cambiata in una splendida carrozza tutta dorata.Poi andò a guardare in una trappola, ove trovò sei sorci, tutti vivi; disse allora a Cenerentola

di alzare un pochino lo sportello della trappola: ogni sorcio che ne usciva fuori, lei lo toccava con la bacchetta e subito il sorcio si cambiava in un bellissimo cavallo; così mise insieme uno splendido tiro a sei di cavalli pomellati, d’un bellissimo color grigio-topo. Poiché sembrava preoccupata sul come procu-rarsi un cocchiere: «Aspettate un momento» disse Cenerentola «vado a vedere in un’altra trappola, se per caso non ci fosse qualche grosso topo: ne potremmo fare un cocchiere». «Buona idea!» disse la madrina «Corri un po’ a vedere.» Cenerentola le portò una trappola dov’erano ca-duti tre grossi topi. La fata scelse, fra tutti e tre, quello che aveva i baffi più lunghi, e quando l’ebbe toccato, il topo diventò un bel pezzo di cocchiere, provvisto del più bel paio di baffi che

mai si sia veduto. Le dis-se poi: «Scendi in giardi-no, dietro all’annaffi ato-io troverai sei lucertole. Porta mele qui.» Appena Cenerentola l’ebbe por-tate, la madrina le cam-biò in sei lacchè, i quali d’un balzo salirono die-tro alla carrozza, con le loro livree gallonate, e sapevano tenervisi at-taccati così bene, come se non avessero mai fat-to altro in vita loro. La fata disse allora a Cene-rentola: «Eccoti qui tut-to l’occorrente per an-

dare al ballo, non sei contenta?». «Sì, ci devo andare in questo modo, col mio brutto abituc-cio?» Bastò che la madrina la toccasse con la bacchetta, e i suoi abiti si mutarono in vestiti di broccato d’oro e di argento, tutti ricamati con pietre preziose; le diede poi un paio di scarpette di vetro, che erano una meraviglia. Così vestita, salì in carrozza; ma la madrina le raccomandò sopra ogni cosa di non lasciar passare la mezzanotte, avvertendola che se lei fosse rimasta al ballo anche un momento di più, la sua carrozza sarebbe ridiventata una zucca, i cavalli sorcetti, i suoi lacchè lucertole, e i vecchi vestiti avrebbero ripreso l’aspetto di prima. Ella promise alla madrina che sarebbe venuta via dal ballo prima di mezzanotte. E partì, non stando più in sé dalla gioia. Il fi glio del Re, a cui fu annunciato l’arrivo di una splendida Principessa, che nessuno conosceva, le corse incontro a riceverla; l’aiutò a scendere

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dalla carrozza, e la condusse nella sala dov’era-no gli invitati. Si fece allora un gran silenzio: tutti smisero di ballare e i violini non suonarono più tant’era l’attenzione generale nel contem-plare la grande bellezza della sconosciuta. Non si sentiva che un mormorio confuso. «Com’è bella!...». Perfi no il Re, vecchio com’era, non si stancava di guardarla e di dire sottovoce alla Regina che da gran tempo non gli era dato di vedere una donna così bella e graziosa. Tutte le dame erano intente a studiare i suoi vestiti e la sua acconciatura, per averne di simili il giorno dopo, sempre che avessero potuto trovare delle stoffe altrettanto belle e modiste abbastanza capaci. Il fi glio del Re la mise al posto d’onore: e poi andò a prenderla per farla ballare. Ella ballò con tanta grazia, che tutti l’ammirarono ancora di più. Fu servito uno splendido rinfresco ma il giovane Principe non l’assaggiò neppure, tanto era assorto nel contem-plarla. Ella andò a se-dersi accanto alle sue sorelle, le trattò con la massima cortesia e le in-vitò a servirsi di arance e limoni che il Principe le aveva regalato; questo le stupì assai, perché a loro sembrava di non conoscerla affatto. Nel mentre che conversava-no insieme, Cenerentola sentì suonare le undici e tre quarti, fece una profonda riverenza e se ne andò più lesta che poté. Appena fu arrivata a casa, corse dalla madrina e, dopo averla ringraziata, le disse che avrebbe avuto gran piacere di tornare alla festa anche il giorno seguente, perché il fi glio del Re l’ave-va tanto pregata. Mentre stava narrando alla madrina tutti i particolari della festa, le due sorelle bussarono alla porta: Cenerentola andò ad aprire. «Come siete tornate tardi!» disse sbadigliando, stropicciandosi gli occhi e stirac-chiandosi come se si fosse svegliata in quel mo-mento. Eppure, non aveva avuto davvero voglia di dormire, da quando si erano lasciate. «Se tu fossi venuta alla festa», le disse una delle sorel-le «non ti saresti certamente annoiata: è venuta una bellissima Principessa, ma la più bella che si possa vedere; ci ha anche fatto mille cortesie, offrendoci aranci e limoni.» Cenerentola non stava più in sé dalla gioia; chiese il nome della Principessa; ma quelle risposero che nessuno la conosceva, anzi, il fi glio del Re si struggeva del-

la voglia di sapere chi fosse, e avrebbe dato per questo tutto l’oro del mondo! Cenerentola sorri-se, e disse : «Doveva essere bella davvero! Dio mio! come siete fortunate voi altre! E io, come potrei fare per vederla? Signorina Giulietta, siate buona, prestatemi per una volta il vostro abito giallo, quello di tutti i giorni...». «Perché no?» disse la signorina Giulietta. «Ecco un’idea! Far indossare il mio vestito a un brutto Culince-nere come te! Dovrei proprio essere pazza!»Cenerentola si aspettava un simile rifi uto e ne fu assai contenta giacché si sarebbe trova-ta nei guai, se la sorella avesse acconsentito a prestarle l’abito giallo. Il dì seguente le due sorelle tornarono al ballo e Cenerentola pure; ma vestita anche più sfarzosamente della sera prima. Il fi glio del Re non si staccò mai da lei e non fece che dirle cose tenere e galanti. La nostra giovinetta non s’annoiava davvero e di-

menticò quel che la madrina le aveva tan-to raccomandato; così sentì suonare il primo tocco della mezzanot-te quando credeva che non fossero ancora le undici; allora si alzò e fuggì via con leggerez-za di una cerbiatta. Il Principe le corse die-tro, ma non poté rag-giungerla. Fuggendo, ella perdette una delle sue scarpine di vetro, e il Principe la raccolse

con grandissima cura.Cenerentola arrivò a casa tutta scalmanata, senza più carrozza, né lacchè e vestita dei suoi poveri abitucci; di tutte le sue magnifi cenze non le era restato che una delle scarpette, la compagna di quella che aveva perduta per stra-da. Fu chiesto ai guardaportoni del palazzo re-ale, se per caso non avessero visto uscire una Principessa; risposero di non aver visto uscire nessuno, salvo una ragazzetta assai mal messa, e che all’aspetto, sembrava piuttosto una con-tadina che una signora.Quando le due sorelle tornarono dalla festa, Cenerentola chiese loro se si erano divertite e se la bella signora vi era andata anche lei: loro risposero di si, ma che era scappata allo scocca-re della mezzanotte, e così in fretta, che aveva lasciato cadere una delle sue scarpine di vetro, la scarpetta più carina del mondo: il fi glio del Re l’aveva raccolta, e non aveva fatto che guar-darla per tutto il resto della festa; certamente

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doveva essere innamorato pazzo della bella si-gnora, alla quale apparteneva la scarpina. Dissero il vero; infatti pochi giorni dopo, il fi glio del Re fece proclamare a suon di tromba ch’egli avrebbe sposato colei, a cui la scarpina avesse calzato perfettamente al piede. Si cominciò a provarla alle Principesse, poi alle Duchesse e a tutte le dame della corte, ma fu tempo perso. La portarono anche dalle due sorelle, che fecero tutto il possibile per farsi entrare al piede quella scarpa, ma non vi riuscirono. Cenerentola che le guardava, e riconobbe la sua scarpetta, disse come per scherzo: «Vediamo un po’ se alle volte non mi stesse bene!». Le sorelle si misero a ridere e a canzonarla. Il gentiluomo che era incaricato di provare la scarpa, aveva guardato attentamente Cenerentola e, avendola trovata molto bella, disse che la cosa era giustissima, e lui aveva ricevuto ordine di provarla a tutte le ragazze. Fece sedere Cenerentola, e accostando la scarpetta al piedino di lei, vide

che esso vi entrava senza fatica e la calzava come un guanto. Lo stupore delle due sorelle fu grande, ma si fece ancora più grande quando Cenerentola tirò fuori di tasca la seconda scarpetta e se mise al piede. A questo punto arrivò la madrina che, dopo aver toccato con la bacchetta i vestiti di Cenerentola, li fece diventare ancora più sfarzosi di tutti gli altri. Fu qui che le due sorelle riconobbero in lei la bella signora veduta al ballo. Si gettarono ai suoi piedi e le chiesero perdono di tutti i maltrattamenti che le avevano fatto subire. Cenerentola le fece alzare, e disse, abbracciandole, che le perdonava di tutto cuore, e le pregava di volerle sempre bene. Poi, vestita com’era, fu condotta dal giovane Principe. Egli la trovò più bella che mai e pochi giorni dopo la sposò. Cenerentola, buona quanto bella, invitò le due sorelle presso di sé al palazzo e il giorno stesso le sposò a due gentiluomini della corte.

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1.d Per la scuola media Quando il librettista Jacopo Ferretti scrisse il libretto per la Cenerentola di

Rossini propose una versione meno “fi abesca” e più attuale della famosa favola di Perrault, eliminando ad esempio l’aspetto magico dalla vicenda. Prova ad immaginare e a scrivere anche tu una versione moderna della favola. Il titolo per esempio potrebbe essere:

E se Cenerentola vivesse nel XXI secolo?

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2. GIOCHI MUSICALI A cura di Elena Ricca

Il mondo che ci circonda è come un’immensa orchestra musicale dalle molteplici sfumature sonore, diretta da un maestro misterioso che può utilizzare suoni secchi e risonanti, acuti e gravi, confusi e distinti.Possiamo quindi analizzare con i nostri allievi la presenza dei suoni nella vita quotidiana (i suoni che sentono quando si svegliano, i suoni durante l’intervallo, i suoni in auto ecc.), cercare gli oggetti che emettono un suono nella nostra classe e analizzare le caratteristiche del loro suono.Suonare è sicuramente un’attività molto divertente per i nostri alunni. Curiosi di conoscere, ma soprattutto di sperimentare le possibilità ritmiche e timbriche del materiale sonoro, possono inventare o giocare o manipolare i suoni piegandoli ai loro gusti e desideri. Le attività qui proposte sono chiamate “gioco” proprio per sottolineare che alla base di ogni esperienza creativa occorre una piacevole ed invitante motivazione.

2.a Gioco di esplorazione e composizione Questa attività è relativamente semplice, ma molto interessante e ricca di

spunti. Sistemiamo per terra gli strumenti e diamo la possibilità di toccare, sperimentare,

far suonare i vari strumenti. Dopo un po’ di confusione facciamo scegliere uno strumento e mettiamo un bambino-direttore che dovrà scegliere due gesti, meglio se contrastanti tra loro (alzare il braccio verticalmente e poi orizzontalmente oppure camminare e poi correre) per indicare il suono e il silenzio.

Guidiamoli inizialmente verso movimenti molto evidenti, poi verso movimenti più contenuti come, per esempio, aprire le mani per indicare il suono e chiuderle per il silenzio.

In seguito potremmo dividere la classe in due facendo parlare prima gli strumenti a suono determinato e poi quelli a suono indeterminato, oppure quelli di metallo e poi quelli di legno; oppure quelli che emettono suoni lunghi e poi quelli che emettono suoni corti.

Con un pizzico di fantasia si inizierà così un’interessante “composizione” che potrà essere registrata con supporti audio o con videoriprese per far sì che il gruppo si auto-corregga e apprezzi la propria crescita.

2.b Gioco del baule Possiamo iniziare chiedendo agli alunni quali sono, secondo loro, i suoni o rumori

fastidiosi, cioè quelli che non sopportano, per fare una prima distinzione sul ca-rattere del suono. Dopo aver raccontato che possiamo utilizzare il baule di Cene-rentola per riporre e chiudere i suoni più insopportabili: mostreremo loro il disegno di un baule su di un foglio verde e lo stesso disegno su di un foglio rosso.

Quando alzeremo il cartello verde i bambini potranno suonare, quando alzeremo il cartello rosso faranno silenzio.

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Questo serve a dare una rappresentazione grafi ca del suono e del suo opposto, il silenzio.

Proviamo ora ad eseguire la partitura del BALLO; abbiamo sonorizzato il momento delle danze, le coppie che volteggiano, l’orchestra che suona, i camerieri che stappano lo champagne, gli invitati che brindano e che chiacchierano.

2.d Gioco del rebus musicale (per i più esperti) Se conoscete già la scrittura delle note potrete cimentarvi in uno di questi

rebus, sostituendo le parole alle note avrete una frase.

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2.e Il gioco degli incroci misteriosi In questo gioco ci sono molte parole chiave della storia di Cenerentola, ma sono

scritte alla rinfusa. Sarete capaci di trovarle tutte? Attenzione: sono scritte da sinistra a destra, ma anche da destra verso sinistra

o dal basso verso l’alto. In bocca al lupo! Le parole da cercare sono: Rossini, Ferretti, Don Magnifi co, Clorinda, Tisbe, Ramiro, ballo, Alidoro, Dandini,

Cavalieri, Barone, cameriere, segreto, Angelina, Parigi, opera, braccialetto, scudiero, trono.

C A V A L I E R I A S E G R E T O F E R R E T T S

A L E A D R O T F L A U M O A S T P Q U A N P I C

E I O R I T L O E T L E B S I T O T E M I R A P U

R D A R R A M I R O L T I S O E B A R R A P I T D

E O N I I N E R R I A Q U I R N A C R I A L M T I

I R M N A N O C E N E R E N T O L A U R U Q M O E

R O P I S T D I T R O I P I R R L U I S I S U N R

E D O D C E E A T R A V E R S A O G A T R O C O O

M D O N M A G N I F I C O P A B I U Q U O M O R F

A O R A I N T R E C A M I B R A C C I A L E T T O

C M T D O M E D A R A N I L E G N A B E C O D U Z

2.f Suoniamo “La Cenerentola” Troverete ora delle vere partiture tratte dalla musica del grande Rossini,

naturalmente saranno riduzioni che potrete suonare in classe con i fl auti o le tastiere.

Buon divertimento!

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2.g Gli strumenti dell’orchestra

Quando verrete allo spettacolo potrete vedere gli strumenti che suonano dal vivo. Chissà se li conoscevate già? Leggete attentamente le schede successive, per poterli riconoscere a teatro.

Il violino è la voce più acuta della fami-glia dei moderni strumenti ad arco occi-dentali. Ha 4 corde intonate per quinte (mi-la-re-sol), tese su un manico d’eba-no che termina a riccio, mediante piroli infi ssi nel cavigliere. Le corde partono dal capotasto e passano sulla tavola ar-monica, nella quale si trovano i due tagli ad effe, poggiano su di un ponticello che trasmette alla cassa le vibrazioni attra-verso l’anima, costituita da un cilindret-to di legno movibile posto vicino al pie-de destro del ponticello. Le corde sono fi ssate alla tavola stessa mediante una cordiera d’ebano. Storicamente lo stru-mento assunse intorno al 1600 un ruolo predominante nell’ambito della musica strumentale, contribuendo alla nascita delle più importanti strutture formali barocche come la sonata, il concerto, la sinfonia.

Il violoncello nasce in Italia nella seconda metà del XVI secolo dallo sviluppo della viola da gamba. Le sue dimensioni gli permettono di produrre dei suoni gravi. Si suona appoggiandolo tra le ginocchia ed usando un archetto. Nella base dello strumento è inserito un puntale in legno o in metallo che serve ad appoggiarlo in terra. L’accordatura delle 4 corde è basata sulle stesse note della viola trasportate, però, un’ottava sotto (la-re-sol-do). Nel 1700 entrò a far parte stabilmente dell’orchestra.

Il clarinetto ha un’imboccatura detta ad ancia semplice (l’ancia è una sottilissima linguetta di legno che viene inserita nel bocchino dello strumento e fatta vibrare dall’aria soffi ata dal musicista). È formato da un tubo cilindrico di legno

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terminante in un padiglione svasato nel quale sono stati praticati dei fori, che vengono chiusi sia dalle dita che da alcune chiavi. Derivato dallo strumento popolare chalumeau, fu soltanto dopo il XVII secolo che assunse la foggia che conosciamo oggi.

Il fagotto è costituito da un lungo tubo di legno (circa 2 metri e 50 centimetri) ripiegato su sé stesso a forma di U e terminante con un padiglione; lungo il tubo si trovano dei fori chiusi da un complesso sistema di chiavi. L’imboccatura ad ancia doppia è inserita in un tubetto metallico ripiegato e collegato allo strumento. Ha un timbro grave e pastoso, utilizzato nelle orchestre sinfoniche e d’opera.

La fi sarmonica è uno strumento musicale aerofono a mantice; è stata per lunghi anni uno strumento folcloristico legato alla tradizione della danza popolare. Ha due bottoniere: una corrispondente alla mano sinistra, l’accompagnamento, l’altra corrispondente alla mano destra che esegue il canto. La fi sarmonica più conosciuta è quella che ha la tastiera della mano destra come quella del pianoforte. Il bandoneón, chiamato anche bandonion dal suo inventore, il tedesco Heinrich Band, è simile alla fi sarmonica, ma ha entrambe le tastiere a bottoni; è uno strumento fondamentale nelle orchestre di tango argentine.

Il sintetizzatore, anche chiamato synth, è uno strumento musicale che appartie-ne alla famiglia degli elettrofoni. È un apparato in grado di imitare altri stru-menti reali o creare suoni non esistenti in natura. È generalmente controllato per mezzo di una tastiera.

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3. GIOCHI CON LA VOCE A cura di Nausicaa Bosio

Per la scuola primaria e secondariaAssistendo al nostro spettacolo vi accorgerete, o forse lo sapete già, che i personaggi dell’opera cantano utilizzando una tecnica particolare: i cantanti d’opera cantano con VOCE IMPOSTATA. Si tratta di una tecnica vocale che permette di potenziare molto il VOLUME e l’ESTENSIONE della VOCE NATURALE.

Un po’ di storia

Fino al Cinquecento i cantanti cantavano con timbro naturale. Dal Seicento, con la nascita del Melodramma, spettacolo in cui si mette in scena una storia cantando, accompagnati dall’orchestra, i cantanti devono sviluppare capacità tecniche e canore sempre maggiori, per rendere la voce bella e potente, così da poter essere sentiti nei grandi teatri con facilità: si cantano senza microfono (!) arie molto diffi cili.

3.a Don Ramiro e Cenerentola: chi è il tenore e chi il contralto? C’è sempre un po’ di confusione nella CLASSIFICAZIONE DELLE VOCI Le voci femminili, dalla più acuta alla più grave, sono: SOPRANO, MEZZOSO-

PRANO, CONTRALTO Le voci maschili, dalla più acuta alla più grave, sono: TENORE, BARITONO,

BASSO.

3.b Tutti critici musicali Provate a trasformarvi in CRITICI MUSICALI, ascoltando con attenzione lo

spettacolo ed esprimendo il vostro giudizio. Non abbiate timore di sbagliare: non c’è una risposta giusta; semplicemente divertitevi ad ASCOLTARE, cercando di capire se e quanto la musica possa arricchire e completare la storia.

Ad esempio:

la voce del contralto Cenerentola ha un timbro chiaro/scuro debole/potente cristallino delicato/aggressivo sottile caldo brillante .................................... .................................... .................................... ....................................

Trovatene altri voi!

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Nella Cenerentola Rossini affi da il ruolo della protagonista al CONTRALTO. Di solito la protagonista dell’opera è il soprano: perchè Rossini avrà fatto questa particolare scelta? Ascoltando l’opera prova a osservare le caratteristiche della voce di Cenerentola; con quali aggettivi si può qualifi care? Ti sembra tradurre bene musicalmente il carattere e la storia di Angelina?

Le sorellastre, Clorinda e Tisbe, sono rispettivamente un SOPRANO e un MEZZOSOPRANO. Quali sono le caratteristiche delle loro voci? La musica aggiunge qualcosa ai personaggi? E come?

Per quanto riguarda i personaggi maschili abbiamo un TENORE, il Principe Don Ramiro, un BASSO, il cameriere Dandini e un BASSO BUFFO, il patrigno Don Magnifi co. Sarà stata una scelta casuale? Quale effetto si otterrebbe se Don Ramiro fosse un BASSO BUFFO e Dandini un TENORE? La storia avrebbe lo stesso signifi cato?

Buon lavoro!

3.c Librettisti e Compositori Facciamo fi nta che Ferretti e Rossini non abbiano terminato il loro lavoro,

immaginiamo che siano stati interrotti sul più bello ... Entriamo nel loro studio, diamo un’occhiata ai loro appunti... e trasformiamoci in librettisti completando la scena e poi in compositori inventando la musica (con l’aiuto dell’insegnante!). Magari non se ne accorge nessuno!...

Ecco alcuni spunti di lavoro: Siamo all’inizio dell’opera. Clorinda e Tisbe si pavoneggiano davanti allo

specchio; Cenerentola prepara la colazione e canta l’aria «Una volta c’era un re», infastidendo le sorellastre… si sente bussare: chi sarà?

Tisbe Cenerentola fi niscila con la solita canzone. Clorinda Cenerentola fi niscila con la solita canzone. Cenerentola Presso al fuoco, in un cantone, via lasciatemi

cantar. Una volta c’era un re, una volta...

Clorinda e Tisbe E due, e tre! Clorinda La fi nisci? Sì o no? Clorinda e Tisbe Se non taci ti darò! Cenerentola Una volta...

(si ode picchiare) Clorinda, Tisbe e Cenerentola Chi sarà?

Chi sarà? Indovina chi è alla porta e inventa una fi lastrocca sul personaggio misterioso. Poi trasformati in Rossini e componi la melodia!

Arrivano i cavalieri del Principe Ramiro ad invitare le fi glie di Don Magnifi co al ballo. Clorinda e Tisbe, agitatissime, si lanciano nei preparativi subissando la povera Cenerentola con mille richieste, quindi litigano fra loro per decidere chi delle due abbia il diritto di avvisare il padre, Don Magnifi co.

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Tisbe Non v’è tempo da perdere Clorinda Nostro padre avvisarne conviene Tisbe Esser la prima voglio a darne la nuova Clorinda Oh, mi perdoni, io sono la maggiore Tisbe No, no, gliel vo’ dir io Clorinda È questo il dover mio. Io svegliare lo vo’.

Venite appresso. Tisbe Oh! Non la vincerai. Clorinda Ecco egli stesso.

Arriva Don Magnifi co: che cosa potrebbe dire per presentarsi? Inventa una fi lastrocca divertente con cui Don Magnifi co entri in scena, suscitando l’ilarità del pubblico...poi componi una musica buffa che caratterizzi ancor meglio il personaggio (facendoti sempre aiutare dagli insegnanti!).

Clorinda, Tisbe e Don Magnifi co sono fi nalmente al ballo. Le due sorelle cercano di conquistare il Principe, che in realtà è il cameriere Dandini travestito. Don Magnifi co ha bevuto così tanto vino che è nominato “cantiniere”; circondato e incitato dai cavalieri… straparla!

Don Magnifi co Intendente! Direttor! Presidente! Cantinier! Grazie, grazie, che piacer! Che girandola ho nel cor! Si venga a scrivere quel che dettiamo. Seimila copie poi ne vogliamo.

Cavalieri Già pronti a scrivere Tutti siam qui.

Che cosa detterà Don Magnifi co? Quale regola bizzarra si inventerà? Prendi il posto del librettista e del compositore e divertiti a comporre una fi lastrocca nonsense!

Buon lavoro!

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4. GIOCHI CON LA SCENOGRAFIA A cura di Lucia Carella

4.a L’ABC dei luoghi segreti del palcoscenico Come è fatto un TEATRO? Chi è lo SCENOGRAFO? La primissima cosa che si consiglia quando si vuole intraprendere la carriera

dello scenografo è la conoscenza dei luoghi segreti del teatro, in particolare del PALCOSCENICO, la zona in cui si muovono gli attori, visibile dal pubblico in sala.

Il palcoscenico può essere di tipo meccanico, ossia:– Suddiviso in quadrati o rettangoli in legno chiamati BOTOLE, attraverso le

quali appaiono e scompaiono personaggi o elementi di scena.– MOBILE su ascensore meccanico, cioè diviso in piattaforme che si alzano e

si abbassano, favorendo i cambi di scena.– Fornito di ROTAIE sulle quali scorrono orizzontalmente le pareti

scenografi che.

Molto importante è anche la parte che sovrasta il palcoscenico detta TORRE DI SCENA, nella quale si appendono e si muovono verticalmente le scenografi e. Qui gli elementi di fondamentale importanza sono:– La GRATICCIA: ha le dimensioni del sottostante palcoscenico ed è una

sorta di soffi ttatura costituita da travi di legno o di metallo posti ad una distanza di circa 8 cm. l’una dall’altra. Tra le fessure scorrono i cavi d’acciaio che sorreggono gli elementi scenici. Sulla graticcia lavorano macchinisti specializzati.

– I TIRI: sono i cavi d’acciaio ai quali sono appese le scenografi e e soprattutto i fondali; possono essere manuali o meccanici, ma sempre utilizzati sfruttando il principio del contrappeso.

– I BALLATOI: presenti in maniera differente a seconda dei teatri, sono dei veri balconi a più piani che percorrono interamente il perimetro del palcoscenico, a cui vengono fi ssati i contrappesi dei tiri manuali.

– I PONTI LUCE costituiti da particolari travi d’acciaio soprannominate AMERICANE, sulle quali si fi ssano i proiettori.

Naturalmente tutti questi elementi variano di misura a seconda dei teatri, quindi è fondamentale conoscere perfettamente le caratteristiche tecniche e le potenzialità del palcoscenico entro il quale si svolgerà la nostra rappresentazione teatrale; infatti la scenografi a sarà progettata e costruita in base alle misure e alle possibilità che il palco offre.

Certo, la spiegazione orale o scritta non è suffi ciente, perché solo visitando questi luoghi si potranno ammirare gli spazi immensi, assaporarne gli odori e viverne le emozioni. Si consiglia quindi una visita guidata alle strutture di un teatro e se possibile anche ai laboratori di scenografi a, per apprendere al meglio le tecniche e gli strumenti usati dallo scenografo.

Lo scenografo è colui che progetta e realizza la SCENOGRAFIA, ossia l’ambiente entro il quale vivono i personaggi della nostra storia.

Come farà a costruire con calce e mattoni il palazzo reale del Principe?

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No, niente paura... è uno scenografo, non un muratore, quindi sarà tutto fi nto, come in un gioco.

Ogni cosa a teatro è costruita con materiali leggerissimi come il legno, la gommapiuma, il polistirolo, oppure è semplicemente dipinta su un grande telone di stoffa, chiamato FONDALE, appeso poi al fondo del palcoscenico. Così si potrà rappresentare la cucina dove lavora Cenerentola, la sala da ballo, il palazzo del Principe, ecc... Più fondali si dipingeranno e più saranno i luoghi in cui vivranno i nostri eroi.

Ovviamente è molto importante usare l’immaginazione! Ma tutto questo lavoro viene eseguito sul palcoscenico? No, le scenografi e vengono realizzate nei grandi laboratori di scenografi a e una

volta terminate vengono portate in teatro e montate sul magico palcoscenico. Ma noi non conosciamo uno scenografo! Allora mettiamoci tutti al lavoro. Ed

eccoci trasformati come per magia in tanti piccoli scenografi !

4.b La conoscenza della STORIA dell’evoluzione del teatro In un momento in cui tutto si trasforma rapidamente, è opportuno fare un passo

indietro e ricostruire la storia dei teatri passati, per capire che tutto ciò che noi oggi diamo quasi per scontato è in realtà frutto di una lunga evoluzione.

Per questo consigliamo una ricerca sulla storia del teatro dalle prime colossali strutture greche e romane, in cui lo spettacolo si svolgeva all’aperto sfruttando la luce naturale fi no all’ultimo raggio di sole. Le rappresentazioni duravano ininterrottamente per giorni senza mai annoiare il pubblico, anzi entusiasmando anche il più semplice cittadino... Tutto questo ai giorni nostri suonerebbe incredibile; come reagirebbe un adolescente del 2000?

La seconda tappa storica è il Medioevo, periodo in cui scompare il repertorio classico e quasi l’idea stessa di teatro. La Chiesa, infatti, condannando gli eccessi di violenza e lascivia tipici del teatro di età imperiale, elimina del tutto le rappresentazioni, ad eccezione di quelle a carattere religioso che si diffondono a partire dall’età carolingia. Durante questo periodo, però, gli attori di teatro popolare vengono vessati in molti modi; ad esempio non viene loro concesso di essere seppelliti in luogo consacrato. La situazione si fa per loro specialmente diffi cile durante i giorni della Quaresima e da qui nascerà la superstizione del colore viola in teatro.

Paragoniamo tutto ciò al divismo dell’attore di oggi, che vive accompagnato dalle guardie del corpo ed è presente su tutte le cronache scandalistiche.

Un terzo tema interessante è quello del galateo a teatro: ad esempio nel teatro barocco era consuetudine mangiare, bere, fumare, giocare a carte, discutere di politica o attualità durante le rappresentazioni. Tutto ciò non era considerato un atteggiamento maleducato, ma anzi un modo di intendere il teatro come luogo di aggregazione e socializzazione. E oggi come si comportano i ragazzi a teatro?

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4.c Le fasi di realizzazione di una scenografi a1. Conoscenza dell’opera e delle intenzioni del regista Generalmente ogni rappresentazione teatrale, oltre a raccontare una storia,

vuole trasmettere un messaggio. Anche la scenografi a con i suoi colori e le sue forme deve aiutare a ottenere diverse sensazioni. Ad esempio:

Scena scura e opprimente: situazione drammaticaScena chiara e ordinata: situazione serena

2. Lettura e analisi del libretto con individuazione degli ambienti e degli oggetti citati.Le scene principali della nostra storia sono:– cucina del castello del barone Don Magnifi co– sala del castello del barone Don Magnifi co– sala da ballo del palazzo del Principe Don Ramiro

3. Progettazione e realizzazione grafi ca di un bozzetto scenografi co.Ogni rappresentazione teatrale può avere più scene intercambiabili o un’unica scena fi ssa: ciò dipenderà dal numero degli ambienti previsti nel libretto o dalla scelta registica.Per ogni scena occorrerà realizzare un BOZZETTO e, se sono previsti elementi tridimensionali, anche gli ‘sviluppi’, ossia i disegni tecnici delle singole parti con relative misure. Naturalmente non può mancare la fondamentale ‘pianta in scala’.Prima di incominciare a disegnare il bozzetto scenografi co è opportuno porre la nostra attenzione alle regole prospettiche. Per coloro che non hanno particolare dimestichezza con il disegno prospettico proponiamo un semplice percorso esplorativo.Defi nizione della parola PROSPETTIVA: disegno geometrico che ci permette di rappresentare su un foglio da disegno forme e oggetti facendoli apparire reali, come se uscissero dal foglio (effetto tridimensionale). Ricordiamo che le cose più sono vicine più sembrano grandi e, al contrario, più sono lontane più si rimpiccioliscono. Esistono vari tipi di prospettiva: frontale, accidentale, aerea. Il tipo di prospettiva più comunemente usata in teatro è la prospettiva frontale a punto di vista centrale.

Esempio. Consideriamo tre modelli di stanze:

1. UN MURO FRONTALE. 2. DUE MURI AD ANGOLO E PARTE DEL PAVIMENTO.

3. TRE PARETI DELLA STANZA E IL PAVIMENTO.

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Osserviamo il disegno n. 3: il pavimento della stanza non è diritto, ma tende a restringersi assumendo

la forma di un trapezio. I due muri laterali ci possono sembrare storti, ma in realtà così disegnati defi niscono la profondità. Il pavimento più si allontana dal nostro sguardo più si rimpicciolisce. Le linee laterali del pavimento e tutte le fughe delle piastrelle convergono in un unico punto immaginario chiamato PUNTO DI FUGA.

Esempio. Disegno prospettico con relativa costruzione:

Naturalmente per una costruzione geometrica più precisa occorrerà un ulteriore approfondimento. È molto importante ricordarsi che all’interno dei bozzetti non si devono disegnare persone e animali, perché non sono ambienti, ma personaggi. Inoltre si può decidere di non disegnare tavoli, sedie, divani, ecc. in quanto oggetti di arredo fruibili dagli attori, quindi mobili reali aggiunti sulla scena.

4. Realizzazione di una scenografi a Come già anticipato nel paragrafo precedente, la scenografi a può essere

composta da uno o più fondali oppure da elementi costruiti. Naturalmente per realizzare questi lavori è fondamentale allestire in uno spazio piuttosto grande il LABORATORIO DI SCENOGRAFIA, fornito di una pavimentazione in legno facilmente sostituibile con una serie di grandi plance di legno appoggiate sul pavimento.

Realizziamo quindi un fondale, che viene dipinto su una grande tela che sarà stesa a terra (su superfi cie di legno) e sarà BROCCHETTATA, cioè inchiodata lungo l’intero perimetro con chiodi di particolare forma di nome ‘brocchette’, piantati uno accanto all’altro ad un intervallo di circa 10 centimetri, con lo scopo di tendere e fermare la tela.

Prima della pittura la tela viene ‘imprimita’, altro termine tecnico che vuol dire ‘preparata per la pittura, in modo tale che il colore rimanga ben fermo evitando lo sgradevole effetto di macchia che si espande’. L’imprimitura consiste in una miscela di 12 parti di acqua, 1 parte di colla vinilica e pigmento bianco quanto basta per ottenere un colore coprente. Quando la tela sarà completamente dipinta di bianco si lascerà asciugare e solo dopo s’inizierà il disegno e la pittura.

LINEA DI TERRA LE LINEE CHE DEFINISCONOLE PARTI FRONTALI SONO PARALLELE ALLA LINEA DI TERRA

...ECCO LA SPIAGGIA!

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Esecuzione del disegno Il disegno che realizzeremo sulla tela sarà la precisa copia del disegno che

abbiamo fatto sul bozzetto, naturalmente ingrandito. Il sistema utilizzato per ingrandire il bozzetto è l’antica tecnica della ‘quadrettatura’: sul bozzetto si traccerà una griglia di 20 quadretti per 30, il cui lato misura 1 centimetro, mentre sulla tela si ridisegnerà la griglia di 20 x 30 quadretti, ma con il lato che misura 1 metro o 50 centimetri. Basterà ridisegnare tutto ciò che contiene ogni quadretto e il disegno è pronto!

Preparazione degli strumenti necessari per l’esecuzione Tutto il lavoro viene eseguito in piedi, per agevolare l’ampiezza del cono

della nostra percezione visiva. Data la distanza tra noi e la tela da dipingere occorrerà costruirsi delle prolunghe per i pennelli.

Per DISEGNARE: costruiamo la ‘canna’, una bacchetta lunga 1 metro con il fondo fi ssato con del nastro adesivo ad un carboncino da disegno, che sostituirà la matita.

Per CANCELLARE: ritagliamo alcune strisce di tela e applichiamole al fondo di una bacchetta, ottenendo uno strano strumento simile ad un ‘mocio’ per il lavaggio dei pavimenti: sbattuto sulla linea da cancellare porterà via il carboncino fi no ad annullarlo completamente. Il nome tecnico di questa strana gomma e ‘gatto a nove code’.

Il RIGHELLO: utilizzeremo semplicemente una lunga bacchetta di legno o una corda tesa da parte a parte.

QUESTO È IL PARTICOLARE CHIODO CHIAMATOBROCCHETTA!

QUESTO È IL TELO IMPRIMITO E BROC-CHETTATO A TERRA SUL QUALE DIPIN-GEREMO LA NOSTRA SCENOGRAFIA!

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CURVE E CERCHI: utilizziamo semplicemente il compasso per la lavagna o usiamo un cordino: un estremo si ferma alla tela con un chiodo, l’altro si fa ruotare fi ssando alla distanza desiderata un carboncino o una matita.

Preparazione dell’imprimitura e dei colori

I colori che si utilizzano sono ottenuti miscelando una parte di colla vinilica con 12 parti di acqua, cui si aggiungono i pigmenti (ossia ossidi e terre naturali). La quantità varia a seconda dell’effetto desiderato, più coprente o più acquerellato. Naturalmente è più semplice usare i colori acrilici!

Realizzazione degli elementi scenografi ci ‘costruiti’

La scenografi a naturalmente deve essere leggera, perché ogni elemento sul palcoscenico deve spostarsi con facilità. È molto importante scegliere materiali leggeri e malleabili.

Nella scenografi a barocca i materiali principalmente usati erano il legno e la cartapesta, mentre oggi si usano anche materiali sintetici più resistenti e spesso innovativi. Attualmente i materiali più usati sono: il legno, usato come supporto portante, il polistirolo, la gommapiuma, il poliuretano, la plastica, ecc. Naturalmente questi materiali non si usano grezzi, ma lavorati in modo tale da trasformarli in ‘pietra, corteccia, intonaco, marmo’, ecc. Per prima cosa bisogna renderli solidi, e per questo si usa la tecnica della GARZATURA, cioè una copertura di strati di garza, che un tempo veniva incollata con la colla vinilica, oggi con la gomma liquida o il plastico.Terminata la garzatura occorrerà trasformare la superfi cie in materia, per ottenere un effetto simile al materiale desiderato. La superfi cie va allora PAPPONATA, cioè ricoperta con il ‘pappone’, una miscela di colore, segatura, sabbia, trucioli, ecc. La ricetta varia a seconda della granulosità che si vuole ottenere.

A questo punto la superfi cie è pronta per essere dipinta.

Quando si realizza una scenografi a è importante considerare il punto di vista del pubblico: non ci devono essere SFORI, cioè punti bucati. Inoltre tutto ciò che non sarà mai visto dalla platea non verrà né costruito né dipinto: sarebbe uno spreco di materiale, di tempo e di energia!

4.d Giochiamo con il teatrino dei burattini e delle marionetteGli scenografi prima di iniziare la costruzione dell’intero impianto scenico realizzano un modellino del proprio progetto in scala ridotta. Questo può diventare un gioco da proporre ai ragazzi con l’obiettivo di mostrare la collocazione effettiva del loro elaborato. Se poi vogliamo divertirci ancora di più possiamo trasformare il modellino in teatrino dei burattini. I burattini possono essere realizzati con varie tecniche, interamente in stoffa con la testa modellata in cartapesta o in das, oppure più semplicemente decorando una pallina da ping-pong. L’importante è che rappresentino i personaggi della storia: per questo possono essere caratterizzati e decorati con fi li di lana o residui di pelliccia per realizzare i capelli o la barba e i baffi , ma non mancheranno cappelli, colletti, ecc.

Anche il teatrino può essere realizzato con varie tecniche e materiali, come legno, cartone o stoffa.

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Ecco lo schema per realizzare il vostro teatrino dei burattini:

In alternativa si può realizzare un teatro di marionette a fi lo, infatti appendendo un telo su un fi lo teso da parte a parte che fungerà da fondale, si potranno manovrare le marionette dall’alto verso il basso salendo su un tavolo nascosto dietro la tela.Non è diffi cile costruire semplicissime marionette alte 70-100 centimetri; la parte più impegnativa è la realizzazione della testa, che può essere fatta di cartapesta o più semplicemente decorando una palla di polistirolo su cui si dipingerà il volto e si incolleranno cappelli di cartone e parrucche di lana. Il corpo può essere realizzato in stoffa imbottita, con mani e piedi di legno o di un qualsiasi altro materiale più pesante. Importante è il vestito, che può essere realizzato con un semplice pezzo di stoffa indossato come una tunica o un poncho...I fi li partiranno da testa, mani, gambe, schiena e si fi sseranno su un bilancino di legno a croce.

4.e Realizziamo i costumi di scena Per completare la messa in scena dell’opera occorrerà preoccuparsi dei costumi

che indosseranno i personaggi. I personaggi principali della nostra storia sono:

– La bella Cenerentola– Le antipatiche sorellastre Clorinda e Tisbe– Il barone Don Magnifi co, il perfi do patrigno– Il principe Don Ramiro– Dandini, il cameriere del principe– Alfonso, Donato e Rodolfo, maestri del Principe

Anche per i costumi occorrerà analizzare il testo, cercando gli elementi che descrivono i personaggi nel loro aspetto fi sico e caratteriale. Il carattere si

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TAGLIA VIAIL BOCCASCENA

DECORA SECONDOLA TUA FANTASIACON I CARTONCINICOLORATI E AGGIUNGI LETENDINE... IL TEATRINOÈ PRONTO!

PER MUOVERLODOVRAI INFILARE LAMANO NEL VESTITO,INFILARE IL DITO INDICENELLA TESTA E IL POLLICE E IL MEDIONELLE DUE MANI!

QUESTO ÈUN BURATTINO!

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evidenzierà con la forma dell’abito e soprattutto con il colore: ad esempio una donna passionale sarà vestita di rosso, il cattivo di nero, una fanciulla spensierata di rosa, ecc.

In seguito all’analisi dei personaggi si prepareranno i fi gurini dei costumi che serviranno da traccia per la loro realizzazione.

A questo punto si possono intraprendere due strade:– il TROVAROBATO: cioè cercare abiti dismessi e riadattarli- la SARTORIA: cucire gli abiti.

Per tutti coloro che hanno voglia di giocare, si propone un sistema semplice e divertente per creare abiti-pittura, evitando le diffi coltà delle tecniche tradizionali di sartoria.

Anche in questo caso occorrerà utilzzare il laboratorio di scenografi a precedentemente allestito.

La tecnica per la realizzazione di questi particolari costumi è la seguente: recuperiamo vecchie lenzuola dimenticate da tempo nei bauli, e pieghiamole a metà, tendiamole a terra, corichiamoci sopra con le braccia aperte e facciamoci tracciare la sagoma del corpo. Poi disegniamo il costume seguendo la nostra fantasia, lo coloriamo e infi ne lo ritagliamo lungo i contorni, tenendo unito il lato delle braccia.

Cuciamo tanti laccetti lungo i lati della tela, in modo da tenere la sagoma ben aderente al nostro corpo, e completiamo con l’aggiunta di mantelli, cappelli, accessori.

Il costume è pronto!

QUESTO È IL VECCHIO LENZUOLO

LO PIEGHIAMO A METÀE LO TENDIAMO PER TERRA

MI RACCOMANDO!LA TESTA VÀ DALLATO DELLA PIEGA.

CI STENDIAMO SOPRA LASCIANDOTESTA MANI E PIEDI FUORI...E TRACCIAMO IL CONTORNO DEL CORPO.

...ALZIAMOCI... E LA SAGOMA È PRONTA PER ESSERE DISEGNATA E DIPINTASEGUENDO LA TUA FANTASIA!

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5. LA CACCIA AL TESORO MUSICALE A cura di Giovanna Piga

Al termine delle attività di lavoro su Cenerentola vi suggeriamo un gioco divertente e utile per ripassare in allegria quello che è stato appreso durante l’anno nelle varie fasi di lavoro. Si tratta di una semplice “caccia al tesoro” realizzata in chiave musicale, cioè con alcuni quesiti da risolvere che riguardano, appunto, Cenerentola.L’organizzazione del gioco è affi data agli insegnanti.Luogo: si può organizzare il gioco sia in uno spazio chiuso (l’aula della classe o gli altri locali della scuola) che all’aperto (in cortile o in giardino), magari come festa di fi ne anno.Materiale occorrente: carta, pennarelli, strisce di stoffa colorata (rossa, blu ecc), cd audio di Cenerentola fornito dal Teatro Regio, registratore con lettore cd. Non dimentichiamo un piccolo premio da destinare ai vincitori…! Regole del gioco: dividere la classe in due o tre gruppi, stabilendo un “capo” per ognuno; abbinare a ciascuna squadra un colore corrispondente alle diverse strisce di stoffa che costituiscono gli indizi da cercare (ad es. la squadra dei rossi, dei blu ecc).Ogni squadra dovrà avere in dotazione una mappa del luogo prescelto per lo svolgimento della caccia, nel quale gli insegnanti avranno nascosto precedentemente gli indizi; sulla mappa dovrà essere indicata con una X il punto in cui sarà situata la prima striscia. Ogni volta che una squadra individuerà un indizio dovrà andare dall’insegnante per rispondere ad un quesito: rispondendo correttamente verrà segnata una nuova X sulla mappa in corrispondenza del nuovo indizio e così via fi no al termine del gioco.Il numero di quesiti da porre è a discrezione degli organizzatori.Vince la squadra che termina per prima.Organizzazione del gioco: a) realizzare delle mappe del luogo prescelto per la caccia al tesoro, una per ciascuna

squadra, più una per l’insegnante che coordinerà il gioco.b) Nascondere le strisce di stoffa (gli indizi), ricordandosi di segnare sulla mappa

dell’insegnante tutti i punti in cui essi verranno celati, mentre su quella delle squadre andrà indicato solo il luogo del primo indizio.

c) Preparare le domande da porre alle squadre. Si potrà realizzare un percorso uguale per ogni squadra oppure pensare di creare dei percorsi diversi: in questo caso il carico di lavoro sarà indubbiamente maggiore.

Qui di seguito proponiamo una serie di domande-tipo da esporre ai ragazzi, la cui diffi coltà può variare in relazione all’età.

1. Come si chiamavano il compositore e il librettista di Cenerentola?2. Come si chiamano le sorelle di Cenerentola?3. Qual è il vero nome di Cenerentola?4. Come vengono defi nite le fi glie di Don Magnifi co?

– adorabili;– amabili;– piacevoli.

5. Come defi niresti il brano Una volta c’era un re?– allegro;– triste;– malinconico.

6. Quali sono i personaggi che cantano il brano Questo è un nodo?

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7. Come si defi nisce un brano in cui 4 personaggi cantano contemporaneamente?8. Quali sono le attività che si svolgono al palazzo del principe?

– mangiare e bere;– recitare e dipingere;– danzare e cantare.

9. Nel brano Il mondo è scena intervengono Alfonso, Donato e Rodolfo: qual è la loro funzione nella storia?

10. Il brano Scegli la sposa inizia direttamente con il canto o con un’introduzione strumentale?

Soluzioni:1. Gioachino Rossini e Jacopo Ferretti;2. Clorinda e Tisbe;3. Angelina;4. amabili;5. malinconico;6. Cenerentola, Dandini, Ramiro e Don Magnifi co;7. quartetto;8. danzare e cantare;9. sono coloro che aiuteranno Cenerentola;10. inizia con un’introduzione.

Si possono formulare anche quesiti più diffi cili come rebus ed indovinelli, in base alla fantasia degli organizzatori della caccia al tesoro.

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6. IL CASTELLO DI DON RAMIRO A cura di Roberta Cortese

Il modello in alto è una riproduzione del ca-stello valdostano di Fénis secondo un’antica tecnica giapponese di intaglio e piegatura della carta: il KIRIGAMI.Ingrandisci l’immagine al 200%, poi taglia lungo le linne continue (prima quelle curve, poi le oblique, poi le longitudinali e poi le trasversali). Infi ne procedi con la piegatura a 90°, cominciando da quella centrale.Ricordati che le linee tratteggiate sono pieghe a valle e quelle puntinate sono pieghe a monte.La foto qui a fi anco ti dà un’idea del suggestivo risultato fi nale!

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7. E INFINE… A TEATRO! A cura di Roberta Cortese

Ecco le istruzioni per realizzare alcuni cappellini che ti serviranno durante lo spettacolo.

7.a Per le dameIngrandisci al 200%, incolla su un cartoncino, colora e taglia lungo i bordi.

Questo è il cappellino che ha fatto da modello.

Stampe d’epocadi moda francesed’inizio ‘800.

Se vuoi, dai fori laterali puoi far passare due nastri leggeri da legare sotto il mento.

Con un nodo, fi ssa ai due fori interni un elastico, che poi farai passare dietro la testa.

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7.b Per i cavalieri Agli inizi dell’800 nella moda maschile troviamo copricapo molto diversi. Il

BICORNO ha origini settecentesche, ma ora lo si porta con le punte rivolte ai lati (prima si portava con una punta sulla fronte e una sulla nuca). Il CILINDRO invece è la novità del secolo e infatti Ramiro, da buon principe, segue l’ultima moda.

Per lo spettacolo divertiti a costruire il tuo bicorno, magari utilizzando questo modello. Ingrandisci la fi gura al 400% (dovrebbe diventare circa 40 X 18 cm.), personalizzala colorandone il bordo e magari applicando una coccarda; poi con del cartoncino nero ritaglia una copia della stessa sagoma e con del nastro adesivo incolla le due ‘mezze lune’ lungo il bordo superiore. Infi ne ritaglia anche una striscia di cartoncino della tua circonferenza testa e fi ssala internamente al bordo inferiore del tuo bicorno.

La riproduzione di un bicorno e una caricatura francese della moda dell’epoca.

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7.c Per tutti Queste sono le fi amme del camino di Angelina!

Ingrandisci le sagome riportate qui sotto del 200% e riproducile su cartoncini colorati, magari rosso per le fi amme più grandi e giallo per quelle più piccole. Poi incolla le fi amme gialle su quelle rosse ed entrambe su una fascia di cartondino alta circa 5 centimetri e lunga almeno 5 centimetri più della tua circonferen-za testa, da chiudere con nastro adesivo o meglio ancora con graffette. Ec-coti trasformato nell’ami-co più caro di Angelina, quello a cui canta sempre la sua canzone.