Anno XIV - NATALE 2006 Numero unico Il Campanile Campanile/Il... · Santa Lucia luntana ... 13...

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Numero unico Anno XIV - NATALE 2006 Il Campanile SOMMARIO: Italian Social Club Altona 2 La mia storia d’emigrante 3 Francesco Cannata 4 Stefanaconi nel 1545 8 I Comito e F. Santacatarina 9 Isole Itacesi 11 Santa Lucia luntana ... 13 Michele Morelli 5 Coluzzo Bocadillo 6 2° Raduno d’auto d’epoca 7 La ricerca archivistica 10 La festa italiana a Melbourne 12 Fusca: il martire di Cefalonia 14 Stefanuccio Pondaco 15 Partirono i bastimenti ... 16 I nostri cari emigrati 17 Stefanaconi Calcio a Cinque 18 Passamundi u tempu 19 I cognomi di Stefanaconi 20 S traluci ‘ncelu ‘na stija dijàna, pe’ l’Orienti nta la notti scura, e sona a festa puru ‘na campana, si risbigghja lu mundu e la natura! D inta na grutta, ‘nta ‘na mangiatura, jé natu lu Misìa ‘nterra luntana, l’Angialu: - Grolija a Ddeu, nenti pagura (dissi a la genti) e paci celestrijana! - C urriru tutti, Rrè Maggi e pasturi, la nascita di Cristu pe’ vidiri, e l’aduraru cu sinceru amuri. N a musica divina li suspiri portava di Maria a lu Redenturi, e San Giuseppi si sentìa giojri!. ‘A Nascita Australia: 3 dicembre 2006 festa di San Nicola orga- nizzata dal Comitato San Nicola di Altona. Stefanaconi: 8 dicembre 2006 “Albero sulla costiera ”. Stefanaconi: 10 dicembre 2006 Inaugurazione della Chiesa Matrice dopo i lavori di restauro. Stefanaconi: 17 dicembre 2006 Sagra di zippuli e curujicchji ; distribuzione de “ Il Campanile ”. La poesia “ A Nascita” è stata scritta a Roma il 25-12-81 dal nostro compaesano avvocato Paolo Procopio ed è tratta dalla raccolta: Immagini di vita e di pensiero Natività trovata nei registri parrocchiali della chiesa Matrice di Stefanaconi Scorcio molto sug- gestivo dell’altare dopo il restauro operato con estre- ma fatica e grande amore da don Salvatore Santaguida e da un numeroso gruppo di vo- lontari che hanno consentito di portare la Chiesa Matrice allo splendido attuale stato con i pochi soldi a disposizione. Rimandia- mo al prossimo numero del Campanile dove proporremo uno speciale servizio che evi- denzierà il bellissimo risultato ottenuto.

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  • Numero unico Anno XIV - NATALE 2006

    Il Campanile S O M M A R I O :

    Italian Social Club Altona 2 La mia storia d’emigrante 3 Francesco Cannata 4

    Stefanaconi nel 1545 8 I Comito e F. Santacatarina 9

    Isole Itacesi 11

    Santa Lucia luntana ... 13

    Michele Morelli 5 Coluzzo Bocadillo 6 2° Raduno d’auto d’epoca 7

    La ricerca archivistica 10

    La festa italiana a Melbourne 12

    Fusca: il martire di Cefalonia 14

    Stefanuccio Pondaco 15

    Partirono i bastimenti ... 16

    I nostri cari emigrati 17

    Stefanaconi Calcio a Cinque 18

    Passamundi u tempu 19

    I cognomi di Stefanaconi 20

    S traluci ‘ncelu ‘na stija dijàna, pe’ l’Orienti nta la notti scura, e sona a festa puru ‘na campana, si risbigghja lu mundu e la natura!

    D inta na grutta, ‘nta ‘na mangiatura, jé natu lu Misìa ‘nterra luntana, l’Angialu: - Grolija a Ddeu, nenti pagura (dissi a la genti) e paci celestrijana! -

    C urriru tutti, Rrè Maggi e pasturi, la nascita di Cristu pe’ vidiri, e l’aduraru cu sinceru amuri.

    N a musica divina li suspiri portava di Maria a lu Redenturi, e San Giuseppi si sentìa giojri!.

    ‘A Nascita

    • Australia: 3 dicembre 2006 festa di San Nicola orga-nizzata dal Comitato San Nicola di Altona.

    • Stefanaconi: 8 dicembre 2006 “Albero sulla costiera ”.

    • Stefanaconi: 10 dicembre 2006 Inaugurazione della Chiesa Matrice dopo i lavori di restauro.

    • Stefanaconi: 17 dicembre 2006 Sagra di zippuli e curujicchji; distribuzione de “ Il Campanile ”.

    La poesia “A Nascita” è stata scritta a Roma il 25-12-81 dal nostro compaesano avvocato Paolo Procopio ed è tratta dalla raccolta: “ Immagini di vita e di pensiero” Natività trovata nei registri parrocchiali della chiesa Matrice di Stefanaconi

    Scorcio molto sug- gestivo dell’altare

    dopo il restauro operato con estre-ma fatica e grande amore da don Salvatore Santaguida e da un numeroso gruppo di vo-lontari che hanno consentito di portare la Chiesa Matrice allo splendido attuale stato con i pochi soldi a disposizione. Rimandia-mo al prossimo numero del Campanile dove proporremo uno speciale servizio che evi-denzierà il bellissimo risultato ottenuto.

  • P a g i n a 2 I l C a m p a n i l e

    E-mail :

    [email protected] Bacheche: Piazza della Vittoria— Piazza della Madonnina

    Comitato di redazione: Nicola Arcella — Giovanni Battista Bartalotta Redazione: Anna Arcella, Nicola Arcella, Anna Bartalotta, Gio-vanni Battista Bartalotta, Gianluca D’Antino, Stefano Mandarano. Impaginazione e grafica: Giovanni Battista Bartalotta Stampa: fotocopiato in proprio

    Il Campanile è aperto alla collaborazione di tutti. Foto e manoscritti devono pervenire alla sede della Pro Loco

    sita in piazza Santa Maria oppure alla e-mail: [email protected]

    Indirizzo: Piazza Santa Maria, s.n. 89843 Stefanaconi (VV)

    Tel.: 0963-508192

    PRO LOCO STEFANACONI MOTTA SAN DEMETRIO

    Italian Social Club Altona

    S iamo quei cittadini di Stefanaconi che hanno lasciato il paese all’inizio del 1950. Costretti a lasciare le nostre famiglie e a trovare lavoro per dare un futuro ai nostri figli, la nostra destinazione è stata la città di Melbourne nel-la nazione più lontana da Stefanaconi: l’Australia.

    Viaggiando più di un mese con la nave, ognuno di noi all’arrivo ha affrontato la difficile vita dell’emigrante, una nuova lingua, difficoltà a trovare un alloggio, difficoltà a comprare il necessario per vivere.

    Il primo stefanaconese arrivato a Melbourne è stato Do-menico Staropoli che si è poi interessato al disbrigo delle pratiche per fare arrivare in Australia nuovi compaesani.

    E’ stato l’inizio di una catena umana di stefanaconesi che hanno lasciato il loro paese. Ricordiamo ancora bene che il defunto Domenico Staropoli acquistò una casa e in questa diede alloggio a molti paesani. Il secondo ad aver acqui-stato una casa è stato il defunto Fortunato Arcel-la. Molti di noi ricordano ancora di essere stati o-spiti in queste due case.

    Le difficoltà principali di noi emigranti sono state quello di apprendere la lingua inglese e quella di conoscere ambienti diversi da quelli in cui avevamo sempre vissuto a Stefanaconi. Non cono-scendo la lingua siamo stati costretti ad accettare i lavori più duri e meno pagati. Il nostro primo sogno è stato quello di acquistare una casa e dare un futuro ai nostri figli. Il frutto dei nostri immensi sacrifici si è visto solo 20 anni dopo quando i nostri figli hanno continuato a studiare nelle varie università e collegi e hanno avuto così l’opportunità di intra-prendere ed affrontare lavori migliori di quelli che abbiamo svolto noi. E’ ancora vivido in noi il ricordo degli anni della fanciullezza che abbiamo vissuto a Stefanaconi. Ricordiamo le famose feste , le riunioni in piazza dopo avere affrontata una dura giornata di lavoro nei campi. Tutti gli stefanacone-si giunti qui a Melbourne negli anni ’50 hanno avuto una grande nostalgia per la loro Stefanaconi, per le bellissime feste che in Australia non esistevano. Il nostro compaesano Domenico Staropoli ed un gruppo di stefanaconesi hanno deciso allora, a proprie spese, di acquistare in

    Italia e fare arrivare una statua di San Nicola patrono di

    Stefanaconi. Dopo alcuni mesi di viaggio su di una nave, la statua di san Nicola giunse a Melbourne e fu sistemata nella chiesa di Sant’Agostino a Yarraville: eravamo intor-no alla metà degli anni ‘50.

    L’arrivo di san Nicola stimolò la voglia negli stefana-conesi di organizzare una festa in onore del loro santo pa-trono; la festa veniva celebrata in dicembre e continuò ad essere organizzata fino ai primi anni ’60. E’ stato quando abbiamo iniziato a costruire le nostre case nei vari sobbor-ghi di Melbourne che non è stato più possibile continuare con la tradizionale festa. La maggioranza degli stefanaco-nesi costruì casa nella città di Altona che è anche detta piccola Stefanaconi. Siamo nel 1970 e qui, ad Altona, i nostri figli incominciarono a crescere, a studiare e siamo stati noi a cercare delle scuole che insegnassero l’italiano ai nostri figli. Nel 1974 il governo australiano incominciò ad aprire i primi centri di accoglienza per gli emigranti che sono stati molto utili. Siamo stati molto fortunati noi stefa-

    naconesi ad avere vici-no uno di questi Centri per gli emigrati che hanno ospitato molti di noi. Ringraziamo im-mensamente il sig. Tom Lavorato che si è molto impegnato a far istituire delle scuole dove poter insegnare l’italiano ai nostri ragazzi. E’ stato possibile formare due classi che potevano essere frequentate la domenica mattina. E’ stato nel 1976 che Tom Lavorato, sapendo della presenza di tante

    famiglie italiane, suggerì di formare un posto di ritrovo dove gli italiani potevano incontrarsi insieme ai loro figli in tenera età e continuare le tradizioni e la cultura italiana: un Club Italiano, insomma.

    Abbiamo iniziato ad invitare varie famiglie di diverse regioni italiane, non solo di Stefanaconi; ci siamo riuniti il 24 settembre 1976 ed abbiamo eletto il primo Comitato che era così composto: Presidente: Tom Lavorato; Vice Presi-dente: G. Maluccio; Tesoriere: D. Rubino; Segretario: A. Tamburo; Vice segretario: C. Darmanin; Consiglieri: D. Barbiere; M. Cutrullà; F. Febbraro; e N. Rubino.

    E’ stato questo il momento della fondazione dell’ ITALIAN SOCIAL CLUB ALTONA. Abbiamo avuto un grande aiuto dalle famiglie italiane che hanno aderito a questa iniziativa e siamo orgogliosi del successo che que-sta associazione ha avuto.

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    Nel 1983 abbiamo incominciato a cercare il posto dove poter costruire una sede più idonea alla nostra associazione che cresceva sempre di più. Abbiamo chiesto aiuto al Gover-no Statale che per la verità ci mise molto ad assegnarci un pezzo di terreno dove realizzare il nostro sogno. Con l’aiuto e il lavoro di molti, con la collaborazione dei nostri soci e col supporto del governo federale e statale il nostro sogno diven-ne realtà: è il mese di Luglio 1994 quando fu inaugurata la sede del Club; presente alla manifestazione il ministro del Tesoro federale ed altri rappresentanti del governo. La nostra comunità incominciò allora a godere dei frutti del lavoro che con passione ed amore avevano affrontato. Abbiamo così potuto organizzare le memorabili Serate Danzanti, Serate familiari, Giornate col gioco delle bocce e tante altre attività.

    Nel 1996 un gruppo di cittadini di Stefanaconi decise di organizzare la prima festa di San Nicola all’interno del no-stro Club che ha avuto un grande successo ed è stata molto apprezzata dalla comunità stefanaconese. Dopo la festa ab-biamo deciso di chiedere alle Autorità della chiesa che ha ospitato per tanti anni la statua di San Nicola, se era possibile esporre il santo patrono di Stefanaconi in un luogo idoneo nei locali del Club. Autorizzati decidemmo allora di costrui-re, con il supporto di paesani ed altri simpatizzanti e devoti di san Nicola, una cappella con la speranza che questa sia la sua casa per molti anni. Nel 1996 è stato formato un comitato che ogni anno organizza la festa di san Nicola che si celebra la prima domenica di dicembre. Questa festa è stata molto accettata dai nostri paesani e da tutte le altre comunità di italiani vicine a noi.

    Nel 2004 noi cittadini di Stefanaconi siamo stati onorati di ricevere per la prima volta la visi-ta del sindaco di Stefanaconi, Fortunato Griffo ed alcuni membri del consiglio comunale di Stefa-naconi. Sono stati molto contenti degli onori che abbiamo loro tributato e specialmente per la sera-ta danzante che il Comitato Direttivo di questo nostro sodalizio ha voluto organizzare. Durante la serata il sindaco e gli altri stefanaconesi hanno potuto festeggiare la loro visita ed hanno avuto l’occasione di incontrare tanti nostri paesani. Nel 2005 il sindaco Fortunato Griffo ci ha anche fatto presente che era suo desiderio mantenere una relazione tra le due nostre comunità parteci-pando all’organizzazione ogni anno di una serata danzante nella quale dovevano essere invitati tutti i cittadini e gli amici di Stefanaconi. Il comitato di san Nicola si è presa la responsabilità di organizzare queste sera-te. La prima si è tenuta nel mese di luglio 2005; nel 2006 la festa ha avuto luogo nella serata del 9 luglio. Le serate hanno avuto sempre un grande successo ed una grossa partecipazio-ne di pubblico. Nella serata del 9 luglio di questo anno è stata molto gradita la sorpresa di una telefonata in diretta del sin-daco Griffo che ha lanciato a tutti un saluto ed un messaggio di auguri da parte di tutti i residenti a Stefanaconi.

    Vorremmo infine ringraziare l’amministrazione del co-mune di Stefanaconi per il loro supporto che ci hanno dato negli ultimi due anni sperando che questa tradizione possa continuare negli anni futuri.

    Un caloroso abbraccio da parte di tutti gli stefanaconesi d’Australia ai nostri familiari e compaesani residenti a Stefa-naconi augurandovi di trascorrere un sereno Natale ed un

    meraviglioso anno nuovo con la speranza di incontrarci il più presto possibile; un abbraccio a tutti.

    La mia storia d'emigrante di Mimma Lococo

    L a mia storia d'emigrante ha inizio nel giugno 1990, l'anno che ho lasciato il mio paese per andare a vivere in Australia. Ricordo com'ero eccitata dalla prospettiva di trasferirmi in un paese nuovo, di fare nuove amicizie, d'imparare una lingua diversa, di una vita praticamente nuova. La realtà però è stata un po’ diversa.

    Passata l'eccitazione dei primi giorni ero pronta a rifa-re le valigie e ritornarmene a casa. Qui era tutto diverso: le case, le strade, la gente e peggio ancora la lingua, non capivo un accidente. L'inglese che avevo studiato a scuo-la era completamente diverso dall'inglese che si parlava qui. E poi mi mancava tutto della mia terra: la mia fami-glia, la mia lingua, il mio cibo, persino il sole della mia Calabria che, a mio parere, era più luminoso di quello australiano.

    Sapevo pure però che a Stefanaconi non sarei ritorna-ta, perchè mio marito m'aveva detto ancor prima di spo-sarci che lui in Italia non si sarebbe trasferito. Mamma mia quante lacrime all'inizio. Non mi garbava proprio niente. Dopo alcuni mesi dal mio arrivo ho cominciato a frequentare un corso d'inglese. Per un bel po' non ho pro-ferito nemmeno una parola d'inglese perchè avevo paura di dire la frase o la parola sbagliata. Dopo quasi un anno lo capivo e lo parlavo abbastanza bene. Adesso non ho proprio nessun problema con la lingua.

    Poi ho preso la patente. Guidare si è rivelato più diffi-cile: infatti qui si guida a sini-stra, lo sterzo è a destra, le mar-ce si cambiano con la mano sinistra, insomma "è tuttu a storta". Quante volte poi mi sono persa perchè non conosce-vo le strade! Ancora ho gli in-cubi! Intanto la famiglia è cresciuta con l'arrivo di Anthony nel 1991, Nick nel 1993 e nel 2005 Alessia, la tanto desiderata fem-minuccia. Con il passare del tempo mi sono resa conto che in fondo l'Australia non è per niente ma-le. Ci sono spazi immensi, tan-

    tissimo verde, posti bellissimi da vedere e una vibrante e attiva comunità stefanaconese. E di certo non mancano le opportunità per farsi strada nella vita. Ho un lavoro che mi piace tantissimo e mi da' grande soddisfazione, ho la mia casa, la mia famiglia e anche se sono profondamente legata alla mia terra, il mio futuro e quello dei miei figli è qui in Australia.

    Il legame con la mia terra è ancora molto forte. I miei genitori, mia sorella e i miei fratelli con le loro famiglie sono in Italia. Il mio amore per loro non è mai diminuito anche se c'è una grande distanza, anzi forse proprio per questo si è fatto più profondo.

    La mia esperienza mi ha di certo cambiata ma sono fondamentalmente rimasta una stefanaconese orgogliosa delle proprie origini e della sua terra. Amo l'Australia tantissimo, mi ha dato molto, ma amo anche profonda-mente la mia terra ed il mio Stefanaconi.

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    "Sostieni il sostenibile" Nicola Arcella

    N uova iniziativa ambientale promossa a Stefanaconi dalla Pro Loco "Motta San Demetrio", a dimostrare una particolare sensibilità che la nostra associazione ha verso le tematiche naturalistiche. Facendo seguito alle tante iniziative promosse negli anni passati: "la natura in tasca", "la giostra dell'ambiente", "puliamo il mondo", anche questo anno è partita la nuova iniziativa chiamata "sostieni il sostenibile". Il progetto promosso dal WWF, dal Corpo Forestale dello Stato e dall'UPI ( Unione Province Italiane), è indirizzato agli alunni delle scuole medie per educarli, attraverso proposte, suggerimenti e consigli al rispetto ed alla tutela dell'ambiente circostante.

    La provincia di Vibo Valentia ha aderito convintamente, con la piena adesione dell'Assessore all'Ambiente Matteo Malerba, che ha propagandato adeguatamente 1'iniziativa fornendo gratuitamente il kit completo dell’iniziativa.

    La Pro Loco Stefanaconi, da sempre sensibile al tema, ha preso parte all’iniziativa distribuendo agli alunni della

    Scuola Media Statale di Stefanaconi il materiale occorrente, riscontrando come sempre grande entusiasmo tra gli studenti e la convinta adesione dei docenti. Tra i ragazzi è partita subito la competizione per preparare il disegno più bello che parteciperà al concorso nazionale.

    La Pro Loco Stefanaconi, da alcuni mesi, ha voluto privilegiare lo studio delle tradizioni, degli usi, dei costumi e della storia di Stefanaconi, per fare in modo che i ragazzi conoscano la storia del nostro paese.

    All'accordo di partneriato stilato con le scuole, ha fatto seguito una serie di iniziative che ci vedono collaborare, promuovendo ricerche sui costumi di Stefanaconi, sui vecchi palazzi patrizi e fontane, che i ragazzi presenteranno a conclusione dei percorsi progettuali inseriti in "un mondo di cultura". E' di pochi giorni fa la richiesta di materiale storico su Stefanaconi da parte della scuola media di Bova Marina, che sta conducendo ricerche sui paesi calabresi con origini greche. Grande dinamismo dunque su temi culturali, tendenti a promuovere ricerche e far conoscere la storia del nostro paese. E' questo uno degli obiettivi fondamentali e prioritari per la nostra Associazione, che cercherà di dare il proprio contributo affinch è si propaghi la storia e la conoscenza su Stefanaconi.

    C irca un mese fa, il 28 novembre 2006 ci ha lasciati il caro maestro “Ciccio” Cannata che, emigrato a Torino, nel 1956, raggiunse i più alti posti come dirigente nell’ASL di Torino dove rivestì anche l’incarico di Diretto-re Amministrativo e dove, per l’alta professionalità raggiunta, continuò an-che da pensionato ad offrire la sua espe-rienza come consulente esterno.

    Francesco Cannata nacque a Stefa-naconi il 13 luglio 1931 in via Santa Croce da Michele e Rosanna Lopreiato. Studiò a Vibo Valentia dove ottenne giovanissimo il diploma magistrale.

    Fu lui a fare da guida ai due fratelli e alle cinque sorelle che lo consideraro-no sempre il loro punto di riferimento assoluto.

    Sin da giovane dimostrò le sue alte capacità intellettuali e manageriali tanto da vincere subito il concorso per un posto nell’ASL di Torino. Emigrò a metà degli anni ’50 nella fredda Torino dove per la sua capacità ed acuta intelligenza fece una rapida carriera al punto di rivestire i più alti incarichi. La-voratore instancabile conseguì anche l’abilitazione come commercialista creando e gestendo uno studio commercia-le a San Mauro Torinese. Ma anche a Torino non smise mai di assolvere al suo ruolo di “padre” per i suoi familia-ri. Il 28 luglio 1961 sposò Nina Del Re che con Lui formò una coppia “vera”, una coppia che oltre all’amore che li legava aveva trovato un affiatamento eccezionale. Da que-sta unione nacque Elio Cannata che ereditò lo studio di commercialista dal padre.

    Era un’ancora di salvezza per noi studenti ed emigrati stefanaconesi che risiedevano a Torino. Mai rifiutò un

    aiuto sia finanziario che affettivo o di sostegno morale.

    La sua presenza era il faro per noi sperduti studentelli in una città fred-da, inizialmente ostile a noi meridio-nali, e lui non spegneva mai quel faro, anzi faceva in modo che fosse

    visibile a tutti. La sua bontà d’animo traspari-va da suoi occhi e la sua saggezza dal suo calmo parlare e, pur nella sofferenza, France-sco Cannata fu sempre gioviale e ospitale. La sua caratteristica filantropica era evidente ma lui non l’ha mai ostentata anzi mai chiese onori o riconoscimenti. Era poi molto orgo-glioso del progresso sociale raggiunto da tutti i suoi familiari, stefanaconesi e calabresi in genere. Riusciva a vedere sempre il lato posi-tivo delle cose e sapeva trovare parole di con-forto quando tutto sembra nero. Ricorda il nipote Francesco Meddis: “ In un periodo buio della mia vita fu uno dei pochi, insieme a mia cugina (nota penalista del Foro di Torino), a credere nella mia innocenza e ad aiutarmi, confortarmi e spronarmi ad andare avanti in una battaglia in tribunale che mi scagionò completamente da ciò che ero stato ingiustamente accusato. Per me era un secon-

    do padre; non potrò dimenticare mai l’altruismo che dimo-strava verso tutti e la sua bontà d’animo. ”.

    Per la sua Stefanaconi aveva poi un culto particolare e non c’era anno che non vi risiedesse per un certo periodo. Solo negli ultimi anni, distrutto da una grave malattia, vi poté sostare poco durante il periodo estivo.

    Poi, indimenticabile, è la sua figura imponente, con la sua “ cara, fidata cumpagna mia, affommicata pippa di crita ... ”. Siamo strani noi umani: solo quando sappiamo che non po-tremo vedere mai più una persona cara ci accorgiamo quanto era importante e quanto ci manca.

    Riposi in pace Professore Cannata con la sua fidata “pippa”, ci mancherà molto:

    “ cu ndeppi, ndeppi, cchiù non si fuma!”.

    Francesco Cannata di G. B. Bartalotta e F. Meddis

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    Via Michele Morelli

    L a via che dopo il campo sportivo sale a sinistra verso la costiera affiancando sulla destra il bar dei Franzè, è intitolata al patriota vibonese Michele Morelli. La zona dove è stata ricavata la via è detta “u pignu”. Nato a Vibo Valentia nel 1790

    da famiglia benestante il giovane Michele Morelli viene avviato alla carriera militare nell’esercito borbonico. E’ inviato, col grado di sottotenente nel reggimento cavalleria Real Borbone di stanza a Nola. Il 1° luglio 1820 dà luogo, insieme a Giuseppe Silvati, sot-totenente dell’esercito della guarnigione di Monteforte, al “ moto costituzionale napoletano” cui presto aderiscono altri reparti dell’esercito borbonico. L’agitazione si estende a Napoli, costringendo il Re Ferdinando I di Borbone a con-cedere la costituzione spagnola ritenuta più democratica. Tuttavia le potenze della santa Alleanza, riunite in congres-so a Lubiana, decidono l’intervento armato contro i rivolu-zionari ed il 7 marzo 1821 i costituzionalisti di Napoli co-mandati da Guglielmo Pepe, sebbene forti di 40.000 uomi-ni, sono sconfitti a Rieti dalle truppe austriache.

    Dopo il fallimento della rivoluzione, il 22 ottobre 1821, presso la Gran Corte Speciale di Napoli, iniziò il processo a carico di Morelli e Silvati che si concluse con la loro con-danna a morte per impiccagione. La sentenza fu eseguita il 10 settembre 1822. Michele Morelli affrontò con grande dignità la morte e, mentre era condotto alla forca, ricordan-do i martiri della Repubblica Partenopea nel 1799, rinfac-ciava a Ferdinando I i vecchi ed i nuovi spergiuri.

    N ell’anno 2000 un gruppo di piemontesi di origine calabrese, oramai da decenni residenti a Torino, decisero di aggregarsi in una associa-zione senza scopi di lucro e propo-nendosi di operare nel campo della ricerca e deIl’organizzazione della cultura. Francesco Cannata, insieme al figlio Elio Cannata, fu uno dei

    promotori e socio fondatore. L’associazione, che ha sede a Torino, è intitolata alla memoria di Michele Morelli che testimoniò, al prezzo della vita, la propria fede nei valori etico-politici, costituzionali e ideali-culturali del Risorgi-mento italiano. Il Presidente dell’Associazione è attualmen-te Giuseppe Luciano, noto e stimato medico nato a Vibo Valentia, che svolge la sua professione a Torino. Ci inorgoglisce come stefanaconesi sapere del grande lavoro fatto e del prestigio raggiunto da Francesco Cannata. E’ lunga la lista di nostri compaesani e calabresi che hanno contribuito e contribuiscono col loro lavoro e con la loro intelligenza a rimarcare le alte capacità dei figli di Calabria; una Calabria che potrà risollevarsi solo quando troverà il modo di dare lavoro alla sua gente senza costringerla ad emigrare.

    Con la lettera che segue il dott. Luciano porta il suo cordoglio e quello di tutti gli iscritti alla moglie di Francesco Cannata, la signora Nina del Re:

    C ara Nina, Ti scrivo come presidente dell'Associazione Michele Morelli, per dirti che la perdita di Franco ci addolora profondamente. Ricordando il gagliardo legame d’amore che lo ha tenuto legato, fino in fondo, alla terra che gli ha dato i natali, noi dell’Associazione Michele Morelli, gli siamo eternamente grati per la disponibilità con cui si è tante volte concesso alle persone di Calabria, parenti e non, che hanno chiesto la sua solidarietà.

    Siamo orgogliosi di essere stati suoi amici, non solo perchè ci ha voluti bene ma anche perchè, con il suo contributo sociale e professionale, ha onorato il no me del paese che abbiamo lasciato per vivere ed operare nella citta di Torino.

    Sappi, cara Nina, che Franco è stato da noi stimato e ammirato anche perchè ha dimostrato che umanità ed efficienza in ambito lavorativo possono coniugarsi ed alimentarsi reciprocamente.

    Spero che vi sia di conforto i1 fatto che egli, a nostro avviso, è stato costantemente marito affettuoso e generoso e un modello luminoso di padre, fratello, cognato, zio, suocero e nonno.

    Non di menticheremo mai il sorriso e 1a bontà, che da lui irradiavano quasi sempre.

    Abbiamo pregato per lui segnalando al Padre onnipotente che Franco, secondo il nostro umile intelletto, è stato uno dei suoi figli migliori.

    Giuseppe Luciano

    Il premio “ Morelli 2006 ”

    A nche quest’anno l’Associazione Michele Morelli, di cui Francesco Cannata fu uno dei promotori e fondatori, ha assegnato il premio”Morelli 2006”. Il premio ha fatto da culmine ad un convegno di studi che l’associa-zione Michele Morelli ha organizzato sul tema: “ Condizioni economiche, sociali, culturali e qualità della vita di Vibo Valentia, capoluogo di una delle province più povere d’Ita-lia: iniziative per promuovere il suo sviluppo”.

    Ospiti del convegno il vicesindaco di Torino, Fausto Costa, Gilberto Floriani (direttore del Sistema Bibliotecario Vibonese), Gregorio Ciccone (assessore alla Cultura della Provincia di Vibo Valentia) e Franco Sammarco (sindaco della città di Vibo Valentia).

    A conclusione del convegno il presidente dell’associa-zione, Giuseppe Luciano, ha proceduto all’assegnazione del Premio Morelli 2006 a Sharo Gambino (per la oramai ses-

    santennale carriera di giornali-sta, scrittore e saggista); a Gia-cinto Namia ( per la ricerca su momenti e personaggi della cultura e della storia di Vibo Valentia ) ed alla poetessa Clorinda Nucera.

  • P a g i n a 6 I l C a m p a n i l e di Nicola Arcella

    " Coluzzo Bocadillo " Q uanto Vi accingete a leggere, sempre che la noia non Ve lo impedisca, é la vera storia di "Coluzzo Boca-

    dillo". Coluzzo ( piccolo Nicola a Stefanaconi ) era il nome di battesimo, Bocadillo (che dovrà leggersi Bocadiglio, la ngiuria) a dimostrazione non di discendenti iberici ma di influenza e cultura spagnoleggiante.

    Il protagonista era un santo uomo, un bravo cristiano come ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno tanti a Stefanaconi. Raccontava a noi ragazzi di essere stato, in gioventù, emigrato in un paese del Sud America (Uruguay), per tanti anni, partito povero in cerca di fortuna, con la spe-ranza di ritornare in paese con i soldi. Così non è stato; era ritornato a casa peggio di come era partito, senza arte ne parte, e "cu i pezzi o culu". La domenica, seguendo i dettami cristiani, andava a messa, si faceva i fatti suoi, tirava avanti tra mille espedienti. Quando trovava andava a lavorare alla giornata e questo gli permetteva di vivere dignitosamente.

    Non aveva famiglia, non si era maritato non perchè non fosse stato bello o un buon partito, ma perchè il destino non gli aveva fatto incon-trare la donna giusta, colei che a-vrebbe dovuto fargli battere il cuo-re. I suoi genitori erano morti da tantissimi anni, nessuno se ne ricor-dava più, non aveva né fratelli e né sorelle, era solo come un cane. No-nostante questo stato civile, era uno che amava la vita e cercava di go-dersela il più possibile. Per questo, quando gli capitava l'occasione, tracannava e non disdegnava di mandare giù un buon bicchiere di vino. L'ho conosciuto che era avan-ti negli anni, era grasso, da qui l'ap-pellativo di “bocadillo” che tradotto in italiano vuol dire panino, basso e calvo, ma aveva una vitalità tipica delle persone che la sanno lunga e che noi etichettiamo come "focu sutta cinnari".

    In paese lo conoscevano tutti, ognuno gli voleva bene, perchè tranquillo e soprattutto educato e rispettoso. A "Coluzzo Bocadillo" gli garbava tanto il vino, quello rosso e tosto e, quando gli veniva a tiro qual-che fiaschetto, non rifiutava e si face-va delle sonore "pellicce" che gli lasciavano i postumi per diversi giorni. Nelle giornate scandite dai fumi dell'alcool, "Coluzzo", dava libero sfogo alla sua parlantina, e si metteva a raccontare di esperienze vissute negli anni della sua per-manenza in Uruguay.

    In quegli anni, aveva conosciuto una ragazza, 1'unica che gli aveva fatto battere il cuore, e per amore di questa donna aveva incominciato a frequentare dei suoi coetanei politiciz-zati. Ci parlava di un fantomatico gruppo che lui definiva "i tuppamari", che abbiamo scoperto crescendo e dopo la sua dipartita, essere la formazione rivoluzionaria dei

    "Tupamaros", un movimento, nato all'indomani della

    conquista spagnola che si batteva a difesa dei diritti degli indi-geni e delle minoranze etniche. Questa sua compa-gnia, lo aveva un po' influenzato, e sebbene in modo scoor-dinato e pasticcione, non di rado, ci teneva delle lezioni sui diritti, sull'uguaglianza, sul rispetto delle etnie; oggi lo avremmo definito non a torto, un "santo comunista".

    Noi bambini lo ascoltavamo in religioso silenzio, da un lato affascinati dai racconti turbolenti del suo passato, dal-l'altro perchè il più delle volte mettevamo in dubbio i suoi racconti. Quando le sparava grosse, 1o apostrofavamo, come "pallunaru" colui che le spara grosse. Il bello era che nonostante 1'età avanzata, Coluzzo non aveva perso la sua indole ribelle e il suo bagaglio di "novello libertadores"; nei momenti di massimo trasporto riecheggiava discorsi e comportamenti ereditati a suo dire dallo stare vicino alla sua compagna la quale era stata per davvero una militante dei Tupamaros.

    Ci capitava spesso di vedere sui muri delle case del paese, scritta con vernice rossa, una sigla “ F.L.S.“ che per tanti anni non abbiamo mai saputo cosa volesse significare. In uno dei momenti di maggiore pas-sione politica, Coluzzo Bocadil-lo ci spiegava che F stava per Fronte, L per Liberazione, S per Stefanaconi. A modo suo voleva esportare 1'esperienza sud-americana anche nel nostro paese. Opera non facile perchè bisognava scontrarsi con una lunghissima serie di ostacoli e con una cultura politica mode-rata e poco propensa alla rivol-ta. Chiuso in questo totale iso-lamento, dovette riporre i germi della rivoluzione nella "cascia americana" in attesa di tempi migliori e del sol dell'avvenire. Queste sue fugaci apparizioni crittografiche, altro non erano che timidi tentativi per sondare 1'effettivo grado di maturità della popolazione per una even-tuale sommossa civile e pacifi-ca che doveva sfociare poi in una rivoluzione che avrebbe dovuto qualificare la sua figura

    e riscrivere nuove regole e com-portamenti. Purtroppo con grande rammarico, il sogno rivoluziona-

    rio di Coluzzo Bocadillo, rimase tale e per tantissimi anni, coperto da una spessa coltre di polvere, giacque nella "cascia americana", con licenza di prendere aria solo in quei fugaci attimi in cui Coluzzo, sbronzo, imbrattava i muri con la vernice rossa riproponendo sempre e solo la stessa sigla F.L.S.

    Deluso ed amareggiato, oramai con la speranza al mini-mo, un giorno, poco prima di morire, Coluzzo Bocadillo, con il quale avevo costruito un cordiale rapporto d'amici-zia, mi confessò la verità. Si era costruito la fama di rivolu-zionario, teorico della sommossa non effettuata, per le difficoltà ambientali prima elencate. Deluso mi riferì

    La foto sopra è ovviamente un fotomontaggio che la redazione ha voluto inserire facendo

    propri i sogni di Coluzzo Bocadillo.

  • P a g i n a 7 A n n o X I V - N A T A L E 2 0 0 6

    che nel1'angolo più recondito del suo cuore, F.L.S. stava non per Fronte di Liberazione Stefanaconi ma, per un più pratico e meno nobile "Frittuli, Lana e Sordi". Coluzzo Bocadillo, al pari di tutti gli uomini, aveva in testa le cose belle della vita, "Frittuli", a significare il mangiare nella sua abbondanza e gustosità, "Lana", per omaggiare la bellezza delle donne e "Sordi", perchè senza di essi “ non si ndi cantanu missi”.

    Per me giovane di belle speranze, questa confessione è equivalsa alla caduta di un mito, paragonabile solo alla cadu-ta del muro di Berlino. Devo però riconoscere a distanza di tanto tempo, ora che anch’io ho i capelli bianchi e qualche ruga in più, con un grande rimpianto nel cuore, che tutto som-mato Coluzzo Bocadillo aveva visto giusto, era rimasto solo nel sogno un grande rivoluzionario: “ Al di là dei buoni pro-positi e proclami, quello che conta sono le cose materiali che ti permettono di vivere giorno dopo giorno, nel lusso, nelle comodità, negli agi”.

    Coluzzo Bocadillo se ne era andato, rinnegando la sua fede rivoluzionaria inficiata dalle attrattive del benessere, dalle comodità e dalle sirene del capitalismo. Aveva compre-so suo malgrado, forse in tarda età, che gli ideali non hanno mai riempito la pancia, non hanno mai saziato nessuno né tanto meno, colmato il vuoto nelle budella. Come un castello di sabbia, spazzato via dall'impetuosità delle onde, il mito

    I l 20 agosto 2006, alle ore 17,00, si è te-nuto per le vie di Stefanaconi il secondo raduno d’auto d’epoca fortemente voluto da Franco Solano che è riuscito a coinvolgere l’ASI (Automobili Storiche Italiane) che hanno dato spettacolo per le vie del paese.

    Volevamo ringraziare tutti i soci ed il presi-dente dell’ASI di Vibo Valentia, Battistino Fu-duli, per averci fatto conoscere per alcuni e ri-cordare per altri, modelli di auto antiche oramai non più in circolazione. La manifestazione è proseguita con la classica sfilata per le vie di Stefanaconi ed una particolare gara a cronome-tro ha poi concluso il raduno.

    Un particolare ringraziamento va alla ditta CDR dei fratelli Defina per aver finanziato la manifestazione. L’appuntamento è al prossimo anno con il 3° raduno delle auto d’epoca, grazie.

    della rivoluzione a Stefanaconi, barattato per un piatto di "suriaca". Rivoluzione caduta in ribasso, perchè le como-dità della vita, gli agi, i lussi, non permettono una sana competizione con la sazietà dello spirito e la coltivazione degli ideali. L'uomo in quanto tale vive su questa terra per sostenersi; ha bisogno di mangiare, del lusso, delle comodità, cose delle quali non potrebbe o saprebbe più fare a meno. Sarebbe altrettanto nobile e bello coltivare ideali e passioni, però lo scontrarsi con la realtà è inevita-bile, e questo ti fa desistere.

    Si può e si deve essere rivoluzionari, ribelli e proposi-tivi a venti anni, altrimenti che giovani saremmo. Arrivati agli anta, la rivoluzione rimane un bel sogno che si colti-va in segreto nel cuore. Come insegna qualcuno, i sogni aiutano a vivere, però tali rimangono e rimarranno. Non è questa la dichiarazione della fine di un sogno, tutt’altro; sono fermamente convinto che fino a quando al mondo esisteranno le ingiustizie, esisterà un movimento che si chiama Comunismo.

    Così recitava Dom Hèlder Câmara, ucciso in un paese Sud-americano: "Se do da mangiare ad un povero mi chiamano santo, se mi chiedo del perchè i poveri han-no fame, mi chiamano Comunista".

    Stefanaconi: 2° Raduno d’auto d’epoca.

  • P a g i n a 8 I l C a m p a n i l e

    G li antichi latini credevano che la gloria degli antenati è luce nei posteri: “ maiorum gloria posteris lumen est”. Ma chi erano i nostri antenati? Come si chiamavano? Da dove provenivano? Che professione esercitavano? Per tutte queste domande esiste una risposta ed ognuna di loro è annotata pazientemente nei registri conservati presso i co-muni, le parrocchie e gli Archivi di Stato.

    Presso l’Archivio di Stato di Napoli è conservato un importante documento che apre una singolare finestra sul passato di Stefanaconi: la “ nova numeratio Stephanaconj”, ossia la numerazione dei fuochi del 1545.

    La numerazione dei fuochi - per fuoco si intendeva ogni singolo nucleo famigliare - venne introdotta per ragioni fiscali dal regio governo interessato a conoscere l’esatto numero delle famiglie di ogni paese per poterle tassare di dieci carlini per ogni fuoco, dal 1449 ai dieci carlini ne ven-nero aggiunti altri cinque per il mantenimento dell’esercito terrestre e marittimo, in compenso si garantiva ad ogni fuo-co un tomolo di sale.

    Le numerazioni dei fuochi avvennero negli anni 1447, 1472, 1489, 1522, 1532, 1545, 1561, 1595, 1642, 1648, 1699. Nel documento sono menzionate tutte le famiglie che abitavano in paese, per ogni famiglia si riportavano i nomi e l’età del capo famiglia, della consorte, dei figli e degli e-ventuali parenti o garzoni che abitavano sotto il loro tetto, a seguito riporto l’elenco alfabetico dei cognomi esistenti nel 1545:

    In totale le famiglie erano 36 non tenendo presenti i due sacerdoti (don Paolo Cascasi e don Salvatore Badolato). 3 erano le famiglie dei Giamborino, Guastalegname, Santaca-terina e Stanganello, 2 quelle dei Lo Schiavo, Migale e Tambuscio. La famiglia Angeleri era originaria di Mileto, mentre da Monteleone provenivano le famiglie Centraco, de Gattis, Librandi e Stanganello.

    Salterà subito all’occhio che la maggior parte dei cogno-mi elencati non sono più presenti in paese, molti di loro continuarono ad abitare a Stefanaconi ma altri a causa dei terremoti, delle carestie e delle pestilenze si estinsero oppu-re emigrarono in altri paesi per diversi motivi.. Nel periodo posteriore alla numerazione dei fuochi compar-ve in paese la famiglia Cascasi certamente al seguito del parente sacerdote che amministrava la parrocchia.

    Alcuni nuclei famigliari furono solo di passaggio, è il caso della famiglia Stanganello che proveniva da Monte-leone e che in pochi decenni ritornò

    a vivere nel paese di origine.Un altro esempio è dato da Nicola figlio di Francesco Centraco, mio antenato materno diretto, che da Monteleone passò a Stefanaconi per sposare Caterina figlia di Pietro Santacaterina, loro figlio France-sco si sposta a vivere nella vicina Sant’Onofrio e dà origi-ne ad una delle famiglie più numerose del paese, curiosa-mente oggi il cognome è quasi del tutto scomparso ed i pochi rappresentanti viventi sono sparsi tra Piemonte, Ar-gentina e Australia.

    La popolazione era formata prevalentemente da coppie di genitori dai 25 ai 50 anni. La persona più anziana men-zionata nel documento è Matteo Giamborino che aveva 65 anni, età considerevole vista l’età media dei tempi, Matteo nacque quindi nel 1480, 12 anni prima che Cristoforo Co-lombo scoprisse l’America …

    Un altro aspetto interessante del documento riguarda i nomi di persona, chiaramente molti nomi sono tutt’oggi comuni (Francesco, Antonino, Domenico, Nicola, Andrea, Marco, Caterina, Elisabetta, etc.), altri sono insoliti e poco diffusi anche a livello nazionale (Conforto, Berardino, Sa-pienza, Raimonda, Clemenza, Porzia, Pazienza, Graziosa, Ippolita, Pellegrina), altri ancora sono ormai del tutto scomparsi (Grandinetto, Teseo, Carmosina, Lucca – fem-minile-, Crastiglia, Colonna, Soprana, Ridena, Fiorina, Ferrantina), questi ultimi sono certamente i più curiosi, legati a tradizioni onomastiche classiche e medievali.

    Le famiglie che oserei chiamare storiche per aver pian-tato saldamente le loro radici nella terra di questo comune e che ancora oggi sono presenti dopo ben 500 anni sono sei: Guastalegname, Librandi, Lo Schiavo, Matina, Santa-caterina e Tambuscio. Come si può vedere in un solo docu-mento composto da pochissime pagine, ingiallite e mac-chiate dal lento e inesorabile passare del tempo, è stato possibile ricavare un gran numero di notizie interessanti che come tante piccole tessere vanno a riempire il mosaico della storia del paese dei nostri avi che lo abitarono nelle epoche più diverse.

    Grazie all’interessamento di Giovanni Battista Bartalot-ta è già stato possibile riscoprire il Catasto Onciario di Ste-fanaconi del 1742, sempre a lui va il merito di aver dato il via alla lodevole iniziativa che permetterà di raccogliere in un database tutti i dati presenti nell’antico archivio comu-

    nale. Sarebbe interessante scoprire se presso l’Archi-vio di Stato di Napoli oltre alla numerazione dei fuochi di Stefanaconi del 1545 sono conservate anche altre numerazioni degli anni so-pra elencati. Il loro recupe-ro darebbe un prezioso con-tributo per completare quanto più possibile i punti ancora oscuri della storia di Stefanaconi.

    LE FAMIGLIE DI STEFANACONI NELL’ANNO 1545 di Luca D’Antino

    Angeleri Guastalegname Pagliante

    Badolato La Gamba Rello

    Bucarello Librandi Santacatarina

    Cascasi Lo Schiavo Stanganello

    Centraco Maglia Tambuscio

    Galluzzi Martorano Tropea

    Gattis (de) Matina Trovato

    Gervasi Migale

    Giamborino Minace

    Acquasantiera a S. Maria

  • P a g i n a 9 A n n o X I V - N A T A L E 2 0 0 6

    I COMITO N elle raccolte storico-genealogiche alla nobile fami-glia Comito di Monteleone, viene attribuita l’appar-

    tenenza ai Comite di Amalfi e Salerno, che vanta tre dogi, due arcivescovi, un gran siniscalco, un alfiere e diversi ca-stellani. Il cognome deriverebbe appunto dall’illustre ante-nato longobardo Sergio, conte –comite- della Repubblica Marinara. Questa eccessiva favoletta celebrativa è molto lontana dalla realtà ed infatti i Comite Amalfi e Salerno ed i Comito di Monteleone non erano affatto parenti e non esiste nessun documento che prova il contrario. Un manoscritto settecentesco anonimo “La verità odiata dalla superbia ov-vero origine delle famiglie nobili e civili di questa città di Monteleone”, rivela invece che i Comito di Monteleone discendono da un semplice marinaio napoletano, i suoi primi discendenti furono maestri artigiani ma col tempo i compo-nenti di questa famiglia si distinsero al punto da guadagnarsi la nobiltà monteleonese. A questa verità ne va aggiunta un’-altra: i nobili Comito di Monteleone ed i Comito di Stefana-coni non hanno nulla in comune se non il cognome e la vici-nanza dei luoghi abitati

    Il paese di origine della famiglia Comito è Stilo. Nel XVII secolo il bandito Mommo Comito si stabilì a Stilo attraversando la campagna calabrese e prese dimora nei pressi del convento fuori dalle mura, la sua molesta presenza costrinse perfino i monaci che abitavano fuori dal paese a rientrare nel centro abitato, il regio governo cercò di prende-re provvedimenti contro i soprusi del bandito ma non riu-scendo in alcun modo a fermarlo decise di adottare la tattica del “se non riesci a sconfiggerlo unisciti a loro”, lo prese al suo servizio rendendolo inoffensivo e utile al tempo stesso.

    Sul tramontare del 1700 mastro Domenico Comito

    (1753-1827), calzolaio si trasferì da Stilo a Camini per sposare Francesca Micelotta, in questo paese raggiunse un discreto livello nella scala sociale, due dei suoi figli furono sindaci del paese, prima Marco (1791-1849) poi Fortunato (1807-1885). L’unico altro nucleo famigliare presente a Camini è quello di Antonio figlio di Giuseppe Comito, tintore, e Maria Baldari, nato nel 1808 a Stilo, sicuramente parente di mastro Domenico, Antonio passava a Camini nel 1841 per sposare Maria Micelotta, figlia di Leonardo e Rosa Comito, è probabile che Rosa fosse sorella di Dome-nico e Leonardo fratello di Francesca, moglie di Domeni-co. Nell’atto di matrimonio dei due sposi compaiono come testimoni Marco, figlio di mastro Domenico e Francesco Comito sarto a Stilo. Come si può notare la famiglia Comi-to a Stilo esercitava vari mestieri artigianali (calzolaio, tintore, sarto).

    Fortunato, figlio di mastro Domenico, nel 1836 sposò Elisabetta Lucano dalla quale ebbe 12 figli, il quintogenito Giuseppe (1845-1935) si trasferì a Stefanaconi al seguito del barone Paparo tutti i Comito presenti in paese discen-dono da Giuseppe ed a lui è riferito il soprannome della famiglia detta appunti “ di Giosi”. Nel 1875 Giuseppe spo-sò Elisabetta Foti dalla quale avrà 7 figli: Francesco (1875-1940), marito di Antonina Moscato; Francesca (nata nel 1878) moglie di Antonino Lococo; Fortunato (1881-1924); Nicola (nato nel 1883) marito di Elisabetta Lo Schiavo; Raffaele (1885-1885); Domenico (1887-1936) marito di Anna Maluccio; ed infine Raffaele (1891-1917). Quest’ul-timo morirà nella Grande Guerra con il grado di caporale maggiore della IV Compagnia, 61 Battaglione, 4° Reggi-mento Bersaglieri, il suo nome compare nel monumento ai caduti. Da Francesco, Nicola e Domenico discendono i tre rami della famiglia.

    di G. B. Bartalotta e Luca D’Antino

    F inalmente sciolto anche l’enigma sulla data di nascita di Ferdinando Santacatarina. A scioglierlo il nostro parroco, Salvatore Santaguida, che ha trovato l’atto di battesimo (sopra riprodotto) e che di seguito traduciamo: “ Anno del Si-gnore milleottocentonove, giorno sette settembre, Stefanaconi; don Nicola Arcella battezzò un neonato nato nello stesso giorno da Giuseppe Santacatarina e Francesca Staropoli, a cui fu imposto il nome di Antonio, Ferdinando, Domenico“. La precisazione di cui sopra è riportata nel libro, purtroppo poco diffuso, che don G Battista Fortuna pubblicò nel 1997 col seguente titolo: “ Il Liceo Ginnasio Statale Michele Morelli in Vibo Valentia nella sua storia plurisecolare 1612 - 1997 e Ferdinando Santacatarina insigne umanista nel Real Collegio Vibonese 1830 - 1852”.

    Ferdinando Santacatarina: i dubbi C ’è da sempre una lunga diatriba sia sulla data di nascita e sul cognome del nostro famoso compaesano poeta e letterato insigne. Vorremmo fugare in questo breve articolo questi due dubbi.

    Su tutti i documenti notarili fino ai primi del 1900 la versione del cognome è sempre SantacatArina e non SantacatErina. Poi in tutti documenti dove è interessato il Poeta stefanaconese la versione del cognome è sempre SantacatArina. Riteniamo dunque che sarebbe più giusto e più opportuno, quando si parla del poeta usare FERDINANDO SAN-TACATARINA. Per quanto riguarda invece le famiglie che attualmente portano questo cognome è sicuramente giu-sto usare la versione in uso e registrata all’anagrafe comunale.

  • P a g i n a 1 0 I l C a m p a n i l e

    LA RICERCA ARCHIVISTICA di Antonio Tripodi

    L a ricerca d'archivio, se condotta senza l a pretesa del rinvenimento sensazionale o, peggio, del paraocchi per la conferma o per la smentita di notizie rese note da qualcuno degli amici o da uno dei tanti rivali, è un itinerario affascinante in un mondo che a noi uomini del terzo millennio potrebbe sembrare lontano molti anni luce.

    L’avventura personale nelle "vecchie carte" ha visto l'inizio oltre ventotto anni orsono presso 1'allora Sezione di Archivio di Stato di Vibo Valentia la mattina del 19 ottobre 1978, giorno in cui da una settimana erano state completate quarantaquattro primavere.

    I volumi di "vecchie carte" sono un palcoscenico col sipario continuamente aperto sui problemi che quotidianamente assillavano i nostri antenati, problemi non differenti da quelli coi quali siamo alle prese noi uomini dell'era satellitare. Nel passato si lottava per la sopravvivenza, ora si muore per la tentazione del sempre più e del sempre meglio.

    Il fascino della ricerca nei protocolli notarili sta nella sorpresa, che è presente ad ogni giro di foglio, perchè dopo la lettura di un istrumento non si conosce il contenuto di quello che segue.

    La più fantasiosa immaginazione non poteva essere spinta fino a pensare che nel 1709 un notaio di Monteleone (1'attuale Vibo Valentia) avesse stipulato 1'atto della presa di possesso del feudo di Squillace.

    Sfogliando le pagine di quei volumi, a volte ingiallite dal tempo, rose dagli insetti e smunte dall'umidit à, si apprende che i genitori premurosi avevano cambiato il testamento dopo che il terremoto del 1783 aveva distrutto la casa donata per dote alla figlia, si legge di brogli ed imbrogli durante le elezioni dei reggitori delle civiche amministrazioni, si viene a sapere del sequestro dei figli del duca di San Donato e di un altro sequestro ai danni di un possidente (?) di San Calogero, si conoscono le clausole che regolavano i rapporti reciproci tra gli apprendisti ed i loro maestri, si trova notizia di una licenza edilizia rilasciata a Monterosso nel 1522.

    L'incredulità è i l minimo che pu ò suscitare un sacerdote che presenziava al contratto nuziale della figlia. Nei tempi passati succedeva spesso, perchè molti vedovi abbracciavano lo stato sacerdotale dopo la morte della moglie. Nel '600 a Tropea nella famiglia Barone c'erano contemporaneamente tre generazioni di sacerdoti: il suocero , il genero, ed il nipote e figlio rispettivamente.

    Non era disdegnata la mazzetta ad alcuni regi funzionari. Si hanno notizie per San Calogero nel 1732 e per Sant'Onofrio 1'anno dopo.

    Non mancavano faccendieri ed affaccendati per ogni necessità. Si stipulò un obbligo col notaio nel 1788 a Soriano per garantire la scarcerazione entro un mese di tre inquisiti per aver capeggiato una sommossa contro un funzionario della Cassa Sacra.

    Può far sorridere, ma era una prassi diffusa nel '700, la maggiorazione della dote per pompa, et onore, e per suo decoro. Nel contratto nuziale si scriveva che la promessa sposa portava in dote una certa somma od alcune proprietà, e poi si rilasciava una dichiarazione al dotante che una parte era stata aggiunta appunto per pompa ...

    L'anno della rivolta di Masaniello a Napoli, anche a Tropea se ne avvertirono i fermenti. Si ha conferma da

    due istrumenti, il primo di alcuni Fazzari che dichiararono un parente indegno del cognome che portava e 1'altro dei genitori che i l giorno seguente lo diseredarono per essersi unito con alcuni cospiratori della vicina Parghelia.

    I libri parrocchiali, da poco scoperti dai ricercatori e nel passato sfogliati soltanto da pochi illusi che speravano di rinvenire chissà quali titoli araldici nel passato della propria famiglia. In quei fogli, invece, è scritta la vita quotidiana delle comunità calabresi. Per esemplificare, un bambino di Dinami morto undicenne che mendicava il pane per le porte, la sepoltura a Squillace fatta sbrigativamente per paura di un'incursione di pirati, il primo sepolto nella chiesa della confraternita dell'Immacolata di Dasà nel 1729 che permette di datare la sua apertura al culto.

    Si potrebbe scrivere all'infinito, ma gli esempi possono essere sufficienti per una visione globale del fascino della ricerca metodica ed estesa ai vari tipi di documenti disponibili.

    di Giovanni Battista Bartalotta

    N on sta sicuramente a me presentare l’opera “ ciclopica” nel campo della ricerca storica che il “nostro” Antonio Tripodi è riuscito a strappare dall’oblio del tempo e dai vortici della modernità. La velocità con cui scorre la vita si è fatta sempre più frenetica e solo alcuni “ pazzi” decidono di percorrere il cammino inverso del tempo nel tentativo di riscoprire ciò che è stato. Lo studioso di storia riparte in una sorta di macchina del tem-po che lo porta in un mondo che fu e che il tempo stesso ha sepolto. Lo studioso di storia è un archeologo della scrittura che con molta fatica e amore scava nella vita del passato. Lo studioso di storia “respira” volentieri la pol-vere che il tempo ha depositato sugli antichi scritti pur sapendo che non è detto che troverà ciò che cerca.

    La ricerca storica è questo; è la non certezza del desi-derato approdo; è momenti di sconforto per il mancato ritrovo; ma poi rari attimi fortunati fanno trovare allo stu-dioso ciò che non cercava: è la scoperta del “ nuovo mon-do”, quel mondo non-certo ma che casualmente ha incro-ciato. E allora lui entra in quel mondo, diventa di quel mondo, lo vive, lo esplora e fa rivivere fatti oramai avvolti dai secoli. E’ quello che il ricercatore spera di trovare. E’ la sua “ vita”.

    Anche la dea bendata gioca il suo importante ruolo ma non bisogna rassegnarsi ad attenderla passivamente: biso-gna accarezzarla, provocarla, stimolarla. Sicuramente An-tonio Tripodi è tra coloro che non si rassegnano al caratte-re volitivo della fortuna; lui la stuzzica, la pungola, la “ costringe” al suo lavoro. Un tipo eclettico come lui non è “fortunato” se scopre nuovi mondi perché proprio per la sua estrosità, per la sua ampia veduta è altamente probabi-le che lui scopra qualcosa. E’ durante i numerosi flash di serendipità che Antonio Tripodi scoprì l’atto sul “ mancato omaggio del principe di Squillace”, che scoprì “ Il Concor-dato del 1556 tra i cittadini e il vescovo di Tropea” e tanti altri “ gioielli” storici.

    Erano ben altri gli obiettivi che “Nino” si prefiggeva in quei momenti, ma quei felici incontri gli hanno consentito di esplorare quei “mondi” oramai sconosciuti e portarli in vita facendoci rivivere quei momenti che furono.

    Grazie ad Antonio Tripodi per il suo lavoro.

  • P a g i n a 1 1 A n n o X I V - N A T A L E 2 0 0 6

    L o sapevate che fino a qualche secolo fa emergevano alcune isolette nel nostro mare di fronte all’antica Hipponion (Vibo Valentia)? Penso proprio che moltissimi di noi non lo sapevano. Io stessa l’ho scoperto casualmente quan-do, mentre osservavo delle antiche mappe, ho notato, grazie all’aiuto di mio padre, delle strane “macchioline”. Abbiamo preso subito una lente di ingrandimento e, con stupore, abbia-mo scoperto la presenza di queste isole.

    E’ bello immaginare di affacciarsi dalla Vibo attuale e scorgere, molto vicine a Pizzo, questo gruppo di isolette che sicuramente i nostri avi hanno potuto ammirare fino a poche centinaia di anni fa.

    Secondo la leggenda queste isole hanno ospitato il mitico Ulisse. Si, sto parlando di quell’Ulisse che grazie alla sua astu-zia riuscì ad ingannare con il “suo cavallo” i troiani e a di-struggere Troia dopo dieci anni di ripetuti attacchi.

    Ulisse, durante il ritorno verso la sua amata patria Itaca, ritenne opportuno interrompere il suo viaggio pericoloso e bivaccò sulle isole per consentire il riposo dei suoi compagni, l’approvvigiona-mento necessario ai naviganti e la messa a punto delle navi. La costa di fronte era abitata dai Napitini (pizzitani) popolo amico dei greci che avrebbe fatto di tutto per offrire ai naviganti gli aiuti ne-cessari. Per questo “mitico” approdo le isolette sarebbero state chiamate Itacesi. L’epi-sodio dell’approdo dell’invin-cibile acheo è “ stimolato” da Plinio il Vecchio nella sua opera “ Naturalis Historia” dove sostiene che le isole si trovavano di fronte all’antica Vibona.

    Nel libro III - par. 85 così scrive Plinio il Vecchio: “ ... contra Vibonem parvae quae vocantur Ithacesiae ab Ulixis specula” la cui traduzione po-trebbe essere: “ ... di fronte a Vibona c’erano delle piccole isole chiamate Itacesi da una vedetta di Ulisse”.

    Ma altri studiosi di epoche più recenti rispetto a Plinio il

    di Anna Bartalotta

    La carta geografica della Magna Grecia sopra riportata è del 1595 ed è rappresentata con l’Est in alto. Come si può notare la Calabria è divisa in tre parti: Locri, la Magna Grecia e Brutii. Nel riquadro al centro, ingrandimento del quadrato nella carta posta sopra, si può notare la presenza delle Isole Ita-cesi nel golfo di Hipponio (attuale golfo di sant’Eufemia).

    Chi bella notti

    C hi bella notti filici e giocunda cchjù bella di la notti di Natali? Nesciu lu Redenturi di lu mundu ammenzu a San Giuseppi e dui animali.

    E la Madonna stava ndinocchjuni videndu lu soi figghjiu Redenturi: “Figghju, chimmu ti viju benadittu! Nterra bombinu volisti calari”. “Vozzi calari pe li peccaturi, cu la mia morti li vogghju sarvari”.

    racconta che negli anni in cui visse erano ancora visibili alcune di que-ste isolette al largo del mare di Pizzo di cui una, nominata la Punta, emergeva ancora dalla superficie marina. Delle altre una era chiamata Pietraperciata mentre le altre anche se erano distanti tra di loro veni-vano chiamate le Trepietre; queste ultime quattro isolette erano già state in parte sommerse dall’acqua. L’erudito Scipione Mazzella, nel suo “ Descrittione del regno di Napoli” pubblicato nel 1601, al foglio 151 così scrive: “ Poscia si scorge il Pizzo in luogo molto aprico coll’i-solette Itacensi”.

    Anche Gabriele Barrio menziona le isole “Itacensi” collocandole erroneamente sotto Briatico, presso il porto di San Nicola.

    Su tutte le mappe antiche (sette per la precisione) che ho potuto vedere, dove è riportato il nome delle isole, l’unica versione da me riscontrata è senza la “ enne” cioè ITACESI; anche Plinio il Vecchio riporta il nome Itacesi: non capisco perchè tutti le chiamano Itacensi; secondo me il nome corretto è Itacesi.

    Vecchio scrissero della presenza di queste isole. Tra questi troviamo Loren-zo Anania, teologo e co-smologo nativo di Taverna, la cittadina in provincia di Catanzaro che diede i nata-li a Mattia Preti. Nella sua opera “ La universal fabbri-ca del mondo”, nel trattato I, foglio 56 così scrive Lorenzo Anania: “ Poscia si scorge il Pizzo colle isolette Itacensi”. Ilario Tranquillo (1668—1743), professore di Teolo-gia e primo canonico della chiesa collegiata di Pizzo, nella sua “ Historia apolo-getica dell’antica Napizia oggi detta Pizzo” (1725),

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    L 'accogliente sala dell'Italian Social Club di Altona è stata la cornice ideale per la grande festa della comunità di Stefanaconi (provincia di Vibo Valentia in Ca-labria) presente a Melbourne. L'entusiasmo era alle stelle, l'atmosfera vivace e frizzante poiché la festa, la sera di sa-bato 15 luglio, coincideva con la settimana dei festeggia-menti per la vittoria degli Azzurri ai mondiali di calcio in Germania. Il tricolore era il simbolo della manifestazione. La sala era addobbata da palloncini bianchi, rossi e verdi. Molti commensali indossavano le sciarpe azzurre con la scritta "Forza Italia" e lo stemma della Nazionale. Il convi-vio veniva interrotto ogni tanto da esclamazioni di giubilo rivolte alla Nazionale, da questo lontano continente. In un momento collettivo di euforia tutti i presenti hanno cantato "Un'estate italiana", la bellissima canzone con la quale la Nannini voleva interpretare i sentimenti e le aspirazioni degli italiani per il campionato del 1990, non fortunato, ma felicemente intonato per la finalissima di Berlino 2006 ... un' avventura in più, un'estate tutta italiana.

    La cena è stata ottima, come nella tradizione del club italiano di Altona, che può contare su chef esperti e una squadra di aiutanti in cucina e cameriere premurose e genti-li. Oltre 400 persone hanno partecipato alla festa. Durante la serata si sono esibiti due bambini che hanno cantato e ballato, mostrando in questo modo di avere il gusto artistico precoce. Sono bambini nati in Australia, orgoglio dei geni-tori e soprattutto dei nonni emigrati, felici di vedere riflesso nei nipotini il gusto dell'arte, della melodia e della danza.

    Durante la serata è stata una sorpresa graditissima poter

    ascoltare direttamente al telefono la viva voce del sindaco Fortunato Griffo, che si e complimentato con gli or-ganizzatori, con tutti i presenti originari di Stefanaconi e amici. Il Comune ha contribuito in parte al successo della serata facendo da sponsor all' incontro. Il sindaco, che co-nosce direttamente molte famiglie di stefanaconesi residenti in Australia avendo compiuto una visita a Melbourne qual-che anno fa, ha ringraziato anche il presidente del Comitato per la festa di San Nicola, Filippo Franzè, che da quasi 10 anni porta avanti con amore e passione questo sodalizio. San Nicola è il patrono del paese e la comunità di Stefana-coni residente a Melbourne ha voluto tenere vive le tradi-zioni religiose dotandosi di una artistica statua del Santo, custodita in una cappella nella proprietà del club italiano di

    Altona ed organizzando una festa solenne la prima domenica di dicem-bre, con la partecipazione di centi-naia di persone. E' una festa che dura l'interna giornata, con un intenso e vario programma di manifestazioni religiose (Santa Messa e processione) e di intrattenimenti musicali e ricrea-tivi per le famiglie. La festa di San Nicola è il momento più significativo e fulgido dell'amore degli stefanaco-nesi per la loro terra d’origine.

    Pino Conidi e in primo piano Vince Ceravolo

    Nelle foto, da sinistra e in senso orario: Antonio Lo Schiavo, Alfonso Franzè, Antonio Lo Schiavo senior, Nick Foti (seduto) con le signore e altri com-mensali.

    Serena de Luvio, Alfonso Franzè e Pina con la sciarpa.

    Il tavolo dell’avv. Guastalegname e signora (seduti al centro), Alfonso e Santina Franzè, Vin-ce Ceravolo e Fortu-nato Vilone con le rispettive signore.

    Alfonso Franzè (in piedi al centro) con amici.

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    “SANTA LUCIA LUNTANA” di Tina Rito — Melbourne

    S ono stata gentilmente invitata a collaborare, offrendo un mio contributo per il periodico edito dall’associazio-ne culturale Pro Loco di Stefa-naconi, paese dove sono nata, cresciuta e vissuta fino a quan-do non mi sono trasferita in Australia. Dopo 24 ore di viag-gio in aereo, sono arrivata in questo lontanissimo paese e precisamente a Melbourne, agli inizi degli anni ’80, con esattezza il 27 marzo 1981.

    Qui, col passar dei mesi e di qualche anno, ho avuto mo-do di conoscere, in occasio-ni e circostanze varie, tan-tissime persone provenienti da Stefanaconi. La maggior parte di loro hanno lasciato il nostro paese negli anni ’50 e ’60 con la speranza di trovare in Australia un lavoro sicuro, ben ricompensato e di conseguenza una vita e un futuro mi-gliore. Così come hanno fatto i nostri concittadini, in quegli anni, migliaia e migliaia di perso-ne provenienti da ogni parte d’Ita-lia, Grecia, Yugoslavia, Germania Ovest e paesi del Nord, sono emi-grati in Australia attratti da un sicuro benessere.

    A facilitare l’emigrazione di questi popoli europei ha contribui-to moltissimo uno speciale pro-gramma emanato dal governo australiano dopo la seconda guer-ra mondiale finita nel 1945. Infat-ti, nell’immediato dopoguerra, moltissime persone sono arrivate in Australia grazie al cosiddetto “Viaggio assistito”. Prima di allora l’Australia era abitata da britannici, irlandesi e aborige-ni. Questi ultimi popolo dalla pelle scura, provenienti dall’A-sia, furono i primi veri abitanti dell’Australia. Oggi gli abori-geni rappresentano una piccolissima parte della popolazione australiana, mentre gli europei sono la grandissima maggioran-za.

    Negli anni in cui la popola-zione europea era attratta dalle promesse australiane, per poter raggiungere questa terra erano di servizio le flotte navali e la dura-ta del viaggio era più o meno di un mese. Quei trenta giorni di viaggio per alcune persone sono stati una esperienza memorabile, piacevole e divertente, per altre malessere e sofferenza.. Ho ap-preso questo

    dal programma radiofoni-co “ Rete Italia” che proprio in

    questi ultimi mesi, per la durata di un anno, ogni lunedì mattina, per mezz’ora, vengono aperte le linee della radio invitando e incoraggiando tutti i radioascoltatori che sono arrivati in Australia per via marittima, a telefonare e rac-

    contare quando, da dove sono partiti, la loro esperienza, i loro ricordi e la loro prima impressione sull’Australia. Ad aprire il programma sono il suono della sirena di una nave e le note di una vec-chia canzone napoletana dal titolo “Santa Lucia luntana” che incomincia con le seguenti parole: “ Partunu i basti-menti pe’ terre assai luntane …”. La canzone è triste e piacevole a sentirsi, però devo sinceramente dire che il rac-conto di quasi tutte le persone è altrettan-to triste ed interessante. Ognuno di loro espone la propria storia con semplicità,

    serenità e dignità. Moltissimi sono coloro che menzio-nano la famosa valigia di cartone, le tante difficoltà e i grandi sacrifici

    affrontati, soprattutto, durante i primi mesi e per alcuni, anche qualche anno dopo lo sbarco, aggiungendo che in seguito ai tanti ostacoli da superare, la tentazione e il desi-derio di ritornare alla propria terra di origine erano così

    forti che se avessero avuto la pos-sibilità finanziaria si sarebbero imbarcati dopo pochi giorni dall’-arrivo. Gli affetti familiari mancavano a tutti, ma soprattutto a coloro i quali erano partiti da soli alla giovanissi-ma età di sedici, diciassette anni o perfino a quindici. Logicamente questi giovanissimi, per la durata del viaggio, venivano affidati a delle persone di fiducia e all’arrivo in Australia c’era sempre ad atten-derli e ad ospitarli qualche familia-

    re. Comunque, anche se all’inizio, hanno quasi tutti soffer-to e perfino versato tante lacrime; ora sono contenti ed orgogliosi perché il benessere e le soddisfazioni hanno superato quelli che potevano essere gli aspetti negativi. Oltretutto queste persone, con la loro persistenza hanno

    facilitato, sotto tanti aspetti, la via a tutti coloro che sono arri-vati in Australia verso la fine degli anni settanta e nei seguenti decenni, fino ai giorni nostri. Sicuramente i disagi e le diffi-coltà di oggi non sono paragona-bili a quelli di una volta perché gli europei in genere, ma soprat-tutto, con notevole successo, gli italiani si sono bene inseriti nella società australiana rappresentan-do, quindi, una delle comunità di spicco.

    da sinistra: Alfonso Franzè, Anna Bartalotta, Gianni Cugliari, Peppino Lopreiato, Caterina e Rosa Bartalotta

    Italian Social Club Altona: un bel gelato!

    da sinistra: Francesco Bartalotta; dietro: Defina Antonino; in primo piano: Francesco Matina; Stefano Franzè

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    Giuseppe Fusca martire di Cefalonia

    di Giovanni Battista Bartalotta e Nicola Fusca

    G iuseppe Fusca nasce a Stefanaconi il 9 novembre 1912 da Antonino e da Francesca Fortuna. Cresce nella casa sita in rione Santa Maria, trascorre la

    sua fanciullezza studiando fino alla quinta classe delle scuole elementari e contemporaneamente “ vaci o mastru” e apprende il lavoro di muratore che gli piace molto.

    Fatto idoneo al servizio militare il 10 agosto 1932, dal-l’esito di leva rileviamo che era alto 1,67 metri con un torace di 0,87 metri. Giuseppe aveva una corporatura pe-sante con capelli castani ed ondulati, un viso largo ed un naso aquilino. Sicuramente un bell’uomo come potete no-tare anche dalla sua foto al centro; aveva sopracciglia folte, occhi castani, colorito roseo e men-to ovale. Svolge il servizio di leva per sei mesi dopo di che è messo in congedo illimitato: è il 4 agosto 1933. Giuseppe ha ventuno anni, lavora come muratore e si sposa con Ciurria Elisabetta che di pro-fessione fa la sarta.

    La nuova coppia va ad abitare nella casa sita in Rione Santa Maria e l’11 gennaio 1935 nasce Domeni-co, il loro primo figlio. La famiglia di Giuseppe vive una vita serena e felice fino a che, dopo l’estate del 1935, l’Italia fascista decide di in-vadere l’Etiopia e il nostro Giusep-pe è richiamato alle armi il 27 set-tembre 1935. Due giorni dopo entra a far parte del 28° Reggimento di Fanteria.

    L’8 novembre 1935 è nominato soldato scelto ed il 18 gennaio 1936 è promosso caporale guadagnando-si sul campo l’incarico per il suo corag-gio, ardimento e gesti di altruismo. Come premio è collocato in licenza straordinaria il 24 gennaio 1936 e rientra a Stefanaconi ricongiungendosi con la gio-vane moglie ed il suo piccolo Domenico.

    Intanto il 5 maggio 1936 le truppe italiane occupano Addis Abeba; il negus Hailè Selassiè abbandona l’Etiopia e la guerra d’Africa ha termine. Giuseppe può continuare a vivere con la sua famigliola dedicandosi al suo lavoro di muratore.

    Nel luglio del 1936 scoppia in Spagna la guerra civile. Il 29 settembre il generale Francisco Franco è proclamato Capo dello Stato con pieni poteri. L’Italia riconosce il nuo-vo governo spagnolo e decide di intervenire in aiuto del generale Franco.

    Il 26 dicembre 1936 Giuseppe è richiamato alle armi in vista dell’intervento nella guerra Spagnola. Entra a far par-te del 13° reggimento di fanteria di stazione a Napoli. Ed è proprio da Napoli che il 14 gennaio 1937 si imbarca, alla

    volta della Spagna, sulla nave “Lombardia”.

    Giuseppe saprà molto tempo dopo che proprio nella stes-sa giornata dell’imbarco verso la Spagna, a Stefanaconi sua moglie Elisabetta dà alla luce il suo secondo figlio, Vincen-zo detto “Vicenzino”; di lui parlerò alla fine del lavoro

    L’Italia di Mussolini, insieme alla Germania nazista decidono dunque l’intervento in aiuto dei golpisti spagnoli. Il corpo di spedizione italiano, comandato dal generale Ma-rio Roatta, nel gennaio 1937 è composto da 35.000 uomini (che successivamente arriveranno a 60.000) ed alla fine del-la guerra conterà 4.00 morti e 11.000 feriti.

    Giuseppe Fusca è uomo coraggioso ed altruista; combat-te valorosamente al punto da meritare una croce al valore militare con la seguente motivazione: “Capo arma di fucile mitragliatore, in una azione d’offensiva si comportava con speciale ardimento ed era di brillante esempio ai suoi uomi-ni.” E’ nei giorni 14 e 15 giugno che si guadagna questo riconoscimento in località Monte Jana in Spagna.

    Il 4 ottobre 1937 il nostro Giuseppe è promosso vice capo squadra nel ... Plotone del 4° Reggimento fanteria Giuseppe conti-nua a combattere con il pensiero rivol-to alla sua famiglia ed al suo “ Vicenzinu” che non ha ancora visto. La guerra civile in Spagna è sanguino-sa e lunga ed ai momenti di nostalgia e sconforto si contrappongono l’istinto di sopravvivenza e l’ardimento che a Giuseppe è naturale. Il 14 luglio 1938, a Gonzalbes, località spagnola di mon-tagna a quota 1091 metri Giuseppe combatte valorosamente guadagnando-si una medaglia di bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: “ Graduato Capo Arma, con ardimento e sprezzo del pericolo, attraversava zona battuta intensamente da fuoco nemico per spostare la propria arma in posizione avanzatissima. Rimasto feri-to nel coraggioso tentativo, rinunciava di essere soccorso per non sottrarre uomini al combattimento, dimostrando

    alte virtù militari e spirito di sacrificio”. La guerra di Spagna volge al termine ed il calva-

    rio di Giuseppe ha fine il 20 ottobre 1938 quando rimpatria col piroscafo “Calabria” e sbarca a Napoli dove è sottoposto a visita medica e riconosciuto in buona salute ed assegnato nel distaccamento di Nocera Inferiore dove giunge due gior-ni dopo dello sbarco. Durante i combattimenti in Spagna Giuseppe si segnalò per il suo coraggio tanto da meritare oltre che la croce di guerra anche una Medaglia Commemo-rativa ed una Medaglia di Benemerenza. Come premio Giu-seppe è trasferito a Catanzaro e può così rientrare in licenza premio a Stefanaconi dove poté finalmente abbracciare tutta la sua famiglia e per la prima volta il suo Vincenzino.

    Il 1° gennaio 1939 è assegnato definitivamente nel primo plotone, squadra rifornitori della 64° legione di Catanzaro.

    All’inizio del 1939 ha termine la guerra di Spagna. Il governo franchista è riconosciuto da tutte le maggiori poten-ze mondiali. Ma non c’è pace in quegli anni tristi.

    Il 6 aprile 1939 l’Italia invade l’Albania. Giuseppe è ri-chiamato in servizio il 13 aprile 1939 nel 19° Fanteria

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    ma viene ricollocato in congedo illimitato il 10 agosto 1939 essendo terminata la guerra d’Albania con l’annessione della stessa nell’impero d’Italia.

    Il nostro Giuseppe ha 27 anni e, come tutti, il desiderio di vivere una vita normale con la sua famiglia. Il 24 agosto 1939 nasce finalmente una femmina: è Francesca che il padre ve-drà nascere ma che non vedrà crescere. Il destino non consen-te a Giuseppe ciò che a noi ora sembra normale: vivere la propria esistenza con i propri familiari più cari.

    L’Italia affianca la Germania nazista e dichiara guerra a Francia e Gran Bretagna: è il 10 giugno 1940. Il 28 ottobre 1940 l’Italia dichiara guerra alla Grecia e la invade.

    Giuseppe viene richiamato alle armi il 20 marzo 1941 nel 207° Fanteria di Catanzaro oramai in pieno conflitto mondia-le. Il 7 febbraio 1942 è nel 48° battaglione mortai, terza com-pagnia di Chiaravalle dove riceve i gradi di Sergente Maggio-re. Il 28 marzo 1943 si imbarca a Bari alla volta della Grecia dove sbarca nella cittadina di Patrasso: è il 2 aprile 1943.

    Giuseppe combatté valorosamente nel 317° battaglione di Fanteria “ Acqui” nei territori greci e albanesi. Il compito fi-nale del battaglione fu quello di presidiare insieme ai tedeschi l’isola di Cefalonia.

    Il 25 luglio 1943 Mussolini è destituito dal suo incarico ed è fatto arrestare dal Re Vittorio Emanuele che nomina il gene-rale Badoglio come capo del governo: è la fine del fascismo.

    Campioni in erba: Stefanuccio Pondaco

    D a qualche tempo la Redazione del Campanile ha deciso di parlare dei tanti compaesani che con il loro operato danno lustro a Stefanaconi. Fortunatamente sono tante le occasioni, a dimostrazione di come i nostri compaesani lavorando fuori Stefanaconi, onorano il nostro paese e l’intera Calabria. A tale proposito vorremmo segnalare all'attenzione di chi non e ancora a conoscenza, 1'avventura che il giovanissimo Stefano Pondaco sta vivendo con la maglia della Sampdoria.

    Stefanuccio (così è chiamato affettuosamente) è da tre anni che vive a Genova dove gioca nella squadra della Sampdoria; è approdato alla corte di mister Attilio Lombardo, vecchia gloria del calcio nazionale, che lo sta facendo crescere come atleta e come uomo, apprezzando la serietà ed il talento di Stefanuccio. Sin da bambino si capiva che Stefano sarebbe diventato un grande; era sempre con il pallone tra i piedi, quasi sempre sgridato dai suoi genitori perchè a volte trascurava lo studio.

    Calcisticamente è cresciuto nell'Azzurra di Sant'Onofrio, militando e disputando i tornei giovanili. Dopo un breve periodo di prova, a volte colpito dalla "saudade", è riuscito ad imporsi all'attenzione del mister e dei suoi compagni tanto da divenire un assoluto protagonista. Per il suo talento e le sue doti calcistiche disputa i campionati di categoria superiore dove le sue giocate ed i suoi gol raccolgono sempre maggiori consensi. Il successo di Stefanuccio è salutato in paese come un successo dell'intera comunità, poichè è la dimostrazione di come uno dei nostri figli, possa calcare ampi di calcio importanti.

    La vittoria ai recenti mondiali ha esaltato lo spirito di sacrificio di Gattuso, i gol di Iaquinta, le giocate di

    fino di Perrotta, a dimostrazione di come la Calabria sia fucina di talenti e campioni, con la speranza che questa bella tradizione si rafforzi nel tempo. I successi di Stefano inorgogliscono 1'intero paese che può così esportare l'immagine di un centro operoso, un paese che tiene molto alle sue radici ed alla sua storia contrassegnata da tanti sacrifici, impegno ed abnegazione. Noi della Redazione non possiamo che augurare a Stefanuccio le migliori fortune, con la certezza che taglierà traguardi sempre piu prestigiosi, in modo da portare sempre più in alto il buon nome di Stefanaconi.

    Ai suoi familiari giungano le felicitazioni più vive da tutto un paese che ha eletto idealmente quale rappresentante dello sport Stefanuccio Pondaco. Un grosso in bocca al lupo ... sperando di incontrarlo a Stefanaconi per le imminenti festività natalizie. La Redazione

    Il 14 settembre 1943 nell’isola greca di Cefalonia nel Mar Ionio, la divisione “Acqui”, forte di 10.000 uomini, rifiuta di obbedire all’ordine dei tedeschi di consegnare le armi e di arrendersi. La battaglia di Cefalonia si concluderà il 24 settembre con la fucilazione dei sopravvissuti da parte dei tedeschi. I pochi superstiti si affiancheranno ai partigiani greci e continueranno a combattere.

    Ha fine qui la vita di Giuseppe Fusca martire di Cefalo-nia: gli fu riconosciuta la qualifica di Partigiano Combat-tente nella formazione partigiana Divisione “Acqui”.

    §§§§§ Volevo alla fine ringraziare il figlio di Giuseppe Fusca,

    Vicenzino, il primo dei “ discipuli” di mio padre sarto, “ mastru Turi”. Vincenzo Fusca è sempre molto legato alla sua Stefanaconi e un legame altrettanto forte ce l’hanno anche i suoi figli e sua moglie. Un ringraziamento partico-lare va però ad uno dei suoi figli, Nicola (laureato in inge-gneria) che, pur essendo nato in Australia, ha dimostrato un attaccamento ed un amore per Stefanaconi difficilmen-te riscontrabile tra coloro che vi sono nati. Insieme a Nico-la abbiamo (tramite e-mail) composto questo articolo; la nostra speranza è che con altri stefanaconesi in gamba co-me lui si possa riprendere il dialogo interrotto dalla loro partenza da Stefanaconi. Buon Natale ed un felice anno nuovo a te, Nicola e a tutta la tua famiglia, grazie.

    “Il Campanile quattro volte” di Fortunata Cugliari

    S arebbe un’idea da realizzare farebbe piacere a vicini e lontani sentir parlare del suo paese e delle persone care

    se per un motivo o un altro non può uscire quattro fatelo due volte uscire ma fatelo bene e non piangersi addosso tutte le pene la colpa è nostra se sta agonizzando

    sembra in ginocchio che ci sta pregando rimbocchiamoci le maniche per farlo risorgere.

    Nella Stefanaconi di tanti anni fa c’era la gioia e la complicità

    tocca a voi giovani stefanaconesi é un orgoglio per tutti

    vedere risorgere il nostro paese ci sono le nostre radici, i nostri alberi, i nostri germogli attaccate la spina e

    fatelo vivere con il suo orgoglio.

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    Partirono i bastimenti… di Giovanni Quaranta

    I l fenomeno migratorio verso le Americhe fu un fenomeno di massa che vide coinvolte anche le popolazioni dei no-stri paesi che, tra le più povere dell’intera nazione, furono costrette a cercare miglior fortuna nel Nuovo Mondo. Immaginiamo i nostri conterranei sulla banchina del porto, in mezzo a tanti altri disperati provenienti da regioni diverse, ognuno con una parlata differente ma accomunati dallo stes-so strazio nel cuore: lasciare i propri cari e la propria terra. Per quei nostri antenati - spesso poveri contadini di piccoli

    paesi di collina o di montagna e con poca dimestichezza con il mare aperto - il solo pensiero di dover af-frontare un lungo viag-gio nell’immenso Oce-ano doveva certamente rappresentare una gran-de angoscia. Probabil-mente, il condividere quella esperienza con gente dello stesso pae-se o dei paesi viciniori avrà potuto aiutarli a superare quei tristi momenti. Molti di loro, superato

    il primo impatto, affrontarono il viaggio transoceanico più volte e a distanza di tanti anni. Qualcuno si stabilì definitiva-mente nel continente americano ed altri, invece, ritornarono in Italia (molti in occasione della Grande Guerra per servire la Patria). Comunque ognuno di loro, attraverso quel grande fenomeno di massa che fu l’Emigrazione, ha dato il proprio contributo a far si che si costruisse un’identità nazionale più ricca e composita. L’esperienza migratoria, particolarmente nei contesti più ostili agli italiani, ha portato a rendere fun-zionale un’identità di gruppo, avvertita come nazionale. E così molti emigrati si sono sentiti “italiani” stando all’estero. Con questa rubrica cercheremo, in qualche modo, di dare notizia di alcuni viaggi di cittadini di Stefanaconi verso l’A-merica agli inizi del secolo scorso. I dati sono ricostruiti at-traverso gli elenchi ufficiali dell’Ufficio Immigrazione degli Stati Uniti d’America. Napoli 12-02-1905 – New York 01-03-1905, nave “Città di Torino”: Nicola Tamburro (anni 22); Domenico Foti (a.20); Domenico Talleridi (a.28); Giov. Battista Muscato (a.27); Francescantonio Barbieri (a.28); Pasquale Carullo (a.28); Domenico Labella (a.43); Antonio Lopreiato (a.37); Nicola Maluccio (a.23); Giuseppe Di Genova (a.21); Antonio Lo Coco (a.18); Domenico Bartolotta (a.33); Giuseppe Conidi (a.26); Francesco De Luca (a.21) e Paolo Barbuto (a.24). Napoli 27-02-1905 – N.Y. 16-03-1905, nave “Città di Mi-lano”: Michele Arena (a.20); Gaetano Lopreiato (a.26); Giu-seppe Cossari (a.22); Paolo Maluccio (a.21); Giuseppe Bar-buto (a.32); G. Battista Barbuto (a.27); Francesco Pondaco (a.22); Fortunato Comito (a.24) e Antonio Franzè (a.39). Napoli 12-10-1905 – N.Y. 27-10-1905, nave “Nord Ameri-ca”: Giuseppe Loschiavo (a.32); Nicola Staropoli (a.26) e Antonio La Rocca (a.26).

    Napoli 16-11-1905 – N.Y. 01-12-1905, nave “Sicilia”: Nicola Comito (a.22); Nicola Cosciari (a.25); Domenico Procopio (a.26); Nicola Loschiavo (a.35) e Nicola Capar-rotta (a.20). Napoli 01-03-1906 – N.Y. 15-03-1906, nave “Nord A-merica”: Francesco Lopreato (a.28); Giuseppe Conidi (a.32); Giuseppe Loiacono (a.36) e G. Battista Caparrotta (a.35). Napoli 24-02-1910 – N.Y. 10-03-1910, nave “Europa”: Pietro Griffo (a.17); Francesco Pondaco (a.26); Nicola Tamburro (a.25); Alfonso Franzè (a.39); Giuseppe Barbu-to (a.35); Giuseppe Loschiavo (a.26); Domenico Muscari (a.31); Antonino Matina (a.29); Carmine Gallippi (a.22); Giuseppe Lopreiato (a.39); Antonino Lopreiato (a.45); Andrea Sganga (a.25); Domenico Sganga (a.17); Antonio Labella (a.17) e Paolo Fortuna (a.17). Napoli 02-05-1910 – N.Y. 14-05-1910, nave “America” Domenico Maluccio (a.18) e Nicola Lopreiato (a.39). Napoli 10-03-1912 – N.Y. 27-03-1912 , nave “America”: Antonino La Rocca (a.30); Francesco Tam-burro (a.19); Francesco Guastalegname (a.27); Gaetano Virdò (a.34); Domenico Comito (a.25) e Nicola Comito (a.29). Napoli 30-04-1912 – N.Y. 13-05-1912, nave “Oceania”: Domenico Staropoli (a.19); Giuseppe Lopreiato (a.46); G.B. La Rocca (a.19); Nicola Tamburro (a.29); Domeni-cantonio Franzè (a.28) e Giuseppe Virdò (a.35). Napoli 19-03-1913 – N.Y. 01-04-1913, nave “Stampalia”: Gaetano Lopreato (a.35); Pasquale Proco-pio (a.39); Giuseppe Loschiavo (a.39); Domenico Franzè (a.26); Vincenzo Staropoli (a.39); Francesco De Fina (a.35); Domenico Tamburro (a.19); Domenico Grimaldi (a.35); Giovanni Loschiavo (a.15); Giuseppe Cugliari (a.30) e Nicola Cossari (a.33). Napoli 12-08-1913 – N.Y. 26-08-1913, nave “Europa”: Vincenzo Cuiuri (a.35); Stefano Franzè (a.30); Domenico Maluccio (a.29); Giuseppe Santullo (a.34); Giuseppe La-bella (a.16); Nicola Di Masi (a.44) e Francesco Lococo (a.20). Napoli 13-10-1913 – N.Y. 26-10-1913, nave “Stampalia”: Nicola Virdò (a.18); Giuseppe Virdò (a.28); Marcantonio Conidi (a.44); Nicola Lopreiato (a.44); Carmine Gallippi (a.24) e Raffaele Loschiavo (a.25). Napoli 22-06-1920 – N.Y. 07-07-1920, nave “Madonna”: Giuseppe Di Genova (a.37) e Nicola Comi-to (a.36). Napoli 04-08-1923 – N.Y. 16-08-1923, nave “Presidente Wilson”: Matteo Lopreiato (a.22). Palermo 19-11-1923 – N.Y. 01-12-1923, nave “Dante Alighieri”: Francesco Franzè (a.24) e Giovanni Barbuto (a.42).

  • P a g i n a 1 7 A n n o X I V - N A T A L E 2 0 0 6

    V olevo ringraziare l’amico Giovanni Quaranta per l’ide-a e l’aiuto offerto a “il Campanile”; il suo contributo dà prestigio al nostro giornale e lo arricchisce di notizie che la memoria e il tempo tendono a mettere nel dimenticatoio. E’ vitale non dimenticarsi dei sacrifici fatti da coloro che ci hanno preceduti su questa terra e che con il loro lavoro ci hanno consentito di vivere una vita più serena e più comoda. Quello che hanno dovuto sopportare è, per noi gente del 2006, inimmaginabile. Nei paesi dove sono emigrati i nostri cari hanno dovuto subire ogni sorta d’angheria e venivano vessati da tutti. Ma il loro amore per la famiglia lasciata a Stefanaconi e il desiderio di dare ai propri figli la possibilità di una vita migliore hanno loro consentito di sopportare ogni sorta di sacrificio. Nelle foto che seguono riporto le foto di mio nonno, il padre di mia madre, Antonino (Nino) Franzè, in vari momenti della sua vita negli USA. Mio nonno visse negli Stati Uniti d’America, lontano dalla sua famiglia e dalla sua Stefanaconi, per venti anni consecutivi senza mai rivedere né la moglie né i figli. Inimmaginabile ora ma ne-cessario allora. Al loro arrivo a New York non pensiate che gli emigrati venivano accolti con rose e fiori: subivano tutti

    ogni sorta di angheria e soprusi; venivano anche picchiati anche se solo tentavano di far valere la loro dignità che avevano da vendere. Ogni emigrato veniva scrutinato, fotografato, registrato e schedato con un numero; era obbli-

    gatorio portare al petto il distintivo con la foto. In uno dei due distinti-vi di mio nonno Nino si può verificare che era stato selvaggia-mente picchiato. Proprio per questo motivo dovremmo ripensare quale tipo di vita abbiano potuto vivere i nostri cari; quanti sacrifici e an-gherie hanno dovuto

    sopportare per consentire alle loro famiglie una vita più dignitosa. Dovremmo essere dunque più accoglienti, più benevoli verso coloro che ora sono costretti a lasciare le

    loro famiglie e venire a lavorare in Italia proprio per lo stesso motivo che ha spinto i nostri nonni. Rispettiamoli dunque anche in memoria dei nostri cari. Vorremmo continuare questa rubrica anche nei futuri numeri del nostro giornale quindi se volete fateci avere le foto dei vostri cari du-rante il periodo vissuto all’estero. Saremo ben lieti di pubblicarle insieme ad eventuali storie da loro raccontate attorno “o vrasceri” al loro ritorno a Stefanaconi.

    N el 2006 sono nati a Stefanaconi 19 piccoli com-paesani : 9 maschi e 10 femmine; benvenuti ed auguri! Sono morte 15 persone: 11 maschi e 4 femmi-ne (di cui una neonata). Nella tabella a lato riportiamo l’anno di nascita il numero e il sesso dei morti nel 200-6. La nonna di Stefanaconi è sempre Maria Piperno che ha 101 anni e mezzo. Tra gli uomini il più anziano ha 93 anni. Il totale dei residenti è di 2.431 di cui 1.192 maschi e 1.239 femmine. I cittadini non residen-ti sono 1.129 di cui 594 maschi e 535 femmine. I cittadini che abitano a Ste-fanaconi sono dunque 1.786 maschi e 1.774 femmine per un totale di 3.560 persone. Sono iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) 446 maschi e 434 femmine per un totale di 880 persone. La tabella più a destra divide per fasce d’età la popolazione attualmente residente a Stefanaconi.

    Nascita N. morti

    sesso

    1916 1 F

    1922 2 M

    1923 2 M

    1925 1 M

    1927 1 M

    1930 1 M

    1930 1 F

    1935 2 M

    1937 1 M

    1941 1 F

    1944 1 M

    2006 1 F

    Età Maschi Femmine Totali

    0 - 9 110 114 224

    10 - 19 164 163 327

    20 - 29 203 206 409

    30 - 39 168 172 340

    40 - 49 173 179 352

    50 - 59 165 144 309

    60 - 69 94 99 193

    70 - 79 79 104 183

    80 - 89 33 47 80

    90 - 99 3 10 13

    100 e più - 1 1

    Totali 1.192 1.239 2.431

    Uscita A3 Vibo Valentia Zona industriale

    89843 - Maierato (VV) Tel. e Fax 0963253564

    Popolazione di Stefanaconi a fine 2006

    di Giovanni Battista Bartalotta

  • P a g i n a 1 8 I l C a m p a n i l e

    Stefanaconi Calcio a Cinque ovvero

    la costruzione di un bene comune di Stefano Mandarano

    L ’idea di una realtà sportiva concreta ha da sempre attraversato ciclicamente la storia del nostro pae-se. Questo probabilmente in virtù della forza con cui lo sport sa appassionare gli animi ed anche forse per il biso-gno di dare for-ma ad un’identità collettiva magari a volte incerta o priva di riferi-menti. Alcune significative e-sperienze sporti-ve si sono fissate nella memoria dei più per le emozioni che hanno saputo regalare, dimo-strando che que-sta comunità, con la sua partecipa-zione, ha sempre avuto un forte desiderio di una realtà aggregante che, grazie allo sport, la faccia incontrare.

    L’ultima dimostrazione in questo senso è l’esperienza collettiva che il paese sta vivendo in questi giorni, quando, lo spettacolo dei numerosissimi