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1 Alma Mater Studiorum Università di Bologna DOTTORATO DI RICERCA IN DIRITTO TRIBUTARIO EUROPEO Ciclo XXIX Settore Concorsuale di afferenza: 12/D2 DIRITTO TRIBUTARIO Settore Scientifico disciplinare: IUS 12/DIRITTO TRIBUTARIO TITOLO TESI LO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI AMBITO COMUNITARIO E INTERNAZIONALE A CONFRONTO MARIA LUISA GUERMANI Presentata da: ___________________________________________ Coordinatore Dottorato Relatore PROF. A. MONDINI PROF. A. DI PIETRO Esame finale anno 2017

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Alma Mater Studiorum – Università di Bologna

DOTTORATO DI RICERCA IN

DIRITTO TRIBUTARIO EUROPEO

Ciclo XXIX

Settore Concorsuale di afferenza: 12/D2 DIRITTO TRIBUTARIO

Settore Scientifico disciplinare: IUS 12/DIRITTO TRIBUTARIO

TITOLO TESI

LO SCAMBIO AUTOMATICO DI INFORMAZIONI

AMBITO COMUNITARIO E INTERNAZIONALE A CONFRONTO

MARIA LUISA GUERMANI

Presentata da: ___________________________________________

Coordinatore Dottorato Relatore

PROF. A. MONDINI PROF. A. DI PIETRO

Esame finale anno 2017

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Lo scambio automatico di informazioni – ambito comunitario e internazionale a confronto

Sommario Capitolo 1 Lo scambio automatico di informazioni come nuovo standard ...................................................... 5

1.1. Introduzione ........................................................................................................................................... 5

1.2. La nascita dello “Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information” ....................... 10

1.3. Lo scambio automatico come nuovo standard: quali implicazioni? ......................................................... 12

1.4. Modelli di comunicazione: ....................................................................................................................... 16

1.4.1. Il Common Reporting Standard ..................................................................................................... 16

1.4.2. Il formulario europeo ..................................................................................................................... 17

1.4.3. Il modello internazionale: lo standard transmission format........................................................... 19

1.5. Il contenuto dell’informazione ................................................................................................................. 22

1.6. La qualificazione dei redditi nello scambio di informazioni .................................................................... 27

Capitolo 2 Lo scambio automatico di informazioni nell’Unione Europea ...................................................... 33

2.1. Le fonti: ambito comunitario .................................................................................................................... 33

2.1.2. Il principio di autonomia procedurale............................................................................................ 39

2.1.3. Il principio di leale collaborazione ................................................................................................ 42

2.2. La Direttiva Risparmio ............................................................................................................................. 44

2.3. Le Direttive comunitarie in materia di assistenza amministrativa ............................................................ 48

2.3.1. Lo scambio automatico di tax rulings e le altre Direttive Comunitarie ......................................... 59

2.3.2 I Joint Audits: tra scambio di informazioni e poteri ispettivi transfrontalieri? ............................... 63

2.4. Lo scambio automatico e i paesi terzi ...................................................................................................... 67

Capitolo 3. Lo scambio automatico in ambito internazionale ......................................................................... 73

3.1. La nascita della cooperazione amministrativa: cenni storici .................................................................... 73

3.2. Le fonti dello scambio di informazioni in ambito internazionale ............................................................. 76

3.2.1. Il Modello di Convenzione OCSE ................................................................................................. 77

3.2.2. La convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa ........................................... 89

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3.2.3. La normativa FATCA .................................................................................................................... 92

Capitolo 4 I Rapporti tra le fonti ..................................................................................................................... 99

4.1 Raffronto tra le finalità dello scambio di informazioni comunitario e quello internazionale ................... 99

4.2 I rapporti tra le fonti ................................................................................................................................ 101

4.3. La gerarchia delle fonti nello scambio di informazioni .......................................................................... 108

4.4 Scambio di informazioni amministrativo e ambito penale ...................................................................... 110

4.4.1 Utilizzabilità dei dati oggetto di scambio amministrativo ai fini penali ....................................... 110

4.4.2 Ammissibilità delle evidenze provenienti da procedimenti penali ............................................... 112

Capitolo 5 La tutela del contribuente ............................................................................................................ 113

5.1. Introduzione ............................................................................................................................................ 113

5.2. I diritti di difesa nello scambio di informazioni: il diritto al contraddittorio .......................................... 116

5.2.1. Il principio del contraddittorio: la “lesività” dell’atto ................................................................. 119

5.2.2. Autonomia procedurale: problemi in merito ad una tutela effettiva ............................................ 125

5.3. Caratteristiche del contraddittorio: la manifestazione “utile” del punto di vista del contribuente ......... 131

5.3.1 Un congruo termine temporale ..................................................................................................... 132

5.3.2. Il diritto di difesa alla luce del principio di buona amministrazione ........................................... 133

5.4. Effetti nell’ordinamento italiano delle sentenze della Corte di Giustizia ............................................... 136

5.5. Il diritto di accesso al fascicolo .............................................................................................................. 140

5.6. Il valore probatorio dei dati trasmessi dallo Stato richiesto ................................................................... 142

5.6.1. L’utilizzo delle informazioni acquisite “irritualmente” ............................................................... 146

5.7. L’orientamento internazionale sull’implementazione dei diritti di partecipazione ................................ 155

5.8. La compatibilita delle regole di data protection e privacy con la Direttiva 2014/107/EU; l’impatto delle

sentenze Digital Rights Ireland e Schrems sullo scambio automatico di informazioni finanziarie ............... 159

5.8.1 Diritto di notificazione.................................................................................................................. 163

5.8.2. Il principio di proporzionalità nella conservazione dei dati ........................................................ 168

5.8.3. Trasferimento delle informazioni personali dall’Unione europea a Paesi terzi ........................... 171

5.8.4 Data protection nello scambio di tax ruling: la segretezza rivolta agli organi dell’Unione.......... 175

Conclusioni .................................................................................................................................................... 176

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Bibliografia .................................................................................................................................................... 179

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Capitolo 1 Lo scambio automatico di informazioni come nuovo

standard

1.1. Introduzione Lo scambio automatico consiste nella trasmissione sistematica e periodica, senza preventiva

richiesta, dallo Stato della fonte del reddito allo Stato di residenza di un insieme di

informazioni preventivamente determinate. Lo scambio automatico può concernere una o

più categorie reddituali che sono trasmesse in base a un precedente accordo-quadro tra gli

Stati contraenti, che ne determinano le procedure e le modalità di attuazione come pure ne

concordano le categorie reddituali oggetto di cooperazione1.

Pur sussistendo sia a livello internazionale2 che comunitario

3 da diverso tempo, è solo

ultimamente che tale strumento di cooperazione ha assunto una sempre maggiore rilevanza

sino a divenire nel presente uno dei punti centrali per la soluzione dei fenomeni patologici

che si manifestano nella fiscalità internazionale4. Se in passato lo scambio di informazioni

1 Sull’argomento, tra i molti: P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie, in Corso di

diritto tributario internazionale, Padova, 2 edizione, 2002, p. 891; F. ARDITO, La cooperazione internazionale in

materia tributaria, 2007, CEDAM , Padova, p. 112; M. BARASSI, Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni

finanziarie, in Materiali di diritto tributario internazionale, Milano, 2002, pp. 360 e ss; M. BARASSI, Cooperazione tra

amministrazioni fiscali, in Dizionario dir. pubbl., a cura di S. CASSESE, Milano, p. 1525 ss;. S. DORIGO, La

Cooperazione fiscale internazionale, in Principi di diritto tributario europeo e internazionale, a cura di C. Sacchetto,

Torino, 2011, pp. 206-225; G. MARINO, Indagini tributarie e cooperazione internazionale, in Corr. Trib. n. 44, 2009,

pp. 3600-3607; C.H.J.I. PANAYI, Current trends on Automatic Exchange of Information, School of Accountancy

Research Paper series, Vol. 4, n. 2, (2016); F. PERSANO, La Cooperazione internazionale nello scambio di informazioni,

Giappichelli ed., Torino, 2006, pp.62-66; R. SEER, Recent Development in Exchange of Information within the EU for

Tax Matters, in EC Tax Review, vol 22, 2013, pp. 66-77; R. SEER, I. GABERT, European and International Tax

Cooperation: Legal Basis, Burden of Proof, Legal Protection and Requirements, in Bulletin for International Taxation,

2011, p. 97; F. VANISTENDAEL, EU Tax Agenda:Exchange of Information, Transparency and Abuse, 12 gennaio 2015,

Tax Notes International, vol. 163; A. WISSENLIK, International exchange of tax information between European and

other countries, in EC Tax Review, 1997, n. 2.

2 La versione del 1977 del Commentario OCSE all’art. 26 del Modello di Convenzione contro la doppia imposizione,

par. 9, lett. b), prevedeva già lo scambio automatico tra le forme di cooperazione.

3 Direttiva del Consiglio del 19 dicembre 1977 n. 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità

competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette, art. 3, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle

Comunità europee n. L. 336 del 27 dicembre 1977, pp. 0015-0020.

4 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra le amministrazione finanziarie, in Dir. Prat. Trib., 2008, n. 4, p. 705; P.

BAKER, Automatic Exchange of information - the arrival of a new International norm of taxation, in British Tax

Review, 2013, pp. 371 e ss; L.U. CAVELTI, Automatic Information Exchange versus the Withholding Tax Regime:

Globalization and Increasing Sovereignty Conflicts in International Taxation, in World Tax Journal, 2013, pp. 172 e ss.

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su richiesta era lo strumento più diffuso e il meccanismo ritenuto sufficiente a garantire un

certo livello di trasparenza internazionale in materia fiscale, la peculiarità dei fenomeni di

elusione ed evasione fiscale realizzabili in un contesto economico sempre più globalizzato e

digitalizzato ha evidenziato la necessità di individuare strumenti innovativi nell’attività di

contrasto all’evasione fiscale5. Si è passati da una fase difensiva di puro contrasto

all’evasione fiscale ad una fase propositiva, caratterizzata anche dal condizionamento dei

rapporti con le giurisdizioni caratterizzate da uno scarso atteggiamento collaborativo6,

utilizzate spesso come destinazione per ubicare la ricchezza prodotta altrove. La crisi

economica e l’avvento della globalizzazione hanno creato un acceso dibattito a livello

internazionale, che ha sottolineato la centralità del ruolo della cooperazione amministrativa

e al tempo stesso ha introdotto una nuova accezione della nozione di paradiso fiscale che

non è più solo associata al parametro sostanziale di differenza di pressione fiscale tra due

giurisdizioni ma anche al diverso criterio della disponibilità o meno a fornire lo scambio di

informazioni agli Stati richiedenti7. Una serie di interventi di diritto positivo provenienti

dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (di seguito “OCSE”)8,

5 In ambito comunitario: Commissione Europea, COM(2012) del 27 giugno 2012, 351 finale, Comunicazione al

Parlamento Europeo e al Consiglio su modalità concrete di rafforzamento della lotta alla frode fiscale e all’evasione

fiscale anche in relazione ai Paesi terzi. Tra le azioni proposte da parte della Commissione si ricorda il potenziamento

dello scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale quale norma europea e internazionale di

trasparenza e di contrasto alla frode e all’evasione fiscale. Tale finalità è stata ripresa anche nel preambolo punti da 1) a

8) della Direttiva 2014/107/UE del Consiglio del 9 dicembre 2014 recante modifica della direttiva 2011/16/UE del

Consiglio. In ambito internazionale: OCSE, Recommendation on the use of the OECD Model Memorandum of

Understanding on Automatic Exchange of Information for Tax Purpose, C(2001)28/FINAL del 21 ottobre 2002; OCSE,

A step Change in Tax Transparency: Report to the G8 Summit, Lough Erne, giugno 2013.

6 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra le amministrazione finanziarie, in Dir. Prat. trib., cit., p. 706.

7 Su questo punto si veda G. MARINO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realtà, in Rass.

Trib., 2010, pp. 433 e ss.

8 A livello internazionale, il rafforzamento e lo sviluppo delle procedure di cooperazione amministrativa tra gli Stati è

stato guidato dall’OCSE. Il punto di partenza è stato il Rapporto OCSE sulla competizione fiscale dannosa: Harmful

Tax Competition: an Emerging Global Issue del 20 gennaio 1998, disponibile al link

https://www.oecd.org/tax/transparency/44430243.pdf, ultimo accesso 17 febbraio 2017, che ha evidenziato

l’importanza dello scambio di informazioni per arginare la diffusione delle pratiche dannose di competizione fiscale. In

tale rapporto l’OCSE evidenzia i criteri con i quali un Paese è contraddistinto come un paradiso fiscale: i) l’assenza o la

quasi irrilevanza di imposizione fiscale e ii) la mancanza di un effettivo scambio di informazioni o di trasparenza

dell’applicazione delle norme fiscali. A seguito dell’opposizione degli Stati Uniti che considerarono inaccettabile il solo

criterio del livello di tassazione, nel 2001 si giunse ad una nuova versione del concetto di paradiso fiscale. In

particolare, l’OCSE basò la propria qualificazione esclusivamente sul grado di cooperazione dello Stato nei confronti

delle Amministrazioni degli altri Stati e sul grado di trasparenza del proprio regime fiscale. Il risultato fu di ottenere

l’impegno dalla maggior parte dei Paesi di assicurare un effettivo scambio di informazioni. In questa prospettiva, lo

scambio di informazioni assunse un’importanza centrale in quanto l’adozione di adeguate misure che lo consentissero

determinò il criterio per distinguere tra Stati qualificabili come paradisi fiscali e Stati non qualificabili come tali”. Per

un approfondimento in materia: F. PITRONE, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di

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dall’Unione europea9 e dal Consiglio d’Europa

10 ha posto in luce una mutata posizione della

comunità internazionale volta a creare politiche di “isolamento”11

nei confronti di quei Paesi

che non consentono un adeguato scambio di informazioni attuando una vera e propria

inversione di tendenza in quanto “cooperation between tax administrations is now becoming

the rule, the threshold of tolerance for tax evasion has dropped to zero. And in the context

of the current crisis, governments need tax revenue and citizens’ need to be reassured that

the tax burden is being fairly shared”12

.

Lo scambio automatico di informazioni è stato visto come l’unico mezzo che potesse

rafforzare efficacemente l’azione contro l’evasione e la frode fiscale internazionale e le

organizzazioni internazionali (OCSE, G20, G8) hanno promosso con decisione il principio

dello scambio automatico di informazioni quale nuovo standard a livello globale13

. La sua

forza consiste nel consentire all’autorità fiscale di un Paese in cui risiede un contribuente di

verificare che lo stesso abbia correttamente dichiarato e sottoposto a tassazione un reddito di

fonte estera14

. Inoltre, le informazioni inerenti l’acquisizione di cespiti o altri investimenti

cooperazione amministrativa: innovazioni e profili critici”, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, pp.

463-489.

9 Il Parlamento europeo con la Risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla promozione della buona governance in materia

fiscale (2009/2174(INI)), Gazzetta Ufficiale C341 E/29, 16 dicembre 2010 ha evidenziato che una buona governance

nel settore fiscale implica necessariamente trasparenza, scambio di informazioni e concorrenza fiscale leale.

10 Convenzione OCSE-Consiglio d’Europa sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale, modificata dal

Protocollo entrato in vigore il 1 giugno 2011 in linea con la normativa degli standard internazionali in materia di

trasparenza e scambio di informazioni.

11 A seguito dell’impulso del G20, l’OCSE redasse liste di Paesi sulla base del maggiore o minore grado di trasparenza

e collaborazione con le Amministrazioni fiscali straniere. A tal proposito vennero approvate tre distinte liste: a) la black

list, contenente gli Stati che non intendevano adeguarsi allo standard di collaborazione in ambito tributario; la grey list,

contenente gli Stati che si erano meramente impegnati ad adottare tale standard e, infine, la white list, contenente gli

Stati che si erano impegnati ad adottare tale standard ed avevano stipulato almeno 12 accordi internazionali (i.e.

convenzioni contro le doppie imposizioni contenente una clausola modellata sull’art. 26 del Modello OCSE o che

prevedessero lo scambio di informazioni).

12 J. OWENS, Moving Towards Better Transparency and Exchange of Information on Tax Matters, in Bulletin for

International Taxation, vol. 63, n.11/2009, pag. 557.

13 G20, Communiqué, Meeting of Finance Ministers and Central Bank Governors, Moscow, 19-20 Luglio 2013, p. 19,

http://www.g20australia.org/sites/default/files/g20_resources/library/Final_Communique_FM_July_ENG.pdf ultimo

accesso 16 novembre 2016 dove è indicato: “We are committed to automatic exchange of information as the new global

standard and we fully support the OECD work with G20 countries aimed at setting such a new single global standard

for automatic exchange of information”.

14 Tale strumento di cooperazione verrà utilizzato per tutti i Paesi in cui è in vigore un sistema di tassazione personale

su base mondiale c.d. worldwide income taxation principle come osservato da: C.H.J.I. PANAYI, Current trends on

Automatic Exchange of Information, School of Accountancy Research Paper series, Vol. 4, n. 2, (2016).

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possono essere utilizzate per valutare il patrimonio di un individuo e ricostruire la capienza

del reddito dichiarato con le transazioni effettuate. In questo senso, lo scambio automatico è

uno strumento che induce i contribuenti a rispettare le disposizioni di carattere fiscale e che

contribuisce conseguentemente ad una maggiore equità15

. Un altro pregio dello scambio

automatico è che lo stesso assicura il verificarsi del principio di neutralità fiscale, in

particolare della c.d. Capital Export Neutrality, in quanto consente che i redditi di fonte

domestica e quelli di fonte estera di pertinenza di un soggetto siano tassati nel paese di

residenza, eliminando la possibilità di operazioni di riallocazione delle risorse16

.

Il successo crescente dello scambio automatico è dovuto al fatto di essere uno strumento

efficace nell’identificare ed, eventualmente, creare deterrenza nei confronti di situazioni di

evasione transnazionale in quanto consente di individuare casi di non compliance anche in

assenza di altri elementi17

. Si pensi, ad esempio, ad un contribuente che non ha sottoposto a

tassazione redditi di fonte estera o che ha occultato fuori dai confini del proprio paese di

residenza cespiti o altri redditi. Qualora questi non ponga in essere azioni rilevatrici di

attività economico-finanziarie, quali ad esempio acquisti immobiliari o altri investimenti di

ingente valore, sarà difficilmente oggetto di una verifica fiscale. Con lo scambio automatico

si attua quella che è stata definita un’attività di “mass compliance”18

. L’importanza dello

scambio automatico deve anche, quindi, essere vista in funzione di un cambiamento radicale

nel modo di concepire le attività di contrasto all’evasione fiscale che vertono su

un’evoluzione del rapporto Fisco-contribuente e sulla potenziale collaborazione di

quest’ultimo19

. Attraverso una sorta di moral suasion, il contribuente è indotto a

15 OCSE, Automatic Exchange of Information, What it is, how it works, benefits, what remains to be done, 2012, p. 19.

16 Il principio di neutralità fiscale implica che le norme tributarie sono neutrali in quanto non influenzano le scelte di

localizzazione dei fattori produttivi nel mercato. Con il termine di neutralità all’esportazione (Capital Export Neutrality

o “CEN”) si identificano quelle disposizioni finalizzate a non influenzare il contribuente nell’allocazione dei propri

investimenti in quanto si applica la stessa imposta globale sui redditi che derivano sia da un investimento estero sia da

un investimento interno. Si contrappone alla CEN la neutralità all’importazione, c.d. “CIN”, in base alla quale,

all’interno di ogni paese, il rendimento dopo le imposte è lo stesso qualunque sia la nazionalità dell’investitore. La

distinzione è operata da R. A. MUSGRAVE, Criteria for Foreign Tax Credit, in Taxation and Operations Abroad, in Tax

Institute Series on the Impact of Taxation on Management Responsibility, Princeton, NY, 1960, p. 83.

17 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, punto n. 62.

18 N. DIEPVENS, F. DEBELVA, The Evolution of the Exchange of Information in Direct Tax Matters: the Taxpayer’s

Rights under Pressure, in EC Tax Review, n. 4, 2015, p.215. Similarmente, parla di “disclosure sistematica”: R.

RIZZARDI, Lo scambio di informazioni fiscali in ambito internazionale, in Corr. Trib., 2015, n. 27, pp.2086.

19 A tal proposito, nel preambolo della Direttiva n. 16/2011/UE, punti n. 2 e 3, il Consiglio ha evidenziato come la

messa a punto di una “nuova cooperazione amministrativa”, mediante adozione di un “approccio totalmente nuovo” sia

indispensabile per ovviare agli effetti negativi sul mercato interno di una globalizzazione in continua espansione. In

precedenza, in dottrina, J. OWENS, Tax Administration in the New Millenium, in Intertax, vol 30, n. 4, pp. 125-130,

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regolarizzare la propria posizione fiscale in un momento antecedente all’inizio di una

verifica fiscale. E’ stato, infatti, affermato che lo scambio automatico contribuisce a ridurre

rischi astratti di evasione, in contrapposizione con lo scambio su richiesta o spontaneo che,

essendo basati su casi specifici, mirano a ridurre rischi concreti di evasione20

. L’OCSE, in

un suo rapporto21

, mette in luce che, in ambito comunitario, prima dell’entrata in vigore

della direttiva risparmio, oltre il 75% dei contribuenti non aveva adempiuto ai propri

obblighi dichiarativi. Per Norvegia e Danimarca, fu calcolato che, nel 2009, anteriormente

all’introduzione dello scambio automatico, oltre il 38% di redditi di provenienza estera non

erano stati dichiarati. Analogamente, il successo delle operazioni di voluntary disclosure

entrate in vigore poco prima della realizzazione della trasmissione automatica dei flussi

informativi in Europa, è stato determinato dal fatto di rappresentare l’ultima possibilità di

regolarizzazione delle proprie attività estere evitando sanzioni più severe e garantendo

l’immunità per l’eventuale irrogazione di sanzioni di natura penale. Scopo del presente

lavoro è indicare il percorso dello scambio automatico di informazioni coniugato negli

aspetti comunitari e internazionali e di come i due canali si possano sovrapporre e dove

invece ancora i due ambiti non sono conciliabili. Per questo motivo e per necessità di

focalizzare e limitare l’analisi non verrà trattato lo scambio automatico di informazioni in

materia di Imposta sul Valore Aggiunto, già disciplinato da specifici strumenti normativi22

.

aveva prefigurato un cambiamento, nella medesima direzione, nel ruolo delle Amministrazioni finanziarie volto a

incoraggiare la compliance dei cittadini.

20 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, condotto da: R. SEER, Overview of Legislation

Practises Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 6.4; R.

SEER, I. GABERT, European and International Tax Cooperation: Legal Basis, Burden of Proof, Legal Protection and

Requirements, in Bulletin for International Taxation, 2011, p. 97.

21 Fonte: OCSE, Automatic Exchange of Information, What it is, how it works, benefits, what remains to be done, 2012,

punto VI. In tale report, l’OCSE rileva che 38 Paesi hanno ricevuto informazioni scambiate in maniera automatica e 33

di questi sono attivi nell’invio di tali dati. La Danimarca è apparsa essere lo Stato più attivo inviando automaticamente

informazioni a più di 70 Paesi.

22 L’originaria disciplina contenuta nel Regolamento CE n. 218/1992, successivamente sostituito dal Regolamento CE

n. 1798/2003 è confluita in maniera unitaria nel Regolamento UE n. 904/2010 del 7 ottobre 2010, relativo alla

cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d’imposta sul valore aggiunto nonché nel

Regolamento di esecuzione del 31 gennaio 2012, n. 79 della Commissione che stabilisce le modalità di applicazione di

alcune disposizioni del Regolamento 904/2010. L’uso dello strumento regolamentare recante una disciplina

direttamente applicabile in tutti gli Stati membri rispecchia l’armonizzazione della normativa sostanziale sull’imposta

sul valore aggiunto. Il regolamento definisce norme e procedure che consentono alle autorità competenti di collaborare

e scambiare tra loro ogni informazione nell’ottica di verificare la corretta applicazione dell’IVA. Le informazioni sono

confluite in un sistema di archiviazione elettronica denominato “VIES”, VAT Information Exchange System, di dati

relativi ai soggetti ai quali è stato rilasciato un numero di identificazione IVA che consente una la consultazione dalle

amministrazioni degli Stati membri in maniera rapida e permette di realizzare lo scambio automatico.

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1.2. La nascita dello “Standard for Automatic Exchange of Financial

Account Information” Nonostante lo scambio automatico di informazioni fosse già stato previsto ed utilizzato

all’interno dell’Unione europea e in ambito internazionale, è solo negli ultimi anni che, con

straordinaria celerità, lo stesso si è imposto come nuovo “standard”. L’OCSE aveva

sviluppato strumenti a beneficio degli Stati volti a rafforzare la cooperazione in materia

fiscale e ampliare l’ambito operativo dello scambio di informazioni. Tra questi, si ricorda la

Multilateral Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters o

Convenzione Europea sulla Mutua Assistenza Amministrativa in Materia Tributaria (di

seguito “MAAT”) elaborata nel 1988 e modificata nel 201023

e l’art. 26 del Modello di

Convenzione OCSE contro la doppia imposizione. In ambito europeo, tale strumento era

previsto dalla Direttiva del Consiglio n. 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza

amministrativa fra le autorità degli Stati membri e, successivamente, anche dalla Direttiva

2003/48/CE c.d. “direttiva risparmio”24

. Tale metodologia, tuttavia, non era stata usata

estensivamente e la sua diffusione era stata limitata trattandosi di un meccanismo oneroso e

complesso che comporta, per lo meno nella fase dell’implementazione e del rodaggio della

procedura, la presenza di risorse amministrative, organizzative, informatiche adeguate a

garantire il funzionamento dello stesso in modo sistematico, massivo e a scadenze

predeterminate25

. Con la progressiva evoluzione in senso globale dell’economia,

caratterizzata da una considerevole mobilità dei fattori della produzione e da una accentuata

delocalizzazione di attività produttive ed interessi economici, anche in territori connotati da

legislazioni fiscali di favore o caratterizzati da assenza di scambio di informazioni, ogni

singolo ordinamento ha sentito la necessità di monitorare tale complesso fenomeno al fine

di consentire un corretto accertamento dell’entità delle imposte. A tal fine, con il Summit

del G20, tenutosi a Londra il 2 aprile 2009, la comunità internazionale ha convenuto di

rafforzare l’efficienza e l’efficacia dello scambio di informazioni considerando la

cooperazione internazionale in ambito tributario come la regola e non più come

23 Il protocollo di modifica è stato aperto alla firma il 27 maggio 2010 a Parigi. La nuova versione della Convenzione di

Strasburgo autorizza forme più avanzate ed intense di scambio di informazioni quali le verifiche simultanee e la

partecipazioni di funzionari dell’amministrazione fiscale di uno Stato allo svolgimento di verifiche nel territorio di un

altro Stato.

24 Direttiva 2003/48/EC del Consiglio, del 3 giugno 2003, in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma

di pagamenti di interessi pubblicata nella G.U. U.E. L. 157/38 del 26 giugno 2003.

25 P. MASTELLONE “L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

mutua assistenza amministrativa tra autorità fiscali”, Riv. Dir. Trib. n. 1, 2014, pp. 352; S. DORIGO, La Cooperazione

fiscale internazionale, in Principi di diritto tributario europeo e internazionale, a cura di C. SACCHETTO, Torino, 2011,

p. 210, parla dello scambio automatico come di una pratica “recessiva” a causa proprio della complessità concreta di

realizzare tale forma di condivisione.

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l’eccezione26

. Nella stessa occasione il G20 ha proclamato la fine del segreto bancario in

quanto principale ostacolo allo scambio di informazioni. Il 13 aprile 2013, i leader mondiali

e i governatori delle banche centrali supportarono lo scambio automatico di informazioni, in

sostituzione dello scambio su richiesta, come il nuovo strumento cardine per la

cooperazione tra amministrazioni fiscali incaricando l’OCSE ad elaborare uno standard in

materia di obblighi dichiarativi unico per tutti gli Stati aderenti27

. In data 13 febbraio 2014,

l’OCSE, rispondendo al mandato conferitole ha presentato un documento contenente

l’elaborazione di uno Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information

(di seguito “Standard”) per lo scambio automatico di informazioni di carattere finanziario

tra autorità fiscali di tutto il mondo. Il modello è stato approvato dai ministri delle finanze e

dei governatori delle banche centrali del G20 il 23 febbraio 2014 e da allora oltre 100 Paesi

hanno ad oggi assunto ufficialmente l’impegno di introdurre i nuovi standard OCSE in

materia di scambio automatico di informazioni28

. Il documento è suddiviso in due parti: il

Common Reporting and Due Diligence Standard (c.d. “CRS”) il quale contiene disposizioni

in materia di due diligence e di reporting; e il Model Competent Authority Agreement o

“Modello di accordo tra le autorità competenti”, (c.d. “CAA”) che rappresenta un modello

per gli Stati redatto in forma di accordo bilaterale, contenente le regole dettagliate sullo

scambio di informazioni. Il CAA permette l’attuazione della condivisione delle

informazioni tra giurisdizioni diverse fungendo da collegamento tra il CRS e il contesto

giuridico in vigore, che può essere caratterizzato dalla presenza di una convenzione

multilaterale o di un trattato bilaterale29

. In altre parole, il Paese che intenda adottare il CRS

26 La dichiarazione finale dei Leader del G20 sulla della riunione The Global Plan for Recovery and Reform tenutasi a

Londra nell’aprile 2009 recita: “We agree (…) to take action against non-cooperative jurisdictions, including tax

havens. We stand ready to deploy sanctions to protect our public finances and financial systems. The era of banking

secrecy is over. We note that the OECD has today published a list of countries assessed by the Global Forum against

the International standard for Exchange of tax information”, “Decidiamo di agire contro le giurisdizioni non

collaborative inclusi I paradisi fiscali. Siamo pronti a comminare sanzioni al fine di proteggere le nostre finanze

pubbliche e i sistemi finanziari. L’era del segreto bancario è finita” (traduzione libera), disponibile al link

http://g20.org.tr/wp-content/uploads/2014/12/London_Declaration.pdf ultimo accesso 20 novembre 2016. In dottrina:

M. VASCEGA, S. VAN THIEL, “Assessment of taxes in cross border situations: the new EU Directive on Administrative

Cooperation in the field of taxation”, in EC Tax Review, 2011, 3, p. 150.

27 Rapporto OCSE discusso dal Segretariato Generale OCSE ai Ministri delle Finanze dei Paesi G20 e Governatori

Banche Centrali del 19-20 luglio 2013 a Mosca, reperibile all’indirizzo: http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-

information/OECD-tax-report-G20.pdf ultimo accesso 16 novembre 2016.

28 L’elenco dei Paesi aderenti è disponibile sul sito dell’OCSE al seguente link: https://www.oecd.org/tax/automatic-

exchange/crs-implementation-and-assistance/crs-by-jurisdiction/ ultimo accesso 20 novembre 2016. In tale elenco si

registra l’assenza degli Stati Uniti, che, tuttavia aderiscono già allo scambio automatico attraverso la disciplina FATCA

e in forza degli accordi intergovernativi sottoscritti con le altre giurisdizioni.

29 L’effettiva operatività dello scambio di informazioni tra due Stati è generalmente subordinata al deposito di una

notifica presso il Segretariato dell’Organo di Coordinamento, ai sensi di quanto stabilito nella sezione 7 dello stesso

accordo. Solo dopo che entrambi gli Stati contraenti hanno notificato di voler procedere con lo scambio di informazioni,

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dovrà firmare il CAA specificando lo schema giuridico prescelto per lo scambio di

informazioni. I Paesi che vogliano avvalersi della Convenzione Multilaterale quale

strumento giuridico di riferimento, introdurranno il CRS siglando il c.d. Multilateral

Competent Authority Agreement (MCAA). Tale documento rappresenta un modello al

quale potranno conformarsi gli Stati aderenti ed è generalmente basato sulla reciprocità, pur

potendo essere adottato anche in relazione a scambi non reciproci, qualora, ad esempio, un

Paese desideri concludere l’accordo ma non imponga imposte sul reddito30

. Con l’adesione

del Kuwait nell’agosto 2016, il numero complessivo dei Paesi, tra i quali figura anche

l’Italia, che hanno sottoscritto il MCAA è pari a 84. Il CRS si basa sullo scambio

automatico di informazioni e distingue al suo interno tre tipi di procedure di analisi

differenziate a seconda che si tratti di: i) conti finanziari di persone fisiche e società; ii)

conti preesistenti; iii) conti di basso e alto valore. Dato che il principale obiettivo del CRS è

proprio quello di evitare la proliferazione di differenti meccanismi che avrebbero

incrementato i costi per sia le amministrazioni che le istituzioni finanziarie31

, lo stesso si

fonda sostanzialmente sul FATCA, e più precisamente, sul modello intragovernativo32

.

1.3. Lo scambio automatico come nuovo standard: quali implicazioni? Che cosa si intende, dunque, per “Standard”? La definizione di “Standard” è relativa al

concetto di un modello di comunicazione che deve essere i) utilizzato diffusamente a livello

globale; ii) di facile ricezione e comprensibilità dei dati anche in un’ottica di contrazione dei

costi e dei carichi amministrativi33

. Standardizzare il modello significa, quindi, fare in modo

che lo stesso possa essere adottato e compreso da tutti. I vantaggi, infatti, dello scambio

automatico sono raggiunti solo se il sistema è capillare e il maggior numero di Paesi è

tale accordo entra in vigore. Con la notifica, infatti, gli Stati dichiarano di aver introdotto la necessaria normativa

interna di recepimento dello standard, scelgono se intendono attuare uno scambio di informazioni reciproco o no,

specificano le modalità tecniche di ricezione.

30 E. TRAVERSA, F. CANNAS, Exchange of Information (art. 26 OECD Model Convention) in The OECD Model

Convention and Its Update 2014, a cura di M. Lang, P. Pistone, A. Rust, j. Schuch, C. Staringer, A. Storck, 2014, IBFD,

Linde, p. 168.

31 OCSE, Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information: Common Reporting Standard, punto 6,

p. 11, Parigi, 2014, ove viene delineato il fine del CRS che è quello di “a proliferation of different and inconsistent

models wouldpotentially impose significant costs on both governments and business to collect the necessary

information and operate the different models”. Il documento è consultabile al link https://www.oecd.org/ctp/exchange-

of-tax-information/automatic-exchange-financial-account-information-common-reporting-standard.pdf ultimo accesso

20 novembre 2016.

32 Maggiori dettagli del CRS sono forniti infra nell’ambito della descrizione della disciplina FATCA, par. 3.2.3.

33 In questo senso, OCSE, Standard for Automatic Exchange of Financial Account Information in Tax Matters, cit,

2014, punto 6, p. 11.

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coinvolto34

. Già nel 1981, l’OCSE raccomandò la necessità di utilizzare un formato standard

per l’invio delle informazioni al fine di non pregiudicare l’effettività dello scambio, ad

esempio, con problematiche inerenti ostacoli linguistici35

. Utilizzare dei moduli o un format

predeterminato per l’invio delle informazioni non solo supera le difficoltà linguistiche, ma

consente di aumentare la certezza nelle relazioni internazionali trasmettendo

un’informazione di immediata comprensibilità. Per tale motivo, sia a livello comunitario

che internazionale, lo scambio automatico di informazioni è concepito mediante una

struttura precostituita che viene inviata in formato digitale in modo tale che i dati possano

essere facilmente immessi nel database fiscale dello Stato destinatario e così abbinati alle

informazioni contenute nelle dichiarazioni fiscali dei contribuenti36

. In base all’art. 3, punto

9 della direttiva 2011/16/UE37

, così come modificata dalla Direttiva 2014/107/UE38

, per

“scambio automatico” si intende la “comunicazione sistematica di informazioni

predeterminate su residenti in altri Stati membri al pertinente Stato membro di residenza,

senza richiesta preventiva, a intervalli regolari prestabiliti”.

La definizione fornita in ambito internazionale, nel commentario OCSE all’art. 26 del 2012

non si discosta in maniera significativa in quanto prevede al par. 9, lett. b) che si è in

presenza di uno scambio automatico quando le informazioni relative ad una o più categorie

reddituale sono originate in uno Stato contraente e sono trasmesse sistematicamente all’altro

Stato contraente39

.

34 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, punto n. 66.

35 OCSE, Recommendation of the Council concerning a Standardised Form for Automatic Exchanges of Information

under International Tax Agreements, 5 maggio 1981, C(81)39/Final; e, successivamente: Recommendation of the

Council concerning a standard magnetic format for automatic exchange of tax information, C(92)50 del 23 luglio 1992,

modificata il 10 luglio 1997 con la Recommendation of the Council of the OECD on the use of the revised OECD

standard magnetic format for automatic exchange of information, C(97)30 final.

36 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, p. 293; Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. SEER, Overview of

Legislation Practises Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015,

par. 6.4.

37 Direttiva 2011/16/UE del Consiglio del 15 febbraio 2011 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale

e che abroga la direttiva 77/799/CEE, GUUE del 11 marzo 2011, L 64/1.

38 Direttiva 2014/107/UE del Consiglio del 9 dicembre 2014 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto

riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, GUUE del 16 dicembre 2014, L 359/1

39 Secondo la definizione del Commentario all’art. 26 del Modello OCSE, par. 9, lett.b) si è in presenza di uno scambio

automatico “(…) for example, when information about one or various categories of income having their source in one

Contracting State and received in the other Contracting State is transmitted systematically to the other State”.

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In base alla definizione del Commentario all’art. 6 della MAAT, si è in presenza di scambio

automatico quando l’informazione è scambiata sistematicamente con riferimento a dati

reddituali dello stesso tipo in relazione ad una moltitudine di soggetti. L’informazione viene

fornita dallo Stato dal quale proviene il pagamento e nel quale può essere prevista

l’applicazione di una ritenuta alla fonte40

.

Le definizioni sopra citate degli strumenti giuridici con i quali lo scambio può essere

attuato, pur non adottando la medesima terminologia, hanno sostanzialmente lo stesso

significato. Esse vertono sulla circostanza che condividere in modo automatico implica

movimentare a scadenze predefinite e senza una preventiva richiesta una elevata quantità di

dati relativi ai soggetti che si trovano in una specifica condizione: essere residenti in uno

Stato e percepire un determinato reddito in un altro Stato. L’utilizzo del termine

“datafication” da parte della dottrina41

attiene proprio alla considerazione che la procedura

in esame si caratterizza per coinvolgere una massa di contribuenti, senza che ci sia stata una

preventiva selezione o analisi del rischio di evasione. La conseguenza è che, per effetto di

tali disposizioni, le autorità competenti si trovano a gestire una quantità considerevole di

dati di provenienza estera che, proprio in base alle caratteristiche per le quali sono stati

estratti, non sono necessariamente rilevanti ai fini di un accertamento fiscale42

. In

particolare, lo scambio automatico come strumento di massa fa emergere due ordini di

considerazioni. In primo luogo, occorre verificare se tale scambio rispetti il principio di

proporzionalità: se, in altre parole, tale procedura possa essere considerata idonea

all’obiettivo ovvero se non potessero essere adottate modalità meno invasive. In secondo

luogo, la trasmissione e l’utilizzo di un ingente volume di informazioni pone un altro

problema che attiene alla protezione dei dati personali43

. Per parte della dottrina44

, le

considerazioni sopra esposte possono essere in parte risolte mediante la procedura prevista a

40 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, punto n. 62: (“Information which is

exchanged automatically is typically bulk information comprising many individual cases of the same type, usually

consisting of payments from and tax withheld in the supplying State, where such information is available periodically

under that State’s own system and can be transmitted automatically on a routine basis”).

41 G. MARINO, General Report, New Exchange of Information versus Tax solutions of Equivalent Effect, EATLP

Congress 2014, Istanbul (Turkey), 29-31 Maggio 2014.

42 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. SEER, Overview of Legislation Practises

Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 6.4.

43 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, p. 275.

44 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. SEER, Overview of Legislation Practises

Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 6.4.

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livello comunitario dall’art. 8, comma 3 della direttiva 107/2014/UE che permette ad uno

Stato membro di indicare ad un altro Stato membro che non intende ricevere informazioni

relative ad una o più categorie reddituali. Tale soluzione, tuttavia, sembra solo eventuale e

consente una mera selezione in funzione del tipo di reddito mentre non permette, all’interno

di una stessa tipologia reddituale, di limitare l’invio di informazioni mediante una

valutazione dei contribuenti potenzialmente a maggior rischio di evasione.

Da quanto sopra detto emerge che il fenomeno di “standardizzazione” non implica soltanto

la necessità di un format comune adottato da tutti i Paesi. Come correttamente sostiene parte

della dottrina45

, la predisposizione di una metodologia di scambio accettata a livello

internazionale avrebbe richiesto simmetricamente anche l’elaborazione di uno standard

relativamente alla protezione dei diritti del contribuente46

. Sebbene le direttive comunitarie

assicurino la presenza di un “minimum Standard” cui gli Stati membri devono garantirne

l’applicazione47

, il criterio guida per lo sviluppo del modello di comunicazione si è

focalizzato sull’efficacia della procedura e l’implementazione dello stesso è avvenuta

ancora prima di verificarne la compatibilità in termini di adeguata difesa del contribuente48

.

L’enfasi sulla finalità di contrasto all’evasione fiscale e di creazione di una condizione di

maggiore equità, pur riconosciuta come obiettivo prioritario da parte della comunità

internazionale, non può, tuttavia, giustificare l’assenza di adeguate garanzie legate alla

tutela del contribuente49

. Talune delle forme di protezione dei dati personali, sono state, in

ambito comunitario, solo approntate successivamente all’entrata in vigore dello scambio

automatico, mediante le modifiche apportate dalla Direttiva 2014/107/UE. Tale tutela,

infatti, rimane ad oggi affidata alle valutazioni unilaterali degli Stati coinvolti, lasciando

45 A.P. DOURADO, Exchange of Information and Validity of Global Standards in Tax Law: abstractionism and

Expressionism or Where the Truth Lies, in EUI Working Papers, RSCAS 2013/11; P. PISTONE, Exchange of information

and Rubik agreements: the perspective of an Eu Academic, in Bulletin for International Taxation, aprile/maggio 2013,

pag 216.

46 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, p. 271; A. J. COCKFIELD, Protecting Taxpayer Privacy Rights Under Enhanced Cross-Border Tax

Information Exchange: Toward a Multilateral Taxpayer Bill of Rights, in U.B.C. Law Review, 2010, v. 42, n. 2 parla di

necessità della creazione di uno statuto multilaterale dei diritti del contribuente.

47 R. SEER, I. GABERT, (a cura di), General Report in Mutual Assistance and Information Exchange, Atti del Convegno

EATLP svoltosi a Santiago de Compostela il 4-6 giugno 2009, Amsterdam, 2010, p. 58. Il legislatore europeo ha

predisposto, in materia di ravvicinamento, norme minime che fissano un certo libello di tutela al quale gli Stati non

possono derogare ma che possono utilizzare come base per assicurare una maggiore tutela di specifici interessi a livello

nazionale.

48 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, pp- 269 -312.

49 A.P. DOURADO, Exchange of Information and Validity of Global Standards in Tax Law: abstractionism and

Expressionism or Where the Truth Lies, in EUI Working Papers, RSCAS 2013/11.

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perplessità in relazione all’esercizio effettivo della difesa dei diritti del contribuente. Nel

corpo del presente lavoro, si valuteranno, quindi, le problematiche inerenti le caratteristiche

dello standard che risultano ancora aperte a causa della mancanza di una disciplina comune

di tutela e le iniziative intraprese a tal proposito a livello comunitario e internazionale.

1.4. Modelli di comunicazione:

1.4.1. Il Common Reporting Standard

La finalità di uno Standard si ravvisa nella possibilità che lo stesso sia un modello unico,

condiviso e utilizzato da tutti i Paesi aderenti all’iniziativa. Per questo motivo,

l’elaborazione da parte dell’OCSE si è basata fortemente, a sua volta, sul modello di

comunicazione previsto dalla normativa statunitense “FATCA” (Foreign Account Tax

Compliance Act)50

, pur differenziandosene in talune caratteristiche quali la natura

multilaterale del sistema e altri aspetti specifici legati alla disciplina americana, quale il

concetto di tassazione basata sulla cittadinanza e la previsione di una ritenuta alla fonte per i

pagamenti di fonte statunitense in caso di mancata comunicazione che vige solo ai sensi

della normativa FATCA51

. Il CRS sviluppato dall’OCSE elenca in maniera dettagliata i dati

oggetto di raccolta e comunicazione da scambiare automaticamente. A questo proposito

vengono identificati i dati oggetto di scambio appartenenti alla definizione di redditi da

investimento, quali, tra gli altri, gli interessi, i dividendi, i saldi dei conti e i redditi derivanti

da alcuni prodotti assicurativi, altri redditi generati in relazione agli assets detenuti nel conto

pagati o accreditati sul conto. Il CRS regola, inoltre, le tre aree di attività che le istituzioni

finanziarie sono chiamate a svolgere. In primo luogo, in tale comunicazione devono essere

individuati i soggetti non residenti in sede di apertura di un nuovo conto finanziario, (per

nuovo si intende aperto il 1 gennaio 2016 o successivamente); in secondo luogo, le attività

di due diligence sui conti preesistenti, intestati a soggetti non residenti, intrattenuti presso

un’istituzione finanziaria alla data del 31 dicembre 2015; in terzo luogo, sono regolate le

modalità di trasmissione, mediante lo sviluppo di una tecnical platform che garantisca

l’operatività concreta dello scambio. A livello comunitario, la direttiva 2011/16/UE del

Consiglio, con la modifica operata dalla Direttiva 2014/107/EU, si è allineata a sua volta

allo standard internazionale individuato dall’OCSE secondo l’auspicato processo di

50 Il FATCA è stato adottato il 18 marzo 2010 e introdotto nel capitolo 4 dell’Internal Revenue Code del 1986,

mediante modifiche apportate dalla legge Hiring Incentives to Restore Employement (HIRE). Il testo è disponibile

all’indirizzo: http://democrats.senate.gov/pdfs/reid-jobs-amendment.pdf ultimo accesso 24 novembre 2016.

51 La normativa FATCA, che ha rappresentato un potente fattore di accelerazione nell’adozione di misure analoghe su

base globale, è oggetto di specifico approfondimento nel presente lavoro nel capitolo 3 paragrafo 5. In tal sede sono

esaminate anche le caratteristiche specifiche del CRS dal momento che le stesse sono state determinate partendo proprio

dal modello di comunicazione previsto per adempiere alla disciplina FATCA.

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convergenza dei modelli52

. Sul fronte dell’ordinamento domestico, gli obblighi derivanti dal

modello CRS relativi alla raccolta e alla comunicazione dei dati sui conti finanziari di

soggetti non residenti, sono stati introdotti dalla stessa legge n. 95/2015 che ha ratificato

l’accordo FATCA. Con il decreto Ministeriale del 28 dicembre 2015 sono state introdotte le

disposizioni specifiche relative alle modalità di raccolta e di trasmissione dei dati che

regolano la materia in maniera non molto dissimile da quella prevista per la disciplina

FATCA. Con dette premesse, si comprende il motivo per il quale il CRS è destinato a

divenire il vero standard mondiale in materia di scambio di informazioni finanziarie: esiste

una sostanziale sovrapposizione tra il modello elaborato dall’OCSE, quello previsto per

l’invio delle comunicazioni per ottemperare alle disposizioni FATCA e quello previsto dalla

direttiva comunitaria 2014/107/UE. Il primo scambio è previsto per settembre 2017.

1.4.2. Il formulario europeo

Per quanto concerne l’ambito comunitario, la direttiva 2011/16/UE stabilisce che lo scambio

abbia luogo utilizzando formulari e formati elettronici adottati dalla Commissione Europea

con regolamento53

e canali di comunicazione elettronici standard. Il citato regolamento del

2015 prevede un allegato (allegato V) che detta disposizioni relativamente allo scambio di

informazioni a norma dell’art. 8, comma 1 della Direttiva; mentre per le informazioni di cui

all’art. 8, par. 3 bis della direttiva 2011/16/UE la struttura del formato elettronico è prevista

nell’allegato VI (che riprende la struttura del CRS). Il formulario da utilizzare per le

richieste di informazioni, come pure anche le risposte, le richieste di informazioni

supplementari di carattere generale è uniforme per tutti i Paesi e fu approvato con

regolamento di esecuzione n. 1156/2012 della Commissione, successivamente abrogato e

sostituito dal regolamento n. 2015/2378 del 15 dicembre 2015. Per quanto concerne lo

scambio di redditi diversi da quelli finanziari, il testo del messaggio si compone di una

prima parte nel quale sono specificati gli elementi generali e una seconda nella quale

debbono essere decritti elementi specifici legati al tipo di reddito scambiato. Tra i dati

generali, inclusi nella prima parte, devono essere tipicamente indicati: il nome del

contribuente, il numero di identificazione fiscale (TIN) assegnato dallo Stato inviante,

52 Commissione Europea, Proposta di Direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto

riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, COM(2013) 348 finale, 2013/0188 CNS

del 12/6/2013.

53 Relativamente allo scambio automatico, il Regolamento di esecuzione UE della Commissione 2015/2378 del 15

dicembre 2015 recante talune modalità di applicazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla

cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga il regolamento di esecuzione UE n. 1156/2012, pubblicato

sulla GUUE del 18 dicembre 2015, L. 332/19. Tale regolamento ha sostituito anche il precedente Regolamento di

esecuzione UE n. 1353/2014 del 15 dicembre 2014 che implementa il Regolamento n. 1156/2012 della Commissione

del 6 dicembre 2012 recante talune modalità di applicazione della direttiva 2011/16/UE del Consiglio relativa alla

cooperazione amministrativa nel settore fiscale pubblicato sulla GUUE del 19 dicembre 2014, L 365/70.

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l’indirizzo del contribuente, il tipo e l’ammontare di reddito, il nome o la denominazione

sociale dell’agente pagatore54

. Possono essere incluse altre informazioni di carattere

finanziario inerenti alle modalità di pagamento, ad esempio, in una in più soluzioni o

l’eventuale presenza di imposte estere richieste a rimborso. Nella seconda parte, invece,

oltre ai dati identificativi del percipiente e del soggetto pagatore, sono previste specifiche

informazioni che sono necessarie per la categoria reddituale oggetto di scambio. Ad

esempio, relativamente ai compensi per dirigenti o ai redditi di lavoro, esiste un campo circa

le informazioni sulla natura di ciascun rapporto tra il percipiente e il pagatore, compreso il

luogo in cui si è instaurato il rapporto di lavoro nonché informazioni su ciascun reddito o

compenso corrisposto in virtù del rapporto di lavoro o il numero dei giorni trascorsi o

lavorati dal percipiente; nel caso, invece, di redditi immobiliari, il valore della rendita o la

consistenza patrimoniale55

. La condizione in base alla quale lo scambio automatico

obbligatorio di informazioni per le cinque categorie di reddito e capitale individuate dall’art.

8 della direttiva 2011/16/UE è subordinato alla loro disponibilità giustifica il fatto che il

54 Il regolamento di esecuzione UE n. 2015/2378 della Commissione prevede che dalle informazioni scambiate

automaticamente emergano necessariamente dati quali: il paese di origine (“originating country”), i paesi di

destinazione (“destination country”), un identificativo del messaggio unico (“message ID”);data e l’ora (“Timestamp”);

l’indicazione della tipologia del messaggio (message type indic”), il corpo del messaggio (“body”) che riprende la

struttura ad albero e le classi di elementi di un corpo del messaggio tra quelli indicati alle lettere da b) a g) dell’allegato

in questione, in funzione della natura delle informazioni da scambiare automaticamente. Il Regolamento richiede,

inoltre, che vengano fornite informazioni generali quali base giuridica, numero di riferimento, data, identità dell’autorità

richiedente e dell’autorità interpellata, identità della persona oggetto della verifica o indagine; descrizione generale del

caso e, se opportuno, informazioni contestuali specifiche presumibilmente atte a verificare la prevedibile pertinenza

delle informazioni richieste all’amministrazione e l’applicazione della normativa nazionale degli Stati membri con

riguardo alle imposte di cui all’art. 2 della direttiva 2011/16/UE; il fine fiscale per il quale si richiedono le informazioni;

il periodo oggetto dell’indagine; il nome e l’indirizzo di qualsiasi persona ritenuta in possesso delle informazioni

richieste; il rispetto degli obblighi giuridici di cui all’art. 16, par. 1 e 17, par. 1 della direttiva 2011/16/UE; richiesta

motivata di indagine amministrativa specifica e motivi del rifiuto di effettuare tale indagine; conferma di ricevuta della

richiesta di informazioni; richiesta di informazioni supplementari di carattere generale; motivi dell’incapacità o del

rifiuto di fornire le informazioni; motivi del mancato rispetto del termine stabilito per la risposta e data entro cui

l’autorità interpellata ritiene di essere in grado di rispondere.

55 Se il dato attiene alle pensioni, il format prevede che vengano inviati dati circa il regime pensionistico, il valore del

capitale, la presenza di amministratori o di uno più intestatari nonché informazioni generali su ciascun evento relativo al

regime pensionistico, comprese le informazioni finanziarie e fiscali sulle imposte; se le informazioni da scambiare sono

relative ai prodotti di assicurazione sulla vita occorre indicare oltre al periodo fiscale e alla categoria reddituale anche:

la presenza di una o più polizze con informazioni su ciascun prodotto contenente a sua volta la durata della

contribuzione, la durata del beneficio, le opzioni contrattuali della polizza, uno o più valori del capitale della polizza,

l’assicuratore o agente pagatore (“insurer/paying agent”); uno o più beneficiari; una o più assicurati sulla vita; uno o più

pagatori dei premi; uno o più intestatari della polizza; uno o più eventi relativi alla polizza comprese le informazioni

fiscali e finanziarie; Per quanto riguarda la matrice per comunicare informazioni su proprietà e redditi immobiliari,

devono essere indicate: la categoria reddituale di riferimento e l’anno di imposta, uno o più titolari dei diritti di

godimento, comprese informazioni sul coniuge. Qualora non vi sia nessuna informazione da comunicare in relazione a

una categoria specifica, si deve indicare la categoria che precisa la natura delle informazioni scambiate e la motivazione

per cui i dati sono mancanti e l’anno.

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corrispondente formato elettronico non sia specificato oltre il livello della struttura generale

e delle classi di elementi che compongono il formato elettronico56

. In questo modo,

l’autorità competente dovrà compilare soltanto la parte relativa alle categorie reddituali

effettivamente scambiate. Per contro, le informazioni di cui all’art. 8, par. 3 bis della

direttiva 2011/16/UE, poiché non sono subordinate alla condizione di disponibilità, devono

essere raccolte dalle Istituzioni Finanziarie tenute alla comunicazione in maniera conforme

alle norme applicabili in materia di adeguata verifica in materia fiscale riportate negli

allegati I e II della medesima direttiva e il formato elettronico dovrà essere compilato in

ciascun elemento. Le informazioni sono trasmesse per quanto possibile in via elettronica

utilizzando la rete comune di comunicazione Common Communication Network (di

seguito“CCN”)57

; qualora invece si debbano inviare attestati, documenti giustificativi, sarà

possibile una comunicazione al di fuori della rete CCN con modalità concordate a livello

bilaterale e con una lettera accompagnatoria che descriva le informazioni comunicate,

debitamente firmata all’autorità competente che le trasmette ai sensi dell’art. 3, c. 2, del

regolamento del 18 dicembre 2015.

1.4.3. Il modello internazionale: lo standard transmission format

Escludendo i flussi informativi di carattere finanziario, oggetto come accennato in

precedenza, di una specifica disciplina comune di comunicazione, occorre precisare che, in

ambito internazionale, i Modelli di Convenzione OCSE e ONU non disciplinano in maniera

dettagliata il contenuto delle informazioni scambiate, né automaticamente né mediante

modalità spontanea o su richiesta. L’art. 26 del Modello di Convenzione OCSE detta solo le

regole di base in materia, e non prevede una specifica formalizzazione di carattere

documentale dei dati oggetto di scambio. Analogamente, la Convenzione multilaterale sulla

mutua assistenza amministrativa, nel suo commentario, aveva stabilito una sostanziale

libertà di forme e modalità di comunicazione ipotizzando anche l’ammissibilità di

comunicazioni di carattere orale, qualora le autorità competenti si fossero accordate in tal

senso58

. Poichè i trattati, infatti, si limitano a riprodurre le norme dei modelli, rimanendo

molto generali, l’applicazione di dette procedure non è semplice né uniforme, talvolta anche

nell’ambito dei diversi trattati conclusi da uno stesso Stato59

.

56 Regolamento di esecuzione UE della Commissione 2015/2378, cit., del 15 dicembre 2015, considerando n. 8.

57 Si tratta del canale di comunicazione già usato per la trasmissione delle informazioni ai fini IVA.

58 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, punto n. 54. Tra le altre modalità

con le quali può attuarsi lo scambio, sono previsti anche scambio di CD-rom, email, incontri personali, scambi

telefonici.

59 F. ARDITO, Lo scambio di informazioni in materia tributaria, cit., p. 91.

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In base ad una esemplificazione elaborata dall’OCSE60

, il processo di scambio

automatico di informazioni può essere diviso in 7 tappe.

1) l’agente pagatore raccoglie le informazioni dal contribuente, nello specifico

riguardante soggetti non residenti, o genera egli stesso le informazioni;

2) tali informazioni vengono trasmesse alle autorità fiscali;

3) le autorità fiscali riordinano le informazioni in base al Paese di residenza;

4) le informazioni sono inviate spesso in forma criptata alle autorità fiscali del paese di

residenza;

5) le informazioni sono ricevute e decriptate;

6) il paese di residenza collega in maniera automatica i dati e nel caso non sia possibile,

tale identificazione deve essere fatta in modo manuale. Generalmente, questa fase di

identificazione del soggetto rappresenta il momento più complesso. Trattandosi,

infatti, di recepimento di dati in maniera massiva, l’allineamento dei dati in maniera

automatica diventa una necessità. Soltanto quando non è possibile una validazione

automatica dei soggetti, si provvede ad un’interrogazione puntuale. Per tale motivo,

creare degli Standard che usino un formato fisso XML, contrapposto a dati inviati

mediante un formato libero, contribuisce a minimizzare sensibilmente in termini di

costo e di tempo l’onere di identificazione dei dati61

. Per esempio, usare un format

fisso contribuisce ad eliminare ogni dubbio circa il riconoscimento tra nome e

cognome, tra il numero interno di un appartamento o il numero dello stesso sulla

strada, problematiche che, sebbene a prima vista banali, in presenza di lingue diverse

e di un numero elevato di dati possono diventare di ostacolo nella corretta

identificazione dei dati ricevuti.

7) il paese di residenza analizza i risultati e decide le azioni da intraprendere, in

funzione dei propri interni parametri di analisi e selezione del rischio.

60 OCSE, Comitato per gli Affari Fiscali, Automatic Exchange of Information, What it is, how it works, benefits, what

remains to be done, p. 9, 2012 disponibile al link www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/automatic-exchange-

of-information-report.pdf.Page8 In senso analogo si veda anche la Raccomandazione OCSE C(81)39, Recommendation

of the Council concerning a Standardized Form for Automatic Exchanges of Information under International Tax

Agreements (OECD) 1981.

61 OCSE, Automatic Exchange of Information, What it is, how it works, benefits, what remains to be done, Paris, 2012,

punto VII.

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Al fine di facilitare lo scambio automatico, nel 2011, l’OCSE aveva approvato un modello

di trasmissione delle informazioni denominato “Standard Transmission Format”62

, in luogo

di un precedente formato adottato nel 1992 c.d. “Standard Magnetic Format” che utilizzava

un supporto magnetico. La sostituzione verteva sull’opportunità di utilizzare un formato

XML (Extensible Markup Language) che consentisse la validazione automatica del file e la

conseguente identificazione immediata degli errori. Tale documento prevedeva che gli Stati

usassero un tracciato condiviso nel quale collocare valori e le informazioni pertinenti. Per

identificare più agevolmente i tipi di reddito, i Paesi potevano convenire di attribuire a

ciascuna categoria reddituale dei codici numerici, mediante i quali si eliminava la necessità

di una traduzione facilitando, in termini di costo e di tempo, gli oneri a carico delle

amministrazioni finanziarie63

. Tuttavia, i problemi di carattere linguistico rimasero irrisolti,

molto spesso perché inerenti differenze terminologiche nell’uso di termini legali dovute

dalla naturale divergenza tra sistemi di common law e di civil law, nonché di pratiche

amministrative64

. A differenza del CRS dove i dati di carattere finanziario/contabile sono

obiettivi e soggetti a valutazioni discrezionali molto limitate (si pensi al valore di saldo di

conto corrente o all’importo degli interessi65

), i dati reddituali sono frutto di una

rielaborazione attuata dallo Stato che invia le informazioni in base alla propria disciplina

interna. La presenza dello Standard Transmission Format elaborato dall’OCSE, oltre a non

essere vincolante, esprime unicamente una modalità di presentazione delle informazioni

finalizzata a limitare il margine di errore nel recepimento dei dati mediante l’utilizzo di un

linguaggio informatico standard. Il dato da scambiare è, infatti, raccolto e valutato con

modalità interne e viene trasmesso ad un altro Paese che lo utilizzerà attribuendone

caratteristiche e interpretandolo alla luce della propria normativa interna.

62 OCSE, STF, The OECD Standard Transmission Format Version 2.1. for International Information Exchange in

Taxation, 2011, disponibile al link https://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/OECD-STF-v2.1-User-

Guide.doc ultimo accesso 12 ottobre 2016.

63 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, punto n. 66 disponibile al link

http://www.oecd.org/tax/exchange-of-tax-information/Explanatory_Report_ENG_%2015_04_2010.pdf ultimo accesso

20 novembre 2016.

64 E. TRAVERSA, F. CANNAS, Exchange of Information (art. 26 OECD Model Convention) in The OECD Model

Convention and Its Update 2014, a cura di M. Lang, P. Pistone, A. Rust, j. Schuch, C. Staringer, A. Storck, 2014, IBFD,

Linde, pp. 147-174; M. STEWART, Transnational Tax Information Exchange Networks: Steps Towards a Globalised,

Legitimate Tax Administration, in World Tax Journal, 2012, vol 4, n. 2, p. 152.

65 Il Common Reporting Standard, nella sezione I, punto n. 5, lett. a), per esempio, elenca tra i dati oggetto di

comunicazione: il totale lordo degli interessi, dei dividendi o di altri redditi generati con riferimento alle attività

accreditate sul conto bancario.

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1.5. Il contenuto dell’informazione Nonostante la presenza di modelli di comunicazione standard per l’invio di dati diversi da

quelli finanziari, l’attuazione della procedura di scambio, nella fase di raccolta e trattamento

dei dati viene rimessa al diritto interno di ciascuno Stato interessato secondo il principio di

autonomia in ambito procedimentale66

. In ambito internazionale, il Commentario all’art. 6

della Convenzione sulla Mutua Assistenza Amministrativa prevede che le caratteristiche di

ciascun dato scambiato sono determinate in base alla normativa domestica dello Stato che

invia l’informazione67

. Analogamente, anche se partendo da un altro punto di vista, il

Commentario all’art. 26 del Modello ONU stabilisce che i Paesi hanno differenti

meccanismi per la raccolta e lo scambio di informazioni e che lo Stato richiesto non è tenuto

a implementare misure amministrative che non sono permesse in base alla legge o alle

pratiche amministrative dello Stato68

. Con riferimento al contesto comunitario, tale principio

è affermato nell’art. 3 punto 9 della Direttiva 2011/16/UE in cui è disposto che “le

informazioni disponibili sono quelle contenute negli archivi fiscali dello Stato membro che

comunica le informazioni, consultabili in conformità delle procedure per la raccolta e il

trattamento delle informazioni in tale Stato membro”.

Da quanto sopra indicato consegue che vige una sostanziale autonomia per le giurisdizioni

per quanto concerne la modalità di raccolta dei dati da cui conseguirebbe per lo Stato

ricevente la libertà nella valutazione e nell’apprezzamento del grado di validità dei dati

scambiati69

. Qualora quest’ultimo Paese ne accetti le risultanze, gli atti risultanti dalla

collaborazione amministrativa saranno sostanzialmente parificati giuridicamente agli atti

amministrativi interni70

. Questa considerazione implica che, esistendo libertà nelle modalità

66 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, pp- 269 -312; C.H.J.I. PANAYI, Current trends on Automatic Exchange of Information, School of

Accountancy Research Paper series, Vol. 4, n. 2, (2016), p. 2.

67 Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report to the Convention on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the 2010 Protocol, cit., punto n. 65.

68 Commentario all’art. 26 del Modello di Convenzione ONU contro la doppia imposizione, New York, 2011, par. 18 e

18.1.

69 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, in Diritto e processo tributario,

Napoli, 2015, 2, pp- 269 -312.

70 Per G. MARINO, in Cooperazione tributaria tra mito e realtà, cit., pp. 433 e ss., “Il risultato della collaborazione e

dello scambio di informazioni è una sostanziale parificazione giuridica delle prove: gli atti amministrativi provenienti

dall’Autorità competente straniera divengono atti aventi efficacia analoga a quella degli atti di diritto interno”.

L’autore precisa, tuttavia, che la parificazione giuridica delle prove opera a livello esclusivamente amministrativo,

constatato che le direttive non contemplano la possibilità di una diretta spendita delle informazioni ottenute in virtù

della cooperazione amministrativa nel comparto penale. In tal caso, infatti, la documentazione è ammissibile solo se

ottenuta mediante il meccanismo rogatorio internazionale. Per approfondimenti si veda infra il par. 4.4.2.

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operative con le quali attuare lo scambio al di fuori dei modelli standardizzati di

comunicazione, in teoria, informazioni provenienti dall’estero potrebbero essere accettate

anche se acquisite nello Stato inviante con modalità istruttorie irregolari71

o in assenza di

una specifica forma72

. Né la normativa comunitaria né i modelli di Convenzione OCSE

hanno fornito una definizione del “contenuto dell’informazione”73

. In base al Commentario

all’art. 26 del Modello di Convenzione ONU, il termine “scambio di informazioni” deve

essere inteso in senso ampio e comprendere anche lo scambio di documenti e di

informazioni anche se non direttamente afferenti ad uno specifico contribuente74

. La

normativa comunitaria non contiene alcuna disposizione riguardo al contenuto formale delle

informazioni oggetto di scambio75

. La dottrina accoglie, in assenza di specifiche previsioni

71 L’utilizzo di dati oggetto di una procedura di scambio transfrontaliero ottenuti irregolarmente è oggetto di una

specifica valutazione nel capitolo sulla tutela del contribuente.

72 Contra: P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, Dir.

Prat. Trib. n. 4, 2013, pp. 791-830. L’autore, facendo riferimento in particolare ai documenti acquisiti in maniera

illecita, come nel caso delle liste di clienti sottratte a banche estere, ritiene che la certificazione di conformità della

documentazione ricevuta è requisito fondamentale per la pretesa tributaria, qualora la parte richiedente domandi

espressamente la trasmissione degli originali. Secondo tale visione, l’art. 5, comma 3 del Model Agreement on

Exchange of information on Tax Matters del 2002, che si riferisce allo scambio su richiesta, imporrebbe espressamente

la necessità che i documenti oggetto di scambio rivestano una forma ufficiale (“If specifically requested by the

competent authority of an applicant Party, the competent authority of the requested party shall provide information

under this article, to the extent allowable under its domestic laws, in the form of depositions of witnesses and

authenticated copies of original records”). A conferma di tale conclusione, viene citato il par.44 del commentario

all’art. 5, c. 3, del Modello OCSE sullo scambio di informazioni, che, con dicitura analoga, mirerebbe a garantire che le

informazioni abbiano sempre la forma specificatamente richiesta dall’altra parte contraente al fine di consentire a

fungere da prova nel paese dell’utilizzo: “paragraph 3 includes a provision intended to require the provision in a format

specifically requested by a Contracting Party to satisfy its evidentiary or other legal requirements to the extent allowable

under the laws of the requested party. Such forms may include depositions of witnesses and authenticated copies of

original records. Under paragraph 3, the requested Party may decline to provide the information in the specific form

requested if such form is not allowable under its laws. A refusal to provide the information in the format requested does

not affect the obligation to provide information”. OCED, Model Agreement on exchange of information on tax matters,

Paris, 2002, par. 44 accessibile su: http://www.oecd.org/ctp/harmful/2082215.pdf ultimo accesso 18 novembre 2016.

73 A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012,

pp.669-711.

74 Commentario all’art. 26 del Modello di Convenzione ONU contro la doppia imposizione, New York, 2011, par. 5.

Tale Commentario lascerebbe una maggiore libertà agli Stati nell’apprezzamento della forma in cui l’informazione deve

essere trasmessa. Il paragrafo 5.1. del citato Commentario all’art. 26 prevede infatti, che, se richiesto dallo Stato

contraente, l’autorità competente deve inviare l’informazione nella forma di deposizione di testimoni e copie autenticate

di documenti orginali anche mai pubblicati (come ad esempio, libri, dichiarazioni, scritti, opinioni, dati contabili: “The

compent authority of the other contracting State should provide information under article 26 in the form od depositions

of witnesses and authenticated copies of inedited original documents (including books, papers, statements, records,

accounts or writings) to the extent feasible”.

75 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12, Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punto 69.

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di carattere negativo, un’accezione ampia, comprendendo una molteplicità di forme, quali

documenti, attestazioni ufficiali, esiti di indagini e altri elementi necessari a meglio definire

un caso concreto76

. In ogni caso, in base al testo espicativo della Convenzione sulla mutua

assistenza amministrativa di Strasburgo, lo scambio di informazioni tra due Paesi in base a

una Convenzione bilaterale o multilaterale deve avvenire per iscritto77

.

In ogni caso, la direttiva 77/799/CEE aveva indicato all’art. 1, comma 1, che l’informazione

scambiata dovesse essere “atta” a permettere alle competenti autorità degli Stati membri

una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio78

. Con la direttiva

2011/16/UE, tale dicitura è stata mutata, allineandosi alla terminologia usata nelle

Convenzioni contro le doppie imposizioni, richiedendo la caratteristica della prevedibile

pertinenza, per allargare il campo di applicazione nella misura più ampia possibile e, nel

contempo per chiarire che gli Stati membri non possono procedere a richieste generiche di

informazioni o richiedere informazioni che probabilmente non sono pertinenti alle questioni

fiscali di un contribuente79

. Tuttavia tale diversa dicitura, a parere della dottrina80

, non ha

modificato il significato della norma. L’Avvocato Generale Juliane Kokott nelle sue

Conclusioni al caso Sabou, rileva l’obbligo per lo Stato richiesto di fornire dati che siano

quanto più possibile utili nello Stato membro richiedente81

, sottolineando come sino ad

allora la Corte avesse interpretato il contenuto dell’informazione solo dal punto di vista

dello Stato membro richiedente sotto il profilo di quali informazioni possano essere

76 G. MARINO, Indagini tributarie e cooperazione internazionale, in Corr. Trib. n. 44, 2009, p.3603; A. BUCCISANO,

Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, p. 672. Per F. ARDITO,

La cooperazione internazionale in materia tributaria, cit., il concetto di informazione non può essere limitato alla

semplice notizia, bensì va esteso ad ogni documento, atto, che sia rilevante ed essenziale per la corretta gestione del

tributo coperto dalla convenzione.

77 Test of the Revised Explanatory Report to the Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as

Amended by Protocol, par. 83, accessibile al link https://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-

information/Explanatory_Report_ENG_%2015_04_2010.pdf ultimo accesso 20 marzo 2017.

78 La Corte di Giustizia nella sentenza del 27 gennaio 2009, causa C-318/07, Hein Pershe v. Finanzamt Ludenscheid, p.

62, stabilisce che le informazioni per le quali cui la direttiva consente lo scambio sono tutte quelle necessarie per

determinare correttamente l’ammontare dell’imposta alla luce della normativa che si deve applicare e idonee a

permettere a ciascuna autorità competente l’accertamento corretto dell’imposta sul reddito in un caso specifico.

79 Direttiva del Consiglio, 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, preambolo,

considerando n. 9.

80 A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, p.

676. L’autore afferma che il riferimento alla prevedibile pertinenza non richiede di avere la certezza della rilevanza

dell’informazione, ma è sufficiente un elevato grado di probabilità che l’informazione sia utile.

81 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12, Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punto 69.

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richieste. “Tuttavia, affinchè le informazioni siano atte a determinare l’imposta, esse

devono essere anche utilizzabili nello Stato membro richiedente”82

. Per quanto, quindi, non

sia presente alcuna disposizione circa il contenuto minimo della risposta, affinchè le

informazioni siano atte a determinare l’imposta sul reddito nello Stato richiedente, secondo

l’opinione dell’Avvocato Kokott, deve risultare chiaramente da quali fonti e in che modo

l’amministrazione finanziaria richiesta abbia ottenuto le informazioni comunicate83

. A

conferma di tale conclusione, in precedenza, la Corte di Giustizia84

, nel caso Twoh

International, aveva rilevato come la mera comunicazione del risultato avrebbe un valore

probatorio fortemente limitato nel Paese richiedente. L’indicazione della fonte

dell’informazione è stata supportata anche da parte della dottrina che ne ha dimostrato il

valore in termini di attendibilità del dato85

. Secondo il parere dell’Avvocato Generale86

, pur

con riferimento alla direttiva 77/799/CEE e non specificatamente allo scambio automatico,

la comunicazione della fonte da parte dello Stato inviante non è preclusa dalla direttiva e

potrebbe rappresentare una semplificazione nella tutela del contribuente e nella certezza

delle comunicazioni rilevando se l’informazione raccolta è stata ottenuta direttamente dallo

stesso ovvero mediante incrocio con altri dati. Nella prima ipotesi, infatti, “fornendo

personalmente i dati egli ha già illustrato il proprio punto di vista (….) e le conseguenze

negative di fatto delle indagini dovrebbero essere ricondotte in primo luogo ai dati scorretti

82 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12, Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punto 69.

83 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12, Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punto 80.

84 Corte di Giustizia, sez III, sentenza del 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International BV e Staatssecretaris

van Financiën, I, 7897, punto 37. “…anche nell’ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria dello Stato membri di

cessione abbia ottenuto l’informazione dallo Stato membro di destinazione secondo cui l’acquirente ha presentato alle

autorità tributarie di quest’ultimo Stato una dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario, una dichiarazione

siffatta non costituisce una prova determinante tale da provare che i beni abbiano effettivamente lasciato il territorio

dello Stato membro di cessione”.

85 Sull’importanza della comunicazione della fonte dell’informazione, si veda Confederation Fiscale Europeenne

“CFE”, Opinion Statement ECJ-TF 2/2014 of the CFE on the decision of the European Court of Justice in case C-

276/12, Sabou, concerning taxpayer’s rights in case of Exchange of information upon request, aprile 2014, punto 24.

Per completezza, si rammenta che la comunicazione della fonte dell’informazione o in generale le comunicazione rese

da terzi altrove, pur trattandosi di dichiarazioni rese senza un contraddittorio, sarebbero considerate ammissibili nel

processo tributario. La Corte Costituzionale (Cort. Cost., 21 gennaio 2000, n. 18, in Giur. It, 2000, 1075) ritenne

ammissibili nel procedimento tributario le dichiarazioni di terzi pur qualificandone il loro valore probatorio pari a

quello di elementi indiziari, cosicché la decisione non può essere fondata soltanto su di esse ma sono necessari altri

elementi di prova. In questo senso anche Cassaz., 21 gennaio 2008, n. 1164 a proposito delle testimonianze rese da terzi

nel corso di un giudizio civile aventi un valore indiziario.

86 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12, Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punti 81 e 82.

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da esso forniti” (punto 59 delle Conclusioni). Nello scambio automatico, difatti, tale

esigenza è maggiormente sentita poiché è proprio sulla base dei dati ricevuti che può

iniziare l’indagine. Nello scambio su richiesta, al contrario, le autorità competenti si servono

della cooperazione per verificare situazioni i cui elementi di base sono conosciuti e/o le

ipotesi sono formulate sulla base di dati forniti dal contribuente medesimo. Nello scambio

automatico, invece, il punto di partenza è rovesciato, in quanto la selezione avviene sulla

base di un dato di provenienza estera e del quale potrebbero non sussistere ulteriori elementi

di incrocio. Sebbene, quindi, la trasmissione sistematica avvenga estraendo i dati

“disponibili” negli archivi fiscali, come previsto dall’art. 3, p. 9 della Direttiva 2011716/UE,

escludendo conseguentemente l’esercizio di un’attività istruttoria mirata al contribuente in

riferimento, l’indicazione della fonte dell’informazione può semplificare la procedura di

controllo. Da tali considerazioni consegue, ulteriormente, che i documenti provenienti dallo

scambio automatico di informazioni costituiscono semplicemente una base per attivare un

controllo per le autorità e che il procedimento fiscale nazionale non è vincolato alle

informazioni ricevute, nel senso che quest’ultime possono non essere sufficienti di per se a

motivare un avviso di accertamento (punti 78-82 delle Conclusioni). Un corollario di tale

affermazione consisterebbe nella circostanza che non sussisterebbero effetti giuridici diretti

per il soggetto passivo derivanti dalla cooperazione amministrativa87

. Parte della dottrina88

,

pur riferendosi allo scambio di informazioni in generale e non specificatamente a quello

automatico, ha evidenziato, partendo dall’esame di una pronuncia della Corte di giustizia89

,

l’importanza del coinvolgimento del contribuente per chiarificare la propria posizione

risultante dallo scambio di informazioni. Se da un lato infatti la necessità dell’efficacia dei

controlli fiscali costituisce un motivo di interesse generale idoneo a giustificare una

restrizione dell’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato, dall’altro la

normativa nazionale deve essere tale da consentire al contribuente di produrre documenti

probatori pertinenti in modo tale che le autorità tributarie dello Stato d’imposizione possano

verificare in modo chiaro e preciso l’effettività, la reale esistenza e la natura delle spese

provenienti da altri Stati membri90

. Del resto, le amministrazioni fiscali nazionali hanno la

87 Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-276/12 Jiri Sabou contro

Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu, punto 52.

88 M. LANG, The Legal and Political Context of ECJ Case Law on Mutual Assistance, in European Taxation, May 2012,

p. 199-202.

89 Corte di Giustizia, sentenza del 27 gennaio 2009, Causa C-318/07, Hein Pershe v. Finanzamt Ludenscheid, para 61-

65.

90 Corte di Giustizia, sentenza del 8 luglio 1999, Causa C-254/97, Société Baxter, B. Braun Médical SA, Société

Fresenius France, Laboratoires Bristol-Myers-Squibb SA v. Premier Ministre, Ministère du Travail et des Affaires

sociales, Ministère de l’Economie et des Finances and Ministère de l’Agriculture, de la Pèche et de l’Alimentation,

para 18-20. In questo senso anche Corte di Giustizia, sentenza del 10 marzo 2005, Causa C-39/04, Laboratoires

Fournier Sa v. Direction des vérifications nationales et internationals, par. 25; Corte di Giustizia, sentenza del 14

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facoltà, non l’obbligo, di richiedere informazioni alla competente autorità di un altro Stato

membro91

. Queste considerazioni inerenti il coinvolgimento del contribuente sono oggetto

di specifica analisi nel capitolo inerente alla tutela dello stesso. Quello che preme

evidenziare in questa sede è l’opportunità che lo scambio automatico, proprio per le sue

caratteristiche, sia corredato da informazioni circa la fonte delle informazioni e, qualora,

non sia possibile e/o anche indipendentemente da ciò, richieda sempre un confronto con il

contribuente al fine di verificare il contenuto dei dati ricevuti.

Il dato scambiato, deve, infine contenere le informazioni necessarie per identificare

correttamente e inequivocabilmente il contribuente92

. La Direttiva 2014/107/UE, nel

preambolo punto n. 10 stabilisce che “il trattamento delle informazioni ai sensi della

presente direttiva è necessario e commisurato allo scopo di consentire alle amministrazioni

fiscali degli Stati membri di individuare correttamente e inequivocabilmente i contribuenti

interessati ed essere in grado di applicare e far osservare la propria normativa fiscale in

situazioni transfrontaliere, di valutare la probabilità che siano perpetrate evasioni fiscali e

di evitare ulteriori inutili indagini”. Sebbene tale considerando sia dedicato alle

informazioni di carattere finanziario, da un’analisi letterale e sistematica della norma, si

ritiene che la correttezza e l’inequivocabilità nell’identificazione del contribuente oggetto di

scambio sia da considerare una priorità in relazione a tutti i dati scambiati, non soltanto con

riferimento ai dati finanziari.

1.6. La qualificazione dei redditi nello scambio di informazioni Il riferimento all’autonomia procedurale per ciascuno Stato nelle modalità di raccolta e

analisi dei dati da trasmettere apre un’ulteriore problematica. Lo scambio automatico di

informazioni si attua partendo dalla qualificazione e dall’individuazione dei redditi da

settembre 2006, Causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer v. Finanzamt Munchen fur Korperschaften,

par. 49; Corte di Giustizia, sentenza del 11 ottobre 2007, Causa C-451/05, Européenne et Luxemburgeoise

d’investissements SA (ELISA) v. Directeur general des impôts, Ministère public, par. 95 (in questo caso la Corte

ammette che la normativa nazionale possa negare l’esenzione richiesta qualora tali prove non vengano fornite dal

contribuente); Corte di Giustizia, sentenza del 27 gennaio 2009, Causa C-318/07, Hein Pershe v. Finanzamt

Ludenscheid, para 60; Corte di Giustizia sentenze C-436/08 e 437/08 del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans

Riegel BetriebsgmbH andund Osteirreichische Salinen AG v. Finanzamt Linz, para 100 ove la Corte ammette che,

anche in assenza del meccanismo di assistenza amministrativa, la normativa nazionale può subordinare l’esenzione alla

possibilità che sia lo stesso contribuente a fornire la prova dell’imposta pagata o della sussistenza di altre condizioni al

verificarsi delle quali è collegata la tassazione o meno di una determinata fattispecie reddituale.

91 Per un esame comparato a livello Europeo si vedano gli atti del convegno EATLP svoltosi a Santiago de Compostela

il 4-6 giugno 2009, R. SEER, I. GABERT, (a cura di), General Report in Mutual Assistance and Information Exchange,

Atti del Convegno, Amsterdam, 2010.

92 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa 276/12, cit., Sabou, par. 78-82.

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scambiare, pur non esistendo un’interpretazione e una valutazione univoca, ovvero

condivisa da tutti i Paesi, di una specifica categoria reddituale. Per qualificazione giuridica

di un incremento patrimoniale si intende l’operazione interpretativa finalizzata a individuare

la categoria astratta prevista da una norma nella quale ricondurre una fattispecie concreta in

modo da identificarne la disciplina giuridica. Dato che le convenioni o le direttive raramente

definiscono come si debba interpretare o qualificare una categoria reddituale, rimandando

alle regole di determinazione in base al diritto interno (lex fori)93

, spetta allo Stato ricevente

valutare se e in che misura le informazioni ricevute costituiscano base imponibile in

relazione alla propria disciplina interna. In sostanza, il dato comunicato deve essere

riadattato e valutato alla luce della normativa domestica, cercando di stralciare eventuali

elementi che non concorrono alla formazione della base imponibile nel Paese di

destinazione. Ad oggi, non risultano documenti o best practices, quali, ad esempio, la

redazione di c.d. “Country Profile” che testimonino in maniera ufficiale come i Paesi

coinvolti agiscano per traslare i dati ottenuti ai fini dell’applicazione della normativa

interna94

. Pur essendo la qualificazione un problema comune nell’applicazione sia delle

Convenzioni bilaterali sia della normativa comunitaria, la trattazione che segue verterà

principalmente sull’analisi delle disposizioni convenzionali in quanto sussistono pronunce

giurisprudenziali in merito, mentre risultano, invece, assenti nell’ambito comunitario.

Preliminarmente occorre precisare che la qualificazione giuridica dei redditi ai fini di una

Convenzione bilaterale è indipendente dalla qualificazione effettuata secondo la normativa

nazionale. I trattati non richiedono, infatti, “l’identità del presupposto, bensì solo l’identità

del fatto materiale, di un elemento, cioè, pregiuridico”95

. Per quanto riguarda i trattati

internazionali, la Convenzione costituisce, per la qualificazione dei redditi, un corpo

normativo autonomo cui l’interprete deve approcciarsi ex novo azzerando la qualificazione

reddituale effettuata dalle norme interne96

. Tale tematica è fondamentale poiché da tale

operazione interpretativa possono discendere anche le modalità di allocazione del diritto ad

93 M. SCHILCHER, K. SPIES, The Directive on Mutual Assistance in Direct Tax Matters in, Introduction to European Tax

Law: Direct Taxation, a cura di M. LANG , P. PISTONE, J. SCHUCH, C. STARINGER, 3a edizione, Spiramus Press, 2013, p.

215.

94 Solo a livello esemplificativo, le autorità competenti possono fare uso del Database Taxes in Europe liberamente

accessibile al link http://ec.europa.eu/taxation_customs/tedb/taxSearch.html ultimo accesso 20 novembre 2016,

coordinato dalla Direzione Generale Taxation and Customs della Commissione Europea.

95 P. TARIGO, voce Trattato internazionale (dir. trib.), in Dizionario di diritto pubblico, Cassese (ed.), Milano, 2006,

5985, ss.; F. AVELLA, La qualificazione dei redditi nelle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni stipulate

dall’Italia, in Riv. Dir. Trib., 2010, 5, pp. 45-71.

96 Una volta stabilito se la Convenzione comprime o meno la potestà impositiva dello Stato contraente, sarà di nuovo la

legislazione nazionale a regolare le modalità di imposizione del reddito secondo le regole relative ai redditi qualificati

secondo la normativa nazionale, nei limiti stabiliti dalla Convenzione.

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esercitare la potestà impositiva da parte degli Stati contraenti. Le convenzioni bilaterali

contro le doppie imposizioni conformi al Modello OCSE sono caratterizzate dall’esistenza

di specifiche norme interpretative e qualificatorie97

. Il rinvio al diritto dello Stato che

presenta un collegamento qualificato con la persona o la fattispecie oggetto della disciplina

pattizia può essere previsto direttamente dalle disposizioni convenzionali ovvero mediante

l’applicazione di una norma generale di interpretazione prevista nell’art. 3 comma 2 del

Modello OCSE98

. Quest’ultimo prevede che ai fini dell’applicazione di una convenzione, i

termini e le espressioni ivi non definiti hanno il significato che ad essi è attribuito dalla

legislazione di detto Stato relativamente alle imposte cui la convenzione si applica a meno

che il contesto non richieda una diversa interpretazione. La problematica non è solamente di

carattere linguistico ma anche concettuale poiché, pur facendo riferimento ad una categoria

reddituale, le legislazioni dei Paesi coinvolti potrebbero ritenere assoggettabile a tassazione

solo una parte del reddito oggetto di scambio, ovvero, elementi reddituali diversi

comportando un mancato allineamento nella modalità di assoggettamento ad imposizione.

Ipotesi di questo tipo, seppur con riferimento all’applicazione delle convenzioni bilaterali e

non allo scambio automatico, sono già state sottoposte al vaglio giurisprudenziale. In ambito

nazionale, si rammenta, ad esempio, la sentenza della Cassazione n. 21220 del 29 settembre

2006 in cui è stata affrontata tale tematica di asimmetria interpretativa. Nel caso di specie,

l’oggetto della contesa fiscale riguardava l’applicazione di una ritenuta su alcuni canoni

pagati da una società italiana ad una statunitense in base all’art. 12 della Convenzione

contro le doppie imposizioni tra Italia e gli Stati Uniti. Il pagamento si riferiva alla

concessione di diritti di sfruttamento di registrazioni musicali e l’ammontare della ritenuta

variava da un minimo del 5% ad un massimo del 10% a seconda che si ritenesse che i

canoni fossero riferibili alla concessione dell’utilizzo di diritti d’autore o altri diritti di

proprietà intellettuale. Quello che in questa sede preme sottolineare è che la Cassazione,

confermando l’operato dell’Agenzia delle Entrate e la conseguente applicazione di una

ritenuta con aliquota pari al 10%, ha affermato che, nell’interpretazione della convenzione,

lo Stato della fonte è libero di applicare la nozione di diritti d’autore vigente nel proprio

97 P. ARGINELLI, Riflessioni sull’interpretazione delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni conformi

al Modello OCSE, in Riv. Dir. Trib. n. 4, 2016, pp- 160-165. L’autore distingue tra norme di interpretazione uniforme,

c.d. “definitorie”, volte a garantire una interpretazione uniforme e tendenzialmente autonoma dei termini e delle

espressioni utilizzate nel trattato; e norme di interpretazione non uniforme, che effettuano un rinvio all’ordinamento

giuridico degli Stati contraenti.

98 La letteratura sull’art. 3(2) è piuttosto vasta, tra gli altri si vedano: J.F. AVERY JONES, Article3 (2) of the OECD Model

Convention and the commentary to it: Treaty Interpretation, in European Taxation, 1993, p. 252 e ss.. F.A. ENGELEN,

Interpretation of Tax TReaties under International Law, Amsterdam, 2004, p. 473 ss. K. VOGEL, On Double Taxation

Conventions, 3rd

editions, Londra -L’aia-Boston, Denveter, 1997, art. 3 p. 43; K.VOGEL, R.G. PROKISH, General Report

on Interpretation of double taxation Conventions in Cahiers de Droit Fiscal International, vol LXXVIIIa, 1993, p. 64; K.

VAN RAAD, 1992 Additions to Articles 3(2) (interpretation) and 24 (non discrimination) of the 1992 OECD Model and

Commentary, in Intertax, 1992, 672 e ss.

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ordinamento anche se ciò può comportare l’emergere di doppie imposizioni e/o un mancato

allineamento nella definizione di diritto d’autore con diversa relativa modalità di tassazione.

La Convenzione Italia-USA, difatti, nell’ art. 3, secondo comma99

contiene la citata clausola

denominata “general renvoi clause” in base alla quale i termini qualificatori utilizzati nella

Convenzione ed ivi non definiti hanno il significato che ad esse è attribuito

dall’ordinamento tributario dello Stato che applica la Convenzione a meno che il contesto

non richieda una diversa interpretazione. In pari maniera, il Commentario all’art. 3, par. 2

del Modello OCSE osserva che detto articolo impone al giudice nazionale di interpretare le

locuzioni non definite dalla Convenzione attraverso un rinvio formale al diritto interno dello

Stato che applica la Convenzione, facendo a tal riferimento a tal fine non esclusivamente a

termini ed espressioni identici a quelli convenzionali, ma anche a termini ed espressioni

funzionalmente analoghi che siano impiegati nelle disposizioni nazionali100

. Tale regola

subisce una deroga qualora il giudice rilevi che, con riferimento ad una fattispecie concreta,

il contesto della convenzione richieda una diversa interpretazione. Il Commentario ritiene

che ogni termine non specificamente definito dalla convenzione debba essere interpretato in

base al contesto e nel momento in cui si deve applicare la convenzione. Il rinvio è pertanto

inteso come “dinamico”, ossia diretto al diritto vigente al momento di applicazione della

convenzione, contrapponendosi, così, alla c.d. “interpretazione statica” in base alla quale

l’interpretazione di una convenzione è cristallizzata al momento della stipula della

convenzione, perché ad essa letteralmente la convenzione stessa si riferisce101

. A questo

proposito, si ricorda, tuttavia, che il valore del Commentario nell’interpretazione dei trattati

non è univocamente considerato. Sebbene, infatti, il Commentario sia approvato (o siano

99 J.F. AVERY JONES, Article3 (2) of the OECD Model Convention and the commentary to it: Treaty Interpretation, in

European Taxation, 1993, p. 252 e ss..

100 Royal Courts of Justice, 9 marzo 2016 -12 aprile 2016, TC05009 – (TC), giudice Brannan, caso Martin Frederick

Fowler v. HMRC, in Riv. Dir. trib., n. 4, 2016, pp. 125-148. Al punto 108 la Corte stabilisce che: “In ascertaining the

meaning of these terms it is necessary not to seek words in domestic law which are identical to the terms used in the

Treaty but to look for the terms in domestic law which are synonymous. That must be so because the tax code of each

Contracting state will use slightly different language to express same concept. (…)The OECD Model Convention is

intended to apply in a 5 standardised form to a very large number of different countries and tax codes. Its language is,

therefore, in many cases conceptual rather than precise. The language of the Treaty must, for this reason, be

interpreted as expressing concepts which broadly correspond to the detailed provisions of domestic tax codes”.

101 A questo proposito, l’art. 31 della Convenzione di Vienna contempla una definizione di contesto come legato alla

contestualità con la stipula della trattato e alla concordanza manifesta dalle parti, essendo ricompresi oltre al testo

dell’intero trattato e al preambolo e documenti annessi al trattato stesso, anche gli accordi intervenuti tra le parti

contraenti e qualsiasi strumento proveniente da uno Stato contraente e accettato da tutti gli altri. Nel contesto rientrano

oltre ai summenzionati strumenti anche qualunque strumento precedente o successivo alla stipula della convenzione

contro le doppie imposizioni che sia idoneo a identificare la comune volontà degli Stati contraenti nel momento in cui

tale Convenzione è applicata. In questo senso: F. AVELLA, La qualificazione dei redditi nelle Convenzioni bilaterali

contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, in Riv. Dir. Trib., 2010, 5, p.58.

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state apposte riserve) dagli Stati aderenti all’OCSE, esso non prende in considerazione una

specifica convenzione bilaterale, e nemmeno può essere identificato come un accordo

successivo delle parti, innanzitutto perché uno degli Stati contraenti potrebbe non aderire

all’OCSE, in secondo luogo perché lo stesso non è una norma di diritto internazionale né un

documento giuridicamente vincolante per i contraenti102

. La giurisprudenza delle corti di

diversi Paesi, quali Germania, Paesi Bassi Norvegia, Stati Uniti sembra essere orientata

verso un’interpretazione dinamica103

. Tale riferimento “mobile” si presta a recepire nel

diritto convenzionale le modifiche occorse nella legislazione dello Stato. Il recepimento,

tuttavia, non dovrebbe essere automatico, ma dovrebbe operare nel rispetto del principio di

buona fede nell’applicazione dei trattati, richiamato dall’art. 31 della Convenzione di

Vienna. Detto principio impone agli Stati contraenti di comportarsi secondo correttezza

astenendosi dal porre in essere comportamenti che, anche indirettamente, possano

pregiudicare le finalità di una Convenzione, come ad esempio trarre vantaggio da

un’espressione il cui significato non sia univocamente determinato104

. Un’interessante

interpretazione viene fornita da una recente sentenza “Fowley” della giurisprudenza

inglese105

nella quale, sebbene sia riconosciuta la validità del rinvio dinamico al diritto dello

Stato che applica la Convenzione, viene stabilito che le norme introdotte successivamente

alla conclusione della convenzione, quali, ad esempio, le norme di assimilazione ad una

categoria reddituale, non devono, tuttavia determinare una modifica surrettizia alla

ripartizione della potestà impositiva concordata tra gli Stati contraenti. In altre parole, gli

effetti di un’interpretazione conforme al diritto dello Stato che applica la convenzione non

devono contrastare con gli effetti che, da un’analisi del contesto, appaiano voluti dalle parti

contraenti con riferimento alla specifica fattispecie concreta106

. La Corte inglese sembra,

pertanto, sostenere quella parte della dottrina che ha rilevato come il riferimento al contesto

102 K. VOGEL, On Double Taxation Conventions, 3

rd editions, Londra -L’aia-Boston, Denveter, 1997, art. 3 p. 43;

K.VOGEL, R.G. PROKISH, General Report on Interpretation of double taxation Conventions in Cahiers de Droit Fiscal

International, vol LXXVIIIa, 1993, p. 64.

103 In questo senso anche V. UCKMAR, Manuale di diritto tributario internazionale AAVV Multilingual texts and

interpretation of tax treaties, IBFD, 2006.

104 F. RUBINSTEIN, Interpretazione ed applicazione degli accordi contro la doppia imposizione, il ruolo della buona

fede oggettiva, in Dir. prat. trib. internaz., 2006, 53; E. VAN DER BRUGGEN, Unless the Vienna Convention Otherwise

Requires,: Notes on the Relationship between Article 3(2) of the OECD Model Tax Convention and Articles 31 and 32

of the Vienna Convention on the Law of Treaties, in European Taxation, 2003, 145 e ss; P.M. SMIT, Classification of

Income under a Treaty – Application of the Vienna Convention on treaty Law? in European taxation, 1992, 57 e ss.

105 Royal Courts of Justice, 9 marzo 2016 -12 aprile 2016, TC05009 – (TC), giudice Brannan, caso Fowley, in Riv. Dir.

trib., n. 4, 2016, pp. 125-148.

106 P. ARGINELLI, Riflessioni sull’interpretazione delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni conformi

al Modello OCSE, in Riv. Dir. Trib. n. 4, 2016, pp. 180-181.

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effettuato nell’ambito dell’art. 3 comma 2 funga da clausola di salvaguardia costituendo

un’importante limitazione del potere di uno Stato contraente di alterare l’applicazione del

trattato mediante modifica unilaterale della propria normativa interna107

. La causa oggetto di

valutazione da parte del tribunale inglese concerne un contribuente fiscalmente residente

nella Repubblica del Sudafrica che esercita l’attività di sommozzatore professionista. Nel

corso dei periodi di imposta 2011/2012 e 2012/2013, il contribuente aveva esercitato tale

attività nelle acque sovrastanti la piattaforma continentale del Regno Unito. La disputa

verteva sulla qualificazione, ai fini convenzionali, del reddito del contribuente come reddito

di lavoro autonomo/impresa (art. 7 della Convenzione) non imponibile nel Regno Unito a

motivo dell’assenza di una stabile organizzazione sul territorio di detto Stato. Il contribuente

evidenziava che la qualificazione civilistica del rapporto contrattuale in essere era

irrilevante, dovendo farsi riferimento alla normativa fiscale prevista dall’ordinamento

inglese. Il tribunale investito della questione ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo

che, ai sensi dell’art. 3 comma 2 della Convenzione Regno Unito-Repubblica Sudafricana, i

termini giuridico-tecnici ivi usati dovessero essere interpretati tramite un rinvio dinamico

formale all’ordinamento dello Stato che applica la convenzione. Per effetto di tale rinvio, la

qualificazione fiscale del reddito prevale anche sulla difforme qualificazione civilistica del

rapporto giuridico sottostante il quale potrebbe configurarsi quale rapporto di lavoro

dipendente ai sensi della disciplina giuslavoristica108

. Tale interpretazione estensiva non

deve tuttavia permettere di attribuire agli Stati contraenti il diritto di alterare unilateralmente

la ripartizione della potestà impositiva concordata a livello pattizio, mediante modificazione

unilaterale delle disposizioni domestiche. La restrizione apposta dall’art. 3 comma 2 “a

meno che il contesto non richieda una diversa interpretazione” deve, infatti, essere intesa a

casi come quello appena considerato e, conseguentemente, deve applicarsi nel caso in cui il

contesto del trattato assume un significato diverso da quello originariamente previsto dagli

Stati contraenti109

.

107 J. F. AVERY JONES, The interpretation of tax treaties with particular reference to article 3(2) of the OECD Model, in

British Tax Review, 1984, pp. 18 ss; P.J. WATTEL, O. MARRES, Characterization of Fictitious income under OECD-

Patterned Tax Treaties, in European Taxation, n. 43, 2003, pp. 66 e ss.

108 In merito alla prevalenza del rinvio alle disposizioni fiscali interni si veda anche: F. AVELLA, La qualificazione dei

redditi nelle Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, in Riv. Dir. Trib., 2010, 5, p. 53.

109 Royal Courts of Justice, 9 marzo 2016 -12 aprile 2016, TC05009 – (TC), giudice Brannan, caso Fowley, in Riv. Dir.

trib., n. 4, 2016, pp. 115 e 116: “The amended meaning given by the subsequent change in domestic law would not be

the “meaning” which could be applied under art. 3(2) when construed in accordance with article 31(1) of the Vienna

Convention. In other words, a breach of the obligation of goof faith can override the words “at any time” used in

article 3(2) 35 which are generally taken to indicate that the domestic tax law meaning is an ambulatory rather than a

static meaning). Alternatively, it may be said that in such a case, for the purposes of article 3(2), the “context of the

treaty would require a meaning different from that supplied by domestic tax law….the position is, however, different

where the provision of domestic law which re-characterises the type of income is one which was already in existence at

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Capitolo 2 Lo scambio automatico di informazioni nell’Unione

Europea

2.1. Le fonti: ambito comunitario Il principio della cooperazione fiscale in ambito comunitario non è esplicitamente codificato

in nessuna norma di diritto primario dell’Unione. L’assistenza tributaria è regolata da

disposizioni del diritto secondario che trovano base giuridica in precetti dei Trattati

dell’Unione. Taluni autori110

ritengono che detto fondamento giuridico discenda dall’art.

115 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (di seguito “TFUE”111

) e dall’art.

5, par. 2, del Trattato sull’Unione Europea (di seguito “TUE”). Gli artt. 114 e 115 del TFUE

che hanno rispettivamente sostituito, dopo il Trattato di Lisbona, gli articoli 95 e 94 del

Trattato che istituisce la Comunità economica europea (di seguito “TCE”), conferiscono

competenza all’Unione per raggiungere l’obiettivo del ravvicinamento112

e i poteri necessari

the date the relevant treaty was concluded”. Nel caso di specie, al momento della conclusione del trattato era in vigore

una disposizione normativa domestica che aveva assimilato i redditi derivanti dallo svolgimento delle attività di

sommozzatore a quelle di lavoratore autonomo in funzione della pericolosità, dei rischi della salute e della brevità della

vita lavorativa; per ragioni, pertanto, non legate allo stato di lavoratore dipendente, né alla difficoltà di classificazione

della medesima. Le modifiche al Commentario al Modello OCSE intervenute successivamente alla conclusione del

Trattato che chiariscono come qualificare il reddito di lavoro dipendente e quello di lavoro autonomo hanno, pertanto,

come osserva la Corte al punto 120 della sentenza, un valore limitato nell’interpretazione del Trattato nel caso di specie.

110 A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, pp.

669-711; S. DORIGO, La Cooperazione fiscale internazionale, a cura di C. SACCHETTO, in Principi di diritto tributario

europeo e internazionale, Torino, 2011, p. 219; F. FERNANDEZ MARIN, Il principio di cooperazione tra le

amministrazioni finanziarie, in I principi Europei del diritto Tributario, a cura di A. DI PIETRO e T. TASSANI, Cedam,

2013; P. MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib., 2014, n. 1, p.353; F. PERSANO, La cooperazione

internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello scambio di informazioni in materia tributaria, Torino,

Giappichelli 2006, pp. 135 e ss; F. SAPONARO, Lo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali e

l’armonizzazione fiscale, in Rass. Trib., 2005, 2, p. 461.

111 La versione consolidata 2016 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è stata pubblicata in GUUE

C202/1 del 7 giugno 2016 vol. n. 59.

112 Il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri consiste nell’intervento concreto finalizzato ad eliminare

gradualmente le principali difformità tra i modelli adottati autonomamente dai vari Stati membri, qualora esse siano di

ostacolo al funzionamento del mercato comune. Per armonizzazione si intende, invece, l’individuazione di un modello

unico al quale devono, in linea di massima, uniformarsi i sistemi statali mediante un progressivo ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri con cui si eliminano gli ostacoli tecnici, amministrativi o normativi alla realizzazione

degli obiettivi dell’Unione. L’armonizzazione, dunque, esprime al contempo un obiettivo generale cui tende l’Unione e

il risultato ottenuto dal concreto processo di ravvicinamento. In tal senso S. DORIGO, La potestà degli stati in materia di

imposte dirette e i limiti derivanti dal diritto comunitario secondo la sentenza Hein Persche della Corte di Giustizia, in

Dir. e Prat. Trib. Internaz., n. 2, 2009, pp. 959-982.

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34

alla creazione del mercato interno113

. In quest’ottica, lo scambio di informazioni tra

amministrazioni finanziarie “costituisce un modello rappresentativo dello sviluppo

dinamico del processo giuridico di ravvicinamento fiscale”114

quale strumento per

l’integrazione ove il diritto dell’Unione dovrebbe fungere da quadro normativo degli scambi

commerciali tra i Paesi membri. Come sostenuto da parte della dottrina115

, l’assistenza

amministrativa è stata intesa non solo come idonea a svolgere una funzione negativa, di

difesa del sistema comunitario contro le distorsioni poste in essere dagli operatori

economici, bensì anche a rivestire una funzione propositiva di promozione degli obiettivi

del Trattato, in prima battuta delle libertà di circolazione di beni, persone, capitali e servizi

in ambito comunitario116

. L’assenza di disposizioni nei trattati istitutivi, si giustifica proprio

con il carattere strumentale dell’assistenza tributaria117

che trova la propria ragion d’essere

non tanto nell’accertamento dei tributi, quanto, invece, in uno scopo concreto disciplinato

dai Trattati istitutivi dell’Unione Europea: quello di consentire il corretto funzionamento del

mercato118

e il contrasto all’esercizio abusivo delle libertà fondamentali119

. Questo

113 In base all’art. 115 TFUE “Fatto salvo l’art. 114, il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura

legislativa speciale e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce

direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che

abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato”.

114 F. SAPONARO, Lo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali e l’armonizzazione fiscale, in Rass. Trib.,

2005, 2, p. 461.

115 S. DORIGO, La potestà degli stati in materia di imposte dirette e i limiti derivanti dal diritto comunitario secondo la

sentenza Hein Persche della Corte di Giustizia, in Dir. e Prat. Trib. Internaz., n. 2, 2009, p. 975; R. SUCCIO,

Cooperazione internazionale e scambi di informazioni tra amministrazioni finanziarie: alcune considerazioni, in Dir.

Prat. Trib. Internaz., 2011, p. 168.

116 S. DORIGO, “La cooperazione fiscale internazionale”, in La Cooperazione fiscale internazionale, in Principi di diritto

tributario europeo e internazionale, a cura di C. Sacchetto, , Torino, 2011, p. 219.

117 F. FERNANDEZ MARIN, Il principio di cooperazione tra le amministrazioni finanziarie, in I principi Europei del

diritto Tributario, a cura di A. DI PIETRO e T. TASSANI, Cedam, 2013, p. 372; R. SUCCIO, Cooperazione internazionale

e scambi di informazioni tra amministrazioni finanziarie: alcune considerazioni, in Dir. Prat. Trib. Internaz., 2011, pp.

163-207.

118 Risoluzione del Consiglio del 10 febbraio 1975 relativa alle misure che la Comunità dovrà adottare per combattere la

frode e l’evasione fiscale sul piano internazionale, Gazzetta Ufficiale C 35 del 14 febbraio 1975. Tale Risoluzione

aveva già evidenziato come “la pratica della frode e dell’evasione fiscale al di là dei confini degli Stati Membri

conduce a perdite di bilancio e all’inosservanza del principio della giustizia fiscale e può condurre a distorsioni dei

movimenti di capitali e delle condizioni di concorrenza”, ritenendo necessaria l’introduzione di un sistema di scambio

di ogni informazione utile per un corretto accertamento delle imposte. Successivamente, anche la Commissione

Europea, nella comunicazione COM (2006) 823 def. Del 19 dicembre 2006 sul Coordinamento dei sistemi di

imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno aveva sostenuto che l’eliminazione di ogni forma di

discriminazione e di doppia imposizione poteva favorire il successo del mercato interno e concorrere al miglioramento

delle imprese europee. In dottrina: F. FERNANDEZ MARIN, Il principio di cooperazione tra le amministrazioni

finanziarie, in I principi Europei del diritto Tributario, a cura di A. DI PIETRO E T. TASSANI, Cedam, 2013; P.

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35

approccio conferma, per parte della dottrina, un progressivo “trend con cui l’Unione

europea attua l’integrazione giuridica in ambito fiscale, operando cioè, sul versante delle

norme tributarie procedurali”120

.

Il citato art. 115 TFUE conferisce al Consiglio, con una procedura speciale e previa

consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, il potere di

adottare all’unanimità “direttive” volte al ravvicinamento delle legislazioni nazionali che

abbiano “un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato interno”.

L’art. 114 conferisce all’Unione una competenza concorrente interna con la quale è

possibile adottare atti al fine di armonizzare le disposizione legislative e regolamentari degli

Stati membri in certi settori. La scelta della procedura non è di minore importanza in quanto

quella di cui all’art. 115 TFUE prevede la delibera all’unanimità da parte del Consiglio,

mentre l’art. 114 TFUE contempla solo la codecisione, quindi la maggioranza qualificata. In

materia di riavvicinamento delle legislazioni, il settore tributario è escluso dalla sfera di

applicazione dell’art. 114. L’art. 114 infatti, secondo comma, stabilisce espressamente che

la regola della maggioranza qualificata “non si applica alle disposizioni fiscali”. La

Commissione tentò in più occasioni di estendere alla cooperazione amministrativa in campo

fiscale il ricorso alla procedura ordinaria121

, motivando che tali direttive non avrebbero

avuto riflessi sugli obblighi dei soggetti passivi o sulle regole concernenti il campo di

applicazione dell’imposta122

, ma si sarebbero limitate a creare collegamenti tra le

amministrazioni fiscali, intervenendo quindi solo su norme procedurali e non su norme

sostanziali. Secondo questa visione, l’assistenza amministrativa poteva non essere

ricondotta alla legislazione fiscale tout court in quanto “la cooperazione in materia

tributaria non inciderebbe sulla sostanza della sovranità fiscale degli Stati membri ma

intende piuttosto garantire il buon funzionamento del mercato unico, ad esempio,

MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di mutua

assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p.353;

119 Corte di Giustizia, Grande Sezione, 12 settembre 2006, causa C-196/04 Cadbury Schweppes, Racc. I-8031. La corte

ha infatti evidenziato che lo Stato di residenza può “ricorrere ai meccanismi di collaborazione e di scambio

d’informazioni tra amministrazioni fiscali nazionali istituiti da strumenti giuridici (…) vale a dire la direttiva del

Consiglio del 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza tra le autorità competenti degli Stati

membri nel settore delle imposte dirette”.

120 P. MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p.354.

121 Proposta di direttiva 2003/93/CE e di regolamento CE 1798/2003; Proposta di direttiva 2004/56/CE che modifica la

direttiva 77/799/CEE,

122 Commissione europea, relazione illustrativa alla proposta di direttiva 2003/93/CE e di Regolamento CE 1798/2003,

punto n. 6 “Conclusioni”.

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36

impedendo agli evasori fiscali di nascondersi in un altro Stato membro”123

. Con

l’espressione “disposizioni fiscali”, di cui all’art. 95 del TCE, oggi art. 114 TFUE, il

legislatore avrebbe fatto riferimento ai soli elementi centrali della fiscalità, quali le norme di

carattere sostanziale, escludendo l’assistenza reciproca in materia fiscale124

. Nonostante tale

opinione più volte ribadita dalla Commissione, la distinzione tra norme sostanziali relative

alla determinazione dei soggetti passivi d’imposta, delle aliquote e della base imponibile e

tra quelle volte a regolare le modalità di accertamento e di riscossione delle imposte è,

secondo il Consiglio, priva di fondamento, poiché negli ordinamenti nazionali entrambe

confluiscono tra le disposizioni di carattere fiscale. Tale posizione è condivisa dalla Corte di

Giustizia125

che ad oggi ha respinto i ricorsi inoltrati dalla Commissione al fine di ottenere

l’annullamento di atti concernenti l’assistenza tributaria internazionale modificati

unilateralmente dal Consiglio affermando che “la scelta del fondamento normativo non

potrebbe dipendere dalla questione di stabilire in che misura l’atto emanando incida sulla

sovranità degli Stati membri in quanto una siffatta impostazione implicherebbe valutazioni

politiche, il che risulterebbe contrario tanto al sistema di ripartizione delle competenze in

seno alla Comunità, quanto al principio della certezza del diritto” 126

.

Queste

considerazioni sulla competenza introducono alla riflessione in merito al principio di

attribuzione di cui all’art. 5, comma 1, del TUE, in base al quale: “la delimitazione delle

competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione”. L’Unione, pertanto, agisce

esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei

trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Il comma 2 dell’art. 5 aggiunge che

qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri. A

questo proposito è necessario precisare che non esiste una specifica base giuridica nei

Trattati che possa fondare una competenza generale nell’Unione in ambito procedurale.

L’intervento dell’Unione avviene pertanto, per quanto concerne la cooperazione, in base ai

123 Parlamento Europeo, Relazione A5-0466/2003 del 4 dicembre 2003, relatrice Piia Noora-Kauppi, presentata in

occasione della proposta di direttiva 2004/56/CE che modifica la direttiva 77//99/CEE.

124 Conclusioni dell’Avvocato generale Alber presentate il 9/9/2003, causa C-338/01, Commissione c. Consiglio, punto

17.

125 Corte di Giustizia, sentenza del 29 aprile 2004, causa C-338/01, Commissione delle Comunità europee sostenuta da

Parlamento europeo c. Consiglio dell’Unione europea, cit. punti 37 e 67:

126 Il Consiglio ha modificato la base giuridica di talune proposte della Commissione sulla cooperazione amministrativa

nel settore dell’IVA e delle imposte dirette relative all’abrogazione del Regolamento n. 218/92/CE e alla modifica della

Direttiva 77/799/CEE. Si veda sul punto: Parlamento europeo, Commissione per i problemi economici e monetari ,

Relazione sulla Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva n. 77/799/CEE

relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette

(COM(2003)446-C5_0370/2003-2003/0170(COD)) documento di seduta del 4 dicembre 2003. In dottrina: F. PERSANO,

La cooperazione internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello scambio di informazioni in materia

tributaria, Torino, Giappichelli 2006, pp. 130 e ss.

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37

principi di sussidiarietà e proporzionalità che ispirano l’azione del legislatore in merito

all’opportunità o meno di adottare un atto in una materia di tipo concorrente secondo quanto

disposto dall’art. 5, par. 2 del TUE. In base al principio di sussidiarietà127

, l’Unione

interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere

conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri né a livello centrale né a livello regionale

e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere

raggiunti meglio a livello di Unione. Tale principio impone una difficile valutazione

dell’adeguatezza rispetto ad un obbiettivo dato, dell’azione coordinata a livello europeo e

dei vantaggi che questa presenta se comparata all’azione dei singoli Stati membri, nonché

dei possibili rischi di creazione di distorsioni della concorrenza. Analogamente al principio

di sussidiarietà. anche il principio di proporzionalità, regola l’esercizio delle competenze

attribuite all’Unione. Esso rileva nella fase successiva alla decisione del legislatore di

esercitare una determinata competenza concorrente e incide sulle modalità di esercizio di

questa, sulla scelta dell’atto e del suo contenuto. Esso afferma che le azioni delle istituzioni

dell’Unione non possano andare oltre ciò che è necessario per realizzare gli obiettivi del

Trattato. Tramite la giurisprudenza della Corte di Giustizia questo principio, formulato

come fattore di moderazione dell’azione comunitaria, è divenuto un principio generale del

diritto comunitario utilizzabile anche per valutare l’azione legislativa degli Stati membri e il

suo impatto sulle libertà fondamentali128

. Non vi è pertanto un bilanciamento tra interessi

nazionali e comunitari, al principio di proporzionalità si ricorre, come ad un criterio di

ragionevolezza, per valutare la legittimità di una norma nazionale che persegua un obiettivo

legittimo ma allo stesso tempo confliggente con gli obiettivi delle libertà economiche

fondamentali129

. Il provvedimento nazionale sarà considerato in linea con detto principio

soltanto se la misura è appropriata, cioè atta a raggiungere l’obiettivo prefissato e

127 Il principio di sussidiarietà, contenuto nell’art. 5 del Trattato afferma che nelle materie che non rientrano nella sua

competenza esclusiva, l’Unione può intervenire solo se gli obiettivi non possono essere realizzati efficacemente dagli

Stati Membri e solo se possono essere realizzati meglio con l’azione comunitaria. In questo senso F. VANISTENDAEL, Le

nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in Per una costituzione fiscale europea, A. Di

Pietro (a cura di), CEDAM, Padova , 2008, p. 102.

128 CGUE, sentenza dell’11 luglio 1989, C-265/87, Shräder HS Kraftfutter Gmbh & co. KG, Racc. p. 2263, par. 14 e 21;

Corte di Giustizia, sentenza del 14 luglio 1967, causa Sagulo C-8/77; Corte di Giustizia, sentenza del 20 febbraio 1979,

Buitoni, causa C-122/78; Corte di Giustizia, sentenza del 15 maggio 1986, Johnston causa C-222/84. Nella prospettiva

italiana si vedano: D.U. GALLETTA, Discrezionalità amministrativa e principio di proporzionalità in Riv. It. Dir. pubbl.

comm. 1994, 139 e ss e A. MARCHESELLI, Lo statuto del contribuente: condivisione dei principi comunitari e nazionali,

riflessi sulla validità per gli atti, in Dir. prat. Trib., 2011, n. 82, 3, pp-521-534.

129 F. PERSANO, “La pronuncia della Corte di Giustizia CE nel caso Skatteverket c. A: brevi considerazioni in merito

alla giustificazione concernente l’efficacia dei controlli fiscali nei rapporti con i Paesi Terzi”, in Diritto e Pratica

Tributaria Internazionale, 2008, vol. 2, p. 976 e ss; F. VANISTENDAEL, Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi

comuni nel diritto tributario, in Per una costituzione fiscale europea, A. Di Pietro (a cura di), CEDAM, Padova , 2008,

p. 103.

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38

indispensabile, nel senso che qualunque altra misura meno lesiva delle libertà fondamentali

non sarebbe idonea a raggiungere efficacemente gli stessi obiettivi, fermo restando che,

qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate, è necessario ricorrere alla meno

restrittiva130

. Al contrario, una norma restrittiva delle libertà fondamentali sarà considerata

compatibile con le norme del diritto comunitario quando i) è giustificata da motivi di

interesse pubblico superiore; ii) è necessaria; iii) costituisce uno strumento adeguato in virtù

dell’applicazione del principio di proporzionalità che impone di graduare i mezzi prescelti

rispetto alle caratteristiche dell’obiettivo di volta in volta perseguito131

. Spetta, pertanto, alla

giurisprudenza comunitaria valutare se i mezzi prefigurati per raggiungere lo scopo dell’atto

siano idonei e non eccedano quanto necessario a raggiungerlo, ovvero non siano adottabili

misure meno restrittive. La Corte ha precisato che tra le finalità di interesse generale

riconosciute dall’Unione come possibile motivazione della restrizione delle libertà sono

comprese, per quanto riguarda l’ambito fiscale, la coerenza del sistema tributario132

,

l’efficacia dei controlli fiscali o la lotta contro la frode e l’evasione fiscale133

sempre che

non si ecceda quanto necessario per il conseguimento dello scopo perseguito dalla

normativa di cui trattasi134

. Una norma interna è considerata sproporzionata rispetto al

raggiungimento dell’obiettivo nazionale quando si pone in contrasto con l’essenza dei diritti

fondamentali, comprese le libertà fondamentali dell’Unione135

. Tali considerazioni verranno

riprese in merito al capitolo sulla tutela del contribuente per valutare il rispetto del principio

di proporzionalità nello scambio di informazioni.

La proporzionalità rileva ulteriormente in merito ad una valutazione di una potenziale

inefficienza della procedura, introducendo alla questione se un ammontare così voluminoso

di dati possa essere efficacemente controllato dalle amministrazioni finanziarie e se i

risultati dello stesso possano giustificare i costi amministrativi supportati136

. Infine, la

proporzionalità è valutata come elemento cardine al fine di considerare ammissibili o meno,

130 CGUE, sentenza dell’11 luglio 1989, C-265/87, Shräder HS Kraftfutter Gmbh & co. KG, Racc. p. 2263, par. 21.

131 CGUE, sentenza del 13 dicembre 1979, caso C-44/79, Liselotte Hauer contro Land Rheineland Pfalz, par. 23 e ss.

132 CGUE, sentenza del 28 gennaio 1992, Causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249, punto 28; CGUE, sentenza del

213 marzo 2007, Causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, Racc. pag. I-2107, punto 68.

133 CGUE, sentenza del 21 febbraio 2006C-255/02, Halifax, punto 71; CGUE, sentenza del 17 dicembre 2015, causa C-

419/14, Web Mind Licenses Kft, p. 69-76.

134 Corte di Giustizia, Sentenza del 18 dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket v. A.

135 F. VANISTENDAEL, Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in Per una

costituzione fiscale europea, A. Di Pietro (a cura di), CEDAM, Padova , 2008, p. 103.

136 A. CHRISTIANS, Taxpayer Rights, on and Off-shore: the 2013 Taxpayer Advocate’s Report to Congress, in Tax Notes

International, 22 gennaio 2014, p. 3.

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come si vedrà nel paragrafo relativo ai “Rapporti con i Paesi terzi”, le discriminazioni tra

Stati membri e paesi terzi laddove non sia vigente lo stesso quadro normativo in merito allo

scambio di scambio di informazioni. caso dividendi in uscita dall’Italia verso paesi SEE:

ammissibilità della restrizione CGU, sentenza del 19 novembre 2009, causa C-540/07,

Commissione delle Comunità europee contro Repubblica italiana.

2.1.2. Il principio di autonomia procedurale

La cooperazione in ambito internazionale è quell’attività posta in essere dall’Autorità

competente di uno Stato al fine di consentire ad altro Stato il perseguimento di finalità

fiscali mediante l’utilizzo di strumenti di stampo amministrativo137

. La scelta di tali mezzi è

attuata dagli Stati membri in maniera “autonoma”, data un’esigenza di elasticità che è

propria di un ordinamento, come quello dell’Unione Europea, composto da diversi

ordinamenti nazionali che non sempre dispongono dei medesimi strumenti. L’autonomia

procedurale sussiste solo e soltanto nella misura in cui sussista la competenza procedurale

degli Stati membri mentre scompare nel momento in cui, come nel caso, ad esempio, delle

direttive in materia di ricorso sull’aggiudicazione degli appalti pubblici, tale competenza

venga avocata a sé dall’Unione138

.

Di conseguenza, le regole procedimentali nazionali si esercitano laddove non vi è una

regolamentazione dell’Unione. Nell’ambito della cooperazione amministrativa, la mancanza

di armonizzazione delle norme procedimentali e il rinvio agli ordinamenti degli Stati

membri per determinare la normativa che regola l’attività dell’Amministrazione Finanziaria

non solo rafforza il principio di autonomia procedimentale ma riflette anche una volontà

politica dell’Unione di lasciare alla normativa nazionale le modalità concrete di attuazione

del diritto comunitario139

. Come osservato dalla dottrina140

, l’autonomia procedurale si

137 G. MARINO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realtà, in Rassegna Tributaria, n. 2,

2010.

138 D.U. GALLETTA, La giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di autonomia procedurale degli Stati membri

dell’Unione Europea – report annuale 2001, p. 10, disponibile al link http://www.ius-

publicum.com/repository/uploads/22_02_2012_12_08_Galetta_IT.pdf ultimo accesso 30 novembre 2016.

139 In senso contrario prese posizione parte della dottrina, A.M.P. GRANDAL, Comments: The use of mutual assistance in

tax affairs by Member States and ECJ, in EATLP, atti del convegno Santiago de Compostela, ritenendo che essendo la

direttiva sulla cooperazione amministrativa una “direttiva sulla procedura”, poteva essere emendata senza la necessità

dell’unanimità.

140 D.U. Galletta, La giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di autonomia procedurale degli Stati membri

dell’Unione Europea – report annuale 2001”, P. 10, disponibile al link http://www.ius-

publicum.com/repository/uploads/22_02_2012_12_08_Galetta_IT.pdf ultimo accesso 30 novembre 2016.

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40

avvicina all’idea che sta alla base dell’utilizzo dello strumento della direttiva comunitaria,

che vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto concerne il risultato da raggiungere

lasciando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. In primo

luogo occorre precisare che il concetto di diritto procedurale nel contesto comunitario è più

ampio di quello che considerato nella dottrina interna e comprende anche tematiche quali

l’annullamento d’ufficio, il giudicato, la responsabilità141

. Il termine “autonomia

procedurale” degli Stati membri risale alla pronuncia Rewe del 1976 della Corte di

Giustizia142

. Con questa pronuncia che verteva su una tematica di diritto processuale

amministrativo, la Corte stabilì che: “in mancanza di una specifica disciplina comunitaria, è

l’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro che designa il giudice

competente e stabilisce le modalità procedurali delle azioni giudiziali intese a garantire la

tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme comunitarie aventi efficacia

diretta”143

.

Nella citata sentenza Rewe144

, la Corte ha precisato con chiarezza che l’attribuzione

delle competenze procedurali trova, tuttavia, due limiti all’esercizio dell’autonomia

procedurale degli Stati membri: l’effettività e l’equivalenza. Il principio di effettività,

consistente nell’obbligo di non rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile

la tutela delle situazioni conferite dal diritto comunitario145

corrisponde ad un vero e proprio

obbligo di risultato in capo alle autorità degli Stati membri.

Il principio di equivalenza richiede che le condizioni stabilite dalle legislazioni

nazionali non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di

natura interna146

. Si vuole evitare che le situazioni soggettive conferite dal diritto

comunitario siano tutelate in modo meno efficiente rispetto a quelle conferite da norme

141 D.U. GALLETTA, La giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di autonomia procedurale degli Stati membri

dell’Unione Europea – report annuale 2001”, disponibile al link http://www.ius-

publicum.com/repository/uploads/22_02_2012_12_08_Galetta_IT.pdf ultimo accesso 30 novembre 2016.

142 CGUE, sentenza del 16 dicembre 1976, causa C-33/76, Rewe Zentralfinanz e Rewe-Zentral AG contro

Landwirtscharftskammei für das Saarland.

143 CGUE, sentenza del 16 dicembre 1976, causa C-33/76, Rewe, punto 5.

144 Nel caso Rewe citato, punto 5, la Corte di Giustizia statuisce che in mancanza di una specifica disciplina

comunitaria, le modalità procedurali non possono, beninteso, essere meno favorevoli di quelle relative ad analoghe

azioni del sistema processuale nazionale e che tali modalità stabilite dalle norme interne non devono rendere in pratica

“impossibile l’esercizio di diritti che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare”.

145 CGUE, sentenza del 3 dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borrelli spa c. Commissione delle Comunità

europee, par. 13 e 15.

146 CGUE, sentenza del 10 luglio 1997, causa C-261/95, Rosalba Palmisani v. Istituto nazionale previdenza sociale, par.

27.

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41

nazionali, pregiudicando, così l’applicazione effettiva del diritto comunitario. Non basta che

le stesse modalità procedurali siano applicabili a due domande analoghe, occorre anche

considerare l’equivalenza in concreto, valutando il risultato al quale l’applicazione della

norma conduce147

.

La giurisprudenza comunitaria ha identificato i c.d. “criteri Rewe” di equivalenza e

effettività, limitandosi ad identificare “i corretti binari entro cui l’autonomia procedurale

degli Stati membri doveva collocarsi”148

, tuttavia, è solo successivamente che questi criteri

sono stati ridefiniti anche nel loro collegamento con l’obbligo di interpretazione conforme.

Con la sentenza van Schijndel del 1995149

, il giudice comunitario diventa più propositivo

poiché, mediante l’ausilio del giudice di rinvio, individua un vero e proprio dovere del

giudice nazionale di identificare, o meglio, di “funzionalizzare” gli strumenti a disposizione

del diritto interno che meglio consentirebbero di perseguire l’obiettivo di effettività del

diritto comunitario. L’applicazione di una norma procedurale nazionale non può mai

condurre al risultato di rendere del tutto ineffettive le norme comunitarie. Ne discende che il

principio di autonomia procedimentale, mediante l’opera interpretativa della Corte di

Giustizia, ovvero applicando i due criteri Rewe unitamente all’obbligo di interpretazione

conforme, non può essere invocato dallo Stato membro come di carattere assoluto e

inderogabile. In tal senso, infatti, come avviene nel caso Oleificio Borrelli150

, la Corte di

Giustizia pur riconoscendo l’autonomia procedimentale all’interno degli Stati membri,

(“emerge che l’atto emanato dall’autorità nazionale vincola l’organo decisionale

comunitario e determina pertanto i termini dell’emananda decisione comunitaria”)

stabilisce che, se anche le norme procedurali nazionali non lo prevedono, “l’esigenza di un

sindacato giurisdizionale di qualsiasi decisione di un’autorità nazionale costituisce un

principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni

agli Stati membri e che è sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti

147 CGUE, sentenza del 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel. In dottrina: A. ADINOLFI,

La tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive individuali conferite dal diritto comunitario, contributo

alla XXXIII tavola Rotonda di diritto comunitario – Milano, 24 novembre 2000, L’influenza del diritto comunitario sul

diritto processuale interno, in Il diritto dell’Unione Europea, 2001, n. 1, p. 42.

148 D.U. GALLETTA, La giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di autonomia procedurale degli Stati membri

dell’Unione Europea – report annuale 2001”, cit., p. 13.

149 CGUE, Sentenza del 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel. La “funzionalizzazione”

consiste nell’interpretare le norme procedurali nazionali, già a disposizione nel diritto interno, in guisa tale da

permettere il perseguimento dello scopo tutelato dal diritto comunitario sostanziale.

150 CGUE, sentenza del 3 dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borrelli spa c. Commissione delle Comunità

europee, par. 10.

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42

dell’uomo”151

. Analogamente, nella sentenza Lucchini152

, la Corte di Giustizia interviene

nel limitare l’autonomia procedimentale interna, nel caso di specie riferita al principio

dell’autorità di cosa giudicata, alla luce dell’obbligo di interpretazione conforme del diritto

comunitario. In questo caso i giudici nazionali dovettero interpretare le disposizioni del

diritto nazionale in modo da consentirne l’attuazione del diritto comunitario. Queste

valutazioni possono essere d’ausilio nell’esame delle norme nazionali di tutela del

contribuente che alla luce dell’obbligo di interpretazione conforme devono rispettare il

diritto comunitario e i principi costituzionali comuni.

Gli Stati membri sono, pertanto, sottoposti, nell’esercizio delle loro competenze, ad una

doppia limitazione: devono garantire l’efficacia dell’azione dell’Unione e rispettare al

contempo i principi generali dell’ordinamento dell’Unione Europea.

2.1.3. Il principio di leale collaborazione

La valorizzazione dello scambio di informazioni trova ulteriore base giuridica nel principio

di leale cooperazione enunciato nell’art. 4 paragrafo 3, del TUE in virtù del quale gli Stati

membri e l’Unione si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti

derivanti dai Trattati, anche nei settori di propria esclusiva competenza153

. Mediante

l’assistenza amministrativa, gli Stati membri cooperano lealmente154

anche al fine di fornire

informazioni senza le quali vi sarebbe nell’altro Stato un’ingiustificata riduzione delle

151 CGUE, sentenza del 3 dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borrelli spa c. Commissione delle Comunità

europee, par. 14.

152 CGUE, sentenza del 18 luglio 2007, causa C-119/05, Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’artigianato c.

Lucchini SPA, punti 57-60: in questa sentenza la Corte individua un obbligo di interpretazione conforme in quanto

“spetta ai giudici nazionali interpretare le disposizioni del diritto nazionale quanto più possibile in modo da

consentirne un’applicazione che contribuisca all’attuazione del diritto comunitario”. In particolare, la società Lucchini

aveva impugnato davanti al TAR del Lazio il decreto con cui veniva richiesta dall’amministrazione nazionale la

restituzione di aiuti in contrasto col diritto comunitario e, in particolare con una decisione di diniego della Commissione

divenuta definitiva a seguito della mancata impugnazione da parte dello Stato italiano. La richiesta della ricorrente

discendeva dal fatto che il tribunale di primo grado e la Corte di appello di Roma si erano pronunciati sulla

compatibilità con il diritto comunitario degli aiuti di Stato richiesti dalla Lucchini e che la stessa era passata in

giudicato. Il ricorso al TAR da parte della società avveniva nella convinzione che la sentenza passata in giudicato del

tribunale di appello potesse vincolare e limitare l’applicazione del diritto comunitario, rendendo impossibile il recupero

di un aiuto di Stato concesso in violazione delle norme dell’Unione.

153In base all’art. 4 par. 3 del TUE, l’obbligo di leale cooperazione tra gli Stati membri e l’Unione impone ai primi di

non porre in essere atti legislativi o regolamentari che si pongano in contrasto con gli obblighi derivanti dal diritto

dell’Unione e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi

dell’Unione.

154 S. DORIGO, La cooperazione fiscale internazionale, cit., p. 220.

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imposte155

. Il principio presenta un triplice contenuto che si articola nel: 1) dovere degli

Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per raggiungere l’adempimento delle

obbligazioni loro imposte dai Trattati o dal diritto secondario, adottando le necessarie

disposizioni normative nazionali nonché gli atti amministrativi necessari; 2) il dovere di

astenersi dal compiere atti che possano pregiudicare il corretto funzionamento dell’Unione

Europea e, 3) il dovere di agevolare le Istituzioni nell’adempimento delle proprie funzioni.

Nonostante il tenore letterale dell’articolo 4 limiti il principio di leale cooperazione ai

rapporti tra Stati membri ed Unione Europea e ai rapporti tra le istituzioni europee, la Corte

di Giustizia156

ha ammesso che, per garantirne la sua efficacia, lo stesso deve poter

estendere i propri effetti anche nei rapporti tra gli Stati membri. La Corte di Giustizia, nella

sentenza Etablissements Rimbaud SA, ha esteso il principio di leale cooperazione anche

all’ambito dello scambio di informazioni affermando che “in forza del principio di leale

cooperazione, gli Stati membri sono tenuti a svolgere effettivamente lo scambio di

informazioni istituito dalla direttiva 77/799”157

. L’obbligo di leale collaborazione comporta

fedeltà e solidarietà nell’agire da parte degli Stati membri nei confronti dell’Unione, sia

quando agiscono a livello interno sia con riguardo agli obblighi assunti nei confronti

dell’Unione. Il contenuto e la sua portata attuativa sono stati, tuttavia, oggetto di un’ampia

elaborazione giurisprudenziale che gli ha conferito un’efficacia e un contenuto proprio,

superando così i limiti del dettato normativo che altrimenti si sarebbe potuto identificare con

il principio internazionale pacta sunt servanda158

, data la circostanza che questo precetto

contiene un dovere di lealtà degli Stati membri verso l’Unione Europea. Come considerato

dalla Corte di Giustizia, questa norma è espressione del principio più generale che impone,

come obbligazione di risultato159

, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie obblighi

155 Corte di Giustizia, sentenza del 13 aprile 2000, C-420/98, caso W.N. v. Staatssecretaris van Financien, p. 22, nel

quale la Corte stabilisce che “alla luce dello scopo della direttiva (77/799/CEE), che mira non solo a combattere la frode

e l’evasione fiscale, ma anche a consentire il corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio nei vari

Stati membri, occorre interpretare l’art. 4, n. 1, lett. a) della direttiva nel senso che uno Stato membro comunica senza

previa domanda, un’informazione alle autorità tributarie di un altro Stato membro qualora abbia motivo di presumere

che, senza tale informazione, possa esistere o essere concessa in tale altro stato un’ingiustificata riduzione di imposte.

156 Corte di Giustizia, sentenza del 20 ottobre 2010, Etablissements Rimbaud SA, C-72/09 p. 48.

157 Corte di Giustizia, sentenza del 28 ottobre 2010, causa C 72/09, Etablissements Rimbaud, par. 48.

158 Tale principio discende dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969. Per quanto rimanga innegabile

la rilevanza in ambito comunitario dei principi sanciti da detta Convenzione (si veda, senza pretesa di completezza

l’analisi svolta da P. KUIJPER, The Court and the tribunal of the EC and the Vienna Convention on the Law of Treaties

1969, in Legal Issues of European Integration, 1998, pp. 1-23) si ritiene che il principio di leale collaborazione abbia un

significato più ampio.

159 Sul dovere di leale collaborazione. Si veda E. NEFRAMI, The Duty of Loyalty, rethinking its Scope Through its

Application in the Fiels of EU External Relations, in Common Maret Law Review, 2010, p. 324.

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reciproci di leale collaborazione e assistenza, ma anche che tale collaborazione “non si

fonda sul principio di reciprocità, un’eventuale violazione da parte di tali istituzioni del

dovere di leale collaborazione ad esse imposto non consente in ogni caso ad uno Stato

membro di giustificare le proprie infrazioni di diritto comunitario”160

. Se la reciprocità e

l’equilibrio sono alla base del regime delle convenzioni contro le doppie imposizioni161

, le

stesse condizioni non possono, tuttavia, essere di contrasto in ambito comunitario, alla

realizzazione di un mercato unico. Leale collaborazione, significa, infatti, anche

interpretazione conforme al diritto comunitario, orientata nel suo fine alla realizzazione del

mercato interno162

. Il principio di reciprocità che, generalmente è alla base delle

convenzioni bilaterali, non prevale, in caso di conflitto, sui principi fondamentali

dell’Unione, quale ad esempio il principio di non discriminazione163. Nel caso in cui la

corrispondenza sinallagmatica degli obblighi contenuti in una convenzione osti alle idee

fondamentali della costruzione di un’Europa unita, gli Stati membri sono tenuti a cercare

altre formule che, nel raggiungere tale obiettivo, non pregiudichino i diritti dei cittadini di

altri Stati membri, nel rispetto del principio di proporzionalità164.

2.2. La Direttiva Risparmio Lo scambio automatico di informazioni su base obbligatoria e su larga scala, sebbene

limitato a certe condizioni, fu introdotto per la prima volta con la Direttiva 2003/48/CE c.d.

“Direttiva Risparmio”165

. Tale strumento ha consentito l’applicazione del principio di

160 Conclusioni dell’Avvocato generale Yves Bot del 20 novembre 2008, causa Commissione/Grecia, C-45/07, p. 44;

Corte di Giustizia sentenza del 13 novembre 1964, causa Commissione c. Lussemburgo e Belgio, C-90 e 91/63.

161 Come indicato nel capitolo 3 del presente lavoro, anche in ambito internazionale il principio di reciprocità sta

subendo una contrazione della propria portata applicativa.

162 Più in generale, il principio di leale collaborazione è una conseguenza diretta dei principi di supremazia ed effettività

del diritto comunitario, in base ai quali gli Stati membri sono tenuti ad agire in modo da non frustrare la realizzazione

degli obiettivi dell’Unione e dell’applicazione del diritto comunitario. Secondo E. NEFRAMI, The Duty of Loyalty:

Rethinking its Scope through its Application in the Fields of the EU External Relations, cit., pp. 323-359 tale principio

può essere inteso come una sorta di “best effort obligation” ai sensi del quale gli Stati membri sono tenuti a compiere

ogni sforzo utile per garantire il raggiungimento degli interessi comuni. Si veda in questo senso, in materia di proprietà

intellettuale, le sentenze della Corte di Giustizia: causa C-431/05, Merck Genericos, punto 35 dell’11 settembre 2007 e

cause riunite C-300/98 e C-392/98, Parfums Christian Dior SA del 14 dicembre 2000 e Assco Geruste GmbH.

163 Conclusioni dell’Avvocato Generale Colomer presentate il 26/10/2004 nella causa C-376/03, D, par. 101.

164 Conclusioni del’avvocato Ganerale Colomer, presentate il 26/10/2004, causa C-376/03, causa “D”, par. 101.

165 La Direttiva del Consiglio 2003/48/EC, in G.U. L. 157/38 del 26 giugno 2003 sulla tassazione dei risparmi nella

forma di pagamento di interessi fu adottata il 3 giugno 2003, ma divenne effettiva soltanto il 1 luglio 2005 a causa di

lunghe e complesse trattative che hanno richiesto la stipula di appositi accordi anche con Stati Terzi. Il primo accordo

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effettiva tassazione degli interessi nello Stato di residenza del percipiente e secondo le

regole proprie interne di tale ultimo Stato mediante lo scambio di informazioni relative al

pagamento di interessi all’interno dell’Unione europea nei confronti di soggetti non

residenti. L’obiettivo della direttiva risparmio, come precisato dall’art. 1, era di permettere

che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato

membro a beneficiari effettivi, persone fisiche residenti ai fini fiscali in un altro Stato

membro, fossero soggetti ad un’effettiva imposizione secondo la legislazione di

quest’ultimo Stato membro. La principale novità è stata rappresentata dall’introduzione di

un obbligo di comunicazione nel caso di pagamento di interessi cross-border. La direttiva

era parte di un pacchetto fiscale del 1998 (c.d. “Pacchetto Monti”) avente lo scopo di

combattere la competizione fiscale dannosa166. Ad alcuni Stati (Belgio167, Lussemburgo ed

Austria) fu concesso un periodo transitorio nel corso del quale invece di fornire

informazioni agli altri Stati membri, i suddetti Paesi erano obbligati ad applicare una

ritenuta (per i primi tre anni con aliquota del 15%, del 20% per i tre anni successivi e del

35% in seguito) sul reddito da risparmio. Il sistema di transizione è stato ammesso fino a

che Svizzera, Andorra, Liechtenstein, Monaco e San Marino non avessero garantito

l’effettivo scambio di informazioni a richiesta sul pagamento degli interessi168.. L’adozione

che fu stipulato dall’Unione Europea fu quello con la Svizzera, denominato “Accordo tra la Comunità Europea e la

Confederazione Svizzera” che prevedeva misure equivalenti a quelle stabilite nella Direttiva Risparmio, in quanto la

Svizzera si impegnava a mantenere la ritenuta sui pagamenti di interessi degli agenti pagatori svizzeri. Detto accordo fu

siglato il 26 Ottobre 2004 ed entrò in vigore il 1/7/2005, il giorno in cui la Direttiva entrò in vigore. Gli agenti pagatori

svizzeri, in base a detto accordo, furono obbligati a trattenere una ritenuta alla fonte del 35% (a partire dal luglio 2011)

sugli interessi pagati, il 75% della quale deve essere devoluto allo Stato di residenza dell’investitore senza che fosse

svelata la sua identità. In alternativa l’investitore poteva acconsentire a rilevare la propria identità evitando così

l’applicazione della citata ritenuta. Si calcola che nell’anno 2010, 432 milioni di franchi svizzeri sono stati riscossi. Di

questi, 324 milioni sono stati pagati agli stati europei di residenza, mentre 108 milioni CHF sono stati trattenuti dal

governo svizzero.

166 Si ricorda che, a livello internazionale, per concorrenza fiscale dannosa, in base al documento OCSE “Harmful Tax

Competition: an emerging global issue” del 1998, non si intende solo un livello di tassazione sensibilmente inferiore

rispetto ad altri Paesi, quanto invece, misure che condizionino o siano suscettibili di condizionare la scelta

dell’allocazione di investimenti, attività o servizi finanziari o imprenditoriali all’interno della Comunità Europea. Sono

identificate quali pratiche di concorrenza fiscale dannosa, tra le altre: a) misure fiscali destinate esclusivamente ai non

residenti; b) misure isolate dal contesto economico del Paese; c) misure agevolative attribuite senza che sia stata svolta

alcuna attività. In tale documento è stata evidenziata l’importanza dello scambio di informazioni per arginare le pratiche

dannose di competizione fiscale. Il report ha identificato tre caratteristiche per qualificare un paradiso fiscale: assenza di

un livello di tassazione adeguato mancanza di uno scambio effettivo di scambi di informazioni e assenza di trasparenza.

In quest’ottica lo scambio di informazioni acquisisce un’importanza centrale in quanto l’adozione di adeguate

procedure che lo consentano viene assunta quale criterio per distinguere gli Stati qualificabili come paradisi fiscali e

Stati non qualificabili come tali.

167 Il Belgio è passato al regime comune a partire dal 1° gennaio 2010.

168 Direttiva 2003/48/CE, Considerando n. 18. Così anche al punto 24, la Direttiva afferma che “fintantoché gli Stati

Uniti d’America, la Svizzera, Andorra, il Liechtenstein, San Marino, Monaco e i pertinenti territori dipendenti e

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della Direttiva ha rappresentato un passo importante nell’eliminazione delle distorsioni

incompatibili con il mercato unico consistenti sia in eventuali doppie imposizioni sui

pagamenti di interessi derivanti dall’applicazione di una ritenuta alla fonte nello Stato di

origine del pagamento sia nell’assenza di imposizione a causa del mancato coordinamento

tra i sistemi fiscali nazionali169. Dal punto di vista del funzionamento, il sistema approntato

dalla Direttiva, in vigore dal 2005, ha, tuttavia manifestato i propri limiti connessi sia alla

definizione di beneficiario effettivo sia alla definizione troppo stringente di interessi su

crediti. Nel 2008, la Commissione Europea170

propose di colmare le lacune estendendo

l’ambito di applicazione, fino ad allora limitato ai soli redditi di risparmio sotto forma di

pagamento di interessi, anche ad altri redditi generati da prodotti finanziari innovativi o

prodotti di assicurazione sulla vita sostanzialmente equivalenti in termini di limitazione del

rischio, flessibilità e rendimento convenuto degli interessi171. La proposta rispose, pertanto,

ad una logica di progressivo adeguamento della legislazione fiscale alla realtà di un mercato

finanziario caratterizzato da una varietà di prodotti finanziari innovativi con caratteristiche

difficilmente classificabili. L’iter di riforma della Direttiva Risparmio è stato, tuttavia,

rallentato dalla necessità di coordinare le scelte europee a livello internazionale. In sede,

infatti, della riunione del Consiglio Europeo del 10/11/2009, Austria e Lussemburgo, gli

ultimi due Stati membri che persistevano nell’applicazione della euro-ritenuta hanno

espresso riserve in ordine al potenziamento dello scambio di informazioni su base

associati degli Stati membri non applicano tutti misure equivalenti o identiche a quelle contemplate dalla presente

Direttiva, la fuga di capitali verso detti paesi e territori potrebbe compromettere il conseguimento degli obiettivi della

stessa”.

169 Si ricorda che nelle relazioni internazionali la coesistenza del principio della tassazione nello Stato di residenza per i

redditi ovunque prodotti (c.d. Worldwide Income Principle) e del principio di tassazione nello Stato della fonte per i

redditi realizzati sul suo territorio (c.d. Source State Principle) implica inevitabilmente una duplice tassazione di redditi:

una prima volta secondo le regole applicabili nello Stato di residenza, una seconda in base alle regole dello Stato della

fonte (c.d. “diversità dei criteri di collegamento”). Gli Stati sono unici titolari del potere impositivo e non sono obbligati

ad eliminare la doppia imposizione internazionale. Tuttavia, il fenomeno della doppia imposizione è causa di distorsioni

e di inefficienza nell’economia degli scambi internazionali in quanto aggrava il costo complessivo delle attività

economiche transnazionali. Come affermato dall’Avvocato Generale Colomer nelle conclusioni presentate nella causa

C-376/03: “la circostanza che un fatto imponibile possa essere tassato due volte costituisce il più serio ostacolo a che i

soggetti di diritto e i suoi capitali superino le frontiere interne”, impedendo così il movimento di servizi e capitali tra gli

Stati membri e conseguentemente limitando il funzionamento del mercato interno.

170 Commissione Europea Proposta COM (2008) 727 def. di Direttiva del Consiglio che modifica la Direttiva

2003/48/CE in tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi presentata dalla Commissione in

data 13/11/2008.

171 La proposta di modifica prevede, inoltre, anche un ampliamento della definizione di “beneficiario effettivo”, facendo

rientrare anche i pagamenti di interessi percepiti da alcune entità e dispositivi giuridici a vantaggio finale di persone

fisiche, fino a quel momento esclusi dall’ambito applicativo della Direttiva(c.d. “approccio per trasparenza”). In questa

maniera, potevano rientrare anche, ad esempio, le fondazioni oppure i discretionary trust che non prevedono la

preliminare individuazione dei beneficiari effettivi dei redditi generati dagli investimenti nell’altro Stato.

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automatica, richiedendo norme europee non più restrittive di quelle prevalenti a livello

globale. Il successo di tale Direttiva era legato, quindi, tanto dal consenso dei Paesi membri

quanto dall’evoluzione internazionale. Come affermato dal Comitato Economico Sociale ed

Europeo172

occorreva “evitare che le nuove norme debbano essere applicate unilateralmente

dalla sola UE: senza accordi con i paesi terzi e con i paesi dell’accordo si potrebbe

assistere ad uno spostamento di grandi masse di operazioni dall’Europa verso altre aree. Al

tempo stesso si rischia di provocare una posizione fortemente squilibrata, dal punto di vista

della concorrenza, dell’Europa nei confronti del resto del mondo. L’Unione Europea

dovrebbe quindi intavolare negoziati per concordare l’adozione di misure analoghe e in

contemporanea sulle principali piazze finanziarie mondiali”. Con l’evoluzione nello

scenario internazionale della pressione verso una maggiore trasparenza fiscale, sostenuta

dall’entrata in vigore della normativa FATCA e incentivata dal fallimento dei c.d. “Accordi

Rubik”173

, anche gli Stati tradizionalmente contrari174 allo scambio di informazioni in

172 Parere del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) in merito alla proposta di Direttiva del Consiglio che

modifica la Direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi

COM (2008) 727 def. – 2008/0215 (CSN).

173 La Confederazione Elvetica sottoscrisse in data 21/9/2011 e 6/10/2011 due accordi prodromici (c.d. “accordi

Rubik”) in materia di tassazione dei redditi da risparmio con, rispettivamente la Germania e con la Gran Bretagna, e,

successivamente, il 13 aprile 2012 anche con l’Austria. Tali accordi prevedevano l’obbligo per gli agenti pagatori

svizzeri di applicare una ritenuta alla fonte su redditi erogati sotto forma di interessi, dividendi, altri redditi di capitale

qualora i beneficiari effettivi degli stessi fossero persone fisiche, comprese quelle che detengono in via indiretta valori

patrimoniali in Svizzera, mediante, ad esempio, un trust o una fondazione, residenti nell’altro Stato. L’intesa era

strutturata, in sostanza, nell’applicazione di una ritenuta in cambio dell’anonimato dei beneficiari, ovviando così allo

scambio automatico di informazioni tra i Paesi dell’accordo pur rimanendo vigente un meccanismo di garanzia che

permetteva di inoltrare un numero limitato di richieste individuali alla Svizzera. Quest’ultimo Paese, in cambio del

mantenimento del segreto bancario, si impegnava a trasferire un’imposta annuale anonima al Paese di residenza dei

contribuenti (pari al 25% per la Germania e con aliquote variabili per la Gran Bretagna). Tali accordi non furono mai

ratificati in parte perché avrebbero ostacolato la fornitura di informazioni nei confronti dell’Amministrazione Fiscale

statunisense, in base alla normativa FATCA che nel frattempo era entrata in vigore e in parte perché, come osservato da

parte della dottrina (P. PISTONE, “ Exchange of information and Rubik agreements: the perspective of an Eu Academic,

in Bulletin for International Taxation, aprile/maggio 2013, pag 216 e ss.), avrebbero potuto rappresentare una violazione

della supremazia del diritto comunitario, soprattutto in vista dell’espansione dell’ambito di applicazione della direttiva

risparmio. Secondo l’autore, ulteriore motivo di potenziale conflitto tra gli accordi Rubik e i principi dell’Unione fu

rappresentato dalla raccomandazione della Commissione Europea C (2012) n. 8805 regarding measures intended to

encourage Third Countries to apply minimum standards of Good Governance in Tax Matters del 6/12/2012, secondo la

quale la Commissione appoggia azioni di contrasto degli Stati membri a Paesi terzi che non ottemperano standard di

trasparenza e incoraggia (punto 4.3.) ciascun Stato Membro che abbia concluso un trattato con un Paese terzo che non

rispetti lo standard minimo di trasparenza a rinegoziare sospendere o risolvere la convenzione contro le doppie

imposizioni. La salvaguardia del segreto bancario svizzero ottenuta con tali accordi si sarebbe, infine, posta non in

conformità con quanto indicato dall’OCSE in materia di scambio di informazioni e trasparenza fiscale.

174 Come si apprende dal comunicato stampa del Granducato del Lussemburgo: “In light of recent international

developments, such as FATCA and the failure of the Rubik agreement between Germany and Switzerland, as well as ten

years after the adoption of the Eu 2003 Savings Directive(2003/48/EC) time has come to revisit the transitional

coexistence of automatic exchange of information and withholding tax. Whereas Luxemburg still considers withholding

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ambito finanziario aderirono all’adozione della nuova Direttiva risparmio in data 24 marzo

2014175,. La nuova normativa, tuttavia, ebbe una durata assai breve perché proprio quando

tutte le revisioni furono approvate, fu abrogata dal Consiglio il 10 novembre 2015, a seguito

dell’approvazione della Direttiva 2014/107/EU sulla cooperazione amministrativa, al fine di

evitare sovrapposizioni.

2.3. Le Direttive comunitarie in materia di assistenza amministrativa La Direttiva 77/799/CEE

176 è il primo provvedimento comunitario adottato in materia di

assistenza amministrativa tra le autorità degli Stati membri177.

Il merito di tale direttiva è

quello di essere stato uno strumento multilaterale in materia di cooperazione amministrativa

che ha superato i limiti derivanti dagli accordi bilaterali178

risultanti il più delle volte

tax to be a most effective instrument to ensure tax compliance and guarantee data protection, it also acknowledges that

international developments point to a broader use of automatic exchange of information in tax matters”, reperibile al

link: https://www.gouvernement.lu/1797026/en.pdf ultimo accesso 20 novembre 2016. Il Lussemburgo rileverà I dati

degli investitori europei dal 1 gennaio 2015, oggetto di scambio nel 2016 sulla base della Direttiva Risparmio; mentre

nel 2016 i dati sono scambiati (nel 2017) sulla base della Direttiva 2011/16/UE. Il Consiglio ECOFIN del 14 ottobre

2014 ha concesso all’Austria una proroga di un anno (2018) per lo scambio automatico di informazioni.

175 Direttiva 2014/48/UE del Consiglio del 24 marzo 2014, che modifica la direttiva 2003/48/CE in materia di

tassazione dei redditi da risparmio dotto forma di pagamenti di interessi, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 155

del 15 aprile 2014, p. 50.

176 Direttiva del Consiglio n. 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 relativa alla reciproca assistenza tra le autorità

competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di imposte sui premi assicurativi, Gazzetta Ufficiale L

336/18 del 27 dicembre 1977.

177 La prima presa di posizione ufficiale fu la Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea adottata in data 10

febbraio 1975 relativa alle misure che la Comunità doveva adottare per combattere la frode e l’evasione fiscale

internazionale, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C35/1 del 14 febbraio 1975. La citata

Risoluzione evidenziò la necessità di rafforzare la cooperazione in materia tributaria, fornendo specifiche indicazioni in

merito alle concrete modalità di attuazione della reciproca assistenza tra le autorità competenti dei Paesi membri. Lo

strumento fondamentale per realizzare una cooperazione efficace tra i Paesi comunitari fu individuato nel mutuo

scambio di informazioni, in grado di consentire la collaborazione fra i funzionari degli Stati membri interessati sia per

consentire una corretta determinazione delle imposte sia per combattere la frode o l’evasione fiscale. Al fine di

realizzare gli obiettivi di cui alla Risoluzione del febbraio 1975, fu adottata la Direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre

1977, concernente la reciproca assistenza fra amministrazioni finanziarie in materia di imposte dirette (successivamente

estesa anche all’IVA con la Direttiva n. 79/1070/CEE del 6 dicembre 1979 e alle accise con la Direttiva 92/12/CEE del

25 febbraio 1992).

178 In merito ai vantaggi di uno strumento multilaterale e ai limiti esistenti qualora le pratiche oggetto di controllo

presentino contatti con più ordinamenti si vedano: B. ARNOLD “An overview of the issues involved in the application

of double tax treaties”, in “Administration of double tax treaties for developing countries”, United Nations, New York,

2013; AVERY J. JONES, C. BOBBET, “Triangular Treaty Problems: a summary of the discussion in Seminar E at the IFA

Congress in London” (1999), 53 Bulletin 16, 19, disponibile al link:

http://www.fd.unl.pt/docentes_docs/ma/fsc_MA_5912.PDF. ultimo accesso 26 novembre 2016; H. LOUKOTA,

Multilateral Tax treaty versus bilateral treaty network, in Multilateral tax treaties: new developments in international tax

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inefficaci in quanto le disposizioni sullo scambio automatico dipendevano da protocolli di

intesa supplementari, soggetti a distinte negoziazioni179

. La Direttiva n. 77/799/CEE ha

costituito la normativa-modello sulla cui base sono stati adottati i successivi atti comunitari

in materia di assistenza tributaria internazionale180

. L’ambito di applicazione di detta

direttiva erano le imposte sul reddito e sul patrimonio nonché le imposte sui premi

assicurativi. Nel corso degli anni la stessa ha subito numerose modifiche volte a

modernizzare, rafforzare e semplificare lo strumento di cooperazione amministrativa e, in

particolare, dello scambio di informazioni181

, nonché ad allargare la cooperazione all’ambito

della fiscalità indiretta. I limiti di tale strumento furono, tuttavia, evidenziati per la prima

volta in una relazione182

del Consiglio dell’Unione Europa del 2000 avente ad oggetto la

lotta contro la frode fiscale. In particolare, in detto documento, si misero in luce le carenze

dovute alle norme concernenti il segreto bancario e l’assenza di adeguati termini temporali

per rispondere alle richieste nonchè le restrizioni sull’uso delle informazioni per usi diversi

dal carattere amministrativo-fiscale come, ad esempio, la richiesta di ottenere

l’autorizzazione da parte dello Stato membro richiesto quando tali informazioni dovevano

essere utilizzate pubblicamente in un contesto giudiziario183

. Tali profili critici furono

law, Kluwer, 1998; A. MILLER, A. KIRKPATRICK , The Use of Multilateral Instruments to Achieve the BEPS Action Plan

Agenda, in British Tax Review, n. 5, 2013.

179 F. PITRONE, Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, p. 463-489; M. VASCEGA, S. VAN

THIEL, “Assessment of taxes in cross border situations: the new EU Directive on Administrative Cooperation in the

field of taxation”, in EC Tax Review, 2011, 3, p. 150; F. SAPONARO, Lo scambio di informazioni tra Amministrazioni

fiscali e l’armonizzazione fiscale, in Rass. Trib., 2005, 2, p. 461. R. SUCCIO, Cooperazione internazionale e scambi di

informazioni tra amministrazioni finanziarie: alcune considerazioni, in Dir. Prat. Trib. Internaz., 2011, p. 169 afferma

che la multilateralità si realizza per il solo fatto della partecipazione degli Stati membri all’Unione.

180 Gli altri atti normativi adottati sono stati: il Regolamento n. 218/92/CEE del 27 gennaio 1992 concernente la

cooperazione amministrativa nel settore dell’IVA che ha stabilito un sistema di raccolta e di trasmissione elettronica di

dati denominato VIES, VAT Information Exchange System, abrogato dal Regolamento n. 1798/2003/Ce del Consiglio

del 7 ottobre 2003 relativo alla cooperazione amministrativa in materia di imposta sul valore aggiunto, in vigore dal 1

gennaio 2004.

181 Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio

che modifica la Direttiva n. 77/799/CEE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri

nel settore delle imposte dirette e indirette, in G.U.U.E. 5 febbraio 2004, n. C 32 pp. 94-97. Di seguito furono adottati la Direttiva n. 2004/56/CEE del Consiglio del 21 aprile 2004 finalizzata ad accelerare il flusso di informazioni e il

Regolamento n. 1798/2003/CE del Consiglio teso a rafforzare la cooperazione in materia IVA.

182 Consiglio dell’Unione Europea, Relazione del gruppo ad hoc “Frode Fiscale”, Lotta alla frode fiscale, 8668/00 del

22 maggio 2000.

183 F. PITRONE, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici”, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, p. 480.

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ribaditi, nuovamente, in altri due documenti della Commissione Europea184

nei quali essa

sottolineò la necessità di migliorare la trasparenza dei sistemi fiscali agevolando, tra l’altro,

il trasferimento di informazioni in possesso di autorità di vigilanza non del settore tributario

e migliorando l’accesso alle informazioni bancarie a fini fiscali.

Nel 2011, a seguito di un iter di approvazione frutto di un’intesa attività politica dovuta alle

resistenze di alcuni Stati membri185

e avviato ben due anni prima186

, fu approvata la

Direttiva 2011/16/UE187

sulla cooperazione amministrativa. La nuova Direttiva ha abrogato

e sostituito con decorrenza 1/1/2013 la previgente 77/799/CEE rappresentando il punto di

approdo di un dibattito interno alle istituzioni europee188 e costituisce il contributo europeo

al recente dibattito in ambito OCSE in tema di propagazione dei cosiddetti “Standard

internazionali di trasparenza e scambio di informazioni”189. La nuova direttiva ampliò

l’ambito di applicazione della cooperazione, fino a quel momento limitata alle imposte sul

reddito e sul patrimonio e alle imposte sui premi assicurativi estendendolo alle imposte di

qualsiasi tipo con l’eccezione delle imposte armonizzate: l’imposta sul valore aggiunto e i

184 Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla prevenzione e

la lotta alle pratiche societarie e finanziarie scorrette, COM(2004)611, 27 settembre 2004; Commissione Europea,

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo e al comitato economico e sociale europeo

sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta contro la frode fiscale COM(2006)

254, 31 maggio 2006.

185 Il Lussemburgo e l’Austria nel corso del Consiglio ECOFIN del novembre 2009 posero delle riserve di carattere

politico sul testo.

186 Commissione europea, proposta per una direttiva sulla cooperazione amministrativa in materia

fiscale(COM(2009)29).

187 Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga

la Direttiva 77/799/CEE, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 64/dell’11 marzo 2011, p. 1, e recepita con il D.

Lgs. N. 29/2014. Le norme relative allo scambio automatico sono entrate in vigore dal 1 gennaio 2015 in ottemperanza

alle disposizioni contenute nell’art. 29 della direttiva stessa. Non rientrano nell’ambito di applicazione della Direttiva

2011/16/UE le seguenti imposte: l’imposta sul valore aggiunto (IVA) e i dazi doganali o accise contemplate da altre

normative UE in materia di cooperazione amministrativa tra i Paesi UE; i contributi previdenziali obbligatori, i diritti

quali quelli per certificati e altri documenti rilasciati da autorità pubbliche, le tasse di natura contrattuale quale

corrispettivo per pubblici servizi.

188 Si veda la Comunicazione COM (2006) 254 def. della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al

Comitato Economico e Sociale Europeo sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la

lotta contro l’evasione fiscale. Parlamento Europeo, Risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla promozione della buona

governance in materia fiscale (2009/2174(INI)), Gazzetta Ufficiale C 341 E/29 del 16 dicembre 2010, nella quale si

afferma che una buona governance nel settore fiscale implica necessariamente trasparenza, scambio di informazioni e

concorrenza fiscale leale.

189 Global Forum on Transparency and Exchange of Information for tax purposes – Tax Transparency 2012 – Progress

Report to the G20 Meeting –Los Cabos, giugno 2012. Il più recente report del Global Forum: New reports review

jurisdictions’ information exchange è quello inerente l’incontro a Washington D.C. dell’ottobre 2016.

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dazi doganali o accise, già disciplinati da altre normative comunitarie, i contributi

previdenziali obbligatori, nonché le tasse di natura contrattuale quale corrispettivo per

pubblici servizi190

. Venne, inoltre, allargata la platea di contribuenti di riferimento

includendovi le persone fisiche, le persone giuridiche, le associazioni di persone prive di

capacità giuridica alle quali è riconosciuta la capacità di compiere atti giuridici nonché

qualsiasi altro istituto giuridico di qualunque natura e forma dotato o meno di personalità

giuridica che possiede o gestisce beni che siano assoggettati ad una delle imposte cui si

rivolge la direttiva. L’obiettivo fu quello di coinvolgere non solo gli istituti tradizionali quali

trust, fondazioni e fondi di investimento ma ogni altra nuova entità giuridica di possibile

futura emanazione191

. Tuttavia, l’aspetto più distintivo della nuova disciplina è

rappresentato dall’introduzione dell’obbligatorietà dello scambio automatico con

riferimento ad un novero predefinito di cinque tipologie reddituali: redditi da lavoro

dipendente, compensi per i dirigenti, prodotti di assicurazione sulla vita non contemplati in

altri strumenti giuridici dell’Unione, pensioni, proprietà e redditi immobiliari. Sebbene la

normativa prevedesse un approccio graduale che poteva essere progressivamente esteso a

più categorie reddituali192

, essa contribuì ad un netto potenziamento dello scambio

automatico di informazioni193

. Se si escludeva, infatti, l’ambito di applicazione della

Direttiva Risparmio, fino ad allora lo scambio automatico era demandato a procedure di

consultazione tra gli Stati scaturenti da trattati bilaterali basati su condizioni di reciprocità e

volontarietà e in assenza di vincoli temporali nella risposta. A partire dal 2014, invece,

qualora gli Stati membri dispongano di informazioni (c.d. “condizione di disponibilità” 194

)

inerenti le categorie di reddito fra quelle predefinite, devono provvedere allo scambio

automatico. Il primo scambio è stato attuato con riferimento ai redditi 2014, a partire dal

190 Art. 2, par.3, direttiva 2011/16/UE.

191 F. PITRONE, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici”, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, p. 463.

192 La Commissione si riservava di ampliare, nel 2017, a seguito di un primo esame circa la fattibilità, tali categorie al

fine di comprendervi anche i dividendi, le plusvalenze e le royalties.

193 Con la Direttiva n. 77/799/CEE, lo scambio automatico si attuava mediante un accordo fra le autorità fiscali di due o

più Stati membri che determinava i dati oggetto di scambio. Tale accordo era concluso secondo procedure di

consultazione come previsto dall’art. 9 e mediante un comitato appositamente costituito:“Ai fini dell’applicazione della

presente Direttiva, hanno luogo, se necessario, delle consultazioni in seno a un comitato fra le autorità competenti

degli Stati membri in causa, su richiesta di una delle due parti nel caso di questioni bilaterali”.

194 Questa condizione riferisce alla più vasta rintracciabilità delle informazioni nei documenti fiscali che possono essere

processati ex art. 3 par. 9. Questa precondizione può comportare tuttavia un significativo squilibrio tra le informazioni

oggetto di scambio. In questo senso: B.J.M. TERRA, P.J. WATTEL, European Tax Law, Wolters kluwers, 6 edizione,

2012, p. 831 e ss.

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1/1/2015195

. Le informazioni disponibili, come descritto dall’art. 3, par. 9, della Direttiva

16/2011/UE sono quelle “contenute negli archivi fiscali dello Stato membro che comunica

le informazioni”196

. Ciò significa che nel momento in cui vi è la disponibilità, lo Stato non

può rifiutarne l’invio. È attiva la presunzione, disciplinata all’art. 8 par. 3 della Direttiva in

esame, operante quale labile richiamo al requisito di reciprocità, e quale modalità per evitare

fenomeni di free riding197

, in base alla quale uno Stato che dichiari di non avere a

disposizione informazioni riguardanti alcuna delle cinque categorie reddituali oggetto di

scambio, non è autorizzato a ricevere informazioni dagli altri Stati. (i.e. “Si può reputare che

uno Stato membro non desideri ricevere informazioni in conformità del paragrafo 1 se non

comunica alla Commissione nessuna categoria sulla quale dispone di informazioni”).

Questo riferimento è l’unico in merito alla condizione di reciprocità che caratterizza, invece,

i trattati bilaterali. In questo senso, lo scambio attuato tra due Stati non necessariamente

fornisce ad entrambi informazioni sulla/e stesse categorie reddituali. Pertanto, la reciprocità

diventa più una condizione di accesso ai benefici dello scambio piuttosto che un limite

opposto da uno Stato membro per il mancato adempimento da parte di un altro Stato

membro198

. Del resto la condizione di reciprocità quale principio generale non è, difatti,

compatibile con il sistema comunitario e la stessa condizione di disponibilità è stata

eliminata con la modifica alla Direttiva 2011/16/UE199

. A questo proposito si rammenta che

nell’art. 18, par. 1 della Direttiva 2011/16200

, lo Stato interpellato non può rifiutarsi di

195 Il periodo di implementazione della direttiva era il 1 gennaio 2013 mentre lo scambio automatico di informazioni è

attivo dal periodo d’imposta 2014. Tuttavia, non essendoci alcuna norma che indichi il periodo d’imposta di riferimento

per l’attuazione, le richieste possono riferirsi anche a un periodo antecedente all’entrata in vigore della Direttiva (X.

OBERSON, International Exchange of Information in Tax Matters, Edward Elgar, 2015, p. 107). Trattandosi di norma

procedurale, si può affermare che le informazioni sono scambiabili con effetto retroattivo. Si veda in questo senso

sull’applicabilità delle norme procedurali anche a situazioni sorte antecedentemente al momento di entrata in vigore:

Corte di Giustizia, sentenza del 1 luglio 2004, cause riunite C.361/02 e C-362/02, Elliniko Dimosio v. Nikolaos

Tsapalos e Konstantinos Diamantakis, par. 19. Permarrebbe la possibilità, in base all’art. 18 comma 3, per gli Stati

membri nei quali la segretezza bancaria era in vigore, di opporsi alla trasmissione di informazioni finanziarie

concernenti periodi d’imposta antecedenti al 1 gennaio 2011.

196 La condizione di disponibilità, eliminata, tra l’altro nella proposta di modifica della Direttiva 16/2011/UE, si

contrappone al regime “volontario” che caratterizza gli accordi bilaterali tra Stati.

197 C. GARBARINO, A. TURINA, Potenziamento in sede europea dello scambio di informazioni, in Fiscalità e commercio

internazionale, n. 5, 2013, p. 5.

198 M. VASCEGA, S. VAN THIEL, Assessment of taxes in cross border situations: the new EU Directive on Administrative

Cooperation in the field of taxation, in EC Tax Review, 2011/3, p- 148 e ss.

199 Essendo l’ordinamento comunitario un sistema autonomo e speciale di responsabilità internazionale, la violazione

del diritto comunitario comporta conseguenze da questo previste. Ne deriva che, qualora uno Stato membro intenda

porre fine all’altrui inadempimento, potranno essere invocati esclusivamente i rimedi giurisdizionali direttamente

previsti dal Trattato e non le regole generali in meteria di responsabilità internazionale.

200 Art. 18, par 1 della Direttiva 2011/16.

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fornire informazioni sulla base del fatto che non necessita di tali informazioni ai propri fini

fiscali ovvero che le stesse non presentino alcun interesse per tale Stato201

.

Nella precedente formulazione, si prevedeva che l’obbligo di assistenza veniva meno

qualora le autorità fiscali non potessero fornire informazioni equipollenti.

Per quanto concerne, invece, i vincoli temporali, l’art. 8, par. 6 della Direttiva, prevede

diversi termini a seconda della diversa tipologia di scambio di informazioni. Nel caso di

scambio a richiesta, l’autorità interpellata deve rispondere al più presto e comunque non

oltre sei mesi dalla data di ricevimento della richiesta a meno che non sia già in possesso

delle informazioni, in tal caso il termine temporale è due mesi dalla data di ricevimento

della richiesta stessa. In caso di scambio automatico, la comunicazione delle informazioni

“ha luogo almeno una volta all’anno entro i sei mesi successivi al temine dell’anno fiscale

dello Stato membro durante il quale le informazioni sono state rese disponibili”202

. Per

quanto concerne, infine, lo scambio spontaneo, l’autorità competente deve trasmettere le

informazioni al più presto e comunque non oltre un mese da quando sono disponibili203

.

Sotto il profilo applicativo lo scambio di informazioni su base automatica sarà condotto

sulla base del medesimo formato elettronico (denominato “FISC 153”) già in uso ai fini

della Direttiva Risparmio.

La grande novità della nuova direttiva concerne le disposizioni volte a rendere inefficaci le

normative in materia di segreto bancario, mediante espressa esclusione del segreto bancario

dal novero delle motivazioni idonee a dare luogo ad un diniego di una richiesta di

assistenza204

. In linea con le previsioni di cui all’art. 26 del modello OCSE, uno Stato

interpellato non può più rifiutarsi di fornire le informazioni sulla base del fatto che tali

informazioni sono detenute da una banca o da un istituto finanziario o da una persona che

agiste in qualità di agente o di fiduciario.

Per quanto riguarda l’oggetto dello scambio, la norma comunitaria dispone che gli Stati

membri cooperino mediante invio di dati prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e

per l’applicazione delle leggi nazionali, che corrisponde, nella versione inglese

201 F. Pitrone, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici”, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, p. 480.

202 Parte della dottrina definisce questo nuovo approccio come “rule based” contrapposto allo “Standard based” –con

riferimento all’art. 31 bis del DPR n. 600/1973 è necessario introdurre i termini entro i quali le agenzie fiscali devono

trasmettere le informazioni all’Autorità richiedente

203 Art. 10 della direttiva 2011/16/UE.

204 E’ importante rilevare l’assenza di retroattività della previsione in esame. Uno Stato membro può tuttavia rifiutare di

trasmettere le informazioni richieste se queste riguardano periodi di imposta antecedenti al 1/1/2011.

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all’espressione “foreseeably relevant” utilizzata nell’art. 26 del Modello di Convenzione

OCSE205

. Come precisato nel preambolo punto n. 9, il concetto di prevedibile pertinenza

deve essere riferito allo “scambio di informazioni in materia fiscale nella misura più ampia

possibile”. Questo ampliamento è in linea con l’intenzione di una cooperazione

amministrativa globale poiché, come indicato nel considerando 21, “la presente direttiva

contiene norme minime e non dovrebbe pertanto pregiudicare il diritto degli Stati membri di

partecipare ad una cooperazione più estesa con gli altri Stati membri ai sensi della propria

legislazione nazionale o nel quadro di accordi bilaterali o multilaterali”.

La trasmissione può essere rifiutata anche per il principio di sussidiarietà sulla base del

quale gli Stati cui viene indirizzata la richiesta non sono tenuti a collaborare se lo Stato

richiedente risulta non aver “esaurito le fonti di informazione consuete che avrebbe potuto

utilizzare a seconda delle circostanze per ottenere le informazioni richieste senza rischiare

di compromettere il raggiungimento dei suoi obiettivi”206

. Rimane altresì il limite derivante

dai principi di equivalenza e reciprocità sulla base dei quali “l’autorità competente di uno

Stato membro interpellato può rifiutare di fornire informazioni allorchè per motivi di diritto

lo Stato membro richiedente non sia in grado di fornire informazioni equivalenti”207

. Questa

modifica nelle modalità di assistenza amministrativa testimonia, tuttavia, per taluni autori

come il requisito di reciprocità sia visto in maniera sempre piu elastica e labile208

. Il limite

menzionato trova la sua giustificazione sulla base del fatto che uno Stato membro non può

avvalersi del sistema informativo di un altro Stato membro se quest’ultimo è più esteso del

proprio al fine di ottenere informazioni che non potrebbe acquisire in base alla propria legge

nazionale209

. In altre parole, con il principio di equivalenza, lo Stato membro non ha

205 A livello di recepimento nell’ordinamento fiscale italiano, fu inserito nel DPR n. 600/1973, l’art.31-bis rubricato

“Assistenza per lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione Europea”.

L’articolo prevede “lo scambio delle informazioni necessarie per assicurare il corretto accertamento delle imposte sul

reddito e sul patrimonio e che “le informazioni non sono trasmesse quando possono rivelare un segreto commerciale o

un’informazione la cui divulgazione contrasti con l’ordine pubblico…. La trasmissione delle informazioni può inoltre

essere rifiutata quando l’autorità competente dello Stato membro richiedente per motivi di fatto e di diritto non è in

grado di fornire lo stesso tipo di informazioni”.

206 Art. 17, par. 1 della Direttiva 2011/16/UE.

207 Art. 17, par. 3 della Direttiva 2011/16/UE.

208 P. ADONNINO Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie, in Diritto e Pratica Tributaria, 2008, 4,

pp. 707 e ss

209 F. FERNANDEZ MARIN, Tassazione dei non residenti: tra scambio d’informazione e principio di proporzionalità, in

Rass. Trib., 2008, n. 2 p. 541; G. MARINO, La cooperazione internazionale in material tributaria, tra mito e realtà, in

Rassegna Tributaria, n. 2/2010, p. 440; F. PITRONE, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia

di cooperazione amministrativa: innovazioni e profili critici”, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2, 2012, p.

463; F. SAPONARO, Lo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali e l’armonizzazione fiscale, in Rass. Trib.,

2005, 2, p. 469;

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l’obbligo di effettuare indagini o trasmettere informazioni qualora condurre tali indagini o

raccogliere tali informazioni sia contrario alla propria legislazione, superando tuttavia in

questo modo il più ampio limite previsto nell’art. 8 della precedente direttiva che prevedeva

che lo Stato potesse rifiutare di fornire informazioni laddove lo Stato richiedente non fosse

in grado di fornire informazioni equipollenti, in virtù della propria legge o prassi

amministrativa210

. Secondo parte della dotrina, tale norma implicava la possibilità di un

rifiuto per fini inammissibilità o inesistenza ai fini probatori di un documento o di

un’informazione in un determinato ordinamento sulla base della normativa dello Stato

richiedente211

.Con la nuova invece sono ammesse limitazioni inerenti esclusivamente i

motivi di diritto.

Si aggiungono come preclusioni insuperabili all’offerta di scambio le norme interne

sull’ordine pubblico, sulla necessità di non divulgare un segreto commerciale, industriale o

professionale o un procedimento commerciale o, infine, un segreto di Stato212

. Per quanto

concerne l’uso delle informazioni, la precedente Direttiva prevedeva che le informazioni

potessero essere utilizzate per fini diversi da quelli fiscali, previo consenso dello Stato

membro inviante, che era subordinato alla condizione che la propria legislazione interna

consentisse l’uso di informazioni per “scopi simili” a quelli che si prefiggeva il paese di

destinazione e “alle stesse condizioni”. La nuova direttiva prevede inoltre un uso più ampio

delle informazioni ricevute in quanto queste possono essere utilizzate anche per

l’accertamento e l’applicazione di altre imposte e dazi contemplati dalla direttiva

2010/24/UE sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi,

imposte e altre misure, o per l’accertamento dei contributi previdenziali e obbligatori.

210 L’art. 8 direttiva 77/799/CEE intitolato “limiti allo scambio di informazioni” disponeva che la direttiva “non impone

l’obbligo di effettuare ricerche o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la pratica amministrativa non

autorizza l’autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni né ad effettuare tali ricerche, né a

raccogliere o utilizzare dette informazioni per la necessità di tale stato”.

211 F. AMATUCCI, Onere della prova e limitazioni allo scambio di informazioni in materia fiscale, in Rivista di diritto

tributario internazionale, 2009, 1.2. In base a tale autore un esempio a tali prove può essere rappresentato dal

giuramento o la testimonianza resa in un processo penale o orale che non sono ammesse nell’ordinamento italiano o

comunque hanno una dubbia valenza nello stesso.

212 E’ stato notato che l’ordine pubblico che richiede un controllo di compatibilità con la normativa straniera, non

costituisce un limite statico e immutabile, ma è destinato a variare nel tempo, per il naturale evolversi dei valori

economico-sociali, e nello spazio poiché le concezioni morali, politiche e sociali differiscono notevolemte nei vari

sistemi giuridici. Tale verifica, tuttavia non deve rappresentare un limite all’integrazione fra gli Stati membri, per cui

secondo la Corte di Giustizia, sentenza del 14 marzo 2000, causa C-54/99, Ass. Eglise Scientology International Rerves

Trust, punto 18, i Paesi possono invocare l’eccezione di ordine pubblico soltanto qualora sia strettamente necessario ai

fini della tutela di interessi di carattere imperativo, in caso di minaccia grave ed effettiva ad uno degli interessi

fondamentali dell’Unione, e solamente se tali obiettivi non possano essere conseguiti con provvedimenti meno

restrittivi. In questo senso: F. PERSANO, La cooperazione internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello

scambio di informazioni in materia tributaria, Torino, Giappichelli 2006, p.167.

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Inoltre, esse possono essere usate in occasione di procedimenti giudiziari e amministrativi

derivanti da violazioni delle norme fiscali e che implicano l’eventuale irrogazione di

sanzioni213

. Le informazioni ricevute da uno Stato contraente possono essere utilizzate

nell’ambito delle procedure di accertamento o riscossione delle imposte per le quali lo

scambio era stato effettuato, ma ai sensi dell’art. 16, comma 2, le informazioni possono

essere utilizzate anche per fini non fiscali (non-tax purpose), se tale utilizzo è consensito

dalle leggi di entrambi gli Stati e l’autorità competente dello Stato di provenienza autorizza

tale uso. Lo Stato che comunica le informazioni può autorizzare l’utilizzo dei dati per fini

diversi da quelli sopra precisati a condizione che analogo scopo sia previsto dallo Stato

membro inviante. Le informazioni comunicate tra gli Stati membri in qualsiasi forma ai

sensi della direttiva 16/2011/UE sono coperte dal segreto d’ufficio e godono della

protezione accordata alle informazioni di natura analoga dalla legislazione dello Stato

membro che le riceve. La direttiva non disciplina il regime sanzionatorio che accompagna le

violazioni di tali obblighi né interviene in materia di vizi degli atti e delle attività

amministrative poste in essere dagli Stati interpellati per fornire le informazioni richieste o

di vizi degli atti qualora l’amministrazione interpellata abbia disatteso le regole comunitarie

o violato la propria legislazione. Parte della dottrina ritiene che tale disciplina sia rimessa

alle legislazioni domestiche214

.

Inoltre, al fine di potenziare la condivisione di informazioni, quanto l’autorità competente di

uno Stato membro ritiene che le informazioni da esse ricevute possano essere utili

all’autorità competente di un terzo Stato membro, può trasmetterele a quest’ultima,

informando l’autorità competente dello Stato di provenienza. Quest’ultimo può opporsi, ai

sensi dell’art. 16, par. 3 della direttiva 2011/16/UE, a tale condivisione entro 10 giorni

lavorativi a decorrere dalla data di ricezione della comunicazione dallo Stato membro che ha

promosso la condivisione. Uno Stato membro può condividere con altro Stato membro

anche informazioni ricevute da un paese terzo a condizione che ciò sia consentito ai sensi di

un accordo con il paese terzo (art. 24, par. 1). In senso inverso, l’autorità competente di uno

Stato membro può trasmettere a un paese terzo informazioni ottenute in base alla Direttiva

2011/16/UE a condizione che lo Stato membro da cui proviene l’informazione consenta

espressamente a tale comunicazione e che il paese terzo si impegni “a fornire la

cooperazione necessaria per raccogliere gli elementi comprovanti l’irregolarità o l’illegalità

di operazioni che sembrano essere contrarie o costituire una violazione della normativa

fiscale” (art. 24, par.2). Ulteriore significativa novità è individuata nell’art. 19 intitolato

213 L’art. 16, par. 1 della direttiva 2011/16/UE stabilisce: “fatte salve le norme generali e le disposizioni che

disciplinano i dirittti dei convenuti e dei testimoni in siffatti procedimenti”.

214 A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, p.

676.

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“Estensione della cooperazione più estesa prestata ad un paese terzo” in base al quale se

uno Stato membro dovesse prevedere nei confronti di un paese terzo una cooperazione più

estesa di quella prevista dalla Direttiva non potrà rifiutasi di concedere tale più ampia

disciplina anche agli altri Stati membri che vorranno prendervi parte215

. Si tratta di una sorta

di clausola“Most Favoured Nation Clause” applicata in modo innovativo alla cooperazione

amministrativa216

. Il principio della nazione più favorita, non disciplinato distintamente dai

trattati dell’Unione Europea, è considerato una modalità applicativa del principio di non

discriminazione. Generalmente, si ricorre a tale principio, unitamente al principio di leale

collaborazione di cui all’art. 4 TUE per valutare se gli impegni internazionali bilaterali o

multilaterali che gli Stati Membri hanno assunto, siano compatibili con la creazione di un

mercato unico, ovvero si pongano come elementi distorsivi della concorrenza. Nell’ambito

della direttiva 16/2011/UE, l’obbligo di cooperazione più estesa previsto dall’art. 19 ha

consentito di estendere lo scambio automatico ai redditi di carattere finanziario ad opera

della direttiva 2014/107/UE approvata nel dicembre 2014, ancora prima della revisione

originariamente prevista per il 2017 in base all’art. 8, par.5 della Direttiva 16/2011/UE. Per

effetto, infatti, della normativa FATCA imposta dagli Stati Uniti, molti Paesi europei

conclusero con detto Paese un accordo in base al quale si impegnavano ad adempimenti

relativamente ai redditi finanziari, fino ad allora esclusi dall’operatività della normativa

comunitaria. Mantenere una difformità tra lo spettro più ampio di dati che gli Stati membri

erano pronti a trasferire all’autorità fiscale statunitense in base ai nuovi accordi e quello che

i Paesi europei avrebbero scambiato tra loro in base alle norme comunitarie avrebbe portato

all’invocazione della clausola in merito a tale diverso trattamento causando possibili

tensioni tra gli Stati membri217

. In questo caso, infatti, sarebbero state pregiudicate le

condizioni di parità tra gli Stati, con possibile conseguenza di distorsione nell’allocazione

delle risorse e di flussi artificiali di capitale nel mercato interno218

.

215 P. SELICATO, Towards Global standards in Transparency and Exchange of Information: Do Tax Havens still exist?,

in Tax Havens in the Age of Global Standards for Exchange of Information: a Comparative Analysis between Germany

and Italy, a cura di Università Sapienza Roma, Scuola Polizia tributaria di Ostia e International Tax Institute, Università

di Amburgo, edito da G. FROTSCHER, 2011, pp. 5 e ss.

216 F. PITRONE, “Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici”, cit.

217 M. SOMARE, V. WOHRER, “Automatic Exchange of financial information under the Directive on administrative

cooperation in the light of the global movement towards transparency”, in Intertax, vol. 43, n. 12, 2015.

218 Commissione Europea, Proposta di Direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16(UE per quanto

riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, COM(2013) 348 final, 2013/0188 CNS

del 12/6/2013; Parere del Comitato economico e sociale europeo del 17 aprile 2013 in merito alla Comunicazione della

Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Piano d’azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale all’evasione

fiscale COM(2012) 722 final (Relazione Dandea) – CESE 101/2013.

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La nuova direttiva 2014/107/UE (c.d. “DAC2”) riflette in una certa misura il contenuto

degli accordi di tipo FATCA ed è connotata da numerose caratteristiche destinate ad

aumentare l’efficacia dello scambio di informazioni. Il preambolo chiarisce che la modifica

della predente direttiva era divenuta urgente sulla base della pressocchè totalitaria aderenza

degli Stati membri agli accordi FATCA219

. In primo luogo, essa introduce lo scambio di

alcune categorie reddituali finanziarie220

fino ad allora non contemplate nello scambio

automatico obbligatorio comunitario. In secondo luogo, viene implementato per esigenze

organizzative, il nuovo standard di matrice OCSE, il CRS nella legislazione europea221

. Il

Commentario OCSE al CRS non è, invece, stato espressamente richiamato dalla lettera della

direttiva, tuttavia parte della dottrina ritiene che lo stesso possa essere utilizzato ai fini

interpretativi222

. Più in dettaglio, all’art. 8 della Direttiva 2011/16/UE è stato inserito il

paragrafo 3-bis che stabilisce la comunicazione dei dati anagrafici223

e fiscali riguardanti il/i

titolare/i dei conti correnti e il relativo saldo al termine del periodo di rendicontazione,

nonché in caso di conti di custodia, l’importo totale lodo degli interessi, l’importo totale

lordo dei dividenti e l’importo totale lodo degli altri redditi generati in relazione alle attività

detenute nel conto e negli introiti totali lordi derivanti dalla vendita o dal riscatto delle

attività finanziarie pagati o accreditati sul conto. Vengono definite le informazioni che

devono essere oggetto di trasmissione tra gli istituti finanziari e le amministrazioni fiscali e

sono delineati i criteri cui gli istituti finanziari devono attenersi nel fornire i dati

219 DAC 2 preambolo punti n. 2 e 7.

220 La direttiva prevede la trasmissione automatica di dati relativi ai conti finanziari, compresi interessi, dividendi e altri

proventi generati su tali conti, il saldo di tali conti e gli importi derivanti dalla cessione di asset finanziari.

221 Il considerando n. 9 della Direttiva 2014/107/UE afferma che: “al fine di ridurre al minimo i costi e gli oneri

amministrativi sia per le amministrazioni fiscali che per gli operatori economici, è altresì essenziale assicurare che

l’ampliamento dell’ambito di applicazione dello scambio automatico di informazioni all’interno dell’Unione sia in linea

con gli sviluppi internazionali. Per raggiungere tale obiettivo, è opportuno che gli Stati membri impongano alle proprie

istituzioni finanziarie l’applicazione di norme di comunicazione e di adeguata verifica in materia fiscale (due diligence)

che siano pienamente coerenti con quelle riportate nello standard comune di comunicazione delle informazioni

elaborato dall’OCSE”. In tal senso si veda anche la pubblicazione della Commissione Europea, First report of the

Commission AEFI Expert Group on the implementation of Directive 2014/107/UE for automatic Exchange of financial

account information del marzo 2015, dove viene ribadito che lo scopo della politica UE nello specifico compito affidato

alla task force consiste nel “providing advice to ensure that EU legislation on automatic exchange of financial account

information is effectively aligned on and fully compatible with the OECD global standard on automatic Exchange of

financial account information”.

222 M. SOMARE, V. WOHRER, “Automatic Exchange of financial information under the Directive on administrative

cooperation in the light of the global movement towards transparency”, in Intertax, vol. 43, n. 12, 2015.

223 Tale direttiva oltre a prevedere lo scambio automatico delle informazioni relative ai conti bancari a partire dal

periodo d’imposta al 1 gennaio 2016, (dal 2017 per l’Austria), ha implementato l’adozione di un codice fiscale o TIN

Tax Identification Number.

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identificativi224

dei soggetti oggetto di comunicazione. A differenza delle cinque categorie

reddituali previste DAC 1, lo scambio di informazioni finanziarie è obbligatorio a partire dai

periodi di imposta in corso alla data del 1 gennaio 2016, con presumibili primi scambi a

settembre 2017. Il meccanismo implementativo è basato su due fasi di trasmissione: raccolta

informazioni da parte delle istituzioni finanziarie che riportano i dati alle autorità fiscali e

invio da parte di quest’ultime alle autorità fiscali estere competenti in ragione della

residenza dei contribuenti beneficiari.

L’istituzione finanziaria dovrà segnalare la dettagliata identificazione del titolare del conto,

il saldo o valore del conto. Nei conti di custodia dovrà essere indicato l’importo

complessivo degli interessi, dei dividendi e degli altri redditi generati durante il periodo di

imposta monitorato. Per i conti di deposito dovrà essere comunicato l’importo totale degli

interessi pagati o accreditati sul conto nell’anno solare di riferimento.

Come peraltro previsto anche nella previgente Direttiva sulla cooperazione amministrativa,

rimane ferma la facoltà per gli Stati Membri di stipulare accordi di natura bilaterale o

multilaterale ai fini dello scambio automatico di informazioni con riferimento a tipologie

supplementari di reddito. Tali accordi dovranno essere trasmessi alla Commissione che

provvederà a renderli consultabili da parte degli altri Stati membri225

.

2.3.1. Lo scambio automatico di tax rulings e le altre Direttive Comunitarie

Dopo appena un anno, in data 8 dicembre 2015, con la Direttiva 2015/2376/UE226

, la

Direttiva 2011/16/UE è stata ulteriormente modificata al fine di includere nello scambio di

informazioni anche i tax rulings che i contribuenti europei stipulano con le amministrazioni

degli altri Stati membri. Il recente scandalo denominato “LuxLeaks”, venuto alla luce

tramite il International Consortium of Investivative Journalists, scoppiato nel 2014 perché

numerose imprese multinazionali europee avevano beneficiato nel periodo dal 2000 al 2012

di accordi fiscali segreti con l’autorità fiscale lussemburghese risultati particolarmente

vantaggiosi ha posto in luce la necessità di una maggiore trasparenza. Questa non era la

prima volta che l’idea di uno scambio di tax rulings fu preso in considerazione. Nel 2012 il

224 Il considerando n. 10 della direttiva 2014/107/UE interviene ponendo un limite alla raccolta e al trasferimento dei

dati. Il trattamento delle informazioni ai sensi della presente direttiva deve essere necessario e commisurato allo scopo

di consentire alle amministrazioni fiscali degli Stati membri di individuare correttamente e inequivocabilmente i

contribuenti interessati.

225 Secondo parte della dottrina (Pitrone) di fronte alla pluralità di strumenti che consentono e favoriscono lo scambio di

informazioni dovrebbe prevalere lo strumento di cooperazione più efficace.

226 Direttiva del Consiglio 2015/2376 dell’8 dicembre 2015 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto

riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, pubblicata nella Gazzetta dell’Unione

Europea L.332/1 del 18 dicembre 2015.

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Gruppo sul Codice di Condotta227 modificò le procedure di scambio, identificò i tipi di

accordi transfrontalieri che dovevano essere scambiati spontaneamente tra gli Stati e

implementò un modello di istruzioni a tal proposito228. Come evidenziato dalla Commissione

in una Comunicazione229, il Gruppo sul Codice di Condotta aveva incontrato delle difficoltà

nel raggiungere risultati tangibili in materia di scambio di ruling fiscali. Successivamente,

prese posizione in senso analogo anche il Parlamento Europeo con una risoluzione nella

quale si indicava come le misure adottate dal Codice di Condotta si fossero rivelate

insufficienti, in quanto le strutture di pianificazione fiscale considerate dannose potevano

essere sostituite agilmente da altri meccanismi aventi similari caratteristiche230

. Anche il

Comitato Speciale sui Tax Rulings (TAXE), nel suo report del 5 novembre 2015231

, adottato

dal Parlamento Europeo nella riunione plenaria del 25 novembre 2015, enfatizza i limiti di

un approccio basato sull’analisi caso per caso finora adottato dal Gruppo Codice di

Condotta che in tal modo impedirebbe una visione globale di un sistema fiscale europeo già

di per se frammentato232

. A causa, infatti, della mancanza di trasparenza, alcuni Stati

membri erano risultati inconsapevoli di accordi fiscali transfrontalieri accordati in altri Paesi

ma aventi effetti anche nella determinazione della base imponibile domestica. La direttiva

era stata presentata dalla Commissione nel marzo dello stesso anno insieme ad un pacchetto

di misure intese ad ottenere un grado maggiore di trasparenza (il c.d. “Transparency

Package”)233 ed anche con un’ottica di controllo degli aiuti di Stato

234. Ulteriormente, tale

227 Tale Gruppo fu costituito dai Ministri delle Finanze dell’Unione Europea nel corso del meeting del 9 marzo 1998

con il fine di verificare disposizioni o accordi di natura fiscale che potessero ricadere sotto il controllo del Codice di

Condotta e di monitorare l’implementazione delle clausole c.d. “standstill” e “rollback”.

228 Documento n. 10903/12/FISC 77 menzionato nella proposta di modifica della Direttiva 2011/16/UE, SWD(2015) 60

final, COM(2015) 135 final, 2015/0068(CNS) del 18 marzo 2015.

229 Commissione Europea, Commission Staff Working Document, Technical analysis of focus and scope of the legal

proposal for a Council Directive amending Directive 2011/16/EU as regards exchange of information in the field of

taxation, SWD(2015) 60 final of 18.03.2015.

230 Parlamento Europeo, Resolution of 25 November 2015 on tax rulings and other measures similar in nature or effect

(2015/2066(INI)), P8_TA-PROV (2015)0408, para. 41.

231 Parlamento Europeo Report of the Special Committee on Tax Rulings and other measures similar in nature or effect

(2015/2066(INI)), P8_TA-PROV (2015)0408, para. 41.

232 Parlamento Europeo, Resolution of 25 November 2015 on tax rulings and other measures similar in nature or effect

(2015/2066(INI)), P8_TA-PROV (2015)0408, para. 43.

233 Commissione Europea, comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulla trasparenza

fiscale e sulla lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale COM(2015) 136 final, Bruxelles 18 marzo 2015, p. 7.

234 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. Seer, Overview of Legislation Practises

Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 5.

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provvedimento si pone in linea con le scelte adottate in ambito OCSE e in particolare con le

azioni BEPS volte a garantire a livello globale un quadro di regole uniforme in materia di

scambio di informazioni.

Mediante la Direttiva, gli Stati membri sono obbligati a trasmettere automaticamente, ogni 3

mesi, le informazioni di base relative ai cross-border tax rulings e agli accordi preventivi

sui prezzi di trasferimento (c.d. “Advance Pricing Arrangements”)235. I dati comunicati

vogliono offrire una sitesi del contenuto, e altre informazioni basilari, quali la data di

implementazione, di modifica, di rinnovo, la descrizione delle operazioni, il periodo di

validità, i criteri utilizzati per fissare i prezzi di trasferimento. Tale scambio avverrà

mediante una banca dati ideata e implementata dalla Commissione, dove le informazioni

sono registrate e disponibili per la consultazione di altri Stati membri, che potranno

richiedere più dettagli o l’intero testo dell’accordo qualora vi sia la prevedibile rilevanza

delle stesse236

. In altre parole questa nuova direttiva permette un approccio in due fasi c.d.

“two-step-approach”: nel primo step, gli Stati valuteranno se il tax ruling accordato da uno

Stato potrebbe avere implicazioni anche nei propri confronti; nel secondo step, qualora la

prima valutazione abbia esito positivo, lo Stato può richiedere informazioni più

approfondite. Questo tipo di approccio combina uno scambio automatico di informazioni

sulla base di una valutazione di rischio con lo scambio su richiesta per casi determinati237

.

E’ previsto al punto 14 del preambolo un riscontro inviato dallo Stato ricevente per

verificare il funzionamento dello scambio.

I concetti di ruling fiscale e accordi preventivi sui prezzi di trasferimenti sono stati definiti

in maniera molto ampia per evitare che interpretazioni troppo restrittive potessero

permettere agli Stati membri di evitare di partecipare allo scambio238

. Gli unici accordi

oggetto di scambio sono quelli aventi carattere transfrontaliero. La direttiva prevede una

limitazione generale in base alla quale lo scambio può essere opposto dallo Stato membro

qualora comporti la disclosure di un segreto commerciale, industriale o professionale o di un

processo commerciale o di un’informazione la cui rivelazione sarebbe contraria all’ordine

235 Sono oggetto di scambio i rulings accordati o modificati dopo il 31 dicembre 2011 qualora siano ancora in vigore

alla data del 1 gennaio 2017; rientrano comunque nell’ambito della direttiva i rulings non più in vigore alla data del 1

gennaio 2017 ma che sono stati accordati o modificati dopo il 31 dicembre 2013. I ruling o gli accordi sui prezzi di

trasferimento relativi ad imprese con ricavi non superiori a 40 milioni di euro emessi o modificati prima del 1 aprile

2016 non devono essere scambiati. Tale limitazione tuttavia non si applica alle società che svolgono prevalentemente

attività finanziaria.

236 Art. 8 par. 6 della Direttiva 2015/2376/UE.

237 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. Seer, Overview of Legislation Practises

Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 6.4.

238 Art. 3 punto 14 della Direttiva 2011/16/UE così come modificata dalla Direttiva 2015/2376/UE.

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pubblico. Tale limitazione non opererebbe per lo scambio dei tax rulings, in quanto tali

interessi sarebbero comunque protetti dal diritto dell’Unione.

Anche l’introduzione del Country-by-Country Report (c.d. “CBC report”) nel set

documentale previsto per l’assolvimento degli obblighi relativi al transfer pricing può essere

vista come una sorta di scambio di informazioni indiretto239

. Tale adempimento rappresenta

una modalità di implementazione dell’azione 13 prevista nel progetto BEPS, Base Erosion

and Profit Shifting240

, dell’OCSE volte a contrastare su larga scala lo spostamento degli

imponibili verso paesi a bassa fiscalità. Tale accordo è stato firmato anche da Paesi non

aderenti all’OCSE come Arabia Saudita e Cina. Con detto obbligo, introdotto in Italia dalla

legge di Stabilità 2016 (L. n. 208/2015), le imprese multinazionali sono tenute, a partire dal

1/1/2016 a scomporre il dato aggregato del loro business, compreso il carico fiscale

complessivo, ripartendolo tra i Paesi in cui l’attività è stata svolta. Tali disposizioni sono il

linea con la Direttiva sulla cooperazione amministrativa 2016/881/EU del 25/3/2016 (c.d.

“DAC4”)241

che introdotto l’art. 8-bis bis nella c.d. “DAC 1”, rubricato “Ambito di

applicazione e condizioni dello scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia

di rendicontazione paese per paese”. L’amministrazione finanziaria avrà immediata

contezza dell’ammontare delle imposte versate all’estero dalla multinazionale, della sua

sostanziale attività, dell’allocazione degli imponibili e quindi la possibilità di ravvisare

incongruenze da sottoporre ad ulteriori accertamenti. L’obiettivo è, quindi, quello di fornire

all’Amministrazione Finanziaria le informazioni necessarie per verificare il grado di rischio

fiscale in termini di erosione della base imponibile mediante spostamento artificiale

dell’utile in paesi in cui sono presenti vantaggi fiscali. Ulteriore elemento significativo che

testimonia la sempre maggiore commistione tra piano comunitario e internazionale è la

menzione, nel preambolo, punti n. 13 e 14, della direttiva 2016/88. La direttiva, difatti, al

fine di ridurre al minimo i costi e gli oneri amministrativi sia per le amministrazioni fiscali

per i gruppi di imprese multinazionali, ha previsto che le norme di adozione degli obblighi

239 G. URGEGHE, E. PALAMÀ, Il nuovo scambio automatico di informazioni CRS MCAA, in Corr. Trib. 19/2016, pp.

1514- 1520.

240 Il piano d’azione BEPS è disponibile al link: http://www.oecd.org/ctp/beps/ ultimo accesso 16 dicembre 2016.

241 Direttiva sulla cooperazione amministrativa 2016/881/EU del 25/3/2016 recante modifiche della direttiva

2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni relativo al settore finanziario,

pubblicata in GUUE n. 126/8 del 3 giugno 2016. Si segnala che a questo proposito, la Commissione Europea ha

presentato la richiesta di una modifica alla Direttiva Accounting 2013/34/EU che richiede la pubblicazione di Reports

on Income Tax Information (RITI) che riguarda solamente le imprese multinazionali di grandi dimensioni. La Direttiva

replica sostanzialmente il contenuto delle indicazioni in materia di CBCR fornite in sede OCSE.

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di rendicontazione siano in linea con gli sviluppi internazionali e in particolarecon lgi

standard dell’OCSE sviluppati in sede di lavoro sull’azione 13 del piano d’azione BEPS.

Si segnala che in data 6 dicembre 2016, è stata approvata la Direttiva 2016/2258/UE242

che

consente l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di

antiriciclaggio ottenute a norma della direttiva 2015/849/UE del Parlamento europeo e del

Consiglio243

per l’identificazione dei beneficiari effettivi. Si ricorda che con

l’implementazione degli standard in materia di trasparenza applicati allo scambio

automatico di informazioni, la definizione del beneficiario effettivo, differente da quello

legale, è quella che stata data dal Financial Action Task Force (d’ora in avanti “FATF”)244

nella raccomandazione n. 24245

.

2.3.2 I Joint Audits: tra scambio di informazioni e poteri ispettivi

transfrontalieri?

Tra le modalità di scambio di informazioni, meritano un approfondimento i c.d. “joint

audits”246

, che rappresentano al momento attuale il più elevato livello di cooperazione tra le

242 Direttiva UE 2016/2258 del Consiglio del 6 dicembre 2016 che modifica la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda

l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale

dell’Unione europea del 16 dicembre 2016 L. 342/1.

243 Direttiva UE 2015/849/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione

dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo che modifica il regolamento UE n.

648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 5

giugno 2015 L. 141 p. 73.

244 Costituito nel 1989 in occasione del G7 di Parigi, il Gruppo di azione Finanziaria Internazionale (GAFI) o Financial

Action Task Force (FATF) è un organismo intergovernativo che ha per scopo l’elaborazione e lo sviluppo di strategie di

lotta al riciclaggio dei capitali di origine illecita e, dal 2001, anche di prevenzione del finanziamento al terrorismo. Del

Gruppo fanno parte 37 membri in rappresentanza di Stati e organizzazioni regionali che corrispondono ai principali

centri finanziari internazionali, nonché, come osservatori, i più rilevanti organismi finanziari internazionali e del settore

tra i quali il Fondo Monetario Internazionale, le Nazioni Unite, la Banca Mondiale, Europol Egmont, ECB. Il FATF

coordina un network di 198 giurisdizioni che si sono impegnate ad implementare gli Standard e a sottoporsi a una peer

review per valutare le capacità tecnico-operative e il livello di implementazione delle raccomandazioni emesse dal

gruppo.

245 FATF Recommendations, International Standards on Combating Money Laundering and the Financing of Terrorism

& Proliferation, Febbraio 2002 nella quale si evince: “Beneficial owner refers to the natural person(s) who ultimately

owns or controls a customer and/or the natural person on whose behalf a transaction is being conducted. It also

includes those persons who exercise ultimate effective control over a legal person or arrangement”. La nozione di

“ultimate effective control” si riferisce a situazioni in cui il controllo è esercitato mediante una catena di possesso o

mediante strumenti di controllo diversi dal controllo diretto. Nell’ottobre 2014 è stata approvata anche una Guida

relativa alla trasparenza e alla definizione di beneficial ownership.

246 La definizione di Joint audit non è nuova ma è mutuata dal Report Ocse sui Joint Audit, del maggio 2010 disponibile

al link http://www.oecd.org/tax/administration/45988932.pdf ultimo accesso 21 marzo 2017 in base al quale “A joint

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Amministrazioni fiscali. La Direttiva sulla cooperazione amministrativa 2011/16/UE non

definisce espressamente tale modalità di assistenza. La base giuridica di tale istituto è

rinvenibile, per quanto concerne l’ambito comunitario, nell’art. 11 della citata Direttiva

intitolato “Presenza negli uffici amministrativi e partecipazione alle indagini

amministrative”. In tale articolo è disciplinata la possibilità che funzionari di un’autorità

competente di uno Stato possano essere presenti negli uffici dell’autorità amministrativa

dell’altro Stato e/o durante le indagini amministrative condotte sul territorio dell’altro Stato

al fine di scambiare informazioni. Essa è giuridicamente distinta dalla disciplina dei

controlli simultanei, di cui all’art. 12 della Direttiva, in base alla quale due o più Stati, di

comune accordo e su base volontaria, decidono di attuare simultaneamente ciascuno sul

proprio territorio una verifica di uno o più soggetti di imposta al fine di scambiarsi le

informazioni. Se, quindi, per i controlli simultanei appare chiara dalla lettera della norma,

la realizzazione di un controllo fiscale preordinato allo scambio di informazioni, per quanto

concerne l’autorizzazione dei funzionari esteri alla presenza nel territorio di un altro Stato

membro non risulta pacifico definire tale possibilità come verifica o come scambio di

informazioni o come una combinazione dei due.

La definizione di joint audits, ovvero di “controllo congiunto”, mutuata dall’OCSE,

attiene alla formazione, per volontà congiunta di due o più Stati, di un unico nucleo di

verificatori. Si, pone, conseguentemente, la questione se, in ambito comunitario, l’art. 11

della Direttiva autorizzi similarmente ad un istituto analogo. In realtà, le disposizioni

dell’Unione sia nel preambolo (punto 13) sia nel corpo del testo dell’articolo 11 prevedono

che, su base volontaria, ciascuno Stato membro possa autorizzare alla presenza di funzionari

esteri negli uffici amministrativi e durante le indagini amministrative svolte sul proprio

territorio al fine di scambiare le informazioni. Il fatto che tale presenza debba essere

autorizzata mediante un previo accordo tra gli Stati contraenti e che in detto documento si

possa indicare genericamente che i funzionari possono “partecipare attivamente” ai controlli

non sembra possa ampliare i poteri concessi dalla Direttiva. Come menzionato nell’art. 11

della Direttiva, un accordo tra due Stati può autorizzare la presenza dei funzionari esteri

negli uffici o durante le verifiche condotte nell’altro Stato in base e nella misura consentita

dalla legislazione dello Stato ospitatante al fine di scambiare le informazioni. L’accordo tra

le autorità interessate può consentire ai funzionari esteri di esaminare documenti e porre

domande ai contribuenti nei limiti della legislazione vigente nello Stato dell’autorità

audit can be described as two or more countries joining together to form a single audit team to examine an issue(s) /

transaction(s) of one or more related taxable persons (both legal entities and individuals) with cross-border business

activities, perhaps including cross-border transactions involving related affiliated companies organized in the

participating countries, and in which the countries have a common or complementary interest; where the taxpayer

jointly makes presentations and shares information with the countries, and the team includes Competent Authority

representatives from each country.”

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interpellata. Non sembra che tale accordo possa conferire, in base a quanto prospettato

nell’ambito della Direttiva comunitaria, al funzionario straniero poteri di controllo autonomi

da parte dell’amministrazione finanziaria ospitante, quanto piuttosto la possibilità di, oltre a

fare domande e esaminare documenti, dare “impulsi” al controllore nazionale che potrà

accoglierle e trasformarle in un rapporto esterno con il contribuente, con azioni reali o

eseguendo atti giuridici. Uno Stato può procedere alla rinuncia di parte del proprio potere

autoritativo ammettendo la presenza di un controllore appartente ad un altro Paese, ma il

diritto dell’Unione non si spinge, a parere della scrivente, ad ammettere la creazione di un

“single audit team”, come invece menzionato nei citati documenti OCSE. Secondo questo

approccio si ritiene che la realizzazione di un Joint audit non si configuri come una vera e

propria attività di verifica congiunta finalizzata allo scambio, quanto piuttosto, di una forma

avanzata e più efficiente di scambio di informazioni attuata mediante la presenza fisica in

loco di funzionari stranieri. L’Agenzia delle Entrate ha concluso con l’autorità fiscale

bavarese due Memorandum of Understanding247

con il quale le autorità fiscali consentono

una “partecipazione attiva” di funzionari esteri al controllo. Tale espressione può ritenersi

comprensiva dei poteri che secondo la Direttiva devono essere specificamente previsti da

tale accordo preventivo. La presenza di detto accordo assume, pertanto, rilevanza centrale

per conferire legittimità e regolamento ai poteri necessari per l’effettuazione del controllo

congiunto.

Si fa presente, per completezza, che a livello internazionale, la realizzazione di ipotesi di

scambio di informazioni mediante la presenza fisica di funzionari nell’altro Stato era già

stata avvertita anche nella Convenzione di Strasburgo nella quale, nel commento all’art. 9:

“(…)Traditionally, exchange of information under double taxation conventions and mutual

assistance conventions has been carried out in writing. A written procedure is necessarily

time-consuming and may for that reason be less effective than other, less formal

procedures. (…) In order to be able to ascertain a clear and complete picture of business

and other relations between a resident of a Party who is subject of a tax examination and

his foreign associates, it is often of great value to be able to follow at close proximity an

examination initiated in a foreign country. In fact, experience has shown the need (…) of tax

authorities beeing physically present at such tax examinations in other country (…)”248

. Per

quanto riguarda, invece, le convenzioni bilaterali stipulate sulla base del Modello OCSE, il

247 Agenzia delle Entrate, comunicati stampa

http://www.fiscooggi.it/files/u4/comunicatistampa/139_com._st._accordo_baviera_13.07.2016.pdf ultimo accesso 28

marzo 2017; http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/f80de8b6-c45e-4464-9af1-

c6f5eb99fe59/186_Com.+st.+Accordo+Baviera+23.09.2016.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=f80de8b6-c45e-4464-

9af1-c6f5eb99fe59 ultimo accesso 28 marzo 2017.

248 Explanatory Report sull’art. 9 della Convenzione multilaterale di Strasburgo.

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66

commentario all’art. 26, nel paragrafo 9.1, prevede che i tipi di scambio di informazioni

possono estendersi anche alle verifiche simultanee nonché ammettere la presenza di

funzionari stranieri in un altro Stato.

Dal punto di vista istruttorio e in merito all’utilizzabilità dei documenti ottenuti durante i

Joint Audits si ravvisano problematiche analoghe a quelle inerenti le altre forme di scambio

che sono trattate infra nel paragrafo 5.6.1.

La finalità della verifica congiunta è triplice. In primo luogo essa consente di scambiare e

ottenere informazioni in maniera celere ed efficiente; in secondo luogo di garantire la

certezza del diritto in un contesto di collaborazione con il contribuente; in terzo luogo di

rappresentare un elemento preordinato ad una risoluzione fruttuosa di un’eventuale

procedura amichevole. La comunicazione delle motivazioni per le quali il contribuente è

stato selezionato per tale tipo di controllo e dell’atto finale di verifica “Audit final Report”

garantiscono la trasparenza nell’operato dell’autorità competente. Le risultanze del controllo

congiunto consentono di attenuare le asimmetrie in materia di prezzi di trasferimento, in

quanto l’art. 110 del Tuir non prevede la rettifica del corrispettivo a valore normale se da ciò

si verifica una diminuzione del reddito di impresa del soggetto sottoposto a tassazione in

Italia, a meno che non sia attivata una procedura amichevole. Lo strumento del Joint audit

potrebbe far acquisire alle relative contestazioni una sorta di “fast track procedure”, ovvero

di una corsia procedimentale preferenziale per l’attivazione della procedura amichevole

proprio in relazione alle contestazioni rilevate in sede di verifica congiunta. In questo senso,

il coinvolgimento del contribuente e la trasparenza nella procedura potrebbero incrementare

la partecipazione e la compliance del cittadino che, mediante tale istituto, a differenza di

quanto avverrebbe nel caso in cui la verifica fosse portata avanti all’interno di un solo

Paese, potrebbe veder riconosciuta con molta più probabilità, mediante una procedura

formale di conciliazione, una variazione in diminuzione del reddito a seguito di rettica dei

corrispetti al valore normale mediante una rideterminazione concordata, almeno

parzialmente, in sede congiunta249

. In questo senso, si può affermare che, mediante le

verifiche congiunte, si persegue la finalità dell’eliminazione della doppia imposizione e,

conseguentemente, i joint audits si caratterizzano per essere un meccanismo idoneo a

risolvere i conflitti. A tal proposito, si sottolinea, tuttavia, che l’art. 110, comma 7 del TUIR

consente una variazione in diminuzione soltanto a seguito della conclusione di una

procedura amichevole, non essendo contemplata la possibilità di rettifiche conseguenti alla

conclusione del procedimento di joint audit. In assenza di disposizioni comunitarie che

armonizzino le procedure interne, modifiche unilaterali, come quella testè menzionata,

249 Competente all’aesame delle procedure rimane il tribunale nel quale sono state eseguite le procedure di accertamente

e secondo le cui regole è avvenuto l’accertamento congiunto. Il fatto che i rilievi scaturenti da detta attività abbiano

degli effetti transfrontalieri non lascia libero il contribuente nello scegliere il foro compente.

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67

potrebbero rappresentare un importante fattore di successo per lo sviluppo di procedure di

joint audits.

2.4. Lo scambio automatico e i paesi terzi La Direttiva n. 16/2011/UE estende il funzionamento dello scambio di informazioni anche

ai Paesi Terzi introducendo, nell’art. 24, intitolato “relazioni con i Paesi Terzi”, la

possibilità di uno Stato membro che riceve da un Paese terzo informazioni “prevedibilmente

pertinenti”, di trasmettere tali informazioni alle autorità competenti di altri Stati membri per

i quali dette informazioni potrebbero essere utili, qualora ciò sia consentito ai sensi di un

accordo con detto Paese terzo. A tal proposito, parte della dottrina250

ha rilevato che questa

possibilità trova la sua fonte nell’art. 63 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione

Europea (“TFUE”), che consente, unicamente in relazione alla libertà di movimento dei

capitali, un allargamento della tutela della circolazione del capitale tra Stati membri e Paesi

terzi nei confronti dei Paesi Terzi. L’impatto di tale disposizione è notevole poiché sono

considerati movimenti di capitale tutte le “operazioni finanziarie che riguardano

essenzialmente il collocamento o l’investimento dell’importo di cui trattasi” 251

, compresi gli

investimenti immobiliari effettuati da soggetti non residenti nel territorio di uno Stato

membro252

.

Analogamente, il comma 2 del citato art. 24 consente un scambio in uscita verso un Paese

terzo qualora l’autorità competente del Paese membro acconsenta a tale comunicazione e se

il paese terzo interessato si è impegnato a fornire la cooperazione necessaria per raccogliere

elementi comprovanti irregolarità di operazioni che costituiscono una violazione della

normativa fiscale253

.

250 K. SPIES, “Influence of International Mutual Assistance on EU tax Law”, in Intertax, Volume 40, 2012, pag. 518 e

ss.

251 CGUE, sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite C-286/82 e 26/83,G. Luisi e G. Carbone contro Ministero del

tesoro, p. 21. La corte inoltre aggiunge che il trasferimento materiale di biglietti di banca non può definirsi un

movimento di capitale qualora il trasferimento di cui trattasi corrisponda ad un obbligo di pagamento derivante da

un’operazione nell’ambito degli scambi di merci o servizi.

252 Corte di Giustizia del 28 ottobre 2010, causa C 72/09, Etablissements Rimbaud, par. 17.

253 K. SPIES, Influence of International Mutual Assistance on EU tax Law, Intertax, Volume 40, 2012, p.. 518 e ss:

Queste disposizioni appaiono a giudizio di parte della dottrinadi scarsa applicazione, visto che, generalmente, l’art. 26

del Modello OCSE non considera espressamente possibile la trasmissione di informazioni ad un Paese che non sia

controparte nel rapporto bilaterale.

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68

L’analisi della relazione della direttiva in esame con i Paesi terzi non può, inoltre,

prescindere dall’esame delle sentenze della corte di Giustizia concernenti l’impatto delle

libertà fondamentali che hanno fortemente influenzato lo sviluppo dello scambio automatico

di informazioni254

. La Corte di Giustizia, stabilendo che gli Stati membri non erano

giustificati a imporre misure restrittive adducendo le difficoltà di effettuazione dei controlli

transfrontalieri, ha spinto verso una più efficiente e capillare sfruttamento degli strumenti di

collaborazione255

. In questo quadro, infatti, sono vietate non solo le discriminazioni palesi in

base alla nazionalità, ma anche le discriminazioni dissimulate o indirette, quali quelle che

ostacolino l’esercizio delle libertà fondamentali rendendolo meno appetibile per i cittadini

comunitari 256

.

Le restrizioni alla libera circolazione di capitali possono essere giustificate unicamente da

motivi imperativi di interesse generale elaborati dalla giurisprudenza comunitaria, quali la

necessità di salvaguardare la coerenza del regime tributario, l’efficacia dei controlli fiscali e

sempre che non eccedano quanto necessario per il conseguimento dello scopo perseguito

dalla normativa ci cui trattasi. In altre parole, uno Stato membro è legittimato ad adottare

una misura discriminatoria soltanto se essa sia giustificata da motivi di interesse generale e

allo stesso tempo se la stessa rispetti il principio di proporzionalità che impone di graduare i

mezzi prescelti rispetto alle caratteristiche dell’obiettivo di volta in volta perseguito257

.

Secondo un consolidato orientamento della Corte di Giustizia258

, la necessità di preservare

l’efficacia dei controlli fiscali e di combattere l’evasione fiscale costituisce un motivo

imperativo di interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell’esercizio delle

libertà di circolazione garantite dal Trattato. Ne consegue che, se la concessione di un

254 X. OBERSON, International Exchange of Information in Tax Matters: towards Global Transparency, Edward Elgar

Publishing, Cheltenham, 2015, p.105; Terra Wattel (2012), p. 418; Schilcher, K. Spies, (2012) p. 323. Corte di

Giustizia, sentenza del 27 gennaio 2009, Causa C-318/07, Hein Pershe v. Finanzamt Ludenscheid, para 61-65; Corte di

Giustizia sentenze C-436/08 e 437/08 del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel BetriebsgmbH andund

Osteirreichische Salinen AG v. Finanzamt Linz, para 102.

255 M. LANG, The Legal and Political Context of ECJ Case Law on Mutual Assistance, in European Taxation, May

2012, p. 199-202.

256 F. PERSANO, La cooperazione internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello scambio di informazioni in

materia tributaria, Torino, Giappichelli 2006, p.145.

257 Corte di Giustizia, sentenza del 4 marzo 2004Causa C-334/02, , Commissione contro Francia, punto 28; Corte di

Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket e A, par. 56.

258 Corte di Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket e A, punto. 55; Corte di Giustizia, 15 maggio

1997, causa C-250/95, Futura Participations e Singer, punto 31; Corte di Giustizia, 15 luglio 2004, causa C-315/02,

Lenz, punti 27 e 45; Corte di Giustizia, 14 settembre 2006, causa C-386/04, Centro di Musicologia Walter Stauffer,

punto 47.

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69

vantaggio fiscale dipende dall’adempimento di condizioni la cui osservanza può essere

verificata solo ottenendo informazioni dalle autorità competenti di un paese terzo, è, in linea

di principio, legittimo rifiutare la concessione di detto vantaggio se a causa dell’assenza di

convenzione che preveda lo scambio di informazioni con tale terzo Stato, risulti impossibile

ottenere dette informazioni259

. Qualora, tuttavia, vengano applicate restrizioni che operano

discriminazioni in base a parametri diversi dalla nazionalità ma che di fatto conducono al

medesimo risultato, ossia a negare al cittadino comunitario i benefici accordati ai propri

residenti esse sono considerate incompatibili con il Trattato. Con specifico riferimento al

tema della cooperazione in campo fiscale, i Paesi hanno spesso applicato misure

discriminatorie adducendo l’impossibilità di garantire l’efficacia di controlli. La Corte ha

risposto che tale efficacia può essere garantita mediante il ricorso a misure meno restrittive

rispetto all’adozione di disposizioni discriminatorie, ad esempio usufruendo della assistenza

amministrativa, sulla base che “il contesto per uno scambio di informazioni (…) esiste in

forza della Direttiva n. 77/799/CEE concernente la reciproca assistenza fra le autorità

tributarie degli Stati membri”260

.

Per contro i rapporti tra gli Stati membri si svolgono in un contesto normativo comune

caratterizzato dall’esistenza di una normativa comunitaria, come la direttiva in materia di

cooperazione amministrativa261

, che ha stabilito obblighi reciproci di mutua assistenza che

non sussiste con le autorità di un paese terzo che non abbia assunto alcun impegno di

assistenza reciproca262

. La liberalizzazione dei movimenti di capitale con i Paesi terzi

persegue obiettivi diversi da quello di realizzare il mercato interno, come in particolare

259 Corte di Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket e A, par. 63.

260 Corte di Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, caso Danner, par. 72. Sulla necessità che la restrizione debba

garantire il raggiungimento dello scopo senza eccedere quanto necessario per raggiungerlo, si vedano le sentenze 13

dicembre 2005, causa c-446/03, Marks and Spencer, punto 35; sentenza 12 settembre 2006, causa C-196/04, Cadbury

Schweppes, punto 47; 13 marzo 2007, causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap group Litigation, punto 64; 18

dicembre 2007 causa A , punto 55.

261 Analogamente, lo stesso potrebbe accadere in relazione alle misure comunitarie di armonizzazione in materia di

contabilità delle società che si applicano agli Stati membri che consentono al contribuente di produrre documenti

affidabili e formati con principi contabili condivisi, mentre tale opportunità non è parimenti garantita nel caso in cui la

società sia situata in un paese terzo nel quale non sia applicabile detta normativa comunitaria. In questo senso: F.

PERSANO, “La pronuncia della Corte di Giustizia CE nel caso Skatteverket c. A: brevi considerazioni in merito alla

giustificazione concernente l’efficacia dei controlli fiscali nei rapporti con i Paesi Terzi”, in Diritto e Pratica Tributaria

Internazionale, 2008, vol. 2, p. 989; Si vedano anche le Conclusioni dell’avvocato generale Yves Bot, paragrafi 141-143

alla causa, del 18 dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket c. A:

262 Corte di Giustizia del 28 ottobre 2010, causa C 72/09, Etablissements Rimbaud, punto.40 e 44; Sentenza Corte di

Giustizia del 18 Dicembre 2007, C-101/05, A, punto. 60; sentenza Commissione/Italia, causa C-540707, punto 69;

Corte di Giustizia del 10 febbraio 2011, C-436/08 e 437/08, Haribo Lakritzen Hans Riegel BetriebsgmbH andund

Osteirreichische Salinen AG v. Finanzamt Linz, punto. 67.

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70

quelli di garantire la credibilità della moneta unica comunitaria sui mercati finanziari

mondiali e di conservare negli Stati membri centri finanziari di dimensione globale263

. A tal

proposito, tuttavia, occorre precisare che una limitazione alla libera circolazione dei capitali

nei confronti di un Paese terzo non è consentita qualora sia stato concluso con detto Paese

un accordo bilaterale di assistenza reciproca. La Corte di Giustizia, infatti, pur ammettendo

la diversità del contesto giuridico di una convenzione rispetto al contesto della Direttiva,

non considera giustificate tali restrizioni264

.

La visione della Corte è quella di non considerare proporzionata allo scopo la restrizione

quando “anche se la verifica delle informazioni fornite dal contribuente risulta difficile, in

particolare a causa dei limiti dello scambio delle informazioni previste dall’art. 8 della

Direttiva 77/799, nulla impedisce alle autorità fiscali interessate di esigere dal contribuente

le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione delle imposte”265

.

A tal proposito, infatti, nel caso ELISA266

, la Corte stabilì che il limite allo scambio di

informazioni previsto dall’art. 8, n. 1, della direttiva 77/799/CEE allora in vigore, non

giustificasse in base al principio di proporzionalità il diniego alla concessione di

un’agevolazione fiscale in quanto non era impedito alle autorità fiscali interessate di poter

richiedere al contribuente le informazioni necessarie per la corretta determinazione delle

imposte e di negare l’esenzione qualora tali prove non fossero state fornite. Perché infatti

una misura restrittiva sia giustificata essa deve rispettare il principio di proporzionalità nel

senso che deve essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e

che non deve andare oltre quanto è necessario per conseguirlo267

.

L’importanza della mutua assistenza amministrativa è confermata anche nel caso

Commissione v. Portogallo, riguardante la possibilità di esentare da tassazione i dividendi

corrisposti esclusivamente a fondi pensione residenti in Portogallo268

. La Repubblica

263 Corte di Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket e A, par. 31.

264 Corte di Giustizia, caso Haribo, cit., punti 132 e 133; Corte di Giustizia, 6 ottobre 2011, C-493/09, Commissione

Europea contro Repubblica portoghese, par. 40 e Conclusioni dell’avvocato Generale Paolo Mengozzi, presentate il 25

maggio 2011, causa C- 439/09, Commissione Europea contro Repubblica portoghese, punto 62.

265 Corte di Giustizia, 18 Dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket e A, par. 58.

266 Sentenza 11 ottobre 2007, causa C-451/05, ELISA, par. 92 e ss. Il più ristretto ambito di applicazione della direttiva

era dovuta alla convenzione del 1 aprile 1958 e all’impossibilità di contrastare efficacemente l’evasione fiscale nel caso

di società holding di diritto lussemburghese.

267 Conclusioni dell’Avvocato generale Paolo Mengozzi presentate il 14 ottobre 2008, Causa C318/07 Hein Pershe,

punto 78.

268Corte di Giustizia, sentenza del 6 ottobre 2011, C-493/09, Commissione Europea contro Repubblica portoghese,

par.40 e ss.

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71

portoghese affermò che l’esenzione era giustificata dalla necessità di garantire il buon

funzionamento e l’equilibrio del sistema previdenziale portoghese sottoponendo tali fondi

residenti a requisiti particolarmente severi in materia di gestione, di funzionamento, di

capitalizzazione e di responsabilità finanziaria. Tale supervisione era ritenuta possibile solo

nel caso in cui detti fondi fossero residenti nel territorio dello Stato. In aggiunta, il governo

Portoghese non consentiva alcuna esenzione anche in caso in cui i fondi fossero residenti in

Paesi con i quali il Portogallo avesse concluso una convenzione di assistenza amministrativa

che garantiva una cooperazione e un’assistenza equivalenti a quelle attuate tra gli Stati

membri dell’Unione. La Corte ritenne che, pur ammettendo in linea di principio restrizioni

alla libera circolazione dei capitali nei confronti di Paesi terzi, in presenza di accordi di

cooperazione amministrativa, gli stessi benefici fiscali dovevano essere garantiti anche a

detti ultimi paesi269

. Le convenzioni sono state, conseguentemente, considerate dalla

Corte270

aventi effetti equivalenti a quelli derivanti dalla Direttiva sulla mutua assistenza

amministrativa. Nel caso dei fondi pensione portoghesi, l’impossibilità assoluta per i fondi

non residenti di fruire dell’esenzione concessa a quelli residenti è stata ritenuta una misura

non proporzionata. La giustificazione addotta dalla Repubblica Portoghese in relazione

difficoltà concrete incontrate nella raccolta delle informazioni271

non è stata considerata

rilevante.

I casi esaminati fino ad oggi dalla Corte di Giustizia Europea fanno propendere per

una soluzione di sostanziale eguaglianza tra le modalità di scambio di informazioni e quindi

per l’eliminazione di qualunque restrizione in campo fiscale che sia stata dettata dalla

mancanza di un adeguato meccanismo di scambio di informazioni. Come nella citata causa

Commissione contro Portogallo, la Corte non ha fatto distinzioni in merito al tipo di

contesto normativo equiparando, dal punto di vista dell’efficacia della cooperazione

amministrativa, l’ambito comunitario con le convenzioni bilaterali, nonostante il mancato

adempimento delle norme comunitarie possa essere portato di fronte alla Corte di Giustizia,

mentre nel secondo caso si può solo optare per una sospensione o risoluzione del trattato

bilaterale272

. Attualmente, invece, a seguito delle modifiche introdotte dalla Direttiva

2011/16/UE e successive, quanto finora sancito dalla Corte con riferimento al quadro

269 K. Spies, “Influence of International Mutual Assistance on EU Tax Law”, cit.

270 In questo senso anche Corte di Giustizia, sentenza 12 settembre 2006, causa C-196/04, caso Cadbury Schweppes,

par. 71; Corte di Giustizia sentenze C-436/08 e 437/08 del 10 febbraio 2011, Haribo und Osteirreihishe Salimen, par.

132. La Corte stabilì l’illegittimità di un rifiuto di un’agevolazione su dividenti provenienti da Paesi terzi in quanto non

condizionata dall’esistenza di un trattato sulla mutua assistenza amministrativa.

271 Corte di Giustizia 6 ottobre 2011, causa C-493/09, Commissione v. Portogallo, punto 48.

272 M. LANG, The Legal and Political Context of ECJ Case Law on Mutual Assistance, in European Taxation, May

2012, p. 199-202.

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72

normativo delineato dalla Direttiva 77/799/CEE, potrebbe non rivelarsi pacificamente

condiviso in relazione a potenziali casi futuri che si riferiranno al nuovo contesto giuridico

dello scambio di informazioni273

. Per effetto del potenziamento in ambito europeo dello

scambio automatico di informazioni274

, il quadro giuridico della cooperazione tributaria non

è più paragonabile, se non mediante un’analisi specifica case by case, a quello generalmente

delineato da un accordo bilaterale, specie con riferimento a quei Paesi che non hanno

(ancora) aderito alla standard globale automatico275

. Se, quindi anche precedentemente,

c’era chi276

riteneva che, nell’interpretare le norme in materia di libera circolazione dei

capitali tra Stati membri e Paesi terzi, l’obiettivo primario fosse quello di incoraggiare

quest’ultimi a concludere convenzioni che prevedano lo scambio di informazioni con gli

Stati membri in modo da salvaguardare un migliore coordinamento tra i diversi regimi

tributari, a maggior ragione oggi anche i Paesi terzi stessi saranno incentivati ad aderire agli

accordi multilaterali per preservare i vantaggi commerciali (e anche fiscali) finora garantiti

dall’interpretazione della Corte.

273 K. SPIES, “Influence of International Mutual Assistance on EU Tax Law”, cit., pp. 526 e ss.

274 Ulteriore punto di distacco delle modalità di attuazione dello scambio comunitario rispetto ai modelli di convenzione

OCSE o ai TIEAs (Tax Information Exchange Agreement Model Convention) è che, in base a quest’ultimi modelli, la

richiesta di informazioni deve essere in conformità alla legge e alla prassi amministrativa. In altre parole poiché l’ultima

condizione non è espressamente richiamata nella direttiva, ne deriva che effettuare uno scambio all’interno dell’Unione

può risultare molto più semplice che nell’ambito di un accordo bilaterale.

275 K. SPIES, Influence of International Mutual Assistance on EU Tax Law, cit., pg. 527.

276 F. PERSANO, “La pronuncia della Corte di Giustizia CE nel caso Skatteverket c. A: brevi considerazioni in merito alla

giustificazione concernente l’efficacia dei controlli fiscali nei rapporti con i Paesi Terzi”, in Diritto e Pratica Tributaria

Internazionale, 2008, vol. 2, p. 990; Conclusioni avvocato Yves Bot, paragrafi 141-143 della sentenza della CGUE, del

18 dicembre 2007, causa C-101/05, Skatteverket

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73

Capitolo 3. Lo scambio automatico in ambito internazionale

3.1. La nascita della cooperazione amministrativa: cenni storici La nascita della cooperazione amministrativa

277, intesa quale scambio di informazioni

finalizzato all’accertamento delle imposte e all’assistenza nella riscossione dei tributi dello

Stato al di fuori del proprio territorio, ha origini piuttosto recenti. Fino alla metà

dell’Ottocento, infatti, il diritto tributario internazionale non esisteva ancora in quanto le

disposizioni tributarie contemplavano esclusivamente presupposti verificatisi nell’ambito

del territorio nazionale. La cooperazione si è sviluppata originariamente attraverso specifici

accordi tra gli Stati. Nei trattati conclusi tra Belgio e Francia del 1843 e tra Belgio e Paesi

Bassi è stata menzionata per la prima volta la dicitura “cooperazione amministrativa”278

.

Per lungo tempo, infatti, ha prevalso in materia fiscale un atteggiamento di scarsa

collaborazione tra gli Stati, talvolta anche sfociato nella negazione di qualsiasi forma di

collaborazione279

, dovuto al fatto che la potestà tributaria, insieme a quella punitiva, è stata

considerata da sempre una delle massime espressioni della sovranità. Gli Stati, infatti,

ritenevano che “la collaborazione all’accertamento di pretese impositive di altri Stati o la

loro concreta attuazione avrebbe costituito un’inaccettabile ingerenza nelle loro

277 La cooperazione amministrativa può essere definita come “l’attività coordinata, ma distinta, di organi interni di due

o più Stati mirante di volta in colta ad attuare i fini di uno di essi indifferentemente, fini trovanti rispondenza negli

analoghi degli altri, aventi egualmente diritto alla loro attuazione”. M. UDINA, Il diritto internazionale tributario, in

Trattato di diritto internazionale a cusa di Prospero Fedozzi e Santi Romano, Vol. X, Padova, 1949, p.428. Secondo

autorevole dottrina, sarebbe un errore ritenere che un’efficace collaborazione fiscale internazionale sia utile solamente

agli Stati. La finalità di eliminazione della doppia imposizione fiscale e l’interesse a che vengano scambiate corrette

informazioni possono portare ad una più corretta determinazione della base imponibile e maggiore equità di cui ne trova

giovamento il contribuente. In questo senso P. ADONNINO Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni

finanziarie, in Diritto e Pratica Tributaria, 2008, 4, pg. 707 e ss; A. FEDELE., Prospettive e sviluppi della disciplina

dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie, in Rass. Trib., 1999, I, 49-58.

278 In questo senso si veda B. Gangemi, General Report, in International Mutual assistance through Exchange of

Information, Cahiers de droit International, The Netherlands, 1990, LXXVb.

279 Il principio della c.d. “non collaborazione” o “revenue rule” è stato elaborato dalla common law britannica e

statunitense già a partire dalla fine del Settecento. Secondo tale principio, ogni legislazione straniera è irrilevante

all’interno del territorio nazionale. Significativa a tal proposito è la massima pronunciata da Lord Mansfield secondo cui

“no country ever takes notice of the revenue laws of another” – in Holman v. Johnson (1775), 1 Cowp 341, 98 ER 1120;

secondo la quale “nessuno Stato dà mai rilevanza alle leggi tributarie di un altro Paese” (trad. libera). Questa posizione

è stata a lungo rispettata per evitare l’applicazione di una legge di uno Stato in un’altra giurisdizione. Su questo punto si

veda C. SACCHETTO, Tutela all’estero dei crediti tributari dello Stato, Padova, 1978; C. SACCHETTO, Il principio della

irrilevanza e della inapplicabilità delle leggi tributarie e degli atti d’imposizione di ordinamenti stranieri nella

giurisprudenza degli Stati di common law e dell’Europa continentale, in Riv. Dir. Fin., 1976, pp. 79 e ss.

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prerogative dal momento che la non collaborazione tra Stati in materia fiscale

dipenderebbe dalla natura delle norme tributarie e quindi dal carattere essenzialmente

pubblico e politico di queste disposizioni che ne confinerebbero il rilievo entro il territorio

dello Stato che le ha emanate”280

. Se da un lato, infatti, la scienza giuridica valorizzava il

territorio come elemento fondamentale dello Stato ordinamento, dall’altro lato esso

rappresentava il limite entro i cui confini poteva esplicarsi, in via esclusiva, la sovranità.

Come corollario, la potestà impositiva poteva avere luogo con esclusivo riferimento a

presupposti manifestatisi all’interno del territorio stesso e nessun interesse era rivolto a fatti

economici che, seppur astrattamente riconducibili a soggetti sottoposti alla propria potestà

tributaria, si verificavano fuori dai propri confini. I sistemi di prelievo erano incentrati quasi

esclusivamente su imposte di tipo reale incentrate sulla manifestazione di ricchezza e non

tenevano conto della situazione personale del soggetto passivo.

L’affermazione di sistemi fiscali più evoluti, con la comparsa, quale nucleo portante, di

forme di prelievo sul reddito personali e progressive, nonché l’internazionalizzazione

dell’economia, caratterizzata da una sempre crescente mobilità dei fattori produttivi e dalla

delocalizzazione delle attività e degli interessi economici, hanno determinato l’esigenza di

superare il principio di territorialità dei tributi281

a favore, invece, come nel caso italiano, di

un sistema di prelievo fondato sull’uguaglianza sostanziale e sulla solidarietà in cui tutti i

redditi, indipendentemente dal luogo di produzione, sono imputati al soggetto residente. In

caso contrario, infatti, escludere dalla tassazione i redditi prodotti all’estero avrebbe

introdotto elementi di discriminazione a danno dei soggetti che possiedono esclusivamente

redditi domestici, poiché quest’ultimi sarebbero risultati sottoposti a tassazione progressiva

sull’intera ricchezza loro riferibile, mentre i titolari di redditi di fonte estera avrebbe subito

un prelievo progressivo solo sulla ricchezza domestica. I redditi di fonte estera vengono

inclusi nell’ambito delle fattispecie soggette ad imposizione mediante criteri di

collegamento di tipo personale con il territorio, che sono propriamente identificati nella

cittadinanza o, più frequentemente, nella residenza. L’introduzione di suddetti nuovi criteri

di collegamento e l’adozione da parte di un numero sempre più elevato di Stati del principio

di tassazione basato sul c.d. worldwide principle (imponibilità in capo ad un soggetto del

reddito ovunque prodotto) ha generato due conseguenze.

La prima è che la sottoposizione a tassazione di fatti verificatisi al di fuori dei confini

nazionali comporta che il medesimo reddito può essere sottoposto a tassazione in capo allo

280 P. MASTELLONE, Cooperazione fiscale internazionale nello scambio di informazioni, in Diritto tributario

internazionale, Istituzioni a cura di R. Cordeiro Guerra, Cedam, Padova, 2012, pg. 215 e ss;

281 R. CORDEIRO GUERRA, “Nascita e sviluppo del diritto tributario internazionale”, in Diritto tributario internazionale a

cura di R. Cordeiro Guerra, Cedam, 2012, pp. 5 e ss.

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stesso soggetto da parte di due o più ordinamenti generando il rischio della doppia

imposizione sulla medesima fattispecie282

.

La seconda è che l’inclusione nell’ambito delle fattispecie soggette ad imposizione di

quelle con elementi di estraneità si è tuttavia scontrata con il vincolo della territorialità

formale283

. Dal momento che gli Stati non possono esercitare autonomamente la propria

sovranità in territorio straniero in virtù di un principio consuetudinario di diritto

internazionale pacificamente riconosciuto, l’accertamento delle fattispecie con elementi di

estraneità è concretamente attuabile solo con la cooperazione degli Stati esteri. Si è preso

atto, pertanto, dell’importanza della reciproca assistenza e nella ricerca di informazioni atte

a consentire da un lato la rimozione di ogni ostacolo al commercio transfrontaliero e

dall’altro il controllo sull’adempimento degli obblighi fiscali dei contribuenti. Questo

concetto dell’affermazione della sovranità degli stati membri anche nella procedura di

assistenza amministrativa fu evidenziato anche nel parere del Comitato economico e

sociale284

ove si sottolineò come gli Stati membri, nel quadro definito dalle direttive

applicano la loro legislazione e i loro istituti negli ambiti di loro competenza. Con la

cooperazione gli Stati non limitano la propria sovranità, anzi ne garantiscono l’integrità,

creando le condizioni per attuare un prelievo nei confronti dei propri residenti in maniera

più efficace285

. Questo passaggio testimonia il superamento del concetto tradizionale di

“territorialità formale”, conosciuto per essere una delle caratteristiche principali del concetto

di sovranità e, contemporaneamente, il limite territoriale all’esercizio della potestà

tributaria.

L’effetto della globalizzazione è stato pertanto che la fiscalità ha tentato di seguire

l’economia oltre confine286

. Necessariamente gli Stati hanno optato di salvaguardare la

282 Molti Paesi infatti applicano una forma ibrida di tassazione sul principio di residenza con applicazione della ritenuta

nel paese della fonte del reddito e tassazione nel paese di residenza accordando un credito o un’esenzione per le imposte

pagate già pagate.

283 R. SEER, I. GABERT, General Report, Mutual Assistance and Information Exchange, Atti del Convegno EATLP

svoltosi a Santiago de Compostela il 4-6 giugno 2009, Amsterdam, 2010.

284 Parere del Comitato economico e sociale, Eco/252 del 16 luglio 2009, in merito alla proposta di Direttiva

delConsiglio relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale COM(2009) 28 final – 2009/0007 (CNS),

relatore Sergio Santillan Cabeza, punto 5.5.

285 M. KEEN, J.E. LIGTHART, “Information Sharing and International Taxation”, in Discussion Paper n. 2004-117,

Tilburg University, 2004, p. 3.

286 M.L. DJELIC, From the Rule of law to the law of rules, (2010)

http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2170001 ultimo accesso 25 novembre 2016; A.G., SCHERER, G.

PALAZZO, “The new political role of business in a globalised world: a review of a new perspective on CSR and its

implications for the form, governance, and democracy”, in Journal of Management Studies, n.48, (2011). Per un’analisi

degli effetti della globalizzazione si veda anche: RING D.M., “Who is making international tax policy? International

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propria sovranità mediante varie forme di cooperazione internazionale aventi come base

giuridica i trattati internazionali bilaterali e multilaterali. La globalizzazione finisce per

porre dei limiti alla sovranità degli Stati nella misura in cui rompe lo schema storico: una

economia, un territorio, un governo287

. A fronte della globalizzazione dell’economia

mondiale e del grande aumento dei commerci internazionali, della possibilità di localizzare i

fattori produttivi all’estero nonché della complessità di sistemi fiscali diversi, i mezzi di

indagine confinati entro i confini dei singoli Stati si sono rivelati insufficienti rendendo

concretamente impossibili controlli efficaci senza la cooperazione. Si è fatta strada la

consapevolezza dell’importanza della reciproca assistenza tra le amministrazioni fiscali per

la ricerca di informazioni dirette a consentire il controllo circa l’adempimento degli obblighi

fiscali dei contribuenti. Il rapporto OCSE sulla competizione fiscale dannosa (Harmful Tax

Competion: an Emerging Global Issue) del 20 gennaio 1998 sottolinea l’importanza dello

scambio di informazioni e la necessità di superare la frammentazione derivata dalla

disciplina contenuta nei trattati bilaterali a favore di soluzioni multilaterali.

3.2. Le fonti dello scambio di informazioni in ambito internazionale Lo stato della cooperazione fiscale internazionale offre un quadro oggi molto articolato. In

assenza di un principio internazionale che la imponga288

, la collaborazione internazionale è

realizzata attraverso accordi internazionali di tipo bilaterale o multilaterale. Nella prima

categoria rientrano le convenzioni contro le doppie imposizioni, redatte sulla base dei

modelli elaborati dall’ Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica

(“OCSE”) e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (“ONU”). L‘Organizzazione per la

Cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), da tempo dedicata alla complessa materia

dei rapporti internazionali tributari, ha predisposto uno strumento che possa aiutare gli Stati

ad attenuare gli effetti distorsivi dovuti al mancato coordinamento dei diversi sistemi

tributari, approvando un Modello di Convenzione contro la doppia imposizione

Organizations as Power Players in a High Stakes World”, in Boston College Law School, Research Paper 185 (Luglio

2010); ROSENAU J.N., “Turbolence in World politics: a theory of change and continuity”, Princeton University Press,

(1990); M. STEWART, Transnational tax information exchange networks: step towards a globalizes, legitimate tax

administration, in World Tax Journal, giugno 2012, p. 157.

287 C. SACCHETTO, “La trasformazione della sovranità tributaria:I rapporti fra ordinamenti e le fonti del diritto

tributario”, in Principi di diritto tributario europeo e internazionale, a cura di C. Sacchetto, Giappichelli Editore, 2011,

pg.11 e ss.

288 S.GARUFI, Tax Havens and Exchange of Information: Is Uncooperative Behaviour a Violation of International

Law?, in Legal Studies and Research Paper Series n. 2355679 del 13 novembre 2013, Università Commerciale Luigi

Bocconi, https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2355679 ultimo accesso 27 novembre 2016.

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accompagnato da un Commentario che costituisce interpretazione autentica delle clausole

inserite nel modello289

. Alla seconda categoria appartengono invece le convenzioni

multilaterali, come la Convenzione tra il Consiglio d’Europa e l’OCSE sulla mutua

assistenza amministrativa in materia fiscale290

, il Nordic Treaty o il Patto Andino. La norma

di riferimento in cui si rinviene la disciplina dello scambio di informazioni per le

convenzioni contro le doppie imposizioni è costituita dall’art. 26 del Modello OCSE.

3.2.1. Il Modello di Convenzione OCSE

I trattati internazionali riflettono la tax policy291

di ciascuno Stato contraente al

momento della conclusione del negoziato. Generalmente, il perfezionamento di detti accordi

è il frutto di una trattativa diplomatica, basata sul principio di reciprocità292

, volta ad

incoraggiare il commercio e gli scambi bilaterali. Il trattato fornisce, in questo modo,

stabilità e certezza alle relazioni economiche internazionali mediante la ripartizione del

potere impositivo tra i due Stati contraenti e l’eliminazione della doppia imposizione293

. A

289 A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, p.

676.

290 La Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa in campo fiscale è stata sottoscritta a Strasburgo il 25 gennaio

1988 sotto l’egida del Consiglio d’Europa e dell’OCSE. L’accordo internazionale è entrato in vigore il 1° aprile 1995.

L’Italia lo ha ratificato in data 31 gennaio 2006. Esso è composto da 32 articoli e un ampio Commentario (Explanatory

Report) di natura esplicativa elaborato a suo tempo dal Comitato di esperti. Il Commentario non costituisce uno

strumento di interpretazione autentica ma si propone esclusivamente di facilitare la comprensione delle disposizioni

convenzionali. Il 6 aprile 2010, è stato firmato un protocollo di modifica della Convenzione con l’intento di rispecchiare

il nuovo consenso internazionale a che lo scambio di informazioni rappresenti uno strumento unico nella lotta contro

l’evasione e la frode fiscale. Tali modifiche attengono, in particolare, ad intensificare lo scambio di informazioni

bancarie. Nel caso, infatti, uno Stato riceva una richiesta di informazioni bancarie proveniente da un’altra giurisdizione

legata alla medesima Convenzione non può rifiutare opponendo la riservatezza degli utenti delle proprie banche

l’interesse di Stato.

291 S. VAN WEEGHEL, “The Improper Use of Tax Treaties with particular reference to the Netherlands and the United

States”, Kluwer Law International, 1998, pp 107 e ss. L’autore, a titolo di completezza, indica che taluni elementi di tax

policy possono essere conosciuti mediante lettura delle riserve apposte dagli Stati Contraenti agli articoli del Modello di

Convenzione adottato.

292Come acutamente osservato da S. Van Weeghel, op. cit., p.116, la reciprocità nella conclusione di un trattato

bilaterale non è solamente un principio, quanto, piuttosto, un pilastro fondamentale per il perfezionamento dell’accordo:

“A country will not enter into a tax treaty with another unless it has something to gain, whether in terms of revenue,

enforcement or foreign investments. A country may adopt unilateral measure for the avoidance of double taxation to

protect its residents or citizen, but it will not grant any benefit to its non-residents unless it has something to gain by

doing so”.

293 Studi e relazioni sulla necessità di eliminare la doppia imposizione internazionale furono promossi, sin dagli anni

’20, dalla Società delle Nazioni che, avvalendosi del proprio Comitato Fiscale composto da esperti europei e americani

giunse alla pubblicazione nel 1923 di un Report (Rapport sur la double imposition présenté au Comité financier redatto

da Bruins M., Einaudi L., Seligman R., Stamp J.). Per una ricostruzione completa di tale percorso diplomatico si

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lungo il successo dello scambio di informazioni per il tramite dei trattati bilaterali è stato

determinato da alcuni fattori quali: la presenza di una lingua comune (si pensi ad accordi

quali il Nordic Treaty in forza tra i Paesi Scandinavi o il patto Andino), l’entità degli scambi

commerciali o dei flussi di capitale tra i due Paesi, il livello di sviluppo di un Paese, la

presenza di un sistema di tassazione basato sul worldwide taxation principle294

.

Le convenzioni regolano i rapporti tributari tra i soggetti firmatari della convenzione

e sono state introdotte per evitare il fenomeno per cui lo stesso presupposto sia soggetto due

volte a tassazione in due diversi Stati. Nonostante il modello nasca come uno strumento per

la realizzazione dell’obiettivo tipico delle convenzioni internazionali ovvero l’eliminazione

della doppia imposizione giuridica internazionale, nel corso degli anni, con il progressivo

affermarsi di fattispecie transnazionali a rilevanza tributaria, esso ha ampliato il proprio

campo di azione, estendolo fino a comprendere la necessità di contrastare in via preventiva

l’evasione, la frode e l’elusione fiscale295

, nonché la finalità alla corretta realizzazione degli

interessi dei singoli Stati contraenti296

e di tutela del sistema fiscale297

. Si può, pertanto,

affermare che le Convezioni tutelano una pluralità di interessi: quello alla corretta

applicazione delle leggi fiscali compresi anche i trattati contro le doppie imposizioni, quello

di assicurare il conseguimento delle entrate fiscali e l’esigenza di preservare l’integrità del

sistema giuridico nazionale. Infine, per il tramite del sistema dello scambio di informazioni,

verrebbe rafforzato il principio di tassazione sulla base della residenza comportando la

neutralità, o efficienza paretiana, nella scelta delle decisioni di carattere economico di

allocazione delle risorse in quanto la tassazione del reddito non sarebbe influenzata dal

luogo in cui è localizzato il capitale o la fonte del reddito di origine298

.

rimanda a: S. JOGARAJAN, “Stamp, Seligman and the rafting of the 1923 Experts’ Report on Double Taxation”, in World

Tax Journal, Ottobre 2013, vol.5, pp.368 e ss.

294 M. KEEN, J.E. LIGTHART, “Information Sharing and International Taxation”, in Discussion Paper n. 2004-117,

Tilburg University, 2004, p. 19; R. SEER, I. GABERT, European and International Tax Cooperation: Legal Basis, Burden

of Proof, Legal Protection and Requirements, in Bulletin for International Taxation, 2011, p. 90.

295 L.GERZOVA, O. POPA, Compatibility of Domestic Anti-Avoidance Measures with Tax Treaties, in European Taxation,

Special Issue, Settembre 2013, p.423 e ss.

296 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, in Intertax, 2016, vol. 44, n. 4, p.298.

297 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, 49-58; S. DORIGO, La Cooperazione fiscale internazionale, in Principi di diritto tributario

europeo e internazionale a cura di C. Sacchetto, Torino, 2011p. 209.

298 M. KEEN, J.E. LIGTHART, “Information Sharing and International Taxation”, in Discussion Paper n. 2004-117,

Tilburg University, 2004, p. 6.

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Per i motivi finora elencati, lo scambio di informazioni ha acquistato sempre più rilevanza

passando da mero elemento strumentale fino a diventare il punto centrale della nuova

politica OCSE per il contrasto della competizione fiscale e delle pratiche fiscali dannose.

Questo passaggio è avvenuto spostando l’attenzione da una valutazione degli interessi dei

singoli Stati contraenti a quella del complesso dell’ordinamento internazionale299

. Nella

prima versione dell’art. 26 del Modello OCSE del 1963, la Convenzione era applicabile

soltanto nei confronti dei soggetti residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti. Con le

modifiche apportate nel 1977, il modello è stato slegato dal collegamento con la residenza o

la nazionalità e si applica a tutti i potenziali contribuenti300

. Questa modifica non solo ha

ampliato le possibilità per lo Stato richiedente di accertamento e di ottenimento di

informazioni, ma ha anche sottolineato la sempre maggiore distanza della finalità dello

scambio rispetto all’originaria ottica prettamente bilaterale. Dalla sua prima versione ad

oggi, tale articolo ha subito numerose modifiche finalizzate a manterne l’efficacia in

relazione al mutevole panorama politico ed economico. Esse sono il risultato di un lungo e

laborioso lavoro svolto dall’OCSE, prevalentemente con raccomandazioni o

implementazioni del commentario, o altri strumenti di soft law, nel corso degli anni volto a

sensibilizzare la comunità internazionale verso condotte sempre più cooperative. Gli

interventi operati nel 2000, hanno ampliato l’ambito di applicazione a tutte le imposte301

.

Nel 2005, l’art. 26 è stato completamente riscritto e il relativo commentario fu ampliato

notevolmente302

. L’ampliamento è anche temporale, in quanto il commentario sembra

299 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, 49-58. E.C.C.M. KEMMERMEN, Double Tax Conventions on Income and Capital and the EU :

Past, Present and Future, in EC Tax Review, 2012-3, p.157, ritiene che ci sia una sostanziale unicità di finalità sia nella

stipula delle convenzioni bilaterali e nelle disposizioni del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea: la

sostanziale rimozione di ogni ostacolo che possa limitare lo sviluppo di relazioni di carattere economico tra i Paesi.

300 K. VOGEL, art. 26(1), Double Taxation Conventions, Kluver Law International, 1997, paragrafi 45-47.

301 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, in Intertax, 2016, vol. 44, n. 4, p.298. Gli autori

descrivono le modifiche intervenute all’art. 26 sin dalla sua prima versione del 1963. Nel 1977, la versione

comprendeva la possibilità per gli Stati d chiedere informazioni anche con riferimento a soggetti che non fossero

residenti in uno dei due Stati contraenti. Dal 2000, inoltre, l’art. 26 copre “taxes of every kind and descriptions”.

302 J. OWENS, Moving Towards Better Transparency and Exchange of Information on Tax Matters, cit., P. 557; V. TANZI,

H.H. ZEE, Taxation in a Cordless World: The Role of Information Exchange, in Intertax, vol 28, n. 2, p. 58; E.

TRAVERSA, F. CANNAS, Exchange of Information (art. 26 OECD Model Convention), cit., pp. 147-174.

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ammettere che lo scambio possa essere esteso anche a situazioni avvenute prima dell’entrata

in vigore del trattato303

.

In relazione alle modalità di scambio, l’art. 26 non dispone nulla e occorre fare riferimento

al Commentario304

, che, in modo non vincolante, già nella sua prima versione305

, contempla

i seguenti tipi di scambio di informazioni: a richiesta, spontaneo e automatico306

. Il primo si

riferisce alla richiesta effettuata dallo Stato membro richiedente allo Stato membro

interpellato su un contribuente specifico; il secondo, quello denominato “spontaneo” è

costituito dalla comunicazione occasionale e senza preventiva richiesta, di informazioni

qualora si ritenga che i dati trasmessi possano essere di particolare interesse per l’altro

Stato; infine, lo scambio automatico prevede comunicazione sistematica di informazioni

predeterminate ad un altro Stato membro a intervalli regolari prestabiliti. Il commentario

OCSE, nella versione del 2000, aggiunge che tali tecniche possono essere combinate tra

loro e “non è precluso l’utilizzo di altri meccanismi di scambio di informazioni e di

cooperazione fiscale, così come nel caso delle verifiche simultanee, verifiche fiscali

all’estero e scambi di informazioni in altri settori industriali”. Data la genericità dell’art. 26

del modello OCSE, il Commentario espressamente precisa che detti scambi devono essere

esplicitamente oggetto di accordo tra le autorità competenti degli Stati contraenti. Nel 2012,

l’art. 26 è stato ulteriormente modificato mediante l’aggiunta di un periodo al paragrafo 2,

con l’obiettivo di rendere più efficace la cooperazione e ad ampliare ulteriormente l’ambito

del possibile utilizzo delle informazioni. In precedenza i dati scambiati potevano essere

utilizzati nell’ambito delle procedure di accertamento o riscossione delle imposte per le

quali lo scambio era stato effettuato o per la decisione dei ricorsi ad essi relativi. La

disposizione aggiunta stabilisce che “le informazioni ricevute da uno Stato contraente

possono essere utilizzate per altri fini anche non fiscali, se tale utilizzo è consentito dalle

303 Commentario 2012, art. 26(1), par. 10.3; in dottrina: F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An

Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its Requirements: In search for an Efficient but Balanced

Procedure, in Intertax, 2016, vol. 44, n. 4, p.298, facendo riferimento anche ad alcuni casi giurisprudenziali, tra I quail:

Corte di appello Inglese, Court of appeal, Ben Nevis (holdings) Ltd v. Revenue and Customs Commissioners, 23

maggio 2013, EWCA Civ. 678.

304 OECD Model Tax Convention on Income and on Capital: Commentary on art. 26 (2010), par. 9.

305 OECD; Draft Tax Convention on Income and on Capital (30 Luglio 1963). Questo articolo e il relativo commentario

furono modificati dal Consiglio dell’OCSE il 17 luglio 2012, e di nuovo il 15 luglio 2014.

306 OECD Model Tax Convention on Income and on Capital: Commentary on art. 26 (2010), par. 9.

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leggi di entrambi gli Stati e l’autorità competente dello Stato di provenienza autorizza tale

uso307

”.

Per quanto concerne le caratteristiche delle informazioni, l’art. 26 del Modello OCSE

secondo la formulazione del modello di convenzione tipo del 1963 stabiliva che “le autorità

competenti degli Stati contraenti si scambieranno le informazioni necessarie per

l’applicazione della presente convenzione e delle leggi interne degli Stati contraenti relative

alle imposte previste da questa convenzione, nella misura in cui la tassazione che tali leggi

prevedono è conforme alla Convenzione”308

. Rispetto alla versione del 1963, la nuova

versione ha previsto la sostituzione della “necessarietà” delle informazioni con la

prevedibile pertinenza (foreseeable relevance). Questo cambiamento ha inteso rafforzare la

cooperazione, con il solo limite che le informazioni siano pertinenti senza fare riferimento

alla situazione che l’informazione potrebbe effettivamente non risultare utile309

alla corretta

determinazione della base imponibile310

. Il criterio della prevedibile rilevanza estende il più

possibile la tipologia di dati che possono essere scambiati, e, allo stesso tempo, impedisce

allo Stato richiedente di intraprendere le c.d. fishing expeditions, intendendosi con tale

terminologia tutte quelle richieste di informazioni generiche e non non sufficientemente

dettagliate, che quindi non riguardano specificatamente la posizione di un singolo

contribuente o di categorie di contribuenti nei confronti dei quali si nutrono fondati sospetti

o siano già stati acquisiti indizi di colpevolezza”311

. Analogamente nel par. 5 del

Commentario all’art. 26 del Modello di Convenzione OCSE è indicato che tra le possibili

alternative alla prevedibile pertinenza potessero essere utilizzate gli aggettivi quali

307 L’art. 26, par. 2 prevede: “notwithstanding the foregoing, information received by a contracting State may be used

for other purposes when such information may be used for such other puroposes under the laws of both States and the

competent authority of the supplying State authorizes such use”.

308 Il modello OCSE del 1963 indicava “for carrying out of this convention and of the domestic laws of the contracting

States concerning taxes covered by this convention insofar as the taxation there under is in accordance with this

Convention”.

309 K. VOGEL, Double Tax Conventions, 1405, 31a, III, Kluwer Law International, 1997, ritiene che erano necessarie le

informazioni che fossero state rilevanti ai fini della tassazione e che non potevano essere ottenute dallo stato richiedente

nel proprio territorio; E. TRAVERSA, CANNAS, cit.,.p. 150. Il Commentario all’art. 26 del 2005 spiega che le modifiche

non erano intese per alterare nella sostanza ma per evitare dubbi nell’interpretazione.

310 T. DI TANNO, Lo scambio di informazioni fra amministrazioni finanziarie: limiti ed opportunità, in Rassegna

Tributaria n. 3, 2015, p. 665 e ss; A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in

Riv. Dir. Trib., n. 7-8, 2012, p. 676.

311 C. ALAGNA, S. MATTIA, Scambio automatico e spontaneo di informazioni tra stati, verifiche congiunte e simultanee,

in Fisc. Comm. Internaz., 2011, p. 9.

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“necessario” o “rilevante”312

, poiché esse ricomprendono la prevedibile pertinenza313

. Il

commentario all’art. 26, par. 8 lett.f) formula casi in cui le richieste riguardanti un gruppo di

contribuenti sono considerate sufficientemente dettagliate da soddisfare il criterio citato. È

menzionato, ad esempio, il caso di una richiesta volta a conoscere i titolari di determinate

carte di credito estere le cui transazioni sono state effettuate sul territorio di uno Stato. La

richiesta è stata ritenuta pertinente in quanto l’autorità fiscale aveva selezionato, in base alla

frequenza e alla modalità dell’utilizzo, i soggetti che avevano più probabilità di essere

residenti nel proprio territorio.

Per quanto concerne il Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni, le modifiche

apportate nel 2012 al comma 2 dell’art. 26314

, hanno sostanzialmente equiparato le garanzie

di segretezza a livello internazionale a quelle previste in ambito comunitario in quanto è

stabilito che tutte le informazioni che uno Stato membro abbia ottenuto in virtù delle

Convenzioni vengono assimilate alle informazioni ottenute attraverso indagini compiute in

base a leggi interne. La problematica essenziale è che lo Stato richiesto applica tali

procedure in base alla propria normativa interna, cosicchè la decisione di fornire o meno

l’informazione è discrezionale e rimessa a detto Stato. Al contrario nel caso dell’art. 8 dei

modelli TIEA, la confidenzialità delle informazioni deve essere interpretata in maniera

autonoma rispetto alla legge domestica, richiedendo così una protezione assoluta315

.

Il terzo paragrafo dell’art. 26 mira a indicare i limiti allo scambio di informazioni,

formulando che lo stesso deve avvenire in conformità della legge e delle pratiche

amministrative. Uno Stato non può richiedere ad un altro Stato la collaborazione con

312 Il par. 5 del Commentario OCSE all’art. 26 stabilisce: “Contracting States may agree to an alternative formulation of

this standard that is consistent with the scope of the Article (e.g. by replacing “foreseeably relevant” with “necessary”

or “relevant”).

313 Nel 2005 la condizione di “necessità” presente nell’art. 26, par. 1 del modello di convenzione OCSE fu cambiata in

“foreseeably relevance”. Il cambiamento del criterio ha comportato che la richiesta di informazioni può essere

giustificata anche se l’informazione trasmessa non comporta un diverso risultato fiscale. La prevedibile rilevanza è

attuata ogni qual volta l’informazione possa essere di interesse dell’altro paese ovvero quando discende da una richiesta

prevedilmente appropriata. A.P. DOURADO, “Exchange of information and validity of global standars in tax Law:

Abstractionism and expressionism or where the truth lies”, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced

Studious, RSCAS 2013/11.

314 L’art. 26 del Modello OCSE del 1963 stabiliva in tema di segretezza delle informazioni una disciplina molto rigida.

Era, infatti, imposto un obbligo assoluto di segretezza e le persone che potevano conoscere le informazioni erano

soltanto quelle incaricate dell’accertamento e della riscossione dei tributi oggetto della Convenzione.

315 A.P. DOURADO, Exchange of information and validity of global standars in tax Law: Abstractionism and

expressionism or where the truth lies, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS

2013/11.

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strumenti che lo Stato richiedente non adotta. Anche in questo caso, come nella normativa

comunitaria, la trasmissione delle informazioni avviene in ottemperanza ad un principio

assimilabile a quello di equivalenza secondo cui uno Stato non può trarre a proprio

vantaggio l’utilizzo del più esteso sistema informativo dell’altro Stato. Come sostenuto da

parte della dottrina316

, lo scambio è soggetto alla condizione di “minimo comun

denominatore”, nel senso che il limite è costituito dalla disciplina più rigorosa tra quelle

degli Stati contraenti. Questa disposizione, inoltre, rappresenta un’espressione del principio

di sovranità, in base al quale gli Stati non sono forzati a svolgere attività che siano in

contrasto con le disposizioni interne. A questo proposito, la normativa internazionale si

distingue da quella comunitaria più incisiva in quanto con la DAC1 è stato eliminato il

riferimento alla prassi amministrativa sancendo che uno Stato membro non è obbligato a

effettuare indagini o raccogliere informazioni soltanto quando sia contrario alla sua

legislazione.

Analogamente a quanto previsto nel diritto comunitario, anche a livello internazionale,

come precisato nel Commentario, vige un equivalente principio di sussidiarietà per cui corre

l’obbligo per l’Autorità richiedente di dichiarare di aver esaurito le fonti di informazioni

interne317

. Per quanto riguarda la verifica del soddisfacimento di tale requisito di reciprocità,

talune amministrazioni fiscali prima di fornire un’informazione procedono all’effettivo

controllo, altre invece si limitano a richiedere una dichiarazione in tal senso nella richiesta

di informazione, altre infine neppure richiedono tale dichiarazione fondandosi sul generale

principio di buona fede318

. Questo tipo di condizione si applica per lo scambio a richiesta.

Strettamente connesso al principio di equivalenza, è il principio di reciprocità, elemento

cardine del diritto internazionale319

. Tale concetto può essere inteso anche come principio di

uguaglianza è può essere ricondotto alla relazione tra due o più Stati in base alla quale uno

Stato garantisce ad un altro Stato determinati benefici, a patto che quest’ultimo, a sua volta

316 B. GANGEMI, General Report, in Cah. Dr. Fisc. Int.: International mutual assistance through exchange of

information, vol. 75b, 23-24 (IFA ed., 1990).

317 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, cit., p. 304, ritengono che il principio, come

supportato dal paragrafo 9 a) del Commentario non deve rappresentare un freno allo scambio di informazioni e,

pertanto, ritengono che come espresso dall’OCSE nel Manuale sullo scambio di informazioni che “before sending a

request, a contracting party should use all means available in its own territory to obtain the information except where

those would give rise to disprorportionate difficulties”.

318 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra amministrazioni finanziarie, cit. pp. 707 e ss.

319 T. SCHENK-GEERS, International Exchange of Information and the Protection of taxpayers, p. 179, Alpphen aan den

Rijm, Kluwer Law International, 2009.

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84

provveda a fornire pari diritti, anche se non necessariamente identici320

. L’informazione è

quindi scambiabile solo se è ottenibile in entrambi gli Stati contraenti. La reciprocità non

era stata intesa nella natura della informazione scambiata, o nell’obbligatorietà dello

scambio quanto invece nella possibilità di opzioni discrezionali a fronte della richiesta di

informazioni321

. I due sistemi legali non devono essere uguali, ma di fatto, una similarità tra

gli stessi contribuisce all’effettività dello scambio. Per parte della dottrina322

, la reciprocità

non è interpretata dall’OCSE in maniera restrittiva in quanto può costituire un limite allo

scambio solo quando le disuguaglianze nei sistemi informativi degli Stati siano di portata

significativa. Una visione troppo severa del principio di reciprocità legale potrebbe

altrimenti essere di ostacolo all’efficacia dello scambio di informazioni.

Sebbene la reciprocità non sia espressamente richiamata nel Modello OCSE, la stessa è

menzionata nel Commentario all’art. 3, par.2, punto 12. Una delle implicazioni di questo

principio consiste nel fatto che se lo Stato non rispetta le obbligazioni derivanti dal trattato,

la controparte può invocare tale comportamento come una violazione materiale del trattato,

e decidere per la sospensione o la risoluzione del medesimo. Nonostante anche in ambito

internazionale, si può affermare che il principio di reciprocità sia stato notevolmente

ridimensionato, la violazione di una disposizione pattizia da parte di uno Stato non si risolve

in un illecito cui consegue un obbligo di risarcimento, ma nella sospensione degli effetti del

trattato se non addirittura nell’interruzione della relazione bilaterale323

.

320 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, in Intertax, vo. 44, n. 4, pp. 298-306. Gli autori fanno

riferimento ad una sorta di quid pro quo.

321 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, 49-58; M. Keen, J.E. Ligthart, “Information Sharing and International Taxation”, in Discussion

Paper n. 2004-117, Tilburg University, 2004, p. 6. In teoria, infatti, la discrezionalità può comportare che non vi sia

simmetria tra le opzioni oggetto di scambio, per cui un Paese potrebbe aver pattuito la trasmissione inerente determinate

categorie reddituali, mentre l’altra giurisdizione contraente essersi impegnata nell’invio di altre tipologie di reddito.

322 T. DI TANNO, Lo scambio di informazioni fra amministrazioni finanziarie: limiti ed opportunità, in Rassegna

Tributaria n. 3, 2015, p. 665 e ss.

323 F. ARDITO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, 2007, cit., p. 63; M. KEEN, J.E. LIGTHART,

Information Sharing and International Taxation, in Discussion Paper n. 2004-117, Tilburg University, 2004, p. 6. Per il

principio di reciprocità quando un Paese fornisce un’informazione non riceve alcun compenso monetario. Qualora uno

Stato non ottemperasse alle richieste, in base al principio di reciprocità, potrebbe comportare anche la futura mancanza

di cooperazione o il ritardo nelle richieste da parte dell’altro Stato contraente. S. SACHDEVA, Overriding Tax Treaties:

Proposing a Solution, in European Taxation, special issue, Settembre 2003, p. 470. L’autore indica anche modalità

alternative alla risoluzione del contratto convenzionale, quali, ad esempio, la possibilità di una rinegoziazione, ovvero

una procedura di revisione, la c.d. Mutual Consultation procedure (MCP), ovvero la Mutual Agreement Procedure

(MAP).

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Contrapposta a quella legale, è la reciprocità di tipo fattuale che verrebbe infranta

ogniqualvolta gli Stati non svolgessero con particolare sforzo le loro obbligazioni

avvalendosi con eccessiva facilità delle informazioni ottenibili nell’altro Stato. Il requisito

di reciprocità fattuale non è previsto nell’art. 26, ma per taluni autori324

sarebbe comunque

riconducibile al principio di sussidiarietà che richiede l’obbligatorità di esperire tutti i mezzi

interni per ottenere le informazioni prima di inoltrare la richiesta ad un altro Stato. Il

comportamento tenuto da uno Stato a questo proposito sarebbe d’ausilio alla valutazione del

rispetto delle obbligazioni pattizie nel suo complesso. Reciprocità dunque significherebbe

che lo Stato richiesto può non ottemperare alla richiesta qualora i) le informazioni non sono

ottenibili in base alla propria normativa interna; ii) non possono essere ottenute dallo Stato

richiedente in base alla propria normativa.

L’art. 26 non comprime le possibilità di scambio di informazioni, in quanto le forme di

assistenza previste dall’art. 26 non limitano e neppure sono limitate da accordi

internazionali esistenti325

o da altre forme di intesa tra gli Stati contraenti inerenti la

cooperazione in materia fiscale.

In ambito internazionale, nonostante la diversa formulazione, il Modello di Convenzione

OCSE all’art. 26, c.3, lett. c) rispecchia nella sostanza le corrispondenti disposizioni della

direttiva. Esso stabilisce in maniera analoga che non vi è obbligo di fornire informazioni

qualora ciò comportasse la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o

commerciale o di un segreto professionale la cui divulgazione sarebbe contraria all’ordine

pubblico. Per quanto concerne l’ordine pubblico, tale previsione rende esplicito con

riferimento allo scambio di informazioni un generale principio di diritto internazionale:

un’informazione può essere rifiutata dallo Stato richiesto se incompatibile con i valori

fondamentali della sua legislazione interna326

. Uno Stato, infatti, può rifiutarsi di collaborare

qualora lo scambio sia contrario alle leggi o alla prassi amministrativa interna327

. Per quanto

concerne l’ordine pubblico, il commentario OCSE all’art. 26, 3 c., par. 19.5, fa riferimento a

situazioni estreme in cui le informazioni costituiscono un segreto di Stato, o ove le attività

investigative sono state attivate per motivi di persecuzioni razziali, politiche o religiose.

Taluni autori interpretano tali situazioni in maniera più restrittiva ammettendo una

324 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, cit., p. 305.

325 S. RUCHELMAN, S. SHAPIRO, Exchange of Information, in Intertax, 2002, pp. 408 e ss.

326 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni fra amministrazione finanziarie, cit., p. 705-720.

327 Commentario all’art. 26, par. 14, in OECD Model Tax Convention on Income and on Capital (modificato nel 2010),

Paris, 2012, C (26)-9: “a Contracting State is not bound to go beyond its own internal laws and administrative practice

in putting information at the disposal of the other Contracting State”.

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limitazione soltanto qualora cui lo scambio di informazioni provocherebbe una lesione di un

diritto fondamentale328

.

La legittimazione di uno Stato a non collaborare nelle ipotesi descritte diventa, in negativo,

la tutela dei diritti del contribuente e risponde alla tradizionale riluttanza degli Stati ad

ammettere forme di collaborazione finalizzate ad assistere altri Stati nell’accertamento dei

propri tributi. La tutela dei contribuenti rileva pertanto, come approfondito nel successivo

capitolo, solo in maniera indiretta329

. Si pensi, per esempio, al diritto del contribuente alla

riservatezza delle informazioni oggetto di scambio nel caso in cui queste possano

comportare la divulgazione di un segreto commerciale o industriale. In questo caso, l’invio

delle informazioni è subordinato alla discrezionalità delle autorità fiscali dello Stato

richiesto, le quali possono decidere di invocare una causa di legittimo rifiuto

dell’assistenza330

. Poiché tuttavia il modello definisce in maniera generica le limitazioni che

devono essere interpretate, come stabilito dall’art. 3 comma 2, alla luce della normativa

interna di ciascuno Stato contraente, il commentario OCSE all’art. 26, c. 3, nel par. 19,

evidenzia che interpretazioni troppo ampie possono rendere vani i propositi di un efficace

scambio di informazioni. Autorevole dottrina331

suggerisce, recependo un orientamento

giurisprudenziale tedesco332

, che il rifiuto sia legittimo solo nel caso di un segreto

commerciale di una notevole rilevanza. Tale importanza sarebbe identificata qualora si

328 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, in Intertax, vo. 44, n. 4, pp. 298-306.

329 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra amministrazioni finanziarie , in Corso di diritto tributario

internazionale coordinato da V. Uckmar, 2 ed., Padova, 2002, p. 1885 precisa che “alle autorità competenti allo scambio

delle informazioni (…) è attribuita un’ampia discrezionalità nello stabilire se rigettare o meno le richieste di

informazioni. La protezione del contribuente risultante dagli artt. 26 dei Modelli OCSE e ONU è, quindi, soltanto

indiretta”. P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, Dir.

Prat. Trib., n. 4, 2013, p. 800; F. PERSANO, La cooperazione internazionale nello scambio di informazioni. Il caso dello

scambio di informazioni in materia tributaria, Torino, Giappichelli 2006, 67. Di altra opinione: A.P. DOURADO,

“Exchange of information and validity of global standars in tax Law: Abstractionism and expressionism or where the

truth lies”, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS 2013/11, p. 15 che ritiene

che tali limiti solo diretti ad assicurare il principio di equivalenza o di non discriminazione e ad assicurare che

l’informazione ottenuta da uno Stato sia trattata nella stessa maniera di una informazione recepita con procedure

domestiche.

330 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni fra amministrazione finanziarie, in Dir Prat. Tribu. 705- 720; V. Uckmar

(coordinato da) Corso di diritto tributario internazionale, II ed., Padova, 2002, 1185. Secondo l’autore, alle autorità

competenti allo scambio di informazioni è attribuita un’ampia discrezionalità nello stabilire se rigettare o meno le

richieste di informazione; pertanto, la protezione del contribuente risultante dagli artt. 26 dei Modelli OCSE e Onu è

solo indiretta.

331 K. VOGEL, Double Taxation Convention, 1443, 110 London, Kluwer Law International, 1997.

332 Bundesfinanzhof Munchen, 20 febbraio 1979, VII R 16/78, discussa in Exchange of Information:Application of the

Belgian. German Tax Treaty, Eur. Tax, 11, 364-367 (1983).

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verificassero i seguenti requisiti: i) si deve trattare di una know-how conosciuta da un

numero limitato di persone; ii) l’informazione è suscettibile di essere sfruttata

economicamente; iii) la sua divulgazione potrebbe causare un vantaggio economico a favore

di persone terze ma a discapito di altre tutelate dal segreto. Tali indicazioni sono state

riprese anche dal Commentario OCSE all’art. 26, c.3, par. 19.2.

Le informazioni di carattere finanziario, nonché quelle contabili, per loro natura, non

dovrebbero costituire segreti commerciali, tuttavia, talune pronunce giurisprudenziali estere

hanno ritenuto lo scambio transfrontaliero di informazioni non ammissibile. In un primo

caso riguardante la trasmissione all’autorità estera di documenti tra i quali anche l’elenco

dei fornitori o dei clienti, lo scambio è stato ritenuto inammissibile perchè qualificato come

violazione di un segreto commerciale333

. Nella medesima direzione si pone anche la

posizione della Corte olandese334

che ha sancito l’improcedibilità della fornitura di dati alle

autorità fiscali inglesi circa informazioni su una compravendita di un’ingente quantità di

rhum da parte di un contribuente olandese. Quest’ultimo si oppose alla richiesta avanzata

dall’amministrazione inglese di ottenere i nominativi degli acquirenti finali della mercanzia

e la destinazione della spedizione adducendo la motivazione di un ingente danno

patrimoniale qualora il fornitore fosse venuto a conoscenza dei dati identificativi dei clienti.

In caso contrario, infatti, il dante causa avrebbe potuto in futuro contattare direttamente la

clientela evitando di usufruire del proprio servizio di intermediazione.

Per completezza si menzionano anche i c.d. “Tax Information Exchange Agreements”

(d’ora in avanti “TIEAs”) da utilizzare per la negoziazione e stipulazione di accordi sullo

scambio di informazioni per finalità connesse alla lotta a pratiche fiscali dannose poste in

essere dai paradisi fiscali sviluppati nel 2002 dal “Global Forum on Transparency and

Exchange of Information for Tax Purposes” 335

(d’ora in avanti: “Global Forum”). Tale

organismo è stato costituito in seno all’OCSE, nel corso del 2000, per adeguare le

convenzioni bilaterali al nuovo standard, nonché per migliorare gli strumenti relativi allo

333 F. DEBELVA, N. DIEPVENS, Exchange of Information. An Analysis of the Scope of Article 26 OECD Model and Its

Requirements: In search for an Efficient but Balanced Procedure, in Intertax, vo. 44, n. 4, pp. 298-306, citando la Corte

Suprema di Singapore nel caso HC 13 settembre 2013, Controller of Income Tax c. BJY and Others, 2013, SGHC 173.

334 Corte di Groningen 25 maggio 2004, n. 04/274 relativamente all’applicazione della Direttiva 77/799/CEE.

335 Il Global Forum on Transparency and Exchange of Information For Tax Purposes (sulla Trasparenza e sullo scambio

di Informazioni a fini fiscali, traduzione libera) è un organismo istituito dall’OCSE composto da 137 membri (con 178

delegati degli stati membri e delle organizzazioni internazionali), oltre l’Unione Europea, i cui incontri risalgono sin dal

2000. Il compito di questa struttura non si limita solo a recepire la formalizzazione degli accordi bilaterali ma effettua

una revisione approfondita delle modalità con cui la cooperazione viene effettivamente realizzata.

http://www.oecd.org/tax/transparency/abouttheglobalforum.htm ultimo accesso 20 dicembre 2016.

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scambio di informazioni336

. A seguito della pubblicazione del report nel 1998, Harmful Tax

Competion, an Emerging Global Issue, l’OCSE identificò nella mancanza di trasparenza e

di scambio di informazioni uno dei principali segni di allarme prodromico all’evasione.

Questa struttura dell’OCSE non si limita a recepire la formalizzazione degli accordi ma

effettua una revisione approfondita (peer review) delle modalità con cui la cooperazione

viene effettivamente realizzata337

. L’attività di peer reviews svolta dal Global Forum al fine

di monitorare, in piu fasi, l’attuazione degli standards di cooperazione fiscale e trasparenza,

rappresenta a livello internazionale sicuramente valido meccanismo per accertare se i

sistemi giuridici delle giurisdizioni coinvolte abbiamo implementato meccanismi di

garanzia del contribuente e della propria privacy. Questo processo consiste sia in

raccomandazioni formali e dialoghi informali con i funzionari. I TIEAs sono accordi

generalmente bilaterali modellati sulla base dell’art. 26 del Modello di Convenzione OCSE

contro le doppie imposizioni, sebbene esistano anche modelli proposti dal CIAT, Inter-

American Center of Tax Administrations. Si caratterizzano per essere strumenti più snelli

rispetto ad una Convenzione contro le doppie imposizioni, soprattutto perché la procedura

di negoziazione tra gli Stati si incentra esclusivamente sul tema dello scambio di

informazioni e non anche sulla ripartizione della potestà impositiva poiché, generalmente

sono usati da Paesi con un livello di tassazione molto basso. Pur essendo più ristretti nello

scopo rispetto alle Convenzioni, essi sono molto più dettagliati in materia di scambio di

informazioni. Al pari dei modelli OCSE essi rappresentano un template sulla base del quale

i Paesi contraenti possono decidere di basarsi nel momento della stipula di un accordo. I

TIEAs regolano esclusivamente lo scambio su richiesta e non quello di carattere automatico,

sebbene gli Stati contraenti siano liberi di poter ampliare lo scopo dell’accordo anche ad

altre forme di cooperazione con accordi aggiuntivi. Per completezza si precisa che pur

essendo stati sottoscritti 7 TIEAs con l’Italia, solo uno ne risulta in vigore, quello concluso

con Jersey in data 26 gennaio 2015.

336. Il Global Forum sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali pubblica periodicamente un rapporto sui

processi effettuati, indicando se le giurisdizioni esaminate hanno applicato lo standard di trasparenza (c.d. white list); se

si sono impegnate ma non hanno ancora provveduto alla attuazione (c.d. grey list); oppure se non hanno assunto alcun

impegno finalizzato a raggiungere gli obiettivi indicati (c.d. black list).

337 Il processo di peer review prevede che siano costituiti gruppi di verificatori provenienti da Stati e territori

appartenenti al Global Forum e aventi mandato di verificare, secondo procedure codificate, dell’effettiva aderenza agli

standards internazionali, dell’effettiva applicazione delle disposizione legislative, amministrative, e regolamentari,

ritenute rispondenti allo standard l’effettiva aderenza agli “standard” internazionali. Sono oggetto di analisi: la

disponibilità delle informazioni (volte a identificare i beneficiari delle attività “identity and ownership information”; la

disponibilità delle risultanze contabili per ciascuna tipologia di società o ente; la disponibilità di informazioni bancarie

con riguardo a tutti gli intestatari di conti); il potere di accesso delle Autorità fiscali di acquisire informazioni; le

modalità di attuazione dello scambio in termini di efficacia e aderenza agli standard del modello OCSE, di rispetto delle

clausole di confidenzialità e riservatezza e di tutela del contribuente, di celerità.

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Nonostante siano stati riscontrati importanti progressi nell’accettazione degli standard di

trasparenza nei Paesi che aderiscono al Global Forum, e la conclusione dei TIEAs

rappresenti una prova della comunità internazionale di perseguire la via della trasparenza

fiscale e finanziaria, si dovette, tuttavia, ammettere che talvolta l’impegno concreto dei

singoli Stati a raggiungere la qualità informativa prevista dal nuovo standard338

o la

mancanza proprio di capacità o risorse tecniche risultano di impedimento al raggiungimento

di un efficace scambio. Come evidenziato da parte della dottrina339

infatti, alcuni TIEAs,

sottoscritti dall’Italia con Jersey e Guernsey, mettono in evidenza “particolari distonie

rispetto ai proclamati standard dell’OCSE”, quali ad esempio la ricerca del beneficial owner

che risulta così complessa tanto da chiedersi se l’informazione ricevuta all’esito del

processo di scambio sia quella che davvero individua il titolare di ultima istanza. Non solo,

le disposizioni della peer review del Global Forum stabilirono che per non essere qualificato

come paese “black list”, era necessario concludere almeno 12 TIEAs o 12 convenzioni

contro le doppie imposizioni redatti sul modello OCSE. Come risultato, molti paesi

cominciarono a firmare accordi TIEAs al solo scopo di non essere inclusi nella black list340

,

vanificando così il reale scopo di tali accordi. Infatti, sulla base di tali accordi, sebbene lo

scambio non possa essere negato solo perché l’informazione è detenuta da una banca,

tuttavia, la richiesta per dimostrare di non costituire una “fishing expedition” deve essere

circostanziata e dettagliata a tal punto da rendere spesso molto complessa la procedura. Ad

esempio, tra le informazioni richieste vi sono: l’identità del soggetto del quale si vogliono

ottenere le informazioni, il fine fiscale per il quale si vogliono dette informazioni, il motivo

per cui si ritiene che l’informazione sia detenuta nello Stato richiesto, una dichiarazione

nella quale si comunica di aver esaurito tutte le fonti domestiche. Inoltre, i TIEAs non

hanno alcuna forza vincolante per superare i limiti nell’accesso alle informazioni, cosicchè

non deve apparire insolito che fossero stati redatti anche da Paesi nei quali era in vigore la

legge sulla segretezza del dato bancario

3.2.2. La convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa

Il modello di scambio automatico di informazioni trova il proprio fondamento giuridico sia

in eventuali trattati bilaterali basati sull’art. 26 del modello OCSE di Convenzione contro le

doppie imposizioni sia nella “Convenzione tra il Consiglio d’Europa e l’OCSE sulla mutua

338 G. URGEGHE, E. PALAMÀ, Il nuovo scambio automatico di informazioni CRS MCAA, in Corr. Trib. n. 19, 2016, pp.

1514 e ss. Secondo gli autori la mancanza di effettvità degli scambi potrebbe dipendere anche dalla mancanza di una

politica interna intransigente sul tema.

339 M. CARBONE, M BOSCO, L. PETESE, La geografia dei paradisi fiscali, IPSOA, 2014, p. 353 e ss.

340 N. DIEPVENS, F. DEBELVA, The Evolution of the Exchange of Information in Direct Tax Matters: the Taxpayer’s

Rights under Pressure, in EC Tax Review, n. 4, 2015, pp. 210 -219

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assistenza amministrativa in materia fiscale”341

(c.d. “Multilateral Convention on Mutual

Administrative Assistance in Tax Matters” c.d. “MAAT”, o c.d. “Convenzione di

Strasburgo”). Tale Convenzione sottoscritta a Strasburgo il 25 gennaio 1988, è entrata in

vigore il 1 aprile 1995 con lo scopo di facilitare la cooperazione internazionale tra le autorità

fiscali per migliorare la loro capacità di lotta all'evasione e all'elusione fiscale e garantire la

piena applicazione delle leggi fiscali nazionali, nel rispetto dei diritti fondamentali dei

contribuenti. Nel 2010, l’OCSE e il Consiglio d’Europa hanno adottato il protocollo di

modifica della Convenzione il quale, al fine di rispondere alle richieste emerse del G20 in

occasione del vertice di aprile 2009 di Londra, adegua le disposizioni per allinearle agli

standard internazionali di trasparenza. Il testo del Protocollo presentato alla sottoscrizione di

23 Stati in occasione del meeting OCSE tenutosi a Parigi il 27 e 28 maggio 2010 è stato

inizialmente sottoscritto da 15 Paesi. Da allora numerosi Paesi, tra cui anche Austria,

Lussemburgo e Singapore, nonché taluni Paesi tra quelli in via di sviluppo, hanno

sottoscritto la Convenzione sulla mutua assistenza in materia fiscale. Attualmente, più di 70

Paesi, tra cui tutti gli Stati aderenti al G20, hanno aderito alla sottoscrizione della

Convenzione342. Oggetto della stessa è l’assistenza amministrativa in materia fiscale, attività

che si realizza tra l’altro attraverso lo scambio di informazioni, ma vengono, regolamentate

anche forme più avanzate di cooperazione quali le verifiche simultanee e la partecipazione

di funzionari dell’amministrazione fiscale dello Stato richiedente allo svolgimento di

verifiche nel territorio dello Stato richiesto.. Tra le novità di immediata percezione si

evidenzia, conformemente con quanto previsto dall’art. 26 del Modello OCSE, la possibilità

che su richiesta siano scambiate anche informazioni bancarie, fino ad allora escluse dal

campo di applicazione della convenzione, nonché il superamento del requisito dell’interesse

domestico dello Stato richiesto alla raccolta e allo scambio di informazione. Nella

precedente versione era previsto che “le informazioni che si presume non siano rilevanti a

tal fine non possono formare oggetto di scambio ai sensi della presente Convenzione”.

L’attuale art. 21 della Convenzione statuisce al par. 3 che “se l’informazione è richiesta ai

sensi della presente Convenzione, lo Stato richiesto userà i propri strumenti di raccolta di

informazioni per ottenere le informazioni richieste anche nel caso in cui lo Stato richiesto

non necessita delle informazioni ai propri fini fiscali”, mentre il successivo par. 4 prevede

che “in nessun caso le disposizioni della presente Convenzione (…) possono essere

341 OECD e Consiglio d’Europa, (2015), Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa in materia

iscale, come modificata dal protocollo 2010, OECD publishing, disponbile al link:

http://www.oecd.org/ctp/convenzione-multilaterale-sulla-mutua-assistenza-amministrativa-in-materia-fiscale-

9789264202221-it.htm ultimo accesso 13 dicembre 2016.

342 OCSE, rapporto sulle giurisdizioni partecipanti alla Convenzione sulla Mutua assistenza amministrativa, aggiornata

al 28 ottobre 2016, disponibile a link http://www.oecd.org/tax/exchange-of-tax-information/Status_of_convention.pdf

accesso il 16 novembre 2016

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interpretate nel senso di autorizzare lo Stato richiesto a rifiutarsi di fornire tali informazioni

unicamente perché non abbia un interesse interno a dette informazioni”. Tali disposizioni

evidenziano il superamento dell’interesse fiscale domestico all’informazione. Oggi, la

formulazione dell’art. 4, come sostituito dal Protocollo è la seguente: “Le Parti si

scambieranno le informazioni, in particolare quelle previste dalla presente sezione, che

appaiano rilevanti per l’amministrazione o l’esecuzione delle rispettive legislazioni

nazionali con riferimento all’oggetto della presente Convenzione”. Ulteriori modifiche

hanno riguardato anche l’art. 22 della Convenzione concernente la segretezza delle

informazioni scambiate. Nella sua nuova enunciazione la disposizione esaminata impone

alle parti un bilanciamento tra il livello di segretezza da attribuire alle informazioni ricevute

e la protezione dei dati personali ivi contenuti, da effettuarsi anche in ragione delle più

ampie garanzie che l’ordinamento della parte richiesta eventualmente fornisca. Nella

precedente formulazione, veniva applicato il livello di segretezza che si fosse rivelato

maggiore tra quello accordato dalla legislazione della parte richiedente e quello previsto

dalla parte che ha fornito le informazioni; la nuova previsione consente alla parte richiesta

di specificare i livelli di segretezza che il proprio ordinamento appronta alle informazioni

fornite.. A differenza, inoltre, del Modello OCSE, che prevede la facoltà dello scambio

spontaneo, il nuovo articolo 7 prevede un obbligo di scambiare spontaneamente le

informazioni. Lo scambio automatico basato sulla Convenzione multilaterale richiede un

accordo separato per ciascuna autorità competente coinvolta. Tale modello di accordo (c.d.

“Model Competent Authority Agreement”). L’ultimo documento rilasciato in data 21 luglio

2014 dall’OCSE è il cosiddetto Standard for automatic Exchange of financial account

information in tax matters. Tale accordo prevede lo scambio automatico di informazioni

sulla base dell’art. 6 della Convenzione sulla Mutua assistenza amministrativa in materia

fiscale. Alla data del 29 ottobre 2014, 51 Paesi, definiti “early adopters” avevano deciso di

aderire all’accordo, impegnandosi ad attivare il primo scambio entro Settembre 2017. I

Paesi che hanno partecipato alla firma dovrebbero scambiare le informazioni entro

settembre 2018. Le informazioni cui fa riferimento l’accordo sono solo quelle di carattere

finanziario. I tratti significativi di questo nuovo processo di cooperazione sono rinvenibili

da un lato nel superamento della bilateralità nella cooperazione a favore della multilateralità,

che “consenta al maggior numero di Stati di ottenere il beneficio della cooperazione e allo

stesso tempo di attuare più elevati standard internazionali di cooperazione nel campo della

fiscalità”343

. Per quanto concerne l’utilizzo delle informazioni, risulta di particolare interesse

la previsione di cui all’art. 4 c. 2, secondo cui è possibile utilizzare le informazioni ottenute

in forza della Convenzione come prove nei procedimenti penali, salvo la necessaria

autorizzazione dello Stato che ha trasmesso le informazioni da rilasciarsi per ogni singola

richiesta di utilizzo delle informazioni in tale ambito.

343 Preambolo della Convenzione sulla mutua assistenza amministrativa.

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3.2.3. La normativa FATCA

Uno dei più importanti passi verso lo sviluppo dello scambio automatico di informazioni è

stata l’implementazione della legge americana conosciuta come Foreign Account Tax

Compliant Act c.d. “FATCA”344

. Nel 2010, a seguito dell’emersione di alcune pratiche

scorrette poste in essere da alcune banche europee, si pensi allo scandalo che nel febbraio

2009 che ha coinvolto la più importante banca svizzera, la UBS AG345

, che hanno dato la

possibilità a taluni cittadini americani di nascondere al Fisco i propri redditi, il Congresso

degli Stati Uniti ha approvato la disciplina FATCA inserendola nelle sezioni da 1471 a 1474

dell’Internal Revenue Code, c.d. “IRC”346

Tale normativa, di carattere extraterritoriale e

344 Il FATCA è stato adottato il 18 marzo 2010 e introdotto nel capitolo 4 dell’Internal Revenue Code del 1986,

mediante modifiche apportate dalla legge Hiring Incentives to Restore Employement (HIRE). Il testo è disponibile

all’indirizzo: http://democrats.senate.gov/pdfs/reid-jobs-amendment.pdf ultimo accesso

345 Il Dipartimento Americano della Giustizia (DOJ) citò in giudizio la banca UBS al fine di obbligare a svelare

l’identità di 52.000 cittadini americani titolari di conti correnti svizzeri per una ricchezza complessiva nascosta

all’Amministrazione Fiscale Americana (IRS) di circa 14,8 miliardi di dollari. Dopo una lunga negoziazione, la Banca e

DOJ chiusero la causa il 19 agosto 2009, con la condizione che l’UBS svelasse all’IRS l’identità di circa 4.450

correntisti sospettati di non avere pagato le imposte dovute negli Stati Uniti nonché con una sanzione pari a 780 milioni

di dollari e con il suo impegno a non aprire più conti di contribuenti statunitensi che non fossero dichiarati

all’amministrazione fiscale statunitense. (C. MOLLENKAMP, Switzerland, UBS Settle U.S. Tax Case, in Wall Street

Journal, 13/8/2009). Questa soluzione non solo mise l’IRS nella condizione di aver accesso alle informazioni

finanziarie, ma ebbe anche come conseguenza una modifica del trattato bilaterale (protocollo 10 del 2010) tra USA e

Svizzera nella disciplina dello scambio di informazioni. Tale modifica, tuttavia, non fu soddisfacente, in quanto non

contemplava né lo scambio automatico di informazioni né lo spontaneo. In Svizzera infatti, il segreto bancario a livello

federale trovò la propria origine nel corso della Seconda Guerra mondiale. I nazisti inviarono in Svizzera alcuni

emissari al fine di ottenere informazioni su Ebrei o altri dissidenti. Per contrastare queste pratiche, nel 1934 venne

introdotto il codice bancario Svizzero a protezione delle informazioni sull’identità del cliente di una banca svizzera. Il

sistema svizzero prevedeva anche sanzioni di carattere penale, ex art. 273 della legge penale svizzera, finalizzate a

tutelare l’identità dei clienti. Il segreto bancario poteva essere limitato e soggetto a restrizioni nel caso in cui l’autorità

giudiziaria lo ordini nel corso di un processo giudiziario penale. Il punto nodale era rappresentato dal fatto che in

Svizzera l’evasione fiscale non è considerato un reato, pertanto, non vi era possibilità di permette la trasmissione di

informazioni bancarie ed, inoltre, le sanzioni legate al mancato rispetto della normativa tributaria erano solo di carattere

amministrativo. Sul punto si veda: E.M. VICTORSON, United States v. UBS AG: Has the United States successfully

cracked the vault to Swiss banking secrecy?, in Cardozo Journal of International & Company Law, 2011, vol 19. Nel

febbraio 2011, il Dipartimento federale svizzero delle Finanze implementò un modello bilaterale di trattato chiamato

“Accordo Rubik” le cui trattative furono intraprese dalla Svizzera con alcuni Paesi europeo quali Germania, Italia,

Francia, Austria e Regno Unito, senza però essere ratificati, se non dall’Austria e dal Regno Unito. Tali accordi c.d.

“Rubik”, chiamati anche “Whiholding Tax Agreement” muovevano in direzione opposta all’implementazione dello

scambio automatico di informazioni consentendo l’anonimato per i contribuenti aventi conti correnti ed altre attività

finanziarie off-shore, in cambio dell’applicazione di una ritenuta a titolo di acconto. Per ulteriori approfondimenti si

veda X. OBERSON, The Development of International Assistance in Tax matters in Switzerland: from Evolution to

Revolution, in European Taxation, August 2013, p. 368 e ss. Alla fine, nel febbraio 2013, la Svizzera siglò un IGA

modello 2 con gli Stati Uniti, modificando così la sua politica internazionale.

346 La normativa è disponibile al seguente indirizzo internet dell’IRS:

http://www.irs.gov/Businesses/Corporations/Foreign-Account-Tax-Compliance-Act-(FATCA)

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unilaterale347

, impone obblighi informativi a carico delle istituzioni finanziarie non

statunitensi (definite Foreign Financial Institution “FFI”)348

che detengono, direttamente o

indirettamente, investimenti negli USA con l’obiettivo di individuare gli investitori

statunitensi che si avvalgono di veicoli o investimenti esteri al fine di occultare i propri

redditi in patria. Per effetto di tali disposizioni, le istituzioni finanziare non statunitensi

possono decidere se i) stipulare un accordo con l’Autorità fiscale americana “Internal

Revenue Service” (c.d. “IRS”) accettando specifici obblighi di disclosure delle informazioni

relative alla propria clientela statunitense ovvero ii) applicare una ritenuta del 30%349

su

qualsiasi pagamento di fonte statunitense dai medesimi percepiti ancorché non riferibili ad

investitori americani350

. Le informazioni richieste spaziano dal saldo di conto corrente, al

valore del conto o delle attività finanziarie possedute, ai dividendi, agli interessi o alle

plusvalenze che transitano su un conto appartenente ad un cittadino americano. Qualora le

istituzioni finanziarie estere o i propri clienti decidano di non adempiere, la normativa

impone l’applicazione di una ritenuta, che non assume i connotati di un’imposta, quanto

invece di una sanzione351

atta a indurre le FFI a collaborare, che viene applicata sui

pagamenti di fonte americana. Tale ritenuta, in caso di istituzione finanziaria non

collaborativa, verrebbe ad essere applicata su tutti i flussi finanziari provenienti dagli Stati

Uniti, indipendentemente dal fatto che il beneficiario sia la stessa istituzione finanziaria, un

347 T. PEDIADITAKI, Fatca and Tax treaties: Does it Really Take Two to Tango?, European Taxation, Settembre 2013.

348 La nozione di FFI è estremamente ampia e include oltre alle banche anche le istituzioni di custodia (intese come ogni

entità che detiene attività finanziarie per conto di terzi, comprendente anche le società fiduciarie), le istituzioni di

deposito, le entità di investimento, tra cui sono comprese anche le società di gestione del risparmio e le società di

intermediazione mobiliare e le imprese di assicurazioni specificate. Le FFI comprendono anche le stabili organizzazioni

residenti in Italia di istituzioni finanziarie non italiane.

349 Il prelievo alla fonte previsto dalla legislazione FATCA non costituisce una ritenuta fiscale italiana nè muta il

trattamento tributario dei redditi relative ai conti finanziari oggetto del monitoraggio, come previsto nella Premessa e

nella Relazione Tecnica, rispettivamente pp. 20 e 22 , allegate al DDL n. 2577 approvato dal Consiglio dei Ministri del

30 giugno 2014.

350 Si precisa che gli accordi FATCA si riferiscono ad alcune tipologie di redditi, quali interessi, plusvalenze e

dividendi, mentre la Convenzione i il CRS riguarda anche le royalties mentre la Direttiva 2911/16/UE copre anche i

redditi di lavoro dipendente, i compensi ai dirigenti, le assicurazioni sulla vita , le pensioni ed i redditi immobiliari.

351 I. GRINBERG, Taxing Capital Income in Emerging Countries: Will FATCA open the door?, in World Tax Journal,

vol. 5 Issue 3, Ottobre 2013, p. 331. Come osservato da T. PEDIADITAKI, Fatca and Tax treaties: Does it Really Take

Two to Tango?, European Taxation, Settembre 2013, pg. 427, l’imposizione della ritenuta non è la finalità del regime

FATCA, quanto, invece, lo è il garantire un effettivo scambio di informazioni. Della medesima opinione anche: K. TAN

MAJURE, M.R. SONTAG, FATCA: Myths, Mysteries and Practical Perspectives (2012) disponibile a

https://www.tei.org/news/articles/Pages/FATCA-Myths-Mysteries-and-Practical-Perspectives.aspx ultimo accesso 13

maggio 2016, pp.315-319.

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cittadino americano ovvero un cittadino non americano352

. Per le sue caratteristiche, la

normativa FATCA ha imposto alle istituzioni finanziarie estere un comportamento che in

molti Paesi poteva essere contrario alle relazioni contrattuali stipulate con la clientela

nonché anche alla normativa in materia di segreto bancario e privacy vigente in quel

determinato Paese353

. Il risultato fu che le istituzioni finanziarie si trovarono costrette a

scegliere tra due condizioni non ottimali: scegliere se violare la normativa FATCA per poter

rispettare la propria normativa nazionale in materia di segreto bancario o viceversa.354

. Nel

febbraio 2012, il Dipartimento del Tesoro americano e 5 Paesi europei (Francia, Gran

Bretagna, Italia355

, Germania e Spagna) aderirono, mediante un Joint Statement356

,ad

un’intesa prodromica alla sottoscrizione di accordi bilaterali sulla base del c.d. “Modello di

Accordo Intergovernativo” finalizzato a migliorare la Tax Compliance e ad applicare la

normativa FATCA senza che le istituzioni finanziarie violassero la normativa interna. Il

principale obiettivo di questi accordi era quello esprimere una comunicazione di intenti di

carattere bilaterale per un accordo intragovernamentale in grado di superare le difficoltà

legali derivanti da una potenziale incompatibilità del FATCA con la normativa domestica.

Il frutto di questa cooperazione multilaterale, fu la creazione di un dettagliato

modello di accordo (Model Intergovernmental Agreement – Model IGA) per attuare Tax

352 La stessa ritenuta verrebbe applicata anche in base a I.R.C. § 1471(b)(1)(D)(i) nel caso in cui un’istituzione

finanziaria sia collaborativa ma si trovi ad essere intermediaria nel pagamento nei confronti di un’altra istituzione

finanziaria non collaborativa (caso dei c.d. “Passthru payments”).

353 A. BRODZKA, The Road to FATCA in the European Union, 53, European Taxation, n. 10, 2013; T. PEDIADITAKI,

Fatca and Tax treaties: Does it Really Take Two to Tango?, European Taxation, Settembre 2013; M., SOMARE, V.

WOHRER, “Two Different FATCA Model Intergovernmental Agreements: Which is Preferable?”, in Bulletin for

International Taxation, Agosto 2014. Per quanto concerne l’ambito internazionale si vedano: K.A. PARILLO, FATCA:

Vulnerable to a Canadian Constitutional Challenge, 70, Tax Notes International, 11,2013, p. 1031 e J. BURNS, D.

PAGE, P.PRIVITERA, FATCA Now a Reality – What this Means for Those doing Business in Japan and Australia, 70,

Tax Notes International, 12, 2013, p. 1207.

354 I. GRINBERG, cit. ; C. GARBARINO, M. BARBIERI, Fatca: dalla normativa USA alle regole applicabili in Italia per lo

scmbio di informazioni in ambito fiscale“, in Fisc. Comm., 3, 2016 pp. 10-22.

355 In Italia, la legge n. 95 del 18 giugno 2015 ratifica l’accordo sul FATCA, siglato il 10 gennaio 2014. Il decreto

attuativo del ministero delle Finanze è del 6 agosto 2015, pubblicato in G.U: n. 187 del 13 agosto 2015. Con esso sono

state stabilite le tecniche per la rilevazione, la trasmissione e la comunicazione delle informazioni rilevanti nonché gli

adempimenti legati alla adeguata verifica della clientela. Il provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate è del 7

agosto 2015 prot. N. 106541.

356 Si tratta, come annunciato nel Comunicato Stampa del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 26/7/2013 “Lotta

all’evasione fiscale internazionale: definito il modello di accordo bilaterale finalizzato a migliorare la tax compliance

internazionale e ad applicare la normativa USA “FATCA”, di un modello di accordo intergovernativo finalizzato

all’introduzione della disciplina FATCA che, al momento attuale, vincola gli Stati che lo hanno approvato a

trasfonderne il contenuto negli accordi bilaterali da sottoscrivere nel prossimo futuro. La procedura di scambio rinvia

alle convenzioni contro le doppie imposizioni, ed in particolare all’art. 26 del Modello OCSE.

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Compliance Act basato sullo scambio automatico di informazioni. Al momento, gli Stati

Uniti hanno concluso un totale di 72 IGAs con altrettanti Paesi secondo due modelli

principali: il modello 1 e il modello 2. Per ciascun modello esistono delle sub-versioni

create per i Paesi che non hanno concluso trattati bilaterali con gli Stati Uniti. L’unico

modello che possiede alcune caratteristiche di reciprocità357

, sebbene limitate, è il modello

1A. Numerose caratteristiche del Modello IGA 1 sono state strutturate in modo da

permettere al FATCA di divenire un modello globale che possa essere utilizzato per

garantire reciprocità e la base di un modello multilaterale, oltre ad essere meno oneroso dal

punto di vista degli adempimenti358

rispetto alla regolamentazione FATCA. L’accordo con

il nostro Paese è stato firmato il 19 dicembre 2014359

.

La conclusione di un accordo IGA consente di derogare alla disciplina FATCA e alle

disposizioni contenute nelle sezioni 1471-1474 dell’IRC. Nello specifico, il Modello 1 A è

più autonomo e si discosta maggiormente dalla normativa americana mentre il Modello 2 si

basa sulla normativa FATCA.

Il modello IGA 1 ha previsto solo una parziale reciprocità360

da parte degli Stati Uniti nei

confronti degli altri Stati contraenti361

. In primo luogo, gli intermediari finanziari esteri

(Foreign Financial Institutions c.d. “FFI”) devono registrarsi presso l’IRS ma non

357 Per un’analisi della reciprocità del Modello IGA 1, si veda A. CHRISTIANS, What You Give and What You Get:

Reciprocity under a Model 1 Intergovernmental Agreement on FATCA, Cayman Financial Review (12/4/2013); I.

GRINBERG, Taxing Capital Income in Emerging Countries: Will FATCA open the door?, in World Tax Journal, vol. 5

Issue 3, Ottobre 2013, p. 331; J. LANGLO, Tax Compliance in a Globalized World, 70 Tax Notes International, 5, p. 425,

2013. In merito alla reciprocità del sistema, l’accordo Stati Uniti – Hong Kong, Financial Services and the Treasury

Bureau – legislative Council Panel on Financial Affairs, CB(1)122/14-15(03) Hong Kong, ottobre 2014, punto 12, sulla

base di un TIEA già esistente ha implementato una disciplina che permette una piena simmetria delle informazioni

scambiate a cominciare anche dalla definizione delle persone oggetto di scambio che sono individuate in base alla loro

residenza fiscale piuttosto che sulla base della cittadinanza o nazionalità a differenza di quanto emerge nella disciplina

FATCA,.

358 Ad esempio, questo accordo, inoltre, ha previsto un approccio alternativo che evita la ritenuta sui c.d. passthru

payments, ossia la ritenuta viene applicata in proporzione agli asset detenuti nel conto proprio dell’intermediario o

dell’Organismo di Investimento Collettivo di Risparmio (OICR):

359 Alla fine del 2014 sono oltre 40 le giurisdizioni avevano firmato un IGA con gli Stati Uniti. La data di

implementazione delle ritenute previste dalla normativa FATCA è stato il 30 giugno 2014, per questo, avvicinandosi a

tale data, molti Paesi hanno deciso di firmare l’accordo. In prevalenza i Paesi hanno scelto il Modello 1A, tuttavia,

laddove le leggi sulla privacy e sul segreto bancario erano più restrittive (Svizzera, Austria, Cile, Bermuda, Giappone)

sono stati siglati IGA 2.

360 Sul fatto che la mancanza di reciprocità possa influire sulla proporzionalità della normativa, si veda GARCIA PRATS.

MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit., p. 285.

361 M. SOMARE, V. WOHRER, “Two Different FATCA Model Intergovernmental Agreements: Which is Preferable?”, in

Bulletin for International Taxation, Agosto 2014

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concludono alcun accordo con quest’ultima. Le FFI devono effettuare una serie complessa

di procedure per identificare i conti finanziari362

detenuti da cittadini americani, ma non

sussiste un analogo obbligo per le istituzioni finanziarie situate negli Stati Uniti. In secondo

luogo, ricade sulle FFI l’obbligo di identificazione delle persone che controllano società non

americane del tipo passive non Financial Foreign Entities (passive NFFE), generalmente

identificabili come holding ovvero come società il cui reddito loro è costituito da 50% o più

da redditi passivi, mentre un’analoga procedura per determinare il soggetto controllante di

una società americana non è prevista. Un conto finanziario è, infatti, oggetto di

comunicazione anche quando è controllato da una persona statunitense in maniera indiretta,

mediante, ad esempio, società holding. In terzo luogo anche le informazioni finanziarie da

trasmettere in uscita dagli Stati Uniti sono meno dettagliate di quelle che al contrario

vengono richieste al FATCA partner. Nello specifico, il modello IGA 1 prevede un obbligo

di comunicazione di tutte le informazioni concernenti i redditi che transitano in un conto

finanziario, compresi titoli, obbligazioni, interessi, investimenti di varia natura e fondi di

private equity appartenenti a cittadini americani363

. Per contro, invece, gli obblighi di

comunicazione degli Stati Uniti sono limitati ai soli conti per i quali è consentito in base alla

regolamentazione americana di trasmettere informazioni, principalmente interessi e

dividendi, per quanto, tuttavia, il governo statunitense si è impegnato, sebbene con una

362 Il decreto del 6 agosto 2015 definisce “conto finanziario” qualsiasi rapporto intrattenuto con un istituto finanziario,

come ad esempio i conti correnti, i conti deposito o i conti di custodia, definiti come quei conti a beneficio di terzi che

detengono contratti ai fini di investimento, oltre alle quote di capitale di rischio e di debito nell’istituto finanziario, ove

non negoziate in mercati regolamentati, i contratti di assicurazione e di rendita diversi da quelli a contenuto

previdenziale. Inoltre, gli intermediari finanziari italiani all’atto dell’apertura di nuovi rapporti dovranno acquisire: il

certificato di residenza rilasciato dall’autorità fiscale estera ove risiede il beneficiario dei pagamenti; il codice fiscale

attribuito al soggetto nel proprio Stato di residenza, se previsto in tale Stato, nonché un’attestazione di residenza fiscale.

Per i cittadini statunitensi, ovunque residenti, sarà necessario il codice fiscale statunitense, un’attestazione di residenza

fiscale statunitense, il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita e l’indirizzo nonché l’attestazione di cittadinanza

statunitense; per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione sociale o la ragione sociale nonché la sede

legale e i bilanci e ogni informazione sui soggetti che esercitano il controllo. Sono esclusi dalla comunicazione prodotti

ritenuti a basso rischio di evasione in ragione della loro natura o finalità come, ad esempio, i conti di asse ereditario o

contratti assicurativi stipulati dal datore di lavoro a beneficio dei lavoratori oppure le società quotate che detengano

conti finanziari.

363 Tali informazioni sono comunicate all’Agenzia delle Entrate che si occupa di trasmetterle all’IRS. I dati da

trasmettere sono: i dettagli dell’intestatario del conto corrente, nel caso di ente non finanziario passivo controllo da un

soggetto statunitense anche la denominazione e i dettagli del controllante finale; il numero identificativo del conto; la

denominazione e il codice fiscale della Reporting Italian Financial Institution (“RIFI”); il saldo o il valore del conto alla

fine dell’anno solare, compresi eventuali redditi maturati nel periodo o il valore di riscatto; gli eventuali interessi

maturati sul conto se trattati si conto corrente; in caso di conti di custodia, devono essere indicati anche il totale degli

interessi, dividendi e altri proventi generati dalle attività detenute in custodia oltre alle eventuali plusvalenze e

minusvalenze generate dalla movimentazione di tali attività. Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate conferma che

l’invio dei dati deve avvenire mediante il Sistema Interscambio Dati (“SID”) come le comunicazioni all’Archivio dei

rapporti finanziari.

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dichiarazione di intenti che pertanto non ha effetti vincolanti, ad adottare regolamenti che

supportino la legislazione in vigore ad ottenere un livello equivalente di scambio di

informazioni364

.

E’ importante notare come né il Modello 2 né il Modello 1A prevedono

l’obbligatorietà dello scambio automatico di informazioni; piuttosto, si basano su trattati

bilaterali già esistenti oppure sulla Convenzione Multilaterale sulla Mutua Assistenza

Amministrativa del 1988365

, che offrono un supporto giuridico per lo scambio automatico.

Nel caso italiano, la base giuridica per lo scambio di informazioni è fornita dall’art. 26 della

Convenzione tra Italia e Stati Uniti firmata a Washington il 25 agosto 1999 contro la doppia

imposizione.

Il Modello 1A è caratterizzato da due passaggi: nel primo, le istituzioni finanziarie366

si

registrano presso l’IRS e devono riportare all’autorità competente del proprio Paese di

residenza le informazioni. Le stesse non sono responsabili per la trasmissione delle

informazioni all’IRS che deve avvenire entro il nono mese successivo alla fine dell’anno al

quale le informazioni si riferiscono367

.

In base al Modello di Accordo 2, le istituzioni finanziarie residenti devono registrarsi presso

l’IRS e provvedere all’inoltro delle informazioni direttamente all’autorità fiscale

americana368

. In questo caso, le entità finanziarie residenti in un Paese che ha sottoscritto un

accordo IGA 2 non solo devono rispettare le disposizioni che discendono dal trattato

internazionale ma anche, laddove non sia stato diversamente stabilito nell’IGA, la

364 Model Intergovernmental Agreement Model 1 A IGA Reciprocal, TIEA o DTC preesistenti, art. 6 (1):

(4/11/2013)“the government of the United States acknowledges the need to achieve equivalent levels of reciprocal

automatic information exchange …(and) is committed to …pursuing the adoption of regulations and advocating and

supporting relevant legislation to achieve such equivalent levels of reciprocally automatic exchange”.

365 Art. 6 Convention between Member States of the Council of Europe and the Member Countries of the OECD on

Mutual Administrative Assistance in Tax Matters del 25/1/1988, modificata nel 2010.

366 In Italia tali intermediari sono oltre alle banche, società di intermediazione mobiliare, società fiduciarie, Poste

Italiane Spa, società di gestione, e altre società finanziarie tra cui le assicurazioni, gli organismi di investimento

collettivo del risparmio, i fondi pensione, le società fiduciarie, le società di cartolarizzazione ex L. 130/99, i trust

residenti in Italia e gli istituti di moneta elettronica e gli emittenti carte di credito, nonché le stabili organizzazioni nel

territorio dello Stato di istituzioni finanziarie non residenti. Il decreto di attuazione della legge di ratifica contiene una

lista più ampia e dettagliata di tutte le istituzioni finanziarie residenti tenute agli adempimenti previste dalla disciplina

FATCA. Nell’individuare le diverse categorie di intermediari finanziari interessati dalla normativa si è fatto ricorso alla

facoltà riconosciuta dall’accordo intergovernativo tra USA e Italia di utilizzare le definizioni presenti nei pertinenti

Regolamenti del Tesoro degli Stati Uniti.

367 Art. 3, par.5, del Modello 1A IGA Reciprocal, TIEA o DTC preesistenti,(4/11/2013).

368 Art. 2, par.1, del Modello 2 IGA, TIEA o DTC (4/11/2013).

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normativa FATCA che continua ad applicarsi alle FFI stabilite in Paesi che non hanno

concluso alcun IGA. Con questo secondo modello, inoltre, le istituzioni finanziarie hanno

un accordo diretto con l’IRS c.d. “FFI Agreement”. Lo stesso non fornisce alcuna

indicazione sulle informazioni da scambiare in quanto richiama alle sezioni 1.1471 -1474

(d)(3) della normativa FATCA, a differenza dell’accordo 1 il cui contenuto è svincolato

dalla normativa e può essere adattato alle richieste delle parti contraenti369

. Qualora un

cittadino americano che detiene un conto corrente all’estero neghi il proprio consenso o

comunque non sia possibile accertarne la cittadinanza o residenza(c.d. “clienti recalcitranti”)

alle trasmissione informazioni all’IRS, la FFI dovrà riportare dette informazioni in maniera

aggregata e l’IRS sarà autorizzata a fare richieste specifiche alle autorità competenti

dell’altro Stato370

.

In base all’art. 5 del Modello 1A, errori lievi o casi non significativi di mancato

monitoraggio devono essere gestiti a livello di legge domestica dello Stato partner. Qualora

invece una delle due autorità competenti dovesse ravvisare ipotesi più gravi di mancata

compliance, deve avvertire l’altra autorità, ex art. 5 (2)(a) del Modello 1A, che dovrà

rimediare all’inadempienza entro 18 mesi, in caso contrario gli Stati Uniti tratteranno

l’istituzione finanziaria come non partecipante e verrà applicata la ritenuta del 30% su tutti i

pagamenti effettuati nei confronti di e/o che transitano per tale FFI371

.

Per quanto concerne, invece, il Modello 2, l’IRS contatterà direttamente la FFI chiedendo di

rimuovere l’errore o omissione, potendo anche informare, nei casi di maggiore gravità,

anche l’autorità competente del Paese di residenza della finanziaria, anche se tale accordo

non prevede l’intervento da parte di tale Stato. Gli Stati Uniti tratteranno l’istituzione

finanziaria come non compliant qualora non ottemperi alle disposizioni entro 12 mesi, ex

art. 4(2) Modello 2 IGA.

369 Ad esempio, in Italia, l’accordo ha previsto una semplificazione (solo per conti si valore superiore a 50.000 dollari

statunitensi) delle procedure di adeguata verifica rafforzata (due diligence) finalizzate ad identificare la clientela

statunitense che sono in linea con la normativa domestica in materia di antiriciclaggio e si basano su informazioni già in

possesso degli intermediari. Inoltre, rispetto al Modello 2 non sussiste l’obbligo di chiusura dei conti dei clienti c.d.

“recalcitrans” e soprattutto quello di trasmissione dei dati dei clienti all’IRS che avrebbe comportato una violazione

della normativa comunitaria sulla protezione dei dati personali. Inoltre il nome del soggetto italiano che ha l’effettiva

disponibilità finanziaria della società negli USA verrà comunicato all’Agenzia delle Entrate solo per conti con saldo

superiore a 50.000 dollari se detenuti da persone fisiche o se detenuti da società USA se superiori a 250.000 dollari.

370 Art. 2, par.2, del Modello 2 IGA, TIEA o DTC (4/11/2013).

371 Art. 5, (2) (b) , del Modello 1A IGA, TIEA o DTC (4/11/2013). In caso di inadempimento da parte degli

intermediari finanziari italiani circa gli obblighi di adeguata verifica della clientela si applica la sanzione da euro

2.065,82 a euro 20.658,28. la medesima sanzione si applica anche in caso di omessa,incompleta o inesatta

comunicazione all’Agenzia delle Entrate delle informazioni circa i conti finanziari e i pagamenti corrisposti a

intermediari finanziari non partecipanti all’Accordo.

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99

Capitolo 4 I Rapporti tra le fonti

4.1 Raffronto tra le finalità dello scambio di informazioni comunitario e

quello internazionale Per quanto concerne i trattati internazionali, il principale obiettivo della conclusione

di tali accordi è quello di ridurre ogni tipo di impedimento di carattere fiscale che possa

ostacolare gli investimenti, il commercio e, più in generale, qualunque scambio di carattere

transnazionale che coinvolga i due Paesi. La maggior parte delle disposizioni pattizie sono

infatti destinate ad eliminare la doppia tassazione mediante allocazione dei diritti impositivi

per far sì che i rapporti di carattere commerciale tra le due giurisidizioni siano agevolati.

Tali considerazioni saranno espressamente inserite nel Preambolo del Modello di

Convenzione OCSE a seguito del approvazione del minimum standard relativo all’ Action 6

del progetto BEPS, “Preventing the Granting of Treaty Abuse in Inappropriate

Circustamces” nell’opera di costante aggiornamento del Modello OCSE di Convenzione

fiscale e del suo Commentario da parte del Segretariato. In tale ultimo documento, emerge

come la decisione di concludere o meno un trattato dipende per ciascuno Stato dalla

valutazione di diversi fattori, tra i quali quelli fiscali, e in particolare, le decisioni di tax

policy, hanno un ruolo importante. Ad esempio, qualora si valuti che la conclusione di una

convenzione bilaterale potrebbe risolversi in un sistema di tassazione caratterizzato da

eccessiva onerosità per gli investitori (si consideri l’applicazione di una ritenuta nel Paese

della fonte che supera l’ammontare impositivo normalmente applicato all’interno dell’altro

Stato), la stipula di un trattato non incrementerebbe gli scambi di carattere commerciale.

Mediante il progetto BEPS, l’OCSE ha, infine, sottolineato come la conclusione di un

trattato volta a eliminare la doppia tassazione, non abbia, d’altra parte, la conseguenza di

generare doppia non tassazione. Per tale motivo, nel preambolo del Trattato, a seguito

dell’aggiornamento che sarà pubblicato entro la fine del 2017, sarà espressamente indicato

che “the purposes of the Convention are not limited to the elimination of double taxation

and that the Contracting States do not intend the provisions of the Conventions to create

opportunities for non-taxation or reduced taxation through tax evasion and avoidance”372

.

Che la finalità per la conclusione di una Convenzione basata sul modello OCSE sia legata

all’eliminazione della doppia imposizione, è altresì evidenziato nel punto dell’Action 6 in

cui si evidenzia che in assenza di un rischio reale di duplice tassazione, la semplice

necessità di garantire supporto nell’accertamento e nella riscossione delle imposte, non

372 BEPS, Action n. 6 “Preventing the Granting of Treaty Abuse in Inappropriate Circustamces”, OCSE, Parigi, 2015,

sez. B, par. 16.1 p. 93, disponibile al link http://www.oecd.org/tax/preventing-the-granting-of-treaty-benefits-in-

inappropriate-circumstances-action-6-2015-final-report-9789264241695-en.htm ultimo accesso 15 marzo 2017.

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100

rappresenta da sola un motivo per la conclusione di un trattato, quanto piuttosto per la

conclusione di accordi mirati allo scambio delle informazioni373

.

Per quanto concerne l’assistenza reciproca comunitaria in materia di scambio di

informazioni, essa nasce da necessità di miglioramento del mercato interno, non riferibili a

esigenze fiscali in senso stretto. La disciplina europea in questione è strumentale ad alcuni

obiettivi programmatici delineati dal Trattato di Roma, e, in seguito ampliati in occasione

dell’istituzione dell’Unione europea: lo sviluppo delle attività economiche, l’istituzione di

uno spazio senza frontiere interne374

, il rafforzamento della coesione economica e sociale,

l’instaurazione di un’unione economica e monetaria, la prevenzione, la lotta contro la

criminalità375

. In conseguenza dell’instaurazione dell’obiettivo del mercato comune,

successivamente, interno, la lotta contro la frode e l’evasione fiscale internazionale ha

rappresentato una modalità di attuazione e di influenza sul processo di integrazione

economico-giuridico e la cooperazione amministrativa transfrontaliera si è inserita come

ulteriore elemento di supporto in questo programma di eliminazione di ogni tipo di

distorsione delle condizioni di concorrenza e dei movimenti di capitali. Da questo carattere

di strumentalità, come in precedenza menzionato, discende che, nei Trattati istitutivi, a

differenza di quanto avviene per le convenzioni internazionali, non esiste una disposizione

specifica che si riferisca allo scambio di informazioni in materia tributaria. La riprova della

finalità di garantire il corretto funzionamento del mercato è la presenza di disposizioni

comunitarie regolatrici di cooperazione amministrativa sia nel settore dei tributi armonizzati

sia in quello dei tributi non armonizzati 376

. La finalità perseguita dallo strumento giustifica

e delimita la coesistenza di norme di cooperazione amministrativa che promanano da distinti

ordinamenti giuridici: quello internazionale e quello comunitario che si coordinano con le

norme interne dei signoli Stati. In ambito internazionale, la concorrenza tra le diverse fonti è

sostanzialmente rimessa, come di seguito descritto, alla scelta del regime più adeguato alla

situazione e alla circostanza da parte degli Stati. In questo senso, condizioni diplomatiche e

di reciprocità, anche se, a dire il vero, sempre più compresse da una posizione di forte

pressione politica degli organismi internazionali, regolano le scelte di opportunità dei

373 BEPS, Action n. 6 “Preventing the Granting of Treaty Abuse in Inappropriate Circustamces”, cit., sez. C, par. 15.6

p. 96.

374 Il mercato interno è definito dall’art. 14 comma 2 del Trattato come “uno spazio senza frontiere interne, nel quale è

assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali”, procedendo ad un ampliamento

rispetto alla nozione di mercato interno.

375 F. SAPONARO, Lo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali e l’armonizzazione fiscale, in Rass. Trib.,

2005, 2, p. 461.

376 F. FERNANDEZ MARIN, Tassazione dei non residenti: tra scambio di informazione e principio di proporzionalità, in

Rass. Trib. n. 2, 2008, p. 541.

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101

singoli Stati. Al contrario, in ambito comunitario tale possibilità di opzione, se non laddove

si utilizzino strumenti che consentano modalità di cooperazione più estese, non è consentita

agli Stati membri in virtù della supremazione del diritto dell’Unione. In conclusione, in

ambito internazionale, la conclusione di una convenzione è su base volontaria e rimessa a

valutazioni di opportunità e reciprocità, anche se, come finora menzionato, la comunità

internazionale sta effettuando una forte pressione di carattere politico sui Paesi affinchè

concludano norme di scambio di informazioni in virtu dei canoni di trasparenza e di lotta

contro l’evasione. In ambito comunitario, la condizione di reciprocità non è compatibile con

il sistema dell’Unione, che si pone come ordinamento sovraordinato rispetto a quello dei

singoli Stati membri. Come conseguenza, eventuali inadempienze nello scambio di

informazioni in ambito comunitario dovranno essere fatte valere mediante i rimedi

giurisdizionali innanzi alla Corte di Giustizia previsti dagli artt. 258 e 259 del TFUE. In

ambito internazionale, invece, la violazione della convenzione non si risolve in un illecito

cui consegue un obbligo di risarcimento ma nell’interruzione della relazione bilaterale

inizialmente considerata vantaggiosa per entrambi377

. A seguito dell’inadempienza di un

Paese, l’altro contraente può decidere per la sospensione in tutto o in parte degli effetti del

Trattato o talvolta per la sua risoluzione.

4.2 I rapporti tra le fonti I trattati internazionali o le convenzioni come pure le Carte, gli accordi o qualsiasi

altra forma scritta di accordo tra due o più Stati rappresentano le fonti del diritto

internazionale tributario. Altra fonte produttiva di norme giuridiche è la consuetudine che è

costituita da un comportamento costante e uniforme tenuto dagli Stati accompagnato dalla

convinzione dell’obbligatorietà dello stesso378

. Al fine di distinguerla dal mero uso,

determinato da motivi di cortesia o dal cerimoniale379

, la consuetudine si caratterizza per un

elemento oggettivo (diurnitas) e un elemento soggettivo (opinio iuris sive necessitatis). Per

qualificarla come fonte obbligatoria occorre, in altre parole, che lo Stato pratichi (usus) e

accetti questa pratica come obbligatoria (opinio juris sive necessitatis)380

. Con riferimento

377 F. ARDITO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, 2007, cit., p. 63.

378 Esempi di consuetudini in ambito tributario sono le immunità diplomatiche, il luogo di effettiva fonte del reddito che

è applicato da tutti gli Stati con riferimento ai redditi dei non residenti. In questo senso: C. GARBARINO, La tassazione

del reddito transnazionale, Padova, 1990, 37.

379 R. CORDEIRO GUERRA, Le fonti del diritto tributario internazionale: consuetudini e trattati, in Diritto Tributario

Internazionale a cura di R. CORDEIRO GUERRA, 2012, Padova, pp. 103 e ss.

380 In base alla Corte Internazionale di Giustizia, sentenza del 2 febbraio 1973, p. 50, punto n. 16, del Joint separate

Opinion of Judges Forster, Bengzon, jimenez de arechaga, Nagendra Singh and Ruda, Fisheries Jurisdiction Case

(United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland v. Iceland) 1974, per essere considerata una regola occorre che

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102

allo scambio di informazioni, parte della dottrina si è interrogata sulla circostanza che le

posizioni assunte in ambito internazionale dall’OCSE e condivise da altri organismi

internazionali in merito all’assunzione di una condotta trasparente e collaborativa possano

aver creato una norma consuetudinaria. Al proposito, sebbene siano innegabili i risultati

raggiunti dall’OCSE – si pensi, solo, ad esempio, alla progressiva eliminazione di una lista

di paesi black list- lo scambio di informazioni non può essere, almeno finora, considerato un

obbligo legale per consuetudine. Esso sembra aver colmato una lacuna legis piuttosto che

aver creato una norma consuetudinaria381

. Generalmente si ammette che non esista una

prevalenza delle consuetudini nei confronti dei trattati. Tuttavia, una convenzione può

derogare a una norma consuetudinaria valorizzando il criterio di specialità nel senso che la

disciplina particolare recata dal trattato prevale su quella generale dettata a livello

consuetudinario382

.

I trattati sono fonte vincolante per le parti in base al principio internazionale del Pacta sunt

servanda. Nel diritto internazionale, la Convenzione di Vienna sui trattati (di seguito

“VCLT”) del 23 maggio 1969, fornisce una guida su come i trattati devono essere

interpretati. Generalmente, un trattato deve essere interpretato, in base all’art. 31, 1 comma

del VCLT, in buona fede e in base al significato ordinario dato alle parole nel loro contesto,

oggetto o significato. La dottrina e la giurisprudenza internazionale indicano la buona fede

come standard nell’implementazione dei trattati, ma l’ampia portata internazionale del

concetto di buona fede rende difficile delinearne il contenuto383. Tale concetto è assimilato

ad un obbligo per gli Stati contraenti di tenere in debito conto la fiducia e l’affidamento

delle controparti affinché le norme dei trattati siano applicate dagli organi interni di

ciascuno Stato nel pieno rispetto della loro appartenenza all’ordinamento di origine. Tale

principio tuttavia, non viene da tutti gli Stati considerato come un principio inviolabile, in

primo luogo perché la Convenzione di Vienna384

non è stata ratificata da tutti gli Stati, in

secondo luogo perché la dottrina è divisa sul fatto che essa riproduca norme di diritto

tale pratica sia considerata “State practice must be common, consistent and concordant”, anche se ciò non implica

necessariamente un’uniformità a livello internazionale seguita da tutti gli Stati.

381 Sulla possibilità che gli standard internazionali in materia fiscale possano diventare una disposizione di diritto

internazionale universalmente accettata si veda P. PISTONE, Coordinating the Action of Regional and Global Players

during the Shift from Bilateralism to Multilateralism in International Tax Law, in World Tax Journal, vol 6, n. 1, 2014,

p. 5.

382 Fanno eccezione le norme di jus cogens che esprimono valori ritenuti essenziali e inderogabili dalla comunità degli

Stati (come la norma sul divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali).

383 G. ZACCARDI CAPALDO, Diritto globale: il nuovo diritto internazionale, Giuffrè ed., 2010, p. 386.

384 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, adottata a Vienna il 23 maggio 1969, ratificata in Italia con la legge 12

febbraio 1974, n. 112 (G.U. n. 111 Suppl. Ord. del 30 aprile 1974).

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consuetudinario preesistenti alla medesima applicabili a tutti i trattati, ivi compresi anche

quelli conclusi antecedentemente alla sua entrata in vigore385

. Ad esempio, gli Stati Uniti

non hanno ratificato tale trattato, tuttavia la giurisprudenza americana segue queste

disposizioni come una guida autorevole per interpretare il diritto internazionale dei trattati

con la importante specificazione, tuttavia, che tale interpretazione deve sempre riflettere lo

stato attuale delle situazioni386

. In altre parole, in base alla giurisprudenza americana387

, i

trattati sono redatti liberamente secondo la volontà delle parti contraenti e nel caso in cui

offrano diverse soluzioni, l’interpretazione può essere ristretta o al contrario allargata in

funzione del caso concreto “whenever a treaty is construed multiple ways, one restricting,

the other enlarging… rights which may be claimed under it, the more liberal interpretation

is to be preferred”388

. Tali negoziati sono visti come parti di un contratto o di una

negoziazione tra due o più Stati sovrani. Le Corti statunitensi sono, pertanto, autorizzate ad

interpretarlo in funzione sia dell’ordinario significato delle parole sia dell’intento delle parti,

che si può desumere anche dai lavori preparatori, ma anche in relazione al quadro normativo

esistente al momento attuale. L’implementazione della normativa FATCA e i suoi effetti

sulle disposizioni fiscali prima di allora regolate da un trattato bilaterale riassumono in

maniera esemplificativa come nel diritto internazionale tributario non esista una regola

univoca che sancisca la forza di una Convenzione. Il FATCA ha imposto unilateralmente

delle condizioni ulteriori rispetto a quelle previste dai trattati già in vigore, talvolta

modificandone il contenuto: se gli adempimenti informativi non sono osservati nei confronti

dell’autorità fiscale americana, il contribuente non può beneficiare dell’aliquota pattizia

agevolata e il reddito transfrontaliero sarà soggetto ad una ritenuta pari al 30%. I benefici

accordati nel trattato sono, pertanto, negati non in base a limiti previsti nell’accordo

bilaterale in vigore quanto, invece, in ottemperanza alla legislazione domestica di uno

385 R. CORDEIRO GUERRA, Le fonti del diritto tributario internazionale: consuetudini e trattati, in Diritto Tributario

Internazionale a cura di Cordeiro Guerra R., 2012, pp. 121 e ss, Padova, Cedam, facendo riferimento, tra l’altro, ad un

assunto “ the rules laid down by the Vienna Convention … may in many respects be considered as a codification of

existing customary law on the subject”…espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia, nel Advisory opinion 21

giugno 1971, Legal Consequences for States of the Continued Presence of South Africa in Namibia notwithstanding

Security Council Resolution 276/1970. In senso contrario: P. ARGINELLI, Riflessioni sull’interpretazione delle

convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni conformi al Modello OCSE, in Riv. Dir. trib., n. 4, 2016, pp.

148-187.

386 VICTORSON E. M., United States v. UBS AG: Has the United States successfully cracked the vault to Swiss banking

secrecy?, in Cardozo Journal of International & Company Law, 2011, vol 19, pg. 836 “Courts follow its provisions as

an authoritative guide to the customary international law of treaties, insofar as it reflects actual state practices”.

387 United States v. Stuart, 489 U.S. 353, 368 (1969); New York Chinese TV Programs Inc. v. U.E. Enterprises, Inc.,

954 F.2d, 847, 852.

388 United States v. Stuart, 489 U.S. 353, (1969).

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104

Stato389

. Questo fenomeno è denominato “treaty override” e consiste nella limitazione o nel

condizionamento nell’applicazione di un trattato in vigore per effetto di una normativa

interna approvata successivamente alla conclusione di un trattato, che prevale in virtù di un

principio cronologico, dettato da criteri di urgenza, effettività, efficienza di preservare il

pubblico interesse390

391

. L’OCSE nel suo rapporto “Tax Treaty Override” del 1989392

ha

indicato che con tale espressione si intendono situazioni in cui per effetto di una

disposizione domestica successiva alla conclusione del trattato vengono modificate le

condizioni stabilite nello stesso. Generalmente con tale termine si fa riferimento a

disposizioni normative, ma il report menziona anche casi di “Judicial override”, laddove la

Corte avente il più alto grado di giudizio emette una sentenza che si ponga in contrasto con

l’interpretazione di una norma pattizia adottata fino a quel momento393

. Il report OCSE

attiene alla valutazione di quale norma debba prevalere nell’ipotesi di un conflitto tra norme

nazionali volte a contrastare l’elusione o l’evasione fiscale e trattati internazionali394

.

389 Secondo parte della dottrina (R. SUCCIO, Cooperazione internazionale e scambi di informazioni tra amministrazioni

finanziarie: alcune considerazioni, in Dir. Prat. Trib. Internaz., 2011, pp. 163-207) le disposizioni normative interne

USA consentirebbero anche in assenza di un trattato (come ad esempio nel caso dei rapporti tra USA-Isole Cayman) di

chiedere direttamente alle autorità informazioni relative ad un contribuente

390 T. PEDIADITAKI, Fatca and Tax treaties: Does it Really Take Two to Tango?, European Taxation, Settembre 2013.

391 Sulla base di tali considerazioni, sembrano fondati i dubbi avanzati dal art. 29 Data Protection Working Party

relativamente al fatto che accordi con riguardo al trattamento dei dati personali e alle garanzie indicate nella Direttiva

95/46/EC e nella Carta dei diritti fondamentali siano vincolanti per entrambe le parti: Article 29 Data protection

Working Party, lettera al Direttore Generale Taxation and Customs Union, ref. ARES82012) 1148996 del 1/10/2012,

disponibile al http://ec.europa.eu/justice/data-protection/article-29/documentation/other-

document/files/2012/20121001_letter_to_taxud_fatca_en.pdf ultimo accesso 16 dicembre 2016.

392 OCSE, Committee on Fiscal Affairs, Tax Treaty Override, (OECD 1989), par. 31 e ss.

393 Round Table: Improving the Relations between Tax treaties and Domestic Law, in Tax treaties and Domestic Law,

p. 389, a cura di G. Maisto, IBFD, 2006; S. Sachdeva, Overriding Tax Treaties: Proposing a Solution, in European

Taxation, special issue, Settembre 2003, p. 469; P.Y. Bourtouralt, M. N. Mbwa-Mboma, French Tax Court Confirms

that the former French-Swiss Tax Treaty Overrides the French CFC Legislation, 30 Intertax, 12, p. 487 del 2002, con

riferimento al caso n. 232 276, Schneider Electric company, formerly called Schneider SA v. Ministre de l’Economie,

des Finances et de l’Industrie, SC 28 giugno 2002.

394 In ambito comunitario, la Corte di Giustizia, secondo un orientamento costante, ha stabilito che un trattato non può

essere invocato per giustificare una violazione alle libertà fondamentali. CGUE, caso C-270/83, Avoir Fiscal, CGUE,

caso C-307/97, Saint Gobain; CGUE, 29 aprile 1999, caso C-311/97, Royal Bank of Scotland plc v. Elleniko Dimosio. Il

treaty override viene considerata una pratica contraria al principio di leale collaborazione e i benefici derivanti da una

direttiva possono essere negati solo in presenza di operazioni di puro artificio. Qualora l’Unione abbia esercitato la

propria competenza per armonizzare un determinato settore, gli accordi internazionali stipulati dagli Stati membri prima

della loro adesione all’Unione e che siano in conflitto con tali norme comuni, debbono essere abrogati le norme di tali

trattati qualora sulla base di essi sia adottato un atto incompatibile, G. Gaja, A. Adinolfi, L’introduzione, p. 236. Se

l’accordo internazionale è stato stipulato con Paesi terzi, si può ritenere che si applichi l’art. 351 TFUE e che gli Stati

abbiano l’obbligo di ricorrere “a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate”. Osservatorio sulle fonti,

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105

Su questo punto non esiste una visione condivisa395

proprio perché ciascuno Stato,

appartenente o meno all’Unione Europea, attribuisce alle norme convenzionali un rango in

base alla propria legge costituzionale che può essere diverso da quello attribuito da un altro

Stato396

. La dottrina internazionale397

ha elaborato due teorie al fine di comprendere le

differenti posizioni degli Stati in merito all’adempimento degli obblighi pattizi. In base alla

prima teoria (c.d. approccio “monistico”), per taluni Paesi le disposizioni internazionali e

quelle interne sono considerate facenti parti di un unico sistema giuridico. In tali

giurisdizioni, le norme pattizie sono direttamente applicabili una volta adempiute le

formalità necessarie all’implementazione e, in caso di contrasto, prevalgono sulle quelle

interne398

. La prevalenza della norma convenzionale si baserebbe sul principio di specialità,

in quanto la norma pattizia è destinata a regolare una materia più specifica rispetto a quella

disciplinata dalla norma comune (c.d. specialità ratione materiae) oppure sulla circostanza

che la norma sia indirizzata ad una ristretta cerchia di persone (c.d. specialità ratione

personarum), cosicchè per taluni399

il requisito della specialità può venire meno solo se il

fascicolo n. 3, 2012. In questo senso: R. OFFERMANNS, Restrictions on Treaty override Resulting from EU Law, in

European Taxation, vol. 53, Special Issue, n. 9, settembre 2013, pp.436 e ss. Diverso è invece l’impatto del diritto

europeo derivato sul potere degli Stati membri di concludere accordi internazionali dopo l’adozione di norme comuni.

In tale ipotesi, in realtà, è preclusa agli Stati membri la possibilità di concludere accordi internazionali nei settori che

sono stati oggetto di norme comuni di armonizzazione. La Corte ha avuto anche modo di chiarire che se un nuovo

accordo internazionale, intervenendo su un accordo precedente modifichi il contenuto di questo aggiungendo nuovi e

importanti obblighi per lo Stato membro, la legittimità di tali obblighi dovrà essere valutata con rispetto alle

disposizioni europee in vigore al momento della stipula.(Corte di Giustizia, sentenza Open Sky, p. 64).

395 Per approfondimenti: L. DE BROE, J. LUTS, in “BEPS Action 6: Tax Treaty Abuse”, in Intertax, vol 43, 2015, p. 136.

396 M. AMPARO GRAU RUIZ, Convention on mutual administrative assistance in tax matters and Community rules: how

to improve their interaction?, in EC Tax Review 2006, 4, pp. 196-202.

397 Per una più profonda analisi: S. SACHDEVA, Overriding Tax Treaty Overrides: Proposing a Solution, in European

Taxation, vo. 53, special Issue, n. 9, 2013, p. 469; R. BERNALES SORIANO, Treaty Interpretation and Treaty override:

The Spanish Case Law on Royalties under the Spain-United States Income tax treaty (1990), in European Taxation, vo.

53, special Issue, n. 9, 2013, pp. 459 e 460; A. AUST, Modern Treaty Law and practice, 2 edizione, pp. 183-199

Cambridge University Press 2007.

398 È stato tuttavia osservato R. CORDEIRO GUERRA, Le fonti del diritto tributario internazionale: consuetudini e trattati,

in Diritto Tributario Internazionale (a cura di) R. Cordeiro Guerra, 2012, cap. 13, p. 134, che nel nostro ordinamento, in

base all’art. 117 della Costituzione, le disposizioni convenzionali rappresentano una fonte di rango sub-costituzionale e,

pur rimanendo sempre subordinate alla Costituzione, sono gerarchicamente superiori rispetto alle leggi ordinarie. Tanto

premesso, tuttavia, secondo questa visione le disposizioni nazionali espressione di principi costituzionali fondamentali

quali ad esempio le norme antielusive, prevarrebbero sulle norme convenzionali in caso di conflitto.

399 B. CONFORTI, Manuale di Diritto tributario internazionale, a cura di UCKMAR, CORASANITI e altri, 2009, Cedam,

Padova, p. 9. Per tale autore la specialità sarebbe in senso generale, nel senso che è sorretta da una specifica volontà del

legislatore; di conseguenza non sarebbe sufficiente una semplice incompatibilità di una legge posteriore, ma una

esplicita dichiarazione del legislatore.

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legislatore interno esprime in modo inequivocabile la volontà del preesistente vincolo

internazionale.

Altri Paesi, invece, ritengono che il sistema legale interno e quello internazionale siano

separati e distinti e che, pertanto, un ordinamento non può essere considerato superiore ad

un altro400

(c.d. approccio “dualistico”). In base a questa seconda teoria, uno Stato che ha

sottoscritto un trattato ha comunque il diritto di decidere se implementare o meno la

disposizione convenzionale. In caso positivo, l’introduzione nell’ordinamento interno

avviene mediante legge interna ordinaria. Stante la netta distinzione tra i due sistemi, la

dottrina401

ritiene che non vi sono generalmente aree di sovrapposizione; tuttavia, poiché il

trattato ha acquisito una “forma” legislativa domestica, lo stesso potrà essere derogato da

una norma interna successiva di pari grado in base al principio di successione della legge nel

tempo. E’ il caso, ad esempio, come accennato precedentemente, degli Stati Uniti in cui un

trattato può soccombere, sia mediante l’intervento giudiziale interno sia per effetto di una

legge successiva in base al criterio secondo il quale “lex posterior derogat legi priori”. Tale

deroga è giustificata con la finalità di evitare forme di elusione fiscale o di doppia non

imposizione402

. Laddove infatti uno Stato contraente introduce una legislazione che

espressamente prevede un treaty override, generalmente, questa disposizione unilaterale

viene ad essere giustificata come necessaria al fine di evitare un abuso di un trattato o per

prevenire l’evasione o l’elusione fiscale internazionale403

.

A fronte di questo orientamento non univoco, si aggiunge un ulteriore elemento di

incertezza causato dalla posizione dell’OCSE che è mutata nel corso del tempo ponendosi in

contrapposizione rispetto alle idee sostenute in passato404

.

400 S. SACHDEVA, Overriding Tax Treaties: Proposing a Solution, in European Taxation, special issue, n. 9, 2013, p.

469.

401 S. SACHDEVA, Overriding Tax Treaty Overrides: Proposing a Solution, in European Taxation, vol. 53, special Issue,

n. 9, 2013, p. 469.

402 L. GERZOVA, O. POPA, Compatibility of Domestic Anti-Avoidance Measures with Tax Treaties, European Taxation,

Special Issue, Settembre 2013, p.422

403 J. WOUTERS, M. VIDAL, The International Law Perspective, in Tax Treaties and Domestic Law, K. VOGEL, IBFD,

2006, par. 2.2.2.

404 La posizione espressa dall’OCSE in merito al treaty override nel report finale BEPS è il risultato di valutazioni e

analisi che hanno portato nel corso del tempo a posizioni anche contrastanti. Il Commentario OCSE nella sua versione

del 1977, rimasta in vigore fino al 2003, aveva segnalato, infatti, che la presenza di disposizioni antielusive di carattere

domestico, sebbene finalizzate a scopi tutelati anche dalla stessa convenzione, avrebbe potuto confliggere con le

disposizioni pattizie e che, in tale caso, per effetto del principio pacta sunt servanda, lo Stato contraente si sarebbe

trovato obbligato a riconoscere i benefici del trattato. Nel 2003, per effetto della revisione dell’art. 1 del Commentario,

l’ OCSE valutò che anche l’oggetto e lo scopo del trattato, ai sensi dell’art. 31 della Convenzione di Vienna dovessero

essere presi in considerazione ai fini dell’interpretazione del negoziato internazionale e si convenne che tra le finalità di

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107

Attualmente, l’OCSE, nel rapporto finale BEPS, azione n. 6, appoggia la tesi della

prevalenza delle disposizioni pattizie rispetto alle norme domestiche. Il ricorso a queste

ultime è ammesso solo se le stesse, mediante un’analisi caso per caso, risultano conformi

alle finalità del trattato. In altre parole, il nuovo commentario405

OCSE all’art. 1 dovrebbe

esplicitamente prevedere che le norme antiabuso interne possono essere applicate se i) il

trattato lo prevede espressamente; ii) se esse risultano rilevanti per definire il significato di

un termine incluso nel trattato mediante il riferimento ad una norma interna; iii) se le regole

anti-abuso nazionali sono sostanzialmente uguali a quelle incluse nel trattato406

.

Rimane comunque aperto il problema in base al quale le modifiche all’Art. 1 al

Commentario OCSE, così come proposte nel rapporto finale BEPS, potrebbero non essere

vincolanti con particolare riferimento alle Convenzioni stipulate anteriormente407

. Per

quanto concerne il sistema giuridico italiano, sulla questione è intervenuta la Corte

Costituzionale con le sentenze n. 348 e 349 del 2007. Queste due decisioni, pur riferendosi

alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo paiono stabilire la supremazia degli accordi

internazionali rispetto alle disposizioni di legge ordinaria anche per quanto riguarda il diritto

tributario408

. L’art. 117 della Costituzione non consente di attribuire rango costituzionale

alle norme contenute in accordi internazionali oggetto di una legge ordinaria di adattamento

come nel caso delle norme CEDU, ma “determina l’obbligo del legislatore ordinario di

rispettare dette norme, con la conseguenza che la norma nazionale incompatibile con la

ogni trattato esisteva quella volta a negare i benefici del trattato in caso di operazioni abusive. In tal senso si concluse

che le regole generali antielusive non solo erano ammesse negli ordinamenti interni ma anche che non si

sovrapponevano alle disposizioni pattizie e che, pertanto, le stesse non erano pregiudicate dagli effetti degli accordi

internazionali (Commentario OCSE -2003/2014, art. 1, par.23; art. 7, par. 13 e art. 10, par. 37-39). Tale posizione, con

riferimento alla relazione tra norme pattizie e disposizioni antielusive interne, è stata oggetto di osservazioni da parte

Lussemburgo, Irlanda, Paesi Bassi e Svizzera – Commentario OCSE, art. 1 pr. 27.4- 27.9. Il rapporto finale BEPS

sembra più realistico e riconosce che possono esistere conflitti tra le disposizioni in oggetto ma che le norme pattizie

devono prevalere su quelle interne. Un ulteriore problema deriva dall’uso improprio del trattato mediante il quale taluni

contribuenti potrebbero attuare operazioni elusive invocando l’applicazione dei benefici del trattato. Per tale motivo,

l’OCSE, nel rapporto finale BEPS, raccomanda di introdurre nel corpo stesso della convenzione una clausola di

salvaguardia (saving clause) che consenta agli Stati contraenti di applicare le norme antielusive nel caso di un uso

improprio del trattato.

405 OCSE, Rapporto Finale BEPS, cit., proposta di modifica all’art.1 del Commentario OCSE, par. 2, pp.78 e ss.

406 L. DE BROE, J. LUTS, “BEPS Action 6: Tax Treaty Abuse”, in Intertax, vol 43, 2015, p. 135.

407 Sul valore del Commentario prima delle revisioni e sull’impossibilità di estendere le modifiche alle convenzioni

stipulate successivamente si vedano: D. Ward, The interpretation of Income Tax Treaties with Particular Reference to

the Commentaries on the OECD Model, IBFD, 2005, 80; G. MAISTO, Norme anti-elusive, abuso del diritto e

convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni sul reddito, G. Maisto (a cura di), Elusione ed abuso del

diritto tributario, Quaderni della Rivista di Diritto tributario, n. 4 Milano, 2009, p. 277.

408 V. UCKMAR, G. CORASANITI, Manuale di Diritto tributario internazionale, 2009, Cedam, Padova, p. 9.

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108

norma della CEDU e dunque con gli obblighi internazionali di cui all’art. 117, primo

comma, viola per ciò stesso il parametro costituzionale”.

4.3. La gerarchia delle fonti nello scambio di informazioni Problemi possono inoltre insorgere in ordine ai rapporti tra gli strumenti multilaterali e altri

accordi internazionali che disciplinano lo scambio di informazioni. Per quanto riguarda la

Direttiva in materia di cooperazione amministrativa il problema di gerarchia delle fonti

riguarda i rapporti tra tale fonte normativa e i trattati bilaterali conclusi prima dell’entrata in

vigore della direttiva. La questione va risolta in base al principio di prevalenza delle norme

comunitarie per cui la Direttiva si impone sulle norme contenute nei trattati409

, tranne che

nel caso in cui quest’ultime abbiano un’estensione più ampia di quella prevista dalla

direttiva, che in base all’art. 1, p. 3, direttiva 16/2011/UE non pregiudica gli obblighi di

cooperazione amministrativa più ampi in virtù di accordi bilaterali o multilaterali410

. In

questo senso si afferma che la normativa comunitaria identifica un “minimum standard” al

fine di realizzare una sorta di armonizzazione nello scambio di informazioni411

. Per la stessa

ragione una norma sullo scambio di informazioni contenuta in un trattato bilaterale

successivo alla direttiva non prevale su di essa412

. Con l’entrata in vigore della DAC 2 e in

caso di possibile concorrenza con altre norme comunitarie, in base all’art. 8, 3 lett.a), tale

disposizione prevarrà e diverrà l’unica applicabile per le informazioni relative ai periodi

d’imposta in corso al 1 gennaio 2016413

.

Con riguardo invece al problema generale dei rapporti tra la convenzione sull’assistenza

amministrativa e gli altri accordi internazionali, l’art. 27 della Convenzione sull’assistenza

409 La Commissione europea può fare uso della procedura di infrazione ex art. 258 del TFUE qualora uno Stato membro

non osservi la supremazia del diritto comunitario.

410 Tale previsione ricorda quanto disposto dall’art. 11 della direttiva 77/799/CEE secondo il quale: “le disposizioni

precedenti non incidono sulle norme che prevedono degli obblighi più estesi risultanti da altri atti giuridici circa lo

scambio di informazioni”.

411 Parlamento Europeo, Studio IP/A/TAXE/2015-04, PE563.452, autore: R. Seer, Overview of Legislation Practises

Regarding Exchange of Information between National Tax Administrations in Tax Matters, 2015, par. 5. Per l’autore, la

direttiva può comportare una maggiore potenziale intrusione nella sfera privata del contribuente, anche solo con

riferimento all’inopponibilità delle norme o prassi in materia di segreto bancario.

412 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie, cit., p. 710

413 M. SOMARE, V. WOHRER, “Automatic Exchange of financial information under the Directive on administrative

cooperation in the light of the global movement towards transparency”, in Intertax, vol. 43, n. 12, 2015. Le autrici

sostengono che nel caso in cui un’informazione di carattere finanziario possa essere scambiata in base alla DAC2 ma

potrebbe anche ricadere entro la DAC1, ad eccezione dei prodotti di assicurazione sulla vita, in caso di conflitto tra

norme che disciplinano lo scambio di informazioni prevale lo strumento piu efficace.

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amministrativa in materia fiscale del Consiglio d’Europa e l’OCSE dispone che “le

possibilità di assistenza create da questa Convenzione non limitano né sono limitate da

quelle contenute negli accordi internazionali vigenti o futuri o da altri accordi tra gli Stati

contraenti o da altri strumenti creati per la cooperazione in materia fiscale”. La formula

usata implica letteralmente che gli Stati che hanno ratificato la Convenzione si impegnano a

non negoziare e a non applicare, con nessuno degli altri Paesi che sono parte della

Convenzione, trattati in materia fiscale che possano limitare le possibilità di assistenza

previste dalla Convenzione contenute in un accordo bilaterale. Nel caso, quindi, i Paesi

parte della Convenzione stipulino accordi bilaterali con disposizioni più restrittive di quelle

stabilite dalla Convenzione, tali disposizioni sono valide e vincolanti ma possono essere

considerate da un terzo Stato contraente come disposizioni che violano la Convenzione414.

Le norme contenute in tale ultimo documento non sono gerarchicamente sovraordinate a

quelle contenute in trattati bilaterali e neppure potrebbero esserlo non esprimendo principi

di diritto internazionale consuetudinario, ma hanno efficacia obbligatoria per le parti

contraenti.

Il secondo comma contiene una specifica clausola che si applica agli Stati membri in base

alla quale, nonostante le regole presenti nella Convenzione, gli Stati membri devono in

prima battuta fare riferimento alle regole comunitarie, salvo che la Convenzione non

favorisca una cooperazione più efficace. Da questo principio deriva che leggi di rango

inferiore quali la normativa interna possono prevalere sulle disposizioni comunitarie se

garantiscono un livello più ampio di scambio di informazioni415

. La norma lascia tuttavia

aperto il dubbio legato all’interpretazione di cosa si intenda per cooperazione più ampia.

Parte della dottrina ritiene che si debba fare riferimento ai risultati che la collaborazione può

offrire nell’interesse degli Stati; alternativamente si potrebbe guardare alla posizione del

soggetto le cui informazioni sono scambiate nel senso che debba darsi prevalenza alla

disciplina che meglio ne tutela i diritti416

. Secondo tale ultima visione non si potrebbe

escludere che sussista un interesse del contribuente a contestare all’Ufficio l’impiego di uno

strumento di cooperazione diverso da quello consentito417

.

414 P. ADONNINO, Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie, cit., p. 711.

415 R. SEER, I. GABERT, (a cura di), General Report in Mutual Assistance and Information Exchange, Atti del Convegno

EATLP svoltosi a Santiago de Compostela il 4-6 giugno 2009, Amsterdam, 2010, p.60.

416 S. DORIGO, La cooperazione fiscale internazionale, a cura di C. Sacchetto, cit., p. 216.

417 P. SELICATO, Scambio di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente, in Rass. Trib., n. 2., 2012, p. 321.

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110

Dalla lettura congiunta del principio di pro-assistenza di cui all’art. 27 e dell’art. 31418

della

Convenzione di Vienna sull’interpretazione dei trattati, se ne deduce che le autorità

competenti di ciascuno stato possono accedere all’assistenza amministrativa utilizzando lo

strumento legislativo che essi reputano più appropriato ed efficace. Una volta sceltone uno,

non è possibile applicare più istituti contemporaneamente. L’art. 1 della Direttiva sulla

cooperazione amministrativa stabilisce che non ci sarà pregiudizio relativamente alle

obbligazioni assunte dagli Stati membri in relazione a una cooperazione più ampia attuata in

relazione ad altri strumenti legali, inclusi accordi bilaterali o multilaterali. Nel caso di

coincidenza tra le disposizioni previste dalla Direttiva e quelle contenute nei trattati, prevale

la disciplina comunitaria per il principio di superiorità del diritto comunitario, mentre

laddove non esista coincidenza, le direttiva fanno salva l’applicazione della diversa

disciplina convenzionale, che diviene in linea generale l’unica regola rilevante e applicabile.

4.4 Scambio di informazioni amministrativo e ambito penale

4.4.1 Utilizzabilità dei dati oggetto di scambio amministrativo ai fini penali

Lo strumento della mutua assistenza amministrativa può comportare che le informazioni

oggetto di scambio possono far quantificare all’Amministrazione finanziaria un’imposta

superiore ai limiti dettati dalle disposizione dettate nel D.Lgs. n. 74/2000 e,

conseguentemente, a procedere all’inoltro da parte dell’Autorità amministrativa della

comunicazione di reato all’autorità giudiziaria competente ai sensi dell’art. 331 del c.p.p.

La direttiva dispone una sostanziale parificazione giuridica delle prove a livello

amministrativo, con la conseguenza che gli atti amministrativi provenienti da un’Autorità

competente divengono atti aventi effcacia amnaloga a quelli di diritto interno. Ai fini,

invece, dell’utilizzabilità nel processo penale interno dell documentazione ottenuta mediante

il canale amministrativo-fiscale, occorre precisare che i documenti di fonte estera devono

entrare nel procedimento penale seguendo precise indicazioni rituali e i limiti previsti a

livello legislativo dagli artt. 696 e 729 del codice di procedura penale. Il legislatore richiede,

in particolare, che la documentazione proveniente dall’estero per poter essere utilizzata in

campo penale deve essere ottenuta mediante il meccanismo della rogatoria internazionale

disciplinato dalle norme della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia

firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 (ratificata dall’Italia con la legge 23.2.1961, n. 215), e

418 M. AMPARO GRAU RUIZ, Convention on mutual administrative assistance in tax matters and Community rules: how

to improve their interaction?, in EC Tax Review 2006, 4, pp. 196-202. Secondo l’autrice, l’art. 31 della convenzione di

Vienna che fa riferimento all’interpretazione del trattato in buona fede tenendo conto del tenore letterale delle norme,

del loro contesto e anche della loro finalità, ammetterebbe che lo scopo della convenzione multilaterale è quello di

garantire la realizzazione della cooperazione amministrativa, e pertanto, sarebbe ammessa la scelta tra più strumenti

alternativi in funzione di massimizzarne l’efficacia.

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dalle altre norme delle convenzioni internazionali in vigore. La dottrina ritiene che qualora

l’attività di cooperazione non sia posta in essere nelle forme prescritte, si è in presenza di

atti di natura conoscitiva in forma libera prodromici all’acquisizione rituale di elementi

probatori da attuare a mezzo rogatoria per il tramite dei canali ufficiali419

. I dati acquisiti nel

processo tributario senza rispettare le garanzie prescritte per il procedimento penale sono

utilizzabili “tenuto conto del principio di autonomia del procedimento penale rispetto alle

procedure dell’accertamento tributario”420

. Occorre, inoltre, che, se i documenti sono

pervenuti mediante il canale amministrativo della direttiva comunitaria, l’autorità

compentente dello Stato membro che ha comunicato i dati autorizzi l’utilizzo degli stessi

per fini diversi da quelli fiscali. Tale autorizzazione, in base all’art. 16, comma 2 della

Direttiva 2011/16/UE, è concessa sempre che tale utilizzo sia previsto per fini analoghi

nello Stato membro dell’autorità comunicante e sempre nella misura consentita nella

legislazione dello Stato che riceve i dati. Limiti analoghi sono posti anche nelle fonti

internazionali dello scambio come quelli previsti dall’art. 26, par. 3, lett. b).

L’utilizzo sarebbe consentito anche nell’ipotesi di elementi probatori acquisiti in

violazione di legge, come nel caso dei dati provenienti dalla c.d. Lista “Falciani”421

. Sul

punto, in particolare, la Corte rileva, inoltre, che al giudice penale sarebbe precluso in forza

dell’art. 191 c.p.p. affermare la responsabilità penale dell’imputato per reati di natura

tributaria sulla base di dati acquisisti nel corso di indagini di aura amministrativa condotte

dagli uffici tributari422. Le prove illegittimamente acquisite di cui all’art. 191 c.p.p.

sarebbero quindi esclusivamente quelle nel processo penale e non anche quelle acquisite

come nel caso di specie in un momento anteriore ad esso che precede la notitia criminis.

Sarebbe, inoltre, preclusa la confisca o la distruzione del corpo di un reato (quale sarebbe

quello della sottrazione informatica o cartacea della fiche bancaria) di cui l’autorità italiana

non può neanche incidentalmente conoscere. Tale reato non potrebbe ricondursi alle

fattispecie di cui all’art. 615 ter c.p. in quanto il fatto non è stato commesso in Italia e la

punibilità di un reato commesso all’estero in danno di cittadino italiano è prevista solo nelle

tassative ipotesi di cui all’art.7 c.p. tra le quali non può annoverarsi quella di cui all’art. 615

ter c.p. La Corte dubita, quindi che le informazioni ottenute configurino un illecito ai fini

della normativa interna. Viene inoltre confutata la tesi dell’applicabilità in paesi di civil law

della teoria del c.d. fruit of poisonous tree che negli ordinamenti anglosassoni comporta

un’invalidità derivata dei mezzi di prova acquisiti in violazione della legge. La

419 G. MARINO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realtà, cit., 444..

420 Corte di Cassazione, sentenza n. 22984 del 12 novembre 2010.

421 Corte di Cassazione sentenza del 28.4.2015 n. 8606; Cass., 12.7.2012, n. 27736 e Cass., 27.5. 2009, n. 24653.

422 Commissione Tributaria Prov. Piemonte Verbania, sez. I, del 21 marzo 2013 n. 15.

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112

Cassazione423

ha infine giudicato legittima l’utilizzazione processuale di documenti

provenienti dal procedimento di accertamento fiscale che siano stati precedentemente

acquisiti dalla Guardia di Finanza mediante la cooperazione internazionale. La Suprema

Corte ha ritenuto che l’acquisizione di atti amministrativi nell’ambito di un procedimento

tributario di accertamento esula dalla disciplina relativa alle rogatorie e che il successivo

utilizzo nel procedimento penale di atti provenienti dal procedimento di accertamento

tributario è regolato dagli artt. 234 e ss del c.p.p. L’effetto di tale lettura delle norme

processuali è che le acquisizioni documentali della Guardia di Finanza attengono al

procedimento di accertamento fiscale ed avendo natura di atti amministrativi acquisiti

all’estero direttamente dalle amministrazioni competenti esulano dalla disciplina relativa

alle rogatoria.

4.4.2 Ammissibilità delle evidenze provenienti da procedimenti penali

Non esiste una regola generale in tema di ammissibilità delle prove nel processo tributario.

La giurisdizione tributaria e quella penale sono improntante a rapporti di separatezza, anche

se il giudice tributario può fondare la propria decisione anche sulle prove acquistite nel

processo penale a condizione che sia assicurato il diritto alla difesa e che si tratti di prove la

cui ammissibilità non sia impedita da norme proprie del processo tributario.

Ad esempio, le dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini preliminari e le

testimonianze rese davanti al giudice penale e civile non sarebbero utilizzabili nel processo

tributario anche se provenienti da un altro procedimento. Tuttavia, la giurisprudenza

consolidata ha ritenuto ammissibili nel processo tributario anche le testimoniaze rese dal

terzi altrove, in assenza anche di contraddittorio, in quanto declassate a meri indizi, per cui

la decisione non può essere fondata su di esse ma sono necessari altri elementi di prova424

. I

dati raccolti a carico del contribuente nelle indagini di polizia giudiziaria sono coperte dal

segreto investigativo ma il magistrato penale può autorizzarne l’utilizzo in sede fiscale

anche in deroga all’art. 329 c.p.p. se ritiene che ciò non rechi pregiudizio alle indagini425

.

Qualora si tratti di informazioni ottenute mediante una rogatoria, le stesse generalemente

423 Corte di Cassazione, sentenza 27336 del 12 luglio 2012; Cassazione penale n. 24653/2009.

424 Cass. 21 gennaio 2008, n. 1164; Cass. Civ. se. Trib., 22 giugno 2010, n. 14960 nella cui motivazione si afferma che

le deposizioni testimoniali e le indagini peritali svolte nel processo pensale possono essere valutate come elementi di

valore indiziario dal giudice tributario. Corte Cost. 21 gennaio 2000 n. 18 in Giur.it., 2000, 1075 in cui si legge che “Il

valore probatorio delle dichiarazioni raccolte dall’amministrazione finanziaria nella fase dell’accertamento è, infatti,

solamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali mentre possono concorrere a formare il convincimento del

giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione”.

425 La giurisprudenza (Cass. Civ., sez. trib., 3 dicembre 2001, n. 15230, in Rass. Trib. 2002, 641) esclude che l’utilizzo

non autorizzato influisca sulla validità dell’avviso di accertamento perché l’autorizzazione è prevista a tutela del segreto

investigativo e non a tutela dei diritti di difesa del contribuente.

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non possono essere utilizzate per fini diversi da quelli per i quali furono scambiate

orginariamente, a meno che specifici accordi internazionali non lo prevedano426

. Da ultimo

resta da valutare il valore extrapenale del dispositivo della sentenza penale, con particolare

riguardo all’accertamento dei fatti contenuto in un giudicato, più che alla determinazione

della presenza o meno di un reato. Secondo giurisprudenza consolidata, l’accertamento di

fatti contenuto nel giudicato penale non vincola il giudice tributario in quanto le

disposizioni che regolano il processo tributario hanno dei limiti diversi da quelli posti per il

processo penale (ad esempio, inammissibilità della prova testimoniale oppure delle prove

documentali non esisbite in sede amministrativa)427

. Nel processo tributario possono essere

inoltre usate presunzioni legali e semplici che invece non valgono per il giudice penale. Da

queste considerazioni ne discende che quando i fatti da accertare nel processo tributario

siano quelli già accertati nel processo penale, il giudicato penale non vincola il giudice

tributario 428

L’art. 654 c.p.p. che prevede l’efficacia extrapenale degli accertamenti di fatto

del giudice penale nel processo civile e in quello amministrativo non si aplica al processo

tributario in quanto esso è altro rispetto al processo civile e amministrativo. L’utilizzo in

sede tributaria delle prove assunte nel giudizio penale richiede, tuttavia, da parte del giudice

tributario un’autonoma valutazione.

Capitolo 5 La tutela del contribuente

5.1. Introduzione Come affermato da parte della dottrina, con la cooperazione amministrativa sono tutelati

una pluralità di interessi riferibili sia agli Stati sia ai contribuenti429

. Primariamente, lo

scambio di informazioni è improntato ad applicare correttamente la legislazione fiscale,

426 P.SELICATO, How linking tax assessment procedures and criminal prosecutions could enforce efficiency of mutual

assistance in tax matters, par. 2.5.2.2. Relationship between administrative and criminal procedures in tax assessment,

in EATLP Congress, Santiago de Compostela, 4-6 June 2009.

427 F. TESAURO, Ammissibilità delle prove in sede penale, Rass. Trib. n.2, 2015, pp. 328 e ss.

428 Corte di Cassazione, Civ. sez. trib, 19 marzo 2002, n. 3961, Cass. Civ., sez. trib. del 1 luglio 2003, n. 10371 19786;

Cass. Civ., sez. trib., del 27 settembre 2011 cass. Civ. sez. trib. del 12 dicembre 2013 n. 27822.

429 P. ADONNINO Lo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie, in Diritto e Pratica Tributaria, 2008, 4,

pg. 707 e ss.

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accertare l’entità delle imposte dovute, contrastare l’evasione e l’elusione fiscale

internazionale. In secondo luogo, lo scambio è inteso, come originariamente introdotto nel

modello di convenzione OCSE, ad evitare situazioni di doppia imposizione o di imposizione

illegittima. Vi è, infine, l’interesse alla corretta acquisizione delle informazioni, alla

riservatezza delle stesse, e a che non vengano svelate informazioni che possano alterare la

concorrenza nel commercio internazionale. In tale scenario, è inevitabile dedurre che gli

interessi dello Stato e del contribuente possono essere convergenti, ma talvolta porsi in

posizione antinomica430

. Ad oggi né la normativa comunitaria né le convenzioni

internazionali prevedono forme di tutela specifiche nei confronti dei contribuenti se si

escludono l’obbligo di segretezza e i menzionati limiti all’obbligo di fornire informazioni di

cui all’art. 17 della Direttiva 2011/16/UE. Nel preambolo della stessa, al punto 19, si precisa

che “le situazioni in cui uno Stato membro interpellato può rifiutare di comunicare le

informazioni dovrebbero essere chiaramente definite e limitate tenendo conto di taluni

interessi privati da proteggere e dell’interesse pubblico”. Resta comunque il fatto che non

sussiste un obbligo generico previsto dal diritto comunitario di riferire al contribuente della

richiesta di informazioni attivata nei suoi confronti, né una motivazione specifica per cui lo

stesso non si può opporre alla trasmissione. Anche a livello internazionale, il Commentario

all’art. 26 del Modello OCSE pur ammettendo tale possibilità di coinvolgimento del

contribuente, precisa che il rispetto di tale obbligo non deve essere causa di ritardo o

inefficacia nella procedura431

. Tanto premesso, il diritto alla difesa è stato riconosciuto

secondo un consolidato orientamento della Corte di Giustizia come avente valore di

principio fondamentale del diritto dell’Unione Europea in quanto radicato nelle tradizioni

costituzionali degli Stati membri anche in assenza di norme specifiche432

, individuandone il

fondamento normativo non soltanto negli artt. 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali

dell’Unione Europea che garantiscono il rispetto dei diritti di difesa e del diritto ad un

430 F. PITRONE, Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperazione amministrativa:

innovazioni e profili critici, cit., p. 484.

431 Commentario all’art. 26 del Modello OCSE, versione aggiornata al 17 luglio 2012, par. 14.1: “Some countries’ laws

include procedures for notifying the person who provided the information and/or the taxpayer that is subject to the

enquiry prior to the suplly of information. Such notification procedures may be an important aspect of the rights

provided under domestic law. They can help prevent mistakes (e.g., in cases of mistaken identity) and facilitate

exchange (by allowing taxpayers who are notified to co-operate voluntarity with the tax authorities in the requesting

State). Notification procedures should not, however, be applied in a manner that, in the particular circumstances of the

request, would frustrate the efforts of the requesting state. In other words, they should not prevent or unduly delay

effective exchange of information”.

432 Corte di Giustizia, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e 130/1313, casi Kamino International Logistics BV e

Datema Hellmann Worldwide Logistics BV, par.29; Corte di Giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé –

Organizações de Calçado Lda contro Fazenda Pùblica, par. 38;

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processo equo in qualsiasi procedimento giurisdizionale, ma anche dall’art. 41 che

garantisce il diritto ad una buona amministrazione433

.

Inoltre, poiché i principi dell’ordinamento comunitario si applicano anche allo scambio di

informazioni, e in generale all’azione amministrativa434

, si ritiene che tra essi rientri anche il

principio del contraddittorio. Il rispetto di tale diritto è essenziale soprattutto in

considerazione che spesso il contenuto della documentazione o delle informazioni trasmesse

dall’autorità competente dello Stato interpellato costituisce il fattore determinante

nell’avviso di accertamento emanato dall’autorità richiedente. Come emerge da parte della

dottrina435

, qualora l’amministrazione finanziaria richiedente non abbia altri elementi

probatori se non la documentazione ricevuta, le richieste di informazioni non hanno la

funzione di verifica dei dati e delle prove forniti dai soggetti passivi, ma costituiscono la

base probatoria su cui fondare l’avviso di accertamento. Le informazioni oggetto di scambio

in base alla direttiva non costituirebbero la prova determinante di un fatto da accertare436

;

dovrebbero invece rappresentare “una misura istruttoria nel contesto di un procedimento

amministrativo che sfocia in un avviso di accertamento”437

. Per questo motivo, l’assenza di

garanzie procedurali per i contribuenti e la tendenza delle amministrazioni finanziarie a

porre le informazioni ricevute a fondamento delle proprie contestazioni sbilanciano

fortemente l’equilibrio del rapporto Fisco-contribuente438

.

433 Corte di Giustizia Unione Europea, 22 ottobre 2012, C-277/11, caso M.M contro Minister of Justice, Equality and

Law Reform, Ireland, Attorney General, par. 81-82; Corte di Giustizia 17 dicembre 2015, causa C-419/14 sentenza del

17 dicembre 2015, Web Mind Licenses Kft contro Nemzeti Adó-És Vámhivatal Kiemelt Adó- és Vám Föigazgatóság;

Corte di Giustizia, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropé – Organizações de Calçado Lda contro Fazenda

Pùblica, par. 36; Corte di Giustizia, 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach, par. 42, Corte di Giustizia, 3 luglio 2014,

cause riunite C-129/13 e 130/1313, casi Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics

BV, par.29.

434 G. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, in Rass. Trib., 2009, 2, p. 591; F.

PITRONE, Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperaione amministrativa: innovazione

e profili ciritici, cit., pp. 484 e ss.; J.D.B. OLIVER, Exchange of information and the Oecd Model Treaty, in Intertax,

1995, 3, p. 116.

435 P. MASTELLONE, “L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali”, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p. 379.

436 Avvocato Generale Kokott, Conclusioni presentate il 6 giugno 2013, causa C-276712, par.24

437 Avvocato Generale Kokott, Conclusioni presentate il 6 giugno 2013, causa C-276712, par.56.

438 P. MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p. 380

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116

Altro principio comunitario cui sembra necessario far riferimento per temperare gli interessi

contrapposti tra Stato e contribuenti è il principio comunitario di proporzionalità439

in base

al quale l’amministrazione non può imporre obblighi o restrizioni alle libertà del soggetto in

misura superiore a quanto strettamente necessario per il soddisfacimento dell’interesse che

s’intende raggiungere. Dall’interazione tra questi due principi si approfondiscono di

seguitole modo di tutela del contribuente nello scambio di informazioni440

.

5.2. I diritti di difesa nello scambio di informazioni: il diritto al

contraddittorio Il contraddittorio si identifica nel confronto tra due parti che sostengono e difendono ognuna

le proprie opinioni con l’obiettivo di convincere l’altra della verità delle proprie

affermazioni441

. In ambito giuridico-processuale, con l’espressione indicata si intende “la

posizione di eguaglianza che è fatta alle parti nel processo in ordine alla possibilità astratta

di elaborazione del contenuto della sentenza”442

. Nell’ambito amministrativo, secondo

l’accezione comunemente recepita, il contraddittorio si riconduce ad un’attività informativa

operata da un privato nei confronti della pubblica Amministrazione, attraverso la quale si ha

la rappresentazione di situazioni o giudizi considerati significativi rispetto ad un problema

amministrativo. Mediante tale attività informativa, non solo vengono anticipate in sede

procedimentale le difese, ma essa contribuisce a determinare la materia e a fare in modo che

l’organo chiamato a decidere possa ponderare gli interessi coinvolti e abbia una

439 E. CANNIZZARO, Il principio di proporzionalità nell’ordinamento internazionale, Milano, 2000; D.U. GALLETTA,

Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano 1998; F. PITRONE, Lo

scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE in materia di cooperaione amministrativa: innovazione e profili

ciritici, cit., pp. 484 e ss.

440 In particolare, ad esempio, il principio di proporzionalità è stato recentemente preso come parametro per

valutare l’ammissibilità o meno in sede civile delle prove ottenute nell’ambito di un procedimento penale

parallelo. In particolare, la Corte di Giustizia, , nella sentenza del 17 dicembre 2015, causa C-419/14, Web

Mind Licenses Kft, p. 68 ha stabilito che l’utilizzo di dette informazioni ottenute con una limitazione

all’esercizio dei diritti e delle libertà della Carta deve: i) essere previsto dalla legge ii) deve rispondere a

finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione e iii) deve essere necessario. Riguardo a quest’ultimo

requisito, la Corte ha stabilito i mezzi istruttori attuati nell’ambito di un procedimento penale diretto al

perseguimento di reati in ambito fiscale hanno uno scopo che risponde a un obiettivo di interesse generale e,

risultano pertanto ammessi (punto 76 della sentenza).

441 G. CORASANITI, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea, in Dir. Prat.

Trib., 2016, n. 4, note a sentenza Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.

442 F. BENVENUTI, L’istruzione nel processo amministrativo, Cedam, Padova, 1953, p. 133.

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rappresentazione il più possibile aderente alla realtà. Il contraddittorio, rappresenta, da

quanto sopra detto, uno dei pilastri del diritto alla difesa, il quale trova applicazione non

soltanto in sede giurisdizionale ma anche endo-procedimentale, essendo funzionale a

prevenire l’emanazione di provvedimenti illegittimi e/o infondati e così la proliferazione di

contenzioso giurisdizionale evitabile. Al fine di trarre il corretto inquadramento giudico

dell’istituto, occorre indagarne le origini e le fonti anche a livello sovranazionale.

Nei trattati istitutivi dell’Unione non risultavano disposizioni generali di governo dei

procedimenti amministrativi, non esistendo nella genesi dell’esperienza comunitaria una

norma come quella prevista all’art. 38, par. 1, lett. c) dello Statuto della Corte internazionale

di giustizia, organo delle Nazioni Unite, che annovera tra le norme da essa applicabili anche

“i principi generali riconosciuti dalle nazioni civili”. Il richiamo alle usuali fonti di

cognizione del diritto non è stato di aiuto per l’applicazione dei principi fondamentali al

diritto dell’Unione. La tutela dei diritti fondamentali dell’individuo all’interno del

patrimonio giuridico dell’Unione europea è stata, infatti, riconosciuta ufficialmente e

giuridicamente solo con il Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che ha

riconosciuto le garanzie già enunciate nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea (c.d. “Carta Nizza”)443

come tutelate a rango di diritto europeo primario444

. Al par. 1

dell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (“TUE”) è previsto che “l’Unione riconosce i

diritti, le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore

giuridico dei trattati.

443 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza) fu adottata il 7 dicembre 2000 in

occasione del Consiglio di Nizza (Gazzetta Ufficiale Unione Europea C 364 del 18 dicembre 2000). Si trattava di un

documento di natura politica che recepiva l’acquis communautaire in tema di diritti umani elaborato a livello europeo

derivante dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri.

444 La Corte di Giustizia UE non aveva riconosciuto da subito la copertura dei diritti fondamentali da parte del diritto

europeo. Si pensi infatti al caso Stork c. Alta Autorità della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, Causa C-

1/58, 4 febbraio 1959, nella quale si sottolineava l’irrilevanza dei “principi fondamentali della Costituzione tedesca”.

Solo con il caso Nold (CGUE, 14 maggio 1974,causa C-4/73, Nold, Kohlen –Und Baustoffgrosshandlung c.

Commissione, in Racc. I-492, par. 13), la Corte riconosce che “i diritti fondamentali fanno parte dei principi generali

del diritto di cui essa garantisce l’osservanza. La Corte garantendo la tutela di tali diritti è tenuta ad inspirarsi alle

tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e non potrebbe, quindi, ammettere provvedimenti incompatibili con i

diritti fondamentali riconosciuti e garantiti dalle costituzioni di tali Stati. I trattati internazionali relativi alla tutela dei

diritti dell’uomo, con cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito possono del pari fornire elementi di cui occorre

tenere conto nell’ambito del diritto comunitario”. Poco prima, la Corte Costituzionale italiana, sentenza dell’8 giugno

1984, n. 170, rel. La Pergola, in Dir. Prat. Trib., 1984, II, 1073 ss, aveva enunciato la c.d. “teoria dei controlimiti”. In

tale occasione la Consulta aveva ritenuto che la limitazione della sovranità italiana ex art. 11 Cost. per effetto del

trasferimento delle competenze alla Comunità Economica Europea non avrebbe mai potuto ledere i principi

fondamentali dell’ordinamento giuridico costituzionale né i diritti inalienabili della persona. Tale posizione fu condivisa

anche dalla Corte Costituzionale tedesca (Bundesverfassunggericht, nel caso Solange I del 29 maggio 1974).

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Prima di allora le tradizioni costituzionali degli Stati membri rappresentavano vere e proprie

norme non scritte dotate di portata precettiva che hanno contribuito a sedimentare i principi

generali del diritto comunitario445

.

Su tali fondamenta si è dispiegata l’azione interpretativa della Corte di Giustizia che ha

contribuito a realizzare una tendenziale uniformità nell’individuazione e disciplina dei

principi generali all’interno degli ordinamenti nazionali446

. Analogamente anche

l’inserimento della materia tributaria nell’alveo dei diritti umani, e quindi anche il

riconoscimento della rilevanza dei diritti della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei

Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali447

(d’ora in avanti “CEDU”), firmata a

Roma il 4 novembre 1950, non è stato facile. L’art. 6 della CEDU che sancisce il diritto al

giusto processo fa riferimento al contesto di procedimenti giurisdizionali o di natura analoga

in relazione a diritti e doveri di carattere civile e ogni accusa penale448

. Basandosi sulla

lettera della norma, i procedimenti di carattere amministrativo, e quindi anche tributario,

rimarrebbero esclusi dall’ambito di applicazione della CEDU449

. Come precisato, infatti

dalla Corte Europea dei Diritti Umani (d’ora in avanti “Corte Edu”) “al contenzioso

tributario, non rientrando nell’ambito dei diritti e obbligazioni di carattere civile, non è

applicabile l’art. 6 par. 1, CEDU450

. L’approccio della Corte Edu, tuttavia, ha superaro le

445 Sul punto, con specifico riferimento all’introduzione del diritto ad essere ascoltati nell’ambito di una procedura

amministrativa nell’alveo delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, solo in tempi recenti e in casi

isolati, si vedano le Conclusioni dell’Avvocato Generale Kokott al caso Sabou, cit p. 54 e 76.

446 Corte di Giustizia, sentenza C-617/10, del 26 febbraio 2013, Akeberg Fransson, paragrafi 19 -22. In dottrina: R.

IAIA, Il contraddittorio anteriore al provvedimento amministrativo tributario nell’ordinamento dell’Unione Europea.

Riflessi nel diritto nazionale, in Dir. Prat. Trib., n. 1, 2016, pp. 55-114.

447 Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, Consiglio d’Europa,

Roma 4 novembre 1950. Tale Convenzione rappresenta lo strumento di tutela più avanzato in ambito internazionale

soprattutto per l’efficace meccanismo giurisdizionale che la accompagna e che consente di dare effettività ai diritti in

essa enunciati.

448 L’art. 6 della CEDU, primo paragrado, stabilisce che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata

equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per

legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza

di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”.

449 M. GREGGI, Giusto processo e diritto tributario europeo: applicazione e limiti del principio (il caso Ferrazzini) nota a

Corte Europea per i diritti dell’Uomo, n. 44759/98/2001, Riv. Dir. Trib., 2001, I, 529, ss.

450 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 26 febbraio 1997, ricorso n. 25083/94 Guido Ferretti c. Italie; Corte Edu,

Grande sezione, 12 luglio 2001, ricorso n. 44759/98 Ferrazzini c. Italia, nella quale è stato precisato che “la materia

fiscale rientra ancora nell’ambito delle prerogative del potere di imperio , poiché rimane predominante la natura

pubblica del rapporto tra il contribuente e la collettività”. In senso analogo si mosse anche la Corte di Giustizia con la

sentenza del 7 gennaio 2004, cause riunite C-204/00 P, C-205/00 P, C-211/00P, C-213/00 P, C-217/00 P e C218/00P,

caso Aalborg, Portland A/S e a. c. Commissione delle Comunità europee, p. 70 affermando che “il rispetto del principio

del contraddittorio come quello delle altre garanzie processuali sancite dall’art.6, n. 1 della CEDU riguarda solo il

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originarie posizioni fondate sull’analisi letterale dell’art. 6 della CEDU e ha affermato

l’invocabilità dei principi del fair proceeding nel corso del procedimento tributario. Con il

caso Ravon451

, la Corte di Strasburgo, pur riconoscendo che la potestà impositiva rimane

espressione della sovranità statuale, ha riconosciuto che le garanzie dell’art. 6 non

riguardano solo la fase processuale strettamente intesa, ma devono valere anche nel corso

del procedimento tributario.

Attualmente, l’art. 6, par. 3, Trattato sull’Unione Europea (“TUE”) sancisce che “I diritti

fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo

e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati

membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”. Il richiamo alle

tradizioni costituzionali deve essere letto quale rinvio alla giurisprudenza europea e ai

principi comuni a tutti gli Stati. Ne deriva che nel rivolgere una richiesta di informazioni a

un altro Stato membro le amministrazioni finanziarie attuano il diritto dell’Unione in base

all’art. 51, par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea452

e sono tenute a

rispettare il principio giuridico del rispetto dei diritti di difesa.

5.2.1. Il principio del contraddittorio: la “lesività” dell’atto

L’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, intitolato “Diritto ad una

buona amministrazione” prevede che ogni inviduo abbia diritto ad ascoltato prima che nei

suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio. La

Corte di Giustizia dell’Unione, in maniera similare, stauisce che: “ogniqualvolta

l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso

procedimento giurisdizionale dinanzi ad un tribunale, senza implicare alcun principio generale ed astratto, secondo cui

le parti devono avere in ogni caso la facoltà di assistere ai colloqui svolti o di ricevere comunicazione di tutti i

documenti presi in considerazione che coinvolgono altri soggetti. Il richiamo è alla Corte europea dei diritti dell’uomo,

sentenza 19 luglio 1995, Kerojärvi/Finlandia, serie A, n. 322, p. 42 e 18 marzo 1997, Mantovanelli/Francia, Recueil des

arrêts et décisions, 1997-II, par. 33. Di pari opinione anche avvocato generale Kokott, cit., conclusioni al caso Sabou,

che al punto 54 si riferisce all’applicabilità a “judicial and quasi judicial proceedings”.

451 Corte Edu, sez. III, 21 febbraio 2008, ricorso n. 18497/03, Affaire Ravon et autres c. France. La decisione è tradotta

in italiano su Riv. Dir. Trib., 2008, IV, p. 181 e ss. con nota di S. MULEO, L’applicazione dell’art. 6 CEDU anche

all’istruttoria tributaria a seguito della sentenza del 21 febbraio 2008 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel

caso “RAvon e altri c. Francia” e le ricadute sullo schema processuale vigente, p. 198.

452 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea 2012/C 326/02 pubblicata nel Gazzetta ufficiale n. 326 del

26/10/2012, p. 391-407. In base all’art. 51, par. 1, le disposizioni della Carta si applicano alle istituzioni, organi e

organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente

nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne

promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto del limite delle competenze conferite

all’Unione nei trattati. Come affermato nella sentenza Akeberg Fransson, cit., par. 19-22 e ripreso dall’Avvocato

Kokott, conclusioni al caso Sabou, par. 38 e 39, l’art.51 par. 1 della Carta non è che la codificazione dei presupposti

valevoli da tempo per l’applicazione dei principi generali del diritto.

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lesivo (…), i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono

essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli

elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione”453

. La Corte di

Giustizia, sebbene riconosca la tutela giurisdizionale effettiva quale principio generale di

diritto dell’Unione derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri,

interpreta che la piena garanzia del diritto al contraddittorio si esplichi al ricorrere di

determinate condizioni.

Preliminarmente, occorre precisare che il diritto ad essere ascoltati sussiste non in

relazione a tutte le decisioni amministrative ma solo per quelle che possono avere

un’incidenza negativa454

. Tale tutela è garantita solo nel caso di atti “lesivi”, ovvero in caso

di emissione di provvedimenti individuali che incidono sensibilmente sugli interessi di una

persona. Analoga disposizione non è prevista nel caso di un procedimento di elaborazione

degli atti a portata generale, quale il regolamento che è obbligatorio in tutti i suoi elementi e

direttamente applicabile in tutti gli Stati membri455

.

Il requisito della attitudine a cagionare pregiudizio sarebbe inoltre assente nel corso

di una fase istruttoria di raccolta di informazioni ai fini di un accertamento. La Corte di

giustizia nel caso Sabou456

ha concluso che “l’amministrazione, quando procede alla

raccolta di informazioni, non è tenuta ad informare il contribuente né a conoscere il suo

punto di vista”457

. In precedenza, parimenti, la Corte di Giustizia458

aveva, seppur in

453 Corte di Giustizia, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino e a., punto 30 con nota di A.

MARCHESELLI, Il contraddittorio va sempre applicato, ma la sua omissione non può eccepirsi in modo pretestuoso, in

Corr. Trib., 2014, 2536 e ss. Tale principio è stato espresso con analoghe formulazioni dalla Corte in innumerevoli

pronunce che hanno ribadito il ruolo centrale della garanzia in ambiti molto diversi: tra le altre, dalla sentenza del 4

luglio 1963, causa C-32/62, Alvis, punto 1 A, in tema di licenziamento disciplinare di un dipendente pubblico

comunitario all’ambito tributario; in materia di accise, con la sentenza del 12 dicembre 2002, causa C-395/00, Cipriani,

p. 51. In entrambe le sentenze è messa in evidenza l’importanza di formulare osservazioni prima dell’emissione di un

atto che pregiudichi in maniera sensibile gli interessi del destinatario.

454 Conclusioni avvocato generale Kokott al caso Sabou punto 50 richiamando alla sentenza della Corte di Giustizia del

24 ottobre 1996, C-32/95, Racc.p. I-5373, Commissione c. Lisrestal e a., p. 22. Per la sussistenza di un diritto al

contraddittorio sono determinanti in ultima analisi gli effetti che la decisione dispiega per la persona interessata (p. di

risultato).

455 Corte di Giustizia, sentenza del 17 marzo 2011, causa C-221/09, caso AJD Tuna, par. 49-54.

456 Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, Sabou v The Czech Republic. La decisione della Corte segue la

richiesta di un calciatore professionista (il signor Sabou) residente nella Repubblica ceca di verificare se, in base alla

normativa europea un contribuente ha il diritto di conoscere della decisione di un’autorità fiscale di intraprendere una

richiesta di informazioni ad un altro Stato membro ovvero di intervenire in tale giudizio.

457 Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, Sabou v The Czech Republic, cit., punto 41.

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riferimento alla procedura di accertamento volta a vegliare sull’osservanza delle norme in

materia di concorrenza, aveva affermato che il diritto di essere sentiti prima dell’adozione di

un atto lesivo si iscrive essenzialmente nell’ambito dei procedimenti giudiziari o

amministrativi volti a far cessare un’infrazione o a contestare un’incompatibilità con norme

di legge. Nel caso di un procedimento459

che ha lo scopo “di consentire alla Commissione di

raccogliere la documentazione necessaria per accertare la verità e la portata di una

determinata situazione di fatto o di diritto”, l’adozione di un atto che possa incidere gli

interessi di una persona è solo eventuale e subordinato alla circostanza che la Commissione

ritenga che gli elementi di valutazione così riuniti giustifichino tale provvedimento.

Il caso Sabou è la prima decisione in cui la Corte di Giustizia affronta la tematica del diritto

di difesa del contribuente nell’ambito delle procedure di cooperazione amministrativa460

. In

tale sede, la Corte distingue “nell’ambito dei procedimenti di controllo fiscale, la fase di

indagine (o fase istruttoria) nel corso della quale vengono raccolte le informazioni (…),

dalla fase contraddittoria (o fase di contenzioso), tra l’amministrazione fiscale e il

contribuente cui essa si rivolge, la quale inizia con l’invio a quest’ultimo di una proposta di

rettifica”461

.

Secondo i giudici comunitari, l’obbligatorietà del contraddittorio non sarebbe richiesta dal

diritto dell’Unione se non al termine delle indagini. La raccolta e l’elaborazione dei dati,

infatti, non necessariamente conduce ad un avviso di accertamento idoneo a produrre effetti

giuridici determinanti nei confronti del soggetto passivo. Tale evenienza, difatti, può anche

non verificarsi nel momento in cui si riscontrasse, ad esempio, che il soggetto passivo ha

correttamente sottoposto a tassazione i propri redditi. Tale affermazione è tanto più vera nel

caso dello scambio automatico ove i dati vengono trasmessi in forma sistematica e non si

prevede a priori, ovvero prima della trasmissione dei dati all’altro Stato, un’analisi basata su

indici di rischiosità relativa a comportamenti potenzialmente evasivi462

.

458 Corte di Giustizia, 26 giugno1980, causa C-136/79, National Panasonic Uk c. Commissione delle Comunità

Europee, punto 21.

459 Trattasi di atti di esercizio dei poteri istruttori accertativi di cui all’art. 14, n. 3 del regolamento CEE n. 17 del 6

febbraio 1962 in materia di applicazione delle regole della concorrenza e abrogato nel 2003.

460 Con la sentenza C-420/98, W.N. v. Staatssecretaris van Financien del 13 aprile 2000, la Corte di era pronunciata

sulle condizioni relative all’applicazione dello scambio automatico di informazioni disciplinato dalla Direttiva

77/799/EEC ma non sulla tematica del diritto di difesa.

461 Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276/12, Sabou v The Czech Republic, punto 40.

462 Unico caso di esclusione è previsto nell’ambito dello scambio dei dati finanziari: per alcuni tipi di contribuenti e

istituzioni finanziarie a basso rischio non si prevede l’invio di informazioni.

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122

Il diritto ad essere ascoltati, ritenuto principio immanente del diritto dell’Unione463

, non è

ritenuto obbligatorio in una fase prodromica all’accertamento464

, ma è rimandato

formalmente al termine della procedura amministrativa istruttoria. Nelle proprie

conclusioni465

inerenti il caso Sabou, l’Avvocato generale Kokott, identifica ulteriori

motivazioni in base alle quali la necessità del rispetto del diritto ad essere ascoltati è esclusa

nella fase istruttoria. Riprendendo la posizione dell’Avvocato Bot nella causa “M.”466

,

l’avvocato Kokott indica che tale diritto di difesa ha un duplice ordine di funzioni: la

preparazione di una decisione fondata e la tutela dell’interessato. In merito a tali

considerazioni, l’Avvocato Generale precisa che la fase istruttoria può svolgersi senza

intervento del contribuente in quanto comunque i suoi risultati sono destinati ad essere

ponderati nella fase del contraddittorio che deve avvenire al termine della procedura

istruttoria prima che la decisione finale sia stata adottata dall’autorità competente467

. Inoltre,

qualora, “un interessato avesse il diritto di essere ascoltato prima di ogni singolo atto

istruttorio di un’autorità amministrativa, l’onere collegato a questo atto costituirebbe

piuttosto un ostacolo alla preparazione di una decisione fondata senza alcun significativo

incremento della tutela dell’interessato”468

. La dottrina469

ha, tuttavia correttamente

463 Corte di Giustizia, 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé – Organizações de Calçado Lda contro Fazenda

Pùblica, par. 38. I giudici europei hanno stabilito che il rispetto dei diritti di difesa del destinatario di un atto

potenzialmente lesivo deve essere garantito dagli Stati membri quand’anche la normativa comunitaria applicabile non

preveda espressamente siffatta formalità. In questo senso anche la sentenza Kamino, cit., p. 31.

464 Corte di Giustizia, 22 ottobre 2013, causa C-276-12, Sabou, par. 41 e 45. La Corte, al punto 45, reputa che

“l’amministrazione quando procede alla raccolta di informazioni non è tenuta a informare il contribuente né a

conoscere il suo punto di vista” e sarà sempre possibile per uno Stato membro “estendere il diritto al contraddittorio ad

altri momenti della fase di indagine”.

465 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate 6 giugno 2013, Causa 276/12, par. 50-53.

466 L’avvocato Generale Kokott richiama alle conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot il 26 aprile 2012, M.

causa C-277/11, paragrafi 35 e ss.

467 Sull’esistenza di eccezioni al diritto ad essere ascoltati nel caso che il riconoscimento del diritto in questione possa

implicare il fallimento dello scopo del provvedimento amministrativo, si vedano le Conclusioni dell’avvocato generale

Warner presentate il 30/4/1980, causa C-136/79, p. 2068 National Panasonic contro Commissione. In tal caso, lo scopo

della decisione di procedere all’accertamento senza preavviso era quello di prevenire l’eventuale distruzione o

dissimulazione di documenti rilevanti. Questa restrizione del diritto di essere ascoltati è stata anche riconosciuta dalla

Corte nella sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation contro Consiglio e

Commissione, causa C-402/05 e C-415/05, Racc., p- I-6351, punti 338 e ss, riguardante casi di sicurezza internazionale

derivanti da atti terroristici. Sotto questo profilo la Repubblica francese ha correttamente evidenziato, sostitene

l’avvocato generale Kokott, nelle conclusioni al caso Sabou, punto 61, che le informazioni fornite dal soggetto passivo

in merito ad una richiesta di informazioni possono essere tali da implicare il fallimento dello scopo del provvedimento

amministrativo e/o da poter mettere in dubbio il valore di talune informazioni in quanto, ad esempio, i testimoni

potrebbero essere influenzati nella loro deposizione.

468 Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate 6 giugno 2013, Causa 276/12, par. 57.

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123

affermato che una tutela del contribuente differita rispetto all’emissione o alla notificazione

dell’avviso di accertamento non è indifferente in termini di onerosità a danno del

contribuente. Si pensi ad esempio agli effetti del danno che può produrre nella sfera

giuridica del destinatario una notifica di un atto che pur non avendo efficacia lesiva,

comunque, comporta la necessità di rivolgersi ad un professionista per verificarne e

comprenderne la natura470

. D’altra parte il coinvolgimento del contribuente nella fase

istruttoria potrebbe, inoltre, compromettere l’esito delle indagini471

.

Del resto, come già precedentemente affermato nella sentenza Twoh International472

, i

giudici comunitari interpretano che la Direttiva 77/799/CEE, concepita per combattere

l’evasione e l’elusione fiscale internazionale, fu adottata allo scopo di disciplinare la

collaborazione tra le autorità tributarie degli Stati membri non conferendo diritti ai

469 A. MARCHESELLI, Lo statuto del contribuente: condivisione dei principi comunitari e nazionali, riflessi sulla validità

per gli atti, in Dir. Prat. Trib., 2011, n. 82, 3, pp. 521-534; S. MULEO, Contributo allo studio del sistema probatorio nel

procedimento di accertamento, 2001, Giappichelli ed., p. 281. Una tutela differita, inoltre, renderebbe difficoltoso far

valere in giudizio eventuali vizi afferenti il procedimento istruttorio, a maggior ragione se riguardanti irregolarità

svoltesi all’estero.

470 Corte di Cassazione, sezione tributaria, 26 febbraio 2009, n. 4622.

471 Conclusioni Avvocato generale Kokott, caso Sabou, cit., par. 61. La stessa direttiva 77/799/CEE all’art. 2, par. 1,

con riferimento allo scambio su richiesta, rammentava il fatto che l’assistenza transfrontaliera poteva essere attivata

anche qualora non fossero state esaurite le abituali fonti di informazioni interne se questo avesse comportato mettere in

pericolo i risultati dell’inchiesta. L’art. 2, par. 1 sanciva che “l’autorità competente dello Stato cui la richiesta di

informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato

richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per

ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta”. In dottrina: P. SELICATO, Scambio

di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente, in Rass. Trib., 2012, p. 351.

472 Corte di Giustizia, sez III, 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International, I, 7910, par. 31. Nel caso

specifico la Corte ritiene che le amministrazioni hanno la facoltà di chiedere informazioni alla competente autorità di un

altro Stato membro, ma che tale domanda, proposta come nel caso specifico, da un contribuente non costituisce un

obbligo per l’Amministrazione finanziaria né conferisce diritti ai singoli. Il fatto che la direttiva sulla reciproca

assistenza possa essere invocata da uno Stato per ottenere da altro Stato tutte le informazioni idonee a consentirgli di

determinare correttamente l’ammontare delle imposte non impedisce alle stesse autorità interessate ad esigere dal

contribuente stesso le prove che esse ritengano necessarie per valutare la corretta tassazione (par. 35).

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124

singoli473

. Tale orientamento è stato condiviso recentemente anche dall’Avvocato Generale

Wathelet nelle Conclusioni al caso Berlioz474

.

Le autorità di ciascuno Stato membro devono fare in modo che sia osservato il diritto di

essere ascoltati anche se tale diritto non ha disciplinato in maniera espressa tale

procedura475

. Tuttavia, prosegue la Corte nel caso Sabou al punto 44, il rispetto dei diritti

della difesa non esige la partecipazione di quest’ultimo alla richiesta di informazioni

inoltrata da uno Stato membro all’altro.

L’obbligo di coinvolgimento del contribuente non sarebbe parimenti richiesto dalla CEDU

come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che non ha ravvisato nella

mancata comunicazione al contribuente una lesione del diritto al rispetto della vita privata e

familiare, di cui all’art. 8476

.

Tanto premesso, occorre precisare che i principi generali del diritto dell’Unione e della

Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea477

operano solo come uno standard

473 In dottrina segue questa tesi: R. CASTIGLIONE, Cooperazione tra autorità fiscali, accertamento tributario e garanzie

del contribuente, in Giustizia tributaria, 2009, p. 295, secondo la quale i limiti che regolano la cooperazione sono limiti

potestativi con ampio spazio discrezionale per la regolamentazione interna, conseguentemente il contribuente potrà

opporsi alla procedura soltanto nei limiti in cui almento uno dei Paesi coinvolti preveda delle forma di tutela all’interno

della propria legislazione. B.J.M. TERRA, P. WATTEL, European Tax Law, p. 676 ritengono invece che che taluni

obblighi, come quello di segretezza, siano provvisti di effetto diretto e quindi idoneo a creare diritti ed obblighi

direttamente in capo ai singoli

474Conclusioni dell’Avvocato Generale Melchior Wathelet presentate il 10 gennaio 2017, causa C-682/15, Berlioz

Investment Fund SA contro Directeur de l’administration des Contributions directes, punti 79 e 108.

475 Corte di Giustizia, caso Sabou, cit. p. 38.

476 Corte EDU, nell’applicazione n. 75292/10, Othymia Investments BV v. The Netherlands, applicazione del 16 giugno

2015 punto 44, in un caso di richiesta di informazioni inoltrata dall’autorità spagnola a quella olandese nell’ambito

della direttiva n. 77/799/CEE, ha stabilito che non vi era alcun obbligo discendente dall’art. 8 della CEDU, pur

ammettendo che le investigazioni tributarie possano impattare nel godimento dei diritti ivi disciplinati, di una

notificazione preventiva al contribuente in caso di scambio di informazioni.

477 A questo proposito, occorre notare che la Corte di Giustizia nel caso Sabou, nel par. 25, ha concluso che la Carta

Europea non fosse applicabile al caso concreto ratione temporis, in quanto essendo stata giuridicizzata con il Trattato di

Lisbona con decorrenza dal 1 dicembre 2009 e che, pertanto, non poteva essere invocata per richieste di informazioni

presentate ed evase prima di tale data. Tale considerazione sembra alquanto debole poiché tali disposizioni normative

sono state dichiarate e non create in quanto già esistenti anche perché la Carta di Nizza si ispira alla CEDU e recepisce

gran parte dei principi costituzionali degli Stati membri. Nel caso Ravon infatti, Corte Edu, sez. III, 21 febbraio 2008,

ricorso n. 18497/03, Affaire Ravon et Autres c. France, la Corte stabilì che le disposizioni interne per non entrare in

contrasto con l’art. 6 Cedu devono permettere al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa anche a fronte di

una verifica fiscale antecedente alla formale emissione dell’avviso di accertamento. Per un approfondimento: S.

MULEO, L’applicazione dell’art. 6 CEDU anche all’istruttoria tributaria a seguito della sentenza del 21 febbraio 2008

della Corte Euroepa dei Diritti dell’Uomo nel caso “Ravon e altri c. Francia” e le ricadute sullo schema processuale

vigente in Riv. Dir. trib., 2008, IV, 198. In ogni caso , la Corte rileva che dette considerazioni non sarebbero state di

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minimo di protezione e che gli Stati Membri possono estendere il diritto di essere ascoltati

anche alla fase istruttoria coinvolgendo il contribuente della fase di raccolta di informazioni

oppure nell’esame per testimoni ma che tale opportunità rimane una facoltà degli Stati

membri essendo le procedure amministrative di competenza dei singoli Stati. In

conclusione, la normativa europea non preclude, in linea di principio, che le disposizioni

domestiche possano estendere anche alla fase istruttoria il diritto dei contribuenti ad essere

coinvolti nelle procedure di scambio. Questa considerazione, tuttavia, apre ad un’ulteriore

conseguente problematica in merito ad una tutela effettiva e omogenea del contribuente

coinvolto in uno scambio di informazioni comunitario a causa della possibili molteplicità e

differenza di meccanismi di tutela previsti all’interno dell’Unione.

5.2.2. Autonomia procedurale: problemi in merito ad una tutela effettiva

Come visto, la cooperazione in ambito internazionale è quell’attività posta in essere

dall’autorità competente di uno Stato con mezzi e procedure di stampo amministrativo

“autonome” al fine di consentire ad altro Stato il perseguimento di finalità fiscali478

. La

scelta di tali mezzi è attuata, come precisato anche dalla Corte di Giustizia, caso Sabou, par.

45 e 46 della sentenza, lasciando gli Stati membri liberi di organizzare tali modalità

procedurali con strumenti e regole interne. La Corte di Giustizia ha precisato che le

condizioni con le quali è garantito il rispetto dei diritti della difesa rientrano nella sfera del

diritto nazionale, purché i provvedimenti adottati in tal senso siano dello stesso genere di

quelli di cui beneficiano i singoli in situazioni di diritto nazionale comparabili (principio di

equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei

diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività)479

. In

pratica, tuttavia, la Corte di Giustizia, prendendo atto della molteplicità degli ordinamenti e

del principio di autonomia procedurale ha salvaguardato il principio di effettività e non

discriminazione nei confronti di contribuenti sottoposti ad accertamenti con procedure

istruttorie svoltesi nell’ambito nazionale, ma nulla ha disposto in merito a situazioni in cui

diversi ordinamenti sono coinvolti. Il principio di equivalenza sarebbe rispettato con

riferimento alle procedure applicabili all’interno di un singolo Stato, mentre laddove la fase

istruttoria coinvolga richieda la cooperazione amministrativa di un altro Stato,

aiuto al caso Sabou in quanto l’art. 41, par. 2a) della Carta risulta vincolante solo per le istituzioni e organizzazioni,

agenzie e uffici dell’Unione Europea e non è applicabile alle autorità degli Stati membri come sottolineato dalla

Commissione e dall’Avvocato generale Kokott nelle sue Conclusioni, Sabou (C-276/12) paragrafo 32, citano anche la

sentenza della Corte di Giustizia del 21/11/2011 C-482/10, Cicala, p.28.

478 G. MARINO, La cooperazione internazionale in materia tributaria, tra mito e realtà, in Rassegna Tributaria, n. 2,

2010.

479 Corte di Giustizia cause riunite C 129 e 130-13, sentenza del 3/7/2014, casi Kamino International Logistics BV e

Datema Hellmann Worldwide Logistics BV, par. 82.

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l’equivalenza delle garanzie procedurali nei confronti di un contribuente non potrebbe

essere garantita. In quest’ultimo caso, difatti, i Paesi interessati applicano le procedure

proprie interne dettate dalle legislazioni nazionali che risulteranno in tutta probabilità

differenti tra loro e conseguentemente genereranno un sistema procedurale alquanto

disomogeneo. In altre parole, il sistema di mutua assistenza amministrativa, in assenza di un

quadro comunitario di riferimento, causerebbe una sorta di geopardizzazione del livello di

protezione con penalizzazione dei contribuenti residenti in quei Paesi che prevedono forme

di tutela più blande480

. La posizione della Corte che non ha stabilito criteri uniformi o

armonizzati di tutela è stata criticata da gran parte della dottrina481

, in quanto è stato

evidenziato che, per effetto dello scambio di informazioni, la protezione e le tutele accordate

ai contribuenti potrebbero subire delle limitazioni e condurre a situazioni in base alle quali

un soggetto sia sottoposto a una tutela meno incisiva di quella che avrebbe avuto se la

procedura istruttoria fosse stata attuata interamente nello Stato di residenza. Questa

considerazione, inoltre, implica che un contribuente per poter esercitare un pieno diritto di

difesa nei confronti di un avviso di accertamento fondato su dati che sono stati raccolti e

trasmessi da un altro Stato membro sulla base della propria normativa interna, dovrebbe

essere in grado di valutare e contestarne l’accuratezza o il valore probatorio e, in pratica, di

conoscere anche la normativa dell’altro Stato coinvolto. La dottrina ritiene che la Corte di

Giustizia avrebbe dovuto spingersi nel considerare la protezione di tali diritti secondo un

quadro normativa europeo comune482

, garantendo la possibilità al contribuente di verificare

la correttezza delle informazioni in maniera non discriminatoria483

. Ci si potrebbe, dunque,

chiedere se il principio di autonomia procedurale, rimesso alla disciplina nazionale, pur in

ottemperanza ai principi di effettività e equivalenza, nell’accezione sopra indicata,

garantisca una tutela adeguata delle situazioni soggettive, conformemente alle norme

480 P. MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p. 378; A. P. DOURADO, “Exchange of

information and validity of global standars in tax Law: abstractionism and expressionism or where the truth lies”, EUI

Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS 2013/11.

481 J.M. CALDERÓN CARRERO, A. QUINTAS SEARA, “The taxpayer’s right of defence in cross-border exchange of

information procedures”, in Bulletin for international taxation, 2014; G. MARINO, Indagini tributarie e cooperazione

internazionale, in Corr. Trib. 2009, 44, 3600-3607; F. PITRONE, Lo scambio di informazioni e la direttiva 2011/16/UE

in materia di cooperazione amministrativa: innovazioni e profili critici, in Diritto e Pratica tributaria internazionale, 2,

2012, p. 463-489.

482 Nonostante le raccomandazioni e gli standard internazionali di trasparenza e di scambio di informazioni emanate dal

Global Tax Forum abbiano contribuito a creare un livello di omogeneità dei poteri amministrativi legati ad esempio

all’accesso di informazioni relativamente ai beneficiari effettivi di conti e altre attività finanziarie, tuttavia, la tutela del

contribuente è un aspetto che sia a livello internazionale che comunitario nonè stato oggetto di garanzie specifiche.

483 J.M. CALDERÓN CARRERO, A. QUINTAS SEARA, “The taxpayer’s right of defence in cross-border exchange of

information procedures”, in Bulletin for International Taxation, 2014.

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127

comunitarie484

. Di certo, il contribuente si trova a fronteggiare una situazione più complessa

di quella che avrebbe subito nel caso in cui le informazioni rilevassero unicamente in

ambito domestico, in quanto lo stesso si troverebbe a dover analizzare i diritti e gli obblighi

afferenti ad almeno due differenti giurisdizioni fiscali, quella dello Stato richiedente e quella

dello Stato richiesto, le quali non sono né armonizzate né coordinate nell’ambito delle

procedure di assistenza amministrativa in ambito europeo. Una problematica similare è stata

oggetto di analisi da parte delle Corti italiane. La giurisprudenza485

italiana si è trovata più

volte a pronunciarsi sulla notifica di una cartella esattoriale effettuata dall’amministrazione

italiana nell’interesse e per conto dell’amministrazione tedesca volta a consentire la

procedura di riscossione di un debito tributario di competenza di tale ultimo paese.

L’orientamento giurisprudenziale italiano sull’argomento concorda nel ritenere che un atto

amministrativo regolato da legge italiana ed emesso in Italia da un’autorità ivi residente è

impugnabile davanti al giudice italiano non essendo concepibile l’impugnazione davanti al

giudice tedesco486

. La validità degli atti concerne esclusivamente l’ordinamento nel quale

vengono posti in essere, sarebbe, pertanto, precluso al giudice italiano qualificare invalido

un atto in base a norme appartenenti ad ordinamenti stranieri487

. Il privato si troverebbe,

come evidenziato da parte della dottrina, a raffrontarsi con una disciplina interna e con

mezzi di tutela domestici, non essendo nessuna azione spettante al soggetto leso dinanzi al

giudice in cui l’illecito è stato compiuto488

.

Il ricorso avverso l’atto amministrativo italiano va effettuato solo per vizi propri; mentre le

contestazioni effettuate nel merito della pretesa tributaria rappresentano materia sottratta

alla giurisdizione italiana. Tale interpretazione, mutatis mutandis, trasportata nell’ipotesi

dello scambio di informazioni, appare conforme con quanto indicato dalla Corte di Giustizia

484 A. ADINOLFI, La tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive individuali conferite dal diritto

comunitario, contributo alla XXXIII tavola Rotonda di diritto comunitario – Milano, 24 novembre 2000, L’influenza

del diritto comunitario sul diritto processuale interno, in Il diritto dell’Unione Europea, 2001, n. 1, p. 42.

485 Cassazione civ., sez. V, sentenza del 28 marzo 2014, n. 7328; Cassazione civ., Sez V, sentenza, 11 novembre 2011,

n. 23597; Cassazione civ., sez. unite, sentenza 23 aprile 2009, n. 9671; Cassazione, sez. unite, 17 gennaio 2006, n.760.

La giurisprudenza ritiene che spetta all’autorità dello stato in cui è sorta l’obbligazione tributaria il compito di

accertarne la sussistenza e di formare atti impositivi e il titolo esecutivo secondo le leggi vigenti in quell’ordinamento,

mentre compete all’autorità dello Stato che effettua la riscossione il compito di gestire gli atti riferiti a tale fase

esecutiva, compresa la lite relativa alle eventuali illegittimità che in tale fase si sono verificate.

486 Cassazione, sez. unite, 17 gennaio 200, n.760.

487 Sul tema di veda: A.P. DOURADO, Exchange of information and validity of global standards in tax Law:

Abstractionism and expressionism or where the truth lies, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced

Studious, RSCAS 2013/11. In Italia si veda la citata giurisprudenza, tra cui, Cass., Sez. Un. 17/1/2006, n. 760.

488 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, pp. 49-58.

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nella sentenza Sabou. La perplessità che permane è relativa al fatto che, nelle ipotesi di

riscossione, il contribuente può opporsi nella sede giurisdizionale di ciascuno Stato

competente alla procedura di emissione del relativo atto; nel caso dello scambio di

informazioni, eventuali irregolarità procedurali, essendo inerenti ad una fase istruttoria

eseguita e regolata da norme domestiche489

non potranno in linea di principio essere fatte

valere se non nella sede giurisdizionale dello Stato che ha emesso l’avviso di accertamento.

Tale conclusione non è contraddetta dalle Conclusioni dell’Avvocato Generale Wathelet al

caso Berlioz nelle quali si sottolinea che al giudice chiamato a decidere in merito al rifiuto

di un soggetto di fornire all’autorità fiscale di residenza i dati richiesti da un’altra

amministrazione fiscale non compete un’analisi del contesto giuridico e di fatto esistente

nello Stato che ha avanzato la richiesta di informazioni490

. Il frazionamento, inoltre, della

regolamentazione dei diritti procedurali garantiti al contribuente, attribuita in questo modo

agli Stati membri coinvolti nel procedimento di assistenza amministrativa (i.e in fase

istruttoria, notificatoria degli atti tributari o anche riscossiva) comporterebbe che il

contribuente potrebbe essere tenuto a difendersi in due o più ordinamenti491

.

In ambito internazionale, l’analisi di alcuni casi giurisprudenziali statunitensi mostra

parimenti che il giudice di uno Stato non ha competenza a conoscere la normativa interna

del Paese richiedente, pertanto, l’operato dell’amministrazione finanziaria dello Stato

richiesto sarà considerato legittimo se le indagini istruttorie sono state eseguite

ottemperando la richiesta dell’altro Stato contraente e rispettando le disposizioni procedurali

domestiche. Nel caso Mazurek492

, l’autorità fiscale statunitense, rispondendo a una richiesta

di informazioni dell’autorità fiscale francese, intraprese le attività istruttorie necessarie per

le indagini finanziarie nei confronti del sig. Mazurek. Quest’ultimo si oppose a tale

provvedimento adducendo che dette indagini non potevano essere autorizzate in quanto, per

il periodo d’imposta cui le informazioni si riferivano, la residenza fiscale in Francia dello

stesso non era stata ancora accertata. La corte statunitense, tuttavia, sancì che, anche se la

legge francese richiedeva all’amministrazione fiscale interna di sospendere la propria

489 Come si seguito precisato, occorre sottolineare che la fase istruttoria, considerata nello scambio automatico, non si

traduce in un atto autonomamente impugnabile.

490 Conclusioni dell’Avvocato Generale Melchior Wathelet presentate il 10 gennaio 2017, causa C-682/15, Berlioz

Investment Fund SA contro Directeur de l’administration des Contributions directes, punto 105 nel quale l’Avvocato

Generale afferma: “Imporre un esame giuridico dettagliato al giudice dello Stato interpellato presupporrebbe una

conoscenza approfondita del contesto di fatto e giuridico esistente nello Stato richiedente che non può essegli imposta e

non potrebbe peraltro neppure essere realizzata”.

491 P. MASTELLONE, “L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali”, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p.391.

492 Corte d’Appello degli Stati Uniti, Quinto Circuito, 7 novembre 2001, n. 00-31430, Zbigniew Emilian Mazurek,

plaintiff- appellant, v. United Stated of America, Defendant –appellee.

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attività istruttoria in pendenza di giudizio circa la determinazione della residenza fiscale di

un individuo, non vi era alcun elemento per ritenere che la richiesta di informazioni

avanzata dalla autorità francese non avesse uno scopo legittimo, consistente nella corretta

determinazione degli obblighi tributari del sig. Mazurek493

. Conseguentemente, non vi era

alcun motivo di dubitare della buona fede dell’operato dell’autorità fiscale americana (c.d.

“IRS”) nell’ottemperare il dovere di scambiare le informazioni imposto dalla Convenzione

bilaterale. In ossequio, infatti, alla disciplina interna americana ed, in particolare, al rispetto

dei cosiddetti “criteri Powell”494

, la legittimità di un procedimento amministrativo è valutata

con riferimento alla buona fede dell’IRS senza tuttavia che la stessa sia tenuta a entrare nel

merito della legittimità della richiesta inoltrata dall’altro Stato contraente495

.

Analogamente in un altro caso americano, la Corte distrettuale dell’Arizona496

, stabilì la

correttezza dell’operato dell’IRS nel caso di una richiesta di scambio di informazioni

proveniente dall’autorità fiscale messicana circa le consistenze finanziarie di un proprio

cittadino, nonostante l’intervenuta decadenza dei termini accertativi in detto Stato. Anche in

questo caso, i giudici statunitensi sancirono che non spetta all’autorità fiscale del Paese

richiesto verificare le condizioni di legittimità interne alla giurisdizione richiedente, e che

l’operato dell’IRS deve essere considerato legittimo in quanto svoltosi in ossequio alla

Convenzione bilaterale, in buona fede e perseguendo un fine legittimo, rispettando, in altre

parole, i criteri Powell in vigore negli Stati Uniti497

.

493 Caso Mazurek: punto B.1: “Therefore, even if French law requires the FTA (French Tax Administration) to suspend

its investigation pending resolution of the residency appeal, there is no indication that the FTA’s purpose is not

legitimate in any way”.

494 Detti criteri sono stati identificati con la sentenza della Suprema Corte degli Stati Uniti, 23 novembre 1964, Stati

Uniti contro Powell, 379 U.S. 48, 57-58, 14 AFTR2d 5942 (1964). In base ad essi: un procedimento istruttorio di

carattere amministrativo è considerato legittimo quando: i) le investigazioni sono condotte perseguendo un fine

legittimo; ii) l’istruttoria è rilevante a predetto fine iii) l’informazione non è già in possesso dell’amministrazione

finanziaria statunitense; iv) l’istruttoria è stata condotta rispettando tutti i passi previsti dalla normativa amministrativa.

495 A.P. DOURADO, “Exchange of information and validity of global standards in tax Law: Abstractionism and

expressionism or where the truth lies”, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS

2013/11, p. 13.

496 US District Court for District of Arizona, 5 dicembre 2000, Docket n. CIV 00-281, 86, AFTR 2d 2000-7356,

Francisco Alatorre Urtuzuastegui v. U.S.

497 Nel caso United States District Court for the Districts of Arizona, 10 febbraio 2015, n. CV99-01794_PHX-JAT,

Aloe Vera of America Inc v. United States, invece, l’operato dell’IRS fu condannato. Secondo la ricostruzione, l’IRS e

l’autorità fiscale giapponese compirono alcune verifiche simultanee nei confronti di un contribuente; tuttavia alcuni dati

specifici delle investigazioni condotte apparvero pubblicate su alcuni giornali giapponesi insieme ad alcuni elementi

speculativi. A seguito di queste notizie, l’IRS decise di sospendere lo scambio di informazioni con il Giappone e il

contribuente giapponese citò in giudizio l’IRS per aver trasmesso informazioni non veritiere ma basate su speculazioni.

La Corte condannò l’IRS ai danni sebbene in forma molto limitata (1000 dollari per ciascuno dei ricorrenti)perchè non

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130

Il diritto internazionale tributario non stabilisce quali possano essere i criteri per definire un

fine come illegittimo, tuttavia, si ritiene esemplificativo l’orientamento della Corte

Permanente di Arbitrato498

, supportato da parte della dottrina499

, che ha negato la validità

dello scambio di informazioni sul presupposto che i dati trasmessi sarebbero stati utilizzati,

nel caso considerato dalla Corte, per persecuzione politica500

. Di conseguenza, sebbene

dall’esame effettuato, sembrerebbero molto limitate le possibilità (finalità illegittime,

persecuzioni razziali) in base alle quali un contribuente possa opporsi o essere tutelato

nell’ambito dell’attività istruttoria svoltasi nello Stato richiesto, parte della dottrina501

ritiene, in base alla lettura della citata sentenza Ravon contro Francia della Corte EDU, che,

se durante la fase di indagine dovesse verificarsi una violazione dei diritti protetti dalla

CEDU, dovrebbe essere garantito al contribuente il diritto a ricorrere. In altre parole il

fu dimostrato il danno subito dal contribuente a seguito della pubblicazione sui media giapponesi delle notizie non

veritiere circa le proprie obbligazioni tributarie.

498 Corte Permanente di Arbitrato, caso n. AA227 Final Award del 18 luglio 2014, Yukos Universal Limited (isle of

Man) v. The Russian Federation, dove la Corte ritenne, al par. 756, che: “the primary objective of the Russan

Federation was not to collect taxes but to bankrupt Yukos and appropriate its valuable assets” con traduzione libera: “il

fine perseguito dalla Federazione Russa non era tanto quello di attuare una procedure di riscossione tributaria quando di

portare Yukos alla bancarotta e all’appropriazione dei suoi ingenti capitali”.

499 A.P. DOURADO, “Exchange of information and validity of global standars in tax Law: Abstractionism and

expressionism or where the truth lies”, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS

2013/11, p. 13; S.B. COHEN, Does Switzerland’s Tax Haven for Offshore accounts violate internationally recognised

human rights?, (2013), Georgetown Law Faculty Publications and Other Works, Paper 1242. L’autore sostiene che

sebbene nessun trattato faccia riferimento ai diritti umani, non vi è dubbio che la mancanza di un’equa imposizione

abbia degli effetti anche sugli effetti redistributivi del redditi e quindi sull’equità. Secondo l’autore, tuttavia, la

Convenzione internazionale per i diritti dell’Uomo e del cittadino che fa generalmente riferimento agli atti compiuti da

uno Stato all’interno del proprio territorio, potrebbe essere considerata applicabile anche nel caso in cui l’operato di uno

Stato abbia effetti extraterritoriali. Per l’autore, quindi, si potrebbe sostenere la soluzione proprosta dall’Università di

Maastricht e dalla Convenzione internazionale dei giuristi in merito alla proposta di applicare i c.d. “Maastricht

Principles”: “A State has obligations to respect, protect and fulfill economic rights recognized by ESC Covenant in…

situations over which State acts or omissions bring about foresseable effects on the enjoyment of economic, social and

cultural rights, whether within or outside its territory” and “in situations in which State is in a position to exercise

decisive influence or to take measures to realize economic, social cultural rights extraterritorially, in accordance with

intrnational law”. A questa estensione, tuttavia, Cohen contrappone l’esigenza di porre delle limitazioni allo scambio o

la creazione di un organo sopranazionale con funzioni di monitoraggio, qualora l’invio delle informazioni fosse

richiesto da un paese “brutal, oppressive and a systematic violator of basic human rights”.

500 Tribunale Federale Svizzero, 13 agosto 2007, IA.15/2007, p. 4 “l’ensemble de ces elements corrobore clairement le

soupcon selon lequel la procedure pénale serait en l’occurrence instrumentaliséè par le pouvoir en place, dans le but de

metre au pas la classe des riches “oligarches” et d’écarter des adversaries politiques potentiesls ou declares”.

Sull’argomento : A. P. DOURADO, Exchange of information and validity of global standars in tax Law: Abstractionism

and expressionism or where the truth lies, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious,

RSCAS 2013/11, p. 13.

501 A. GARCIA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit., p. 285.

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131

contribuente deve essere messo in condizione di proporre appello per richiedere

l’interruzione immediata dell’attività illecita e dannosa e di richiedere il risarcimento dei

danni all’amministrazione, indipendentemente dalla contestazione o dall’annullamento

dell’atto amministrativo finale, potenziale e successivo emesso in conseguenza di tale

attività. Il caso di specie, infatti, riguardava l’applicabilità dell’art. 6, par. 1 della CEDU a

controversie concernenti la legittimità di indagini condotte in locali adibiti a residenza del

contribuente e di sequestri contestati dai ricorrenti. In primo luogo la Corte riconobbe il

carattere civile del diritto al rispetto della propria abitazione; in secondo luogo, sancì

l’illiceità delle norme francesi nel punto in cui non permettevano ai cittadini di essere

ascoltati e di proporre ricorso in merito all’esame dei fatti posti alla base dell’autorizzazione

contestata. La possibilità di proporre ricorso alla Corte Suprema non fu considerato

elemento sufficiente a una tutela effettiva del contribuente, in quanto tale strumento non

consente l’esame dei fatti, ma solo delle questioni di diritto.

Nello specifico caso dello scambio automatico di informazioni, in realtà, il richiamo alla

possibilità di tutela dei diritti personali quali il diritto alla vita privata e familiare, del

proprio domicilio e della propria corrispondenza, come nel caso sopra citato, o anche nei

confronti di altre irregolarità istruttorie non sembra di possibile applicazione, perché in

questo caso le informazioni scambiate sono già disponibili su un database e sono acquisite

dalle amministrazioni finanziarie attraverso una mera raccolta di dati senza l’esercizio di

poteri specifici di indagine502

.

5.3. Caratteristiche del contraddittorio: la manifestazione “utile” del punto

di vista del contribuente Il rispetto dei diritti alla difesa implica che il contribuente sia stato messo in condizione di

manifestare utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi sui quali

l’amministrazione intende fondare la sua decisione e che quest’ultima esamini con

l’attenzione necessaria le osservazioni della persona o dell’impresa coinvolta503

. Dall’analisi

di alcune pronunce della Corte di Giustizia è possibile delineare cosa si intenda per

“utilmente”.

502 F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit., p. 305.

503 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 25; CGUE, sentenza del 17

dicembre 2015, causa C-419/14, Web Mind Licenses Kft, p. 84. In questo senso anche la sentenza C-276/12, Sabou,

punto 38.

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132

5.3.1 Un congruo termine temporale

Innanzitutto, con la sentenza, caso Sopropé504

, la Corte ha valutato che il destinatario di un

atto che incide sensibilmente sui suoi interessi affinchè possa manifestare utilmente il

proprio punto di vista, deve usufruire di un termine ragionevole per presentare le proprie

osservazioni505

. Quand’anche la normativa comunitaria applicabile non preveda

espressamente siffatta formalità, tale garanzia deve essere fornita dagli Stati membri e deve

essere tale per cui non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei

diritti di difesa conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario506

. La verifica dell’idoneità

dei termini applicati al fine di consentire all’interessato una difesa effettiva delle proprie

ragioni comporta anche il controllo della concreta possibilità per l’amministrazione di

tenerne conto nel provvedimento finale. Spetta al giudice nazionale verificare che nel

singolo caso il termine impartito dall’amministrazione nell’ambito della forbice di

riferimento sia confacente alla situazione della persona o dell’impresa coinvolta e che abbia

loro consentito di esercitare i loro diritti di difesa nel rispetto dei principi di effettività507

. Il

termine ragionevole appare pertanto flessibile e adattabile alle circostanze specifiche della

causa analogamente a quanto affermato anche dalla Corte EDU ai fini del diritto a un equo

processo508

. Il termine per l’esercizio della difesa potrebbe richiedere anche il

coinvolgimento di altri soggetti o la presentazione di ulteriori prove, pertanto, in taluni casi

potrebbe essere ammessa una dilatazione dello spazio procedimentale di esplicazione del

diritto ad essere ascoltati. Sebbene non esplicitamente affermato, emerge, come corollario, il

504 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 50. La corte indica che

spetta solamente al giudice nazionale verificare se le osservazioni trasmesse siano state tenute in debita considerazione

da parte dell’amministrazione finanziaria. Nel caso di specie, la Sopropé, società portoghese operante nel settore

calzaturiero, a seguito di un’importazione di un lotto proveniente dalla Cambogia, era stata raggiunta da un avviso

contenente l’obbligo di versamento di maggiori dazi doganali in quanto l’amministrazione aveva verificato la falsa

provenienza dei beni che quindi non potevano usufruire di un’aliquota agevolata. La società aveva lamentato che i

termini concessole per poter presentare le proprie difese non erano adeguati. La Corte ha risposto che pur in assenza di

un vincolo di carattere comunitario, come nel caso di specie, il diritto di audizione deve essere assicurato dagli Stati

membri.

505 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 37. la Corte parla di un

termine “sufficiente.”

506 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 38.

507 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 43. Nel par. 44. la Corte

afferma che in caso di importazioni effettuate con paesi asiatici, “possono assumere rilevanza anche elementi quali la

complessità delle operazioni di cui trattati, la distanza, o ancora la qualità dei rapporti solitamente intrattenuti con le

amministrazioni competenti. Deve altresì tenersi conto delle dimensioni dell’impresa e del fatto che essa intrattenga o

meno abituali relazioni commerciali con i paesi in questione”.

508 Corte EDU, 12 ottobre 1989, n. 7909/74, X e Y, c. Austria e anche Corte EDU, 13 dicembre 2011, n. 20508/08,

Berzinis c. Lituania; Corte EDU, 9 ottobre 2007, n. 52479/99, Rybacki c. Polonia.

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133

dovere per l’amministrazione procedente di motivare il proprio atto anche alla luce delle

osservazioni presentate dall’interessato509

.

5.3.2. Il diritto di difesa alla luce del principio di buona amministrazione

Ulteriore caratteristica del diritto ad essere ascoltati, come precisato dalla Corte di

Giustizia510

, è di consentire “di correggere un errore o far valere elementi relativi alla loro

situazione personale tali da far sì che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero

abbia un contenuto piuttosto che un altro”511

. Tramite l’azione congiunta dell’esercizio dei

diritti alla difesa e in virtù del dovere di motivazione conseguente, il contribuente può

concorrere alla determinazione dell’atto e sollecitare, conseguentemente, un controllo

giudiziale della legittimità dell’azione amministrativa condotta nei suoi confronti.

L’osservanza del diritto di difesa implica, in linea di principio, che lo Stato membro

richiesto fornisca informazioni anche riguardo alle indagini che sono alla base del risultato

comunicato512

. In ogni procedimento le informazioni e i punti di vista sulla base delle quali

l’autorità fiscale la propria richiesta devono essere rese conoscibili alla parte .

Il diritto di far valere le proprie osservazioni prima che sia adottata una decisione, ha

l’obiettivo di consentire all’autorità amministrativa di correggere un errore o far valere

elementi tali da far si che la decisione sia adottata o non sia adottata, ovvero che abbia un

contenuto piuttosto che un altro, in tal modo garantendo una tutela effettiva della persona e

allo stesso tempo che sia evitato del contenzioso inutile. Come accennato in precedenza, a

tale diritto corrisponde il dovere per l’amministrazione competente di prestare tutta

l’attenzione necessaria alle osservazioni avanzate, esaminando in modo accurato e

imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e motivando sufficientemente la sua

decisione513

.

La Corte di Giustizia514

ha successivamente precisato che una violazione dei diritti alla

difesa, in particolare del diritto di essere sentiti, determina l’annullamento del

509 G. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale nel diritto comunitario, cit., pp. 591 e ss.

510 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica, par. 49.

511 Corte di Giustizia 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé c. Fazenda Publica con nota di G. RAGUCCI, Il

contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, in Rass. Trib., 2009, 2, p. 591, Corte di Giustizia, 5

dicembre 2013, C-448/11, caso Snia SPA contro Commissione europea, p.42-44.

512 Conclusioni dell’Avvocato Generale Kokott, caso Sabou, cit., punto 82.

513 Corte di Giustizia 21 novembre 1991, causa C 269-90, Technische Università Miinchen, par. 14 e Sopropé punto 50.

514 Corte di Giustizia cause riunite C 129 e 130-13, sentenza del 3/7/2014, casi Kamino International Logistics BV e

Datema Hellmann Worldwide Logistics BV, par. 79 e 81. tale requisito è stato scluso dalla pronuncia poiché i

contribuenti non avevano contestato la classificazione doganale alla base del recupero impositivo.

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provvedimento adottato al termine del procedimento amministrativo in parola se, in

mancanza di tale irregolarità tale procedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato

diverso. La regola infatti di garantire la tutela effettiva della persona o dell’impresa

coinvolta ha l’obiettivo di consentire all’amministrazione competente di correggere un

errore o far valere elementi relativi alla loro situazione personale tali da far si che la

decisione abbia un contenuto piuttosto che un altro o non sia adottata515

. Tali conclusioni

riflettono una concezione teleologico-funzionale dell’attività amministrativa cui è estranea

una visione puramente formalistica del contraddittorio e il cui punto nodale è l’esito

provvedimentale516

. A tal proposito infatti, nel caso Distillers Company517

, la Corte escluse

la patologia dell’atto a fronte di doglianze su profili procedimentali non accompagnate da

una difesa sull’oggetto dell’addebito. Per i giudici del Lussemburgo non basta il mancato

coinvolgimento del contribuente a determinare l’illegittimità dell’atto, occorre che

l’interessato dimostri di non aver potuto comunicare elementi istruttori rilevanti e che,

pertanto, il provvedimento avrebbe potuto condurre ad un risultato differente. La soluzione

individua un punto di equilibrio tra l’esercizio della potestà pubblica e i diritti del soggetto

interessato dal procedimento in conformità al principio di proporzionalità, di strumentalità

delle forme allo scopo e di conservazione dell’atto amministrativo 518

. Il rilievo posto sul

risultato del procedimento amministrativo indicato al punto 29 della sentenza Kamino, è

confermato anche alla luce del fatto che l’art. 41 della Carta di Nizza ha recepito il principio

generale come enunciato dalla Corte di Giustizia519

. Il principio di buona amministrazione

verrebbe in tale ottica vulnerato solo dalla lesione di un contraddittorio che si basa su difese

515 Corte di Giustizia cause riunite C 129 e 130-13, sentenza del 3/7/2014, casi Kamino International Logistics BV e

Datema Hellmann Worldwide Logistics BV, par. 38; Corte di Giustizia, sentenza Sopropé, punto 49.

516 R. IAIA, Il contraddittorio anteriore al provvedimento amministrativo tributario nell’ordinamento dell’Unione

Europea. Riflessi nel diritto nazionale, in Dir. Prat. Trib., 2016, n. 1, p. 79.

517 Corte di Giustizia, 10 luglio 1980, causa C-30/78, caso Distillers Company Ltd contro Commissione delle Comunità

europee, punto 26, nel quale si afferma che “anche in mancanza delle irregolarità procedurali denunciate dalla

ricorrente la decisione della Commissione, basata sulla mancata notifica, non avrebbe quindi potuto essere diversa”.

518 Cassazione Civ., sez. V, sentenza del 27 marzo 2015, n. 6232; Cassazione 992/15 e 5518/13.

519 Si veda il preambolo della Carta di Nizza al 5 periodo (“La presente Carta riafferm , nel rispetto delle competenze e

dei compiti della Comunità e dell’Unione e del principio di sussidiarietà, i diritti derivati in particolare dalle tradizioni

costituzionali comuni agli Stati membri (…) nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia

delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo”) nonché la spiegazione all’art. 41 della

Carta di Nizza, contenuta in Spiegazioni relative alla Carta dei Diritti Fondamentali 2007/C 303/02 pubblicata in

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 14/12/2007 C303/17, che afferma:“L’art. 41 è basato sull’esistenza

dell’Unione in quanto comunità di diritto, le cui caratteristiche sono state sviluppate dalla giurisprudenza che ha

consacrato segnatamente la buona amministrazione come principio generale di diritto”.

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non pretestuose e/o dilatorie520

. E’ importante rilevare come il “limite del risultato”,

denunciato dalla Corte nella sentenza Kamino, per effetto della lettura congiunta anche con

altre sentenze, non debba restrittivamente essere inteso come necessità di dimostrare che

con il contraddittorio il provvedimento avrebbe potuto avere un contenuto differente, ma

soltanto che “avrebbe potuto utilizzare detti documenti per difendersi”521

ovvero “avrebbe

potuto difendersi più efficacemente in assenza dell’irregolarità procedurale, ad esempio per

il fatto che avrebbe potuto utilizzare per la propria difesa documenti il cui accesso le era

stato rifiutato nell’ambito del procedimento amministrativo”522

. Si pensi, ad esempio, al

caso Alvis del 1962523

, per il quale la Corte pur non dichiarando l’invalidità dell’atto emesso

in assenza di contraddittorio, ha condannato l’autorità che risultava vittoriosa nel merito al

pagamento dei quattro quinti delle spese processuali sostenute dal privato ricorrente. Ne

deriva che tale limite non comporta di “riconoscere i diritti di difesa solo alla persona

innocente”524

ma esclude l’invalidità dell’atto qualora il mancato rispetto appaia ininfluente

sulla decisione amministrativa.

In pari maniera l’intervento e la collaborazione del contribuente si rivela essenziale per

colmare eventuali lacune nello scambio di informazioni. La Corte Europea dei diritti Umani

ha negato che ci fosse stata una violazione del diritto ad un equo processo di cui all’art.6

della Carta nel caso Janyr v. The Czech Republic525

. Nel caso di specie il contribuente

originario della Repubblica Ceca, mediante una segnalazione proveniente dalle autorità

doganali di Gibilterra, fu accusato di aver compiuto irregolarità doganali. Pur essendosi

ripetutamente rifiutato di fornire informazioni, documenti contabili o altri dati alle autorità

ceche, il contribuente aveva successivamente richiesto e lamentato il diritto ad un equo

processo richiedendo, senza successo, un confronto con le autorità gilbertesi (punto 15 della

sentenza). La Corte di Strasburgo ha verificato il comportamento intenzionalmente non

collaborativo e ostruzionista del contribuente e che le informazioni ottenute dal Paese del

Commonwealth rappresentavano solo una minima parte delle prove contro di lui e che,

quindi, il mancato confronto con le accuse di Gibilterra non modificava i fatti e la decisione

520 R. IAIA, Il contraddittorio anteriore al provvedimento amministrativo tributario nell’ordinamento dell’Unione

Europea. Riflessi nel diritto nazionale, in Dir. Prat. Trib., 2016, n. 1, p.80.

521 Corte di Giustizia, 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals, punto 81.

522 Corte di Giustizia, 1 ottobre 2009, causa C-141/08, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware Co. Ltd c.

Consiglio dell’Unione Europea, punto 81; Corte di Giustizia, 2 ottobre 2003, C-194/99, Thyssen Stahl AG contro

Commissione delle Comunità europee, p.31

523 Corte di Giustizia, 4 luglio 1962, causa C-32/62, caso Alvis.

524 Corte di Giustizia, 8 luglio 1999, causa C-51/92 P, Hercules Chemicals, punto 81.

525 ECtHR, sentenza del 31 ottobre 2013, caso n. 42937/08, Affaire Janyr c. République Tchèque,

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assunta delle autorità fiscali. Secondo parte della dottrina, la pronuncia mette in luce come,

lo scambio di informazioni sia principalmente diretto all’autorità fiscali degli Stati membri e

di come non sia disciplinata normativamente la possibilità per il contribuente di poter essere

messo in grado di controbattere o avere accesso alle informazioni scambiate526

.

Tale opinione è stata successivamente confermata nella sentenza della Corte di Giustizia,

WebMindLicenses Kft527

, nella quale i giudici comunitari hanno ritenuto ammissibile la

mancanza di un contraddittorio nella fase istruttoria iniziale a patto che lo stesso sia

garantito qualora gli elementi raccolti siano tali da poter emettere un avviso di rettifica. Nel

caso in esame, talune risultanze istruttorie furono acquisite durante un’indagine penale

all’insaputa dell’interessato mediante intercettazioni di telecomunicazioni o sequestri di

messaggi di posta elettronica effettuati durante visite domiciliari nei locali professionali di

un individuo. La Corte, pur riconoscendo che le modalità di esecuzione avevano

rappresentato un’ingerenza nell’esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare

garantito dall’art. 8 CEDU, ne ammise l’utilizzo nel procedimento amministrativo alla

duplice condizione che tali procedure di raccolta e successivo uso fossero disciplinate dalla

legge e fossero state necessarie nel rispetto principio di proporzionalità. La Corte stabilì che

competesse al giudice nazionale verificare che fossero stati rispettati i diritti di difesa,

ovvero che il soggetto passivo avesse avuto la possibilità, nell’ambito del procedimento

amministrativo, di avere accesso a tali prove o di essere ascoltato in merito. In caso

contrario, tali prove non dovevano essere ammesse e il giudice nazionale sarebbe stato

obbligato ad annullare detta decisione se essa fosse risultata, per tale ragione, priva di

fondamento528

.

5.4. Effetti nell’ordinamento italiano delle sentenze della Corte di Giustizia Le menzionate pronunce della Corte di Giustizia riguardanti il principio del contraddittorio

endoprocedimentale hanno avuto un impatto anche a livello interno sebbene l’orientamento

della giurisprudenza italiana non sia stato sempre univoco.

Parte della dottrina, rinviando all’art. 117, 1 comma, Cost. in merito all’assoggettamento

della potestà legislativa statuale e regionale ai vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e

all’art. 1, primo comma, n. L. 241/1990, che afferma che l’attività amministrativa nazionale

è retta dai principi dell’ordinamento comunitario sostiene l’applicabilità di quello che è

526 P. BAKER, Some Recent Decisions of the European Court of Human Rights on Tax Matters, in European Taxation,

Giugno 2014, pp. 250-252.

527 Corte di Giustizia, sentenza del 17 dicembre 2015, causa C-419/14, Web Mind Licenses Kft contro Nemzeti Adó-És

Vámhivatal Kiemelt Adó- és Vám Föigazgatóság.

528 Corte di Giustizia, sentenza del 17 dicembre 2015, causa C-419/14, Web Mind Licenses Kft, cit., p. 89.

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definito “effetto traboccamento” o spillover effect529

. In base a tale teoria, le garanzie

europee di tutela del contribuente troverebbero applicazione indifferentemente in tutti gli

ambiti impositivi, anche se afferenti a imposte non armonizzate. In tal modo, si

estenderebbero a tutte le materie nazionali al fine di evitare fenomeni di “discriminazione a

rovescio”, lesivi del principio di uguaglianza di cui all’art. 3, c.1, Cost., che si

verificherebbero a danno di cittadini di uno Stato membro in tutte le situazioni in cui il

diritto e i principi dell’Unione si applicassero solo alle materie da esso regolate530

. A fronte

di tale interpretazione, tuttavia, un recente orientamento della giurisprudenza italiana531

ha

circoscritto l’operatività del diritto al contraddittorio endoprocedimentale alle sole imposte

armonizzate mentre per i tributi non armonizzati sarebbe configurabile esclusivamente in

relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificatamente sancito532

. Questo

principio non solo provocherebbe, come accennato, un effetto di discriminazione nei

confronti della materia disciplinata dalle norme interne ma andrebbe in controtendenza

anche rispetto altre pronunce nazionali che hanno ammesso gli effetti del traboccamento del

diritto comunitario su quello interno533

. Tale dubbio potrà comunque venire ben presto

risolto con gli interventi della Corte Costituzionale, investita della questione, a seguito

dell’ordinanza n. 736/1/15 del 10 gennaio 2015 emessa dalla Commissione Tributaria

529 A. CONTRINO, Osservazioni e spunti sulla disciplina statutaria in materia di efficacia temporale delle leggi

modificative di tributi periodici, in Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, a cura di A. BODRITO,

A. CONTRINO, A. MARCHESELLI, Torino, 2012, 91; G. CORASANITI, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza

nazionale e dell’Unione Europea, in Dir. Prat. Trib., 2016, n. 4, note a sentenza Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6

maggio 2016, n. 9278.,p.1611; A . MARCHESELLI, il contraddittorio va sempre applicato, ma la sua omissione non può

eccepirsi in modo pretestuoso, 214.

530 G. CORASANITI, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea, in Dir. Prat.

Trib., 2016, n. 4, note a sentenza Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.p. 1611.

531 Corte di Cassazione, sezioni Unite, sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823.

532 “In tema di tributi armonizzati avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo

del contraddittorio comporta anche in ambito tributario l’invalidità dell’atto purchè il contribuente assolva l’onere di

denunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente

attivato e che l’opposizione di dette ragioni si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare in relazione al

canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo

rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale per le quali è stato predisposto”. E’ quanto stabilito dalla

Corte di Cassazione nella sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823. Tale assunto è stato ripreso anche nella sentenza

della Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.p. 1611.

533 Corte di Cassazione, 29 luglio 2014, n. 18184, ove vengono menzionati gli “evidenti riflessi di ordine generale” del

principio europeo del contraddittorio così come definito nella sentenza della Corte di Giustizia, caso Sopropè. In questo

senso, in dottrina: G. CORASANITI, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione

Europea, in Dir. Prat. Trib., 2016, n. 4, note a sentenza Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.

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Regionale della Toscana nonché della Corte di Giustizia a cui la Corte di Cassazione534

, ai

sensi dell’art. 267 TFUE, ha chiesto di pronunciarsi in via pregiudiziale.

Nel primo caso, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana ha sollevato la

questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 12, comma 7 dello Statuto del

contribuente laddove non prevede un obbligo di attivazione del contraddittorio se non con

riferimento all’attività ispettiva esterna535

. La Corte chiarisce che “il particolare regime delle

operazioni di accertamento a seguito di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati

all’esercizio dell’attività del contribuente appare irragionevolmente discriminatorio in

relazione a quei contribuenti che non hanno subito accesso o verifica nei locali”.

Si rammenta che la Corte Costituzionale536

aveva in un primo momento affermato

l’inapplicabilità nel procedimento amministrativo tributario degli artt. 24 e 111 Cost. in

materia di tutela del diritto di difesa poiché tali principi valgono solo nella fase

giurisdizionale. Successivamente, con la sentenza n. 132 del 7 luglio 2015, la Consulta

osserva che “la nullità dell’avviso di accertamento per inosservanza del termine dilatorio

prescritto dalla norma denunciata è la conseguenza di un vizio del procedimento,

consistente nel fatto di non essere stato messo a disposizione del contribuente l’intero lasso

di tempo previsto dalla legge a garanzia della sua facoltà di partecipare al procedimento

stesso presentando osservazioni e chiarimenti”. Tale sentenza ha rappresentato un

importante passo in avanti per la generalizzazione del contraddittorio quale istituto di

garanzia537

. Ulteriori conferme in questo senso potrebbero arrivare, qualora la Consulta si

pronunci in merito alla questione sollevata dalla CTR della Toscana potrebbe sancire

l’obbligatorietà del contraddittorio anche qualora la stessa non sia espressamente prevista

dalla legge, come nel caso di specie, con riferimento soltanto alle verifiche esterne ma anche

534 Corte di Cassazione, 6 maggio 2016, n. 9728, cit.

535 Sul punto, inoltre, coesisterebbero due orientamenti: il primo secondo il quale (Cass., sez. unite, sentenza n. 18184

del 2013) il mancato rispetto dell’art. 12, c. 7, L. 212/2000 provocherebbe l’invalidità del consequenziale avviso di

accertamento, pur però sempre con applicazione non generalizzata ma limitata ai casi di attività ispettiva esterna; il

secondo (Cass., sez. unite, sentenza n. 24823 del 2015) in base al quale tale principio opera solo con riferimento ai

tributi armonizzati.

536 Corte Costituzionale, ordinanza, 24 luglio 2009, n. 244. Analogamente in precedenza la Corte Costituzionale, nella

sentenza del 31 maggio 1995, n. 210, aveva affermato, escludendo l’esistenza di un principio del giusto procedimento

amministrativo e quindi la sussistenza di un generale dovere dell’amministrazione finanziaria di attivare il

contraddittorio nella fase amministrativoa che “la disciplina del procedimento amministrativo è rimessa alla

discrezionalità del legislatore nei limiti della ragionevolezza e del rispetto degli altri principi costituzionali, fra i quali

non è da comprendere quello del giusto procedimento amministrativo, dato che la tutela delle situazioni soggettive è

comunque assicurata in sede giurisdizionale dagli artt. 24, primo c. e 113 della Costituzione”.

537 G. CORASANITI, Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea, in Dir. Prat.

Trib., 2016, n. 4, note a sentenza Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.

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139

a quelle “interne”, c.d. “a tavolino”, dirimendo allo stesso tempo la problematica avanzata

con la sentenza della Cassazione del dicembre 2015 n. 24823 in merito alla distinzione tra

tributi armonizzati e non538

.

Il fatto esaminato dalla Cassazione riguarda una società che ha proposto ricorso avverso

avvisi di rettifica emessi dalla Dogana di Livorno per la ripresa a tassazione dell’IVA non

versata a seguito della mancata introduzione delle merci importate in un deposito IVA. La

società lamentava, tra l’altro, la mancata applicazione dell’art. 12, 7 comma, della L. n.

212/2000 e l’assenza di un contraddittorio. L’Agenzia delle Entrate resisteva affermando

che in materia doganale la disciplina dello statuto del contribuente non era applicabile, e che

la normativa doganale offriva una tutela adeguata del diritto al contraddittorio tra

contribuente e amministrazione. La Corte di Cassazione individua l’oggetto del rinvio

pregiudiziale nella compatibilità dell’art. 244 del Regolamento CEE n. 2913/92539

e i

principi espressi nella sentenza “Kamino”540

nel punto in cui la normativa nazionale

doganale non prevede l’automatica sospensione dell’atto doganale emesso in difetto di

contraddittorio. La Corte di Giustizia aveva infatti affermato che l’illegittimità di un

provvedimento emanato in ambito doganale reso in assenza di contraddittorio era esclusa

quando fosse garantita al contribuente: i) la possibilità di impugnare l’atto in sede

amministrativa con ricorso; ii) la sospensione dell’atto come conseguenza normale della

proposizione dell’impugnazione; iii) la possibilità di esercizio del contraddittorio anche se

538 Un orientamento contrario, inoltre, sembrerebbe anche in contrasto con le osservazioni effettuate dalla Corte di

Giustizia nel caso Sopropè, laddove, al p. 45, rilevava che “un procedimento di ispezione che si svolga nel corso di più

mesi, che comporti verifiche in loco e l’audizione dell’impresa coinvolta le cui dichiarazioni sono verbalizzate,

consente di presumere che la predetta impresa sia a conoscenza delle ragioni per le quali il procedimento d’ispezione è

stato intrapreso e la natura dei fatti che le vengono addebitate”. Il mancato coinvolgimento dell’interessato nelle

verifiche a tavolino rispetto a quelle esterne, richiederebbe, a maggior ragione, il riconoscimento di pari se non ulteriori

garanzie istruttorie proprio perché la formulazione delle ipotesi di addebito sarebbe stata effettuata in assenza di un

previo contatto istruttorio con l’autorità. In questo senso: R. IAIA Il contraddittorio anteriore al provvedimento

amministrativo tributario nell’ordinamento dell’Unione Europea. Riflessi nel diritto nazionale, in Dir. Prat. Trib., 2016,

n. 1, p.76.

539 Il codice doganale comunitario n. 2913 del 1992 è stato abrogato a decorrere dal 1 maggio 2016, a seguito

dell’istituzione del nuovo Codice doganale comunitario avvenuta con Regolamento UE n. 952/2013 del Parlamento

Europeo e del Consiglio dell’Unione. L’art. 244 prevedeva che “La presentazione di un ricorso non sospende

l’esecuzione della decisione contestata. Tuttavia, l’autorità doganale può sospendere, in tutto o in parte, l’esecuzione

della decisione quando abbia fondati motivi di dubitare della conformità della decisione impugnata alla normativa

doganale o si debba temere un danno irreparabile per l’interessato”. Il sistema interno nel dare attuazione alla

disciplina di cui all’art. 244 del codice doganale comunitario non ha introdotto alcuna specifica regolamentazione. Ne

consegue che la legge doganale interna non prevede la sospensione dell’atto adottato in maniera automatica a seguito

della proposizione del ricorso in via amministrativa ma costituisce un’evenienza che l’Agenzia delle Dogane può

concedere nella ricorrenza delle condizioni previste dalla citata disposizione doganale.

540 Corte di Giustizia cause riunite C 129 e 130-13, sentenza del 3/7/2014, casi Kamino International Logistics BV e

Datema Hellmann Worldwide Logistics BV.

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successivo al ricorso in via amministrativa. La questione pregiudiziale proposta attiene alla

verifica se la normativa italiana nella parte in cui non prevede in assenza di contraddittorio

la sospensione quale conseguenza normale del ricorso contrasti con il principio esposto

nella sentenza Kamino. Qualora la Corte di Giustizia si pronunciasse sulla rilevanza del

principio del contraddittorio endoprocedimentale anche in assenza di specifiche disposizioni

legislative nazionali, ne deriverebbe che tale principio ha valore immanente anche per i

tributi non armonizzati e, in ambito nazionale, l’applicabilità dell’art. 12 c. 7 dello Statuto

del contribuente a tutti i comparti impositivi. In questo modo si potrebbe, superando la

posizione della Corte di Cassazione del dicembre 2015 n. 24823, contribuire all’attuazione

del processo di integrazione europea anche in ambito tributario, partendo proprio dal

riconoscimento generalizzato dei principi comunitari di portata generale.

5.5. Il diritto di accesso al fascicolo L’art. 41, par. 2, della Carta di Nizza stabilisce che il diritto a una buona amministrazione

includa anche il diritto di accedere al fascicolo che lo riguarda nel rispetto dei legittimi

interessi di riservatezza e del segreto professionale nonché l’obbligo per l’amministrazione

di motivare le proprie decisioni. La correlazione fra diritto di accesso e tutela del

contraddittorio sarebbe anche rilevata nel nuovo Reg. di esecuzione, n. 2447 del 2015, art.

8, par.1, lett. c) in relazione al contraddittorio previsto all’art. 22 , c. 6 del Codice doganale

dell’Unione che prevede che la comunicazione preliminare degli addebiti contempli, tra

l’altro, il riferimento al diritto dell’interessato di accedere alle informazioni e ai documenti

sui quali l’autorità intende emanare la propria successiva ed eventuale decisione

amministrativa541

. Nella sua opera interpretativa, la Corte di giustizia, caso Sabou, ha

indicato che la regolamentazione dei diritti procedurali è rimessa alla legislazioni nazionali

dei singoli Stati. Ne conseguirebbe che, come affermato dalla giurisprudenza italiana542

,

nella fase di contestazione il contribuente ha accesso esclusivamente ai documenti e agli atti

ricevuti dall’altro Stato e utilizzati per l’accertamento, ma nulla può conoscere in merito agli

atti inerenti lo scambio intervenuto con l’altro Paese membro, con la conseguenza che

risulterà impossibile verificare la correttezza delle procedure eseguite543

. In altra sentenza,

541 D.U. GALLETTA, il diritto ad una buona amministrazione, p. 77; R. IAIA Il contraddittorio anteriore al

provvedimento amministrativo tributario nell’ordinamento dell’Unione Europea. Riflessi nel diritto nazionale, in Dir.

Prat. Trib., 2016, n. 1, p.80.

542 Corte di Cassazione, sez. VI –T, ord. 6 maggio 2016, n. 9278.p. 24. Tali affermazioni sembrano discendere dalla

sentenza della Corte di Giustizia, 22 novembre 2012, C-277/11, M.M., cit., p. 83.

543 Come evidenziato nel documento F.A. GARCÌA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti,

in Diritto e processo tributario, Napoli, 2015, 2, le richieste di informazioni inviate agli Stati membri sono

generalmente gestite dagli Uffici tributari inaudita altera parte, con la generale motivazione che tale procedura

ritarderebbe lo scambio di informazioni. Gli autori tuttavia affermano che sarebbe stato preferibile invece prevedere un

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la Cassazione, ha affermato che “l’obbligo di allegazione all’avviso di accertamento, ai

sensi dell’art. 7 dello Statuto del contribuente, degli atti cui si faccia riferimento nella

motivazione riguarda necessariamente, come precisato dal D.lgs n.32 del 2001, art. 1 gli atti

non conosciuti e non altrimenti conoscibili dal contribuente”544

. Secondo tale teoria, il

diritto al contraddittorio e il principio di uguaglianza garantiscono al contribuente le cui

informazioni sono scambiate la possibilità di conoscere gli elementi sostanziali della

richiesta di informazione e di prendere visione della documentazione ottenuta e trasmessa

dall’autorità con particolare riguardo al contenuto, la fonte, le procedure utilizzate nel

reperimento di dette informazioni. La mancanza di dette garanzie potrebbe portare ad una

breccia nel diritto alla difesa. Tuttavia il principio di accesso agli atti sembra essere in

ambito nazionale limitato sulla base del c.d. “principio dell’inaccessibilità relativa degli atti

endoprocessuali”545

, che prevederebbe tale restrizione fino alla fase di pendenza del

procedimento tributario546

. La Corte con tale sentenza ha evidenziato che l’inaccessibilità

degli atti endoprocessuali è limitata fino alla fase di pendenza del procedimento, non

rilevandosi esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento

definitivo di accertamento dell’imposta dovuta. La conoscenza legale dell’esatto contenuto

può avvenire solo dinanzi al giudice, garantendo in questo modo il rispetto del diritto di

difesa547

.

diritto generale alla notifica con l’eccezione dei casi in cui essa si tradurrebbe in un grave pregiudizio per l’efficacia

delle indagini o dei casi in cui scaderebbero i termini per la notifica dell’accertamento.

544 Cassazione Civ., sez. V, sentenza del 27 marzo 2015, n. 6232.

545 Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 21 ottobre 2008, n. 5144.

546 G. PETRILLO, Scambio di informazioni ed utilizzabilità delle prove ottenute in violazione della normativa nazionale,

nota a sentenza Cass. Civile, sez.V, 19 agosto 2015, n. 16950, in Dir. Prat. Trib. Int., n. 1 /2016, pp 351-383.

547 F.A. GARCIA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit. p. 290. Nella sentenza n. 6472

del 9/11/11 il Consiglio di Stato ha affermato che “il diritto di difesa non è posto in correlazione con le sole esigenze

dell’attività amministrativa di individuazione e repressione degli illeciti tributari, bensì con i valori altrettanto garantiti

di cooperazione internazionale e di prevenzione e repressione delle frodi e della criminalità”. Di rilevante interesse è

l’orientamento del Consiglio di Stato, ribadito con la recente sentenza n. 925 dell’11 febbraio 2011 (sez. IV). Nel caso

esaminato, il richiedente, dopo aver ricevuto l’atto d’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate basato su

indagini bancarie, aveva chiesto l’accesso all’autorizzazione alle stesse da parte del Comandante della Guardia di

Finanza. In sede di interpretazione del divieto di accesso agli atti del procedimento tributario, sancito dall’art.24 della L.

241, “occorre procedere a una lettura costituzionalmente orientata della disposizione anzidetta […] non rilevandosi

esigenze di segretezza nella fase che segue la conclusione del procedimento di adozione del provvedimento definitivo di

accertamento dell’imposta dovuta”. Ne consegue che l’accesso agli atti del procedimento tributario è, comunque,

consentito “allorquando è intervenuto l’atto di accertamento definitivo del tributo”. Ove poi gli atti richiesti facciano

riferimento a metodologie di indagine della Guardia di Finanza da tenere riservate, sarà sufficiente a tal fine espungere i

riferimenti mediante gli omissis. Al di là delle eccezioni sopra ricordate, non sembra che sussistano ulteriori limiti

all’accesso ai documenti propri del richiedente.

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Analogamente, a titolo di valutazione di diritto comparato, anche la giurisprudenza

lussemburghese548

ha sottolineato che le richieste delle autorità fiscali estere sono protette

dalle norme sul segreto fiscale nazionale e, dunque, l’autorità fiscale non è tenuta a fornire

copia della richiesta inoltrata dall’autorità estera al soggetto che detiene le informazioni o al

contribuente, consentendo esclusivamente di presentare conclusioni aggiuntive in sede

processuale qualora il soggetto passivo, venuto a conoscenza di tale documentazione,

ritenga si dover esercitare i propri diritti di difesa. A questo proposito, il caso è tanto più

importante in quanto è stato portato innanzi alla Corte di Giustizia e l’Avvocato Generale

Wathelet, nelle conclusioni al caso Berlioz549

, sembra confermare l’applicabilità del

principio di “inaccessibilità degli atti endoprocedimentali” per lo meno nella misura in cui

tale diritto di accesso agli atti deve essere garantito al destinatario di una decisione

d’ingiunzione al pagamento nell’ambito di un ricorso presentato contro una sanzione

pecuniaria dovuta al diniego di risposta alla richiesta di scambio di informazioni.

L’accessibilità, conseguentemente, è prevista ma con specifico riferimento ad un caso di

ricorso (fase processuale) avverso un provvedimento lesivo (irrogazione di sanzioni per

mancato adempimento) .

5.6. Il valore probatorio dei dati trasmessi dallo Stato richiesto Alla luce delle considerazioni finora espresse appare evidente la centralità ai fini della difesa

del contribuente della natura e il valore probatorio delle informazioni trasmesse dall’autorità

fiscale dello Stato richiesto.

La Direttiva 16/2011/UE ha introdotto con l’art. 16 par. 5, una nuova disposizione secondo

la quale “le informazioni, le relazioni, attestati e altri documenti o copie conformi o estratti

degli stessi, ottenuti dall’autorità interpellata e trasmessi all’autorità richiedente in

conformità della presente direttiva possono essere addotti come elementi di prova dallo

Stato membro richiedente allo stesso titolo di informazioni, relazioni, attestati e altri

documenti equivalenti trasmessi da un’autorità di tale Stato membro”. In pratica, sotto il

profilo dell’efficacia probatoria, sul piano strettamente amministrativo-tributario, gli atti

amministrativi provenienti dall’autorità competente estera diventano atti aventi efficacia

analoga a quella degli atti di diritto interno550

. Tale disposizione costituisce una sorta di

principio del valore probatorio in relazione alle informazioni e ai documenti ottenuti ma,

548 Corte d‘Appello del Lussemburgo, 17 maggio 2013, n, 32221C.

549 Conclusioni dell’Avvocato Generale Melchior Wathelet presentate il 10 gennaio 2017, causa C-682/15, Berlioz, cit.

punti 123 e 127.

550 G. MARINO, La cooperazione internazionale in material tributaria, tra mito e realtà, in Rassegna Tributaria, n. 2,

2010.

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secondo parte della dottrina551

, tale disposizione implicherebbe la preventiva ricognizione

della presenza di una serie elementi, quali ad esempio l’indicazione dell’autorità competente

che ha ottenuto le informazioni, la fonte o l’origine del dato, le procedure, i diritti e le

garanzie offerte alle parti, che ne testimonino l’autenticità e il corretto adempimento dei

passaggi istruttori al fine di rendere tali dati utilizzabili in una procedura di accertamento.

Il valore probatorio dei dati scambiati può essere analizzato secondo un triplice ordine di

argomenti.

In primo luogo, occorre considerare che oggetto di scambio è qualsiasi informazione, o

materiale documentale trasmesso dall’autorità competente dello Stato interpellato relativi a

fatti o situazioni, per esempio potrebbe essere anche un verbale redatto da un pubblico

ufficiale di un altro ordinamento552

. A questo proposito, appare evidente che, sebbene non

siano richieste formalità specifiche, una mera comunicazione di un’opinione da parte

dell’autorità estera competente o una semplice copia di un documento non hanno lo stesso

valore probatorio di un documento ufficiale dell’autorità competente553

. Per quanto nello

scambio automatico di informazioni non si dovrebbe delineare tale tipo di problema in

quanto l’informazione è predeterminata, la problematica circa l’efficacia probatoria rimane

un problema aperto. La condivisione delle informazioni tra gli Stati membri ha luogo a

livello centrale tramite l’ufficio centrale di collegamento, designato quali responsabile

principale dei contatti con gli altro stati membri nel settore della cooperazione

amministrativa. L’identificazione di un unico ufficio centrale responsabile dei contatti

dovrebbe rispondere all’esigenza prevista dalla direttiva di agevolare lo scambio di

informazioni e renderlo più veloce ed effettivo.

In secondo luogo, i dati scambiati sistematicamente con l’estero potranno essere utilizzati

come elementi indiziari. Tuttavia, occorre, a questo proposito, distinguere il caso di uno

scambio automatico di dati reddituali da quello relativo alle disponibilità finanziarie. Nel

primo caso, infatti, il dato sarà puntuale e relativo a un reddito di fonte estera attribuito ad

un soggetto residente in un altro paese. Generalmente l’analisi verterà sul confronto tra

quanto indicato nella dichiarazione dei redditi del contribuente e quanto comunicato

551 J. M CALDERÓN CARRERO, A. QUINTAS SEARA, cit.

552 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, pp. 49-58.

553 La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3388 del 12 febbraio 2010, ha stabilito che le notizie e gli elementi desunti

e legittimamente ricavati dall’esame di supporti informatici e dai file elettronici che contengono dati contabili ed extra-

contabili sono utilizzabili ai fini della determinazione e della rettifica del reddito. In tal senso anche: Corte di

Cassazione, ordinanza n. 5226 del 30 marzo 2012. Una volta verificata l’attendibilità, i documenti informatici, se

provvisti delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza sono utili per l’elaborazione di apposite presunzioni e

per l’applicazione dell’accertamento analitco-induttivo.

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dall’autorità estera. Questo tipo di procedura potrà innestare un accertamento parziale

limitato alla categoria reddituale indicata. Solo in casi limitati, quali informazioni relativi a

immobili o altri beni di investimento, i dati provenienti dall’estero potranno essere utili per

una valutazione di incremento patrimoniale e quindi, eventualmente, fornire elementi per un

accertamento sintetico. Per quanto concerne, invece, i dati finanziari, gli stessi secondo una

prima ipotesi potranno essere utilizzati dall’amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 32,

c. 3 del DPR n. 600/1973, quali presunzioni legali. Occorre tuttavia prendere in

considerazione anche un orientamento contrario554

all’utilizzo presuntivo legale automatico

dei dati finanziari esteri che verte sulla considerazione che i flussi pervenuti non sono

costituiti da elementi puntuali quali singoli versamenti e prelievi del conto ma da dati

aggregati, quali il saldo annuo del conto, il saldo dei movimenti mensili o il numero di

operazioni effettuate. I dati finanziari trasmessi dalle autorità estere sono in forma aggregata

e non analitica, pertanto non sembrano atti a configurare una presunzione qualificata ai sensi

dell’art. 32, n. 2). Tali dati possono, invece, rappresentare in un accertamento ordinario

elementi indiziari che devono essere integrati da altri elementi probatori, al fine di formulare

una ordinaria presunzione semplice, con le caratteristiche di gravità, precisione e

concordanza. Infine, occorre considerare che tali dati aggregati sono resi disponibili solo al

fine di potere operare una generica analisi del rischio di evasione che, di fatto, non sembra

differire molto dalla possibilità di avere a priori la disponibilità di liste di soggetti da

sottoporre ad analisi ai fini di un’eventuale verifica fiscale.

In terzo luogo, si devono valutare le procedure con le quali vengono raccolti i dati. Occorre

infatti distinguere procedure avvenute conformemente alla legge e procedurre irregolari. Nel

caso, di informazioni scambiate tra tra autorità o funzionari non competenti, lo scambio

deve essere ritenuto carente di base normativa per violazione del requisito di competenza

funzionale 555

. Analoga univocità di vedute non è presente per altri casi di acquisizione

“irregolare” di dati. Poiché le norme comunitarie non dispongono circa l’inutilizzabilità in

sede tributaria ai fini dell’accertamento dei dati scambiati irregolarmente, la loro

ammissibilità deve essere risolta richiamando il tema della acquisizione irrituale delle prove

e demandando la decisione finale sulla base del principio dell’autonomia procedurale degli

Stati membri.

Si pensi alle ipotesi in cui la cooperazione prestata da uno Stato sia eseguita nel rispetto

formale della procedura di cooperazione ma con riferimento a informazioni acquisite nel

554 F. MARRONE, Valenza indiziaria dei dati finanziari derivanti dallo scambio di informazioni con i Paesi esteri, in Il

Fisco, n. 34, 2016, pp. 3213 -3218.

555 Relazione della Commissione europea sulla proposta di Regolamento relativo alla cooperazione in materia d’imposta

sul valore aggiunto e sulla proposta di modifica della Direttiva n. 77/799/CE relativa alla cooperazione in materia di

imposte dirette ed indirette (18.06.2001, COM. 294 def.).

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proprio ordinamento mediante una procedura non consentita nello Stato che le utilizza. Dal

punto di vista dell’efficacia probatoria, le informazioni, gli atti e i documenti scambiati

nell’ambito di una procedura di cooperazione amministrativa internazionale e provenienti

dall’autorità estera competente sono equiparati ai corrispondenti atti interni. Pertanto, il

valore probatorio di detti dati trasmessi dalle autorità dello Stato interpellato dipende dalle

procedure adottate dall’autorità competente e l’uso di dette informazioni dipende dalla

normativa in vigore nello Stato richiedente556

. Le procedure di difesa del contribuente

potrebbero essere, infatti, notevolmente lese nella raccolta di dati avvenuta nello Stato

interpellato e, pertanto, potrebbero non essere ritenute elementi probatori idonei

dall’autorità o nelle Corti dello Stato richiedente557

.

A questo proposito si possono identificare tre diversi tipi di approcci. In base al primo

approccio, che potrebbe essere visto come abbastanza flessibile, il fatto che le informazioni

siano state ottenute illegalmente nello Stato interpellato, è irrilevante per le autorità dello

Stato richiesto, persino nel caso in cui detta autorità non fosse autorizzata in base alla

propria legge interna a raccogliere i dati nel proprio territorio in tal maniera558

. E’ ad

esempio, il caso della Federal Court australiana559

che ha acconsentito all’utilizzo dei

documenti che sono stati ottenuti mediante uno scambio di informazioni attuato con una

procedura irregolare. In particolare, l’autorità fiscale delle isole Cayman aveva inviato

erroneamente informazioni relative ad anni di imposta per i quali la convenzione TIEA tra i

due Paesi non era ancora entrata in vigore. Tali documenti furono considerati dai giudici

australiani utilizzabili come prova nel procedimento di ricorso (avvalorando la tesi della

retroattività delle disposizioni convenzionali) nonostante quanto deciso in senso contrario

556 A.P. DOURADO, Exchange of information and validity of global standars in tax Law: Abstractionism and

expressionism or where the truth lies, EUI Working Papers, Robert Schuman Centre for Advanced Studious, RSCAS

2013/11.

557 A. BUCCISANO, Assistenza amministrativa internazionale dall’accertamento alla riscossione dei tributi, Cacucci Ed,

2013, pg. 86 e ss.

558 P. SELICATO, Towards Global standards in Transparency and Exchange of Information: Do Tax Havens still exist?,

in Tax Havens in the Age of Global Standards for Exchange of Information: a Comparative Analysis between Germany

and Italy, a cura di Università Sapienza Roma, Scuola Polizia tributaria di Ostia e International Tax Institute, Università

di Amburgo, edito da G. FROTSCHER, 2011, p. 13. L’autore parla di “information laudering” per definire il fenomeno di

un’informazione che sorge “sporca” in quanto avente un origine illegale ma che diventa “pulita” e utilizzabile nello

Stato di destinazione per effetto della trasmissione mediante procedure di cooperazione.

559 Federal Court Australiana, sentenza n. 7, 8 ottobre 2013, FCA 1024, caso Hua Wang Bank Berhad v. Commissioner

of Taxation. … “for the purposes of deciding whether the documents were obtained improperly is besides the point: the

ATO (Autorità fiscale australiana) validly requested the material under art. 5 and it validly received them under art. 6.

that the Grand Court has quashed that decision is a matter of domestic law and can have no effect upon the lawfulness

of the ATO’s receipt of that material”.

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dalla Grand Court delle Isole Cayman560

. In maniera analoga, le corti canadesi, considerano

che le garanzie costituzionali interne debbano essere rispettate unicamente dalle autorità

fiscali nazionali561

.

In base ad un secondo tipo di approccio che potrebbe essere definito come “restrittivo”, le

autorità dello Stato che riceve le informazioni dovrebbero essere in grado di utilizzare le

informazioni solo se dette procedure sono ammesse anche nel secondo Stato. Nel

complesso, la maniera in cui le informazioni sono raccolte dalle autorità estere deve essere

tenuta in considerazione dall’autorità dello Stato richiedente al fine di determinare il valore

probatorio in una procedura amministrativa o giudiziale intrapresa in detto Stato.

In base al terzo approccio, che è ancor più restrittivo, si esclude esplicitamente l’uso delle

informazioni illegalmente ottenute dalle autorità dello Stato estero562

.

5.6.1. L’utilizzo delle informazioni acquisite “irritualmente”

In ambito europeo non si riscontra unicità di vedute circa l’uso delle informazioni ottenute

in maniera irituale o illecita nell’ambito delle procedure amministrative o giudiziali (ipotesi

di scambio di informazioni viziate ab origine al momento della loro acquisizione all’estero).

Ad esempio, in Francia, la Corte di Cassazione francese, confermando la sentenza della

Corte di Appello di Parigi dell’8 febbraio 2011, ha negato l’utilizzabilità delle prove di

origine illecita, nel caso di specie provenienti da un furto di dati da parte di un impiegato

della banca svizzera HSBC in merito ai conti esteri detenuti presso tale banca da clienti

cittadini francesi563

. La Corte ha comunque aggiunto che, a prescindere dal fatto che tali dati

fossero stati ottenuti illegalmente, le prove in possesso dell’amministrazione finanziaria non

erano sufficienti a identificare una frode fiscale564

. La Corte Costituzionale tedesca565

, il 9

560 Grand Court delle isole Cayman, sentenza del 3 settembre 2013, M.H. Investments and J.A. Investments v. The

Cayman Islands Tax information Authority, causa G391/2012; T ANAMOURLIS, L. NETHERCOTT, Cayman Court

decision Raises Implications for the effectiveness of TIEAs, in Tax Notes International, 23 giugno 2014, pp. 1141-1145.

561 S.K. MCCRACKEN., “Going, going gone…global: a Canadian perspective on International tax administration issues

in the Exchange-of-information age”, 2002, 50, Canadian Tax Journal, p. 1869: secondo l’autore, l’approccio americano

sembra essere maggiormente coerente, in quanto la validità e il valore probatorio delle prove ottenute da

un’amministrazione fiscale estera dipendono in larga misura dall’osservanza delle garanzie fondamentali previste nella

legislazione interna allo Stato nel quale poi dette informazioni costituiranno la base per un’attività accertativa.

562 In dottrina, sostengono la teoria anglosassone del “fruit of poisonous doctrine”, A.E. LA SCALA, P.MASTELLONE,

New Exchange of information versus tax solutions of equivalent effect, Italy National Report, EATLP Congress 2014,

Istanbul(Turkey), 29-31 May 2014. Secondo gli autori dati la molteplicità degli strumenti di assistenza amministrativa,

il ricorso a informazioni “rubate” non è ritenuto accettabile.

563 Corte di Cassazione francese, Cour de Cassation sentenza 11-13097 del 31 gennaio 2012.

564 La Corte infatti afferma che l’amministrazione fiscale francese: “en l’absence ces deux pieces illicites ne disposait

pas d’éléments suffisants pour présumer la fraude et devait en conséquence rejeter les requêtes de l’administration

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novembre 2010, ha sostenuto che l’inammissibilità dell’acquisizione di una prova non porta

a un divieto di utilizzazione della medesima. Dunque, le ispezioni fiscali e gli accessi presso

abitazioni autorizzati sulla base di informazioni contenute nella documentazione bancaria

reperita illecitamente a mezzo di trafugamento dalla parte di un funzionario della Banca del

Liectenstein “LGT”, e poi acquisite dalle autorità fiscali tedesche, rispettavano i dettami

costituzionali. A questo proposito, la Corte tedesca negò la validità di quella che è

conosciuta negli ordinamenti anglosassoni, e specialmente negli Stati Uniti, come la teoria

del “fruit of the poisonous tree doctrine”566

osservando che, da una parte le autorità fiscali

tedesche avevano proceduto in ottemperanza alle disposizioni normative e che, le

informazioni ottenute illegalmente non costituivano, d’altra parte, violazioni di quel nucleo

incomprimibile relativo all’organizzazione della vita privata (p. 42-45 della sentenza). Sulla

stessa linea, anche la Corte Costituzionale del Rhineland Palatinate567

ha stabilito la

correttezza dell’operato delle autorità fiscali tedesche che avevano indagato sulla residenza

fiscale fittizia di un contribuente sospettato di evasione fiscale sulla base di informazioni

incluse in un CD, contenente dati rubati relativi ad informazioni di contribuenti tedeschi

aventi conti bancari in Svizzera, acquistato da cinque governi congiuntamente568

.

In Italia, la Commissione Tributaria Provinciale di Genova in una pronuncia riguardante la

c.d. lista Falciani respingeva i ricorsi di un contribuente che aveva il conto presso una

banca in Svizzera, ritenendo che “l’acquisizione materiale della fiche non appare

censurabile in quanto pervenuta da una fonte legittimata a fornire notizie tributarie per cui,

il modo in cui è entrato nella conoscenza dell’Ufficio non rileva ai fini della validità

dell’atto impugnato”569

. I giudici tributari affermarono che lo scambio di informazioni

fiscale”. In dottrina: DELAURIÉRE, C. PREST, New analysis: French Tax Authorities lose battle on stolen data, 62 Tax

Notes International 3, p. 176 (2011).

565 Bundesverfassungsgericht, 2 BvR 2101/109 del 9 novembre 2010.

566 P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, Riv. Prat. Trib.

I , 2013, p.791.

567 Verfassungsgerichtshof Rheineland – Pfalz, sentenza VGHB26/13 del 24 febbraio 2014.

568 S. SOONG JOHNSTON, State Court rejects challenge against use of stolen bank data, 73 Tax Notes International 10, p.

876 (2014).

569 Commissione Tributaria Provinciale Genova, sez. IV, 5 giugno 2012, n. 193, in GT-Riv. Giur. Trib., 2012, 710 ss

con nota critica di N. Raggi, Contenzioso “Falciani”: istruzioni per l’uso, in Riv. Dir. Trib. n. 1/2014, pp.712 ss;

Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, sez. IV, 18 luglio 2012, n. 103. In senso analogo e sulla legittima

acquisizione dei dati in quanto conseguente ad una rituale richiesta all’amministrazione fiscale francese inoltrata

attraverso i canali di collaborazione informativa internazionale anche due decisioni della Comm. Trib. prov. Treviso,

sez V, 28 giugno 2012, n. 59 in Corr. Trib., 2012, 3264 ss; Comm. Trib. prov. Treviso, sez I, 5 giugno 2012, n. 64,

Corr. Trib. 3266 ss; Commissione Trib. Prov. Piemonte Verbania, sez. I, 21 giugno 2013, n. 15. Corte di Cassazione,

sezione 3, pen. N. 38753 del 4 ottobre 2012 che ribadisce che un’eventuale illecita acquisizione all’estero non comporta

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regolare dal punto di vista formale fosse in grado di depurare qualsiasi informazione relativa

alla loro acquisizione570

. Da queste considerazioni, sembra difficile stabilire un criterio

generale univoco che possa permettere o escludere l’utilizzo di dati ottenuti in maniera

illegale nello Stato interpellato. Secondo la Commissione Provinciale tributaria di Verbania

per le informazioni provenienti da altro Paese europeo che le abbia illegittimamente ottenute

non sussiste alcuna restrizione o limitazione posta dalla Direttiva, la quale impone

unicamente il divieto di trasmissione di informazioni qualora comporti la divulgazione di un

segreto commerciale, industriale o professionale, di un processo commerciale o di

un’informazione la cui divulgazione sia contraria all’ordine pubblico. La Commissione

piemontese571

rileva inoltre che con l’art. 18 della Direttiva 2011/16/UE gli Stati membri

non potranno ricusare di fornire le informazioni soltanto perché esse siano detenute da una

banca o da altri tipi di istituzioni finanziarie. Conseguentemente, secondo tale orientamento,

appare indifendibile la posizione di un cittadino europeo che, in violazione di regole statali

e comunitarie, sottragga all’imposizione redditi prodotti in un altro Stato membro invocando

un segreto bancario che non è tutelato nei paesi dell’Unione. In generale, sembra poter

affermare che la recente giurisprudenza, pronunciandosi in merito all’utilizzabilità di dati

provenienti da “liste trafugate”, abbia sancito una sorta “detipizzazione” delle evidenze che

sono ammesse nel procedimento tributario, rendendo pacifica l’ammissibilità di dette prove

anche se acquisite all’estero con modalità irrituali572

. Tale affermazione consente anche di

considerare ammissibile anche la documentazione acquisita in sede di joint audit

direttamente dal funzionario la cui presenza è stata ammessa nel corso della verifica o negli

uffici in un altro Stato. Tali prove sono considerate come acquisite all’interno di

un’ordinaria attività istruttoria con l’unica differenza che la stessa si è svolta in un altro

paese e con regole proprie dell’altro paese. A tal proposito, occorre ricordare che in Italia

analoga illeicità dell’acquisizione dei dati da parte dell’amministrazione finanziaria attraverso le procedure di

cooperazione. Sulla utilizzabilità degli elementi raccolti in sede penale anche se sia mancato il rispetto delle garanzie

difensive previste per il procedimento penale si veda Cass. Civ. sez trib., 12 novembre 2010, n. 22984, in Foro It., 2011,

I, 2442; Cassaz. ordinanze n. 8605 e 8606 del 14 aprile 2015, e n. 9760 del 15 aprile 2015 nelle quali si è dichiarata a

favore dell’utilizzo da parte dell’Amministrazione Finanziaria dei dati ricavabili dalla lista Falciani che possono

integrare la prova presuntiva idonea a supportare la pretesa erariale; Cassaz. Sentenze n. 16950 e 16951 del 19 agosto

2015; Contra: Cassaz. Pen, sez III n. 29433 del 17/4/2013; in dottrina: F. TESAURO, Ammissibilità nel processo

tributario delle prove acquisite in sede penale, in Rass. Trib., n. 2, 2015, p. 323-332.

570 S. ARMELLA, L. UGOLINI, Il regolare scambio di informazioni tra Stati può sanare l’illegittimità originaria della

lista Falciani?, Corr. Trib., 2012, 3258. Sulla inutilizzabilità in radice delle informazioni raccolte in modo illecito: A.

CARINCI, Lista Falciani e tutela del contribuente: utilizzabilità vs. attendibilità dei relativi dati da parte dell’Autorità

fiscale italiana, in Novità Fiscali, 2012, 14.

571 Commissione Trib. Prov. Piemonte Verbania, sez. I, 21 giugno 2013, n. 15.

572 Corte di Cassazione, sentenza del 13 maggio 2015, n. 9760 in materia di utilizzabilità dei dati rinvenuti nella c.d.

“lista Falciani” anche se acquisiti all’estero mediante condotte illecite.

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l’art. 11 della Direttiva è stato implementato nel 2014 con l’art. 31 bis del DPR n. 600/73

che ha anche espressamente sancito l’utilizzabilità del materiale istruttorio reperito

all’estero con modalità naturalmente diverse da quelle previste dalla disciplina italiana. Si

pensi, ad esempio, alla possibilità in altri Paesi, quali la Germania, dell’audizione per

testimoni in ambito fiscale. Tanto premesso, l’attività compiuta all’estero nel corso del joint

audit deve essere descritta in documenti redatti con cadenza giornaliera, sottoscritti da

funzionari nazionali ed esteri, e portata a conoscenza del contribuente consentendo in questo

modo anche di ovviare anche alla problematica relativa all’ammissibilità di mezzi di prova

che non sarebbero consentiti nell’altro Paese573

.

Il problema dell’ammissibilità delle prove è stato oggetto di un lungo dibattito, attualmente

ancora in corso, riguardante il furto di dati provenienti da una banca e scambiati tra

amministrazioni. Molti giudizi nazionali hanno recentemente stabilito che alla base della

riservatezza dei rapporti tra banche e clienti non ci sono valori della persona umana da

tutelare ma solo interessi patrimoniali e istituzioni economiche. Il diritto alla riservatezza

dei dati bancari non rientrerebbe, secondo quest’ottica, tra i diritti fondamentali

costituzionalmente garantiti dal momento che riguarda la relazione del contribuente con la

banca e le istituzioni finanziarie ed è strumentale all’obiettivo della sicurezza e del buon

andamento dei traffici commerciali574

. Anche la Corte Costituzionale575

ritiene che, non solo

non esiste un diritto costituzionale al segreto, ma sussistono vincoli costituzionali allo

stesso, nel senso che la compressione dei diritti patrimoniali è legittima nella misura in cui

ciò sia strettamente funzionale a garantire l’attuazione di altri interessi costituzionalmente

tutelati, quali il dovere inderogabile di concorrere alle spese pubbliche in ragione della

propria capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 della Costituzione. I diritti patrimoniali dei

573 Si ritiene che anche la comunicazione di inizio della procedura di joint audit deve essere comunicata al contribuente.

In base all’art. 12 , comma 2 dello Statuto del Contribuente “quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto

di essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificata”. Occorre, pertanto, comunicare la natura specifica del

controllo e i motivi per cui il soggetto è sottosposto a tale particolare controllo.

574 Corte di Cassazione, sez. V civ. trib., 9 giugno 2015 – 19 giugno 2015 nn. 16950 -16951. La Corte aggiunge che lo

stesso Lussemburgo, paese da cui sono provenute le informazioni, ha sottoscritto il 26 febbraio 2014 l’accordo

bilaterale che, prevedendo lo scambio di informazioni ai fini fiscali secondo lo standard OCSE, pone fine al segreto

bancario nei rapporti di quel Principato con l’Italia. In questo senso anche Corte di Cassazione, ordinanza del

23/12/2015, n. 250151.

575 Corte Costituzionale, sentenza n. 51 del 18 febbraio 1992, in base alla quale la Corte ha ritenuto che al dovere del

segreto bancario cui sono tradizionalmente tenute le imprese bancarie in relazione alle operazioni ai conti e alle

posizioni concernenti gli utenti dei servizi da esse erogati, “non corrisponde nei singoli clienti delle banche una

posizione giuridica soggettiva costituzionalmente protetta, nè, men che meno, un diritto della personalità”. Ogni misura

legislativa che disciplini il segreto bancario si scontra con il limite costituzionalmente sancito di garantire “un non

irragionevole apprezzamento dei fini di utilità e di giustizia sociale che gli artt. 41, comma 2 e 42, comma 2, Cost,

prevedono a proposito della disciplina delle attività economiche e del regime delle appartenenze dei beni

patrimoniali”.

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cittadino trovano espressa e completa tutela nelle norme costituzionali ma non possono

essere tali da giustificare il segreto bancario.

Tali posizioni inducono a ritenere che i diritti economici, seppur costituzionalmente tutelati,

si collocherebbero ad un livello di tutela inferiore rispetto a quelli inerenti alle libertà

personali576

. Del resto anche autorevole dottrina costituzionalistica considerò che potessero

esistere delle aperture interpretative circa la necessità del superamento di una presunta

cristallizzazione del significato politico delle norme costituzionali quale inteso dal

Costituente a causa dell’evoluzione della società. “Un’interpretazione che non tenga conto

dell’evoluzione dei rapporti costituzionali materiali e non sia in questo senso oggettiva ma

sia invece ancorata alla volontà soggettiva esistente nel momento in cui la Costituzione è

stata posta, la renderebbe presto obsoleta, esponendola a tensioni e al rischio di troppo

frequenti richieste di modificazione che ne comprometterebbero la legittimità” dovendosi

richiedere “una capacità di emancipazione dalla volontà storica di chi l’ha posta affinchè

possa porsi come punti di riferimento idoneo nel divenire delle fasi storiche a condurre ad

unità le vicende complesse della società e del diritto”577

. Il problema di fondo, ripreso

successivamente infra nel paragrafo relativo al diritto alla privacy, è cercare il giusto

contemperamento tra il diritto alla riservatezza e alla vita privata578

e interessi erariali. La

Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso Heglas579

, ha affermato che l’utilizzazione

processuale delle prove illegittimamente acquisite non costituisce di per se stessa elemento

di invalidità del procedimento amministrativo dovendosi valutare se l’intero giudizio nel

suo complesso e nel concreto sia improntato al giusto processo580

. Secondo parte della

dottrina581

, conseguentemente, il principio di proporzionalità assume una rilevanza centrale

576 Contrario a questa teoria: I. CARACCIOLI, Lista Falciani e Panama Papers: esiste una gerarchia tra le norme

costituzionali? in Riv. Dir.Trib., n. 4, 2016, pp. 50-60.

577 G. ZAGREBELSKY, Manuale di Diritto Costituzionale, vol. I, Il sistema delle fonti del diritto, Torino, 1988, pp. 75 e

ss.

578 La Corte Europea dei diritti dell’Uomo afferma che nel diritto al rispetto alla vita privata e familiare di cui all’art. 8

della CEDU rientra la protezione dei dati bancari, caso M.N. e altri v. San Marino, terza sezione, applicazione n.

28005/12 del 7 luglio 2015.

579 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, applicazione n. 5935/02 del 1 marzo 2007, caso Heglas v. The Czech Republic.

580 Corte Edu, caso Heglas, cit., punto 85 afferma “La Cour n’a donc pas à se pronunce, par principe, sur la

recevabilité de certaines sortes d’éléments de preuve, par exemple des éléments obtenus de manière illégale au regard

du droit interne, ou encore sur la culpabilité du requérant. Elle doit examiner si la procédure, y compris la manière

dont les éléments de preuve ont etè recueillis, a été équitable dans son ensemble, ce qui implique l’examen de

l’illégalité en question et, dans le cas où se trouve en cause la violation d’un autre droit protégé par la Convention, de

la nature de cette violation”.

581 G. PETRILLO, Scambio di informazioni ed utilizzabilità delle prove ottenute in violazione della normative nazionale,

in Dir. Prat. Trib. Int. N. 1/2016. Si previsa che in base al principio di proporzionalità l’Amministrazione finanziaria

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rispetto a detta esigenza di effettuare un contemperamento di interessi. L’amministrazione è

tenuta a valutare se sussistano misure meno invasive e che possano condurre al medesimo

risultato esaminando tutte le possibili attività di investigazione previste nell’ordinamento

tributario582

, con la conseguenza che “si dovrebbe escludere l’efficacia probatoria di tutte le

informazioni acquisite dall’Amministrazione in difformità di schemi legali nazionali o con

esercizio di poteri incoerente ingiustificato, sproporzionato”583

. Queste considerazioni

sembrano essere confermate anche dalla Cassazione che nella sua affermazione che “non

qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale

comporta di per sé la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in

tal senso ed esclusi ovviamente, i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti

fondamentali di rango costituzionale (quali l’inviolabilità del domicilio, della libertà

personale, ecc.)584

. Il riconoscimento del limite della legalità indicato dall’art. 17, comma 2,

della Direttiva 2011/16/UE dovrebbe impedire allo Stato richiedente di utilizzare come

elementi di prova informazioni acquisite fuori dagli schemi legali procedimentali nazionali.

In caso contrario sarebbe difficile affermare il buon funzionamento del mercato, proprio

quando l’uso delle informazioni irregolarmente acquisite dalle amministrazioni

consentirebbe alle stesse di emettere atti d’imposizione che negli ordinamenti nazionali

sarebbero infondati dal momento che utilizzerebbero informazioni irregolarmente acquisite.

Secondo tale teoria585

, una verifica circa l’attendibilità e la liceità delle informazioni deve

considerarsi imprescindibile, dovendo determinarsi l’invalidità derivata dell’avviso di

accertamento586

che si fondi su risultanze ottenute a seguito di gravi illeciti o che rappresenti

non può imporre obblighi e/o restrizioni alle libertà del privato in misura superiore a quanto strettamente necessario per

il soddisfacimento di quell’interesse che si intende raggiungere dovendo sussistere una relazione adeguata tra il fine

perseguito dall’azione statale e gli strumenti impiegati per conseguirlo

582 R. CASTIGLIONE, Cooperazione fra autorità fiscali, accertamento tributario e garanzie del contribuente, in Gius. Trib.,

2009, 3, 258.

583 A. DI PIETRO, La collaborazione comunitaria nell’accertamento e nella riscossione: la tutela del contribuente, in La

concentrazione della riscossione nell’accertamento, (a cura di) C. Glendi, V. Uckmar, Padova, 2011, 663 ss.

584 Corte di Cassazione, Sentenza del 28/04/2015 n. 8606, punto 8.6, citando la sentenza della Corte di Cassazione n.

24923 del 2011.

585 C. SACCHETTO, Le prove nel processo tributario: prove illegittimamente acquisite. Casi interni ed internazionali, in

Dialoghi i diritto tributario fra attualità e prospettive, Torino, 16, 2015; P. MASTELLONE, Tutela del contribuente nei

confronti delle prove illecitamente acquisite all’estero, in Dir. Prat. Trib., 2013, 4, 791; S. MULEO, Illegittimità derivate

degli atti impositivi, in Rass. Trib., 2012, 4, 1006.

586 Cass., sez trib., 18 gennaio 2012, n. 631 in Rass. Trib. 2012. Secondo la Corte l’illegittimità di un atto istruttorio è

idonea ad interrompere il necessario collegamento funzionale con l’atto terminale del provvedimento impositivo con la

conseguenza che lo stesso configura un vizio di invalidità nel procedimento amministrativo idoneo a determinare

l’annullamento per illegittimità derivata dell’atto consequenziale impugnato.

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un fondamento giuridico non individuato. Se si accetta, tuttavia, la tesi della inutilizzabilità

delle prove illegittimamente acquisite e si applica detto principio alle informazioni

provenienti da uno Stato estero tramite la cooperazione internazionale, si pone il problema

che non solo l’amministrazione finanziaria, ma anche il giudice nazionale debba verificare

l’origine delle informazioni e conoscere la normativa interna dello Stato estero per

verificarne il corretto adempimento delle procedure istruttorie587

. Ne consegue che dal punto

di vista pratico tale teoria risulterebbe insoddisfacente588

. La stessa Corte di Giustizia589

ha

evidenziato che è devoluto alle esclusive attribuzioni del giudice del Paese membro che

riceve le informazioni l’apprezzamento, sulla base delle regole di diritto interno, delle prove

trasmesse dalle autorità straniere collaboranti. Ne deriva che, sebbene la mera acquisizione

di informazioni mediante lo strumento di cooperazione comunitaria non abbia la capacità di

purgare gli elementi acquisiti da eventuali illegittimità o vizi, l’autorità fiscale interna non

ha l’obligo di controllare l’autenticità o la provenienza della documentazione acquisita590

.

587 Tale problematica si rivelerebbe in realtà forse prima di fondamento per quanto concerne lo scambio automatico

trattandosi di dati che per loro definizione risultano nella disponibilità (sistematica e non occasionale, come può essere

l’acquisizione di un file rubato) dei sistemi banche dati.

588 G. PETRILLO, Scambio di informazioni ed utilizzabilità delle prove ottenute in violazione della normative nazionale,

in Dir. Prat. Trib. Int. N. 1/2016; R. Succio, Illegittimo l’accertamento fondato su scambi di informazioni ove non si

rispetti la previsione dell’art. 7 dello Statuto del contribuente, in Dir. e Prat. Trib. Int., 2010, 3, 199. Secondo

quest’ultimo autore “l’illegittimità di attività investigative poste in essere da autorità fiscali estere non è suscettibile di

provocare l’invalidità derivata dell’atto di accertamento emesso dall’amministrazione finanziaria italiana, e il giudice

tributario italiano non avrebbe cognizione dell’eventuale vizio che dovrebbe essere fatto valere davanti all’autorità

giudiziaria dell’altro stato”. Ovviamente tale valutazione potrebbe essere facilitata qualora fosse già intervenuta una

decisione dell’autorità giurisdizionale dello Stato di provenienza delle informazioni che ne abbia sancito l’acquisizione

illegale, in questo senso A. BUCCISANO, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir.

Trib., n. 7-8, 2012, pp.669-711.

589 Corte Di Giustizia, sentenza del 13 aprile 2000, causa C-420/98, caso W.N. punto n. 18 in base al quale la

trasmissione di informazioni ai sensi della direttiva n. 77/799/CE non richiede che la trasmissione delle informazioni

debba essere subordinata al fatto che lo Stato ricevente abbia adottato un atto accertativo, in quanto ciò “implicherebbe

che le autorità che detengono tali informazioni abbiano una conoscenza approfondita del contesto fattuale e giuridico

esistente in tale Stato. Ora, il subordinare a un siffatto presupposto l’obbligo di scambio spontaneo delle informazioni

contrasterebbe con lo scopo della direttiva” che mira ad un corretto accertamento delle imposte. Corte di Giustizia,

Sentenza del 6 dicembre 2012, causa C-285/11, caso Bonik, punto 32, “la Corte non è competente a verificare e

nemmeno a valutare le circostanze di fatto relative al procedimento principale. Spetta quindi al giudice nazionale

effettuare, conformemente alle norme nazionali sull’onere della prova, una valutazione globale di tutti gli elementi e di

tutte le circostanze di fatto relativi a detto procedimento onde stabilire se la Bonik possa esercitare un diritto a una

detrazione sulla base delle suddette cessioni di beni”. In questo senso anche AG Wathelet nelle sue Conclusioni al caso

Berlioz, cit., p. 105 e 11 nei quali sostiene che al giudice spetta una valutazione sommaria degli elementi costituienti la

richiesta di scambio, non potendo essere richiesta un esame giuridico dettagliato del contesto di fatto e giuridico

esistente nell’altro Stato.

590 Conclusioni dell’avvocato generale Kokott al caso Sabou richiamando, tra le altre, la Corte di Giustizia, sentenza del

6 dicembre 2012, C-285/11, punto 11, caso Bonik.

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D’altra parte è difficile trovare una soluzione equa in quanto se un governo acquista dati

illegalmente ottenuti in un altro Paese questo potrebbe causare una breccia nella protezione

del diritto alla privacy nonchè la violazione ai principi del giusto processo contenuti nella

Carta Europea dei diritti dell’uomo591

o persino, come considerato nel Lussemburgo una

violazione del principio di “ordine pubblico”592

. In Italia, l’orientamento giurisprudenziale

più recente considera che in materia tributaria, le irritualità nell’acquisizione di elementi

rilevanti ai fini dell’accertamento non comportano di per sé e in assenza di specifica

previsione, la loro inutilizzabilità, salva solo l’ipotesi in cui venga in discussione la tutela

dei diritti fondamentali di rango costituzionale come l’inviolabilità della libertà personale o

del domicilio593

. Secondo tale posizione, alla base della riservatezza dei rapporti tra banche

e clienti non ci sono valori della persona umana da tutelare ma solo interessi patrimoniali e

istituzioni economiche. Sono stati, conseguentemente, ritenuti utilizzabili nell’accertamento

e nel contenzioso con il contribuente i dati bancari sottratti dal dipendente di una banca

estera e ottenuti dal fisco italiano mediante gli strumenti di cooperazione comunitaria, senza

che assuma rilievo l’eventuale illecito commesso dal dipendente stesso e la violazione dei

doveri di fedeltà verso l’istituto datore di lavoro e di riservatezza dei dati bancari che non

godono di copertura costituzionale e di tutela legale nei confronti del fisco medesimo. Le

informazioni acquisite sarebbero utilizzabili anche attraverso il riscontro delle contestazioni

mosse dal contribuente nell’accertamento tributario quali presunzioni semplici ai sensi

dell’art. 2729 c.c. Gli elementi comunque acquisiti sarebbero utilizzabili, come affermato

dalla Corte di Cassazione594

, qualora fosse dimostrata dall’Agenzia l’attendibilità del dato e

gli stessi fossero forniti di caratteristiche di gravità, precisione e concordanza tali da poter

essere utilizzati ai fini di un accertamento.

In quest’ottica, l’utilizzabilità di detti dati è rimessa ad un’analisi caso per caso per

verificarne dette caratteristiche e se i diritti fondamentali del contribuente previsti dalla

591 M. STEWART, Transnational tax information exchange networks: steps towards a globalized, legitimate tax

administration, in World Tax Journal, n. 2, 2012.

592 A. STEICHEN, “New Exchange of information versus solutions of equivalent effect – Luxemburg report”, EATLP

Congress – Istanbul – May 2014. A livello internazionale, la protezione dei dati personali è prevista anche nell’art.17

della International Covenant on Civil and Political Rights Adopted with RES 2200A, XXI, of 16/12/1966. Article 17

holds: “No one shall be subjected to arbitrary or unlawful interference with his privacy, family, home or correspondence

nor to unlawful attacks to his honour and reputation”.

593 Cassazione civile, sez. V, 19 agosto 2015, n. 16950.

594 Cassazione civile, sez. V, 19 agosto 2015, n. 16951. Nel caso esaminato dalla Corte, il contribuente ha prodotto

all’Ufficio i saldi di conto corrente detenuto presso l’istituto HSBC eccependo che i dati ivi presenti non corrispondono

a quelli della fiche ottenuta mediante lo scambio di informazioni. Se ne deduce che nel raffronto tra indizi disponibili,

l’Agenzia deve dare conto degli eventuali elementi di contro prova. In senso analogo Corte di Cassazione, ordinanza n.

8605 e 8606 del 28 aprile 2015.

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154

legislazione dello Stato richiedente sono stati rispettati anche nello Stato che trasmette le

informazioni.

Detto questo la giurisprudenza italiana595

ritiene che gli organi di controllo possono

utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso, in considerazione della loro

natura e contenuto, anche se acquisiti irritualmente, trattandosi pur sempre di semplici indizi

nel processo tributario che l'organo giudicante è tenuto a prendere in considerazione nel

quadro delle complessive acquisizioni processuali. La Cassazione n. 17183 del 2015

afferma che riguardo alla prova dei fatti giuridici la dottrina civilistica ha tempo chiarito che

"un dato incontestabile è che tali elementi non sono predeterminati nè predeterminabili dalla

legge, poichè qualunque cosa, documento o dichiarazione può costituire la base per una

inferenza presuntiva idonea a produrre conclusioni probatorie circa i fatti della causa. Si può

dunque ravvisare nella categoria delle presunzioni semplici (salvo i limiti di cui all'art. 2729

c.c. ), la via attraverso la quale le prove atipiche posso entrate nel processo civile". Si

aggiunto nella dottrina tributaria che "i requisiti tipici di una presunzione semplice non può

essere stabilita a priori, ma consegue unicamente alla concreta valutazione del contenuto

indiziano degli elementi tipici". I giudici supremi inoltre precisano che al fine di valutare la

corretta applicazione dell'art. 2729 c.c., anche successivamente alla modifica del vizio di

motivazione nel giudizio di Cassazione, occorre verificare che il giudice di merito abbia

valutato i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza di tutti gli elementi

offerti in giudizio attraverso un esame non parcellizzato, posto che la scorretta valutazione

degli elementi, in quanto operata senza il rispetto dei criteri di legge, non integra un giudizio

di fatto, ma una vera e propria valutazione in diritto soggetta al controllo di legittimità.

(Cass. 9760/2015, in tema di Lista Falciani; conf. S.U., 8054/2014/SU e Cass. 19894/2005).

595 Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 5, Sentenza del 26/08/2015 n. 17183; Corte di Cassazione, Sentenza del

13/05/2015 n. 9760; Corte di Cassazione, Sentenza del 28/04/2015 n. 8606; Comm. Trib. Prov. Milano

Sezione/Collegio 23, Sentenza del 29/04/2015 n. 3795; Comm. Trib. Prov. Milano Sezione/Collegio 47, Sentenza del

25/02/2015 n. 1825 . La Cassazione afferma che il diritto interno consente l'ingresso nell'accertamento fiscale, prima, e

nel processo tributano, poi, di elementi comunque acquisiti e, dunque, anche di prove atipiche ovvero di datti acquisiti

in forme diverse da quelle regolamentate (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 33; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51),

secondo i canoni caratteristici della prova per presunzioni.

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155

5.7. L’orientamento internazionale sull’implementazione dei diritti di

partecipazione In base alla classificazione suggerita dall’OCSE

596 è possibile individuare tre categorie di

diritti del contribuente coinvolto in una procedura di scambio di informazioni:

1) Notification rigths, (diritti ad essere informato della richiesta) i quali permettono

al contribuente di avere conoscenza dell’avvenuta richiesta di informazioni da

parte di un altro Stato;

2) Consultation rights, (diritti a partecipare all’attività investigativa) che

riconoscono al contribuente il diritto al contraddittorio prima che le informazioni

siano trasmesse allo Stato richiedente, nonostante la decisione finale di

trasmettere o meno rimanga nella sfera della discrezionalità dell’autorità fiscale

interpellata;

3) Intervention rights (diritti di opposizione) che comprendono il diritto di verificare

la legittimità della richiesta di assistenza e la correttezza delle informazioni che si

intendono scambiare nonché il diritto di appello contro la decisione dello Stato di

trasmettere dette informazioni, qualora emergano vizi formali o sostanziali597

.

Sulla base di questa classificazione è individuata una tutela crescente del contribuente che

sarà legittimato a far valere i diritti di intervento solo se allo stesso tempo sono riconosciuti

anche i diritti contenuti nelle prime due categorie598

. A livello internazionale, lo stesso

Commentario all’art. 26 del Modello Ocse contro le doppie imposizioni sottolinea che

“information may also be communicated to the taxpayer”599

. L’art. 4 par. 3 della

596 OECD, Tax information exchange between OECD Countries. A survey of current practices, Paris, 1994, par. 66 che

richiama: OECD, Comitato Affari Fiscali, Taxpayers’ rights and obligations – A survey of the legal situation in OECD

countries, Working Paper n. 8, Parigi, 27 aprile 1990.

597 J.M. CALDERON, Taxpayer protection within the exchange of information procedure between State tax

administrations, Intertax, 2000, vol 28, n. 12, p. 466. L’autore effettua un’approfondita analisi delle diverse forme di

tutela riferibili alla persona coinvolta nello scambio intendendosi non soltanto il contribuente cui si riferiscono le

informazioni ma anche colui che le fornisce. L’autore prosegue indicando che, in taluni Paesi, come ad esempio gli Stati

Uniti, sono previste clausole che garantiscono la protezione dei diritti del contribuente, quale il diritto a richiedere la

sospensione dell’atto amministrativo qualora si dimostri l’esistenza di un rischio grave e irreparabile. Grava sul

ricorrente l’obbligo di dimostrare i fatti su cui di fonda la sua pretesa ed in ogni caso deve provare che detta sospensione

non causerà un danno grave e irreparabile allo Stato richiedente (Corte del Nevada, 21 giugno 2013, Salomon Juan

Marcos Villareal v. USA).

598 P. MASTELLONE, L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p. 366.

599 Commentario all’art. 26, par. 12, in OECD Model Tax Convention on Income and on Capital (updated 2010), Paris,

2012, C (26)-8.

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156

Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa ammette, similarmente,

che ciascuno Stato possa, se la legge interna lo prevede, informare il contribuente prima che

le informazioni a lui riferibili siano trasferite ad un altro Stato. Pur evidenziandone i

vantaggi, tra cui evitare errori circa l’identità del contribuente o beneficiare di una eventuale

collaborazione attiva di quest’ultimo alla risoluzione della problematica, l’OCSE non ha

mai supportato il riconoscimento dei participation rights in capo al contribuente in quanto

potrebbero inficiare l’efficienza dello scambio di informazioni600

. I risultati di taluni studi

comparati601

hanno indicato che solo il 22% dei Paesi consente che il contribuente abbia il

diritto di essere informato prima che lo Stato invii una richiesta di assistenza amministrativa

ad un altro Stato, e solo il 17% ammette il diritto di essere ascoltati nel corso di un processo

istruttorio.

In alcuni Paesi602

, fra cui anche l’Italia e la Finlandia, non sussiste alcun obbligo per le

autorità fiscali di avvertire il contribuente circa l’attivazione di una procedura di assistenza

amministrativa, in primo luogo perchè le verifiche internazionali in corso potrebbero subire

delle ripercussioni o comunque mettere a repentaglio il segreto investigativo che connota le

indagini tributarie603

; in secondo luogo perché la notifica potrebbe criminalizzare il

contribuente, assimilandolo ad un indagato per un potenziale reato604

.

600 P. MASTELLONE, “L’Unione europea non riconosce participation rights al contribuente sottoposto a procedure di

muta assistenza amministrativa tra autorità fiscali”, Riv. Dir. Trib. n. 1 /2014, p. 390.

601 T. SCHENK-GEERS, International Exchange of Information and the Protection of Taxpayers, Alpphen aan den Rjin,

2009, 235; P. BAKER, P. PISTONE, General report, in The practical protection of taxpayers’ fundamental rights, Cahiers

de droit fiscal International, vol. 100b, Kluwer, the Netherland, (2015), p. 60, notes n. 220-221.

602 R. SEER, I. GABERT, (a cura di), General Report in Mutual Assistance and Information Exchange, Atti del Convegno

EATLP svoltosi a Santiago de Compostela il 4-6 giugno 2009, Amsterdam, 2010. secondo tale autore, la normativa

domestica dello Stato della fonte del reddito dovrebbe prevedere al fine di garantire non solo la certezza ma anche la

trasparenza dell’operato delle autorità amministrative il diritto del contribuente a essere formalmente informato circa la

decisione dello Stato interpellato di trasmettere le informazioni richieste.

603 P. SELICATO, Scambio di informazioni, contraddittorio e Statuto del contribuente, in Rass. Trib., 2012, 351 -352.

Secondo l’autore,infatti, la comunicazione preventiva potrebbe compromettere l’efficacia di un’indagine, “mettendo il

contribuente in condizione di “inquinare le prove”. Ne risentirebbe, in sintesi, lo stesso buon andamento dell’azione

amministrativa, che, a norma dell’art. 97 della costituzione, proprio il contradditorio dovrebbe salvaguardare

attraverso (tra l’altro) gli istituti della partecipazione al procedimento amministrativo ed il diritto di accesso agli atti

amministrativi, disciplinati dalla L. 241/90 che riconosce ai privati un vero e proprio diritto ad essere coinvolti nel

procedimento”.

604 J.E. BISCHEL, Protection of Confidential Information in Tax Matters, in Intenational Tax Journal, 1993, 63.

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157

In altri ordinamenti, come per esempio Andorra605

, Lussemburgo, Svizzera e Olanda606

e i

territori dipendenti (come Jersey o le Cayman Islands) la partecipazione attiva del

contribuente (c.d. “participation rights”) introdotta per salvaguardare i diritti che potrebbero

essere stati lesi nella procedura di cooperazione internazionale in caso di ricezione di una

richiesta in entrata607

è stata di recente modificata a seguito di alcune Peer Reviews svolte

dal Global Forum OCSE608

.

La difficoltà di trovare un equilibrio tra gli interessi in gioco emerge con evidenza

dall’atteggiamento che il Global Forum ha assunto nei confronti dei diritti di partecipazione,

con la preoccupazione che la concessione di siffatti diritti potesse risolversi in un

pregiudizio al corretto funzionamento e all’efficacia dello scambio di informazioni609

. Ad

esempio nella peer review per la Repubblica Ceca effettuata dal Global Forum, si legge

quanto segue: “with the minor exception of prior notification in cases of a third party

witness statement, there seem to be no rules on rights and safeguard which could unduly

prevent or delay effective exchange of information”. Analogamente in Svizzera, a seguito di

una peer review – phase 1- del Global Forum610

, che aveva richiesto di limitare i diritti di

notifica, di intervento, attribuiti al contribuente, consigliando di introdurre “appropriate

exceptions to the right of notification and right to inspect the EOI file which are consistent

with the standard”, è stata prevista, nel Swiss Federal Act on International Administrative

Assistance in Tax Matters, la possibilità di notificare a posteriori al contribuente la richiesta

di scambio nel caso in cui l’autorità finanziaria estera dimostri che una preventiva

605 La Peer Review del Global Forum dell’OCSE aveva stabilito nel 2011 che le norme che obbligavano

l’amministrazione a notificare al contribuente la procedura di scambio avrebbero potuto seriamente compromettere

l’efficacia della procedura di scambio. OCSE, Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax

Purposes Peer Reviews: Andorra 2011 – Phase 1: Legal and Regulatory Framework (2011), p. 49.

606 I Paesi Bassi hanno recentemente abolito la notifica al contribuente dell’avvio di una procedura di scambio di

informazioni, sia a richiesta, sia automatico sia spontaneo con l’introduzione della legge Internationale fiscale medeling

del 12 dicembre 2013, IFZ 2013/863, a seguito della procedura di peer review dell’OCSE – Global Forum on

Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes peer Reviews: The Netherlands 2011, Combined: Phase 1

+ Phase 2 (The Netherlands), p. 8.

607 CFE, Opinion Statement ECJ –TF 2/2014 of the CFE on the decision of the European Court of Justice in case C-

276/12, Sabou, concerning taxpayer’s rights in case of Exchange of information upon request (Aprile 2014).

608 N. DIEPVENS, F. DEBELVA, The Evolution of the Exchange of Information in Direct Tax Matters: the Taxpayer’s

Rights under Pressure, in EC Tax Review, n. 4, 2015, pp. 210 -219. Gli autori rilevano che a fronte dell’incremento del

volume degli scambi non si è riscontrato un analogo incremento nella tutela del contribuente.

609 F.A. GARCIA PRATS, G. MELIS, Lo scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit., p. 294; L. MORAVEC, D.

NERUDOVA, National Report for Czech Republic at EATLP Congress 2014, par. 3.

610 OECD, Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes Peer Reviews: Switzerland

2011 –Phase 1, 2011, Paris, 2011, 69

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conoscenza da parte del contribuente potrebbe essere di ostacolo all’efficacia della

procedura di accertamento. Anche nella Peer review del 2011 (Phase 1) relativa al

Lussemburgo611

emerge la necessità che i diritti attribuiti al contribuente non inficino

l’effettività dello scambio di informazioni, sottolineando un’impostazione che considera

l’effettività dello scambio come obiettivo prioritario. Le autorità fiscali lussemburghesi

devono infatti verificare che la richiesta di informazioni sia stata formulata in conformità

con le disposizioni pertinenti dei trattati (come, ad esempio, prevedibile rilevanza,

sussidiarietà). Se ritengono che il test sia superato con successo, comunicano al detentore

delle informazioni la loro decisione di scambiare tali informazioni. La banca detentrice delle

informazioni ed il contribuente possono decidere di impugnare la richiesta di informazioni

entro un mese dalla notifica, su cui deciderà il giudice amministrativo con rito abbreviato.

In altri Paesi, tali diritti di partecipazione sono stati sviluppati in maniera indiretta, per

esempio, stabilendo che, nell’ambito dello scambio di informazioni, ottenere i dati bancari è

soggetto ad una specifica autorizzazione giudiziaria nella quale, spesso il contribuente è

coinvolto. La recente giurisprudenza di alcune giurisdizioni, conosciute come importanti

centri finanziari, come ad esempio Singapore, dimostra che in molti casi le Corti hanno

rigettato autorizzazioni basati su prove infondate612

. Questi casi dimostrano come

l’autorizzazione da parte del giudice è finalizzata alla verifica che le decisioni in materia di

cooperazione adottate dallo Stato interpellato siano conformi alle condizioni degli accordi

internazionali e alla normativa interna613

. L’alternativa sarebbe includere e riconciliare i

611 In tale peer review si legge: “the rights and safeguards (e.g. notification, appeal rights) that apply to persons in the

requested jurisdiction should be compatible with effective exchange of information”.

612 Singapore High Court, SGHC 112 Comptroller of Income Tax v. AZP, applicazione n. 320, del 23 maggio 2012. La

Corte di Singapore negò la procedibilità di una richiesta inoltrata in base al trattato India-Singapore, delle autorità

indiane al fine di ottenere informazioni bancarie circa la presenza di eventuali conti detenuti da un contribuente indiano

in banche singaporiane con la motivazione che la domanda non presentava elementi di prevedibile pertinenza. In senso

analogo anche Singapore High Court, SGHC 291 del 4 novembre 2015, AXY and others v. Comptroller of Income Tax.

In quest’ultima sentenza, in particolare, si fa riferimento alla normativa interna che richiedeva l’autorizzazione

dell’autorità giudiziaria singaporiana per poter trasmettere i dati i carattere finanziario. Il giudice negò all’autorità

fiscale domestica la possibilità di rispondere alla richiesta delle autorità koreane ordinando di comunicare al

contribuente l’avvenuto inizio delle indagini da parte delle autorità estere, pur concludendo che per l’avvenire tale

disposizione normativa, essendo stata modificata nel 2014 a seguito dell’introduzione della regolamentazione FATCA,

non potesse più valere e che doveva essere preservato il segreto delle indagini finanziarie qualora fosse stato richiesto

nella domanda di assistenza amministrativa inoltrata dalle autorità fiscali estere.

613 S.C. RUCHELMAN , A. BORSOS, “Enforcing non-US tax authority requests for taxpayer information, Caplin &

Drysdale (7 marzo 2014); D.SANDISON, P. LAU, Recent Tax cases in Singapore, PWC International Tax News 11, p.7

(novembre 2013). Si pensi, ad esempio, alle imposte e ai periodi d’imposta coperti dal trattato, la proporzionalità,

l’assenza di errori nella trasmissione dei dati o di dati sensibili che possano rivelare segreti commerciali, o

semplicemente la prevedibile pertinenz.

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diritti di difesa del contribuente con la principale fonte del diritto internazionale tributario: i

trattati. Ad esempio, alcuni trattati fra quelli conclusi dalla Spagna614

presentano clausole

dirette a coordinare i diritti di partecipazione del contribuente nello Stato interpellato con il

procedimento tributario espletato nello Stato richiedente. Il trattato invece, Spagna-

Germania Convention between the Federal Republic of Germany and the Kingdom of Spain

for the avoidance of double taxation and the prevention of fiscal evasion with respect to

taxes on Income and on capital tax treaty (febbraio 2011) contiene una clausola che assicura

riservatezza alle informazioni scambiate, stabilendo diverse garanzie a protezione dei dati

personali (c.d. Informational self-determination right–X Protocollo). Questo trattato

costituisce un valido modello per conciliare le procedure di assistenza amministrativa

reciproca e la salvaguardia della riservatezza dei dati. In ogni caso, ulteriori norme

potrebbero essere inserite nei trattati per coordinare le procedure di riscossione e per

aumentare la difesa del diritto al contradditorio, e prevenire l’utilizzo di dati non

correttamente ottenuti nel paese interpellato.

5.8. La compatibilita delle regole di data protection e privacy con la

Direttiva 2014/107/EU; l’impatto delle sentenze Digital Rights Ireland e

Schrems sullo scambio automatico di informazioni finanziarie Lo scambio automatico transfrontaliero all’interno dell’Unione Europea e verso Paesi terzi

comporta, come precedentemente analizzato, un incremento del volume di dati relativi ai

contribuenti che verranno raccolti ed elaborati. Il diritto alla protezione dei dati personali è

sancito nel diritto primario dell’Unione, e in particolare, nell’art. 16, c.1, del Trattato di

funzionamento dell’Unione Europea (d’ora in avanti“ TFEU”)615

, nell’art. 8 della

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d’Europa ( “CEDU”)616

, nell’art.

614 Per esempio i trattati con Hong Kong (2011), Panama (2010), Singapore (2011), o Svizzera (1996, modificato nel

2011).

615 L’art. 16 del TFUE dispone che “Ogni persona ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che la

riguardano. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono

le norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati di carattere personale da

parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, nonché da parte degli Stati membri nell’esercizio di

attività che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, e le norme relative alla libera circolazione di

tali dati. Il rispetto di tali norme è soggetto al controllo di autorità indipendenti”..

616L’art. 8 della CEDU intitolato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare” sancisce che. “ogni persona ha diritto

al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi

ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e

costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza,

al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e

della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

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7 (con riferimento al diritto ad una vita familiare e privata)617

e nell’8 della Carta dei Diritti

Fondamentali dell’Unione Europea (d’ora in avanti “la Carta”)618

e, a livello

internazionale619

dalla Convenzione per la Protezione delle persone fisiche con riguardo

all’elaborazione automatica dei dati personali (Convenzione adottata dal Consiglio di

Europa nel 1981 n.108/1981)620

.

Recentemente la Corte di Giustizia621

è intervenuta in fattispecie non tributarie

relativamente alla tutela di dati personali aprendo nuove prospettive di tutela per il

contribuente. Difatti, pur non essendo strettamente legate alla disciplina fiscale, le modalità

di protezione dei dati personali, tra cui rientrano anche i dati tributari, sono considerate

617 Art 7 della Carta è intitolato al “Rispetto della vita privata e della vita familiare” recita: “Ogni individuo ha il diritto

al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”.

618 La Carta (200/c 364/01) all’art.8 “Protezione dei dati di carattere personale” prevede che “Ogni individuo ha diritto

alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di

lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo

previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la

rettifica”.

619 A livello internazionale si ricordano anche: OECD Guidelines on the Protection of Privacy and Transborder Flows of

Personal Data (modificate nel 2013) che si applicano ai dati elaborate sia dal settore private che da quello pubblico.

620 A livello internazionale si ricorda anche la Risoluzione ONU A/RES/68/167 del 18 dicembre 2013, Assemblea

Generale delle Nazioni Unite, 68 esima sessione,. In tale occasione, l’ONU ha riconosciuto che raccolte o trasmissioni

di dati personali avvenute illegalmente o in maniera arbitraria violano il diritto alla privacy e alla libertà di espressione

confliggendo con i principi di una società democratica. In tale occasione, l’Alto Commissario ONU per i diritti umani

(d’ora in avanti “UNCHR”) è stato richiesto di monitorare e relazionare sullo stato della protezione e promozione del

diritto alla privacy. Nel suo report A/HRC/27/37 del 30 giugno 2014, il UNCHR ha sottolineato che limitazioni

all’esercizio di tali diritti sono possibili solo qualora non vengano considerate nè illegali nè arbitrarie. Nel documento

viene precisato che il termine “illegale” ovvero “unlawful” implica che nessuna limitazione possa avere luogo eccetto

nei casi previsti dalla legge, che a sua volta deve essere in linea con le previsioni e gli obiettivi dell’International

Covenant on Civil and political Rights. Il termine “arbitrary” è inteso, invece, a garantire che le disposizioni devono

essere previste per legge. Nonostante le similarità nella Convenzione ONU e CEDU e il fatto che entrambe prevedano

una conciliazione e composizione amichevole della controversia occorre rammentare che la protezione europea, nel

caso in cui il tentativo amichevole non avesse successo, può essere portato innanzi alla Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo. Sul punto si veda anche Consiglio d’Europa, Report of the Committee of Experts to the Committee of

Ministers, Problems arising from the coexistence of the United Nations Covenants on Human Rights and the European

Convention on Human Rights (1968).

621 Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and Others; Corte di Giustizia,

sentenza dell’8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland contro Minister for

Communications, Marine and Natural Resources,Minister for Justice, Equality and Law Reform, Commissioner od the

Garda Siochana, Irlanda, the Attorney general Irish Human Right Commission, Karntner Landesregierung (C-594/12),

Michael Seitlinger, Chritof Tschohl e altri; Corte di Giustizia, grande sezione, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362/14,

Schrems v. Data Protection Commissioner.

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applicabili622

anche in relazione allo scambio automatico di informazioni nel settore

tributario. La Direttiva del Consiglio 2014/107/EU623

ha introdotto importanti modifiche

alla direttiva 2011/16/UE in materia di protezione dei dati personali per allineare la

disciplina dello scambio di informazioni al rispetto dei diritti fondamentali riconosciuto

dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea624

. Ancora prima delle citate

pronunce della Corte di Giustizia, il gruppo di Esperti sullo scambio automatico di

informazioni di carattere finanziario625

, incaricato di verificare la compatibilità delle

disposizioni comunitarie con il modello di Standard elaborato dall’OCSE, nonché

l’osservanza dei principi dell’Unione Europea, aveva evidenziato nel suo primo report626

numerose lacune e carenze nella protezione dei dati personali.

La disciplina comunitaria non prende, infatti, direttamente in considerazione le posizioni e

gli interessi dei privati coinvolti nella raccolta e nella trasmissione delle informazioni, ma

richiama al rispetto della Direttiva 94/56/CE627

ora sostituita dal Regolamento 2016/679 del

27 aprile 2016628

sulla protezione dei dati personali e ai principi riconosciuti dalla Carta dei

622 Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and Others: con riguardo

all’assimilabilità del dato fiscale al dato personale.

623 Direttiva 2014/107/EU del Consiglio del 9 dicembre 2014 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto

riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale

dell’Unione Europea L359 del 16 dicembre 2014.

624 Direttiva 2014/107/EU del Consiglio del 9 dicembre 2014, preambolo, considerando n. 17.

625 Gruppo di Esperti nello scambio automatico di informazioni di carattere finanzia ai fini delle imposte sui redditi

(Commission’s Expert Group on Automatic Exchange of Financial Account Information for Direct Taxation Purposes

(AEFI Group), costituito nell’Ottobre 2014.

626 First Report of the Commission AEFI expert Group on the implementation of Directive 2014/107/EU for Automatic

Exchange of financial account information, del marzo 2015.

627 Directive 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 Ottobre, 1995 relativa alla tutela delle persone

fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati.

628 Regolamento 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle

persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la

direttiva 95/46/CE pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 119 del 4 maggio 2016, 1-88. L’art. 2

comma 1 di detto regolamento stabilisce che esso si applica al trattamento automatizzato di dati personali contenuti in

un archicio o destinati a figurarvi. L’art. 6, comma 1 stabilisce che i dati personali devono: a) essere processati in

maniera equa e secondo la legge; b) che devono essere raccolte per finalità specifiche esplicite e determinate e non

possono essere processate in una maniera che sia incompatibile con detta finalità; c) adeguate, rilevanti e non eccessive

in relazioni alle finalità per le quali sono state raccolte; d) accurate e, se necessario, aggiornate; e) conservate in una

forma che consenta l’identificazione dei soggetto per un tempo che non sia più lungo di quanto necessario per il fine per

il quale furono raccolte.

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diritti fondamentali dell’Unione Europea. Detto Regolamento regola l’esercizio di detti

diritti insieme con l’art. 8(2) della CEDU e l’art. 52 della Carta.

Gli Stati Membri possono restringere l’applicazione di diritti e obblighi derivanti dalla

normativa comunitaria, ma è importante sottolineare che tali limitazioni sono consentite

solo se dirette a salvaguardare un importante interesse economico o finanziario di uno Stato

membro o dell’Unione europea, includendo in materia monetaria, di bilancio e e

tribuataria629

. In questo modo, ogni Stato membro dovrebbe garantire che ogni misura

restrittiva, che per sua natura deve essere eccezionale e proporzionale, non deve causare

lesioni ai diritti del contribuente nel momento della elaborazione dei suoi dati personali.

In particolare, l’art. 25 della Direttiva 2011/16/UE è stato modificato nel dicembre 2014

dall’art. 1. c. 5 della direttiva 2014/107/EU, aggiungendo tre nuovi paragrafi.

In primo luogo viene precisato che le istituzioni finanziarie tenute alla comunicazione e le

autorità competenti di ciascun Stato membro sono considerate responsabili del trattamento

dei dati ai fini della direttiva 95/46/CE. Tale direttiva non differenzia, comunque, come

invece viene fatto per la Direttiva sulla protezione dei dati tra responsabili del trattamento e

data processors. Così da far ricadere sugli stessi soggetti le obbligazioni inerenti il diritto

della protezione dei dati personali, come pure quello inerente la qualità del dato, ovvero i

diritti di accesso, segretezza, notificazione630

.

Ogni Stato Membro deve assicurare che le istituzioni finanziarie sotto la propria

giurisdizione informino il contribuente che le informazioni bancarie che lo riguardano

saranno raccolte e trasferite secondo le modalità previste dalla direttiva e che tale

comunicazione deve avvenire con “tempestività sufficiente a consentire alla persona

l’esercizio dei propri diritti alla protezione dei dati e comunque prima che l’istituzione

finanziaria tenuta alla comunicazione interessata comunichi le informazioni di cui all’art. 8

par. 3 bis all’autorità competente del suo stato membro di residenza”631

.

629 Art. 25 Direttiva 2011/16/UE in relazione all’art. 13(1) e) della Direttiva 95/46/CE ora sostituito dall’art. 23 del

Revolamento2016/679. Occorre menzionare a questo proposito il Parere dell’Autorità europea garante della protezione

dei dati in merito alla proposta di Direttiva del Consiglio sulla cooperazione amministrativa nel campo fiscale (OJ C

101, del 20 Aprile 2010) che era apertamente critica nei confronti della Direttiva 16, adducendo che la stessa avrebbe

potuto causare numerose restrizioni all’applicazione della direttiva sulla privacy, specialmente in riferimento ai principi

di necessità e trasparenza.

630 Per parte della dottrina S.M. GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal

Data in the European Union: Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review,

2016, n. 3, p. 153: sarebbe stato desiderabile ai fini di una maggiore certezza nel diritto distinguere gli obblighi ricadenti

sulle istituzioni finanziarie da quelli ricadenti sulle autorità fiscali.

631 Direttiva 2011/16/EU, art. 25, par. 3.

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163

Infine, la direttiva prevede che le informazioni debbano essere conservate per un arco di

tempo non superiore a quello necessario al conseguimento degli scopi della direttiva e

comunque in conformità alla normativa nazionale in materia di prescrizione di ciascun

responsabile del trattamento dei dati.

5.8.1 Diritto di notificazione

Il richiamo effettuato nel preambolo, considerando n. 17, della Direttiva alla Carta e alla

protezione dei dati personali, di cui all’art. 8 della stessa, implica i) che le informazioni

siano elaborate in maniera equa (lealtà) ii) per finalità determinate, esplicite e legittime e iii)

con il consenso del contribuente, o, diversamente, se previsto dalla legge; iv) con la

possibilità di rettifica da parte del contribuente. Tutti hanno il diritto di accesso ai dati

raccolti che li riguardino e di chiederne la rettifica. L’art. 8, comma 3, della Carta stabilisce

che tale procedura è soggetta al controllo di un’autorità indipendente.

Per quanto concerne il principio di leale trattamento occorre precisare che lo stesso è ripreso

anche all’art. 12 del Regolamento 2016/679 (prima art. 6 della Direttiva 95/46 sulla

protezione dei dati personali) ove si sancisce che l’individuo i cui dati sono trattati debba

essere posto in condizione di conoscere, avere accesso, notifica e richiedere la cancellazione

dei dati erronei, trattati in maniera non corretta ovvero non più utili alla finalità per la quale

furono raccolti.

A tal proposito la Corte di Giustizia632

ha concluso che il principio di leale trattamento

“obbliga un’amministrazione pubblica a informare le persone interessate della trasmissione

di tali dati a un’altra amministrazione pubblica che li tratterà in qualità di destinataria di

detti dati”. Di medesimo avviso, è anche l’Avvocato Generale Villalon che, nelle

conclusioni al citato caso633

Smaranda Bara ha stabilito che il trasferimento di dati senza

che il contribuente fosse prima informato rappresenta una breccia negli artt. 10, 11 e 13

della Direttiva sulla protezione dei dati. Il rispetto del diritto di notificazione nel caso di una

comunicazione di informazioni di carattere finanziario rappresenta un passo importante per

il riconoscimento di una protezione rafforzata dei diritti del contribuente.

Preliminarmente, occorre osservare che la sentenza in esame, pur non vertendo su una

problematica di carattere fiscale, riguarda la trasmissione di dati fiscali, specificatamente dei

redditi dei contribuenti, da parte dell’autorità fiscale rumena all’cassa nazionale per le

632 Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and Others, par. 34.

633Conclusioni dell’Avvocato generale Cruz Villalon del 9 luglio 2015, Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015,

causa C-201/14, Smaranda Bara and Others, par. 74.

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malattie. La Corte stabilisce che “i dati fiscali costituiscono dati personali ai sensi dell’art.

2, lett. 1) della direttiva 95/46 poiché si tratta di informazioni concernenti una persona fisica

identificata o identificabile” e che, pertanto, la loro trasmissione e il conseguente

trattamento “presentano carattere di trattamento di dati personali”634

. Da tale considerazione

emerge che i dati fiscali devono avere stesso rango di protezione degli altri dati. Tale

protezione implica quindi che il responsabile dei dati è soggetto ad un obbligo di

informazione le cui modalità, enunciate agli artt. 10 e 11 della direttiva 95/46, variano a

seconda che i dati siano o non siano stati raccolti presso la persona interessata (par31). La

possibilità di limitare la portata degli obblighi e dei diritti di protezione dei dati può essere

ammessa qualora tale restrizione costituisca una misura necessaria alla salvaguardia di un

interesse economico o finanziario di uno Stato membro o dell’Unione Europea, anche in

materia monetaria, di bilancio e tributaria o di un compito di controllo, ispezione o

disciplina connesso, anche occasionalmente con l’esercizio dei pubblici poteri. Tuttavia

l’art. 13 della direttiva stabiliva espressamente che tali restrizioni devono essere adottate a

mezzo legge635

non essendo sufficiente, come nel caso esaminato dalla Corte, un protocollo

interno o una mera circolare di natura amministrativa. In assenza di tale esplicita dispensa, il

trattamento dei dati trasmessi da un’amministrazione ad un’altra implica che le persone

interessate da detti dati debbano essere informate delle finalità di tale trattamento nonché

delle categorie di dati trattate (par.43).

Estendendo tale principio elaborato dalla Corte anche allo scambio internazionale dei dati

aventi carattere finanziario636

si deduce che le limitazioni al rispetto di tale diritto devono

avvenire in conformità con la legge, allorchè siano necessarie e purchè fondate su un valido

motivo di interesse generale, quale, ad esempio, la salvaguardia di un interesse economico

o finanziario, anche di carattere tributario. Tuttavia, analogo principio non sembra essere

esteso in caso di trasmissione di dati non finanziari. La maggior tutela accordata ai dati di

carattere bancario potrebbe essere giustificata dal fatto che, come sottolineato da parte della

dottrina637

, i dati scambiati automaticamente sono molto generici e non consentirebbero di

634 Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and Others, par. 29.

635 Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and Others, par. 39.

636 Article 29 Data Protection Working Party, Guidelines for member Stated on the criteria to ensure compliance with

data protection requirements in the context of the automatic exchange of personal data for tax purposes, 175/16/EN WP

234, adottato il 16/12/2015.

637 S.K. MCCRACKEN, “Going, going gone…global: a Canadian perspective on International tax administration issues

in the Exchange-of-information age”, 2002, 50, Canadian Tax Journal, p. 1896. Secondo l’autore le informazioni

scambiate automaticamente sono piuttosto generiche ed è improbabile che contengano dati di carattere personale: “the

routine transmission of information is a type of verification tool that allows tax authority to use those data for audit

purposes and has no particular investigative function; moreover, the information exchanged automatically is fairly

generic and it is highly unlikely to contain sensitive personal material or to contain trade or business secrets”.

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delineare un profilo dettagliato del contribuente. Tuttavia, come esaminato dalla Corte nel

caso Smaranda Bara, come pure anche dalle conclusioni della sentenza Digital Rights, non

sembra che la Corte distingua tra dati fiscali di carattere finanziario o reddituali in senso

stretto: in entrambi i casi si tratterebbe di dati personali che come tali devono essere protetti.

La maggior tutela per i dati bancari sarebbe forse rinvenibile nel fatto che in questo

caso i dati provengono da soggetti terzi i quali sono incaricati della conservazione,

dell’elaborazione e infine della trasmissione alle autorità fiscali; mentre nel caso di dati

reddituali, le autorità attingono da archivi fiscali da essi stessi gestiti e i cui dati sono forniti

in larga parte dal contribuente stesso.

Quanto alle restrizioni, occorre valutare se un rilevante interesse economico o

finanziario di uno Stato membro, anche in materia tributaria possa giustificare alla luce del

principio di proporzionalità le limitazioni all’art. 6 della direttiva sulla protezione dei dati

personali (oggi art. 12 del Regolamento 2016/679) come enunciato nel preambolo della

Direttiva638

dove il diritto alla protezione dei dati personali e i principi riconosciuti dalla

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europa possono subire delle restrizioni di cui

all’art. 13, par.1 lett. e) della Direttiva 95/46/CE qualora venga tale limitazione sia

“necessaria e proporzionata tenendo conto delle perdite di gettito potenziali per gli Stati

membri dell’importanza cruciale delle informazioni disciplinate dalla presente direttiva per

lottare efficacemente contro la frode”. Secondo parte della dottrina, tuttavia, tale finalità

sarebbe troppo generica per giustificarne l’invio massiccio e il rispetto del principio di

proporzionalità639

.

Analizzando la stessa problematica nell’ottica della Convenzione Europea dei Diritti

dell’Uomo del Consiglio d’Europa (d’ora in avanti “CEDU”), la Corte di Strasburgo

sembra giungere alla conclusione di ammettere tali restrizioni se finalizzate alla tutela degli

interessi finanziari di uno Stato. Pur non contenendo alcun riferimento alla protezione dei

dati personali, l’art. 8 della CEDU640

sancisce il rispetto della vita privata e, di recente, la

638 Direttiva 2011/16/UE Preambolo, considerando 27 e 28.

639 S.M. GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal Data in the European

Union: Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review, 2016, n. 3, p. 153

640 L’art. 8 della CEDU intitolato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare” sancisce che: “ogni persona ha

diritto al rispetto della propria vita private e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può

esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla

legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica

sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della

salute e della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

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Corte EDU641

ha affermato che la documentazione bancaria rientra nella nozione di “vita

privata” e di “corrispondenza” e come tale rientra nella protezione prevista dall’art.8

CEDU642

. Nel caso FS v. Germany, la Corte EDU643

stabilì che lo scambio di informazioni a

fini fiscali, pur provocando una limitazione dei diritti tutelati dall’art. 8 CEDU, era

giustificato in quanto i) avveniva in base a disposizioni legislative; ii) era stato effettuato

nell’interesse economico generale del paese e iii) era considerato necessario in un paese

democratico per raggiungere il predetto scopo. La Corte europea sui diritti umani644

ha

previsto che l’art. 8, intitolato al diritto al rispetto per una vita privata e familiare della

Convenzione sui diritti umani non era stato leso nel caso di una trasmissione di dati

finanziari a fini fiscali, poiché la trasmissione di dati bancari e finanziari non rappresenta un

pericolo per la violazione di dati privati o legati all’identità. Ciò che la Corte evidenziò fu

che nel procedimento di scambio internazionale di informazioni, i contribuenti hanno diritto

a procedure di salvaguardia e non a un sostanziale diritto alla privacy. Volendo trovare

quindi una linea comune, si può evidenziare che la protezione dei diritti fondamentali

dell’uomo protetti all’art. 8 della CEDU può essere invocata nello scambio di informazioni,

solo quando siano stati lesi diritti nell’ambito della procedura di raccolta645

. Il parallelo con

la Convezione Europea è necessario perché la Corte di Giustizia ha affermato che i diritti

fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri e dalla CEDU

fanno parte dei principi giuridici generali di cui essa garantisce l’osservanza. In molteplici

pronunce giurisprudenziali, la Corte EDU646

ha stabilito che le restrizioni o eccezioni alla

641 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 7 luglio 2015, applicazione n. 28005/12, caso M.N. e altri v/San

Marino.

642 Nel caso di specie, infatti, la Corte ritiene che il concetto di vita privata non attiene alla distinzione tra documenti

attinenti la vita familiare e quella di carattere commerciale, imprenditoriale. Nel provvedimento di sequestro, inoltre,

sono rientrati anche le mail scambiate tra il soggetto e parti terze delle quali la banca era in possesso, gli assegni e le

disposizioni fiduciarie del soggetto rientranti, per la Corte, nella definizione di corrispondenza.

643 Corte EDU, 27 novembre 1996, FS: v. Germany, applicazione n. 30128/96.

644 Corte Edu, G.S.B. v. Switzerland. Il caso concerneva la trasmissione alle autorità fiscali statunitensi delle

informazioni finanziarie in ossequio all’accordo di mutua assistenza amministrativa siglato tra gli Stati Uniti e la

Svizzera dopo lo scandalo UBS. In senso analogo anche la Corte degli Stati uniti nel caso Yeong Yae Yun v. US,

riguardante lo scambio di informazioni a fini fiscali con le autorità koreane, dove fu affermato che “petitioners have no

legittimate expectation of privacy in their bank account”.

645 P. BAKER, Double Taxation Conventions and Human Rights, in Tax Polymath: a Life in International Taxation, 64-

65 IBFD, 2010; N. DIEPVENS, F. DEBELVA, The Evolution of the Exchange of Information in Direct Tax Matters: the

Taxpayer’s Rights under Pressure, in EC Tax Review, n. 4, 2015, pp. 210 -219.

646Tra le altre, si segnalano le seguenti sentenze della Corte EDU: applicazione del 16 giungo 2015 n. 75292/10,

Othymia Investments BV v. The Netherlands, applicazione n. 69436/10 del 1 dicembre 2015, Brito Ferrinho Bexiga

Villa-Nova v. Portugal; applicazione n. 30128/96 F.S. against Germany (1996), che riguarda lo scambio spontaneo di

informazioni tra le autorità fiscali tedesche e quelle olandesi in ossequio alla Direttiva 77/799/EEC. La Corte stabili che

le informazioni scambiate erano proporzionate al legittimo scopo perseguito e le ingerenze e limitazioni al godimento al

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protezione dei diritti fondamentali poste dall’art.8, par. 1, CEDU, sono considerate come

“necessarie in una società democratica” e in accordo con la legge il cui fine è il rispetto

delle leggi tributarie fondate sulla creazione del benessere di una società. In generale, è stato

notato che limitazioni ai poteri delle autorità fiscali non hanno avuto successo se non

qualora tali poteri non fossero stati soggetti ad un’adeguata supervisione647

o ad un’effettiva

e tempestiva tutela giurisdizionale dei soggetti interessati . Recentemente, la Corte di

Strasburgo ha ravvisato nella mancanza di garanzie procedurali la violazione del diritto al

rispetto della vita privata, nel caso di specie della tutela dei dati bancari648

. Il caso in esame

potrebbe analogamente verificarsi in sede di un’istruttoria tributaria in relazione all’obbligo

informativo previsto dalla direttiva 2014/107/UE649

. In un’altra pronuncia650

, la Corte

affermò la lesione del diritto di riservatezza dei dati personali, i ricorrenti non erano stati

portati a conoscenza della procedura di sequestro dei propri conti finanziari se non un anno

dopo che la decisione era stata presa. In questo caso, lo Stato Sanmarinese non aveva

consentito ai ricorrenti l’esercizio di un adeguato diritto di opposizione.

diritto di privacy protetto dall’art. 8(1) della CEDU erano necessarie per combattere l’evasione fiscale.; Application n.

9804/82, X v. Belgium, riguardande la richiesta di un’amministrazione fiscale ad altra di fornire informazioni circa le

spese personali sostenute dal contribuente; Application n. 24117/08, 14 Mar. 2013, Bernh Larsen Holding AS and

Others v. Norway, in quest’ultimo caso, la Corte stabilì che l’accesso effettuato dall’amministrazione fiscale nel corso

di una verifica su tutto l’archivio elettronico dei dati di un’impresa sottoposta a verifica fiscale era necessario e non

sproporzionato e non rappresentava una breccia al diritti di privacy.

647 P. BAKER, “Taxation and the Human Rights”, 2001, disponibile al link http://taxbar.com/wp-

content/uploads/2016/01/gitc_review_v1_n1.pdf ultimo accesso 24 novembre 2016.

648 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sentenza del 7 luglio 2015, applicazione n. 28005/12, caso M.N. e altri v/San

Marino. Nell’ambito di un procedimento penale a carico di terzi per associazione a delinquere, riciclaggio,

appropriazione indebita ed evasione fiscale, l’autorità italiana avanza una richiesta di assistenza giudiziaria

internazionale finalizzata all’esecuzione di perquisizioni di locali e all’acquisizione di documenti. Le autorità di San

Marino autorizzano le perquisizioni richieste e ne dispongono il sequestro notificando, tuttavia tali provvedimenti ai

destinatari solo dopo un anno dalla loro adozione. Non essendo possibile alcun rimedio interno, i cittadini presentano

ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, lamentando una violazione dell’art. 8 CEDU avendo subito illegittima

interferenza nella loro sfera privata, in quanto il provvedimento sarebbe stato sproporzionato agli obiettivi prefissati. La

Corte nota la mancanza nella normativa interna di un rimedio giurisdizionale che consenta ai soggetti colpiti dalla

misura restrittiva del sequestro di contestare l’ordine di esecuzione, derivandone, appunto la lesione dell’art. 8 CEDU.

649 M. NAPOLITANO, Protezione effettiva dei dati del contribuente in presenza di scambio di informazioni automatico:

punti da una recente pronuncia della Corte di Giustizia del’Unione Europea, in Dir. e Prat. Internaz., n. 1/2016, pp.

385-298.

650 Corte Edu, 7 ottobre 2015, application. 28005/12, M.N. and Others v. San Marino.

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5.8.2. Il principio di proporzionalità nella conservazione dei dati

A seguito della pronuncia della Corte di Giustizia, Digital Rights Ireland651

che ha

sancito l’invalidità della Direttiva 2006/24/CE652

, nella Direttiva 2011/16/EU è stato

introdotta la condizione (preambolo, considerando n.12 della Direttiva 2014/107/UE) che i

dati finanziari dovrebbero essere conservati per un arco di tempo non superiore a quello

necessario al conseguimento degli obiettivi della Direttiva. Considerate le divergenze tra le

legislazioni degli Stati membri, il periodo massimo di conservazione delle informazioni

dovrebbe essere fissato con riferimento alla normativa in materia di prescrizione prevista dal

diritto tributario interno di ciascun responsabile del trattamento dei dati.

651 Corte di Giustizia, sentenza dell’8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland contro

Minister for Communications, Marine and Natural Resources,Minister for Justice, Equality and Law Reform,

Commissioner od the Garda Siochana, Irlanda, the Attorney general Irish Human Right Commission, Karntner

Landesregierung (C-594/12), Michael Seitlinger, Chritof Tschohl e a., par. 68. L’obiettivo della direttiva era quello di

armonizzare le disposizioni degli Stati membri relative alla conservazione da parte dei fornitori di servizi di

comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione di determinati dati generati o

trattati allo scopo di garantirne la disponibilità ai fini di prevenzione, indagine accertamento e perseguimento di reati

gravi come quelli legati alla criminalità organizzata o al terrorismo (punto 24 sentenza). La Corte pur riconoscendo la

finalità di contribuire alla lotta contro la criminalità grave, evidenzia che la direttiva non impone alcuna relazione tra i

dati di cui prevede la conservazione e una minaccia per la sicurezza pubblica e in particolare non limita la

conservazione dei dati a un determinato periodo di tempo e/o un’area geografica, né alle persone la cui conservazione

dei dati possa contribuire all’accertamento o al perseguimento di reati gravi (paragrafo 59) e non prevede alcun

collegamento con criteri oggettivamente determinabili alle finalità di prevenzione o accertamento di reati. I dati in

questione si riferiscono a ogni tipo di informazione necessaria per rintracciare e identificare la fonte di una

comunicazione e la destinazione della stessa, per stabilire la data, l’ora la durata di una comunicazione, le attrezzature di

comunicazione nonché l’ubicazione delle apparecchiature dell’utente, tra cui figurano il nome e l’indirizzo

dell’abbonato o dell’utente registrato, il numero telefonico chiamante e quello chiamato nonché l’indirizzo IP per i

servizi Internet. Tali dati permettono di conoscere la frequenza delle comunicazioni dell’abbonato con talune persone in

un determinato periodo.(par. 26), potendo quindi permettere di trarre conclusioni precise riguardo alla vita privata delle

persone i cui dati sono conservati, le abitudini quotidiane, i luoghi di soggiorno, gli spostamenti giornalieri, le relazioni

sociali. La Corte rileva che la conservazione di tali tipi di informazioni e l’ulteriore utilizzo degli stessi senza che

l’utente ne sia informato può ingenerare nell’interessato la sensazione di essere sotto sorveglianza, costituendo una

grave ingerenza nel diritto di rispetto alla privacy e alla protezione dei dati personali di cui agli artt. 7 e 8 della Carta

(par.37). Per la Corte la mancanza di regole chiare e precise che disciplinino la conservazione dei dati e impongano

requisiti minimi in modo che le persone i cui dati sono conservati dispongano di garanzie sufficienti che permettano di

proteggere efficacemente i loro dati personali contri il rischio di abusi nonché eventuali accessi e usi illeciti dei suddetti

dati (par.54) rende tale normativa invalida. La Corte prosegue indicando che la necessità di disporre di siffatte garanzie

è tanto più importante allorché i dati personali sono soggetti a trattamento automatico ed esiste un rischio considerevole

di accesso illecito ai dati stessi (par.55).

652 Direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006 riguardante la conservazione dei

dati generati o trattati nell’ambito di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico e di reti pubbliche di

comunicazion. Alla luce degli artt. 7 e 8 della Carta, la Direttiva non rispettava il principio di proporzionalità, non

limitando la conservazione dei dati di carattere personale a un determinato periodo di tempo e/o un’area geografica, né

alle persone la cui conservazione dei dati possa contribuire all’accertamento o al perseguimento di reati gravi (paragrafo

59 della sentenza Digital Rights, cit).

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Questa nuova disposizione ha adeguato la previgente normativa alla pronuncia della Corte

di Giustizia citata in modo che sia rispettato il principio di proporzionalità riguardo il

periodo di detenzione dei dati; tuttavia, parte della dottrina653

ritiene che l’assenza di un

esplicito riferimento temporale non sarebbe sufficiente al rispetto di quanto indicato dalle

Linee guide del Working party654

.

Per parte della dottrina655

, infatti, le informazioni e i dati scambiati automaticamente

sono in forma massiva, per cui si pongono interrogativi in merito al rispetto del principio di

proporzionalità656

, ovvero se la raccolta e la trasmissione di tante informazioni sia

effettivamente necessaria allo scopo e se non fosse stato più corretto come suggerito dal

Gruppo di esperti nel suo report 657

inserire il principio di causa sufficiente, in base al quale

subordinare l’elaborazione dei dati di un soggetto alla verifica degli indizi di un

comportamento non compliant del contribuente. Tale principio è stato parzialmente

introdotto con la Direttiva 2014/107/UE al 10 considerando, quando si afferma che

“determinate categorie di istituzioni Finanziarie e conti che presentano un rischio ridotto di

essere utilizzati a fini di evasione fiscale dovrebbero essere esclusi dall’ambito di

applicazione della Direttiva”. La selezione dei soggetti da escludere non dovrebbe essere

effettuata sulla base di soglie quantitativa, in quanto “potrebbero essere facilmente eluse

scindendo i conti tra diverse Istituzioni Finanziarie”658

.

653 M. SOMARE, V. WOHRER, “Automatic Exchange of financial information under the Directive on administrative

cooperation in the light of the global movement towards transparency”, in Intertax, vol. 43, n. 12, 2015; S.M.

GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal Data in the European Union:

Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review, 2016n. 3, p. 153: “ in our opinion,

the absence of clear time frames does not substantially improve the protection of data and, in light of the Digital Rights

Ireland case … could be insufficient to guarantee the principle of proportionality”.

654 Article 29 data protection working party, Guidelines for member States on the criteria to ensure compliance with

data protection requirements in the contest of the automatic exchange of personal data for tax purposes, 16 dicembre

2015, p. 7.

655 S.M. GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal Data in the European

Union: Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review, 2016, n. 3, p. 153. L’autore

suggerisce di subordinare la trasmissione delle informazioni alla verifica preventiva mediante operazioni di due

diligence miranti ad estrarre indici di rischiosità dei contribuenti; Garcia Prats, G. Melis, in Diritto e Processo tributario

n. 2/2015, p. 280.

656 Nella sentenza Digital Rights Ireland, la Corte ha messo in luce che, sebbene gli obiettivi siano legittimi (tutela del

mercato interno), la direttiva non deve superare i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi

stessi e nel particolare si deve valutare la l’ingerenza nei diritti fondamentali.

657 First Report of the Commission AEFI expert Group on the implementation of Directive 2014/107/EU for automatic

Exchange of financial account information, marzo 2015

658 Il riferimento alla soglia, tra l’altro, presente nella DAC1, come limite per l’invio o meno di informazioni,è stato

eliminato con la DAC2 nell’art. 8, par. 3, come spiegato nel preambolo punto n. 15.

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170

Analogamente, il Working Party relativo all’art. 29659

, nel suo parere del 4 Febbraio

2015, ha ritenuto che il principio di proporzionalità sia rispettato qualora sia dimostrata la

necessità dello scambio e che i dati i rappresentino il minimo necessario per soddisfare tale

finalità evitando così raccolte indiscriminate e massive. Per tale motivo, infatti, con la

modifica ad opera della Direttiva 2014/107/UE, è stata inserita l’esplicitazione del fine per il

quale le informazioni sono raccolte660

. In termini generali, la finalità è dichiarata al 10

considerando della direttiva 2014/107/UE, indicando che il trattamento delle informazioni

“è necessario e commisurato allo scopo di consentire alle amministrazioni fiscali degli Stati

membri di individuare correttamente e inequivocabilmente i contribuenti interessati ed

essere in grado di applicare e far osservare la propria normativa fiscale in situazioni

transfrontaliere, di valutare la probabilità che siano perpetrate evasioni fiscali e di evitare

ulteriori inutili indagini”. Parte della dottrina ritiene che sia difficile dimostrare che la

gestione di tali masse di dati si limiti a quanto necessario al perseguimento degli scopi della

Direttiva incluse le finalità di pubblico interesse661

.

Altra parte della dottrina662

ha invece valutato il principio di proporzionalità in

termini di eccessiva onerosità nei confronti dei contribuenti, concludendo che, in realtà,

nello scambio automatico di informazioni, tale aspetto non sarebbe leso in quanto sarebbe

difficile immaginare un mezzo meno invasivo o oneroso per accertare un reddito.

L’elaborazione automatica non interverrebbe, difatti, nella sfera privata più di quanto non

farebbe qualsiasi altra dichiarazione dei redditi da cui sono attinti i dati oggetto di

scambio663

. Secondo tale teoria, infatti, il diritto alla protezione dei dati personali di cui

all’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali, fa riferimento ai dati che possono identificare

un individuo664

. Tale visione troverebbe conferma nelle conclusioni dell’Avvocato Generale

659 Article 29 Data Protection Working Party, Guidelines for member Stated on the criteria to ensure compliance with

data protection requirements in the context of the automatic exchange of personal data for tax purposes, 175/16/EN WP

234, adottato il 16/12/2015, par. 3.

660 P. BAKER, Privacy Rights in an Age of Transparency: A European perspective, Tax Notes INT’L, del 9 maggio

2016, p. 586.

661 A. GARCIA PRATS, G. MELIS, Scambio di informazioni e diritti dei contribuenti, cit., p. 285.

662 A. SOONE, Exchange of Tax Information and Privacy in Estonia, in Intertax, vol. 44, 3, 2016, p.282.

663 In questo senso anche J.M. CALDERÓN, Taxpayer Protection within the Exchange of Information Procedure Between

State Tax Administrations, Intertax, 2000, vol. 28, n. 12, p. 473.

664 Secondo l’Avvocato generale, il diritto alla protezione dei dati personali rimane distinto dal diritto al rispetto della

vita privata e distinti sono i regimi che li disciplinano: il legame tra i due diritti dipende dalla natura dei dati considerati

pur trattandosi sempre di dati personali (par.63). I dati cui si riferisce la sentenza sono dati definiti dall’avvocato nel

par.65 “più che personali”, poiché si riferiscono alla vita privata, alla sfera intima; tali dati non sarebbero personali nel

senso classico del termine poiché non si riferiscono a informazioni specifiche sull’identità delle persone ma consentono

di creare una mappatura fedele e esaustiva dei comportamenti di un individuo e talvolta anche un ritratto completo della

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Cruz Villalon665

, nella causa Digital Rights Ireland, nella parte in cui si afferma che i dati

scambiati a fini fiscali, non sono personali nel senso tradizionale del termine, ovvero relativi

a specifiche informazioni concernenti l’identità di un in individuo il cui uso può contribuire

a creare un veritiero e esaustivo profilo della vita anche privata di un individuo666

.

L’intrusione nella vita privata del cittadino come tale protetta dalla Carta667

non si

configurerebbe per i dati scambiati automaticamente in quanto dagli stessi non sarebbe

consentito trarre specifiche conclusioni circa le abitudini, le attività e le relazioni di un

contribuente. Tali considerazioni seppur logiche, tuttavia, non sembrano trovare riscontro

nelle decisioni della Corte, che come in precedenza accennato non distinguono informazioni

fiscali di carattere puramente reddituale da quelle di carattere finanziario o comunque da

altre da cui sarebbe possibile tracciare un profilo del contribuente. Rimane, di fatto, la

presenza di una maggiore tutela per quanto riguarda le informazioni di carattere finanziario,

mentre analoga protezione non sembra essere stata specificatamente prevista per le altre

categorie reddituali oggetto di scambio.

5.8.3. Trasferimento delle informazioni personali dall’Unione europea a Paesi

terzi

Un ulteriore problema messo in evidenza dal Working Party art. 29668

consiste nel fatto che

la Direttiva sulla Cooperazione amministrativa in campo fiscale non prevede alcun

meccanismo specifico di controllo del quadro giuridico di garanzie relative inerenti al

trasferimento massivo di dati personali al di fuori dell’Unione Europea. Come già affermato

dalla Corte di Giustizia669

l’invio e la successiva detenzione di dati fuori dall’Unione

sua identità privata (par.74) quali la mappatura delle telefonate ricevute ed inviate, luogo di origine della

comunicazione. La normativa comunitaria che restringe il diritto alla protezione dei dati di carattere personale in

conformità dell’art. 8 della Carta sembra tuttavia ledere l’art.7 della Carta che tutela il rispetto alla vita privata.

665 Conclusioni dell’avvocato generale nei casi riuniti C-293/12 e C-594/12 della Corte Europea di Giustizia, p.55.

666 Conclusioni dell’avvocato generale nei casi riuniti C-293/12 e C-594/12 della Corte Europea di Giustizia, p. 74.

667 A. SOONE, Exchange of Tax Information and Privacy in Estonia, in Intertax, vol. 44, 3, 2016, p.282.

668 Working Party art. 29 lettera del 18/9/2014 all’OCSE e Commissione Europea, ref. ARES(2014) 3066381; Article

29 Data Protection Working Party, opinion 03/2015 in the draft directive on the protection of individuals with regard to

the processing of personal data by competent authorities for the purposes of prevention, investigation, detection or

prosecution of criminal offences or the execution of criminal penalties and the free movement of such data, adottato il

1/12/2015, 3211/15/EN. Il Working Party è stato costituito ex art. 29 della Direttiva 95/46/EC. E’ un organismo

europeo indipendente con funzioni consultive in merito alle problematiche di protezione dei dati personali e privacy;

rappresenta le autorità garanti dei dati personali nell’Unione europea. I suoi compiti furono descritti nell’art. 30 della

Direttiva 95/46/EC e nell’art. 15 della Direttiva 2002/58/EC.

669 Corte di Giustizia, sentenza dell’8 aprile 2014, cause riunite C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland contro

Minister for Communications, Marine and Natural Resources,Minister for Justice, Equality and Law Reform,

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Europea impedirebbe il controllo, esplicitamente richiesto dall’art. 8(3) della Carta, da parte

un’autorità indipendente che garantisca un medesimo livello adeguato di protezione dei

diritti personali. A tal proposito, la Corte di Giustizia670

si è pronunciata per la prima volta

sul tema del trasferimento dei dati verso paesi terzi. Il caso scaturisce dalla domanda di

pronuncia pregiudiziale proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Schrems e il

Commissario per la protezione dei dati irlandese riguardante il diniego, da parte di

quest’ultimo, di procedere all’istruzione della denuncia presentata dal cittadino per

contrastare il trasferimento negli Stati Uniti dei propri dati personali da parte di Facebook

Ireland Ltd. La Corte stabilisce che la normativa dell’Unione non osta a che un’autorità di

controllo di uno Stato membro esamini la domanda di una persona relativa alla protezione

dei suoi dati personali, estendendo in tal maniera la tutela prevista dall’Unione anche ai casi

di trasferimento dei dati verso paesi terzi. Alla luce della citata sentenza, trasferendo detti

principi all’ambito dello scambio di informazione, i contribuenti oggetto di comunicazione

ai sensi dell’art. 8 par. 3 bis della direttiva 2014/107/UE hanno il diritto di agire per la

protezione dei propri dati e di domandare alle autorità garanti nazionali di verificare

l’adeguatezza del sistema extra –UE. Il termine “adeguato” che figura nell’art. 25 della

direttiva 95/46 implica, come si legge nel paragrafo 73 della sentenza, che non possa

esigersi che un paese terzo assicuri un livello di protezione identico a quello garantito

nell’ordinamento dell’Unione. Tuttavia, l’espressione deve essere intesa nel senso che tale

Paese assicuri effettivamente, in considerazione della sua legislazione nazionale o dei suoi

impegni internazionali, un livello di protezione dei diritti fondamenti equivalente a quello

garantito in ambito comunitario. L’adozione di una precedente decisione di adeguatezza da

parte della Commissione circa il trasferimento dei dati agli Stati Uniti671

come pure

l’esistenza di accordi multilaterali non sarebbero di alcun impedimento a che l’autorità

Commissioner od the Garda Siochana, Irlanda, the Attorney general Irish Human Right Commission, Karntner

Landesregierung (C-594/12), Michael Seitlinger, Chritof Tschohl e a., par. 68.

670 Corte di Giustizia, grande sezione, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362/14, Schrems v. Data Protection

Commissioner, Nel caso di specie, la Corte ha esaminato l’adeguatezza dei c.d. “principi dell’approdo sicuro – safe

Harbour”, verficnfo che la normativa interna statunitense prevede che le garanzie di protezione safe Harbour concordate

con l’Unione possano essere disapplicate per ragioni connesse alla sicurezza nazionale un interesse pubblico o una

necessità di amministrazione della giustizia degli Stati Uniti, in base alla normativa interna. Tali disposizioni non sono

state considerate adeguate, non consentendo alcuna possibilità per il singolo di avvalersi di rimedi giuridici al fine di

accedere a dai personali che lo riguardano, oppure di ottenere la rettifica o la soppressione di tali dati non rispettano il

contenuto essenziale del diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva quale sancito dall’art. 47 della Carta

(paragrafo 95 della sentenza).

671 Nel caso di specie, si trattava della decisione della Commissione europea 2000/520/EC in base alla quale fu stabilito

che gli Stati Uniti offrivano un livello di protezione adeguato.

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nazionale sia chiamata alla valutazione del livello di sicurezza garantito672. In tali casi, le

autorità degli Stati membri sono tenute a valutare le doglianze dei cittadini UE che

lamentano di aver subito la violazione dei diritti di protezione dei propri dati per effetto del

loro trasferimento all’estero. Nell’ambito dello scambio automatico di informazioni questa

sentenza delineerebbe, secondo parte della dottrina, con maggiore precisione l’ambito di

applicazione dell’art. 25 della Direttiva 2014/107/UE, paragrafo 3, conferendo il diritto a

coloro che sono coinvolti dallo scambio, di agire per la protezione dei dati prima che questi

siano comunicati all’autorità competente dello stato membro di residenza e assicurando una

tutela tempestiva ed effettiva673. Per effetto della pubblicazione di questa sentenza, parte

della dottrina674 si è interrogata sulla validità e sul rispetto delle condizioni poste dall’art. 25

della Direttiva 95/46/CE (oggi art. 45 del Regolamento 2016/679, in base al quale il

trasferimento verso un paese terzo di dati personali oggetto di trattamento può aver luogo

soltanto se il terzo paese garantisce un livello di protezione adeguato, con riferimento alla

disciplina dello scambio automatico di informazioni con gli Stati Uniti. Tale disposizione

può essere derogata, in base all’art. 26, par. 1d), qualora il trasferimento sia necessario o

prescritto dalla legge per la salvaguardia di un interesse pubblico rilevante o per esercitare o

difendere un diritto in via giudiziaria ovvero in base all’art. 23 del Regolamento 2016/679

che ammette limitazioni e restrizioni di taluni diritti (di informazione, di accesso di

pubblicità nell’elaborazione di talune procedure) qualora sia necessario salvaguardare un

interesse economico o finanziario di uno Stato membro o dell’Unione Europea incluso un

interesse, monetario, finanziario o fiscale. La sentenza Schrems consentirebbe ai

contribuenti di opporsi ad ogni modifica sopra citata e di richiedere l’intervento dell’autorità

garante nazionale di protezione dei dati personali. Tuttavia, con l’introduzione dell’art. 45,

c.4, del Regolamento 2016/279, la Commissione ha un obbligo specifico di controllare su

base continuativa gli sviluppi nei Paesi terzi che potrebbero incidere sul livello di

adeguatezza nella protezione dei dati personali.

Con riferimento all’ambito FATCA, parte della dottrina sottolinea come gli accordi

intergovernamentali con l’USA stabiliscono espressamente che gli Stati partecipanti devono

garantire lo stesso livello di protezione dei dati e che gli stessi, una volta ricevuti sono

672 M. NAPOLITANO, Protezione effettiva dei dati del contribuente in presenza di scambio di informazioni automatico:

punti da una recente pronuncia della Corte di Giustizia del’Unione Europea, in Dir. e Prat. Internaz., n. 1/2016, pp.

385-298.

673 M. NAPOLITANO, Protezione effettiva dei dati del contribuente in presenza di scambio di informazioni automatico:

punti da una recente pronuncia della Corte di Giustizia del’Unione Europea, in Dir. e Prat. Internaz., n. 1/2016, pp.

385-298.

674 S.M. GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal Data in the European

Union: Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review, 2016, n. 3, p. 153.

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174

trattati come le informazioni ottenute in base alla normativa nazionale. Tuttavia occorre far

presente che il quadro normativo americano si differenzia da quello italiano/europeo675

. In

particolare, la normativa domestica americana prevede che le informazioni fiscali possono

essere svelate anche alle persone che hanno un materiale interesse nella questione676

. Ad

esempio, nel caso di una persona fisica, potrebbero essere il coniuge o il figlio677

; nel caso di

una società potrebbe essere sia un membro del consiglio di amministrazione, oppure un

dipendente come pure anche un socio che possieda un partecipazione dell’1% al capitale

sociale678

.

Le informazioni di carattere fiscale possono, inoltre, essere rivelate anche nel corso di un

processo penale o amministrativo, federale o statale, qualora il contribuente sia parte in

causa del processo, qualora la conoscenza di detti dati sia essenziale per la risoluzione della

controversia in essere, e quando le informazioni sono direttamente connesse ad un negozio

giuridico intercorrente tra detto contribuente e un’altra parte679. La protezione dei dati

personali negli Stati Uniti è orientata principalmente a permettere al cittadino di sapere le

condizioni e dove sono detenuti i propri dati e tale tutela deve essere bilanciata con gli

interessi del settore imprenditoriale e della società considerata nel suo insieme, non assurge

quindi a diritto fondamentale della persona come invece avviene in Europa680.

Poiché tali restrizioni, se non adeguatamente “blindate” con accordi bilaterali o disposizioni

normative, potrebbero essere facilmente eluse nel paese terzo681, il Working Party682 afferma

675 A. J. COCKFIELD, Protecting Taxpayer Privacy Rights Under Enhanced Cross-Border Tax Information Exchange:

Toward a Multilateral Taxpayer Bill of Rights, in U.B.C. Law Review, 2010, v. 42, n. 2 confronta le disposizioni

normative canadesi, Privacy Personal Information Protection and Electronic Documents Act (PIPEDA) ritenute

equivalenti, in termini di protezione del contribuente alle disposizioni dell’Unione, con le disposizioni statunitensi che

hanno negoziato con l’Unione un accordo di porto sicuro “Safe Harbour Agreement” che rappresenta il quadro

giuridico al quale le imprese multinazionali si devono conformare..

676 Internal Revenue Code, s. 6103 (d)

677 Internal Revenue Code, s. 6103 (e).

678 Internal Revenue Code, s. 6103 (e)(1)(D). Si veda anche la sentenza McAdams v.United States, m96-1, USTC, para

50, 269, W.D. La 1996.

679 Internal Revenue Code, s. 6103 (h) (4). Per un approfondimento sulle procedure di protezione di dati personali negli

Stati Uniti si faccia riferimento a S. RUCHELMAN, C. SCHERVASHIDZE, Exchanges of information: what does the IRS

receive? With whom does the IRS speak?, in Intertax, vol.42, n. 8 e 9, p. 577 e ss.

680 G. MARINO, General Report, New Exchange of Information versus Tax Solutions of Equivalent Effect, EATLP

Congress Istanbul, 2014.

681 S.M. GONZALEZ, The Automatic Exchange of Tax Information and the Protection of Personal Data in the European

Union: Reflections on the Latest Jurisprudential and Normative Advances, EC Tax Review, 2016, n. 3, p. 159.

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che dette limitazioni dovrebbero essere espressamente previste con un trattato che abbia

effetti vincolanti e che fornisca garanzie sull’adeguatezza delle misure di protezione delle

garanzie personali683.

Analogamente, si fa presente che a livello europeo, il garante europeo per la protezione dei

dati684, in merito all’accordo siglato tra l’Unione europea e la Svizzera sullo scambio

automatico di informazioni, richiede al legislatore europeo di introdurre nei futuri accordi

bilateraliuna serie di cautele685

. Il gruppo di esperti ha infatti evidenziato che uno scambio di

informazioni con detto paese potrebbe non risultare fiscalmente rilevante ma innescare una

problematica di breccia dei dati personali. Gli esperti consigliano agli stati membri di

adattare le proprie normative nazionali in riguardo alla protezione dei dati in modo da

assicurare tale rispetto perché il wording della direttiva appare troppo vago.

5.8.4 Data protection nello scambio di tax ruling: la segretezza rivolta agli organi

dell’Unione

Per quanto concerne lo scambio obbligatorio di tax ruling introdotto con le modifiche

apportate dalla direttiva 2015/2376/EU, il nuovo art. 8bis prevede lo scambio non operi nei

confronti degli accordi transfrontalieri che riguardano la situazione fiscale di una o più

persone fisiche. Pur tuttavia, nel preambolo, al punto 22, il legislatore chiarisce che la

direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e aggiunge, inoltre,che la stessa è volta a

garantire il pieno rispetto del diritto alla protezione dei dati personali e della libertà di

682 Working Party art. 29, opinion n.1/2016 non the EU-US privacy shield draft adequacy decision del 13/4/2016 WP

238.

683 Article 29 Data Protection Working Party, Guidelines for member Stated on the criteria to ensure compliance with

data protection requirements in the context of the automatic exchange of personal data for tax purposes, 175/16/EN WP

234, adottato il 16/12/2015, par. 3.

684 European Data Protection Supervisor (EDPS), opinion 2/2015, Opinion of the EDPS on the EU-Switzerland

agreement on the automatic Exchange of tax information, dell’8 luglio 2015.

685 Le misure sono tali da: 1) garantire la proporzionalità dei dati scambiati e raccolti, mediante procedure che esentino i

casi a basso rischio di evasione fiscale; 2) limitare le finalità connesse all’elaborazione dei dati e un ogni caso impedire

l’uso per fini diversi da quelli stipulati senza che sia preventivamente ottenuto l’accordo con i soggetti cui si riferiscono

le informazioni;3)includere informazioni relativamente alle modalità e alle finalità di elaborazione dei dati finanziari;4)

stabilire standard di sicurezza da ottemperare sia da parte di soggetti privati e pubblici coinvolti nella raccolta delle

informazioni; 5) stabilire sanzioni in caso di mancata osservanza alle medesime;6) prevere esplicitamente una durata

massima di detenzione delle informazioni allo scadere del quale, non servendo più ai fini della finalità dell’evasione

fiscale, le informazioni vengono distrutte.

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impresa. all’art. 25 della direttiva è inoltre aggiunto il paragrafo 1 bis che proclama che il

regolamento CE n. 45/2001 si applica al trattamento dei dati personali effettuato ai sensi

della presente direttiva dalle istituzioni e dagli organi dell’Unione, si pensi ad esempio al

fatto che la Commissione può avere accesso ai documenti scambiati e trattare i dati di natura

personale. Viene inoltre precisato che la portata degli obblighi e dei diritti previsti dagli artt

11 (informazioni che devono essere rese note quando il dato è raccolto direttamente dalla

persona interessata), 12 (informazioni raccolte da una persona terza), 13 -17 (diritto di

accesso, di rettifica, di soppressione, di cancellazione) del Regolamento CE n. 45/2001 è

limitata a quanto necessario al fine di salvaguardare gli interessi di cui all’art. 20, par. 1,

lett.b) ovvero alla salvaguardia di un interesse economico o finanziario, compreso

monetario o tributarie. La Commissione è inoltre tenuta, ex art. 23 bis, ad assicurare la

riservatezze delle informazioni comunicatele in conformità della presente direttiva e a non

utilizzarle per fini diversi da quelli necessari a determinare se e in che misura gli stati

membri rispettano la presente direttiva686.

Conclusioni

Dopo la crisi finanziaria che ha colpito le economie modiali nel 2008, la necessità per gli

Stati di proteggere e preservare le proprie entrate dall’erosione della base imponibile se non

proprio da fenomeni di evasione fiscale internazionale, ha indotto la comunità

internazionale a potenziare e rafforzare la cooperazione amministrativa, quale strumento di

contrasto a tali fenomeni. In parallelo, i principi di trasparenza e di scambio di informazioni

sono stati considerati come l’unica modalità per fronteggiare in maniera efficace l’evasione

fiscale. La convergenza ad un’unica forma modalità di scambio mediante lo standard ha

rappresentato un risultato rivoluzionario in materia di cooperazione. Per alcuni autori questo

assetto di uniformità configura quasi “un’amministrazione fiscale internazionale sia pure

decentrata e con legittimazione nazionale e la nascita in ogni ordinamento statale di un

sistema binario di regole per contrastare l’evasione con regole e soggetti propri per quella

domestica e regole ad hoc per quella internazionale”687

. Questa visione conferma il

processo di superamento del concetto di territorialità formale a fronte dell’affermazione

dello“Stato–collettività”, in forza della quale il territorio non è il criterio esclusivo di

delimitazione della sovranità688 , assumendo rilevanza fondamentale l’appartenenza della

686 A questo proposito si vedano anche i commenti formali dell’ European Data Protection Supervisor EDPS on a

proposal for a Council direttive amending Directive 2011/16/EU as regards mandatory automatic Exchange of

Information in the fiels of taxation, Bruxelles, 17 giugno 2015.

687 C. SACCHETTO, Cooperazione fiscale internazionale, 2016 disponibile al sito

http://www.treccani.it/enciclopedia/cooperazione-fiscale-internazionale-dir-trib_(Diritto-on-line)/ ultimo accesso 3

febbraio 2017.

688Generalmente, per definire la sovranità di uno Stato si fa riferimento al concetto di modello di Stato Westfaliano.

Tale concetto trae origine dalla periodo successivo alla Pace di Westphalia, siglata nel 1648, che decretò la fine della

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persona alla comunità. A fronte, tuttavia, di questa innegabile trasformazione, la

cooperazione fiscale internazionale è ancora vissuta e percepita come ambito di esclusiva

competenza degli apparati amministrativi statali, come attività che sfugge ad un controllo da

parte dei cittadini sia per l’aspetto politico che di opportunità. La finalità di lotta contro

l’evasione fiscale e l’enfasi sulla trasparenza delle procedure hanno dato un notevole

impulso al processo di cooperazione, ma contemporaneamente questo sistema non ha

fornito un quadro organico di misure di tutela del contribuente, creando sovrapposizioni di

fonti e assenza di coerenza. I limiti allo scambio (eccessiva onerosità, sicurezza) sono

utilizzati dagli Stati senza una tutela diretta per il contribuente; i poteri di controllo ed

accertamento sono esercitati dall’Amministrazione finanziaria di uno Stato nell’interesse

alla “corretta attuazione di un altro sistema fiscale ordinato al riparto dei carichi pubblici

della diversa comunità di cui lo Stato richiedente è ente esponenziale”689

. Il principio di

autonomia procedimentale deve fare i conti con un sistema di garanzie non uniforme ove il

contemperamento tra interessi relativi alla tutela della riservatezza individuale non trova

simmetrica copertura nella realizzazione dell’operatività di un sistema fiscale interno,

quanto, come sostiene autorevole dottrina, con “una sostanziale riconsiderazione del

concetto stesso di fiscalità, per espandere l’area di operatività dei principi costituzionali in

materia tributaria anche oltre gli istituti che realizzano il riparto dei carichi pubblici

attinenti la comunità statuale, cosicchè anche l’interesse alla corretta applicazione dei

sistemi tributari di altri Stati possa trovare riconoscimento e tutela nell’art. 53 della

Costituzione”690

. In questa prospettiva, sembrerebbe che la creazione di un codice tributario

europeo o, in alternativa, di un diritto procedurale armonizzato con una direttiva per

disciplinare le situazioni transfrontaliere, possa costituire un primo passo per garantire allo

scambio di informazioni la natura di standard non soltanto con riferimento alla finalità e alle

modalità perseguite ma anche offrendo un quadro giuridico organico di procedure di tutela.

Sembra di assistere a due tendenze di segno opposto operanti nelle scambio di informazioni:

a dispetto, infatti, di obiettivi di trasparenza nelle comunicazioni e di realizzazione di un

modello di scambio comune e condiviso a livello globale, l’attività istruttoria di

reperimento delle informazioni rimane ancorata al concetto di territorialità che, se da un

lato, rappresenta la naturale e necessaria rappresentazione della sovranità statuale, dall’altro

Guerra dei Trenta anni e che ha sancito la nascita ufficiale del modello politico moderno di Stato basato sulla sovranità

originaria di uno Stato sul proprio territorio. Corollari di questa visione sono: la subordinazione della società civile allo

Stato e sul ruolo centrale di quest’ultimo nelle relazioni internazionali con particolare riferimento al rispetto ai confini e

all’integrità territoriale di altri Stati.

689 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, pp. 49-58.

690 A. FEDELE, Prospettive e sviluppi della disciplina dello “scambio di informazioni” tra Amministrazioni Finanziarie,

in Rass. Trib., 1999, I, pp. 49-58.

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lato, considerata la tendenza all’ammissibilità di “prove detipizzate”, rappresenta un

ulteriore elemento di incertezza nella costruzione di un modello di tutela del contribuente,

nonché anche di freno all’efficacia dello scambio e ritardi creati dalle diversità procedurali

esistenti. Un’amministrazione tributaria che durante la cooperazione amministrativa

transfrontaliera non risulti funzionante, comportando svantaggi per i contribuenti e frizioni

nel superamento del limite territoriale a causa di un diritto procedurale non armonizzato

può rappresentare un fattore di distorsione della concorrenza nel mercato comunitario;

mentre dal punto di vista internazionale potrebbe rappresentare un serio ostacolo alla

realizzazione degli obiettivi di crescita e incentivo nei rapporti commerciali transnazionali.

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Bibliografia

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Corte EDU, sez. III, 21 febbraio 2008, applicazione n. 18497/03, Affaire Ravon et Autres c.

France ;

Corte EDU, 7 luglio 2015, applicazione n. 28005/12, caso M.N. e altri v/San Marino;

Corte EDU, 16 giungo 2015 applicazione n. 75292/10, Othymia Investments BV v. The

Netherlands;

Corte EDU, 1 dicembre 2015applicazione n. 69436/10, Brito Ferrinho Bexiga Villa-Nova v.

Portugal;

Corte EDU, 1996 applicazione n. 30128/96, F.S. against Germany;

Corte EDU, 14 Mar. 2013, applicazione. 9804/82, X v. Belgium;

Giurisprudenza italiana:

Corte Costituzionale sentenza dell’8 giugno 1984, n. 170, rel. La pergola, in Dir. Prat. Trib.,

1984, II;

Corte Costituzionale, sentenza del 21 gennaio 2000, n. 18, in Giur. It, 2000, 1075;

Commissione Tributaria Provinciale Genova, sez. IV, 5 giugno 2012, n. 193, in GT-Riv.

Giur. Trib., 2012;

Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, sez. IV, 18 luglio 2012, n. 103;

Comm. Tributaria Provinciale Treviso, sez V, 28 giugno 2012, n. 59, Corr. Trib., 2012,

3264 ss;

Comm. Tributaria Provinciale Treviso, sez I, 5 giugno 2012, n. 64, Corr. Trib., 3266 ss.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 2472 del 14 maggio 2014, ricorso dell’Agenzia delle

Entrate e del Garante per la Protezione dei Dati Personali;

Cassazione Civ., sezione tributaria, 26 febbraio 2009, n. 4622;

Cassazione Civ., sez. V, sentenza del 27 marzo 2015, n. 6232;

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180

Corte di Cassazione, sezioni Unite, sentenza del 9 dicembre 2015, n. 24823;

Corte di Cassazione, sez. V civ. trib., 9 giugno 2015 – 19 giugno 2015, nn. 16950 -16951;

Giurisprudenza straniera:

Bundesverfassungsgericht, 2 BvR 2101/109 del 9 novembre 2010;

Federal Court Australiana, sentenza n. 7, 8 ottobre 2013, FCA 1024, caso Hua Wang Bank

Berhad v. Commissioner of Taxation ;

Corte di Cassazione francese Cour de Cassation, sentenza 11-13097 del 31 gennaio 2012;

Suprema Corte degli Stati Uniti, 23 novembre 1964, Stati Uniti contro Powell, 379 U.S. 48,

57-58, 14 AFTR2d 5942 (1964);

US District Court for District of Arizona, 5 dicembre 2000, Docket n. CIV 00-281, 86,

AFTR 2d 2000-7356, Francisco Alatorre Urtuzuastegui v. U.S;

Corte d’Appello degli Stati Uniti, Quinto Circuito, 7 novembre 2001, n. 00-31430,

Zbigniew Emilian Mazurek, plaintiff- appellant, v. United Stated of America, Defendant –

appellee;

Grand Court delle isole Cayman, sentenza del 3 settembre 2013, M.H. Investments and J.A.

Investments v. The Cayman Islands Tax information Authority, causa G391/2012;

Corte di appello Inglese, Court of Appeal, Ben Nevis (holdings) Ltd v. Revenue and

Customs Commissioners, 23 maggio 2013, EWCA Civ. 678;

Royal Courts of Justice, 9 marzo 2016 -12 aprile 2016, TC05009 – (TC), giudice Brannan,

caso Fowley, in Riv. Dir. trib., n. 4, 2016, pp. 125-148;

Singapore High Court, SGHC 112 Comptroller of Income Tax v. AZP, applicazione n. 320,

del 23 maggio 2012;

Singapore High Court, SGHC 291 del 4 novembre 2015, AXY and others v. Comptroller of

Income Tax;

Corte di Giustizia dell’Unione Europea:

Conclusioni dell’Avvocato Generale Melchior Wathelet presentate il 10 gennaio 2017,

causa C-682/15, Berlioz Investment Fund SA contro Directeur de l’administration des

Contributions directes;

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181

Conclusioni dell’Avvocato Generale Colomer presentate il 26/10/2004 nella causa C-

376/03, D; Conclusioni dell’Avvocato generale Yves Bot del 20 novembre 2008, causa

Commissione/Grecia, C-45/07;

Conclusioni dell’Avvocato generale Paolo Mengozzi presentate il 14 ottobre 2008, Causa

C318/07 Hein Pershe, punto 78;

Conclusioni dell’avvocato generale Juliane Kokott presentate il 6 giugno 2013, causa C-

276/12 Jiri Sabou contro Financni reditelstvi pro hlavni mesto Prahu;

Conclusioni dell’avvocato generale nei casi riuniti C-293/12 e C-594/12 della Corte

Europea di Giustizia, p.55;

Corte di Giustizia, 4 febbraio 1959, Causa C-1/58, Stork c. Alta Autorità della Comunità

Europea del Carbone e dell’Acciaio;

Corte di Giustizia del 13 novembre 1964, causa Commissione/Lussemburgo e Belgio, C-90

e 91/63;

CGUE, 14 maggio 1974, causa C-4/73, Nold, Kohlen –Und Baustoffgrosshandlung c.

Commissione, in Racc. I-492;

CGUE, sentenza del 16 dicembre 1976, causa C-33/76, Rewe Zentralfinanz e Rewe-Zentral

AG contro Landwirtscharftskammei für das Saarland;

CGUE, sentenza dell’11 luglio 1989, C-265/87, Shräder HS Kraftfutter Gmbh & co. KG,

Racc. p. 2263, par. 21;

CGUE, sentenza 31 gennaio 1984, cause riunite C-286/82 e 26/83, Luisi Carbone;

CGUE, sentenza del 13 dicembre 1979, caso C-44/79, Liselotte Hauer contro Land

Rheineland Pfalz;

CGUE, sentenza del 28 gennaio 1992, Causa C-204/90, Bachmann, Racc. pag. I-249;

CGUE, sentenza del 3 dicembre 1992, causa C-97/91, Oleificio Borrelli spa c. Commissione

delle Comunità europee;

CGUE, sentenza del 14 dicembre 1995, cause riunite C-430/93 e C-431/93, Van Schijndel;

CGUE, sentenza del 10 luglio 1997, causa C-261/95, Rosalba Palmisani v. Istituto

nazionale previdenza sociale;

Corte di Giustizia comunità Europee, causa C-307/97, caso Saint Gobain;

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182

Corte di Giustizia, sentenza del 8 luglio 1999, Causa C-254/97, Société Baxter, B. Braun

Médical,SA, Société Fresenius France, Laboratoires Bristol-Myers-Squibb SA v. Premier

Ministre, Ministère du Travail et des Affaires sociales, Ministère de l’Economie et des

Finances and Ministère de l’Agriculture, de la Pèche et de l’Alimentation ;

Corte di Giustizia, sentenza del 13 aprile 2000, C-420/98, caso W.N. v. Staatssecretaris van

Financien;

Corte di Giustizia, sentenza del 1 luglio 2004, cause riunite C.361/02 e C-362/02, Elliniko

Dimosio v. Nikolaos Tsapalos e Konstantinos Diamantakis;

Corte di Giustizia, sentenza del 10 marzo 2005, Causa C-39/04, Laboratoires Fournier Sa v.

Direction des vérificarions nationales et internationals ;

Corte di Giustizia, sentenza del 14 settembre 2006, Causa C-386/04, Centro di Musicologia

Walter Stauffer v. Finanzamt Munchen fur Korperschaften;

CGUE, sez III, 27 settembre 2007, causa C-184/05, Twoh International, I, 7897 ;

Corte di Giustizia, sentenza del 11 ottobre 2007, Causa C-451/05, Européenne et

Luxemburgeoise d’investissements SA (ELISA) v. Directeur general des impost, Ministère

public;

Corte di Giustizia comunità Europee causa C 376-03, sentenza del 5/7/2005, caso D.;

CGUE, sentenza del 21 febbraio 2006, C-255/02, Halifax e a;

CGUE, sentenza del 213 marzo 2007, Causa C-524/04, Test Claimants in the Thin Cap

Group Litigation, Racc. pag. I-2107;

CGUE, sentenza del 18 luglio 2007, causa C-119/05, Ministero dell’Industria, del

Commercio e dell’artigianato c. Lucchini SPA;

Corte di Giustizia, causa C-101/05, Sentenza del 18 dicembre 2007, Skatteverket v. A;

Corte di Giustizia, 18 dicembre 2008, causa C 349-07, Sopropé – Organizações de Calçado

Lda contro Fazenda Pùblica;

Corte di Giustizia, sentenza del 27 gennaio 2009, Causa C-318/07, Hein Pershev.

Finanzamt Ludenscheid;

Sentenza Corte di Giustizia, del 28 ottobre 2010, causa C 72/09, Etablissements Rimbaud;

Corte di Giustizia Unione Europea, 22 ottobre 2012, C-277/11, caso M.M contro Ministe rof

Justice, Equality and Law Reform, Ireland, Attorney General;

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183

Corte di Giustizia, sentenza C-617/10, del 26 febbraio 2013, Akeberg Fransson;

Corte di Giustizia sentenze C-436/08 e 437/08 del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans

Riegel BetriebsgmbH andund Osteirreichische Salinen AG v. Finanzamt Linz;

Corte di Giustizia, sentenza del 17 marzo 2011, causa C-221/09, caso AJD Tuna;

Corte di Giustizia, sentenze dell’8 aprile 2014, casi C-293/12 e C-594/12, Digital Rights

Ireland contro Minister for Communications, Marine and Natural Resources,Minister for

Justice, Equality and Law Reform, Commissioner od the Garda Siochana, Irlanda, the

Attorney General Irish, Human Right Commission, Karntner Landesregierung (C-594/12),

Michael Seitlinger, Chritof Tschohl e a.;

Corte di Giustizia cause riunite C 129 e 130-13, sentenza del 3/7/2014, casi Kamino

International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics BV;

Corte di Giustizia, sentenza del 1 ottobre 2015, causa C-201/14, Smaranda Bara and

Others;

Corte di Giustizia, sentenza del 6 ottobre 2015, casi C-362/14, Schrems v Data Protection

Commissioner;

Corte di Giustizia, sentenza del 17 dicembre 2015, causa C-419/14, Web Mind Licenses Kft

contro Nemzeti Adó-És Vámhivatal Kiemelt Adó- és Vám Föigazgatóság;

Corte Internazionale di Giustizia, sentenza del 2 febbraio 1973, p. 50, punto n. 16, del Joint

separate Opinion of Judges Forster, Bengzon, jimenez de arechaga, Nagendra Singh and

Ruda, Fisheries Jurisdiction Case (United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland v.

Iceland) 1974;

Normativa e altri documenti

Automatic Exchange of Financial Information (AEFI) Expert Group - First Report of the

Commission AEFI Expert Group on the implementation of Directive 2014/107/EU for

Automatic Exchange of financial account information, del marzo 2015;

Article 29 Data Protection Working Party lettera del 18/9/2014 all’OCSE e Commissione

Europea, ref. ARES(2014) 3066381.

Article 29 Data Protection Working Party, opinion 03/2015 in the draft directive on the

protection of individuals with regard to the processing of personal data by competent

authorities for the purposes of prevention, investigation, detection or prosecution of criminal

offences or the execution of criminal penalities and the free movement of such data, adottato

il 1/12/2015, 3211/15/EN

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184

Article 29 Data Protection Working Party, Guidelines for member Stated on the criteria to

ensure compliance with data protection requirements in the context of the automatic

exchange of personal data for tax purposes, 175/16/EN WP 234, adottato il 16/12/2015

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 (GUCE C 364 del

18 dicembre 2000) adottata il 12 dicembre 2000 a Strasburgo;

Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento

europeo sulla prevenzione e la lotta alle pratiche societarie e finanziarie scorrette,

COM(2004)611, 27 settembre 2004;

Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento

europeo e al comitato economico e sociale europeo sulla necessità di sviluppare una

strategia coordinata al fine di migliorare la lotta contro la frode fiscale COM(2006) 254, 31

maggio 2006;

Commissione Europea, comunicazione COM (2006) 823 def. Del 19 dicembre 2006 sul

Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno;

Commissione Europea, Raccomandazione del 28 gennaio 2016 relativa all’attuazione di

misure contro l’abuso dei trattati fiscali, C(2016) 271 final;

Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al

Consiglio, Pacchetto anti-elusione: prossime tappe per assicurare un’imposizione effettiva e

una maggiore trasparenza fiscale nell’UE, COM(2016) 23 final del 28 gennaio 2016;

Proposta di Direttiva del Consiglio COM(2016) 26 final del 28 gennaio 2016 recante norme

contro le pratiche di elusione fiscale che incidono direttamente sul funzionamento del

mercato interno;

Commissione Europea, Comunicato Stampa n. ref. IP/13/530 del 12/6/2013 reperibile al sito

internet: http://europa.eu/rapid/press-release_IP-13-530_it.htm

Commissione Europea, Piano d’azione per il contrasto dell’evasione e elusione fiscale,

C(2012) 8805;

Contributo della Commissione al Consiglio europeo del 22/5/2013, reperibile al seguente

link http://ec.europa.eu/europe2020/pdf/tax_it.pdf;

Commissione Europea, Proposta di modifica della Direttiva 2003/48/CE in materia di

tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi, COM 2008/727, -

definitivo presentata dalla Commissione al Consiglio in data 13/11/2008;

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185

Commissione Europea, Proposta di Direttiva del Consiglio recante modifica della Direttiva

2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel

settore fiscale, COM 2013/348 final – 2013/01888 (CNS) del 12/6/2013;

Commissione Europea, Verso il coordinamento fiscale nell’Unione Europea, Un pacchetto

di misure volto a contrastare la concorrenza fiscale dannosa, Comunicazione della

Commissione Europea al Consiglio Europeo COM (97) 495 finale, Bruxelles 2007. Tale

pacchetto a portato all’approvazione del Codice di Condotta (inserito nel pacchetto Monti);

Commissione Europea, discorso del Commissario Semeta del 12 giugno 2013 “Fighting tax

evasion proposal to widen scope of automatic exchange of information within the EU”

(Speech/13/523);

Commissione Europea, “Automatic exchange of information: frequently asked questions”,

del 12 giugno 2013 Memo/13/533;

Commissione Europea, First report of the Commission AEFI Expert Group in the

implementation of Directive 2014/107/UE for automatic Exchange of financial account

information, marzo 2015;

Comunicati stampa dell’Agenzia delle Entrate relativamente alla conclusione di

Memorandum of Understanding concluso tra l’Amministrazione fiscale italia e quella

bavarese, disponibili ai seguenti link:

http://www.fiscooggi.it/files/u4/comunicatistampa/139_com._st._accordo_baviera_13.07.20

16.pdf ultimo accesso 28 marzo 2017;

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/f80de8b6-c45e-4464-9af1-

c6f5eb99fe59/186_Com.+st.+Accordo+Baviera+23.09.2016.pdf?MOD=AJPERES&CACH

EID=f80de8b6-c45e-4464-9af1-c6f5eb99fe59 ultimo accesso 28 marzo 2017;

Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report

to the Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the

2010 Protocol, punto n. 54;

Consiglio d’Europa, European Treaty Series n. 127 del 1 giugno 2011, Explanatory Report

to the Convention on Mutual Administrative Assistance in Tax Matters as amended by the

2010 Protocol;.

Consiglio d’Europa, Report of the Committee of Experts to the Committee of Ministers,

Problems arising from the coexistence of the United Nations Covenants on Human Rights

and the European Convention on Human Rights (1968).

Risoluzione ONU A/RES/68/167 del 18 dicembre 2013, Assemblea Generale delle Nazioni

Unite, 68 esima sessione;

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186

Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, adottata a Vienna il 23 maggio 1969, ratificata

in Italia con la legge 12 febbraio 1974, n. 112 (G.U. n. 111 Suppl. Ord. del 30 aprile 1974).

Direttiva del Consiglio n. 77/799/CEE del 19 dicembre 1977 relativa alla reciproca

assistenza tra le autorità competenti degli Stati membri in materia di imposte dirette e di

imposte sui premi assicurativi, Gazzetta Ufficiale L 336/18 del 27 dicembre 1977.

Direttiva del Consiglio n. 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 relativa alla cooperazione

amministrativa nel settore fiscale e che abroga la Direttiva 77/799/CEE, Gazzetta Ufficiale

dell’Unione Europea L 64/dell’11 marzo 2011, p. 1.

Direttiva 2014/107/EU del Consiglio del 9 dicembre 2014 recante modifica della direttiva

2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel

settore fiscale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L359 del 16

dicembre 2014, p.1.

Direttiva del Consiglio 2015/2376 dell’8 dicembre 2015 recante modifica della direttiva

2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel

settore fiscale, pubblicata nella Gazzetta dell’Unione Europea L.332/1 del 18 dicembre

2015.

Direttiva UE 2016/2258 del Consiglio del 6 dicembre 2016 che modifica la direttiva

2011/16/UE per quanto riguarda l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in

materia di antiriciclaggio, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 16

dicembre 2016 L. 342/1.

European Data Protection Supervisor (EDPS), opinion 2/2015, Opinion of the EDPS on the

EU-Switzerland agreement on the automatic Exchange of tax information, dell’8 luglio

2015, pubblicato nella Gazzeta ufficiale dell’Unione Europea c-289/6 del 3 settembre 2015.

European Data Protection Supervisor EDPS on a proposal for a Council Directive

amending Directive 2011/16/EU as regards mandatory automatic Exchange of Information

in the fields of taxation, Bruxelles, 17 giugno 2015.

European Data Protection Supervisor ,EDPS formal comments on a proposal for a Council

direttive amending Directive 2011/16/EU as regards mandatory automatic Exchange of

Information in the fiels of taxation, Bruxelles, 17 giugno 2015.

European Data Protection Supervisor (EDPS), opinion 2/2015, Opinion of the EDPS on the

EU-Switzerland agreement on the automatic Exchange of tax information, dell’8 luglio

2015.

IMF, International Monetary Fund, “Liberalizing Capital Movements”, 1999;

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187

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comunicato stampa 26 luglio 2012, n. 105 “Lotta

all'evasione fiscale internazionale: definito il modello di accordo bilaterale finalizzato a

migliorare la tax compliance internazionale e ad applicare la normativa usa "Fatca";

Ministro delle Finanze del Lussemburgo, Comunicato del 10 aprile 2013, “Frequently

asked questions – introducing automatic exchange of information in Luxemburg”

disponibile al sito internet

http://www.gouvernement.lu/salle_presse/communiques/2013/04-avril/10-finances/faq.pdf

Modello di accordo intergovernativo Fatca reperibile all’indirizzo

http://www.mef.gov.it/opencms754/opencms/primo-piano/documenti/2012/fatca-model_1a-

intergovernmental-agreement.pdf

Nordic Convention 1989, Nordic mutual assistance convention on Mutual Administrative

Assistance (7/12/1989) on tax matters disponibile all’indirizzo

http://www.itdweb.org/documents/NORDIC%20MUTUAL%20ASSISTANCE%20CONV

ENTION.pdf

OECD e Consiglio d’Europa, (2015), Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza

amministrativa in materia iscale, come modificata dal protocollo 2010, OECD publishing,

disponbile al link: http://www.oecd.org/ctp/convenzione-multilaterale-sulla-mutua-

assistenza-amministrativa-in-materia-fiscale-9789264202221-it.htm ultimo accesso 13

dicembre 2016.

OECD, Comitato Affari Fiscali, Taxpayers’ rights and obligations – A survey of the legal

situation in OECD countries, Working Paper n. 8, Parigi, 27 aprile 1990-

OECD, Tax information exchange between OECD Countries. A survey of current practices,

Paris, 1994.

OECD, Harmful tax competition, an emerging global issue, 1998;

OECD, Model Agreement on exchange of information on tax matters, Paris, 2002, par. 44

accessibile su: http://www.oecd.org/ctp/harmful/2082215.pdf ultimo accesso 18 novembre

2016.

OECD, Recommendation on the use of the OECD Model Memorandum of Understanding

on Automatic Exchange of Information for Tax Purpose, C(2001)28/FINAL del 21 ottobre

2002.

OECD – Secretary general report to the G20 Financial Ministers and Central Bank

Governors – Mosca 19-20 luglio 2013, reperibile al seguente link:

http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/OECD-tax-report-G20.pdf;

Page 188: Alma Mater Studiorum Università di Bolognaamsdottorato.unibo.it › 7991 › 1 › guermani_marialuisa_tesi.pdfParlamento Europeo e al Consiglio su modalità concrete di rafforzamento

188

OECD, Global forum on transparency and exchange of information for tax purposes, 2012,

reperibile all’indirizzo

http://www.oecd.org/tax/transparency/Tax%20Transparency%202012_JM%20MB%20corr

ections%20final.pdf

OECD, Manual of the implementation of exchange of information provisions for tax

purposes, aggiornato a gennaio 2012, disponibile all’indirizzo

http://www.oecd.org/ctp/exchange-of-tax-information/49714508.doc

OECD, BEPS Action 6: preventing the granting of treaty benefits in inappropriate

circumstances”, -public Discussion Draft, del 14 Marzo 2014.

OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project, “Preventing the Granting of Treaty

Benefits in Inappropriate Circumstances, Action 6- 2015 Final Report, 5 ottobre 2015,

Parigi

OECD, Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes Peer

Reviews: Andorra 2011 – Phase 1: Legal and Regulatory Framework (2011), p. 49

OECD, Tax information exchange between OECD Countries. A survey of current practices,

Paris, 1994, par. 66.

OECD, Global Forum on Transparency and Exchange of Information for Tax Purposes Peer

Reviews: Switzerland 2011 –Phase 1, Luxemburg 2011, Paris, 2011, 69

OECD, Commentario all’art. 26, par. 12, in OECD Model Tax Convention on Income and

on Capital (updated 2010), Paris, 2012, C (26)-8.

OECD, Commentario all’art. 26 del Modello di Convenzione ONU contro la doppia

imposizione, New York, 2014, par. 18 e 18.1.

ONU, Alto Commissario ONU per i diritti umani “UNCHR”, report A/HRC/27/37 del 30

giugno 2014.

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di direttiva del

Consiglio che modifica la direttiva 2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da

risparmio sotto forma di pagamenti di interessi COM(2008) 727 def. — 2008/0215 (CNS)

in Gazzetta ufficiale n. C 277 del 17/11/2009;

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della

Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Piano d’azione per rafforzare la lotta

alla frode fiscale e all’evasione fiscale COM (2012) 722 final 2013/C 198/05) – sessione

plenaria del 17 e 18 aprile 2013, in Gazzetta ufficiale n. C 198/34 del 10/7/2013;

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189

Parere del Comitato economico e sociale europeo del 17 aprile 2013 in merito alla

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, Piano d’azione

per rafforzare la lotta alla frode fiscale all’evasione fiscale COM(2012) 722 final (Relazione

Dandea) – CESE 101/2013.

Parlamento Europeo, Risoluzione del 25 novembre 2015 on tax rulings and other measures

similar in nature or effect, P8_TA-PROV(2015)0408;

Parlamento Europeo, Risoluzione del 10 febbraio 2010 sulla promozione della buona

governance in material fiscale (2009/2174(INI)), Gazzetta Ufficiale C341 E/29, 16

dicembre 2010;

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