Professione Salute 5/2015

68
dicembre 2015 5 Corso accreditato ECM L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino INTERVISTA Ddl concorrenza. Annarosa Racca (Federfarma): «Liberalizzare non è sempre un atto positivo» SICUREZZA ALIMENTARE Le micotossine presenti nella catena agro-alimentare e i rischi per la salute umana DERMATOLOGIA I fattori dietetici giocano un ruolo primario nel prevenire o aggravare le malattie della pelle OSTEOPOROSI Gli esperti sottolineano l’impatto di una patologia sottovalutata come l’osteoporosi maschile CITOLOGIA NASALE Una tecnica non invasiva consente di rilevare le modificazioni nelle cellule della muscosa nasale

description

Periodico bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione

Transcript of Professione Salute 5/2015

Page 1: Professione Salute 5/2015

dicembre 20155

Corso accreditato ECM

L’apparato gastroentericotra salute e patologia:ruolo di alimentazionee stile di vita

Le malattieinfiammatoriecronichedell’intestino

intervistaDdl concorrenza. Annarosa Racca (Federfarma): «Liberalizzarenon è sempre un atto positivo»

sicurezza alimentareLe micotossine presenti nella catena agro-alimentaree i rischi per la salute umana

dermatologiaI fattori dietetici giocanoun ruolo primario nel prevenire oaggravare le malattie della pelle

osteoporosiGli esperti sottolineano l’impattodi una patologia sottovalutata come l’osteoporosi maschile

citologia nasaleUna tecnica non invasivaconsente di rilevare le modificazioni nelle cellule della muscosa nasale

Page 2: Professione Salute 5/2015
Page 3: Professione Salute 5/2015

Professione Salute 3dicembre 2015

Chi si ferma è perduto

A tutti coloro che considerano quella del farmacista una categoria professionale tradiziona-le, immobile e legata a un passato che non c’è più, posso dire semplicemente che si sbagliano. Molteplici sono i provvedimenti che negli ultimi anni dimostrano l’esatto contrario e attesta-no che il farmacista attento ha una capacità di guardare oltre il breve periodo e che la cate-goria e l’associazione sono proiettate al futuro con fatti concreti.Nell’attuale legge di stabilità, insieme ad autorevoli associazioni mediche, è stato raggiunto l’accordo per far rientrare nella copertura del servizio sanitario nazionale i farmaci innovati-vi, tra cui di grande rilevanza sociale anche i farmaci orfani, garanti della cura delle malattie rare, che affliggono ancora oggi 3 milioni di italiani, il 70% dei quali sono bambini.È notizia di questi giorni l’entrata in funzione di un nuovo servizio offerto al farmacista e al pubblico che consente di disporre delle informazioni aggiornate del foglietto illustrativo del farmaco in formato digitale. Grazie a una App scaricabile gratuitamente, il cittadino che si re-gistra lasciando i propri dati ha la garanzia e la sicurezza di essere sempre aggiornato in tem-po reale sulle caratteristiche tecniche di un farmaco. Inoltre, il paziente ha la possibilità di im-magazzinare un database personale sul proprio consumo di farmaci.Allo stesso tempo il farmacista ha l’opportunità di aggirare l’incombenza di dover stampare improbabili fogli di aggiornamento da consegnare a mano al cittadino che acquista un far-maco “riveduto” nelle sue indicazioni. Questo è un piccolo esempio di come un farmacista possa sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie sia per ottimizzare i propri flus-si di lavoro sia per coltivare un rapporto sempre più stretto con il proprio paziente in termini di servizio e di possibili comunicazioni periodiche sull’attività socio-sanitaria della farmacia. Tale concetto è rimarcato anche dal senatore Andrea Mandelli, che ribadisce come “la Fede-razione da tempo sta operando per rendere sempre più centrale la partecipazione del farma-cista al processo di cura, migliorando la sicurezza e l’efficacia di impiego dei farmaci e infor-mando sempre più il paziente”.Una corretta informazione da parte non solo dei farmacisti, ma di tutta la categoria medica, specialistica e non, è alla base del miglioramento dell’aderenza terapeutica del paziente, con-cetto recentemente molto dibattuto negli ambienti sanitari.Da una recente indagine (fonte Doxa Marketing Advice) emerge come la capacità di un pa-ziente di seguire correttamente la cura assegnatagli dipenda da vari fattori, tra cui la comu-nicazione, l’elevato costo di certe terapie, l’insorgenza di effetti collaterali e il livello di fiducia verso il proprio medico. Sono tutti questi fattori che insieme influenzano “un’efficace gestio-ne della cura e soprattutto la sostenibilità del nostro sistema sanitario”.

Giuseppe Roccucci

editoriale

Molteplici sono

i provvedimenti che

negli ultimi anni

dimostrano l’esatto

contrario e attestano

che il farmacista attento

ha una capacità di

guardare oltre il breve

periodo e che la categoria

e l’associazione sono

proiettate al futuro

con fatti concreti.

editoriale

Giuseppe [email protected]

Page 4: Professione Salute 5/2015

4 Professione Salute dicembre 2015

ECM a distanza 2015le malattieinfiammatoriecronichedell’intestinodi Edoardo V. Savarinoe Giorgia Bodini

Nutrizionei rischi dellacontaminazioneda micotossinenegli alimentidi Mario Perone

Stili di vitaosteoporosimaschileè ancorasottovalutatadi Renato Torlaschi

Dermatologiala pelle a tavola:la relazionetra dieta e malattie dermatologichedi Luigi Naldi

12 23

35

29

sommario

Integrazione alimentarel’importanzadi un sonnoristoratoredi Carla Carnovale

41

Salute&Benesserediagnosticarele rinopatiecon la citologianasaledi Vincenzo Marra

47

Page 5: Professione Salute 5/2015

Le aziendeinformano

64

Direttore responsabileGiuseppe Roccucci

Board scientifico

Hellas Cena (Direttore)

Donatella Ballardini

Silvia Brazzo

Mario Calzavara

Mariano Casali

Massimo Labate

Luca Marin

Mara Oliveri

Marco Rufolo

RedazioneAndrea [email protected] [email protected] [email protected]

GraficaGrafic House, Milano

Hanno collaboratoGiorgia Bodini, Carla Carnovale, Vincenzo Marra, Luigi Naldi, Mario Perone, Edoardo V. Savarino, Renato Torlaschi

VenditeStefania Bianchi, 340 1246792Giovanni Cerrina Feroni, 346 2330694Barbara Guglielmana, 335 5803827Lucia Oggianu 338 9609937

Ufficio AbbonamentiTel. 031.789085 - [email protected]

SIDeMaSTSocietà Italiana di Dermatologiamedica, chirurgica, estetica e delleMalattie Sessualmente Trasmesse

StampaReggiani spa - Divisione Arti GraficheVia Alighieri, 50Brezzo di Bedero (VA)

Abbonamento annuale Italia: euro 0,95Singolo fascicolo: euro 0,19

Professione Salute periodico bimestraleAnno VI - n. 5 - dicembre 2015

Registrazione del Tribunale di Comocon il n. 4 del 14/04/2010

EditoreGriffin srl unipersonale, piazza Castello 5/E22060 Carimate (CO)

Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la respon-sabilità degli Autori. La pubblicazione degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e uti-lizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previ-sto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Grif-fin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titola-re del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra ope-razione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inser-zionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.

sommario

Pediatria e maternitàallattamento al seno un’assicurazioneper la salute di madree figliodi Renato Torlaschi

50

Editoriale AttualitàNE PARLIAMO CONddl concorrenza:cosa cambiaper le farmacieintervista ad Annarosa Racca

3 606rubriche

Igiene oraleetà perinatale,le raccomandazioni per la salute oraledi Vincenzo Marra

54

Page 6: Professione Salute 5/2015

6 Professione Salute dicembre 2015

Respinta la richiesta di consentire la vendita di farmaci di fascia C con

ricetta al di fuori della farmacia, secondo Federfarma non porterebbe

risparmi per i cittadini né un aumento dei posti di lavoro qualificati

«Le decisioni assunte dalla Camera permettono di mantenere l’efficienza del servizio

farmaceutico: come è stato più volte ribadito dal responsabile sanità del PD Federico Gelli, liberalizzare non è sempre un atto positivo e esistono settori, come quello della salute, nei quali misure di liberalizzazione indiscriminata avrebbero conseguenze molto negative per i cittadini». Annarosa Racca, presidente di Federfarma, si riferisce al “Ddl concorrenza”, che sarà presto legge, e di cui appare decisamente soddisfatta.

Presidente Racca, quali novità e quali conferme per le farmacie?Il primo elemento di forte positività del Ddl consiste nel fatto che il Governo, al momento del varo, e la Camera dei Deputati, in prima lettura, abbiano respinto le richieste, provenienti dai grandi gruppi commerciali, di consentire la vendita di medicinali con ricetta medica fuori dalla farmacia. In questo modo i cittadini potranno continuare a trovare i medicinali di cui hanno bisogno nella farmacia sotto casa, in condizioni di assoluta sicurezza. Il mantenimento della ricetta medica in farmacia – cosa che peraltro avviene in tutti i Paesi europei – è il

Intervista diRenato Torlaschi

Annarosa RaccaPresidente di Federfarma

presupposto indispensabile per l’efficienza del servizio farmaceutico. Confidiamo che anche il Senato voglia confermare questo indirizzo a tutela di una efficace distribuzione del farmaco sul territorio.

Il Ddl prevede l’ingresso del capitale nella proprietà delle farmacie. Cosa ne pensa?Tale cambiamento epocale deve essere visto in un’ottica di rafforzamento del servizio farmaceutico e di conferma del ruolo sociale e sanitario della farmacia all’interno del Ssn. Da parte nostra abbiamo lavorato e continueremo a lavorare con grande impegno affinché l’introduzione del capitale non snaturi la professionalità della rete delle farmacie. La Camera ha introdotto alcuni primi elementi di garanzia e di trasparenza, estendendo innanzitutto le incompatibilità previste oggi per le società di farmacisti anche alle società di capitali. Non potranno entrarvi aziende che operano nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco né medici prescrittori. Per maggiore garanzia, la Camera ha anche introdotto l’obbligo per le società di comunicare lo statuto e le variazioni della compagine sociale alle autorità sanitarie e all’Ordine professionale.

ne Parliamo con

Ddl concorrenza: cosacambia per le farmacie

Page 7: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 7

I medicinali di fascia C restano dispensabili solo nelle farmacie: questo ha dato origine a numerose polemiche in nome di una liberalizzazione che in questo modo non verrebbe attuata. Cosa risponde?Il settore delle farmacie è uno di quelli più liberalizzati in assoluto. Dal 2005 a oggi si sono susseguiti interventi che hanno modificato profondamente il quadro normativo in cui la farmacia opera. Nel 2005 è stata introdotta la possibilità di praticare sconti sui medicinali senza ricetta. Dal 2006 i medicinali senza ricetta sono vendibili anche fuori dalle farmacie, con l’invenzione solo italiana delle parafarmacie, nel 2012 sono stati modificati i parametri demografici per l’apertura delle farmacie ed è stato previsto un concorso straordinario solo per titoli per l’assegnazione di 2.500 farmacie, attribuendo un punteggio altissimo ai farmacisti delle parafarmacie ed escludendo i farmacisti già titolari. Dice quindi falsità chi afferma che il settore è chiuso alle novità ed è regolato da norme arcaiche che impediscono l’accesso alla professione. In realtà, tali accuse sono strumentali e servono solo a coprire la volontà della Gdo di fare profitti con il farmaco, ampliando la propria offerta di prodotti per attirare un maggior numero di clienti nei supermercati. Tutto questo senza portare nessun vantaggio né alcuna nuova opportunità ai laureati in farmacia che finirebbero, sottopagati e sottoinquadrati, in un reparto di un supermercato.Per raggiungere questo obiettivo sono stati diffusi informazioni e dati errati e fuorvianti. Si è parlato dell’apertura di 3.500 nuove imprese e di 8.000 nuovi posti di lavoro, senza dire che in realtà, in un settore caratterizzato da una anelasticità di consumo, trasferire i farmaci dalle farmacie ai supermercati non farebbe altro che spostare occupazione da un’attività che fornisce lavoro qualificato e retribuito con un contratto ad hoc a un’attività prettamente commerciale con inquadramenti di livello inferiore.

Anche sul fronte dei risparmi la grande distribuzione sventola cifre iperboliche quanto irreali. Inoltre, a chi afferma che la vendita di farmaci con ricetta aumenterebbe la capillarità dell’accesso al farmaco è fin troppo facile rispondere che le farmacie sono obbligatoriamente presenti anche nelle zone più disagiate del Paese, mentre la stessa Conad ha aperto corner solo in 97 supermercati dei suoi oltre 3.000 punti vendita; questo dimostra che pensa più ai propri profitti che agli interessi dei cittadini. Guardiamo, inoltre, che cosa è successo alla rete dei negozi di vicinato, che sono spariti schiacciati dalla Gdo, con gravi disagi per i consumatori.La nostra è stata quindi una battaglia per far conoscere all’opinione pubblica e ai politici la vera situazione del settore e impedire che, utilizzando dati fasulli, si demolisse un servizio essenziale per la collettività solo per favorire gli interessi di grandi gruppi commerciali.

Cosa comporterà l’ingresso delle società di capitali nell’esercizio delle farmacie?Potremo dare un giudizio preciso solo dopo che il provvedimento sarà legge, quando sarà possibile analizzare l’impatto e le possibili conseguenze del testo definitivo. Da parte nostra, stiamo già lavorando per adeguare

interviSta ad Annarosa Racca

Page 8: Professione Salute 5/2015

8 Professione Salute dicembre 2015

ne Parliamo con

la farmacia al cambiamento, attraverso lo sviluppo di progetti di crescita, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati a salvaguardare il ruolo e le funzioni della farmacia e l’efficienza del servizio farmaceutico. Credifarma, la nostra società finanziaria – sorta per sostenere le farmacie in attesa dei rimborsi da parte delle Asl - potrà aiutare le farmacie a intraprendere un percorso di adeguamento e sviluppo delle proprie strutture. Sono convinta che con il supporto di tutti la farmacia riuscirà ad affrontare con successo anche questa sfida.

Con l’abolizione del numero massimo di quattro farmacie a capo di ogni società potranno crearsi catene di farmacie, come già avviene in alcune altre nazioni. Quali sono i timori e quali le opportunità? Il capitale è già presente in vari Paesi europei, soprattutto nel Nord ed Est Europa mentre nei Paesi mediterranei e in Germania la farmacia è di proprietà del farmacista professionista. Alcuni Paesi, dopo aver sperimentato gli esiti negativi di una eccessiva concentrazione della proprietà delle farmacie nelle mani di pochi soggetti, stanno pensando di tornare sui propri passi e reintrodurre una serie di vincoli, per esempio l’obbligo di una presenza maggioritaria di farmacisti all’interno delle società titolari di farmacia. L’obiettivo deve essere quello di mantenere un elevato livello di servizio al cittadino: le farmacie devono essere messe in condizione di affrontare il nuovo contesto in modo efficace e con tutti gli strumenti necessari. Per adeguarsi a questo nuovo contesto Federfarma sta lavorando a diversi progetti, come le piattaforme per l’erogazione di nuovi servizi, con l’obiettivo di fornire alle farmacie gli strumenti operativi per potenziare e ampliare la propria attività, in futuro anche in ambito Ssn.

Il mondo politico si è fortemente schierato su questi temi: ritiene che il confronto sia riuscito a far passare il concetto che la farmacia non è una attività commerciale

qualsiasi, oppure sono prevalse le affiliazioni partitiche e le opinioni precostituite? Grande è stato il nostro impegno per spiegare all’opinione pubblica, al mondo politico e alla pubblica amministrazione i principi fondanti del servizio farmaceutico: abbiamo raggiunto l’obiettivo e dimostrato che la farmacia non è un esercizio commerciale ma un presidio di salute. Lo dimostrano gli atti varati dal Governo in questi ultimi anni (i vari Documenti di programmazione economica e finanziaria, il Patto per la salute, la Relazione sullo stato sanitario del Paese), nei quali è stato riconosciuto ampiamente il ruolo centrale della farmacia nel processo di riorganizzazione delle cure primarie. Inoltre, il dibattito parlamentare sul Ddl Concorrenza ha fatto emergere con chiarezza posizioni estremamente nette sull’importanza di valorizzare il ruolo delle farmacie come presidi sanitari e sulla necessità di affrontare il tema dell’assetto territoriale del servizio farmaceutico da un punto di vista sanitario e non prettamente commerciale. Penso in particolare agli interventi di molti politici che nei passaggi parlamentari hanno sottolineato come le farmacie garantiscono al cittadino, ogni giorno, un servizio di qualità garantito e regolato da una convenzione, hanno messo in guardia dallo smantellare l’attuale efficiente sistema di organizzazione delle farmacie senza aver bene chiaro in mente quale modello di distribuzione del farmaco vogliamo avere in Italia, ricordando che un tema così delicato come l’assetto della distribuzione dei farmaci non può essere affrontato in modo estemporaneo, con un emendamento al Ddl Concorrenza. E a interventi come quello dell’on. Donata Lenzi che, nel difendere la necessità di mantenere la ricetta in farmacia, ha invitato il Parlamento a tenere conto delle superiori esigenze di tutela della salute pubblica. Ritengo che con questi presupposti si possa lavorare per rendere il servizio farmaceutico ancora più moderno, efficiente e vicino ai cittadini. n

Page 9: Professione Salute 5/2015
Page 10: Professione Salute 5/2015

AbbonAmento 2016

30 €solo la rivista

puoi abbonartianche online su

www.academystore.it

59 €Corso FAD+

L’apparato gastroenterico tra salute e patologia:ruolo di alimentazione e stile di vita

Il corso è costituito da 5 moduli didatticie darà diritto a maturare 21 crediti ECM

Corso erogato nei fascicoli di Professione Salutee disponibile anche online

I corsi sono svolti nell’ambito del programma ECM del Ministerodella Salute, con modalità FAD (Formazione a Distanza).

I crediti acquisiti con gli eventi formativi sono validi su tuttoil territorio nazionale.

Page 11: Professione Salute 5/2015

ECM

Corso ECM 2015Modalità di Formazione a Distanza (FAD)

risErvAto Agli AbbonAti pAgAnti*

L’apparato gastroenterico tra salute e patologia:ruolo di alimentazione e stile di vita

Responsabile scientificoprof.ssa Hellas CenaMedico Chirurgo, Specialista in Scienza dell’Alimentazione, Università degli Studi di Pavia

Programma del corsoIl corso L’apparato gastroenterico tra salute e patologia: ruolo di alimentazione e stile di vita si prefigge di approfon-dire le patologie dell’apparato digerente ovvero i disturbi che possono interessare i vari organi che lo compongono, i quali hanno il compito di digerire e metabolizzare le sostanze nutritive introdotte attraverso l’alimentazione e di espellere, infine, ciò che ne rimane.Il corso è stato inoltre pensato e strutturato per evidenziare la stretta connessione esistente fra alimentazione, stile di vita e salute dell’apparato gastroenterico.

Struttura del corso

z Il reflusso gastroesofageo (Silvia Salvatore)

z Il microbiota intestinale, un meta-organo indispensabile (Fabio Pace)

z La diverticolosi miti ed evidenze (Giovanni Brandimarte, Antonio Tursi)

z Alimentazione e stile di vita nella celiachia (Mara Oliveri, Maria Luisa Fonte)

z Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Edoardo V. Savarino, Giorgia Bodini)

Obiettivi del corsoIl presente corso si prefigge di raggiungere i seguenti obiettivi:

z l’obiettivo specifico di alimentare in modo continuo le conoscenze delle figure professionali che lavorano in ambito sanitario; i contenuti forniti potranno essere “trasferiti” all’utente finale, con ripercussioni in termini di “aumento di competenze” della comunità in cui si è chiamati ad agire;

z l’obiettivo più generale di contribuire al mantenimento e rafforzamento del network comunicativo con le varie figure professionali in un percorso verso l’implementazione e lo sviluppo delle loro competenze individuali in ambito preventi-vo, che potrà avere importanti ripercussioni “a cascata” in termini di “guadagno di salute” di tutta la popolazione.

Modalità di somministrazione del corso e accreditamente ECMIn ogni numero di Professione Salute a partire dal n. 1/2015 e per tutto il 2015 (gennaio-dicembre) sarà pubblicato un modulo composto da un articolo e da un questionario di autovalutazione.A fine corso saranno disponibili online (www.fadmedica.it) tutti i moduli pubblicati sulla Rivista e sarà possibile, modulo per modulo, rispondere ai questionari di valutazione. L’erogazione dei crediti ECM avverrà al superamento di tutti i questionari.Tutti gli iscritti al corso riceveranno le informazioni necessarie per l’accesso online e la compilazione dei questionari.

*per informazioni: tel. 031.789085 e-mail: [email protected]

Page 12: Professione Salute 5/2015

12 Professione Salute dicembre 2015

ecm

Le malattieinfiammatorie croniche

dell’intestino

Introduzione

La malattia di Crohn (MC) e la colite ulce-rosa (CU) sono le più frequenti patologie tra le malattie infiammatorie croniche in-

testinali (MICI) che si completano con le meno comuni colite microscopica, colite collagenosi-ca e colite linfocitica. MC e CU sono patologie ad andamento cronico o ricorrente, che si pre-sentano con periodi di latenza alternati a fasi di riacutizzazione. I sintomi delle due patologie sono diversi, in quanto nella MC sono più co-muni la diarrea e il dolore addominale, soprat-tutto localizzato nella parte inferiore destra dell’addome (corrispondente all’ultima ansa ileale, la sede più frequente di malattia), men-tre la CU si presenta quasi sempre con diarrea ematica (contenente sangue rosso vivo e muco commisti a feci), associata a tenesmo (sensa-zione di incompleta evacuazione) e talvolta ad anemia. Quando l’infiammazione intestinale si riacutizza possono comparire anche sinto-mi sistemici quali febbre, calo ponderale, pro-fonda stanchezza, inappetenza. Nel tempo la MC può complicarsi con la formazione di ste-nosi (restringimenti del lume del tratto di inte-stino colpito fino all’occlusione intestinale), fi-

Edoardo V. SavarinoRicercatore universitarioDipartimento di ScienzeChirurgiche, Oncologichee GastroenterologicheUniversità di PadovaGiorgia BodiniDottoranda di ricercaDipartimento di Medicinainterna e Specialità medicheUniversità di Genova

Page 13: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 13

l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

stole (comunicazioni tra intestino e cute o fra organi addominali) oppure ascessi e, pertanto, può essere necessario ricorrere a un interven-to chirurgico. Le complicanze tipiche della CU sono invece il megacolon tossico (quadro acu-to di dilatazione del colon che necessita di in-tervento chirurgico) e lo sviluppo di cancro su mucosa infiammata del colon. Infine, in alcu-ni casi possono essere presenti manifestazio-ni extra-intestinali come patologie articolari, oculari, cutanee, epatiche.La MC può potenzialmente coinvolgere qual-siasi tratto gastrointestinale, dalla bocca all’a-no, ma più frequentemente si localizza a livello dell’ileo terminale. L’infiammazione caratteri-sticamente è discontinua e coinvolge la pare-te intestinale dalla tonaca mucosa alla sierosa. La CU invece colpisce selettivamente il gros-so intestino, l’infiammazione è di tipo conti-nuo a partire dal retto e la tonaca interessata è la mucosa. La MC si presenta più frequente-mente in persone tra i 15 e i 30 anni, ma può

comparire dall’infanzia fino alla tarda età. La CU può comparire a qualsiasi età, ma la dia-gnosi prima dei 5 anni e dopo i 75 è piuttosto rara. Il picco di incidenza si ha intorno alla se-conda-terza decade di vita e un secondo pic-co di incidenza, seppur minore, si ha intorno ai 60-70 anni.L’incidenza della MC è maggiore in Europa e America rispetto ai paesi asiatici e si attesta allo 3,4 per 100.000 abitanti in Italia. Va sot-tolineato che in alcune regioni, come la Dani-marca e la Corea del Sud, l’incidenza di questa patologia è in costante aumento. La prevalen-za negli Stati Uniti è di 201 per 100.000 adulti e 43 per 100.000 bambini. Il rischio tra uomo e donna è più o meno sovrapponibile, rispettiva-mente 1:1.3. Per quanto riguarda la CU si è vi-sto che esiste un gradiente di rischio di malat-tia tra nord e sud. L’incidenza e la prevalenza di malattia sono nettamente più alte nel Nord America, in Australia e nel Nord Europa rispet-to ai paesi asiatici e all’Europa del sud, com-

presa l’Italia, dove si ha un’incidenza tra 1,5 e 20,3 per 100.000 abitanti e una prevalenza tra 21 e 243 casi per 100.000 abitanti. La CU ri-sulta inoltre più frequente nei paesi industria-lizzati con una più alta incidenza tra gli stati socio-economici più elevati rispetto alle popo-lazioni rurali.

PatogenesiLa causa della MC e della CU ad oggi è sco-nosciuta. L’ipotesi più accreditata è che vi sia un’eziologia multifattoriale legata all’azione di tre elementi: substrato genetico, immunità dell’ospite e fattori ambientali (fig. 1).

Substrato geneticoUna predisposizione genetica nelle malat-tie infiammatorie croniche intestinali emerge dall’osservazione che i parenti di una persona affetta sono a più alto rischio (15 volte circa ri-spetto alla popolazione generale) di sviluppare la malattia. I progressi tecnologici nel sequen-ziamento del Dna hanno portato all’associa-zione di 163 polimorfismi genetici a rischio per malattie infiammatorie croniche intestinali, e numerosi sono gli sforzi finalizzati all’indivi-duazioni di ulteriori loci. Tuttavia, va sottoline-ato che questi loci rappresentano solo circa il 13% e il 7% della varianza presente nella MC e nella CU, rispettivamente. Il primo locus genico sensibile nella MC è stato identificato nel 2001 sul cromosoma 16, NOD2/CARD15 (nucleoti-de-binding oligomerization domain 2/caspa-se-recruitment domain 15). La variante alle-lica più frequentemente associata a malattia in Europa e in America è caratterizzata da una proteina tronca con due mutazioni non-sen-

Figura 1 - l’eziologiadelle malattie infiammatorie croniche

intestinali è multifattoriale.

Page 14: Professione Salute 5/2015

14 Professione Salute dicembre 2015

ecm

le. Infatti, tutti questi fattori sono no-ti per essere importanti determinanti della flora batterica intestinale in età adulta. I pazienti con malattie infiam-matorie croniche intestinali presenta-no un’alterazione della loro microflora luminale, più costantemente caratte-rizzata da una riduzione della diversi-tà delle comunità microbiche residenti rispetto a quelle presenti nei soggetti sani. Questo squilibrio nella eteroge-neità microbica intestinale è maggio-re nella MC che nella CU. Sebbene microrganismi patogeni non sono stati identificati in tutti gli scenari, fenotipi specifici potrebbero essere associa-ti ad alcuni trigger (fattori scatenanti) micro-bici. Un agente patogeno molto promettente come potenziale agente causale nella malattia infiammatoria cronica intestinale è l’adherent-invasive Escherichia coli (Aiec). Studi france-si hanno identificato ceppi di Aiec nel 22% dei pazienti con MC rispetto al solo 6,2% dei con-trolli sani, con localizzazione prevalentemen-te ileale delle colonie. L’Aiec potrebbe avere un ruolo nella MC a causa della sua capacità di in-vadere l’epitelio e sopravvivere all’interno dei macrofagi. Al contrario, alcune sottopopola-zioni microbiche possono conferire protezio-ne nei confronti della malattia infiammatoria intestinale. I batteri appartenenti al phylum Firmicutes sono meno comunemente presen-ti nei soggetti affetti da MC. In particolare, il faecalibacterium prausnitzii, un batterio ca-pace di produrre butirrato e appartenente al phylum Firmicutes, si presenta meno frequen-temente nei pazienti con malattia infiamma-toria intestinale rispetto ai controlli sani e la sua concentrazione è inversamente correlata con la gravità delle recidive dopo resezione en-doscopica. Inoltre, questo batterio è in grado di migliorare i quadri di colite nei topi quando somministrato per via intragastrica attraver-so un effetto antinfiammatorio mediato da un aumento di IL-10 e di soppressione dell’IL-17.

L’ambiente esterno gioca un ruolo molto im-portante nel modificare il microbiota intesti-nale. Sia nel lungo che nel breve periodo le diete possono influenzare la composizione del microbiota intestinale e questi cambiamenti possono spiegare l’importanza della dieta nel favorire lo sviluppo di una malattia infiamma-toria intestinale. Infatti, è stato dimostrato co-me la dieta possa differenziare lo sviluppo del microbiota intestinale in due enterotipi: l’ente-rotipo 1, caratterizzato prevalentemente dalla presenza di Bacteroides spp. e correlato a una dieta di tipo occidentale con elevata assunzio-ne di proteine animali e grassi saturi; l’ente-rotipo 2, caratterizzato prevalentemente dalla presenza di Prevotella spp. e tipico degli indi-vidui che seguono una dieta ricca di carboidra-ti e fibre. L’effetto della flora intestinale sul-le malattie infiammatorie croniche intestinali non si limita solo alle disbiosi batteriche inte-stinali, ma un ruolo importante potrebbe esse-re svolto dai virus, dagli Archaea e dai funghi. Sia la MC che la CU sono state associate all’e-spansione dei batteriofagi appartenenti alla famiglia caudovirales. Altri patogeni proposti nel corso del tempo come co-responsabili del-lo sviluppo di malattie infiammatorie croniche intestinali attraverso i loro effetti sul micro-

so. L’essere portatore in omozigosi di tali va-rianti conferisce al soggetto un odd ratio per MC di 17,1 e in eterozigosi di 2,5. Inoltre diver-si studi hanno evidenziato l’associazione con diversi polimorfismi di NOD2/CARD15 e una comparsa di malattia in più giovane età con localizzazione prevalentemente ileale e com-portamento stenosante. La componente gene-tica ha peso maggiore nella MC che nella CU. È stato dimostrato che la concordanza tra ge-melli omozigoti è del 67 % nella MC, mentre scende al 13-20% per la CU. La nota mutazio-ne del gene NOD2/CARD15 tipica della MC non è associate alla comparsa di CU. Nonostante ciò pazienti con CU in una famiglia con sto-ria di MC possono avere tali varianti genetiche. Inoltre altre tipiche mutazioni riscontrate nella MC, come quella dei geni ATG16L1 sul cromo-soma 2q37 e Irgm sul cromosoma 5q33, coin-volti entrambi nella difesa delle cellule da vari batteri patogeni, non si riscontrano nei pa-zienti con CU.Un ruolo importante nella patogenesi di que-ste malattie è svolto anche dall’etnicità. Gli ebrei Ashkenazi hanno un rischio aumentato da due e quattro volte di sviluppare una ma-lattia infiammatoria cronica intestinale rispet-to agli abitanti dello stesso luogo non ebrei.

Immunità dell’ospitee microbiota intestinaleAd oggi è comunemente riconosciuto che par-te della patogenesi delle malattie infiamma-torie croniche intestinali sia il risultato di una continua stimolazione antigenica legata a bat-teri commensali, funghi e virus (microbiota in-testinale), che avvia un’infiammazione cronica in quelle persone geneticamente suscettibi-li. Numerosi studi hanno dimostrato che fa-miglie composte da numerosi componenti, l’esposizione nei primi anni di vita ad anima-li domestici e/o animali da fattoria e un mag-gior numero di fratelli e sorelle siano fattori inversamente associati al rischio di sviluppare una malattia infiammatoria cronica intestina-

Page 15: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 15

l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

biota intestinale sono la Listeria monocytoge-ne, lo Pseudomonas, il Reovirus, il Paramixovi-rus, il Mycobacterium avium, la Salmonella o il Campylobacter. Infine, l’utilizzo di antibiotici nelle fasi precoci della vita potrebbe influenza-re la risposta immunitaria intestinale e quindi modificare la suscettibilità a sviluppare malat-tie infiammatorie croniche intestinali. Questa associazione è maggiore per la MC che per la CU, è stata osservata per diverse classi di an-tibiotici ed è più forte quando l’esposizione ai farmaci avviene nel primo anno di vita rispetto a un utilizzo più tardivo. Una relazione dose-risposta esiste anche con più cicli di antibioti-ci che contribuiscono a un maggiore aumen-to del rischio di malattia rispetto a un singolo corso.

Fattori ambientaliPrimo tra tutti ricordiamo l’allattamento al seno, infatti quest’ultimo sembra giocare un ruolo protettivo per lo sviluppo delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Va infatti sottolineato, inoltre, che numerosi studi han-no dimostrato come il latte materno sia in gra-do di alterare la composizione del microbio-ta intestinale nei neonati e quindi modificare quelle interazioni tra ospite e batteri che sono

alla base dello sviluppo delle malattie infiam-matorie croniche intestinali. Tuttavia, è giusto evidenziare che dopo lo svezzamento avven-gono drammatici cambiamenti nella composi-zione della flora intestinale indipendentemen-te dal fatto che la dieta iniziale fosse basata su latte materno o in formula. Inoltre, l’esposi-zione precoce a cibi solidi potrebbe anche essa determinare importanti cambiamenti a favore dello sviluppo di malattie infiammatorie croni-che intestinali, per quanto dati in tal senso so-no ancora pochi. Il fumo risulta essere uno dei fattori maggior-mente implicati in queste malattie, giocando un ruolo “protettivo” per quanto riguarda la CU, in quanto la maggior parte dei pazienti ri-sulta essere non fumatore o ex-fumatore. Per la MC invece ha ruolo opposto essendo impli-cato nella riaccensione di malattia, anche do-po intervento chirurgico. Diverse ipotesi sono state formulate per spiegare l’associazione tra fumo e malattie infiammatorie croniche inte-stinali, anche se nessuno studio ha dimostrato in modo convincente il motivo dietro l’effetto divergente sulla MC e sulla CU. La nicotina è stata a lungo ritenuta la responsabile principa-le; tuttavia, studi effettuati mediante l’utiliz-zo di terapia sostitutiva della nicotina nella CU

hanno prodotto risultati contrastanti e nes-suna associazione è stata osservata tra l’uso del tabacco orale e la MC, suggerendo che al-tri componenti del fumo di tabacco potrebbero svolgere un ruolo importante. Va sottolineato inoltre che il fumo potrebbe alterare la funzio-ne del tono muscolare e del tessuto endote-liale tramite il rilascio dell’ossido nitrico o po-trebbe compromettere l’integrità della mucosa intestinale favorendo lo sviluppo delle malat-tie infiammatorie croniche intestinali. L’effetto del fumo potrebbe essere mediato anche dal-lo stress ossidativo. Infine, il fumo è noto per esercitare anche un’influenza sulla composi-zione del microbiota intestinale e quindi sul-le interazioni tra ospite e batteri.Simile al fumo, l’appendicectomia ha dimo-strato un effetto divergente sulla MC e CU. In un’ampia coorte di 212.963 pazienti sottopo-sti appendicectomia prima dell’età di 50 anni, l’incidenza di CU è stata nettamente inferiore tra coloro che avevano subito un’appendicec-tomia per appendicite perforata o non-perfo-rata e linfadenite mesenterica rispetto a quelli con dolore addominale aspecifico, suggerendo che l’infiammazione dell’appendice piuttosto che la semplice rimozione dell’organo potrebbe essere responsabile di tale associazione protet-tiva. Questo effetto protettivo sembrerebbe pe-rò limitato ai primi anni d’età (al massimo fino ai 20 anni). Al contrario, nella stessa coorte si è riscontrato un aumento del rischio di MC fino a un massimo di 20 anni dopo l’appendicectomia. Numerosi studi hanno ipotizzato un importan-te ruolo dell’igiene nello sviluppo di malattie infiammatorie croniche intestinali. Come evi-denziato in precedenza, il numero di fratel-li e sorelle, la presenza di famiglie numerose,

z La malattia di Crohn e la colite ulcerosa sono malattie complesse immunologicamente mediate che sorgono a causa di una risposta immunitaria anormale nei confronti della flora commensale in un ospi-te geneticamente suscettibile.z L’incidenza di IBD è sempre stata più alta del Nord America e in Europa occidentale, con molte coorti che suggeriscono un sostanziale aumento secolare nella seconda metà del XX secolo.z Tuttavia, l’incidenza di IBD è in aumento in popolazioni emergenti come l’Asia, il che suggerisce che i fattori ambientali che mutano svolgono un ruolo importante.z Il fumo e l’appendicectomia sono stati inizialmente descritti come fattori di rischio per lo sviluppo della malattia di Crohn e conferiscono invece una protezione nei confronti della colite ulcerosa; tuttavia, que-sto rapporto sembra più complesso e potrebbe essere mediato dalla genetica.z Dieta, stile di vita e di comportamento, nonché alterazioni della flora batterica intestinale attraverso l’uso di antibiotici, possono anche avere un ruolo importante nella patogenesi della malattia.z La modifica dei fattori di rischio delle MICI attraverso per esempio l’uso di probiotici offre vie di inter-vento per la prevenzione delle MICI e il miglioramento della loro storia naturale.

Punti CHiAVE Figura 2 - le malattie infiammatorie croniche intestinali in sintesi.

Page 16: Professione Salute 5/2015

16 Professione Salute dicembre 2015

ecm

bere latte non pastorizzato, vivere in una fat-toria e l’esposizione ad animali (in particolare nella fase iniziale durante l’infanzia) sono sta-ti inversamente associati al rischio di MC o CU. Tuttavia, nei paesi in via di sviluppo, il manca-to uso di adeguate misure igieniche non ha di-mostrato un’associazione inversa come ripor-tato in Occidente e di fatto è stato associato a un aumentato rischio di CU.Alcuni studi hanno evidenziato come l’uso di contraccettivi orali, dei cosiddetti Fans (farma-ci antinfiammatori non steroidei) e della tera-pia sostitutiva post-menopausale possano au-mentare il rischio di malattia. Infine, come già accennato in precedenza, un ruolo chiave è anche rivestito dalla dieta. Ad esempio, i grandi consumatori di carni e gras-si sembrano avere un rischio marcatamente più elevato di malattia rispetto a chi consuma grandi quantità di fibre, frutta e vegetali.

La dieta nelle malattie infiammatoriecroniche intestinaliLa multifattorialità tipica delle malattie infiam-matorie croniche intestinali rende ragione del

crescente interesse del ruolo della dieta in que-sto tipo di patologie. Partendo dall’epidemio-logia si può chiaramente vedere come la di-visione geografica tra aree industrializzate e rurali cambi nettamente l’incidenza di patolo-gia e questo risulta ovviamente legato al tipo di alimentazione. Inoltre, il fatto che l’allattamen-to al seno sia un fattore protettivo accentua ul-teriormente il ruolo delle modificazioni del mi-crobiota intestinale durante lo svezzamento nella loro patogenesi.

FibreLa maggior parte degli studi epidemiologici finalizzati alla valutazione del rap-porto tra dieta e malattie infiam-matorie croniche intestina-li si sono concentrati sui macronutrienti e hanno fatto affida-mento a un dise-gno caso-controllo suscettibile di nu-merose limitazioni. Nonostante queste

Figura 3 - influenza della dieta sulle malattie infiammatorie croniche intestinali.

limitazioni, l’associazione dei macronutrienti più consistente è stata osservata con le fibre. Le fibre infatti sono fondamentali per il tran-sito intestinale e la loro forma solubile viene fermentata in acidi grassi a catena corta che sono il perfetto nutrimento per i colociti. In pazienti pediatrici con nuova diagnosi di MC è stata registrata una netta riduzione dell’in-troito di frutta e verdura rispetto a un grup-po di controllo senza MC. Analogamente, in uno studio prospettico di coorte, le donne che presentavano la maggior assunzione di fibre nel lungo termine hanno riportato una ridu-zione del 40% del rischio di sviluppare una

Page 17: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 17

l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

MC. Questa associazione inversa è stata ri-scontrata con maggiore evidenza con le fibre provenienti da frutta e verdura, mentre non è stata registrata con fibre provenienti da cere-ali. Diversi sono i meccanismi che potrebbe-ro spiegare questa associazione inversa con le fibre. Le fibre solubili (da frutta e verdura) so-no infatti metabolizzate dai batteri intestina-li in acidi grassi a catena corta che inibiscono la trascrizione di mediatori proinfiammato-ri. Inoltre, la fibra aiuta a mantenere l’integri-tà della barriera epiteliale e riduce la trasloca-zione di E. coli attraverso le placche di Peyer in vitro. Infine, l’indolo-3-carbinolo, presente nella frutta e nelle verdure, è in grado di atti-vare il recettore arilico e attenuare la colite in modelli animali.

I grassi alimentariI grassi alimentari (soprattutto quelli conte-nuti nelle carni rosse), in particolare i grassi saturi, potrebbero avere un ruolo importante nella patogenesi delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Nei topi, una dieta ad alto contenuto di grassi saturi favorisce l’espan-sione di saprofiti intestinali solfito-riduttori, come la Bilophila wadsworthia, ed è stata as-sociata a una risposta infiammatoria mediata da cellule T helper di tipo I. Negli esseri umani, anche se i grassi saturi sono stati associati a un maggior rischio di malattie infiammatorie croniche intestinali in piccoli studi caso-con-trollo, studi di coorte non sono riusciti a iden-tificare una simile associazione, suggerendo una più complessa interazione tra i grassi ali-mentari e la flora batterica intestinale. L’ele-vato consumo di acidi grassi polinsaturi n-6 (omega-6 Pufa) e un basso consumo di n-3 Pufa sono stati associati a un aumentato ri-schio sia di CU che di MC. A supporto di que-sta ipotesi ci sono dati che sostengono che questa associazione potrebbe essere modifi-cata da alcuni polimorfismi dei geni responsa-bili degli enzimi che regolano il metabolismo

degli acidi grassi, in particolare degli enzimi CYP4F3 e FADS2. Associazioni non-coerenti con un aumentato rischio di malattie infiam-matorie croniche intestinali sono state dimo-strate con l’assunzione di carboidrati, zucche-ri raffinati e proteine animali.

La vitamina DPochi studi hanno esaminato l’associazio-ne delle malattie infiammatorie croniche in-testinali con micronutrienti, ma tale rapporto si basa su una notevole plausibilità biologica sostenuta da diversi studi in laboratorio. Dati emergenti suggeriscono che la vitamina D po-trebbe avere un ruolo importante nella pato-genesi e decorso delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Infatti, nei topi la carenza di 1,25-diidrossi vitamina D3 o un deficit del recettore della vitamina D sono stati associa-ti a un aumento del rischio di colite; inoltre, la somministrazione di 1,25-diidrossi vitamina D3 migliora questa infiammazione e sopprime l’espressione di geni proinfiammatori, com-preso il fattore di necrosi tumorale (una del-le principali citochine infiammatorie coinvolte nella patogenesi delle malattie infiammatorie croniche intestinali). La vitamina D potrebbe anche sopprimere la risposta delle cellule mo-nonucleate nei confronti degli antigeni circo-lanti. A supporto di queste ipotesi vi sono al-cuni studi che dimostrano come la carenza di vitamina D sia comune nei pazienti con nuo-

va diagnosi di malattie infiammatorie croni-che intestinali rispetto ai controlli sani. Bas-si livelli di vitamina D (<20 ng/ml) sono stati associati a un aumentato rischio di intervento chirurgico per complicanze associate alla MC e di ospedalizzazione, mentre la normalizza-zione dei livelli di vitamina D è stata associata a una riduzione di questo rischio.

Zinco e ferroLo zinco ha numerosi effetti sulla funzione immunitaria ed è in grado di modulare la fun-zione delle cellule immunitarie innate tra cui i macrofagi, i neutrofili e le cellule T natural kil-ler. Lo zinco inibisce anche la trascrizione di mediatori dell’infiammazione nella via di NF-kB e riduce l’attività della mieloperossidasi. In particolare, nel contesto della MC, lo zinco in-tracellulare è importante per l’autofagia e la clearance batterica, riduce la permeabilità in-testinale e, in un piccolo studio, ha dimostrato di ridurre la probabilità di relapse di malattia.Un unico studio epidemiologico ha suggerito un’associazione tra elevato contenuto di fer-ro nell’acqua potabile e aumento del rischio di malattie infiammatorie croniche intestina-li. Il ferro alimentare sembra che possa indur-re l’infiammazione del colon attraverso alcu-ne citochine responsabili dell’aumento dello stress ossidativo, per quanto studi clinici con somministrazione di ferro per via orale in pa-zienti con malattie infiammatorie croniche

Page 18: Professione Salute 5/2015

18 Professione Salute dicembre 2015

ecm

intestinali non sembrano confermare questo ipotizzato effetto negativo sul decorso clini-co della malattia.

Stile di vita: stress, sonnoed esercizio fisicoLe malattie infiammatorie croniche intesti-nali sono state a lungo associate a certi ti-pi di personalità, tra cui quelle caratterizzate da nevrosi, comportamenti ossessivo-com-pulsivi, dipendenza e perfezionismo da stress psicosociale che è spesso riferito dal pazien-te come fattore scatenante il quadro clinico. Lo stress, infatti, può influenzare l’infiamma-zione intestinale attraverso vari meccanismi mediante l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema nervoso autonomo, con conseguen-te produzione di citochine proinfiammatorie, attivazione dei macrofagi e alterazione del-la permeabilità intestinale e del microbiota intestinale. Nei topi, l’esposizione a uno sti-molo stressante comporta una riduzione del-la diversità batterica intestinale e un aumen-to dei livelli di IL-6. Studi osservazionali in grandi coorti supportano un’associazione tra i principali fattori di stress della vita, l’ansia e la depressione, e il rischio di sviluppare una malattia infiammatoria cronica intestinale. Nei pazienti con malattia in fase di remissio-ne clinica, la depressione o l’ansia sono mag-giormente associate a recidiva di malattia, ri-covero in ospedale, intervento chirurgico, ridotta risposta alla terapia immunosoppres-siva e, più in generale, a un grave deteriora-mento della qualità della vita. L’associazione tra attività fisica e malattie in-fiammatorie croniche intestinali è stata sup-portata da un interessante studio tedesco che ha evidenziato come occupazioni seden-tarie (tra cui il lavoro in amministrazioni e in ufficio, meccanici e fabbri) siano ad alto ri-schio per lo sviluppo di malattie infiammato-rie croniche intestinali, mentre lavori manuali pesanti (tra cui i lavori edili, di manutenzio-ne e di pulizia) siano associati a un basso ri-schio di sviluppare tali malattie. A supporto di

questa ipotesi, uno studio di coorte prospet-tico ha dimostrato come una rigorosa attivi-tà fisica può essere associata a una sensibile riduzione (fino al 44%) del rischio di svilup-pare la MC. Per quanto riguarda gli effetti be-nefici dell’esercizio fisico sull’infiammazione intestinale o la prevenzione di recidive, i da-ti attualmente disponibili sono limitati e po-co significativi.I disturbi della qualità del sonno sono co-muni nella società, ma sono più frequenti nei pazienti con malattia infiammatoria in-testinale e sono maggiormente associati al-la presenza di una malattia attiva. Questa as-sociazione potrebbe essere bidirezionale a tal punto che, mentre un aumento dell’attività della malattia potrebbe disturbare il sonno, la scarsa qualità del sonno a sua volta potreb-be esacerbare l’infiammazione. Sia un sonno prolungato sia un sonno ridotto sono stati associati a un aumentato rischio di CU, men-tre un peggioramento della qualità del son-no è stato associato a un aumento dell’atti-vità istologica e del rischio di recidiva clinica.

Modifica dei fattori ambientali come trattamento terapeuticoSempre più numerosi studi descrivono l’ef-fetto di fattori ambientali sullo sviluppo delle malattie infiammatorie croniche intestinali e sulla loro storia naturale. Tuttavia, pochi stu-di hanno esaminato se queste influenze pos-sono essere modificate per migliorare l’out-come (ovvero il quadro clinico) dei pazienti affetti da tali malattie. In un elegante studio interventistico, un adeguato counselling per quanto riguarda la cessazione del fumo è sta-to eseguito su 474 pazienti con MC che era-no fumatori. I pazienti che avevano smesso di fumare da oltre un anno hanno registrato meno probabilità di recidiva e hanno richie-sto un utilizzo inferiore di terapie steroidee o terapie immunosoppressive rispetto a coloro che hanno continuato a fumare. Al contrario, la supplementazione di nicotina per via orale nella CU ha dato risultati equivoci in studi cli-nici, anche se alcuni care report suggerisco-no l’efficacia di tale approccio nell’induzione e mantenimento della remissione clinica di ma-

Page 19: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 19

l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

lattia. Data l’associazione inversa tra l’appen-dicectomia e l’incidenza della colite ulcerosa, un tentativo di appendicectomia terapeutica per la gestione della CU refrattaria è stata ese-guita. Tuttavia tale tentativo è rimasto limita-to a pochi casi clinici che suggeriscono un be-neficio modesto.Pochi studi sono stati condotti con il fine di modificare l’apporto dietetico dei pazienti af-fetti da malattie infiammatorie croniche in-testinali e la maggior parte di questi sono stati riportati in forma di casi non controlla-ti. Una dieta elementare in grado di ripristi-nare la diversità biologica della flora batteri-ca intestinale ha dimostrato di essere efficace nell’indurre la remissione nelle malattie in-fiammatorie croniche intestinali pediatriche. Una dieta specifica in termini di contenuto di carboidrati (restrizione di cereali, latticini e zuccheri raffinati) ha dimostrato limitato be-neficio clinico nella MC pediatrica. Una die-ta semi-vegetariana (latte e uova; pesce una volta a settimana; altre carni una volta ogni 2 settimane) è stata associata a un alto tas-so di mantenimento della remissione della MC. Inoltre, sebbene un’aumentata produzio-ne di massa fecale e un maggiore contenuto batterico nelle feci siano state associate a un aumento in assunzione di fibre, diete ad al-to contenuto di fibre non sono state in gra-do di migliorare il quadro clinico in pazienti affetti da malattie infiammatorie croniche in-testinali. Diete prive di glutine auto-sommini-strate sono state associate a un miglioramen-to clinico di malattia, anche se non sono state associate a un miglioramento dell’attività en-doscopica di malattia, che sappiamo essere un requisito fondamentale per la remissione a lungo termine delle malattie infiammatorie croniche intestinali. Due grandi studi rando-mizzati e controllati, finalizzati a valutare gli effetti dei prebiotici (frutto-oligosaccaridi e inulina), non hanno mostrato alcun chiaro be-neficio per i pazienti con malattia di Crohn at-tiva. In uno studio controllato con placebo, la somministrazione di vitamina D in 94 pazienti

con MC ha evidenziato un miglioramento cli-nico nel gruppo di pazienti che assumevano la vitamina D. In una piccole serie di soggetti con malattie infiammatorie croniche intesti-nali, la supplementazione di zinco ha ridotto la permeabilità intestinale e il tasso di recidiva di malattia. Infine, in contrasto con i dati epi-demiologici che sostengono un’associazione tra l’assunzione n-3 e n-6 Pufa e le malattie infiammatorie croniche intestinali, studi ran-domizzati controllati con la somministrazione di olio di pesce o di n-3 Pufa in pazienti con MC hanno avuto successo nell’indurre o man-tenere la remissione clinica di malattia, men-tre un piccolo studio di modificazione della dieta per ridurre l’assunzione di n-6 e n-3 Pu-fa nella CU è stato efficace nel mantenere la remissione. Va comunque sottolineato che gli studi che dovrebbero valutare gli effetti del ci-bo sulle malattie infiammatorie croniche in-testinali sono limitati dalla difficoltà nel cat-turare accuratamente la dieta alimentare dei pazienti, nonché dalle potenziali complesse interazioni tra gli alimenti. Inoltre, le propor-zioni di cibo assunte, rispetto ad altri compo-nenti della dieta, possono risultare particolar-mente complesse da determinare.La nutrizione parenterale (NP) ha dimostrato di essere efficace in pazienti con MC, malnu-triti, ma poco si sa su quali gli effetti secon-dari possano insorgere dopo avere elimina-to l’assunzione orale di cibo, che comporta di fatto l’arresto dell’attività dell’intestino (dal termine inglese “bowel rest”). Studi osserva-zionali hanno dimostrato che la nutrizione parenterale e l’arresto dell’attività dell’inte-stino sono in grado di evitare a breve termi-ne gli interventi chirurgici, ma poco si sa su-gli effetti in termini di eventuale necessità di un intervento chirurgico. Più recentemente, il vantaggio del completo arresto dell’attività dell’intestino non è stato riscontrato in uno studio che ha confrontato gli effetti di una combinazione di nutrizione parenterale e ar-resto dell’intestino con quelli di una nutri-zione parenterale e una dieta assunta per via

orale. La nutrizione enterale esclusiva (NEE) è invece l’unico intervento dietetico che è sta-to rigorosamente testato e ha dimostrato di indurre la remissione nella MC attiva. La nu-trizione enterale esclusiva con diete elemen-tali, semi-elementali o con formule polime-riche è stata ampiamente studiata e, vista la sua efficacia, rappresenta la terapia di prima linea in molte parti del mondo (soprattut-to nella popolazione pediatrica). Il protocol-lo più comune prevede la somministrazione di una formula definita al 100% in base alle necessità caloriche per circa 4-12 settimane. Anche la nutrizione enterale esclusiva par-ziale potrebbe fornire benefici clinici e per-tanto una più piccola percentuale di calorie e nutrienti, fornito da una formula definita, potrebbe essere necessaria per mantenere la remissione e quindi una maggiore flessibili-tà nella dieta. Oltre a ridurre i sintomi del-la MC, la nutrizione enterale esclusiva è sta-ta associata a guarigione mucosale, fattore predisponente e predittore di ottimi risultati a lungo termine. Diversi probiotici hanno dimostrato avere ef-fetti benefici nel trattamento delle malattie infiammatorie croniche intestinali, in parti-colare la miscela batterica VSL#3, il ceppo di E. coli Nissle 1917 e diverse specie di Lac-tobacillus, attraverso la loro attività di mo-dulazione del microbiota intestinale e quindi dell’infiammazione. Questi preparati probio-tici hanno dimostrato efficacia nel manteni-mento della remissione clinica nelle malattie infiammatorie croniche intestinali, in parti-colare nella CU e, in misura minore, nei pa-zienti con MC. In generale, i probiotici sono principalmente promettenti nella prevenzio-ne delle malattie con però limitato effetto nel trattamento e riduzione dell’infiamma-zione e dell’attività endoscopica di malattia. La miscela batterica VSL#3 è costituita dal-lo Streptococcus thermophilus, dalle quattro specie di lattobacilli, Lactobacillus acidophi-les, L. bulgaricus, L. casei and L. plantarum, e dalle 3 specie di bifidobaceria, Bifidobacte-

Page 20: Professione Salute 5/2015

20 Professione Salute dicembre 2015

ecm

rium breve, Bifidobacterium infantis, Bifi-dobacterium longum. Tra questi, il L. casei è stato identificato come il ceppo maggior-mente efficace. Il ceppo E. coli Nissle 1917 ha dimostrato di essere in grado di miglio-rare l’omeostasi intestinale. Infatti, in diver-si studi in vitro, il ceppo di E. coli Nissle 1917 ha dimostrato di poter prevenire l’invasione delle cellule epiteliali intestinali da parte del-la Salmonella dublin, Yersinia enterocolitica, Shigella flexneri, Legionella pneumophila, e Listeria monocytogenes, minimizzando per-tanto il loro effetto negativo a livello della barriera intestinale. Inoltre, è noto che le cel-lule epiteliali intestinali svolgono la doppia funzione di fungere da barriera e modulare le risposte immunitarie innate e adattative. La disregolazione del sistema immunitario in-testinale è stata anche collegata all’apopto-si delle cellule epiteliali intestinali. In questo senso, il ceppo di E. coli Nissle 1917 può con-trastare le proprietà apoptotiche dei batte-ri patogeni tramite un fattore solubile secre-to da una non chiara “heat-shock” proteina. Per tali ragioni e in base a studi clinici ran-domizzati con l’utilizzo nel gruppo controllo di mesalazina che hanno evidenziato l’effi-cacia clinica dell’E. coli Nissle 1917 nel man-tenere la remissione della CU, le ultime linee guida dell’European Crohn and Colitis Orga-nization pubblicate nel 2013 suggeriscono l’utilizzo dell’ E. coli Nissle 1917 come tera-pia alternativa alla mesalazina nel manteni-mento della CU.Pochi studi interventistici relativi agli effet-ti sulle modifiche dello stress sono stati pub-blicati ad oggi. Una consulenza psicologica è stata associata a una ridotta incidenza di ri-cadute in alcuni, ma non tutti, gli studi. In un piccolo studio, l’uso di antidepressivi è sta-to associato a tassi ridotti di recidiva nell’an-no dopo l’inizio della terapia. Ad ogni modo, poiché tali studi interventistici sono stati svi-luppati allo scopo di valutare l’effetto delle modificazioni ambientali, che si tratti di cam-

biamenti comportamentali o dietetici, bisogna anche riconoscere che la genetica sottostan-te potrebbe fortemente influenzare la suscet-tibilità dei soggetti agli effetti di tali modi-ficazioni ambientali. Per esempio, sesso ed etnia potrebbero anche alterare la probabilità di ottenere effetti benefici dopo avere smes-so di fumare, così come i polimorfismi geneti-ci coinvolti nel metabolismo della nicotina po-trebbero influenzarne la clearance. Allo stesso modo, le mutazioni FADS2 e CYP4F3 potreb-bero influenzare qualsiasi effetto benefico di una alterazione del rapporto n-3/n-6 Pufa, al-terando i livelli plasmatici dei metaboliti degli acidi grassi polinsaturi nel sangue.

ConclusioniLe malattie infiammatorie croniche intesti-nali sono malattie complesse che si verifi-cano nel punto di intersezione tra genetica, ambiente e flora batterica intestinale. Nes-sun fattore di per sé è sufficiente per lo svi-luppo della malattia. L’aumento di inciden-za e la comparsa in popolazioni a basso rischio forniscono una forte evidenza a so-stegno dell’effetto dell’ambiente sia per la MC e la CU. I progressi nell’analisi genetica e del microbiota hanno dimostrato il ruolo chiave dell’interfaccia tra la risposta immu-nitaria e la flora batterica intestinale. Tutta-via, anche se sono state individuate una serie di associazioni ambientaliste, sono necessa-ri ulteriori studi di intervento di alta qualità prima di suggerire particolari comportamen-ti a scopo terapeutico. Ad ogni modo, una gestione più completa e attenta dei pazien-ti affetti da malattie infiammatorie croni-che intestinali non dovrà più occuparsi solo dell’infiammazione e di ottenere la guari-gione endoscopica della mucosa, ma anche includere la modifica dell’ambiente esterno (fumo, dieta, microbiota, stress, sonno, ecc.) per aiutare, raggiungere e mantenere la re-missione durevole e migliorare l’outcome e la qualità di vita dei pazienti. n

Bibliografia1. Van Assche G, Dignass A, Panes J, Beau-gerie L, Karagiannis J, Allez M, Ochsenkühn T, Orchard T, Rogler G, Louis E, Kupcinskas L, Mantzaris G, Travis S, Stange E; Europe-an Crohn’s and Colitis Organisation (ECCO). The second European evidence-based Con-sensus on the diagnosis and management of Crohn’s disease: Definitions and diagnosis. J Crohns Colitis. 2010 Feb;4(1):7-27.2. Dignass A, Van Assche G, Lindsay JO, Lémann M, Söderholm J, Colombel JF, Da-nese S, D’Hoore A, Gassull M, Gomollón F, Hommes DW, Michetti P, O’Morain C, Ore-sland T, Windsor A, Stange EF, Travis SP; Eu-ropean Crohn’s and Colitis Organisation (EC-CO). The second European evidence-based Consensus on the diagnosis and manage-ment of Crohn’s disease: Current manage-ment. J Crohns Colitis. 2010 Feb;4(1):28-62.3. Dignass A, Eliakim R, Magro F, Maaser C, Chowers Y, Geboes K, Mantzaris G, Rei-nisch W, Colombel JF, Vermeire S, Travis S, Lindsay JO, Van Assche G. Second European evidence-based consensus on the diagnosis and management of ulcerative colitis part 1: definitions and diagnosis. J Crohns Colitis. 2012 Dec;6(10):965-90.4. Dignass A, Lindsay JO, Sturm A, Windsor A, Colombel JF, Allez M, D’Haens G, D’Hoore A, Mantzaris G, Novacek G, Oresland T, Rei-nisch W, Sans M, Stange E, Vermeire S, Tra-vis S, Van Assche G. Second European evi-dence-based consensus on the diagnosis and management of ulcerative colitis part 2: current management. J Crohns Colitis. 2012 Dec;6(10):991-1030.5. Lee D, Albenberg L, Compher C, Baldassa-no R, Piccoli D, Lewis JD, Wu GD. Diet in the pathogenesis and treatment of inflammato-ry bowel diseases. Gastroenterology. 2015 May;148(6):1087-106.6. Hou JK, Lee D, Lewis J. Diet and inflamma-tory bowel disease: review of patient-tar-geted recommendations. Clin Gastroenterol

Page 21: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 21

l’aPParato gaStroenterico tra Salute e Patologia: ruolo di alimentazione e Stile di vita

DOMAnDE ECM

A. Che cosa differenzia la colite ulcerosa dalla malattiadi Crohn?1 Interessamento transmurale2 Interessamento della sola tonaca mucosa3 Interessamento dell’intestino tenue4 Interessamento discontinuo a carico del grosso e piccolo intestino

B. A che età si manifesta più frequentemente la malattiadi Crohn?1 A 10-15 anni2 A 45-60 anni3 A 15-30 anni4 Dopo i 70 anni

C. L’incidenza della malattia infiammatoria cronicaintestinale è maggiore:1 al nord (Europa e America del Nord)2 negli uomini3 nei paesi rurali4 negli stati socio-economicamente meno benestanti

D. Qual è la patogenesi delle malattie infiammatoriecroniche intestinali?1 Genetica, NOD2/CARD152 Alimentare3 Ambientale4 Multifattoriale

E. Tra i fattori legati all’immunità dell’ospite, qualedei seguenti è protettivo per lo sviluppo di malattieinfiammatorie croniche intestinali?

1 L’adherent-invasive Escherichia coli (Aiec)2 I batteri che producono acido butirrico3 Il Mycobacterium avium e la Salmonella4 L’utilizzo precoce di antibiotici

F. Quale delle seguenti affermazioni riguardoai fattori ambientali è corretta?1 L’allattamento al seno è fattore protettivo per lo sviluppodi malattie infiammatorie croniche intestinali2 Il fumo è con-causa di malattia nella CU e protettivo nella MC3 L’appendicectomia è protettiva per lo sviluppo della MC4 L’esposizione ad animali e il vivere in famiglie numerose favorisce lo sviluppo di malattie infiammatorie croniche intestinali

G. Quale delle seguenti affermazioni riguardo a dietae malattie infiammatorie croniche intestinali è corretta?1 L’abbondante consumo di carne rossa è un fattore protettivo2 L’abbondante utilizzo di fibre è un fattore protettivo3 La nutrizione enterale totale ha la stessa efficacia degli steroidi nel mandare in remissione la malattia negli adulti4 Una dieta ricca di carboidrati a catena corta allevia sintomi come gonfiore, distensione addominale e flatulenza

H. Quale delle seguenti affermazioni riguardo a stile di vitae malattie infiammatorie croniche intestinali è corretta?1 Lo stress è fattore protettivo sulle riesacerbazioni di malattia2 Lavori sedentari sono protettivi sullo sviluppo di tali malattie3 I disturbi del sonno sono più frequenti nei soggetti affettida tali malattie4 La depressione è un fattore protettivo sulle riesacerbazionidi malattia

qqqqqqqq

Hepatol. 2014 Oct; 12(10):1592-600. 7. Sarbagili-Shabat C, Sigall-Boneh R, Levine A. Nutritional therapy in inflammatory bo-wel disease. Curr Opin Gastroenterol. 2015 Jul;31(4):303-8.8. Neuman MG, Nanau RM. Inflammatory bowel disease: role of diet, microbiota, life

style. Transl Res. 2012 Jul;160(1):29-44. 9. Ananthakrishnan AN. Epidemiology and risk factors for IBD. Nat Rev Gastroenterol Hepatol. 2015 Apr;12(4):205-17. 10. Kruis W, Fric P, Pokrotnieks J, Lukas M, Fixa B, Kascak M, et al. Maintaining remis-sion of ulcerative colitis with the probio-

tic Escherichia coli Nissle 1917 is as ef-fective as with standard mesalazine. Gut 2004;53:1617–23.11. Rogler G, Vavricka S. Exposome in IBD: recent insights in environmental factors that influence the onset and course of IBD. Inflamm Bowel Dis. 2015 Feb;21(2):400-8.

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

q

Page 22: Professione Salute 5/2015
Page 23: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 23

Il termine micotossine è stato coniato per la prima volta nel lontano 1962, dopo la morte di oltre 100.000 tacchini avvenuta

in Inghilterra a seguito di somministrazione di mangime altamente contaminato da tossine prodotte da Aspergillus flavus. Le micotossine sono i metaboliti secondari di funghi filamentosi saprofiti. Sono vere e proprie sostanze chimiche con peso molecolare relativamente basso.Si possono classificare, generalmente, come molecole policicliche, ad eccezione delle fumo-nisine che sono diesteri. I funghi produttori di micotossine appartengono prevalentemente ai generi Aspergillus, Claviceps, Fusarium e Peni-

I rischi della contaminazioneda micotossine negli alimenti

Debellare completamente

a livello globale la presenza

delle micotossine è praticamente

impossibile, tuttavia

si può cercare di contenere

l’esposizione, e i conseguenti

rischi per la salute umana, entro

limiti tollerabili attraverso la

pratica di rigorosi controlli

sull’intera filiera agroalimentare

nutrizione_Sicurezza alimentare

di Mario PeroneTecnico della prevenzioneAsl della Provincia di Pavia

Page 24: Professione Salute 5/2015

24 Professione Salute dicembre 2015

cillum. Si è ritenuto di approfondire il delicato argomento delle micotossine perché si tratta di un tema poco noto. Oltre a ciò, essendo so-litamente invisibili a occhio nudo, sono più in-fide rispetto alla conosciuta, e pertanto già te-muta, tossicità della stragrande maggioranza dei funghi macroscopici.

Perchè si formano le micotossineLe micotossine si formano principalmente in due modi: o in campo e/o, successivamente, durante l’essicazione, lo stoccaggio e il tra-sporto delle merci. Il primo caso si verifica a causa di un andamento climatico sfavorevole alle colture o a seguito di un raccolto tardivo. La siccità, un’elevata umidità relativa dell’a-ria unitamente all’umidità del substrato, e la temperatura media stagionale superiore alla norma protratti nel tempo provocano un in-debolimento delle piante, che vengono così fa-cilmente attaccate da funghi produttori di mi-

cotossine. Come la maggior parte delle muffe, anche le micotossine sono mesofile, cioè cre-scono fra i 10 e 40 °C, con moltiplicazione ot-timale fra i 25 e i 30 °C. Esse vivono prevalen-temente sulla superficie esterna dei frutti, per questo motivo, gli alimenti integrali contami-nati all’origine da micotossine possono con-tenerne maggiori quantità rispetto ai relativi alimenti raffinati. Nel secondo caso la crescita delle micotossine è favorita da un’inadegua-ta disidratazione dei raccolti e/o da un’elevata umidità relativa dell’aria nei locali di stoccag-gio e di trasporto.

tossicità delle micotossineLe micotossicosi, come tutte le sindromi tos-sicologiche, si dividono in acute e croniche. La tossicità acuta è caratterizzata da una sinto-matologia rapida causata, di solito, da un’u-nica dose di quantitativi di contaminanti relativamente alti (un esempio sono le intos-sicazioni da funghi macroscopici). La tossicità cronica è invece identificata da una bassa do-se di xenobiotici (contaminanti) protratta per un lungo periodo (un esempio è il fumo di si-garetta). Nell’uomo e negli animali causano ef-fetti tossici di qualità ed entità variabili in fun-zione del tipo di contaminante, della quantità e della durata dell’esposizione.Le principali micotossine sono le aflatossine, gli alcaloidi ergolinici, le citrinine, le fumonisi-ne, le ocratossine, le patuline, i tricoteceni (de-ossinivalenolo e tossina T-2) e lo zearalenone.

aflatossineLe principali aflatossine sono quattro: la B1 (AFB1), la B2 (AFB2), la G1 (AFG1), la G2 (AFG2). Nell’uomo e negli animali per idrolisi di AFB1 si forma l’aflatossina M1 (AFM1), come princi-pale prodotto finale del metabolismo. AFM1 si trova nel latte, compreso quello umano, e nei derivati del latte, nell’urina come metabolita. Le lettere B (Blue) e G (Green) corrispondono al tipo di fluorescenza emessa quando vengo-no irradiate da raggi UV di 360 nm, mentre la lettera M è l’iniziale di milk in quanto si trova

nutrizione_Sicurezza alimentare

Page 25: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 25

nel latte. Le aflatossine sono dei derivati difu-ranocumarinici e sono prodotte da molti ceppi di Aspergillus. L’aflatossina B1 è il più potente cancerogeno naturale conosciuto. Infatti, l’A-genzia Internazionale per la Ricerca sul Can-cro (Iarc) l’ha classificata nel primo gruppo di cancerogenicità (Iarc 1993), cioè con eviden-ze di cancerogenicità. Nel medesimo grup-po c’è l’insieme, la somma, delle aflatossine AFB1+AFB2+AFG1+AFG2 (Iarc 2003). L’afla-tossina M1 è accertata essere cancerogena per gli animali e probabilmente cancerogena per l’uomo, e inserita nel gruppo 2. L’aflatossico-si acuta causa la morte; quella cronica il can-cro, la soppressione del sistema immunitario e altre “lente” malattie. L’organo bersaglio pri-mario è il fegato. Tuttavia ci sono evidenze di neoplasie da aflatossine in tessuti diversi dal fegato, in particolare a livello polmonare. Si è stimato che sono sufficienti da 10 ai 20 mg di aflatossine per provocare un’aflatossicosi acu-ta, che inizialmente si manifesta con una se-vera astenia.

alcaloidi ergoliniciIl nome deriva dalla molecola dell’ergolina te-traciclica, in inglese ergot è la segale cornu-ta, cioè segale infestata da un fungo, la Clavi-ceps purpurea, che si sviluppa in uno sclerozio a forma di bozzolo allungato (sperone). Sono classificati come alcaloidi dell’indolo e com-prendono numerose molecole. La malattia umana provocata da questi composti, soprat-tutto da pane prodotto con farine contamina-te, si chiama ergotismo o fuoco di Sant’Anto-nio. Le ergotamine pure sono state impiegate per il trattamento delle emicranie. Altri deriva-ti ergolinici sono stati utilizzati come inibitori della prolattina, per il trattamento del Parkin-son e in alcuni casi di encefalopatie vascolari. Le terapie con alcaloidi ergolinici possono pro-vocare sporadici casi di ergotismo umano

citrinineSono state isolate per la prima volta da Peni-cillum citrinum. Recentemente sono state iso-

late da Monascus ruber e Monascus purpu-reus, specie industriali usate per la produzione di pigmenti. Le citrinine sono nefrotossiche in tutte le specie animali testate, quindi anche per l’uomo.

tricoteceni(deossinivalenolo e tossina t-2)Sono prodotti da vari generi di funghi, in par-ticolare da Fusarium. Sono classificati come sesquiterpenoidi. Si tratta di molecole estre-mamente efficaci nell’inibire la sintesi protei-ca: interferiscono con la formazione, l’allunga-mento della catena e con la fase finale della sintesi peptidica. In aggiunta a questa attività citotossica, dal punto di vista clinico compor-tano emorragie, depressione del sistema im-munitario, sintomatologia gastroenterica (vo-mito e diarrea), dermatiti ed effetti neurologici. È stato ipotizzato che la tossina T-2 sia asso-ciata alla malattia trasmessa dagli alimenti de-nominata aleukia, i cui sintomi comprendo-no infiammazione della pelle, vomito e danno al tessuto emopoietico. La fase acuta è invece accompagnata da necrosi del cavo orale, san-guinamento del naso, della bocca, della vagina e disordine del sistema nervoso centrale. Non è semplice effettuare una diagnosi corretta di tale malattia, talvolta la si può scambiare per difterite o scorbuto.

FumonisineSono prodotte da un diverso numero di spe-cie di Fusarium. Sono potenzialmente presen-ti in tutti i campione di mais. Tuttavia non tutti i ceppi producono tossine. Le fumonisine sono collegate al probabile sviluppo di cancro all’e-sofago. Infatti, è stata documentata un’elevata incidenza di tale tumore nel nord-est italiano, dove il consumo di farina di mais è abbondan-te. Iarc le ha classificate nel gruppo B2, cioè probabilmente cancerogene per l’uomo e sicu-ramente cancerogene per gli animali.

ocratossineL’ocratossina A è uno dei metaboliti di Aspergil-

nutrizione_Sicurezza alimentare

Page 26: Professione Salute 5/2015

26 Professione Salute dicembre 2015

lus flavus, è un potente nefrotossico e un fatto-re di rischio per il cancro ai testicoli. L’intensità della sua azione è dovuta soprattutto a una vi-ta media per la sua eliminazione molto lunga. Iarc l’ha classificata nella categoria 2B (possi-bile cancerogenicità per l’uomo e con evidenze certe di cancerogenicità per gli animali).

PatulineFino al 1950 le patuline erano conosciute per la loro attività antibiotica. Studi condotti fra il 1950 e il 1960 hanno dimostrato la loro tossi-cità verso le piante e verso gli animali. Pertan-to, dal 1960 le patuline sono state riclassificate come micotossine. Esse, prodotte solitamente da funghi appartenenti alla genere Penicillum, provocano il marciume delle mele, delle pere, delle ciliegie e altri frutti.

zearalenoneÈ un metabolita secondario di Fusarium gra-minearum e di altre specie di Fusarium. È clas-

sificato come estrogeno non steroideo o mi-coestrogeno o fitoestrogeno. È fortemente indiziato di ridurre la fertilità umana e la vita media. Lo zearalenone e i tricoteceni non so-no classificabili, da Iarc, per la cancerogenici-tà sull’uomo.

cottura degli alimentiLa temperatura di cottura degli alimenti con-taminati (100 °C) non è sufficiente per modi-ficare la struttura chimica delle molecole del-le micotossine. Servono almeno 150 °C per un tempo che varia da diversi minuti ad alcune ore. Pertanto la normale temperatura di cottu-ra non diminuisce la tossicità delle micotossi-ne. Esse sono quindi termoresistenti.

alimenti nei quali è possibilela contaminazione da micotossineSi stima che nel mondo circa un quarto dei raccolti sono contaminati da micotossine (vedi approfondimento in questa pagina). I raccol-ti contaminati devono essere distrutti. È con-sentito solo il riutilizzo di cereali contaminati nei biodigestori impiegati per la produzione di energia elettrica. La legge vieta la miscelazio-ne delle merci al fine di ottenere tenori di mi-cotossine entro i limiti di legge.

Valori massimi ammissibili negli alimentiI limiti di legge delle micotossine sono estre-mamente bassi. Sono dell’ordine di micro-grammi/Kg (1 microgrammo è uguale a un milionesimo di grammo, cioè 0,000001 gram-mi in 1 Kg di substrato). Le concentrazioni sono state adottate dalla Commissione Euro-pea su parere dell’Efsa (European Food Secu-rity Autority) e sono basate sul principio Ala-ra (As Low As Reasonably Achievable), cioè la concentrazione più bassa ragionevolmen-te ottenibile. I limiti europei sono i più bassi rispetto a quelli di tutti gli altri paesi. Gli in-tervalli di concentrazioni espressi compren-dono diversi alimenti e dipendono dal tipo di substrato e dal tipo di contaminante. Per ap-profondimenti relativi a limiti specifici è pos-

nutrizione_Sicurezza alimentare

PRESENZA DELLE MicotoSSiNE NEGLi ALiMENti

AflatossineSi possono trovare in quasi tutti i tipi di cerea-li (compreso il miglio e il sorgo, con l’esclusio-ne del riso non perché sia immune dalla conta-minazione, ma perché la sbramatura elimina le glumelle e il riso bianco ha tenori di aflatossine inferiori ai limiti). Possono essere presenti nei se-mi oleosi (noci, mandorle, nocciole, arachidi, pi-stacchi ecc.), nella frutta secca (fichi, datteri, uva sultanina ecc.), nel polline d’api, nelle spezie (pe-pe, noce moscata, zenzero, curcuma, peperon-cino), nella polpa di noce di cocco essiccata, nel tabacco e in prodotti di origine animale (uova, latte e derivati).

Alcaloidi ergoliniciSi possono trovare in molti cereali.

CitrinineSi possono trovare nel frumento, nell’avena, nel-la segale, nel mais, nell’orzo, negli insaccati, nelle spezie colorate (peperoncino).

FumonisineSi possono trovare nella farina di mais e negli ali-menti a base di mais.

Ocratossina ASi può trovare nei cereali, nell’uva sultanina, nel caffè, nel cacao, nel cioccolato, nel vino, nei suc-chi d’uva, nella birra, nel sangue e nei tessuti di molti animali (soprattutto nella carne suina e avi-cola), nel latte, incluso quello materno.

PatulineSi possono trovare nei succhi di frutta, nelle composte di frutta e nei prodotti a base di frut-ta solida.

TricoteceniSi trovano spesso nell’orzo, nell’avena, nel mais, nella segale, nei semi di cartamo.

ZearalenoneLo si può trovare in tutti i raccolti cerealicoli.

Page 27: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 27

sibile consultare il Reg. UE 165/2010 per le aflatossine e il Reg. UE 1881/2006 per gli al-tri xenobiotici.

azioni preventiveLe azioni preventive sono di due tipi. La pri-ma è la prevenzione in campo e sulle derra-te immagazzinate. La seconda è la prevenzio-ne sui consumi. Nel primo caso si estrinseca con una corretta prassi agronomica, con l’u-tilizzo di antifungini nei momenti di massi-ma vulnerabilità delle piante (per il controllo di Aspergillus Flavus, produttore di aflatossi-ne, si sono dimostrati efficaci fungicidi qua-li l’intraconazolo e amfotericina B), nell’essic-cazione adeguata dei raccolti, nel mantenere una bassa umidità relativa dell’aria nei ma-gazzini e, dove possibile, negli ambienti di trasporto (navi). Al fine di sfavorire lo svilup-po delle muffe e quindi delle micotossine è indispensabile contenere l’attività dell’acqua (Aw) nei substrati. L’acqua “libera” deve es-sere inferiore a determinati valori, che sono diversi in funzione al tipo di raccolto. Ottimi risultati ha dato anche la cernita dei cereali prima della macinazione.La seconda azione preventiva è quella sui consumi e viene realizzata da parte dell’Auto-rità competente attuando programmi di cam-pionamenti in base alle malattie (potenzial-mente) trasmesse dagli alimenti (Mta) e alle matrici che si ritengono più a rischio di con-taminazione (farina di mais, frutta secca e se-mi oleosi). Va sottolineato che in Europa la detossificazione mediante trattamenti chimi-ci, per prevenire la formazione dell’epossido, è vietata (art. 3, c. 4, Reg. UE 1881/2006). Tutte le azioni preventive hanno dei costi. Del resto la prevenzione primaria nel suo com-plesso comporta un impegno di spesa con-siderevole, come ad esempio le vaccinazio-ni infantili, ma nessuno penserebbe mai di non eseguirle. Anzi, la mancata realizzazione di adeguati programmi di prevenzione e for-mazione provoca un esborso di denaro anco-ra maggiore.

conclusioniLe micotossine sono termoresistenti. Gli ali-menti, se contaminati all’origine da micotossi-ne, hanno una quantità di tali xenobiotici circa 10 volte maggiore nella forma integrale rispet-to alla forma raffinata. Gli alimenti biologici devono essere privi di pesticidi, ma, per defi-nizione, non è detto siano privi di tossine pro-dotte da funghi saprofiti. Le micotossine sono il più importante fattore di rischio cronico del-la dieta, più alto dei contaminanti sintetici, de-gli additivi alimentari e dei residui di pesticidi. Pensare di riuscire a eliminare a livello mon-diale le micotossine è in pratica impossibi-le, perché le stesse, a differenza di altri con-taminanti (pesticidi, metalli pesanti ecc.), sono di origine naturale. Pertanto, pur sapendo che, per esempio, le aflatossine sono genotossiche e cancerogene, dobbiamo convivere con ali-menti contenenti bassissime quantità di ta-li sostanze chimiche. Tuttavia, se questi sono i fatti, ritengo che l’unico modo per ridurre al minimo i danni alla salute umana derivanti da tali contaminanti possa essere la volontà di in-vestire ora risorse finanziarie per potenziare e realizzare le azioni preventive sopra indicate, al fine di non sostenere domani costi sociali an-cora maggiori, cioè costosi ricoveri ospedalieri e perdite di vite umane. n

nutrizione_Sicurezza alimentare

Page 28: Professione Salute 5/2015
Page 29: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 29

“Lasciate che il cibo sia la vostra medicina” era solito affermare Ippocrate, filosofo e medico greco,

vissuto 400 anni prima di Cristo. Sono sempre più numerose le ricerche che dimostrano l’importanza che gioca l’alimentazione nella prevenzione delle malattie umane. Il rapporto più chiaro tra alimentazione e salu-te riguarda le malattie cardiovascolari, ma co-sa si sa del rapporto tra dieta e malattie della pelle? Ci sono cibi utili per prevenire o tratta-re alcune malattie della pelle? E la quantità di ciò che mangiamo ogni giorno è importante per la nostra pelle? Sono alcune delle doman-de che ci si può porre pensando all’associazio-ne tra alimentazione e benessere cutaneo. L’effetto di carenze alimentari sullo stato di sa-lute della pelle è noto da tempo. Nel 1536 l’e-sploratore francese Jacques Cartier così descri-veva le manifestazioni dello scorbuto nei propri marinai: «avevano la pelle coperta di macchie di sangue color porpora che si estendevano dalle caviglie alle ginocchia. [...] La loro bocca man-

La pelle a tavola:la relazione tra dietae malattiedermatologiche

dermatologia_malattie della Pelle

La dieta può influenzare in maniera rilevante lo stato

di salute. Se i dati più consistenti riguardano le malattie

cardiovascolari, non bisogna trascurare il ruolo giocato

da fattori dietetici in numerose patologie dermatologiche

di Luigi NaldiUnità Complessa di Dermatologia, A. O. Papa Giovanni XXIII, BergamoCentro Studi Gised, Bergamo

dava un cattivo odore e le loro gengive divennero guaste». Suc-cessivamente, fu il medico ingle-se James Lind, nel 1753, a met-tere in relazione, con un elegante esperimento clinico, le manife-stazioni dello scorbuto descrit-te sopra con una dieta povera di legumi freschi e frutta. Ai nostri giorni, almeno nelle società svi-luppate, non sono tanto la malnutrizione e le carenze alimentari a determinare malattie del-la pelle, quanto gli eccessi e gli squilibri di die-te troppe ricche.

il latte: un sistema di trasfezionegenica associato con l’acneSi può partire, per affrontare il problema, da-gli indigeni Kitava dell’isola di Papua nella Nuo-va Guinea e da quelli Aché della foresta del Pa-raguay, studiati da Loren Cordain ricercatrice dell’Università del Colorado. La dieta dei Kita-va e degli Aché è rappresentata in larga parte

Page 30: Professione Salute 5/2015

30 Professione Salute dicembre 2015

da tuberi, frutta, pesce e carne di cacciagione, ed è pressoché priva di latticini, olio, margarina, cereali e zucchero raffinato. I carboidrati contri-buiscono per il 70% all’apporto energetico tota-le, ma hanno un “carico glicemico” assai basso. In altre parole incidono assai poco sulla glice-mia e comportano una bassa risposta in termini di innalzamento dei livelli di insulina. Nelle due popolazioni studiate da Loren Cor-dain, l’acne è assente, mentre è pressoché co-stante tra gli adolescenti del mondo occidenta-le. Quali i motivi? La dieta dei giovani adolescenti dei paesi sviluppati ha un elevato carico gluci-dico e provoca, di conseguenza, un’elevata se-crezione di insulina, la quale, a sua volta, favo-risce la comparsa di alterazioni funzionali nella ghiandola sebacea che facilitano la comparsa dell’acne. Accanto a dati epidemiologici, sono disponibili due piccoli studi randomizzati che documentano come l’adozione di una dieta a basso carico glucidico rispetto a una dieta con-venzionale possa portare a un miglioramento dell’acne. Tra gli alimenti, è soprattutto il lat-te con i prodotti da esso derivati, a produrre i più alti livelli plasmatici post-prandiali di insuli-na e di insulin-like growth factor-I (IGF-I). Dati da vari studi epidemiologici, incluso uno studio caso-controllo del Gruppo Italiano Studi Epide-

miologici in Dermatologia (Gised) che ha coin-volto oltre 500 adolescenti, mostrano come un elevato consumo di latte, specie se parzialmen-te scremato, influenza la gravità dell’acne. Se-condo Bodo Melnik, il latte non è un semplice alimento bensì un sistema complesso di trasfe-zione genica, di introduzione di materiale bio-logico esogeno e di supporto anabolico per una rapida crescita dei mammiferi nei primi mesi di vita. L’introduzione di latte porta all’attivazio-ne della via di segnale della chinasi, nutrien-te-sensibile, definita come “mechanistic target of rapamycin complex 1” (mTORC1). Il persiste-re di un elevato consumo di latte durante l’a-dolescenza e l’età adulta, anche favorito dai sistemi di refrigerazione sviluppati a partire da-gli anni 1950, si associa a una persistente atti-vazione di mTORC1 che può avere importanti conseguenze metaboliche. In particolare, si ri-duce il contenuto nucleare del fattore di tra-scrizione denominato come “Forkhead box class O1A transcription factor” (FoxO1). Un deficit di FoxO1 è associato a tutti i principali fattori pa-togenetici identificati nell’acne, la trans-atti-vazione del recettore per gli androgeni, la co-medogenesi, l’aumento di lipogenesi sebacea, l’infiammazione follicolare (fig. 1). Al di là del latte e derivati, anche altri fattori die-

dermatologia_malattie della Pelle

Bibliografia1. Melnik BC. Linking diet to acne metabo-lomics, inflammation, and comedogenesis: an update. Clin Cosmet Investig Dermatol. 2015;8:371-88. 2. Melnik BC. Evidence for acne-promoting effects of milk and other insulinotropic dai-ry products. Nestle Nutr Workshop Ser Pedia-tr Program. 2011;67:131-45. 3. Di Landro A, Cazzaniga S, Parazzini F, In-gordo V, Cusano F, Atzori L, Cutrì FT, Musume-ci ML, Zinetti C, Pezzarossa E, Bettoli V, Capro-ni M, Lo Scocco G, Bonci A, Bencini P, Naldi L; GISED Acne Study Group. Family history, bo-dy mass index, selected dietary factors, men-strual history, and risk of moderate to severe acne in adolescents and young adults. J Am Acad Dermatol 2012;67:1129-35. 4. Reynolds RC, Lee S, Choi JY, Atkinson FS, Stockmann KS, Petocz P, Brand-Miller JC. Ef-fect of the glycemic index of carbohydrates on Acne vulgaris. Nutrients 2010;2:1060-72. 5. Smith RN, Mann NJ, Braue A, Mäkeläinen H, Varigos GA. A low-glycemic-load diet im-proves symptoms in acne vulgaris patients: a randomized controlled trial. Am J Clin Nutr 2007;86:107-15.6. Smith RN, Mann NJ, Braue A, Mäkeläinen H, Varigos GA. The effect of a high-protein, low glycemic-load diet versus a conventio-nal, high glycemic-load diet on biochemical parameters associated with acne vulgaris: a randomized, investigator-masked, controlled trial. J Am Acad Dermatol 2007;57:247-56.7. Davidovici BB, Sattar N, Prinz J, Puig L, Eme-ry P, Barker JN, van de Kerkhof P, Ståhle M, Nestle FO, Girolomoni G, Krueger JG. Psoria-sis and systemic inflammatory diseases: po-tential mechanistic links between skin disease and co-morbid conditions. J Invest Dermatol. 2010;130:1785-96. 8. Setty AR, Curhan G, Choi HK. Obesity, waist circumference, weight change, and the risk of psoriasis in women: Nurses’ Health Study II. Arch Intern Med. 2007;167:1670-5. Naldi L, Addis A, Chimenti S, Giannetti A, Pi-cardo M, Tomino C, Maccarone M, Chatenoud L, Bertuccio P, Caggese E, Cuscito R. Impact of body mass index and obesity on clinical re-sponse to systemic treatment for psoriasis. Evidence from the Psocare project. Dermato-logy. 2008;217:365-73. 9. Naldi L, Conti A, Cazzaniga S, Patrizi A, Paz-zaglia M, Lanzoni A, Veneziano L, Pellaca-ni G; Psoriasis Emilia Romagna Study Group. Diet and physical exercise in psoriasis: a randomized controlled trial. Br J Dermatol. 2014;170:634-42. 10. Bronsnick T, Murzaku EC, Rao BK. Diet

Figura 1 - Schematica rappresentazionedegli effetti di una dieta con alto carico glucidico e riccadi latte sui fattori patogenetici dell’acne (modificatada melnik B, NestleNutr WorkshopSer Pediatr Program. 2011;67:131-45).

Page 31: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 31

tetici possono essere in causa nell’acne. Lo stu-dio caso-controllo condotto nell’ambito della rete Gised, già menzionato, ha mostrato come una dieta ricca di frutta, verdura e pesce, pos-sa avere un effetto protettivo sulla gravità della malattia. Il consiglio, in ultima analisi, è quello di non liquidare le preoccupazioni sulla dieta del paziente acneici con un’alzata di spalle.

Psoriasi, obesità e adipochineDall’acne alla psoriasi il passo, in termini ali-mentari, non è poi così lungo. La psoriasi è una malattia immuno-mediata in cui si assiste a un accelerato turnover dei cheratinociti associato a un processo infiammatorio connesso con l’e-spansione e attivazione di linfociti T helper (Th) Th1, Th17 e Th22 con produzione di citochine come interferon gamma, tumor necrosis fac-tor (TNF), interleuchina (IL)-17 e IL-22.Per anni, la ricerca eziologica sulla psoriasi si è prevalentemente concentrata sulla geneti-ca con l’identificazione di numerosi “geni di su-scettibilità”. In anni recenti, è emersa l’impor-tanza di alcuni fattori ambientali nel modulare la comparsa e la gravità della malattia. Si de-ve, in buona parte, a studi italiani la compren-sione dei rapporti tra dieta, apporto calorico e psoriasi. Oltre il 60% dei pazienti con psoriasi è in sovrappeso o francamente obeso ed è ormai largamente accettato che il sovrappeso e l’obe-sità siano fattori che influenzano la comparsa della psoriasi, la gravità della malattia e la ri-sposta ai trattamenti. Recentemente, uno stu-dio clinico che ha coinvolto oltre 300 pazienti,

dermatologia_malattie della Pelle

sostenuto dalla Regione Emilia Romagna e co-ordinato dal Centro Studi Gised di Bergamo, ha mostrato come l’adozione di una dieta ipoca-lorica associata a un aumentato esercizio fisico che comporti una riduzione anche modesta (in-feriore al 5%) del peso corporeo può avere un importante effetto benefico sulla psoriasi in pa-zienti con psoriasi sovrappeso od obesi in trat-tamento sistemico. Le ragioni dell’influenza del peso corporeo sulla psoriasi sono molteplici. Il tessuto adiposo non svolge solo funzioni di de-posito energetico o di produzione di lipidi, es-so è anche un organo con funzioni endocrine e secretorie ed è riconosciuto come componente del sistema dell’immunità innata. Il tessuto adi-poso produce ormoni come le adipochine e una varietà di citochine pro-infiammatorie come IL-6 e TNF. Tra le adipochine, hanno particola-re importanza la leptina e l’adiponectina (fig. 2). I livelli plasmatici di leptina sono correlati diret-tamente con la massa del tessuto adiposo. Ac-canto al controllo dell’appetito, svolto a livello ipotalamico, la leptina regola un’ampia gamma di funzioni biologiche come l’omeostasi ener-getica, l’ematopoiesi, e alcune risposte immu-ni. Recettori per la leptina sono presenti in vari tessuti. La leptina attiva monociti e macrofagi e potenzia la produzione di citochine pro-infiam-matorie come TNF, IL-6 e IL-9. Essa orienta la differenziazione dei linfociti verso un fenotipo Th1 e stimola la proliferazione dei cheratinoci-ti e l’angiogenesi. Al contrario della leptina, l’a-diponectina ha effetti anti-infiammatori e inibi-sce la produzione di TNF. I livelli di adiponectina

in dermatology: Part I. Atopic dermatitis, ac-ne, and nonmelanoma skin cancer. J Am Acad Dermatol. 2014;71:1039.e1-1039.e12. 11. Murzaku EC, Bronsnick T, Rao BK. Diet in dermatology: Part II. Melanoma, chronic ur-ticaria, and psoriasis. J Am Acad Dermatol. 2014;71:1053.e1-1053.e16. 12. Caldarola G, Feliciani C. A glass of red wi-ne to keep vascular disease at bay, but what about pemphigus vulgaris? Expert Rev Clin Immunol. 2011;7:187-91.13. Fedeles F, Murphy M, Rothe MJ, Grant-Kels JM. Nutrition and bullous skin diseases. Clin Dermatol. 2010;28:627-43. 14. Surjana D, Halliday GM, Martin AJ, Molo-ney FJ, Damian DL. Oral nicotinamide reduces actinic keratoses in phase II double-blinded randomized controlled trials. Invest Dermatol. 2012;132:1497-500. 15. de Waure C, Quaranta G, Gualano MR, Ca-deddu C, Jovic-Vranes A, Djikanovic B, La Tor-re G, Ricciardi W. Systematic review of studies investigating the association between dieta-ry habits and cutaneous malignant melano-ma. Public Health. 2015 Jul 23. [Epub ahead of print] 15. Sergentanis TN, Antoniadis AG, Gogas HJ, Antonopoulos CN, Adami HO, Ekbom A, Petri-dou ET. Obesity and risk of malignant melano-ma: a meta-analysis of cohort and case-con-trol studies. Eur J Cancer. 2013;49:642-57. 16. Malagoli C, Malavolti M, Agnoli C, Crespi CM, Fiorentini C, Farnetani F, Longo C, Ricci C, Albertini G, Lanzoni A, Veneziano L, Virgili A, Pagliarello C, Santini M, Fanti PA, Dika E, Sieri S, Krogh V, Pellacani G, Vinceti M. Diet quality and risk of melanoma in an Italian population. J Nutr. 2015;145:1800-7.

Figura 2 - impatto delle adipochine sui processi infiammatori(modificata da davidovici B, et al. J invest dermatol. 2010;130:1785-96).

Page 32: Professione Salute 5/2015

32 Professione Salute dicembre 2015

sono ridotti nell’obesità, nella sindrome meta-bolica e nella psoriasi. Il rapporto tra obesità e psoriasi è evidente anche nel bambino: una ra-gione, in più, per favorire una sana alimentazio-ne e controllare il peso fin dall’infanzia.

Si potrebbe continuareMolte altre malattie dermatologiche hanno do-

dermatologia_malattie della Pelle

cumentati rapporti con l’alimentazione, ba-sti citare l’orticaria, la dermatite atopica, alcu-ne malattie bollose, alcuni tumori cutanei (vedi tabella in questa pagina). In conclusione, an-che considerando i problemi dermatologici, possiamo affermare con il filosofo tedesco Ludwig Andreas von Feuerbach che, almeno in parte, “siamo ciò che mangiamo”. n

siNtesi dei dati coNsoLidati reLativi aLLa reLazioNe tra fattori dietetici e maLattie dermatoLogiche

Entità clinica

Acne

Psoriasi

Dermatite atopica

Orticaria cronica

Penfigo

Carcinoma spinocellularee basocellulare

Melanoma

Fattori dietetici coinvolti in studi osservazionali

Aumentato rischio per una dieta con alto carico glucidicoe per un elevato consumo di latte. Pure aumentato rischio per una dieta povera di frutta, verdura, pesce

Associazione documentata tra sovrappeso e obesità e incidenza della psoriasi tanto nell’adulto che nel bambino.Associazione della psoriasi con malattia celiaca

L’introduzione tardiva di alimenti durante lo svezzamento aumenta il rischio di dermatite atopica. L’allattamento materno limitato ai primi 4 mesi di vita ha effetti protettivi solo nei bambini con storia familiare di atopia

Mancano dati

Dati epidemiologici e singoli casi suggeriscono che alcuni nutrienti possano giocare un ruolo eziologico. Questi includono cibi contenenti gruppi tiolo come l’aglio, fenoli come il pepe nero, tannini come il vino rosso o il tè, gli isotiocianati come il cavolfiore e ficocianine come alcune alghe

Dati non conclusivi sul ruolo di vari fattori dietetici

Nei maschi, il sovrappeso e l’obesità sono associatia un rischio aumentato di melanoma. Una dieta ricca di pesce, frutta e verdura con elevato contenuto di beta-carotene, vitamina A, C, D e E tendea ridurre il rischio. Similmente, esiste una relazione inversa tra il rischiodi melanoma e indici generali di qualità della dietacome l’Healthy Eating Index

Interventi dietetici proposti nell’ambitodi studi clinici randomizzati

Una dieta con restrizione del carico glucidico è efficace nel ridurre la gravità dell’acne

Una dieta ipocalorica associata a esercizio fisico in pazienti sovrappeso o obesi con psoriasi moderata-grave in trattamento sistemico produce un miglioramento della psoriasi superiore a quello ottenibile con il solo trattamento sistemico

Una supplementazione di probiotici pre-natalee di probiotici e prebiotici post-natale precoce è efficacenel prevenire la comparsa di dermatite atopica

Una dieta povera in “pseudo-allergeni” come preservativi, coloranti e composti aromatici può migliorare i sintomi in sotto-gruppo di pazienti inclusi i pazienti che non abbiano risposto a un trattamento standard della malattia

Una dieta con basso contenuto di grassi, la supplementazione di selenio o di beta-carotene sono inefficaci nella prevenzione. La supplementazione di retinolo o retinoidi ha efficacia preventiva solo nei soggetti ad alto rischio e limitatamente al carcinoma spinocellulare.La supplementazione di nicotinamide (500 mg due volte al giorno) previene la comparsa di tumori in soggetti con segni cutanei di rilevante danno attinico

Mancano dati

Page 33: Professione Salute 5/2015
Page 34: Professione Salute 5/2015
Page 35: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 35

«In tutto il mondo le fratture di femore si verificano per un terzo negli uomini e si associano a una mortalità superiore

rispetto alle donne»: questa frase, pronunciata da Peter Ebeling, membro del consiglio dell’International Osteoporosis Foundation (Iof), apre la prefazione del report pubblicato pochi mesi fa dall’associazione e riassume in poche parole una tra le più rilevanti problematiche connesse all’osteoporosi. Rilevante ma finora ampiamente sottovalutata, tanto che il titolo assegnato all’opuscolo è: “L’osteoporosi maschile, perché le cose devono cambiare”.Com’è noto, il crescente impatto dell’osteopo-rosi è strettamente legato all’aumentata durata media della vita. Tra le persone con più di cin-quant’anni, le fratture osteoporotiche colpiscono una donna su tre, ma anche un uomo su cinque. In termini di mortalità relativa alle fratture da fragilità, gli uomini sono particolarmente colpiti e rappresentano in questo caso il “sesso debole”. Uno studio danese (1) di cinque anni fa ha con-fermato i risultati mostrati da studi precedenti e ha quantificato nel 37,1% il tasso di mortalità tra gli uomini che hanno subito una frattura d’anca, rispetto al 26,4% calcolato nelle pazienti di sesso femminile. Inoltre negli uomini la mortalità risul-ta superiore dopo la maggior parte delle fratture da fragilità, non solo quelle d’anca.

Fratture premonitriciCome ha affermato Tamara Rozental, docente di chirurgia ortopedica presso la Harvard Medi-cal School di Boston, «dato che la prevalenza di fratture da fragilità tra gli uomini è destinata a triplicare entro il 2050, è di fondamentale im-portanza valutarla e trattarla in modo adegua-to e specifico».

Osteoporosi maschileè ancora sottovalutata

sTILI DI VITA_oSTeoPoroSI

di Renato TorlaschiLa Rozental, specializzata in lesioni di mano, polso e gomito, ha esaminato in uno studio pubblicato dal Journal of Bone and Joint Sur-gery (2) uomini e donne che avevano subi-to una frattura distale del radio, evento che spesso fornisce la prima indicazione di perdi-ta ossea. «Osserviamo tipicamente questo ti-po di frattura – ha affermato la ricercatrice –

L’allarme arriva

dall’International

Osteoporosis Foundation

riunita a Milano

per il congresso mondiale

sull’osteoporosi.

Preoccupanti le previsioni

di incidenza

della patologia tra

gli uomini. Va fatto molto

su prevenzione e diagnosi

Page 36: Professione Salute 5/2015

36 Professione Salute dicembre 2015

dieci o quindici anni prima che si verifichi una frattura d’anca. Trattare le fratture del pol-so ci dà la possibilità di fare un esame della densità minerale ossea (Bmd) e, se necessa-rio, avviare un trattamento di questi pazienti con lo scopo di prevenire fratture più gravi».

I fattori di rischioMa non si tratta ovviamente di attende-re una frattura per mettere in campo azio-ni preventive. Negli Stati Uniti, la Endocrine Society raccomanda una valutazione della Bmd anche per gli uomini a rischio di oste-oporosi (3). Tra i fattori di rischio, alcuni so-

no legati allo stile di vita e dunque sono mo-dificabili: fumo, consumo elevato di alcol, mancanza o eccesso di esercizio fisico; an-che la nutrizione gioca un ruolo importante e può contribuire alla carenza di vitamina D e di calcio. Secondo l’associazione america-na quest’ultimo dovrebbe essere assunto in quantità compresa tra 1.000 e 1.200 mg al giorno, eventualmente ricorrendo a integra-tori. Invece, riguardo alla vitamina D, il con-siglio degli esperti è di esporsi quando pos-sibile alla luce del sole, ovviamente in modo regolare e sicuro, facendo attenzione a evi-tare arrossamenti per non rischiare di svi-luppare tumori della pelle.Tra i fattori di rischio, deve essere poi consi-derata la presenza di una lunga serie di pa-tologie e l’eventuale assunzione di farmaci per il loro trattamento: malattia renale cro-nica, broncopneumopatia cronica ostruttiva, pubertà ritardata, eccesso endogeno o eso-geno di glucocorticoidi, Hiv e terapia con inibitori delle proteasi, ipercalciuria, ipogo-nadismo (comprese le terapie di depriva-zione androgenica), artrite infiammatoria, mastocitosi, mieloma multiplo, osteogenesi imperfetta, iperparatiroidismo primario, ti-reotossicosi.

sinTesi dei benefici della TeRapia dell’osTeopoRosi negli uominiModificato da Sim IeW, Ebeling PR (4)

Bmd Bmd BmdFratturavertebrale

Fratturavertebrale

Fratturavertebrale

Fratturanon vertebrale

Fratturanon vertebrale

Fratturanon vertebrale

OsTEOPOROsiPRimaRia

TERaPia di dEPRivaziOnEandROgEnica

OsTEOPOROsi sEcOndaRiaall’usO di glucOcORTicOidi

sTILI DI VITA_oSTeoPoroSI

Page 37: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 37

Le terapieA osteoporosi diagnosticata, ci sono varie op-zioni di trattamento farmacologico e un posto di rilievo è occupato dai bisfosfonati. Come hanno scritto ie-Wen sim e Peter Ebe-ling su Therapeutic Advances in Musculoskele-tal Disease (4), «negli uomini con osteoporosi la terapia con bisfosfonati orali o via endove-na aumenta la Bmd nella colonna vertebrale e a livello del femore (totale o collo) rispetto al placebo; sia i marker di riassorbimento osseo che di formazione ossea permettono di ottene-re miglioramenti».In particolare, molti studi hanno valutato l’ef-ficacia dell’alendronato, segnalando un au-mento della Bmd e una riduzione nei marker di turnover osseo; le fratture vertebrali radiolo-gicamente dimostrate si sono ridotte in modo netto rendendo consigliabile l’utilizzo di que-sto bisfosfonato negli uomini con osteoporosi primaria ad alto rischio di frattura. Anche il ri-sedronato si è mostrato efficace nell’aumenta-re la densità ossea e nel ridurre la percentuale di fratture nell’osteoporosi primaria maschile.Alcuni studi hanno poi promosso la terapia en-dovenosa con ibandronato iniettato una volta al mese. La terapia di deprivazione androgeni-

sTILI DI VITA_oSTeoPoroSI

gioRnaTa mondiale dell’osTeopoRosi: a Tavola la saluTe delle ossa

Come ogni anno, il 20 ottobre si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Osteoporosi, iniziativa or-ganizzata dalla Fondazione Internazionale dell’O-steoporosi (IOF) con attività in più di 90 nazioni per sensibilizzare globalmente riguardo alla pre-venzione, alla diagnosi e al trattamento dell’oste-oporosi e delle altre malattie delle ossa. Quest’anno si è voluto sottolineare l’importanza della nutrizione per la salute dello scheletro, con lo slogan: “A tavola la salute delle ossa per tutta la vita!”, mettendo in primo piano la responsa-bilità che ogni singola persona ha nel preveni-re la perdita di massa ossea attraverso una ali-mentazione che apporti giornalmente la giusta quantità di calcio. «L’osteoporosi, con le fratture da fragilità che ne

conseguono, è un fenomeno globale, che si svi-luppa in modo silenzioso, perché il nostro schele-tro è paludato e i segni e sintomi di malattia sono per lungo tempo intangibili – ha dichiarato maria luisa Brandi, presidente della Fondazione Raffa-ella Becagli (Firmo) e membro del Comitato Scien-tifico di IOF –. I costi delle fratture da fragilità so-no immensi e per il nostro Paese quantificati per le sole spese ospedaliere in 1,5 miliardi di euro ogni anno. Ma i costi indiretti sono ben superiori a queste cifre, con spese che si decuplicano. Non correre ai ripari oggi con giuste indicazioni sul-le regole per prevenire le fratture, ci costringerà a lasciare alle future generazioni un compito trop-po difficile, quello di dover pagare le fratture di un mondo che invecchia». R. v.

ca, utilizzata per il trattamento del cancro della prostata metastatico è un importante fattore di rischio per l’osteoporosi negli uomini anziani; in questi pazienti, il pamidronato per via endo-venosa contrasta la perdita ossea. Ma il bisfo-sfonato endovenoso maggiormente studiato negli uomini è l’acido zoledronico e anch’esso viene ritenuto efficace nella prevenzione delle fratture osteoporotiche. In alternativa o in ag-giunta ai bisfosfonati, si è sperimentato con un buon successo il denosumab, un anticorpo mo-noclonale completamente umano con analogo profilo di sicurezza ed efficacia.Occorre però segnalare alcune lacune nell’ac-cesso ai farmaci per gli uomini affetti da osteoporosi. Infatti, gli studi clinici rilevanti di fase III, condotti allo scopo di soddisfare i requisiti per la registrazione dei farmaci, sono stati condotti in misura preponderante nel-le donne in post-menopausa. Come denun-ciano gli esperti dell’International Osteoporo-sis Foundation, «la medicina di evidenza per il trattamento dell’osteoporosi negli uomini è cresciuta notevolmente negli ultimi dieci an-ni, ma l’accesso ai farmaci per trattare l’oste-oporosi negli uomini ha bisogno di stare al passo con questo progresso». n

Bibliografia1. Kannegaard PN et al. Excess mortality in men compared with women following a hip fracture. National analysis of comedications, comorbidity and survival. Age Ageing. 2010 Mar;39(2):203-9.2. Harper CM et al. Distal radial fractures in older men. A missed opportunity? J Bone Joint Surg Am. 2014 Nov 5;96(21):1820-7.3. Watts NB et al; Endocrine Society. Osteo-porosis in men: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2012 Jun;97(6):1802-22.4. Sim IeW, Ebeling PR. Treatment of osteopo-rosis in men with bisphosphonates: rationale and latest evidence. Ther Adv Musculoskelet Dis. 2013 Oct;5(5):259-67.

Page 38: Professione Salute 5/2015
Page 39: Professione Salute 5/2015
Page 40: Professione Salute 5/2015
Page 41: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 41

Dormire costituisce un’esigenza primaria per tutti gli individui, alla quale l’essere umano dedica circa

un terzo della propria esistenza. È dunque facilmente comprensibile come tale attività, se non adeguatamente soddisfatta, possa avere importanti ripercussioni sulla qualità della vita. La stanchezza fisica e mentale e l’irritabilità, causati da un riposo insufficiente e protratto per diversi giorni, influiscono negativamen-

L’importanzadi un sonno ristoratore

INTEGRAZIONE ALIMENTARE_dISTuRbI dEL SONNO

La perdita di sonno, anche quando è minima, viene

troppo spesso sottovalutata, così come i rischi

che ne conseguono in termini di complicanze mediche

di Carla CarnovaleFarmacista

te sulle prestazioni lavorative e sul rendi-mento scolastico, compromettendo conside-revolmente la qualità delle relazioni sociali e familiari. Anche se si presenta occasional-mente, un disturbo del sonno non dovrebbe mai essere sottovalutato o trascurato, inoltre potrebbe essere connesso a diverse patologie, ognuna delle quali richiede una valutazione clinica specialistica.Parallelamente all’anamnesi medica e psi-chiatrica accuratamente condotta dal me-

Page 42: Professione Salute 5/2015

42 Professione Salute dicembre 2015

dico, il principale strumento di diagnosi nel campo della medicina del sonno è rappresen-tato dalla polisonnografia, metodica in gra-do di fornire dati sul sonno, sulla sua strut-tura, sulla respirazione, sui livelli di ossigeno, sul ritmo cardiaco, sulla pressione arteriosa e sugli spostamenti durante la notte.

Parainsonnie Bruxismo e sonnambulismo sono le più co-muni parainsonnie, disturbi che si verificano durante il sonno e ne alterano la qualità. Sono riscontrabili principalmente in individui affet-ti da ansia e stress.Il bruxismo è l’atto del muovere e digrignare i denti mentre si dorme; questo disturbo non è consciamente controllabile e determina possi-bili danni alla dentatura, dolori ai muscoli in-teressati e mal di testa. Il sonnambulismo, cioè la deambulazione du-rante il sonno, si manifesta principalmente in fase di sonno profondo. Colpisce prevalente-mente i maschi, entro i primi dieci anni, ma è riscontrabile anche negli adulti. Può essere

causato anche da patologie specifiche, come emicrania e attacco epilettico, e pare ricorra a livello parentale e familiare. Il sonnambulo è in grado di svolgere attività semplici come vestirsi e camminare, ma non è affatto cosciente, tanto che al risveglio spesso non ricorda l’accaduto.

Apnee notturneLe persone con apnee notturne soffrono di in-terruzioni ripetute del respiro durante il sonno. In questo modo i livelli di ossigeno nel sangue diminuiscono e possono verificarsi risvegli con tosse e sensazione di fame d’aria. Dopo l’acca-duto, di solito tornano rapidamente a dormire e non ricordano nulla. Le apnee notturne provocano sonnolenza diurna, difficoltà di concentrazione e deficit intellettivo. Sono associate a obesità e russa-mento e sembrano essere collegate a iperten-sione arteriosa e morte prematura. Questo di-sturbo affligge il 24% degli over 65.

NarcolessiaLa narcolessia colpisce circa 4 persone su 10.000 (l’1% dei casi sono familiari), prevalen-temente maschi, con un picco riscontrabile tra i 15 e i 25 anni. Determina attacchi di sonno improvvisi (10-20 minuti) e ricorrenti (fino a 10 episodi al giorno). La causa è ascrivibile a un difetto biochimico del sistema nervoso centrale. Recenti ricerche hanno infatti identificato una netta riduzio-ne di un neuromediatore, l’orexina, nel liqui-do cefalorachidiano dei soggetti narcolettici. Le caratteristiche fondamentali sono: ecces-siva sonnolenza diurna, cataplessia (perdita del tono muscolare durante la veglia causata da forti emozioni), allucinazioni al momento dell’addormentamento (esperienze sensoriali intense, talora a contenuto terrifico, indistin-guibili dalla realtà) e paralisi nel sonno (desi-derio di muoversi malgrado la consapevolezza di non riuscire a farlo).

INTEGRAZIONE ALIMENTARE_dISTuRbI dEL SONNO

Page 43: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 43

InsonniaSecondo l’Associazione Italiana per la Medi-cina del Sonno, 12 milioni di italiani soffro-no di insonnia, con conseguente depressio-ne, stanchezza diurna e compromessa qualità della vita. Sono le donne tra i 45 e i 54 anni a essere maggiormente colpite (circa il 70%). Il bisogno di dormire differisce tra gli indi-vidui e si modifica nel corso della vita, ten-dendo a diminuire con l’avanzare dell’età. La durata del sonno non è quindi sufficiente a definire una condizione di insonnia. Per definizione, l’insonnia corrisponde a un’alterazione dell’equilibrio sonno-veglia, associata alla difficoltà di addormentarsi o dormire per periodi sufficientemente lunghi, comportando problemi fisici e mentali.Può essere classificata in base ad almeno tre criteri. In base alla durata, si distingue:z un’insonnia “di circostanza”, caratterizzata da episodi isolati e che compare in periodi di particolare stress; z un’insonnia “transitoria”, che dura meno di 3 settimane e tende a risolversi spontaneamente o con l’adozione di uno stile di vita adeguato; z un’insonnia “cronica”, che si protrae per più di 3 settimane e che richiede una cura specifi-ca di tipo farmacologico.

INTEGRAZIONE ALIMENTARE_dISTuRbI dEL SONNO

In relazione alle cause che la determinano, viene definita “primaria” quando non si rie-scono a individuare ragioni organiche o am-bientali capaci di giustificare il disturbo. La condizione deriva probabilmente da un di-

COLPI DI SONNO AL VOLANTE: SERVE NORMATIVA MODERNA PER PREVENIRLI

L’introduzione nell’iter parlamentare dell’istituen-do reato di omicidio stradale anche di disposizio-ni per prevenire i mortali colpi di sonno al volan-te costituirebbe un importante elemento di tutela sociale in grado di salvare molte vite umane: a lanciare un invito a mettere mano al provvedi-mento è il professor Francesco Peverini, diretto-re scientifico della Fondazione per la Ricerca e la Cura dei Disturbi del Sonno onlus.«Se alcool e sostanze psicotrope possono esse-re rilevate nel sangue dei conducenti responsabi-li di sinistri stradali con facili test – ha dichiarato il professore – ciò non si può attuare per i famigera-ti colpi di sonno al volante, determinati dalla pri-vazione di sonno legata molto spesso a patologie non immediatamente riconoscibili in chi guida, ma che sono causa di un riposo non ristoratore in grado di provocare improvvisi cali di attenzione e imprevedibili momentanei addormentamenti». «Secondo dati ufficiali USA – continua lo specia-lista – almeno il 20% degli incidenti stradali è ri-conducibile ad eccessiva sonnolenza diurna (1), come peraltro osservato in Europa (2) per chi gui-da, e si può scongiurare solo con la prevenzione.

Una semplice polisonnografia permette rapida-mente di individuare se una persona, un condu-cente professionale (piloti e conduttori di mezzi pubblici) ha un disturbo del sonno o una laten-te Sindrome delle apnee notturne, di cui soffro-no senza saperlo milioni di italiani. L’eventuale in-tervento terapeutico è semplice e non invasivo e gli stessi soggetti nel traggono agilmente imme-diato beneficio, lieti di avere un riposo finalmen-te ristoratore e di non rischiare i colpi di sonno al volante». All’estero, in molti Paesi, da anni sono entrati in vigore controlli obbligatori per il rilascio delle li-cenze di guida, su questo esempio è auspicabile che anche in Italia i sindacati di categoria adotti-no una strategia comune e condivisa con le isti-tuzioni per un’efficace prevenzione finalizzata all’incolumità pubblica.

R.V.

1. Sleep disorders and sleep deprivation: An unmet public health problem. Colten HR 2006.2. Road accidents caused by sleepy drivers: update of a Norwegian Survey. Phillips RO 2013.

Page 44: Professione Salute 5/2015

44 Professione Salute dicembre 2015

sordine biochimico o neuronale a livello cen-trale. Le persone affette hanno un sonno estremamente leggero, facilmente disturba-to dal rumore, da sbalzi di temperatura e da ansia. Si parla di insonnia “secondaria”, quando è riconducibile a precisi fattori scatenanti. Su tutti, lo stress, legato a problemi psicologi-ci o emotivi. In merito alle modalità di presentazione, infi-ne, si riconoscono: un’insonnia “iniziale”, che rende difficoltoso addormentarsi; un’inson-nia “centrale”, quando il riposo è frammen-tato da risvegli ripetuti nell’arco della notte e dalla difficoltà a riaddormentarsi; un’in-sonnia “terminale”, tipicamente associata alla depressione, quando il risveglio è mol-to precoce, seguito dall’impossibilità di riad-dormentarsi.

Trattamento dell’insonnia:rimedi fitoterapici e farmaciLe proprietà rilassanti di alcune piante offi-cinali sono ampiamente sfruttate per con-trastare condizioni d’insonnia priva di causa specifica o legata a lievi stati d’ansia occa-sionali, seppur con effetti variabili in funzio-

INTEGRAZIONE ALIMENTARE_dISTuRbI dEL SONNO

bibliografia1. American Psychiatric Association. DSM-IV-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - Text Revision, IV edizione. Masson, Milano 2001.2. Niiranen TJ, Kronholm E, Rissanen H, Parti-nen M, Jula AM. Self-reported obstructive sle-ep apnea, simple snoring, and various markers of sleep-disordered breathing as predictors of cardiovascular risk. Sleep Breath. 2015 Sep 12.3. Garcia AN, Salloum IM. Polysomnographic sleep disturbances in nicotine, caffeine, al-cohol, cocaine, opioid, and cannabis use: A fo-cused review. Am J Addict. 2015 Sep 8.4. Terzano MG, Parrino L, Cirignotta F, Feri-ni-Strambi L, Gigli G, Rudelli G, Sommacal S; Studio Morfeo Committee. Studio Morfeo: in-somnia in primary care, a survey conducted on the Italian population. Sleep Med. 2004 Jan;5(1):67-75.

ne delle caratteristiche della preparazione e della sensibilità individuale ai diversi com-ponenti attivi. Tra le piante più efficaci, usate singolarmen-te o come miscele, in forma di infuso o ti-sana si annoverano: Eschscholzia californi-ca, Passiflora incarnata, Valeriana officinalis, camomilla, biancospino, melissa e tiglio. Qualora la causa scatenante non sia elimi-nabile, i farmaci ipnotici si rivelano indi-spensabili per contrastare l’insonnia prima-ria e secondaria.Su tutti, le benzodiazepine riducono il tem-po di addormentamento e la probabilità di risvegli ripetuti durante la notte, esercitan-do anche un’azione ansiolitica. Possono de-terminare fenomeni di assuefazione e di-pendenza.Zopiclone e zolpidem sono caratterizzati da minori effetti collaterali e risultano partico-larmente utili quando il disturbo del sonno interferisce più con la qualità che con la du-rata del riposo. Gli antidepressivi sono invece indicati so-prattutto nelle persone con lievi sindromi depressive che sperimentano l’insonnia co-me sintomo principale. Sia l’aminoacido essenziale, triptofano che il magnesio, favoriscono il sonno. Il primo, trasformato in serotonina nell’organismo, svolge una debole azione ipnotica naturale. Il secondo, minerale importante per il fun-zionamento delle cellule nervose e dei mu-scoli, è presente in diversi alimenti (cacao, mandorle, noci, pesce, crostacei e latticini) o sottoforma di specifici integratori. In un’ultima analisi, si rivela utile l’assunzio-ne di melatonina, ormone che regola effica-cemente il ritmo circadiano sonno-veglia. n

LA MELATONINA NELLA CuRA DELL’INSONNIA

La melatonina in virtù della sua capacità di rego-lare il ritmo circadiano sonno-veglia, è conside-rata l’orologio biologico dell’organismo. Prodotta dalla ghiandola pineale o epifisi, esercita la pro-pria azione terapeutica a livello di alcune aree ce-rebrali, dove agendo da potente sedativo e ipnoti-co migliora la qualità del sonno.Il rilascio della melatonina non è costante duran-te il corso della giornata; la sua produzione vie-ne inibita in presenza di luce e stimolata dal buio grazie ai fotocettori retinici che captano gli sti-moli luminosi provenienti dall’esterno. Ecco per-chè i livelli dell’ormone durante la giornata sono minimi al mattino e massimi alla sera. Assunta sotto forma di integratore è impiega-ta nel trattamento dell’insonnia. È inoltre indica-

ta per i soggetti che faticano a prendere sonno per motivi professionali. Trova infatti largo impie-go nella tipica sindrome da fuso orario (o jet-leg) caratterizzata anche da inappetenza, irritabilità e difficoltà digestive.Anche gli anziani assumono frequentemente in-tegratori di melatonina; studi scientifici hanno dimostrato che l’efficacia di quest’ormone dimi-nuisce man mano che l’età avanza a causa della progressiva calcificazione dell’epifisi. In ogni caso è importante rispettare la corretta modalità d’uso dell’integratore: se si assume ap-pena prima di coricarsi, l’effetto potrebbe essere sfavorevole e il sonno potrebbe ritardare, in quan-to l’organismo non ha adeguatamente assimilato la melatonina ingerita.

Page 45: Professione Salute 5/2015
Page 46: Professione Salute 5/2015
Page 47: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 47

Polveri sottili, agenti chimici e inquinanti, pollini, virus e batteri: le prime vie aeree rappresentano, per il nostro

organismo, il fronte di difesa iniziale rispetto a tali elementi, con la mucosa nasale che rimane costantemente a contatto con l’ambiente esterno ed è sottoposta quindi a continue aggressioni. Tutto ciò contribuisce a determinare l’ampia gamma di patologie che interessano le cavità nasali, causando una serie di fastidi (starnuti, pruriti, rinorrea, ostruzione nasale) capaci di condizionare pesantemente la qualità della vita di coloro i quali ne sono colpiti, limitandone in maniera sostanziale l’efficienza fisica.Per tali ragioni è opportuno approfondire le cause scatenanti dei sintomi in questione, che non dovrebbero mai essere sottovalutati o ri-

Diagnosticare le rinopatiecon la citologia nasale

salute&beneSSere_Patologie dell’aPParato reSPiratorio

di Vincenzo Marratenuti, come sovente avviene, di scarsa rile-vanza. Bisogna ricordare sempre che avere un naso in salute, in grado di svolgere appieno le sue funzioni, equivale ad avere anche polmoni in salute e pienamente efficienti.

l’esame citologico della mucosa nasaleLa mucosa nasale è composta da cellule cilia-te, mucipare, striate e basali, le quali costitu-iscono il cosiddetto epitelio pseudostratifica-to ciliato.Ebbene, il rinocitogramma di un soggetto sano mostra la presenza delle sole cellule che van-no a comporre normalmente la mucosa nasale. Di conseguenza, nel momento in cui si palesa-no altre forme cellulari, quali spore, eosinofili, mastcellule, batteri, questo significa che è in-sorta una patologia nasale.

L’esame citologico della mucosa

nasale, semplice

e non invasivo, consente

di individuare le tipologie

cellulari responsabili delle riniti

“aspecifiche”, così da poter

predisporre le terapie

farmacologiche più opportune

per limitarne i sintomi

Page 48: Professione Salute 5/2015

48 Professione Salute dicembre 2015

Le malattie che riguardano il naso sono nu-merose e di varia natura, e proprio nella di-rezione di un corretto iter diagnostico si in-serisce la citologia nasale. Tale indagine prevede tre diverse fasi: il pre-lievo, che consiste nella raccolta di cellu-le superficiali della mucosa nasale attraver-so un tampone sterile, oppure, nei soggetti più collaborativi, per scraping (raschiamen-to) impiegando un materiale plastico mo-nouso; la processazione mediante fissazio-ne e colorazione del campione prelevato su di un vetrino e infine l’osservazione micro-scopica volta all’individuazione di eventua-li anomalie nella composizione cellulare del-la secrezione presa in esame.L’osservazione del vetrino viene effettuata tramite un comune microscopio ottico; per l’analisi del rinocitogramma si procede con una lettura per campi, per reperire gli elemen-ti cellulari importanti ai fini della diagnosi (eosinofili, mastcellule, neutrofili, batteri, spo-re, eccetera), calcolando al termine della lettu-ra la presenza percentuale degli stessi.

Semplice, non invasivaed efficaceCon tale strumento diagnostico il clinico sa-rà in grado di differenziare le rinopatie infiam-matorie da quelle infettive, quelle vasomotorie allergiche dalle forme non allergiche, ed an-cora quelle batteriche rispetto alle virali o alle forme micotiche.Trattasi di una tecnica semplice e minimamen-te invasiva che permette di valutare il compor-tamento cellulare nelle più differenti condizio-ni, e altresì l’andamento della malattia oltre che di monitorare la reale validità della terapia farmacologica adottata.Concretamente, in ambito rino-allergologico, la citologia nasale consente di rilevare le modi-ficazioni delle cellule dell’epitelio esposto a ir-ritazioni acute o croniche, o a flogosi di diversa natura (virale, batterica, fungina o parassita-ria) chiarendo alcuni dei meccanismi fisiopa-tologici alla base delle patologie manifestate dal paziente.

l’italia all’avanguardiaLa rilevanza diagnostica della citologia nasale, il cui impiego clinico sta crescendo esponen-zialmente, è sottolineata con forza da uno fra i maggiori conoscitori della materia nel nostro Paese, il professor Matteo Gelardi, past presi-dent dell’Accademia Italiana di Citologia Na-sale (Aicna) e presidente in carica dell’Italian Academy of Rhinology (IAR), nel corso della presentazione dell’evento “Il mio naso ribelle”: «L’Italia è all’avanguardia in questo campo, in-fatti è l’unico Paese al mondo ad avere un’ac-cademia dedicata a questa diagnostica e all’e-stero si stanno allineando grazie alle nostre indicazioni scientifiche. Importanti ricerche realizzate negli ultimi dieci anni hanno con-sentito di scoprire nuove malattie e strategie terapeutiche e la citologia nasale è quella dia-gnostica in grado di dare un nome ad alcune malattie nasali un tempo definite aspecifiche, idiopatiche o criptogenetiche. Si sentirà sem-pre più parlare – continua Gelardi – di malat-tie dal nome Nares, Narma, Naresma e riniti

“il Mio naso ribelle”: l’iMportanza della preVenzionee della diagnosi precoce delle rinopatie

L’evento “Il mio naso ribelle”, tenutosi il 12 no-vembre scorso, è giunto alla sua quarta edizione ed è nato con l’obiettivo di aumentare nell’opinio-ne pubblica il livello di conoscenza delle opportu-nità di prevenzione, diagnosi e trattamento del-le malattie nasali. Nel corso della giornata è stato possibile effettuare un esame gratuito di citologia nasale presso i centri che hanno aderito all’inizia-tiva (consultabili sul sito dell’Accademia italiana di citologia nasale www.aicna.it). «Le patologie nasali sono tantissime, dalle infiam-matorie che affliggono il 30% della popolazio-ne italiana a quelle infettive che colpiscono il 5% delle persone – ha affermato il professor Matteo Gelardi durante la presentazione della giorna-ta nazionale dedicata all’iniziativa, tenutasi a Ro-ma presso la Camera dei Deputati –. Avere il naso chiuso, associato o meno a starnuti, scolo nasa-le e prurito è molto fastidioso, tanto da compro-

mettere la qualità di vita sia di giorno che di notte di chi ne è affetto, oltre a comportare ridotte pre-stazioni scolastico-lavorative. Il naso è al centro, oltre che del viso, di numerose discipline specia-listiche quali allergologia, pediatria, pneumologia, infettivologia, chirurgia plastica e persino medi-cina legale; infatti, uno studio ha dimostrato che si può stabilire il momento del decesso nelle pri-me 12 ore dal funzionamento delle cellule ciliate del naso che sopravvivono per molte ore alla mor-te dell’individuo».

salute&beneSSere_Patologie dell’aPParato reSPiratorio

Matteo gelardi, presidente italian

academyof rhinology

Page 49: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 49

sovrapposte, patologie sempre esistite ma mai riconosciute nel passato proprio per l’assenza della diagnostica citologica nasale, e che og-gi rappresentano il 13% di tutte le rinopatie». Di cruciale importanza, per impostare un trat-tamento efficace, risulta la corretta diagnosi, come ha ribadito il professor Gelardi: «La dia-gnosi aiuta sempre la terapia, conoscere il no-me della propria malattia è importante anche ai fini dell’aderenza al trattamento medico-chirurgico, poiché alcune delle malattie nasa-li, se non diagnosticate precocemente e quindi trattate farmacologicamente ad esempio con i tradizionali antibiotici, corticosteroidi topici o antistaminici, possono portare a patologie più gravi come rino-sinusite cronica, poliposi na-sale, asma o sindrome rino-bronchiale. Più re-centemente – ha concluso Gelardi – si sono dimostrate efficaci per contrastare le malattie nasali anche le nebulizzazioni di acido ialuro-nico ad alto peso molecolare tramite un appo-sito dispositivo. Oltre ad essere efficace, l’aci-do ialuronico può essere somministrato anche in gravidanza e nei bambini poiché è presente naturalmente nel nostro organismo».

rinopatie allergiche e non allergiche: diagnosi e terapiaAd una sintomatologia tipica che risponde a starnutazione a salve, idro-rinorrea, irritazioni, pruriti, congestione nasale, iposmia (diminui-

salute&beneSSere_Patologie dell’aPParato reSPiratorio

ta percezione degli odori), le rinopatie (o più semplicemente riniti) hanno una classificazio-ne complessa, ma che in maniera sintetica può essere riassunta in: riniti allergiche, non aller-giche, infettive (virali o batteriche o micotiche) e altre (iatrogene, ormonali o da cause mec-caniche).A differenze delle più note riniti allergiche stagionali o perenni (individuate attraverso test allergologici specifici), scatenate da aller-geni – tra cui pollini, acari, derivati epidermici animali – ed IgE-mediate – quelle non allergi-che non sono ancora pienamente conosciute. Fino a poco tempo fa tali forme di rinopatie croniche venivano definite superficialmen-te aspecifiche, poiché non diagnosticate con precisione. Oggi, grazie alla citologia nasale e quindi allo studio della composizione del-la mucosa si riesce ad individuare la natura delle forme non allergiche: eosinofile (Nares), neutrofile (Narne), mastocitarie (Narma), eo-sinofilo-mastocitarie (Naresma). In pratica, la presenza di una tipologia cellulare (ad esem-pio cellule eosinofile) nella mucosa determi-na il rilascio di alcune sostanze che causano una reazione simil-allergica e quindi il sog-getto manifesterà la sintomatologia comune alle riniti allergiche. Se non diagnosticate per tempo e trattate a dovere le rinopatie non allergiche possono condurre a complicanze serie come poliposi nasale, sinusite cronica, asma, eccetera.Per ciò che attiene alla terapia da seguire, es-sendo in presenza di riniti croniche anche l’impiego dei farmaci sarà continuativo e con-sisterà nell’impiego di antistaminici e cortico-steroidi. Di recente la ricerca clinica ha con-fermato l’efficacia dell’acido ialuronico (in forma nebulizzata) in associazione alla te-rapia classica: infatti la molecola nota per la sua funzione di ricostruzione epiteliale (anti-aging) è capace di apportare ottimi benefici anche al paziente che soffre di rinopatie cro-niche, perché agisce nella direzione di un ri-pristino dell’integrità e delle condizioni fisio-logiche della mucosa nasale. n

aPProfondimenti

la rinite farmacologica è addebitabile all’uso prolungato (oltre 8-10 giorni) di spray o gocce nasali decongestionanti per curare il raffreddore. tali farmaci hanno un’azione vasocostrittiva che dura alcune ore, a cui fa seguito il fenomeno opposto di vasodilatazione. Con l’impiego reiterato degli stessi si verifica una sorta di fenomeno tossico per cui la vasodilatazione risulta maggiormente accentuata e si manifestano così sintomi quali scolo mucoso e congestione nasale.

Page 50: Professione Salute 5/2015

50 Professione Salute dicembre 2015

pediatria e maternità_allattamento materno

Allattamento al seno,un’assicurazione per la salute

di madre e figlio

oltre a favorire

una relazione unica

tra mamma e bambino,

che è insieme nutrizione e

cura, l’allattamento al seno

fornisce al neonato tutte

le sostanze necessarie per

una crescita ottimale nei

primi mesi di vita e presenta

numerosi vantaggi anche per

la salute della mamma, sia

nel periodo post parto che

nel lungo termine

di Renato Torlaschi

Page 51: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 51

pediatria e maternità_allattamento materno

«Noi non veniamo dalle stelle o dai fiori, ma dal latte materno». È una frase celebre del Dalai La-

ma, ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità, il più autorevole ente mondiale in tema di salute, dà una conferma scientifica sull’im-portanza del latte materno: «L’allattamento al seno è il modo normale di fornire ai neona-ti le sostanze nutritive di cui hanno bisogno per crescere e svilupparsi in buona salute. Pra-ticamente tutte le madri possono allattare, a condizione che abbiano informazioni accurate e sostegno da parte della famiglia, del sistema sanitario e della società in generale». Il colostro, il latte materno giallo e appiccico-so secreto dalle ghiandole mammarie alla fi-ne della gravidanza e i primi giorni dopo il par-to, è raccomandato come alimento ideale per il neonato e l’alimentazione deve essere inizia-ta entro le prime ore dopo la nascita. L’allattamento al seno esclusivo è raccoman-dato fino ai sei mesi di età e «questo significa – specificano gli esperti dell’Oms – che non si dà al bambino nient’altro: nessun alimento né bevanda, neppure l’acqua. Si possono tuttavia somministrare gocce o sciroppo (vitamine, sali minerali o farmaci). Il latte materno è l’alimen-to ideale per la crescita e lo sviluppo dei bam-bini; l’allattamento al seno è parte integrante della procreazione e ha importanti implicazio-ni per la salute della madre».Solo a partire dai sei mesi di vita l’Oms rac-comanda l’introduzione progressiva di altri ali-menti, oltre al latte materno, che devono forni-

re un apporto sufficiente in termini di calorie, proteine e altre sostanze nutritive ed essere preparati e somministrati in buone condizio-ni igieniche per ridurre al minimo il rischio di contaminazione. Il passaggio dall’allattamen-to al seno esclusivo fino al consumo del cibo di cui si nutre il resto della famiglia è infat-ti una fase molto delicata per il bambino: du-rante questo periodo molti bambini soffrono di problemi nutrizionali ed è quindi fondamen-tale dare loro cibi complementari sicuri, idonei e sufficienti perché la transizione avvenga in modo ottimale e senza traumi.L’allattamento al seno ha molti benefici per il bambino. Il latte materno è infatti ricchissi-mo di sostanze nutritive e contiene anticorpi

PROGETTO “faRmaciE amichE dEll’allaTTamEnTO”

“Farmacia amica dell’allattamento materno” è un progetto che è stato sperimentato per la pri-ma volta in una farmacia a Verona a partire dal 2007, per poi estendersi progressivamente. Pro-mossa dall’associazione Il Melograno, che da de-cenni è impegnata a diffondere una nuova cultu-ra della maternità, l’iniziativa coinvolge, oltre ai farmacisti, pediatri, ostetriche, psicologi, gruppi di aiuto alle mamme e altre associazioni. Come spiegano gli esperti del Melograno, l’ini-ziativa prevede: z la formazione dei farmacisti secondo gli stan-dard proposti per gli operatori sanitari dall’Or-ganizzazione mondiale della sanità e dall’Unicefz l’allestimento nelle farmacie di un piccolo spa-zio nel quale la mamma che desidera allattare potrà trovare un luogo di accoglienzaz l’adeguamento degli spazi espositivi al Codi-ce internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, elaborato dall’Oms e dall’Unicef e approvato nel 1981 dall’Assem-blea mondiale della sanità e dalle più importan-ti compagnie produttrici di alimenti per l’infan-zia; il codice è stato studiato per proteggere le madri e l’allattamento dal marketing aggressivo degli alimenti industriali per bambiniz promozione della cultura dell’allattamento, veicolata anche attraverso le immagini che “ve-stono” l’ambiente farmacia

z attivazione sul territorio e nella comunità ini-ziative e progetti in rete con altri attori sociali che tutelano l’allattamento materno.

Il manifesto ideato per sponsorizzare il proget-to prende a prestito le parole di John Dobbing, che in un articolo comparso su Lancet nel 19941

affermava: «Se si rendesse disponibile un nuovo vaccino che prevenisse un milione o più di mor-ti infantili all’anno, e che fosse oltretutto po-co costoso, sicuro, somministrabile per bocca, e non richiedesse la catena del freddo, divente-rebbe immediatamente un imperativo di salute pubblica. L’allattamento al seno può fare questo ed altro, ma richiede una sua “catena calda” di sostegno e cioè assistenza competente alle ma-dri perché possano aver fiducia in se stesse e per mostrare loro cosa fare, e protezioni da pra-tiche dannose. Se questa catena calda si è per-sa nella nostra cultura, o ha dei difetti, è giunto il momento di farla funzionare». I genitori, per i quali la farmacia rappresenta un punto di riferi-mento per la consulenza sulla salute del bambi-no, sono dunque sostenuti anche in questa pra-tica di salute.

BIBLIOGRAFIA1. Dobbing J. Warm chain for breastfeeding. Lan-cet. 1994 Dec 17;344(8938):1700.

Page 52: Professione Salute 5/2015

52 Professione Salute dicembre 2015

che aiutano a proteggerlo dalle infezioni; inol-tre aiuta a prevenire l’insorgenza di allergie e i bambini allattati al seno hanno meno probabi-lità, negli anni successivi, di diventare sovrap-peso, di sviluppare il diabete o di essere colpi-ti da leucemia infantile. Ma l’allattamento al seno ha anche vantaggi per la madre: intan-to è pulito, conveniente e semplice, non ci so-no bottiglie da lavare o formule da rispettare per miscelare sostanze diverse; aiuta l’utero a contrarsi e tornare alle dimensioni normali do-po essersi espanso durante la gravidanza; ri-tarda la ripresa del ciclo mestruale e infine le donne che allattano presentano anche minori rischi di sviluppare diabete di tipo 2, cancro al

seno, cancro ovarico, ipertensione e malattie cardiache.Naturalmente le mamme sono pie-ne di dubbi riguardo all’allattamen-to. Uno tra i più comuni è quanto spesso deve essere nutrito il bam-bino ma, come spiegano i medici della American Academy of Family Physicians (Aafp), più che da tabelle e indicazioni generali bisognerebbe lasciarsi guidare dal bambino stes-so, che richiede di essere allattato dalle otto alle dodici volte o anche di più nei primi mesi di vita. La fre-quenza richiesta può cambiare col tempo e le necessità nutrizionali generalmente aumentano quando il piccolo passa attraverso i norma-

li scatti di crescita, che di solito avvengono tra le quattro e le sei settimane di vita, tra i due e i tre mesi e di nuovo tra il quarto e il sesto mese.La durata della poppata è molto variabile e soggettiva e anche in questo è in genere op-portuno lasciar fare al bambino e non porre limiti di tempo. «Lasciate che il vostro bam-bino si alimenti fino a quando è soddisfatto; questo può richiedere circa 15-20 minuti per ogni seno; cercate di fare in modo che il bam-bino si nutra da entrambi i seni ad ogni pop-pata» dicono i medici americani, che consi-gliano inoltre di prestare attenzione ad alcuni segni, specialmente se si sta allattando meno di otto volte al giorno. Il primo di questi segni

sE si scEGliE il laTTE aRTificialE

L’allattamento al seno è il nutrimento migliore per il neonato, ma quando non è sufficiente o possibile, sentito il parere del pediatra, si può ri-correre a una formula sostitutiva. I latti per lat-tanti sono detti formule di tipo 1 e sono indicati per l’alimentazione esclusiva dei bambini fino ai quattro-sei mesi di età. I latti di proseguimento (formule di tipo 2) sono messi a punto allo scopo di costituire il principa-le alimento liquido per i bambini di età superiore,

che progressivamente si avviano a una diversifi-cazione della dieta.Il farmacista garantisce la qualità delle formule sostitutive del latte materno, che devono esse-re conformi a una normativa molto rigorosa, tale da rendere minime le differenze di composizione tra le diverse marche. In tutti i prodotti presen-ti sul mercato, la composizione del latte artificia-le è conforme a una direttiva europea, che forni-sce un elenco accurato dei nutrienti da usare nel

latte in polvere e ne stabilisce la quantità. Le in-dustrie alimentari producono il latte in polvere a partire dal latte vaccino, che viene poi modifica-to, perché troppo ricco di proteine e sali minera-li. Per adeguarlo alle esigenze del neonato, alcuni nutrienti vengono rimossi e altri aggiunti, attra-verso un processo che conduce alla realizzazione di un latte artificiale contenente lipidi, proteine, carboidrati, vitamine e minerali in una formula-zione simile al latte materno.

pediatria e maternità_allattamento materno

Page 53: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 53

è la soddisfazione espressa inequivocabilmen-te dal bambino quando riceve abbastanza lat-te; un altro è l’aumento di peso, che deve es-sere continuo dopo il calo fisiologico che può avvenire nella prima settimana di vita; inoltre il bambino bagna normalmente dai sei agli ot-to pannolini al giorno e infine vanno control-late anche le evacuazioni che devono essere inizialmente dalle due alle cinque o più al gior-no e di consistenza liquida, per poi diminuire. Quest’ultimo aspetto è spesso fonte di confu-sione per le madri, perché il latte di transizio-ne e il latte maturo sono responsabili anche dell’aumento di feci. Come è affermato in Lac-tation Consultant Series, (pubblicate dall’as-sociazione internazionale La Leche League), «i neonati comunemente evacuano almeno cin-que volte al giorno dopo il terzo giorno, poiché l’incremento del grasso nel latte di transizione e maturo determina la massa fecale».Se si ritiene che il bambino abbia bisogno di più latte, si possono aumentare il numero di pop-pate al giorno. È anche importante che la madre riposi molto e si alimen-ti correttamente, dando modo al proprio corpo di rispondere adeguatamente alle esigenze del bambino. La dieta miglio-re per una donna che allatta al seno è bilanciata e con molto calcio. Sempre secondo l’Aafp, questo significa che si dovrebbe-ro mangiare latticini in abbondanza, oltre a frutta, verdura, cereali integrali, legu-mi e pane. Se non si assumono latticini o carne, si può ottenere il calcio necessario da brocco-li, semi di sesamo, tofu e cavoli. Se poi si pensa di non ricevere abbastanza calcio dagli alimen-ti, è opportuno rivolgersi al medico per valutar-ne un’integrazione. Anche le calorie assunte de-vono essere superiori, circa 500 al giorno in più rispetto al solito, e si dovrà bere in abbondanza. Ma c’è anche qualcosa da evitare: intanto tut-to quello che si avverte come disturbante per il proprio bambino; inoltre bisogna ricordare che caffeina e alcol possono entrare nel latte e so-

no dunque da limitare. Lo stesso accade con i farmaci, che non

devono mai essere assunti di propria iniziativa, senza par-larne con il medico o il far-macista. Infine, se si fuma, l’allattamento è un altro buon

motivo per cercare di smettere: il fumo può diminuire la produ-

zione di latte e le sostanze chimiche presenti possono entrare nel latte.

Dai sei mesi ai due anniCompiuti i sei mesi, il bambino è ormai pron-to a un tipo di nutrimento diverso dal latte ma-terno e potrà accettare il cucchiaino e gestire la deglutizione di cibi densi. Inizia dunque il pe-riodo di svezzamento, con l’aggiunta di cibi so-lidi e semisolidi (biscotti, frutta, minestrine). In tabella riportiamo le principali indicazioni for-nite dall’Oms riguardo le quantità di alimenti da introdurre progressivamente nella dieta del bambino. n

pediatria e maternità_allattamento materno

svEzzamEnTO: la diETa dEl bambinO sEcOndO lE indicaziOni dEll’Oms

Età

6-8 mesi

9-11 mesi

12-23 mesi

Consistenza

Iniziare con pappe morbide e alimenti frullati o schiacciati; continuare con il cibo consumato in famiglia ridotto in purea

Alimenti tritati o ridotti in purea e alimenti che il bambino è in grado di afferrare

Alimenti consumati in famiglia, schiacciati o triturati se necessario

Quantità per ogni pasto

Iniziare con due o tre cucchiai, aumentando gradualmente fino a mezza tazza da 250 ml

Mezza tazza da 250 ml

Tre quarti di tazza da 250 ml

Frequenza

Due o tre pasti al giorno, in aggiunta a frequenti poppate; a seconda dell’appetito del bambino, possono essere offerti uno o due spuntini

Tre o quattro pasti al giorno, in aggiunta a frequenti poppate; a seconda dell’appetito del bambino, possono essere offerti uno o due spuntini

Tre o quattro pasti al giorno, in aggiunta a frequenti poppate; a seconda dell’appetito del bambino, possono essere offerti uno o due spuntini

approfoNdimeNti

Il latte materno contiene tutto ciò di cui il bambino ha bisogno: proteine, grassi, lattosio, vitamine, ferro, minerali, acqua ed enzimi per una crescita e uno sviluppo ottimali. Inoltre Il latte materno veicola tutte le sostanze che prevengono la formazione di batteri nocivi nell’intestino. In questi bambini, inoltre, il rischio di sindrome della morte improvvisa del lattante (Sids) è estremamente ridotto.

Page 54: Professione Salute 5/2015

54 Professione Salute dicembre 2015

Sono ormai svariate le evidenze scienti-fiche che confermano quanto una don-na durante lo stato di gravidanza sia più

soggetta a carie, parodontiti, gengiviti e in ge-nerale ad affezioni del cavo orale, con tutte le conseguenze del caso per la sua salute si-stemica e per quella del nascituro. Per que-sto assumono una rilevanza non trascurabile le «Raccomandazioni per la promozione del-la salute orale in età perinatale» emanate dal ministero della Salute, stilate da un team mul-tidisciplinare di esperti. Si tratta di indicazioni volte a promuovere il miglioramento della salute orale delle don-ne durante il periodo della gravidanza, la pre-venzione delle malattie orali nei nascituri, la diffusione di informazioni precise e chiare in materia e l’erogazione di cure odontoiatriche appropriate nelle donne in attesa di partorire.

Patologie orali e parto prematuro:quale relazione?È del 1996 il primo studio che ha dimostrato quanto la patologia parodontale costituisca un fattore di rischio per il parto prematuro, e negli anni a seguire la letteratura scientifica ha an-noverato un numero sempre più consistente di indagini a conferma dell’esistenza di un legame tra parodontite e maggiore possibilità di abor-to spontaneo, ritardo di crescita intrauterino, lesioni e rotture di membrane, basso peso del bambino alla nascita. Circostanze avverse che sono da addebitare ai batteri responsabili del-la malattia parodontale, i quali producono una varietà di mediatori infiammatori chimici – tra cui prostaglandine, interleuchine, endotossine – che condizionano in negativo il normale per-corso della gravidanza. Nel 2010, poi, si è dimostrato scientificamente quanto il Fusobacterium nucleatum, specie bat-terica originata dal biofilm parodontopatogeno sottogengivale della madre e traslocato alla pla-centa e al feto, fosse addirittura in grado di de-terminare un processo infiammatorio acuto re-sponsabile della morte endouterina del feto.

Carie, erosione e parodontitenella donna in gravidanzaLa gravidanza porta con sé una serie di mo-dificazioni fisiologiche capaci di condizionare

A un fisiologico aumento

delle affezioni orali durante

la gravidanza bisogna rispondere

con le giuste precauzioni

per evitare conseguenze

più serie per mamma e nascituro.

Le cure dentali non vanno rinviate

a dopo la gravidanza

di Vincenzo Marra

Età perinatale,le raccomandazioniper la salute orale

igiene orale_grAvidAnzA

Page 55: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 55

igiene orale_grAvidAnzA

I prIMI annI dI VIta

Anche per il nascituro vi sono alcuni semplici ma importanti consigli da seguire per salvaguardare la sua salute orale: prima dell’eruzione dei den-ti è raccomandabile pulire le gengive del bambi-no, dopo la poppata, con una garza morbida o uno spazzolino a setole molto morbide; evitare di met-

tere a letto il bambino con il succhiotto o con bi-beron contenente bevande differenti dall’acqua; limitare l’assunzione di cibi contenenti zuccheri solo durante i pasti; evitare al massimo condivi-sioni del cucchiaio della pappa o del succhiotto e scambi accidentali di saliva con i genitori.

in maniera sensibile la salute orale della don-na. Cambiamenti nelle abitudini alimentari, iperemesi gravidica mattutina, reflusso esofa-geo possono favorire la demineralizzazione dei denti, provocando il processo destruente pro-prio dell’erosione dentale, con aumentato ri-schio di insorgenza carie. A causa delle alterazioni ormonali, vascolari e immunologiche associate alla gravidanza, i tes-suti gengivali delle donne in stato di gravidan-za spesso manifestano una risposta infiamma-toria particolarmente accentuata nei confronti dei microbi patogeni gengivali, rendendo fre-quente l’insorgenza o l’aggravamento delle pa-tologie che interessano i tessuti parodontali, anche per via di una salivazione che presenta ridotta azione detersiva. A proposito, poi, di patologia cariosa, le evi-denze scientifiche hanno sottolineato quanto la presenza di carie dentali e di flora batterica orale cariogena nella madre aumenti il rischio di insorgenza di carie nel bambino. Lo Strepto-coccus mutans si trasmette da madre in figlio: indagini cliniche hanno documentato che in un numero consistente di casi i genotipi del bat-terio responsabile delle carie nei bambini sono uguali a quelli presenti nelle madri. Per tale ra-gione è necessario ridurre il numero di batte-ri cariogeni nella bocca della gestante in modo che la colonizzazione da parte degli stessi pos-sa essere ritardata il più possibile nel neonato.

Le raccomandazioni del ministero della SaluteAlla luce di ciò risulta chiaro quanto duran-te la gravidanza sia imprescindibile una mag-giore attenzione a tutti gli aspetti della salute odontoiatrica, con visite di controllo frequen-ti, dedicando la giusta importanza a una cor-retta alimentazione, indispensabile per pro-teggere la salute della madre e del bambino. Senza dimenticare, inoltre, una scrupolosa igiene orale quotidiana. È consigliabile per la donna incinta consumare cibi ricchi di vita-mine, sali minerali e nutrienti nobili, a comin-ciare da frutta e verdura fresche, bere mol-

to latte, evitare il consumo eccessivo di dolci, zuccheri complessi, caramelle, bevande molto zuccherate, cibi con molti conservanti. Per diminuire il rischio di insorgenza di ero-sioni e carie nelle pazienti in stato di gravi-danza che soffrono frequentemente di nausea e vomito da iperemesi gravidica, può essere utile adottare una serie di suggerimenti indi-cati proprio nelle raccomandazioni ministe-riali: alimentarsi frequentemente con picco-le quantità di cibo nutriente; risciacquare la bocca dopo gli episodi di vomito con acqua in cui disciogliere un cucchiaino di bicarbona-to di sodio per neutralizzare l’acidità dell’am-biente orale; masticare chewing-gum sen-za zucchero o contenente xilitolo dopo aver mangiato; utilizzare spazzolini da denti deli-cati e dentifrici al fluoro non abrasivi per pre-venire danni alle superfici dei denti; spazzola-re i denti due volte al giorno e utilizzare il filo o altro ausilio interdentale tutti i giorni; effet-tuare una visita odontoiatrica e una seduta di igiene orale professionale, se non è stata ef-fettuata negli ultimi sei mesi. Le raccomandazioni emanate dal ministero ri-badiscono quanto la gravidanza non costituisca un motivo per rinviare cure dentali di routine o trattamenti di affezioni acute. Risulta opportu-no, però, da parte dell’odontoiatria, in caso di trattamenti terapici sulla partoriente, un con-sulto con il medico ginecologo curante, per as-sicurarsi dell’assenza di controindicazioni legate all’utilizzo di farmaci. Anche le indagini diagno-stiche, incluse le radiografie necessarie, possono essere eseguite in modo sicuro, adottando scru-polosamente tutte le precauzioni indicate. n

Page 56: Professione Salute 5/2015
Page 57: Professione Salute 5/2015
Page 58: Professione Salute 5/2015
Page 59: Professione Salute 5/2015
Page 60: Professione Salute 5/2015

60 Professione Salute dicembre 2015

attualità

Vaccinazioni, il continuo calomette a rischio l’immunità di gregge

Gli esperti si confrontano sulla tendenza che da qualche anno in Italia, come in altre nazioni, registraun costante calo delle percentuali di copertura vaccinale tra i bambini e mettono in guardia dai rischi che ne potrebbero derivare sia sul piano individuale che su quello collettivo

I dati aggiornati sulle vaccinazioni recente-mente diffusi dall’Istituto Superiore di Sani-tà rivelano che la copertura vaccinale in Italia è al limite della soglia di sicurezza. La cultura anti-vaccinale che si è diffusa negli ultimi an-ni sta lentamente portando a una riduzione della copertura nei bambini e, di conseguen-za, alla potenziale ricomparsa di malattie in-fettive un tempo debellate in Occidente e alla perdita della cosiddetta “immunità di gregge”, ossia del beneficio di cui godono tutti i citta-dini, in quanto circondati da persone vacci-nate e quindi immunizzate. Nel 2014 il tas-so di copertura vaccinale è sceso al di sotto del 95% per quanto riguarda patologie come la poliomielite, il tetano, la difterite, l’epatite B e la pertosse. Per morbillo, rosolia e parotite il livello è ancora più basso, all’86,6%, men-tre per il meningococco C è sceso al 74,9%.Specialisti e pubblici decisori si sono confron-tati su questi temi e sui reali pericoli derivanti dal dilagare della tendenza anti-vaccinale in occasione del convegno “Vaccinazione in età pediatrica. Guadagno di salute” che si è svol-to presso l’Università di Milano-Bicocca su iniziativa dell’Asl di Monza e Brianza.

i pericoli concretidella cattiva informazione«Sul tema dei vaccini – ha dichiarato il ret-tore dell’Università di Milano-Bicocca Cri-stina Messa aprendo i lavori del convegno

– è necessario fare innanzitutto corretta in-formazione lasciando da parte i pregiudizi. È importante far capire a genitori e gruppi di interesse che le vaccinazioni sono prima di tutto una sicurezza per la collettività».Punta il dito contro la cattiva informazione che corre anche sul web e alimenta la disin-formazione anche il direttore generale del-la Asl di Monza e Brianza, Matteo Stocco: «La cosiddetta ‘immunità di gregge’ o ‘immu-nità di branco’ – spiega Stocco – si verifica

quando la vaccinazione di una parte signifi-cativa della popolazione finisce per tutelare anche gli individui che non hanno sviluppa-to l’immunità. In sostanza, poiché le malattie infettive si trasmettono da individuo a indi-viduo, la vaccinazione di una quota rilevan-te di popolazione fa sì che la ‘catena di tra-smissione’ delle infezioni si interrompa con elevata probabilità, proprio perché un gran numero di appartenenti a quella popolazio-ne sono immuni o meno esposti alla malat-

Page 61: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 61

tia. Attualmente – aggiunge Stocco – anche a causa delle campagne di vera disinformazio-ne diffuse attraverso il web, registriamo un decremento dei tassi di copertura vaccinale che inizia a essere allarmante, e che rischia di compromettere l’efficacia di prevenzione ge-nerale garantita dall’‘immunità di gregge’».

la figura del pediatrapuò aiutare nella sceltaI genitori giocano un ruolo cruciale nelle vac-cinazioni dei figli, per questo motivo occor-

attualità

re far capire loro l’importanza della copertura vaccinale e indirizzarli verso fonti di informa-zione affidabili. «Il proprio medico di medici-na generale, e nel caso specifico il pediatra, rimane la più affidabile fonte di informazione sui vaccini – ha dichiarato Carlo Maria Te-ruzzi, presidente Omceo Monza e Brianza –. Grazie al rapporto di fiducia, i genitori posso-no essere aiutati nella comprensione, per una scelta consapevole delle vaccinazioni. Nulla è più importante che investire del tempo per fornire le informazioni necessarie relative al-

la salute dei loro figli. Il successo lo si ottiene quando tutti i vaccini raccomandati dal me-dico vengono accettati o quando alcuni vac-cini vengono programmati per un successivo appuntamento».

il ruolo degli operatori sanitariAnche l’Istituto Superiore di Sanità (Iss) met-te in guardia dalle gravi conseguenze derivan-ti dal calo della copertura vaccinale e chiama in causa gli operatori sanitari: «È necessario che, a fronte dei dubbi dei cittadini, gli ope-ratori siano in grado di far comprendere che la mancata vaccinazione crea un rischio enor-memente – ha dichiarato Walter Ricciardi, presidente dell’Iss – più alto rispetto a quello temuto di eventuali effetti collaterali. È inam-missibile che un operatore sanitario pubblico, in scienza e coscienza, possa avanzare dub-bi sull’efficacia e sull’opportunità dei vaccini, di un atto che ha anche un valore etico per la tutela della salute pubblica. In questo sen-so è necessaria una nuova alleanza tra me-dici, operatori sanitari, ricercatori e industria per evitare che il patrimonio di salute pubbli-ca conquistato in anni di campagne vaccina-li vada disperso».

Rachele Villa

In occasione dell’evento è stato presentato an-che un video, realizzato da Lorenzo Tozzi e Ma-ria Elena Rosati, dal titolo “I sogni dei bambini”, che racconta in modo chiaro attraverso imma-gini d’epoca le conseguenze causate in passato dalla poliomelite, malattia infettiva che colpisce il sistema nervoso centrale e per la quale non esi-stono cure, ma solo misure di prevenzione attra-verso la vaccinazione.L’idea di questo video è nata in seguito alle let-tere che molti genitori scrivono di continuo alle Asl, chiedendo di non ricevere più i richiami per vaccinare i propri figli. Il video, diffuso tramite

la Rete, mira a sensibilizzare le madri sull’impor-tanza dei vaccini, affinché non si lascino condi-zionare da infondati preconcetti sulla loro pe-ricolosità e non mettano a rischio la salute dei propri figli. «Anche attraverso il video presentato oggi, che mira a emozionare e a colpire la sensi-bilità di tutti i cittadini – ha commentato Matteo Stocco –, vogliamo ribadire che i vaccini sono la miglior forma di prevenzione attualmente dispo-nibile e che attiene in primo luogo al senso di re-sponsabilità dei genitori far sì che patologie da tempo debellate in tutto l’Occidente non tornino a minacciare la salute dei nostri figli».

« i sogni dei bambini»: il video ricorda gli effetti della poliomelite

Page 62: Professione Salute 5/2015

62 Professione Salute dicembre 2015

attualità

Impatto del diritto religioso ebraico sul settore farmaceutico

A Milano, in un seminario sulle opportunità del diritto religioso ebraico applicato al settorefarmaceutico, il Rav Umberto Piperno spiega come possa essere di particolare utilità l’adozionedi principi ebraici e della legge rabbinica nell’ambito della salute

Si è tenuto lo scorso 8 novembre presso la sede del Collegio periti esperti & consu-lenti di Milano, il seminario “Farmaceutica ed ebraismo: impatto dell’Etica e del Dirit-to ebraico religioso sul settore farmaceuti-co”. Hanno partecipato all’evento il Rav Um-berto Piperno, rabbino capo di Napoli e del sud Italia, il professor Giorgio L. Colombo, del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’U-niversità di Pavia e il professor Luigi Pasto-relli, direttore scientifico del Centro studi Ya-kar che studia l’impatto del diritto religioso ebraico sul diritto commerciale.

L’adozione dei principi ebraici edella legge rabbinica nell’ambito della saluteObiettivo della conferenza è stata la presen-tazione agli operatori del settore farmaceu-tico delle opportunità del diritto religioso ebraico applicato al settore farmaceutico e l’esame della correlazione di tali principi con la problematica di rischio connessa alla loro applicazione in tale ambito.Qual è l’elemento fondante della medicina secondo il diritto religioso ebraico? Come può essere applicato all’ambito farmaceuti-co quando si tratta della valutazione del ri-schio? Queste le domande principali a cui il Rav Umberto Piperno ha cercato di risponde-re in occasione della conferenza. «Il compito del rabbino è scrivere un responso, elaborare

possibili risposte ai problemi di oggi» spiega il Rav. «Al momento si hanno ancora poche risposte. Il dovere di ogni uomo è di correg-gere una natura che anche se proviene dal-la perfezione del Signore, non è volutamen-te perfetta». Secondo Piperno può essere di particola-re utilità l’adozione di principi ebraici e della legge rabbinica nell’ambito della salute. A partire dall’obbligo di pagare il medico, fi-no ad arrivare alla responsabilità giuridica quando si parla di sostenere le spese sanita-rie all’interno della coppia, dovere che spetta al marito. Molta attenzione è stata posta su una specifica contraddizione: perché il me-dico deve essere pagato se è un suo dovere curare. Secondo la religione ebraica, spiega il Rav, è proibito per il dottore dare consi-gli non retribuiti, poiché “solo Dio è medi-

co gratuito”. Diverse sono le considerazioni e le spiegazioni a riguardo: retribuire il me-dico serve per ripagare la sua fatica nel da-re le giuste indicazioni terapeutiche al ma-lato, serve per compensare le ingenti spese universitarie che ha dovuto sostenere e per il rischio che corre quando si espone a malat-tie contagiose.

L’antica etica ebraica legataa concetti attualiLa normativa ebraica sul rischio sancisce che il pericolo deve essere tenuto sempre in con-siderazione e che non bisogna mai agire ap-poggiandoci ai miracoli: è una questione di fattori matematici. L’etica ebraica, nonostante sia molto antica, è così legata a concetti attuali come il con-senso informato, le infezioni nosocomiali, nonché al problema della tutela del prodotto, temi rilevanti per gli addetti ai lavori, come ha sostenuto il professor Luigi Pastorelli.Secondo il professor Giorgio Colombo, che ha concluso l’incontro, appare fin troppo evi-dente che nel nostro sistema sanitario non si possa intervenire con semplici modifiche e tagli; è indispensabile riscrivere interamente tutto, alla luce della sostenibilità e di una re-ale omogeneità di costi e risorse erogate, con la possibilità di servirsi anche degli utili prin-cipi della religione ebraica.

Lara Romanelli

n Rav umberto Piperno

Page 63: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 63

attualità

Donne di scienza: quote rosa nella ricerca in Italia sono solo il 24%

La presenza di ricercatrici donne nel nostro Paese è ancora limitata e i numeridiminuiscono sensibilmente man mano che si sale di livello fino ad arrivare alle posizioni apicali,che vengono ricoperte principalmente da dirigenti del sesso opposto

Si è svolto il 30 ottobre a Milano, presso il Conference Centre di Expo il convegno “L’ec-cellenza nella ricerca sulla salute della donna”, organizzato dall’Osservatorio nazionale sul-la salute della donna (Onda), in collaborazio-ne con Farmindustria, un appuntamento a cui hanno preso parte alcune tra le migliori ricer-cartici italiane impegnate nell’ambito della sa-lute e della biomedicina.«La nostra presenza in Expo, in qualità di Civil Society Participant – ha dichiarato Francesca Merzagora, Presidente di Onda – si è declinata in molteplici attività tra cui l’evento di oggi, in cui sono intervenute le più importanti ricerca-trici italiane con elevato impact factor in termi-ni di attività di ricerca e produzione scientifica. Abbiamo dunque voluto dedicare uno spazio speciale in Expo a queste donne di scienza che, con grande dedizione e determinazione, hanno sfidato il difficile mondo della ricerca, dando un contributo rilevante all’avanzamento delle co-noscenze in tanti e diversi ambiti». Numerosi sono stati i temi affrontati nel cor-so del convegno, a partire dalla ricerca in am-bito oncologico e cardiologico al rapporto tra dieta mediterranea e salute, dalla microbiolo-gia alle differenze di genere nel tabagismo e le malattie ad esso associate. Gli atti del conve-gno sono stati raccolti in un volume disponi-bile sul sito www.ondaosservatorio.it. «Per il convegno ho proposto di coinvolgere delle ricercatrici e scienziate contraddistin-

te da un’alta produttività scientifica, definita da un parametro di grande interesse interna-zionale, ovvero l’impact factor e, in particola-re, una sua interpolazione statistica chiamata indice di Hirsch o H-index – ha commenta-to Adriana Albini, presidente del Comitato Scientifico Onda –. Sono donne di ‘impatto’, dunque, non solo nel senso che il loro lavoro impatta sulla società e sui progressi della co-noscenza, ma, anche perché, attraverso la lo-ro produzione scientifica letta e citata, si sono conquistate una posizione alta in questa spe-cie di ‘hit parade’ della scienza».

Settore farmaceutico e pari opportunitàIn Italia la presenza femminile nella ricerca è ancora limitata. A dirlo sono i dati raccol-ti dall’Istituto di Ricerca sulla Popolazione e le Politiche Sociali (Irpps) del Cnr. In particola-re, se all’inizio della professione si registra una sostanziale parità tra i due sessi, avanzando di grado le percentuali sono nettamente a favore dei ricercatori di sesso maschile, che salgono al 76% del totale, mentre le ricercatrici resta-no solo al 24%. Ai vertici, le donne che rico-prono ruoli di dirigenti di Istituti di ricerca e di Dipartimento sono meno del 17%.L’unica eccezione è rappresentata dal com-parto farmaceutico, come ha spiegato Mas-simo Scaccabarozzi, presidente di Farmindu-stria: «Nell’industria farmaceutica la ricerca è rosa. In Italia, le donne sono infatti il 53% del totale dei ricercatori. Una presenza femminile che – nel complesso – all’interno delle impre-se del farmaco è del 44%, dato più elevato ri-spetto alla media manifatturiera (25%). Le pa-ri opportunità nelle nostre aziende non sono quindi uno slogan ma una realtà consolidata. Che si rafforza anche grazie a misure che fa-voriscono il bilanciamento tra carriera, fami-glia e vita privata come ad esempio asili nido, mense con take away per la cena o servizi di lavanderia e calzoleria, un uso maggiore della media di congedi parentali e, non ultime, ini-ziative di smart working».

Rachele Villa

Page 64: Professione Salute 5/2015

64 Professione Salute dicembre 2015

epatoguna, un aiutoper il benessere del fegato

Il fegato è uno degli organi più complessi e sofisticati dell’inte-

ro organismo; è un vero e proprio “laboratorio” biologico, produce la bile, essenziale per la digestio-ne dei grassi, è una fondamentale sede di deposito per il ferro, la vi-tamina B12 e il rame, e possiede una straordinaria capacità di fil-tro e di eliminazione per le sco-rie alimentari e per diverse so-stanze tossiche. Alimentazione sbilanciata con eccesso di gras-si e zuccheri, stili di vita sregola-ti, sovrappeso e obesità, sindro-me metabolica, abuso di alcol o uso incongruo di farmaci posso-

no alterare lo stato di buona sa-lute del fegato, causando disturbi della digestione, debilitazione, al-terazione di parametri della fun-zionalità epatica (transaminasi), fino al rallentamento delle sue fi-siologiche funzioni e capacità di rigenerazione. Grazie alla più moderna ricerca nu-traceutica, Guna ha messo a punto Epatoguna, integratore alimenta-re in compresse a rilascio control-lato, gastroprotette, che all’interno di uno stile di vita sano, aiuta a so-stenere e a ripristinare la normale funzionalità del fegato. Epatoguna è a base di fegato lio-

filizzato, colina e tè verde. Il fe-gato liofilizzato, prodotto attra-verso un esclusivo processo di liofilizzazione controllata di fe-gato fresco di giovani suini, man-tiene i suoi nutrienti specifici na-turali, come il pool vitaminico completo, minerali come il fer-ro, e aminoacidi essenziali utili per sostenere e regolare i proces-si metabolici e di riparazione del fegato. La colina è un nutrien-te essenziale, utile per contrasta-re l’accumulo di grassi nel fegato e sostenere il suo buon funziona-mento. Infine, il tè verde (Camel-lia sinensis L. Kuntze) è antiossi-

dante e contribuisce alla normale funzione intestinale. Epatoguna è privo di glutine, lattosio e Ogm.

GunaTel. 02 280181

[email protected] www.guna.it

nasce dermatrophine pro,la prima linea ad altezza di dermatologo

Sifarma, azienda con un know-how di 25 anni nel setto-

re dermatologico ed estetico, con formulazioni a base di α e β idrossiacidi tra cui acido glicoli-co, acido salicilico e principi atti-vi funzionali fino ad oggi riserva-ti a dermatologi, medici estetici e chirurghi plastici, mette a dispo-sizione dell’estetica professiona-le una nuova linea di trattamen-ti super specifici e risolutivi degli inestetismi della pelle. Dal brand storico Dermatrophi-ne nasce Dermatrophine PRO, una gamma di trattamenti al-

tamente performanti e tecnici: i principi attivi funzionali e gli acidi vengono utiliz-zati nella maggiore con-centrazione consentita e testati nella percen-tuale funzionale per il trattamento dell’ine-stetismo specifico. Tutti i trattamenti, predosati e disponi-bili in 3 kit tematici, sono inoltre integra-ti da prodotti ad uso domiciliare comple-mentari.

Il Kit Derma Pure (e prodotto complementare Derma Pure) è pensato per il trattamento delle pelli miste, grasse a tendenza

acneica anche in età tardiva. Svolge un’azione antinfiam-matoria e antibatterica e

un’azione esfoliante e il-luminante, riducendo la produzione di sebo.Il Kit Chrono White (e prodotto complementa-re Chrono White) è dedi-cato al trattamento delle pelli iperpigmentate e ri-sulta estremamente utile

nei casi di macchie senili, mela-sma, ipercromie da chrono e pho-to aging. Infine, il Kit Chrono Age (e pro-dotto complementare Chrono Age) è ideale per il trattamento delle pelli mature, in quanto svol-ge un’azione antiossidante, levi-gante e botox like e agisce sulla riduzione e distensione di rughe e rughette.

SifarmaTel. 02.4220151www.sifarma.it

www.dermatrophine.it

le aziende informano

Page 65: Professione Salute 5/2015

Professione Salutedicembre 2015 65

frutta&fibre, la soluzione naturale per il benessere intestinale

le aziende informano

da tantum rosa, l’igiene intima pensata per piccole donne

Nell’età 3-12 anni (pre-ciclo) possono essere ricorrenti, ir-

ritazioni, bruciori e arrossamenti intimi. L’origine dei piccoli fastidi intimi può scaturire dalla conta-minazione da parte delle feci, da un’igiene non ottimale o da erra-te manovre di pulizia. Pertanto è necessario insegnare alle bam-bine l’importanza di un’accurata

igiene intima come abitudine da non trascurare e scegliere il de-tergente intimo giusto. È infatti buona norma usare un detergen-te con pH simile a quello vagina-le: un detergente delicato che ri-spetti il pH intimo delle bambine (5) diverso da quello delle mam-me (pH ≤ 4,5). Tantum Rosa Intimo Quotidia-

no 3-12 anni, grazie alla sua for-mula di ultima generazione, dona fresco sollievo e, usato tutti gior-ni, aiuta a prevenire arrossamenti e piccoli fastidi intimi tipici dell’e-tà. Tantum Rosa Intimo Quotidia-no 3-12 anni è formulato per ri-durre il rischio di insorgenza delle reazioni allergiche e testato su target di riferimento sotto con-trollo dermatologico e pediatri-co. La sua formulazione, inoltre, è ricca di sostanze naturali accu-ratamente selezionate: estratto di Calendula ad azione lenitiva, olio di Enotera, noto per la sua azio-ne lenitiva e antipruriginosa e Li-chene Islandico, conosciuto per le proprietà antibatteriche.

Tantum Rosa Intimo Quotidiano 3-12 Anni è venduto anche in pra-tiche salviettine monodose.Nella Linea Tantum Rosa Intimo Quotidiano sono disponibili an-che Tantum Rosa Intimo Quoti-diano Lenitiva, per l’igiene di tut-ti i giorni, e Tantum Rosa Intimo Quotidiano Difesa, ideale in quel-le situazioni, quali ciclo mestrua-le, piscina, palestra, viaggio, gra-vidanza, post partum e leggera incontinenza, dove è consigliabile una maggiore protezione.

AngeliniNumero Verde 800 802 802

www.tantumrosaintimoquotidiano.it

In Italia i disturbi legati al tran-sito intestinale sono in continuo

aumento e interessano una cospi-cua parte della popolazione. Sono oltre 20 milioni gli italiani che la-mentano disturbi intestinali, di cui buona parte è costituita da don-ne di età non inferiore ai 25 anni.Ortis Laboratories, con la propria esperienza di più di 50 anni di ricerca e speri-mentazione scientifica e la professionalità di esperti nel settore, offre con la linea Frutta&Fibre, una gamma

ricca e variegata di prodotti appo-sitamente pensati per coloro che soffrono di problemi intestinali.La linea Frutta&Fibre è co-stituita dai seguenti prodotti. Frutta&Fibre Classico, integrato-re alimentare (in compresse o cu-betti da masticare) al rabarbaro e

fico che agisce efficacemente e in modo delicato; il rabarbaro in par-ticolare aiuta a facilitare il transito intestinale mentre il fico contribui-sce a una buona salute intestinale. Frutta&Fibre Concentrato, inte-gratore alimentare a base di pol-vere di rabarbaro standardizzata in sennosidi, tamarindo e fico che hanno un’azione fisiologica signi-ficativa sul transito intestinale. Frutta&Fibre Doppia Azione, in-tegratore a base di senna, fico e fi-nocchio che combina le proprietà regolarizzanti dei tre elementi. La

senna accelera il transito intesti-nale, il fico regolarizza il ritmo in-testinale e il finocchio, grazie alle sue tradizionali proprietà rilassanti, combatte il gonfiore addominale.Completa la gamma Frutta&Fibre Delicato Sciroppo, a base di fico e tamarindo, al gusto di mela, partico-larmente consigliato per il delicato organismo dei bambini, dai 3 anni.

Laboratoires ORTISTel. 0032 80 44 00 55 (Belgio)

[email protected] www.ortis.com

Page 66: Professione Salute 5/2015

66 Professione Salute dicembre 2015

le aziende informano

intest flora plus, il testper diagnosticare la disbiosi

Quotidianamente conviviamo con microrganismi in gra-

do di creare nel nostro corpo un equilibrio utile al mantenimento di un buono stato di salute. Quan-do questo delicato equilibrio vie-ne a mancare si entra in uno stato definito “disbiosi”. Lo stato disbio-tico ha importanti conseguenze, non solo a livello intestinale, ma

sull’intero organismo. La disbio-si può infatti interessare tutti i di-stretti corporei e i sintomi posso-no andare da problemi digestivi, stitichezza, a stanchezza, derma-titi, emicranie e molto altro.Intest Flora Plus è un test ana-litico studiato appositamente per eseguire due controlli incrocia-ti specifici. Per la prima parte del

test è sufficiente un autoprelie-vo capillare per analizzare la pos-sibile reazione immuno-mediata a 12 microrganismi (per esem-pio, Aspergillus niger, Penicillum notatum, Candida albicans, Sac-charomyces cerevisiae). Nella seconda parte del test inve-ce, attraverso un piccolo campio-ne di urina, è possibile andare a indagare i livelli di due metaboliti, l’indacano e lo scatolo, due mole-cole derivanti dal metabolismo del triptofano. La presenza di tali so-stanze tossiche fornisce informa-zioni fondamentali sull’eventuale

tipo di disbiosi in corso. Intest Flora Plus è indicato per offrire ai propri pazienti un servi-zio di monitoraggio sullo stato di salute della persona, spesso mes-so a dura prova da alterazioni dell’equilibrio della flora micro-bica causate da abitudini di vita poco salutari come alimentazio-ne scorretta, stile di vita irrego-lare, scarsa attività fisica e stress.

SpireTel. [email protected]

difendersi dall’invernocon probinul 5

Con l’avvicinarsi dell’inverno e durante i cambi di stagio-

ne diventiamo più esposti all’at-tacco di virus e batteri e siamo più soggetti a influenza, raffreddo-re e affezioni respiratorie. Anziani e bambini sono i soggetti più vul-nerabili a tali malesseri di stagione ed è raccomandabile per loro affi-darsi alla prevenzione per raffor-zare le difese.Probinul 5 buste, integratore di fermenti lattici vivi, consente una completa stimolazione delle dife-se naturali, poiché contiene ele-vate quantità di specie batteriche salutari diverse (8 ceppi di Latto-

bacilli e Bifidobatteri) che, gra-zie alla tecnologia brevettata del-la microincapsulazione, riescono ad arrivare vive e nelle adegua-te proporzioni nell’intestino, co-lonizzandone tratti diversi. Ide-ale quindi per ridurre incidenza, severità e durata di tali malesse-ri di stagione, Probinul 5 interve-ne per rafforzare il nostro sistema immunitario che nell’uomo risie-de per il 70% nell’intestino. L’a-zione immunostimolante viene potenziata anche dalla presenza di fibre prebiotiche, che agiscono da nutrimento per i batteri bene-fici “autoctoni” del colon, e della

vitamina C.Da oggi è d i s p o n i b i -le anche il nuovo Pro-binul 5 gocce. La formulazio-ne in gocce, molto pratica per i bambini più piccoli e per gli an-ziani, contiene una combinazione di tre ceppi probiotici microin-capsulati, vitamina B6 e vitamina D che rafforza il sistema immuni-tario e favorisce l’equilibrio del-la flora intestinale, prevenendo e contrastando le infezioni sia in-

testinali sia delle vie respiratorie. L’inte-grazione di vitamina D, particolarmente necessaria durante i mesi invernali, svol-ge inoltre un ruo-lo molto importante

nella prevenzione di asma, aller-gie e dermatiti atopiche, e con-tribuisce a formare e mantenere le ossa forti.

CadigroupTel. 06 [email protected]

www.cadigreoup.eu

Page 67: Professione Salute 5/2015
Page 68: Professione Salute 5/2015