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DEI VERBUM

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Strumento di lavoro per la lettura ed il commento della “Dei Verbum”

PAOLO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO

INSIEME (una cum) AI PADRI DEL SACROSANTO CONCILIO

A PERPETUA MEMORIA.

Constitutio dogmatica de Divina Revelatione Dei Verbum

Costituzione dommatica sulla Divina Rivelazione

PROOEMIUM

I, 1

1

2

1. Proemio

[Necessità ed oggetto della Rivelazione].

(par. 1) Il Sacrosanto Sinodo Vaticano secondo, proponendo solennemente la dottrina cattolica sulla sacra Rivelazione, richiama alla memoria le parole di S. Yoihanàn che dice:

3

1. (prima n 1.1)

[Proemio]

Il Sacrosanto Sinodo aderisce (obsequitur) alle parole di S. Yoihanàn che dice:

4

1.

Il Sacrosanto Sinodo aderisce (obsequitur) alle parole di S Yoihanàn che dice:

5

1.

Dei verbum religiosamente ascoltando e con fiducia proclamando il Sacrosanto Sinodo aderisce (obsequitur) alle parole di S. Yoihanàn che dice:

1

2

“Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si è manifestata a noi: vi annunciamo ciò che abbiamo veduto e udito affinché anche voi udendo abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Yešùac Mašìyaih” (1 Gv 1,2-3) .

3

“Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si è manifestata a noi: vi annunciamo ciò che abbiamo veduto e udito affinché anche voi udendo abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Yešùac Mašìyaih” (l Gv 1,2-3).

4

“Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si è manifestata a noi: vi annunciamo ciò che abbiamo veduto e udito affinché anche voi udendo abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Yešùac Mašìyaih” (1 Gv 1,2-3).

5

“Annunziamo a voi la vita eterna, che era presso il Padre e si è manifestata a noi: vi annunciamo ciò che abbiamo veduto e udito affinché anche voi udendo abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia col Padre e col Figlio suo Yešùac Mašìyaih” (1 Gv 1,2-3).

[… proponendo solennemente la dottrina cattolica sulla sacra Rivelazione,]

Perciò, seguendo le orme del Concilio Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e della sua trasmissione, affinché il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami [nota: Cf. S Agostino, De cathechizandis rudibus, c IV, 8: PL 40,316 ] .

Perciò, seguendo le orme del Concilio Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e della sua trasmissione, affinché il mondo ascoltando creda, credendo speri, sperando ami [nota: Cf S Agostino, De cathechizandis rudibus, c IV, 8: PL 40,316].

Perciò, seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I, intende proporre la genuina dottrina sulla divina Rivelazione e della sua trasmissione, affinché per la predicazione (praeconio) della salvezza il mondo ascoltando creda, credendo speri, sperando ami [nota: Cf S Agostino, De cathechizandis rudibus, c IV, 8: PL 40,316].

Aa.Dei verbum religiosamente ascoltando

e con fiducia proclamando,

il Sacrosanto Sinodo aderisce (obsequitur)

alle parole di San Yoihanàn che dice:

“Annunziamo a voi la vita eterna che era presso il Padre e si è manifestata a noi:

ciò che abbiamo veduto e ascoltato annunciamo a voi

affinché anche voi abbiate comunione (societatem) con noi

e la nostra comunione (societas) sia col Padre e col Figlio suo Yešùac Mašìyaih” (1 Gv 1,2-3).

Ab.Perciò seguendo le orme dei Concili Tridentino e Vaticano I,

intende proporre la genuina dottrina sulla divina rivelazione e la sua trasmissione

affinché per l’annuncio (praeconio) della salvezza

il mondo intero ascoltando creda, credendo speri, sperando ami. [nota 1]

1 Gv 1,1 ss.

CAPUT I - DE IPSA REVELATIONE

La Rivelazione

I,2

1

2

1. Proemio. [Necessità e oggetto della Rivelazione].

3

Capitolo I (prima, Proemio)

2. (n quasi nuovo e prima n 1.2) [Natura ed oggetto della rivelazione].

4

2. [Natura ed oggetto della rivelazione].

5

2.

(par. 2) Infatti quantunque gli uomini possano (valent) “cercare Dio se mai potessero toccarlo o trovarlo” (At 17,27), non potrebbero tuttavia conoscere i misteri di Dio, soprattutto (maxime) la sua sussistenza in tre persone e il consortium divinae naturae (cfr 2 Pt 1,4), al quale sono chiamati tutti gli uomini, se Dio stesso queste cose non avesse rivelato.

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e rendere noto (notum facere) a noi il sacramento della sua volontà (cfr Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per il Mašìyaih, Verbo fatto carne, in Rùaih-Pneuma Santo hanno accesso al Padre e sono resi compartecipi della divina natura (cfr Ef 2,18; 2 Pt 1,4).

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e rendere noto (notum facere) il sacramento (sacramentum) della sua volontà (cfr Ef l,9), mediante il quale gli uomini per il Mašìyaih, Verbo fatto carne, in Rùaih-Pneuma Santo hanno accesso al Padre e sono resi compartecipi della divina natura (cfr Ef 2,18; 2 Pt 1,4).

Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e rendere noto (notum facere) il sacramento (sacramentum) della sua volontà (cfr Ef 1,9), mediante il quale gli uomini per il Mašìyaih, Verbo fatto carne, in Rùaih-Pneuma Santo hanno accesso al Padre e sono resi compartecipi della divina natura (cfr Ef 2,18; 2 Pt 14).

1

2

3

Con questa rivelazione pertanto (itaque) Dio invisibile (cfr Col 1,15; 1 Tm l,17) per (ex) l’abbondanza del suo amore (caritatis) parla (alloquitur) agli uomini come ad amici (cfr Es 33,11; Gv 15,14-15) e s’intrattiene con loro (cum eis conversatur) (cfr Bar 3,38), per invitarli alla comunione (societas) col Padre e il Figlio e la Rùaih-Pneuma Santo ed ammetterli .

4

Con questa rivelazione pertanto (itaque) Dio invisibile (cfr Col l,15; 1 Tm l,17) per (ex) l’abbondanza del suo amore (caritatis) parla (alloquitur) agli uomini come ad amici (cfr Es 33 11; Gv 15,14-15) e s’intrattiene con loro (cum eis conversatur) (cfr Bar 3,38), per invitarli alla comunione (societas) con sé ed in essa accoglierli (suscipiat).

5

Con questa rivelazione pertanto (itaque) Dio invisibile (cfr Col l,15; 1 Tm l,17) per (ex) l’abbondanza del suo amore (caritatis) parla (alloquitur) agli uomini come ad amici (cfr Es 33 11; Gv 15,14-15) e s’intrattiene con loro (cum eis conversatur) (cfr Bar 3,38), per invitarli alla comunione (societas) con Sé ed in essa accoglierli (suscipiat).

1

2

3

Quest’economia di rivelazione avviene con gesti e parole (gestis verbisque) intrinsecamente tra loro connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestino e rafforzino la dottrina e la realtà (rem) significata (significatam) dalle parole, le parole poi proclamino le opere e interpretino (spieghino: elucident) il mistero in esse contenuto.

4

Quest’economia di rivelazione avviene con gesti e parole (gestis verbisque) intrinsecamente tra loro connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestino e rafforzino la dottrina e le realtà (res) significate (significatas) dalle parole, le parole poi proclamino le opere e interpretino (elucident) il mistero in esse contenuto.

5

Quest’economia di rivelazione avviene con gesti e parole (gestis verbisque) intrinsecamente tra loro connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestino e rafforzino la dottrina e le realtà (res) significate dalle parole, le parole poi proclamino le opere e interpretino (elucident) il mistero in esse contenuto.

Con questa rivelazione la verità sia su Dio sia sull’uomo risplende per noi nel Mašìyaih.

Dunque (ergo) l’intima verità per mezzo di questa rivelazione sia su Dio sia sulla salvezza dell’uomo risplende per noi nel Mašìyaih, il quale, non solo (non solum) è (existit) mediatore, ma (sed) anche (et) pienezza di tutta la rivelazione [Cfr Gv 1,14 e 17; 14,6;17,1-3; 2 Cor 3,16-4,6; Ef 1,3-8] .

L’intima verità poi (autem) per mezzo di questa rivelazione sia su Dio sia sulla salvezza dell’uomo risplende per noi nel Mašìyaih, il quale insieme (simul) è (existit) mediatore e pienezza di tutta la rivelazione. [nota: Cfr Gv 1,14 e 17; 14,6;17,1-3; 2 Cor 3,16-4,6; Ef 1,3-8].

L’intima verità poi (autem) per mezzo di questa rivelazione sia su Dio sia sulla salvezza dell’uomo risplende per noi nel Mašìyaih, il quale è mediatore insieme e pienezza di tutta la rivelazione [nota: Cfr Mt 11,27; Gv 1,14 e 17; 14,6;17,1-3; 2 Cor 3,16;4,6; Ef 1,3-14].

AaPiacque a Dio [DV 12A] nella sua bontà e sapienza rivelare Se stesso [DV 13a; 14Ab;17Ba;7Aa]

oggetto primo della rivelazione è la realtà personale di Dio: R III; si parla qui della rivelazione attiva, ossia di Dio che rivela se stesso e di tutta l’economia della salvezza,

e rendere noto il sacramento (mistero) della sua volontà (cfr Ef l,9)

è il piano divino l’economia di salvezza,

mediante il quale gli uomini per il Mašìyaih, Verbo fatto carne,

in Rùaih-Pneuma Santo hanno accesso al Padre

e sono resi compartecipi della divina natura (cfr Ef 2 18; 2 Pt l,4).

Fatto e oggetto della rivelazione. Nel suo Verbo, Dio ci rivela la sua vita personale ed il suo disegno d’amore. E’ volutamente messo in risalto l’aspetto personalistico della Rivelazione, aspetto molto importante per la pastorale dei nostri giorni (R,III). Questa risonanza personalistica la si vede nell’uso di termini quali: parola, conversazione, dialogo, società, comunicazione, partecipazione, amicizia, amore. Realtà umane che aprono alla conoscenza del mistero.

AbCon questa rivelazione pertanto (itaque) Dio invisibile (cfr Col l,15; 1 Tm l,17)

“il Padre che è nei cieli” DV 21Ad. Queste parole delineano la natura della rivelazione.

per l’abbondanza del suo amore

“ex abundantia charitatis”: esprime l’indole gratuita e la soprannaturalità della rivelazione (R,III)

parla agli uomini come ad amici (cfr Es 33,11; Gv 15,14-15)

la rivelazione è parola, invito alla conversazione ed al dialogo; allusione alle prime ed alle ultime parole della rivelazione; sono usate categorie patristiche secondo le quali le creature sono costituite intime di Dio (R,III).

e si intrattiene con essi (cfr Bar 3,38)

col senso pieno che mostra il testo citato, usato nella liturgia (R,III)

per invitarli alla comunione (societas) con Sé ed in essa accoglierli (suscipere).

società con le Persone divine, con allusione a l Gv 1,2-3 citato nel proemio (R,III). Natura della Rivelazione. Parla, (comunica se stesso, la sua volontà, e vuole risposta di comunione e d’amore) agli uomini come ad amici; viene loro incontro rivelando se stesso nella storia concreta dell’umanità.

AcQuesta economia di rivelazione

avviene con gesti e parole intrinsecamente tra loro connessi,

in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza,

manifestino e rafforzino la dottrina e le realtà significate dalle parole,

le parole poi proclamino le opere e interpretino (elucident) il mistero in esse contenuto.

BaPer mezzo di questa rivelazione poi l’intima verità

sia su Dio sia sulla salvezza dell’uomo

per noi risplende nel Mašìyaih,

che è (exsistit) mediatore ed insieme pienezza di tutta la rivelazione [nota 2].

Ef 1,3 ss; Ef 2,14 ss; 2 Pt 1,3 ss; Col 1,15 ss; Es 33,9 ss; Gv 15,7; Bar 3,38. [nota 2]: Mt 11,25 ss; Gv 1,14 ss; Gv 14,5 ss; Gv 17,1 ss; 2 Cor 3,15 ss; 2 Cor 4,5 ss: Ef 1,3 ss.

I,3

1

2

I,2. Proemio

[La rivelazione compiuta gradualmente].

3

I,3. (un tempo 2)

[Preparazione della rivelazione evangelica].

4

3.

[Preparazione della rivelazione evangelica].

5

3.

[Preparazione della rivelazione evangelica].

Fin dall’inizio Dio, mosso (permotus) da amore diede testimonianza al genere umano di se stesso e del fine superiore (superno) dell’uomo; e dopo il peccato di ’Adàm, promettendo misericordiosamente (misericorditer) il Redentore, immediatamente (mox) in modo mirabile (mirabiliter) restaurò l’ordine della salvezza .

Dio che, nel suo Verbo (in Verbo suo) tutto ha creato e mostra (ostendit) agli uomini una perenne testimonianza di sé nella stessa natura delle cose (Cfr Rm 1,19-20; At 14,15-17) fin dall’inizio si manifestò ai Protoparenti, che dopo la caduta risollevò verso la speranza di salvezza (in spem salutis erexit) avendo promesso la redenzione (redemptione promissa) (Cfr Gen 3,15).

Dio che, per mezzo del Verbo (per Verbum) tutto ha creato (cfr Gv 1,3) mostrando (ostendens) agli uomini una perenne testimonianza di sé nella natura delle cose create, ed intendendo aprire la via alla salvezza superna (Cfr Rm 1,19-20; 2,10-11), anche fin dall’inizio manifestò Se stesso ai protoparenti. Dopo la loro caduta poi li risollevò verso la speranza di salvezza (Cfr Gen 3,15) promettendo (promittens) la redenzione (redemptionem) e da allora senza interruzione si prese cura del genere umano, per dare la vita eterna (Cfr Rm 2,6-7) a tutti coloro che nella pazienza dell’opera buona cercano la salvezza.

Dio, per mezzo del Verbo (per Verbum) tutto creando (creans) (cfr Gv 1,3) e conservando (conservans) offre (praebet) (cfr Rm 1,19-20) agli uomini nelle cose create una perenne testimonianza di sé ed intendendo aprire la via alla salvezza superna, inoltre (insuper) fin dall’inizio manifestò Se stesso ai protoparenti. Dopo la loro caduta poi, avendo promesso la redenzione (redemptione promissa), li risollevò verso la speranza di salvezza (Cfr Gen 3,15) e senza interruzione si prese cura del genere umano, per dare la vita eterna (Cfr Rm 2,6-7) a tutti coloro che nella pazienza dell’opera buona cercano la salvezza.

1

2

Dopo in ’Avrahàm scelse per Sé un popolo affinché nel suo seme fossero benedette tutte le generazioni della terra (cfr Gen 12,3), e fosse preparata da lontano la via al Vangelo.

3

A suo tempo poi chiamò ’Avrahàm, per farlo (diventare) un grande popolo (cfr Gen 12,2), che dopo i Patriarchi per mezzo di Mošéh e dei Neviy’ìym ammaestrarlo (erudiret) a riconoscere il solo Dio vivo e vero provvido Padre degli uomini e giudice giusto, e ad aspettare il Salvatore promesso da Lui e così lungo i secoli preparare (praepararet) la via all’Evangelo.

4

A suo tempo poi chiamò ’Avrahàm, per farlo (diventare) un grande popolo (cfr Gen 12,2), che dopo i Patriarchi per mezzo di Mošéh e dei Neviy’ìym ammaestrò (erudivit) a riconoscere lui solo Dio vivo e vero, provvido Padre e giudice giusto, e ad aspettare il Salvatore promesso, e così lungo i secoli preparò (praeparavit) la via all’Evangelo.

5

A suo tempo poi chiamò ’Avrahàm, per farlo (diventare) una grande nazione (gentem magnam) (cfr Gen 12,2), che dopo i Patriarchi per mezzo di Mošéh e dei Neviy’ìym ammaestrò (erudivit) a riconoscere lui solo Dio vivo e vero, provvido Padre e giudice giusto, e ad aspettare il Salvatore promesso, e così lungo i secoli preparò (praeparavit) la via all’Evangelo.

AaDio, per mezzo del Verbo tutto creando (cfr Gv 1,3)

e conservando

nelle cose create

offre agli uomini una perenne testimonianza di Sé (Cfr Rm 1,19-20),

ed inoltre, intendendo aprire la via alla salvezza superna,

fin dall’inizio manifestò Se stesso ai protoparenti.

AbPoi, dopo la loro caduta

con la promessa della redenzione li risollevò verso la speranza di salvezza (Cfr Gen 3,15)

e senza interruzione si prese cura del genere umano

per dare la vita eterna (Cfr Rm 2,6-7) a tutti coloro

che nella pazienza dell’opera buona cercano la salvezza.

AcA suo tempo poi chiamò ’Avrahàm

per farlo (diventare) una grande nazione (gens) (cfr Gen 12,2-3),

che dopo i Patriarchi per mezzo di Mošéh e dei Neviy’ìym

ammaestrò a riconoscere lui solo

Dio vivo e vero, provvido Padre e giudice giusto,

e ad aspettare il Salvatore promesso,

e così lungo i secoli ha preparato la via all’Evangelo.

Gv 1,1 ss; Rm 1,18 ss; Gen 3,14 ss; Rm 2,4 ss; Gen 12,1 ss

I,4

1

2

3. Proemio [Rivelazione nel Mašìyaih ultima e completa].

Nel Mašìyaih e per mezzo della Rùaih del Mašìyaih, promessa agli Apostoli per insegnare loro ogni cosa che lo stesso Mašìyaih aveva detto (cfr Gv 14,26), si è realizzata (facta est) la pubblica rivelazione ultima ed integra (cfr Eb 1,1). Quindi non bisogna ancora attendere una nuova rivelazione, come nessuna salvezza da altre parti (aliunde). Per questo il Cristianesimo non è tanto un certa età transitoria della storia religiosa della umanità, ma del tutto l’ultima e definitiva.

3

4. Capitolo (numero nuovo cfr precedente n 3-4) (Il Mašìyaih consummatore della rivelazione).

Dopo che Dio a più riprese e in molti modi ha parlato per mezzo die (in) Neviy’ìym, “alla fine (novissime), in questi giorni, ha parlato a noi nel Figlio” (Eb 1,1-2). Ha mandato infatti il Figlio suo, ossia il Verbo eterno, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte e che illumina tutti gli uomini, perché abitasse in mezzo agli uomini ed ad essi narrasse (enarraret) segreti (intima) di Dio (Cfr Gv 1,1-18).

4

4. [Il Mašìyaih consummatore della rivelazione].

Dopo che Dio a più riprese e in molti modi, ha parlato per mezzo dei (in) Neviy’ìym, “alla fine (novissime), in questi giorni, ha parlato a noi nel Figlio” (Eb 1,1-2). Ha mandato infatti il Figlio suo, ossia il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, perché abitasse in mezzo agli uomini ed ad essi narrasse (enarraret) segreti (intima) di Dio (Cfr Gv 1,1-18).

5

4. [Il Mašìyaih consummatore della rivelazione].

Ma (vero) dopo che Dio a più riprese e in molti modi, ha parlato per mezzo (in) Neviy’ìym, “alla fine (novissime), in questi giorni, ha parlato a noi nel Figlio” (Eb 1,1-2). Ha mandato infatti il Figlio suo, ossia il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, perché abitasse in mezzo agli uomini ed ad essi narrasse (enarraret) segreti (intima) di Dio (Cfr Gv 1,1-18).

Yešùac Mašìyaih dunque, “uomo agli uomini” mandato [nota: Epist. ad Diognetum, c VII, 4; Funk, Patres Apostolici, I, 403] “parla le parole di Dio” (Gv 3,34), e porta a compimento (consummat) l’opera salutare che il Padre gli ha dato da fare (cfr Gv 5 36;17,4).

Yešùac Mašìyaih dunque, Verbo fatto carne, “uomo agli uomini” mandato [nota: Epist ad Diognetum, c VII, 4; Funk, Patres Apostolici, I, 403] “parla le parole di Dio” (Gv 3,34), e porta a compimento (consummat) l’opera salutare che il Padre gli diede da fare (cfr Gv 5,36;17,4).

Yešùac Mašìyaih dunque, Verbo fatto carne, “uomo agli uomini” mandato [nota: Epist. ad Diognetum, c VII,4; Funk, Patres Apostolici, I, 403] “parla le parole di Dio” (Gv 3,34), e porta a compimento (consummat) l’opera salutare che il Padre gli ha dato da fare (cfr Gv 5,36; 17,4).

1

2

4. Proemio. [Le opere del Mašìyaih segni della Rivelazione].

Le opere del Mašìyaih, che diede a lui il Padre da fare, gli rendono testimonianza (cfr Gv 5,36) dato che il Mašìyaih la sua divinità non affermò solo a parole ma confermò anche con una vita santissima, con miracoli, con profezie e soprattutto con la gloriosa risurrezione dai morti. Come con le parole del Mašìyaih è manifestato il Mistero contenuto nella sua vita, così per mezzo della sua vita miracolosa è comprovata l’autorità della testimonianza del Mašìyaih.

3

Perciò con parole e opere, segni e miracoli, e soprattutto poi con la sua morte e la gloriosa risurrezione dai morti, e anche con la missione della Rùaih-Pneuma di verità e con tutta la sua persona perfeziona compiendo la rivelazione e con la testimonianza divina conferma che Dio precisamente (nempe) è con noi per liberare gli uomini dalle tenebre del peccato e della morte, e risuscitarli nella vita eterna.

4

Perciò Egli stesso, - chi vede lui vede anche il Padre (cfr Gv 14,9), con parole e opere, segni e miracoli, soprattutto poi con la sua morte e la gloriosa risurrezione dai morti, infine (denique) con tutta presenza e manifestazione di se stesso , mandato infine la Rùaih-Pneuma di verità, compiendola, completa la rivelazione e la conferma con la testimonianza divina, che Dio precisamente (nempe) è con noi per liberare gli uomini dalle tenebre del peccato e della morte, e risuscitarli nella vita eterna.

5

Perciò Egli stesso,- chi vede lui vede anche il Padre (cfr Gv 14,9), con tutta la presenza e manifestazione di Se stesso, con parole e opere, segni e miracoli, soprattutto poi con la sua morte e la gloriosa risurrezione dai morti, mandato infine la Rùaih-Pneuma di verità, compiendola, completa la rivelazione e la conferma con la testimonianza divina, che Dio precisamente (nempe) è con noi per liberare noi dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci nella vita eterna.

1

2

[3. Proemio [Rivelazione nel Mašìyaih ultima e completa].

Nel Mašìyaih e per mezzo della Rùaih del Mašìyaih, promessa agli Apostoli per insegnare loro ogni cosa che lo stesso Mašìyaih aveva detto (cfr Gv 14,26) si è realizzata (facta est) la pubblica rivelazione ultima ed integra (cfr Eb 1,1). Quindi non bisogna ancora attendere una nuova rivelazione , come nessuna salvezza da altre parti (aliunde). Per questo il Cristianesimo non è tanto un certa età transitoria della storia religiosa della umanità, ma del tutto l’ultima e definitiva].

3

L’economia cristiana dunque non passerà mai (cfr Mt 24,35), e non è solo un’età transitoria della storia religiosa ma l’ultima e definitiva, e nessuna ancora (adhuc) nuova rivelazione pubblica bisogna attendere prima della finale “rivelazione del Kurios nostro Yešùac Mašìyaih” (1 Cor 1,7).

4

L’economia cristiana dunque, appunto (nempe) l’alleanza (foedus=diatheke=berìt) nuovissima e definitiva, non passerà mai, e nessuna più (iam) nuova rivelazione pubblica bisogna attendere prima della finale rivelazione del Kurios nostro Yešùac Mašìyaih .

5

L’economia cristiana dunque, in quanto (utpote) l’alleanza (foedus=diatheke=berìt) nuova e definitiva, non passerà mai, e nessuna nuova rivelazione pubblica si deve più (iam) attendere prima della gloriosa manifestazione del Kurios nostro Yešùac Mašìyaih (cfr 1 Tm 6,14 e Tt 2,13).

AaMa dopo che a più riprese e in molti modi, Dio parlò nei (in) Neviy’ìym,

“alla fine, in questi giorni, ha parlato a noi nel Figlio” (Eb 1,1-2).

Questa citazione esprime bene che la rivelazione ha toccato il suo apice nel Mašìyaih (R,III).

AbHa mandato infatti il Figlio suo, ossia il Verbo eterno,

che illumina tutti gli uomini,

affinché abitasse tra gli uomini

ed ad essi spiegasse i segreti (intima) di Dio (Cfr Gv 1,1-18).

“Intima” è conforme a Gv l,1-18.

AcYešùac Mašìyaih dunque, Verbo fatto carne,

“uomo agli uomini” mandato, [nota 3]

“parla le parole di Dio” (Gv 3,34)

Presente storico: perché il discorso sia più vivace, Modi.

e porta a compimento (consummat) l’opera salutare

l’aggettivo “salutare” comprende tutto, Modi

che il Padre gli ha dato da fare (cfr Gv 5 36;17,4).

AdPerciò Egli stesso,

- chi vede lui vede anche il Padre (cfr Gv 14,9), -

con tutta la presenza e la manifestazione di Se stesso

Questa formulazione nel suo insieme rende in latino il concetto detto in greco epifaneia (R,IV). E’ evitata la parola “persona” che non piace, Modi.

con parole e opere,

Non solo i miracoli, ma tutti i fatti salvifici

con segni e miracoli,

soprattutto poi con la sua MORTE

e la gloriosa RISURREZIONE dai morti,

mandata infine la Rùaih-PNEUMA di verità,

compiendola, completa (perficit) la rivelazione

e la conferma con la testimonianza divina,

che Dio veramente è con noi

veramente (appunto) = nempe = sottolinea l’idea centrale, Modi.

per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte,

e risuscitarci per (in) la vita eterna”.

BaL’economia cristiana dunque

in quanto alleanza (foedus=diatheke=berìt ) nuova e definitiva

non passerà mai,

e nessuna nuova rivelazione pubblica si deve ancora (iam) attendere

prima della gloriosa manifestazione del Kurios nostro Yešùac Mašìyaih

(cfr 1 Tm 6,14; Tt 2,13).

Eb 1,1 ss; Gv 1,1-18; Gv 3,31 ss; Gv 5,36; Gv 17,1 ss; Gv 14,8 ss; 1 Tm 6,11 ss; Tt 2,11 ss

I, 5

1

2

6. Proemio [Necessità della grazia per accogliere la divina Rivelazione].

Alla Rivelazione divina è dovuta (praestanda est) l’obbedienza della fede: ma perché sia suscitato l’atto di fede c’è bisogno (opus est) della grazia di Dio che muova l’intelletto (sensum) muova e converta il cuore.

3

5. Capitolo I (prima 6) [La fede da prestare alla rivelazione ] .

A Dio che si rivela è dovuta (praestanda est) “l’obbedienza della fede” (Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6), che è “a Dio che si rivela pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” [nota Conc. Vat I, Const., dogm. de fide cathol. cap 3: D 1789 (3008)] ossia volontario assenso alla verità da lui rivelata .

4

5. [La rivelazione da accogliere nella fede].

A Dio che si rivela è dovuta (praestanda est) “l’obbedienza della fede” (Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6) con la quale l’uomo abbandona tutto se stesso liberamente a Dio e presta (praestat) “a Dio che si rivela pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” [nota Con Vat I, Const., dogm. de fide cathol. cap 3: D 1789 (3008) ] acconsentendo (assentiens) volontariamente alla verità da Lui rivelata.

5

5. [La rivelazione da accogliere nella fede].

A Dio che si rivela è dovuta (praestanda est) “l’obbedienza della fede” (Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6) con la quale l’uomo si abbandona tutto liberamente a Dio e prestando (praestando) “a Dio che si rivela pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” [nota Con Vat I, Const., dogm. de fide cathol. cap 3: D 1789 (3008)] e acconsentendo (assentiendo) volontariamente alla rivelazione da Lui donata.

1

2

3

Perché questa fede sia prestata, c’è bisogno della grazia di Dio preveniente e aiutante e degli aiuti interni della Rùaih-Pneuma Santo, che muova il cuore e lo converta a (in) Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti la soavità nell’acconsentire e nel credere alla verità” [Conc. Araus. II, can 7; D 180 (377); Con Vat I l.c.; Denz 1791 (3010)].

4

Perché questa fede sia prestata, c’è bisogno della grazia di Dio preveniente e aiutante e gli aiuti interni della Rùaih-Pneuma Santo, che muova il cuore e lo converta a (in) Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti la soavità nell’acconsentire e nel credere alla verità” [Conc. Araus. II, can 7; D 180 (377); Con Vat I l.c.; Denz 1791 (3010].

5

Perché questa fede sia prestata, c’è bisogno della grazia di Dio preveniente e aiutante e degli aiuti interni della Rùaih-Pneuma Santo, che muova il cuore e lo converta a (in) Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti la soavità nell’acconsentire e nel credere alla verità” [Conc. Araus. II, can 7; D 180 (377); Con Vat I l.c.; Denz 1791 (3010].

Perché poi (vero) l’intelligenza della Rivelazione giunga a maggior profondità (quo...profundior usque evadat), la Rùaih-Pneuma Paracleto perfeziona (perficit) continuamente (iugiter) la fede con i suoi doni.

Affinché poi l’intelligenza della rivelazione diventi (evadat) la più profonda, la stessa Rùaih-Pneuma Santo perfeziona continuamente la fede con i suoi doni .

Affinché poi l’intelligenza della rivelazione diventi (evadat) la più profonda, la stessa Rùaih-Pneuma Santo perfeziona continuamente la fede con i suoi doni.

Affinché poi l’intelligenza della rivelazione diventi (evadat) la più profonda, la stessa Rùaih-Pneuma Santo perfeziona continuamente la fede con i suoi doni.

AaA Dio che si rivela è dovuta “l’obbedienza della fede” (Rm 16,26; cfr Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6)

con la quale l’uomo abbandona (commitit) tutto se stesso liberamente a Dio

prestando “a Dio che si rivela pieno ossequio dell’intelletto e della volontà” [nota 4]

ed acconsentendo volontariamente alla rivelazione da Lui data.

AbPerché una tale (quae fides ut) sia prestata,

c’è bisogno della preveniente e aiutante grazia di Dio

e degli aiuti interni della Rùaih-Pneuma Santo,

che muova il cuore e lo converta verso (in) Dio,

apra gli occhi della mente,

e dia “a tutti la soavità nell’acconsentire e nel credere alla verità” [nota 5].

AcPerché poi (vero) l’intelligenza della rivelazione riesca il più possibile profonda

la stessa Rùaih-Pneuma Santo perfeziona continuamente la fede per mezzo dei suoi doni.

Rm 16,25 ss; Rm 1,1 ss; 2 Cor 10,1 ss

MAGISTERO

[nota 4] Vaticano I, Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 3

DS 3008: “Dato che l’uomo dipende totalmente (totus, interamente) da Dio come dal suo creatore e Signore e la ragione creata è completamente (penitus) soggetta (sottoposta) alla Verità increata, siamo tenuti a prestare con la fede il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà a Dio che si rivela (Can 1). La Chiesa cattolica professa poi che questa fede, che è “inizio della salvezza umana” [cfr D 1532], è una virtù soprannaturale per mezzo della quale, Dei aspirante et adiuvante gratia (prevenendo e collaborando la grazia di Dio), noi crediamo essere vere le cose da lui rivelate, non a causa della loro verità intrinseca percepita alla luce naturale della ragione, ma a causa dell’autorità dello stesso Dio che rivela, che non può ingannarsi né ingannare (Can 2). “E’ infatti la fede, lo testimonia l’Apostolo, sostanza delle cose sperate e argomento delle non parventi? ([Eb 11,1]”.

Canone 1: Se qualcuno dicesse che la ragione umana è talmente indipendente che la fede non può esserle comandata da Dio: sia anatema. [contro l’autonomia della ragione, contro i razionalisti: la ragione non è autonoma; Dio può comandare la fede].

Canone 2: Se qualcuno dicesse che la fede divina non è distinta dalla conoscenza naturale su Dio e sulle cose morali, e per questo per la fede divina non è richiesto che la verità rivelata sia creduta a causa dell’autorità di Dio che si rivela, a.s.

[nota 5] Orange II (anno 529), can 7

DS 377: “Se qualcuno conferma che per la forza della natura è possibile pensare, come si conviene (ut expedit) o scegliere alcunché di buono, che concerne (cioè) la salvezza della vita eterna o acconsentire alla salutare, ossia, evangelica predicazione, senza l’illuminazione e l’ispirazione (inspiratione) della Rùaih-Pneuma Santo, che da a tutti la soavità nell’acconsentire e credere alla verità, s’inganna per spirito eretico, non comprendendo la voce di Dio nell’Evangelo che dice. “Senza di me non potete fare nulla” [Gv 15,5]; e il detto dell’Apostolo: “Non che siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio” [2 Cor, 3,5].

Vaticano I, Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 2

DS 3010: “Ammesso (Licet) poi che l’assenso della fede non sia mai un moto cieco dell’animo, nessuno però (tamen) può “acconsentire (aderire) alla predicazione evangelica”, come si deve (sicut oportet: come è necessario; come si deve farlo: DS 1553) per conseguire la salvezza “senza illuminazione e ispirazione della Rùaih-Pneuma Santo che da a tutti la soavità [suavitatem = facilità] nell’acconsentire e nel credere alla verità” [Orange, II, DS 377]. Per cui la stessa fede in sé, anche se non è mossa dall’agape [cfr Gal 5,6] è dono di Dio, ed il suo atto è opera che concerne la salvezza, con il quale l’uomo presta a Dio stesso libera obbedienza alla grazia di lui, alla quale può resistere, consentendo e cooperando [cfr DS 1525,

can 5]

Canone 5: Se qualcuno dicesse che l’assenso di fede cristiana non è libero ma che è prodotto necessariamente con argomenti della ragione umana; o che la grazia di Dio è necessaria solo per la fede viva che è resa energica per mezzo della carità [Gal 5,6] a.s.

I,6

1

2

5. Proemio [Verità naturali connesse con la Rivelazione].

Nella divina Rivelazione si tratta precisamente (quidem) di verità ed eventi che riguardano il mistero della partecipazione dell’uomo alla vita di Dio; insieme poi sono anche affermate verità profondissime di ordine naturale connesse con verità soprannaturali. Infatti anche se quelle verità per se non siano impervie alla umana ragione, nella presente condizione del genere umano, da tutti non possono essere conosciute in modo spedito con ferma certezza e senza mistura d’errore se non alla luce della rivelazione. Così con la divina Rivelazione non solo sono aperte vie per raggiungere il fine soprannaturale, ma anche sono presentati principi per concepire e condurre rettamente la vita temporale .

3

6. Capitolo I (prima n 5) [Le verità rivelate].

Con la Divina rivelazione sono manifestate le cose che Dio su se stesso e sugli eterni decreti della sua volontà circa la salvezza degli uomini e la partecipazione della vita divina ha voluto comunicare, e “che del tutto superano l’intelligenza della mente umana”[nota: Con Vat I Cost. Dogm. de fide cath. cap 2; Denz 1786 (3005)].

4

6. [Le verità rivelate].

Con la divina rivelazione Dio se stesso e gli eterni decreti della sua volontà ha voluto manifestare e comunicare circa la salvezza degli uomini “per renderli cioè partecipi dei beni divini, che del tutto superano l’intelligenza della mente umana”[nota Con Vat I, Const. Dogm. de fide cath. cap 2: Denz 1786 3005)].

5

6. [Le verità rivelate].

Con la divina rivelazione Dio se stesso e gli eterni decreti della sua volontà ha voluto manifestare e comunicare circa la salvezza degli uomini “per renderli cioè partecipi dei beni divini, che del tutto superano l’intelligenza della mente umana” [nota Con Vat I, Const. Dogm. de fide cath. cap 2: Denz 1786 3005)].

1

2

3

Professa invero (quidem) il Sacro Sinodo, che “Dio, di tutte le cose principio e fine, con la luce naturale della ragione umana può essere conosciuto con certezza dalle cose create” (cfr Rm 1,20); insegna poi (autem) che va attribuito alla sua rivelazione che “ciò che nelle cose divine non è di per sé impervio alla ragione umana anche nella presente condizione del genere umano, possa essere conosciuto da tutti speditamente con ferma certezza e senza mistura d’errore” [Ibid: Denz 1785 e 1786 (3004 e 3005)] .

4

Professa il Sacro Sinodo che “Dio, di tutte le cose principio e fine, con la luce naturale della ragione umana può essere conosciuto con certezza dalle cose create” (cfr Rm 1,20); insegna però (vero) che va attribuito alla rivelazione che “ciò che nelle realtà divine non è di per sé impervio alla ragione umana, possa, anche nella presente condizione del genere umano, essere conosciuto da tutti speditamente con ferma certezza e senza mistura d’errore”. [Ibid: Denz 1785 e 1786 (3004 e 3005)].

5

Professa il Sacro Sinodo che “Dio, di tutte le cose principio e fine, con la luce naturale della ragione umana può essere conosciuto con certezza dalle cose create” (cfr Rm 1,20); insegna però (vero) che va attribuito alla rivelazione che “ciò che nelle realtà divine non è di per sé impervio alla ragione umana, possa, anche nella presente condizione del genere umano, essere conosciuto da tutti speditamente con ferma certezza e senza mistura d’errore”. [Ibid: Denz 1785 e 1786 (3004 e 3005)].

AaCon la divina rivelazione Dio Se stesso

e gli eterni decreti della sua volontà

ha voluto manifestare e comunicare

circa la salvezza degli uomini

“per renderli cioè partecipi dei beni divini,

che del tutto superano l’intelligenza della mente umana” [nota 6].

AbProfessa il Sacro Sinodo che

“Dio, di tutte le cose principio e fine,

con la luce naturale della ragione umana

può essere conosciuto con certezza dalle cose create” (cfr Rm 1,20);

ma (vero) insegna che va attribuito alla sua rivelazione

“che ciò, che nelle realtà divine per se stesso non è impervio alla ragione umana,

anche nella presente condizione del genere umano,

non possa essere conosciuto da tutti

in modo spedito, con ferma certezza e senza mistura d’errore” [nota 7].

Rm 1,18 ss.

MAGISTERO

[nota 6] Vaticano I Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 2

DS 3005: “A questa divina rivelazione si deve inoltre attribuire il fatto che quelle cose che, nelle realtà divine, per se non sono impervie (inaccessibili) alla ragione umana, possano essere conosciute anche nella presente condizione del genere umano da tutti, in modo spedito (facilmente, senza difficoltà), con ferma certezza e senza mescolanza di alcun errore [Cf Tommaso Aq, Summa Th 1, q 1 a 1].Tuttavia non per questo motivo si deve dire che la rivelazione sia necessaria in senso assoluto, ma (lo è) perché Dio, per la sua infinita bontà, ha ordinato l’uomo ad un fine soprannaturale, ossia a partecipare ai beni divini, che superano del tutto l’intelligenza della mente umana; dato che “occhio non ha visto, né orecchio ha udito né è asceso nel cuore dell’uomo, quello che Dio ha preparato a coloro che lo amano” [1 Cor 2,9].

Canone,2.(DS 3022) Se qualcuno non arrossisce d’affermare che nulla c’è oltre la materia, a.s.

Canone 3 (DS 3023) Se qualcuno dicesse che è una ed identica la sostanza o l’essenza di Dio e delle cose tutte, a.s.

[nota 7] Vaticano I, Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 2

DS 3004: “La stessa santa madre Chiesa ritiene ed insegna che Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza con la luce naturale della ragione umana dalle cose create: “Le sue invisibili (perfezioni), infatti, sono contemplate, comprese dalla creazione (creatura) del mondo attraverso le cose che sono fatte" (Rm 1,20); ma che è piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare al genere umano per altra via - soprannaturale - se stesso e gli eterni decreti della sua volontà, dicendolo l’Apostolo: “In molte maniere ed in molti modi un tempo Dio parlava (loquens) ai padri per mezzo dei Neviy’ìym; in questi ultimissimi tempi, ha parlato a noi nel Figlio suo (Eb 1,1 s)”.

Canone 1 (DS 3021): “Se qualcuno negasse l’unico vero Dio creatore delle cose visibili ed invisibili e Signore, a.s.

DS 3005: “A questa divina rivelazione si deve inoltre attribuire il fatto che quelle cose che, nelle realtà divine, per se non sono impervie (inaccessibili) alla ragione umana, possano essere conosciute anche nella presente condizione del genere umano da tutti, in modo spedito (facilmente, senza difficoltà), con ferma certezza e senza mescolanza di alcun errore [Cf Tommaso Aq, Summa Th 1, q 1 a 1].Tuttavia non per questo motivo si deve dire che la rivelazione sia necessaria in senso assoluto, ma (lo è) perché Dio, per la sua infinita bontà, ha ordinato l’uomo ad un fine soprannaturale, ossia a partecipare ai beni divini, che superano del tutto l’intelligenza della mente umana; dato che “occhio non ha visto, né orecchio ha udito né è asceso nel cuore dell’uomo, quello che Dio ha preparato a coloro che lo amano” [1 Cor 2,9].

Canone, 2.(DS 3022) Se qualcuno non arrossisce d’affermare che nulla c’è oltre la materia, a.s.

Canone, 3 (DS 3023) Se qualcuno dicesse che è una ed identica la sostanza o l’essenza di Dio e delle cose tutte, a.s.

CAPUT II - DE DIVINAE REVELATIONIS TRANSMISSIONE

La trasmissione della divina rivelazione.

II,7

1

1

2

I,7 Capitolo I De Verbo Dei Revelato.

[Gli Apostoli predicatori dell’Evangelo].

3

7. Capitolo II: De divinae revelationis Transmissione .

[Gli Apostoli ed i loro successori, annunciatori (praecones) dell’Evangelo].

4

7.

[Gli Apostoli ed i loro successori, annunciatori dell’Evangelo].

5

7.

[Gli Apostoli ed i loro successori, annunciatori dell’Evangelo].

Le cose che (Quae) Dio aveva rivelato per la salvezza di tutti i Goyìm, quelle dispose con somma benignità (benignissime) che rimanessero integre per sempre (in aevum) e fossero trasmesse a tutte le generazioni .

Le cose che (Quae) Dio aveva rivelato per la salvezza di tutti i Goyìm, quelle dispose con somma benignità (benignissime) che rimanessero integre per sempre (in aevum) e fossero trasmesse a tutte le generazioni.

Le cose che (Quae) Dio aveva rivelato per la salvezza di tutti i Goyìm, queste dispose con somma benignità (benignissime) rimanessero integre per sempre (in aevum) e fossero trasmesse a tutte le generazioni.

1

2

Il Mašìyaih Kurios diede ordine (mandatum) agli Apostoli che il suo Evangelo, cioè le cose che lungo tutta la sua vita aveva fatto ed insegnato, predicassero ad ogni creatura [nota: Cfr Conc. Trid. Sess. IV, Decr. De canonicis Scripturis: Denz 783] come fonte (tamquam fontem) di ogni e salutare verità e di disciplina dei costumi.

3

Perciò il Mašìyaih Kurios, nel quale trova compimento (consummatur) tutta intera la rivelazione del Sommo Dio, (cfr 2 Cor 1,20 e 3,16-4,6) diede ordine (mandatum) agli Apostoli che l’Evangelo, che, promesso prima per mezzo dei Neviy’ìym Egli stesso adempì e con la sua stessa bocca promulgò predicassero a tutti come fonte (tamquam fontem) di ogni e salutare verità e di disciplina dei costumi, [nota: Cfr Conc. Trid. Sess. IV, Decr. De canonicis Scripturis: Denz 783 (1501)] comunicando loro i doni divini .

4

Perciò il Mašìyaih Kurios, nel quale trova compimento (consummatur) tutta intera la rivelazione del Sommo Dio, (cfr 2 Cor 1,20 e 3,16-4,6) diede ordine (mandatum) agli Apostoli che l’Evangelo, che, promesso prima per mezzo dei Neviy’ìym Egli stesso ha adempito e con la sua stessa bocca ha promulgato, predicassero a tutti come fonte (tamquam fontem) di ogni e salutare verità e di disciplina dei costumi, [nota: Cfr Conc. Trid. Sess. IV, Decr. De canonicis Scripturis: Denz 783 (1501)] comunicando loro i doni divini.

5

Perciò il Mašìyaih Kurios, nel quale trova compimento (consummatur) tutta intera la rivelazione del Sommo Dio, (cfr 2 Cor 1,20 e 3,16-4,6) diede ordine (mandatum) agli Apostoli che l’Evangelo, che, promesso prima per mezzo dei Neviy’ìym, Egli stesso ha adempito e con la sua stessa bocca ha promulgato, predicassero a tutti come fonte (tamquam fontem) di ogni e salutare verità e di disciplina dei costumi, [nota: Cf Mt 28,19-20 e Mc 16,15. Conc. Trid. Sess. IV, Decr. De canonicis Scripturis: Denz 783 (1501)] comunicando loro i doni divini.

Il che in verità (quidem) gli Apostoli fecero sia (cum) per mezzo di scritti ispirati dalla Rùaih-Pneuma Santo, sia (cum) tramandando oralmente (oretenus) le cose che avevano ricevuto dallo stesso Mašìyaih oralmente o a Spiritu Sancto dictante [nota. Conc. Trid. l.c. Conc. Vat I Sess. III, Const. dogm. de fide catholica, cap 2. Denz 1787)].

Il che in verità (quidem) fu fedelmente fatto, sia dagli Apostoli, che con la predicazione orale, con esempi e istituzioni trasmisero quelle cose che avevano ricevuto sia dalla bocca, dalla frequentazione (conversatione) e dalle opere del Mašìyaih sia avevano imparato, per suggerimento (suggerente) di Rùaih-Pneuma Santo, sia da essi stessi (ipsis) e da quegli uomini apostolici, i quali, arricchiti (ditati) di particolare carisma, sotto ispirazione della stessa Rùaih-Pneuma Santo, misero in iscritto l’annuncio della salvezza [nota. Conc. Trid. l.c.; Conc. Vat I Sess. III, Const. dogm. de fide catholica, cap 2)] .

Il che in verità (quidem) fu fedelmente fatto, sia dagli Apostoli, che con la predicazione orale, con esempi e istituzioni trasmisero quelle cose che avevano ricevuto sia dalla bocca, dalla frequentazione (conversatione) e dalle opere del Mašìyaih sia avevano imparato, per suggerimento (suggerente) della Rùaih-Pneuma Santo, sia da quegli stessi uomini apostolici, i quali, sotto ispirazione della stessa Rùaih-Pneuma Santo, misero in iscritto l’annuncio della salvezza [nota. Conc. Trid. l.c.; Conc. Vat I Sess. III, Const. dogm. de fide catholica, cap 2)].

Il che in verità (quidem) fu fedelmente fatto, sia dagli Apostoli, che con la predicazione orale, con esempi e istituzioni trasmisero quelle cose che avevano ricevuto sia dalla bocca, dalla frequentazione (conversatione) e dalle opere del Mašìyaih sia avevano imparato, per suggerimento (suggerente) della Rùaih-Pneuma Santo, sia da quegli Apostoli e uomini apostolici, i quali, sotto ispirazione della stessa Rùaih-Pneuma Santo, misero in iscritto l’annuncio della salvezza [nota. Conc. Trid. l.c; Conc. Vat I Sess. III, Const. dogm. de fide catholica, cap 2)].

1

2

3

Affinché poi l’Evangelo si conservasse sempre (iugiter) integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono come loro successori i Vescovi, agli stessi “tramandando il loro proprio posto di maestri” [nota I Ireneo, Adv Haer III, 3, 1: PG 7,848)] .

4

Affinché poi l’Evangelo si conservasse sempre (iugiter) integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono come loro successori i vescovi, agli stessi “tramandando il loro proprio posto di maestri” [nota I Ireneo, Adv Haer III, 3, 1: PG 7,848)].

5

Affinché poi l’Evangelo si conservasse sempre (iugiter) integro e vivo nella Chiesa, gli Apostoli lasciarono come loro successori i vescovi, agli stessi “tramandando il loro proprio posto di maestri” [nota I Ireneo, Adv Haer III, 3, 1: PG 7,848)].

Questo verbo di Dio poi, scritto o tramandato (traditum), costituisce un unico Deposito della Fede, dal quale il Magistero della Chiesa attinge tutte quelle cose che fide divina propone a credere come divinamente rivelate .

La sacra Tradizione dunque (igitur) e la Sacra Scrittura sono come uno specchio in cui la Chiesa pellegrinante in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, fino a che non sia condotta (perducatur) a vederlo faccia a faccia come egli è (cfr 1 Cor 13,12) .

La sacra Tradizione dunque e la Scrittura dell’uno e dell’altro Testamento sono come uno specchio in cui la Chiesa pellegrinante in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, fino a che non sia condotta (perducatur) a vederlo faccia a faccia come egli è (cfr 1 Gv 3,2).

Questa Sacra Tradizione dunque e Sacra Scrittura dell’uno e dell’altro Testamento sono come uno specchio in cui la Chiesa pellegrinante in terra contempla Dio, dal quale tutto riceve, fino a che non sia condotta (perducatur) a vederlo faccia a faccia come egli è (cfr 1 Gv 3,2).

AaLe cose che Dio aveva rivelato per la salvezza di tutti i Goyìm,

queste con somma benignità dispose

rimanessero integre nei secoli (in aevum)

e fossero trasmesse a tutte le generazioni.

AbPerciò il Mašìyaih Kurios,

nel quale trova compimento tutta la rivelazione del sommo Dio

(cfr 2 Cor 1,20 e 3,16-4,6)

con queste parole è indicato che il compito affidato dal Kurios agli Apostoli è esteso a tutte le cose rivelate, sia del Nuovo che del Vecchio Testamento (R,III), cfr 4 b.

diede ordine agli Apostoli che l’Evangelo,

che, promesso prima (ante) per mezzo dei Neviy’ìym, Egli stesso ha adempiuto

e con la sua stessa bocca ha promulgato,

predicassero a tutti

come fonte di ogni e salutare verità (11,b) e di disciplina dei costumi [nota 1],

comunicando loro

non solo la dottrina dunque, ma anche (R,III)

i doni divini.

tutti i beni spirituali (R,III)

AcCiò venne poi (quidem) fedelmente fatto

sia dagli Apostoli,

che nella predicazione orale

intesa in modo tale che non comprenda solo le parole, ma anche ciò che segue,

con esempi

opere, modi di agire

e istituzioni

battesimo, domenica, culto, eucaristia

trasmisero quelle cose che avevano ricevuto

sia dalla bocca, dalla frequentazione

conversatione; cfr DV 2Ab; Dv 25C.

e dalle opere del Mašìyaih,

sia che avevano imparato,

per suggerimento della Rùaih-Pneuma Santo.

dopo Šavucòt - Pentecoste, suggerimento volto alla comprensione delle parole e delle opere di Yešùac che prima di Pésaih non avevano comprese, cfr 19 b

sia da quegli Apostoli e uomini apostolici

ciò è detto in ossequio alla realtà storica, poiché la scrittura dei libri non è attribuita ai soli apostoli, ma anche ad altri,

i quali, sotto ispirazione della stessa Rùaih-Pneuma Santo (11)

misero per iscritto l’annuncio della salvezza” [nota 2].

La predicazione degli Apostoli comporta quindi sia l’annuncio del Risorto (parola) che il fare in sua memoria il culto ed i sacramenti: battesimo ed eucaristia, ecc. Comporta l’istruzione morale e la conduzione della comunità. Nell’elencare questi due modi della trasmissione della divina rivelazione, è invertito l’ordine del Concilio Tridentino. E così, in primo luogo, si parla della predicazione e, in secondo, della Scrittura dei libri sacri. La Tradizione non scritta, infatti, ha preceduto la Sacra Scrittura (R,III).

In duplice modo quindi dagli Apostoli è stata trasmessa la medesima Rivelazione: mediante la Tradizione prima (la vita, il vissuto ecclesiale) e la Scrittura poi (la comprensione della vita, il compreso normativo). La Scrittura così è nell’alveo della Tradizione viva.

BaAffinché poi l’Evangelo

si conservasse continuamente (iugiter) integro e vivo nella Chiesa,

gli Apostoli lasciarono come loro successori i Vescovi,

ad essi “tramandando (tradentes) il loro proprio posto di magistero” [nota 2].

Così è indicato il compito dei successori degli Apostoli ossia i Vescovi: essi trasmettono tutto quello che hanno ricevuto dagli Apostoli sia con la loro predicazione, sia per mezzo della stessa Sacra Scrittura; e a loro volta tramandano in perpetuo l’una e l’altra (R III).

BbDunque questa Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura dell’uno e dell’altro Testamento

totalità della rivelazione, come una sola cosa (R,III); si tratta quindi anche dell’AT

sono come (veluti) uno specchio

nel quale la Chiesa pellegrinante in terra contempla Dio,

dal quale tutto riceve,

finché sia condotta a vederLo faccia a faccia come è (cfr 1 Gv 3,2).

E’ esaltata l’importanza della Tradizione e della Scrittura nella Chiesa. Per mezzo di esse infatti la Chiesa può contemplare Dio, per quanto è possibile nello stato di vita presente, che è introduzione e come l’inizio della perfetta visione escatologica. Questa contemplazione non si esaurisce nella pura conoscenza intellettuale quasi platonica, ma tocca tutta la vita; per questo è detto che la Chiesa riceve tutto da Dio; sono in ciò sottintesi anche gli obblighi verso di lui (R,III).

2 Cor 1,20; 2 Cor 3,16-4,6; 1 Gv 3,2; Mt 28,19-20; Mc 16,15.

PADRI

Ireneo, Adv Haer III, 3, 1: PG 7,848

MAGISTERO

[nota 1] Tridentino, Decr. De canonicis Scripturis

DS 1501: “Il sacrosanto sinodo Tridentino ecumenico e generale, legittimamente radunato in Rùaih-Pneuma Santo,..., questo ponendo sempre davanti agli occhi che, tolti gli errori, la purezza stessa del vangelo sia conservata nella chiesa: (vangelo) che, promesso “prima per mezzo dei Neviy’ìym nelle sante scritture “(Rm 1,3; cfr Ger 31,22 ss; Is 53,1;55,5;61,1 e altri; Eb 1,1s), il Kurios nostro Yešùac il Mašìyaih, Figlio di Dio, con la sua stessa bocca (ore) prima promulgò poi comandò che per mezzo dei suoi Apostoli fosse predicato a ogni creatura (cfr Mt 28,19 e 20; Mc 16,15 ss) come fonte di ogni salvifica verità e di disciplina dei costumi; e vedendo che questa verità e disciplina è contenuta in libri scritti e in tradizioni senza scritto, che accolte dalla bocca (ore) dello stesso Mašìyaih dagli Apostoli o dagli stessi Apostoli, sotto l’ispirazione dello Rùaih-Pneuma Santo (Spiritu Sancto dictante), trasmesse quasi per mano (cfr 2 Ts 2,14), giunsero fino a noi, seguendo gli esempi dei padri ortodossi, tutti i libri tanto dell’antico che del nuovo testamento, essendo di ambedue l’unico Dio autore, ed anche le tradizioni stesse, che concernono tanto la fede che i costumi, come o dettate o dalla bocca (oretenus) dal Mašìyaih, o da Rùaih-Pneuma Santo, e conservate per continua successione nella chiesa cattolica, con pari affetto di pietà e con reverenza accoglie e venera. Perché a nessuno possa venire il dubbio su quali siano i libri che lo stesso sinodo accoglie, ha pensato bene di aggiungere a questo decreto l’elenco dei libri sacri”.

[nota 2] Tridentino l.c.;

Vaticano I Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 2

DS 3006: “Inoltre (porro) questa rivelazione soprannaturale, secondo la fede della Chiesa universale, proclamata dal Santo Sinodo Tridentino, è contenuta “in libri scritti e in tradizioni non scritte, che ricevute dagli Apostoli dalla bocca dello stesso Mašìyaih, o (dagli) stessi Apostoli Spiritu Sancto dictante (dettante) tramandate quasi per mano (da mano a mano), giunsero fino a noi” [DS 1501]. Questi libri poi dell’Antico e del Nuovo Testamento, integri, con tutte le loro parti, così come sono stati recensiti (elencati) nel decreto dello stesso Concilio e si trovano nella edizione antica della Vulgata latina, devono essere accolti come sacri e canonici. Però (vero) la Chiesa li ritiene sacri e canonici non perché, composti dalla sola industria umana, sono stati approvati in seguito dalla sua autorità; e neppure perché contengono la rivelazione senza errore, ma perché scritti sotto l’ispirazione di Rùaih-Pneuma Santo hanno Dio come autore, e come tali sono stati tramandati alla stessa Chiesa”.

Canone 4. “Se qualcuno non riconoscesse come sacri e canonici i libri della sacra Scrittura nella loro integrità e con tutte le loro parti, così come sono stato elencati dal santo sinodo di Trento, e se nega che essi siano divinamente ispirati: a.s.

II,8

1

2

3

8.(numero nuovo) [La Sacra Tradizione].

4

8. [La Sacra Tradizione].

5

8. [La Sacra Tradizione]

Pertanto la predicazione apostolica, che nei libri ispirati è espressa in modo speciale , doveva essere conservata con successione continua fino alla fine (consummatione) dei tempi.

Pertanto la predicazione apostolica, che nei libri ispirati è espressa in modo speciale, doveva essere conservata con successione continua fino alla fine (consummatione) dei tempi.

Pertanto la predicazione apostolica, che nei libri ispirati è espressa in modo speciale , doveva essere conservata con successione continua fino alla fine (consummatione) dei tempi.

Perciò gli Apostoli, mentre istruiscono i fedeli, trasmettendo ad essi ciò che essi stessi avevano ricevuto (cfr 1 Cor 11,23), e li pregano (deprecantur) a combattere (supercertari) per la fede insieme trasmessa ai santi (cfr Gd 3), comandano di mantenere le tradizioni che (traditionesque quas) avevano imparato sia oralmente (per sermonem) sia per lettera (cfr 2 Ts 2,15) [nota. cfr Conc. Costant. IV, Sess. X, can 1: Denz 336].

Perciò gli Apostoli, mentre istruiscono i fedeli, trasmettendo ad essi ciò che essi stessi avevano ricevuto (cfr 1 Cor 11,23; 15,3), e li pregano (deprecantur) a combattere per la fede trasmessa ai santi una volta per sempre (cfr Gd 3), comandano di mantenere le tradizioni che (traditiones quas) avevano imparato sia oralmente (per sermonem) sia per lettera (cfr 2 Ts 2,15). [nota: cfr Conc. Costant. IV, Sess. X, can 1: Denz 336].

Perciò gli Apostoli, tramandando (tradentes) ciò che essi stessi avevano ricevuto (cfr 1 Cor 11,23;15,3), ammoniscono i fedeli a mantenere le tradizioni che avevano imparato sia oralmente (per sermonem) sia per lettera (cfr 2 Ts 2,15) e a combattere per la fede trasmessa a loro una volta per sempre (cfr Gd 3) [nota. cfr Conc. Nicaenum II: Denz.303 (602); Conc. Costant. IV, Sess. X, can 1: Denz 336].

Ciò che fu trasmesso dagli Apostoli, poi, comprende tutte quelle cose che contribuiscono a condurre santamente la vita del Popolo di Dio e ad accrescerne la fede; e così la Chiesa, nella sua dottrina, nella vita e nel culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa stessa è, tutto ciò che ha (omne quod habet), tutto ciò che crede.

Ciò poi (vero) che fu trasmesso dagli Apostoli, comprende tutte quelle cose che contribuiscono a condurre santamente la vita del Popolo di Dio e ad accrescerne la fede; e così la Chiesa, nella sua dottrina, nella vita e nel culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa stessa è, tutto ciò che crede.

Ciò poi (vero) che fu trasmesso dagli Apostoli, comprende tutte quelle cose che contribuiscono a condurre santamente la vita del Popolo di Dio e ad accrescerne la fede; e così la Chiesa, nella sua dottrina, nella vita e nel culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che essa stessa è, tutto ciò che crede.

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Questa viva Tradizione (Viva haec Traditio) nella Chiesa sotto l’assistenza della Rùaih-Pneuma Santo progredisce (proficit) [nota: Cfr Conc. Vat I Const. dogma de fide catholica, c 4: Denz 1800 (3020)]. Cresce infatti l’intelligenza (intelligentia) tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia dalla riflessione (contemplatione) dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr Lc 2, 19 e 51), sia dall’esperienza profonda (intima... experientia) delle cose spirituali .

4

Questa Tradizione che è dagli Apostoli , sotto l’assistenza della Rùaih-Pneuma Santo nella Chiesa progredisce (proficit) [nota: Cfr Conc. Vat I Const. dogma de fide catholica, c 4: Denz 1800 (3020)]: cresce infatti la comprensione (perceptio) tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia dalla riflessione (contemplatione) e dallo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr Lc 2,19 e 51), sia dall’intelligenza profonda (intima) delle cose spirituali che sono sperimentate .

5

Questa Tradizione che è dagli Apostoli, sotto l’assistenza della Rùaih-Pneuma Santo nella Chiesa progredisce (proficit) [nota: Cfr Conc. Vat I Const. dogma de fide catholica, c 4: Denz 1800 (3020)]: cresce infatti la comprensione (perceptio) tanto delle cose (rerum) quanto delle parole trasmesse, sia dalla riflessione (contemplatione) e dallo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr Lc 2,19 e 51), sia dall’intelligenza profonda (intima) delle cose spirituali che sono sperimentate, sia dalla predicazione (praeconio) di coloro che con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità.

1

2

3

La Chiesa cioè, nel corso dei secoli, imita quella donna evangelica che ha nascosto il lievito in tre staia di farina, fino a che tutto non è fermentato (cfr Mt 13,33; Lc 13,21) .

4

La Chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa (in ea) vengano a compimento (consummentur) le parole di Dio (cfr 1 Cor 13,10; Ap 17,17).

5

La Chiesa cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa (in ipsa) vengano a compimento (consummentur) le parole di Dio

I detti dei Santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega.

I detti dei Santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega.

I detti dei Santi Padri attestano la vivificante presenza di questa Tradizione, le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e nella vita della Chiesa che crede e che prega.

1

2

3

Attraverso la stessa Tradizione anche sono fatte conoscere (innotescunt) con assoluta certezza alla Chiesa le Sacre Lettere e in essa ininterrottamente sono rese operanti (actuosae); così Dio, che ha parlato in passato, senza interruzione parla (sine intermissione... colloquitur) con la Sposa del suo diletto Figlio, e Rùaih-Pneuma Santo, che fa risuonare la viva voce dell’Evangelo nella Chiesa, e per mezzo di essa nel mondo, conduce (inducit) i credenti in tutta la verità (cfr Gv 16,13), e in essi fa abitare abbondantemente il verbo del Mašìyaih (cfr Col 3 16) .

4

Attraverso la stessa Tradizione l’intero Canone dei libri sacri è fatto conoscere (innotescit) alla Chiesa e le stesse Sacre Lettere in essa sono comprese (intelliguntur) più profondamente (penitius) e ininterrottamente sono rese operanti (actuosae); così Dio, che ha parlato in passato, non cessa di parlare (sine intermissione...colloquitur) con la Sposa del suo Figlio diletto, e Rùaih-Pneuma Santo, per opera della quale la viva voce dell’Evangelo nella Chiesa e per mezzo di essa nel mondo risuona, conduce (inducit) i credenti in tutta la verità , e in essi fa abitare abbondantemente il verbo del Mašìyaih (cfr Col 3 16).

5

Attraverso la stessa Tradizione l’intero canone dei libri sacri è fatto conoscere (innotescit) alla Chiesa e le stesse Sacre Lettere in essa sono comprese (intelliguntur) più profondamente (penitius) e ininterrottamente sono rese operanti (actuosae); così Dio, che ha parlato in passato, senza interruzione parla (sine intermissione...colloquitur) con la Sposa del suo diletto Figlio, e Rùaih-Pneuma Santo, per mezzo della quale la viva voce dell’Evangelo nella Chiesa, e per mezzo di essa nel mondo risuona, conduce (inducit) i credenti in tutta la verità, e in essi fa abitare abbondantemente il verbo del Mašìyaih (cfr Col 3 16).

AaPertanto (itaque) la predicazione apostolica,

che nei libri ispirati è espressa in modo speciale,

l’espressione “speciali modo” indica che questi libri sono ispirati. È affermata così l’eccellenza della Scrittura sulla Tradizione in quanto la Scrittura non solo contiene il Verbo di Dio, ma è Verbo di Dio (R,III)

doveva essere conservata con continua successione

fino alla fine (consummatione) dei tempi.

Questa sintetica descrizione della Tradizione sarà poi amplificata (R,III)

Ba

Per questo gli Apostoli,

tramandando ciò che essi stessi avevano ricevuto,

ammoniscono i fedeli a mantenere le tradizioni

che avevano appreso

sia oralmente (per sermonem) che per lettera (epistulam) (cfr 2 Ts 2,15),

e a combattere per quella fede che era stata ad essi trasmessa una volta per sempre (cfr Gd 3) [nota 4].

Per indicare che attraverso la continua successione altro non si fa se non quello che è stato fatto dagli Apostoli, è descritta, in modo generale, l’indole della stessa predicazione apostolica avvenuta sia attraverso scritti redatti da loro, sia attraverso i comandi di qualsiasi genere dati in altro modo (R III).

BbCiò poi (vero) che fu trasmesso dagli Apostoli,

comprende tutte quelle cose che contribuiscono a condurre santamente la vita del Popolo di Dio

e ad aumentarne la fede;

e così la Chiesa, nella sua dottrina, nella vita e nel culto,

perpetua e a tutte le generazioni trasmette

tutto ciò che essa stessa è

tutto ciò che crede.

La predicazione apostolica che ha come oggetto il Vangelo, si estende a tutto ciò che riguarda, in qualunque modo, la fede ed i costumi (R,III). Inoltre, è stabilito che la relazione della Tradizione alla fede ed ai costumi non avviene solo a parole (predicazione orale, insegnamento, dottrina), ma anche in modo reale (con gli esempi e le istituzioni: vita, culto, riti). Per cui la Tradizione non è solo verbale ma anche reale (R,III). Si afferma così che per mezzo della Tradizione si perpetua non solo la dottrina, ma tutta intera la vita della Chiesa (R,III). Dalla Tradizione apostolica provengono alla Chiesa tutte e sole quelle cose che sono sostanziali per la Chiesa, ossia tutto ciò che essa è, e tutto ciò che essa crede (R IV).

Ca

Questa Tradizione che è dagli Apostoli,

si tratta quindi chiaramente solo della Tradizione di origine divina, non delle tradizioni puramente ecclesiastiche (R,IV)

sotto l’assistenza di Rùaih-Pneuma Santo

nella Chiesa progredisce [nota 5]:

cresce infatti la comprensione

“perceptio”: la parola indica chiaramente che il progresso non tocca la stessa Tradizione, ma solo la sua comprensione (R,IV).

tanto delle cose

quanto delle parole trasmesse,

sia dalla contemplazione e dallo studio dei credenti

ciò indica meglio l’importanza dell’opera dei teologi (R,IV).

che le meditano in cuor loro (cfr Lc 2,19 e 51),

sia dall’intelligenza profonda (intima) delle cose spirituali che sono sperimentate,

sia dalla predicazione (praeconio) di coloro che con la successione episcopale

hanno ricevuto un carisma sicuro di verità.

CbLa Chiesa cioè, nel corso dei secoli,

tende incessantemente (iugiter) alla pienezza della verità divina,

finché in essa vengano a compimento le parole di Dio.

E’ indicata l’animazione che tutta la vita della chiesa riceve dalla Tradizione ed è affermato il suo progresso che ha il suo termine nella consummazione escatologica (R,IV). La Tradizione viene in questo modo presentata come una realtà vivente, dinamica. Per questo la chiesa continuamente, per divino impulso, e sotto l’assistenza della Rùaih-Pneuma Santo, cammina, progredisce e cresce, sempre mantenendo l’originaria identità (R,III). È in aumento però non la stessa tradizione apostolica, ma la visione sempre più profonda che i credenti acquistano delle cose e delle parole trasmesse.

Da

Le affermazioni dei Santi Padri

attestano la vivificante presenza di questa Tradizione,

negli scritti dei Santi Padri è manifestata la presenza di quella vivente ed operante Tradizione; per questo, devono essere considerati come testimoni della Tradizione. Questa loro qualificazione è fondata non tanto sulla loro vicinanza all’età apostolica, quanto piuttosto nella sistematizzazione da loro fatta della rivelazione ricevuta, per ciò la dottrina della fede è stata tramandata fino a noi fedelmente. Per questo motivo a nessuno è lecito interpretare la stessa Scrittura contro l’unanime interpretazione dei Padri; la loro autorità infatti è grandissima ogniqualvolta tutti i Padri uniformemente spiegano un passo biblico (R,III).

le cui ricchezze sono trasfuse nella pratica e vita della Chiesa che crede e che prega.

Allusione alle istituzioni della Chiesa in generale, ed in specie alla Liturgia; questa infatti, in quanto si esprime con gesti e parole, costituisce un testimonio privilegiato della viva Tradizione in modo che “si troverà difficilmente una verità di fede cristiana che non sia espressa in qualche modo nella liturgia” (Pio XII) (R,III).

DbAttraverso la stessa Tradizione

alla Chiesa è fatto conoscere l’intero canone dei Sacri Libri

con questo primo fatto è chiaramente esaltata ed evidenziata l’importanza della Tradizione in rapporto alla Scrittura nella vita della chiesa (R,III)

ed in essa le stesse Sacre Lettere più profondamente sono comprese

e ininterrottamente sono rese operanti

‘actuosae’; attraverso la viva Tradizione la chiesa è capace di conoscere il senso esattissimo della Scrittura, per cui nessuna interpretazione della Scrittura va ritenuta giusta se non concorda con il senso della chiesa. Da ciò si evince che la Sacra Scrittura non è soltanto un documento di un certo tempo passato, ma è contemporaneo a tutte le età (R,III);

e così Dio, che in passato ha parlato,

senza interruzione (sine intermissione) parla (colloquitur)

con la Sposa del suo diletto Figlio

attraverso la Scrittura interpretata alla luce della Tradizione, è istituito il dialogo permanente tra Dio e la Chiesa, con la conseguente risposta da parte della Chiesa a tutte le cose che così Dio le comunica (R,III). Così per mezzo della Tradizione, la Scrittura non cessa di essere attualizzata ed attuale

e la Rùaih-Pneuma Santo, per mezzo della quale

la viva voce dell’Evangelo nella Chiesa

e per mezzo di essa nel mondo risuona,

introduce i credenti in tutta la verità,

e in essi abbondantemente fa abitare il verbo di Mašìyaih (cfr Col 3 16)”.

È sottolineata l’importanza della Rùaih-Pneuma Santo per la Tradizione viva. Attraverso Rùaih-Pneuma la viva voce di tutto il Vangelo risuona nella Chiesa che in questo modo è introdotta in tutta la verità promessa e raggiunge la pienezza del verbo del Mašìyaih (R,III).

2 Ts 2,13 ss; Gd 1,1 ss; Lc 2,19; Lc 2,51

MAGISTERO

[nota 4] Niceno II (anno 787)

DS 602: “Così prende forza infatti la dottrina (didaskalia = insegnamento) dei nostri santi padri, cioè, la tradizione (paràdosis) della santa Chiesa cattolica (universale), che ha ricevuto il vangelo da un confine all’altro della terra. Così seguiamo Paolo che nel Mašìyaih ha parlato [cfr 2 Cor 2,17] e tutto il divino gruppo (collegio) apostolico e santità dei padri, tenendo (salde) le tradizioni [2 Ts 2,14], che abbiamo ricevuto. Così possiamo cantare profeticamente gli inni trionfali della Chiesa: “Sof 3,14 s LXX”, e la pace dimori su te per sempre”.

Constantinopolitano IV (anno 870), can 1

DS 650-652.

[nota 5 ] Vaticano I Const. dogm. De fide catholica, Dei Filius, cap 4

DS 3020: “Ed infatti la dottrina di fede che Dio ha rivelato, non è stata proposta come una scoperta filosofica da perfezionare dalla umana intelligenza, ma come un divino deposito tramandato alla Sposa del Mašìyaih, da custodirsi fedelmente e dichiarare infallibilmente. Da ciò anche quel senso dei sacri dommi è da tenersi per sempre che una volta (per tutte) ha dichiarato la santa madre Chiesa né mai da questo senso si deve recedere con la scusa di una intelligenza più profonda” (nota: Vincenzo Lerinense. Commonitorim primum, c 23 (PL 50,668 [A]).

II,9

1

2

I,8. Capitolo I [Mutua relazione tra S. Scrittura e S. Tradizione].

La S. Scrittura dunque e la S. Tradizione sono così mutuamente rapportate (ita mutuo se habent), che non sono l’una estranea all’altra. Anzi, strettamente (arcte) sono tra loro congiunte e comunicano.

3

9. (prima n 8) [Mutua relazione tra S. Tradizione e S. Scrittura].

La S. Tradizione e la S. Scrittura sono strettamente (arcte) tra loro congiunte (inter se connectuntur)e comunicano (atque communicant).

4

9. [La mutua relazione tra Sacra Tradizione e Sacra Scrittura].

La S. Tradizione dunque e la S. Scrittura sono strettamente (arcte) tra loro congiunte e comunicano.

5

9 [La mutua relazione tra Sacra Tradizione e Sacra Scrittura].

La Sacra Tradizione dunque e la Sacra Scrittura sono strettamente (arcte) tra loro congiunte e comunicano.

Infatti (nam) ambedue, scaturendo (promanantes) dalla stessa sorgente (scaturigine), in un certo qual modo si congiungono strettamente in unità (in unum coalescunt) e tendono allo stesso fine.

Infatti (nam) ambedue, scaturendo (promanantes) dalla stessa divina sorgente (scaturigine), in un certo qual modo si congiungono strettamente in unità (in unum coalescunt) e tendono allo stesso fine.

Infatti (nam) ambedue, scaturendo (promanantes) dalla stessa divina sorgente (scaturigine), in un certo qual modo si congiungono strettamente in unità (in unum coalescunt) e tendono allo stesso fine.

Infatti (nam) ambedue, scaturendo (promanantes) dalla stessa divina sorgente (scaturigine), in un certo qual modo si congiungono strettamente in unità (in unum coalescunt) e tendono allo stesso fine.

1

2

3

Infatti la S. Scrittura è parola (locutio) di Dio in quanto consegnata allo scritto per ispirazione della Rùaih di Dio (divino afflante Spiritu), la S. Tradizione poi (autem) (è) la mente, la dottrina, esempi e comandamenti del Mašìyaih per mezzo dell’annuncio (praeconium) degli Apostoli e dei loro successori, assistente Spiritu Sancto, fedelmente trasmessa .

4

Infatti la S. Scrittura è parola (locutio) di Dio in quanto consegnata allo scritto per ispirazione della Rùaih di Dio (divino afflante Spiritu), la S. Tradizione poi (autem) trasmette integralmente il verbo (verbum) di Dio, affidato dal Mašìyaih Kurios e da Rùaih-Pneuma Santo agli Apostoli, ai loro successori, affinché, alla luce della Rùaih di verità (praelucente Spiritu veritatis), con la loro predicazione (praeconio) fedelmente lo conservino, lo espongano e lo diffondano.

5

Infatti la Sacra Scrittura è parola (locutio) di Dio in quanto è consegnata (consignatur) per ispirazione della Rùaih di Dio (divino afflante Spiritu); la Sacra Tradizione poi trasmette integralmente il verbo (verbum) di Dio, affidato dal Mašìyaih Kurios e dalla Rùaih-Pneuma Santo agli Apostoli, ai loro successori, affinché, alla luce della Rùaih di verità (praelucente Spiritu veritatis), con la loro predicazione (praeconio) fedelmente lo conservino, lo espongano e lo diffondano; avviene così che la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura.

1

2

Per questo (quapropter) l’una e l’altra con pari sentimento (affectu) di pietà (pietatis) e (ac) riverenza è da accogliere (suscipienda) e venerare [Cfr Conc. Triden. l.c. ].

3

Per questo (quapropter) l’una e l’altra con pari sentimento (affectu) di pietà (pietatis) e (et) riverenza è da accogliere (suscipienda) e venerare [Cfr Conc. Triden. l.c. ad n 7].

4

Per questo (quapropter) l’una e l’altra con pari sentimento (affectu) di pietà (pietatis) e riverenza è da accogliere (suscipienda) e venerare [Cfr Conc. Triden. l.c. ad n 7].

5

Per questo (quapropter) l’una e l’altra con pari sentimento (affectu) di pietà (pietatis) e riverenza è da accogliere (suscipienda) e venerare [nota: Cf Conc. Trid. Decr. De canonicis Scripturis: Denz 783 (1501)].

Aa.La Sacra Tradizione dunque e la Sacra Scrittura

strettamente sono tra loro congiunte e comunicano.

AbPoiché (nam) ambedue scaturendo (promanantes) dalla stessa divina sorgente (scaturigine)

Così qualificata soprattutto per impedire d’intendere la Tradizione come di origine puramente ecclesiastica (R,III)

esse in un certo qual modo si congiungono strettamente in unità

in unum coalescunt

e tendono allo stesso fine.

AcInfatti la Sacra Scrittura è parola (locutio) di Dio

in quanto, per ispirazione di Rùaih di Dio consegnata allo scritto;

divino afflante Spiritu; cfr 11

la sacra Tradizione poi (autem) trasmette integralmente ai loro successori,

il verbo (verbum) di Dio,

affidato dal Mašìyaih Kurios e da Rùaih-Pneuma Santo agli Apostoli,

affinché, alla luce di Rùaih di verità

praelucente Spiritu veritatis,

con la loro predicazione (praeconio) fedelmente lo conservino,

espongano e diffondano;

questa frase dà le ragioni della precedente affermazione sullo stretto vincolo col quale la Tradizione e la Scrittura sono connesse, sia per l’origine che per il fine. Infatti la stessa divina Rivelazione è trasmessa da ambedue (R,III). La divina Tradizione trasmette integro il Verbo di Dio. Con molta precisione è sottolineata la distinzione tra il ministero apostolico e quello episcopale: attraverso il primo la Tradizione è costituita; dal secondo invece la Tradizione è soltanto conservata, esposta e diffusa (R,IV).

avviene così con questo che la Chiesa

attinga la sua certezza su tutte le realtà rivelate

non per mezzo dalla sola Sacra Scrittura.

AdPer questo l’una e l’altra deve essere accolta e venerata

con pari sentimento (affectu) di pietà e riverenza [nota 6].

Sarebbe errato considerare la Sacra Scrittura e la Tradizione come due vie parallele e indipendenti; o affermare l’esistenza dell’una e non dell’altra, o ignorare i loro reciproci rapporti. Esse invece sono inseparabili e costituiscono un tutto organico i cui elementi sono interdipendenti. E sono un tutto perché l’una e l’altra esprimono il Mistero unico; promanano dallo stesso fonte di acqua viva: la Rivelazione (2-6); e tendono allo stesso fine: la salvezza degli uomini.

MAGISTERO

[nota 6] Tridentino, Decr. De canonicis Scripturis

DS 1501: “Il sacrosanto sinodo Tridentino ecumenico e generale, legittimamente radunato nello Spirito Santo,..., questo ponendo sempre davanti agli occhi che, tolti gli errori, la purezza stessa del vangelo sia conservata nella chiesa: (vangelo) che, promesso “prima per mezzo dei Neviy’ìym nelle sante scritture” (Rm 1,3; cfr Ger 31,22 ss; Is 53,1; 55,5;61,1 e altri; Eb 1,1s), il Kurios nostro Yešùac il Mašìyaih, Figlio di Dio, con la sua stessa bocca (ore) prima promulgò poi comandò che per mezzo dei suoi Apostoli fosse predicato a ogni creatura (cfr Mt 28,19 e 20; Mc 16,15 ss) come fonte di ogni salvifica verità e di disciplina dei costumi; e vedendo che questa verità e disciplina è contenuta in libri scritti e in tradizioni senza scritto, che accolte dalla bocca (ore) dello stesso Mašìyaih dagli Apostoli o dagli stessi apostoli, sotto l’ispirazione di Rùaih-Pneuma Santo (Spiritu Sancto dictante), trasmesse quasi per mano (cfr 2 Ts 2,14), giunsero fino a noi, seguendo gli esempi dei padri ortodossi, tutti i libri tanto dell’antico che del nuovo testamento, essendo di ambedue l’unico Dio autore, ed anche le tradizioni stesse, che concernono tanto la fede che i costumi, come o dettate o dalla bocca (oretenus) dal Mašìyaih, o da Rùaih-Pneuma Santo, e conservate per continua successione nella chiesa cattolica, con pari affetto di pietà e con reverenza accoglie e venera. Perché a nessuno possa venire il dubbio su quali siano i libri che lo stesso sinodo accoglie, ha pensato bene di aggiungere a questo decreto l’elenco dei libri sacri”.

II,10

1

Capitolo I Duplice fonte della rivelazione.

6 [Relazione dell’una e dell’altra fonte al Magistero].

2

Capitolo I

9.

[Relazione dell’una e dell’altra al S. Magistero].

3

10 (prima n 9-10)

[Relazione dell’una e dell’altra a tutta a Chiesa ed al Magistero].

4

10.

[Relazione dell’una e dell’altra a tutta a Chiesa ed al Magistero].

5

10.

[Relazione dell’una e dell’altra a tutta a Chiesa ed al Magistero].

Affinché poi ambe le fonti della rivelazione concordemente e più efficacemente concorressero alla salvezza degli uomini, il provvido Dio li ha consegnati come unico deposito della fede da custodire e difendere e autenticamente interpretare non ai singoli fedeli, sia pure eruditi, ma solo al vivo Magistero della Chiesa. [nota: Cf Pio XII, Lett. Encicl. Humani Generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 567,569: Denz 2314; EB,611]. Quindi spetta al Magistero della Chiesa, come alla norma prossima ed universale del credere, non solo giudicare, dopo aver usato degli aiuti che presenta la divina Provvidenza, circa quelle cose che, sia direttamente che indirettamente riguardano la fede ed i costumi, sul senso e l’interpretazione sia delle Scritture Sacre sia dei documenti e dei ricordi (monumentorum) ai quali nel decorso del tempo la Tradizione fu consegnata e manifestata, ma anche illustrare ed enucleare quelle cose che sia nell’una che nell’altra fonte sono contenute oscuramente o implicitamente [nota: Cfr Pio XII, l.c. p 569: Denz. 2314; EB,611].

La S. Tradizione e la S. Scrittura costituiscono un solo sacro deposito del verbo di Dio affidato (commissum) alla Chiesa, aderendo (inhaerens) al quale, tutto il popolo santo (tota plebs sancta) adunato con i suoi sacerdoti persevera assiduamente (iugiter) nella dottrina degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr At 2,42 gr), in modo che nel tenere, praticare e professare (profitenda) la fede trasmessa, (singularis fiat antistitum et fidelium conspiratio) ci sia una singolare armonia di presuli e di fedeli [Cfr Pio XII, Const. Apost. Munificentissimus Deus, 1 nov. 1950: AAS 42 (1950) 756].

La S. Tradizione e la S. Scrittura costituiscono un solo sacro deposito del verbo di Dio affidato alla Chiesa aderendo (inhaerens) al quale, tutto il popolo santo (tota plebs sancta) adunato con i suoi sacerdoti persevera assiduamente (iugiter) nella dottrina degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr At 2 42 gr), in modo che nel tenere, praticare e professare (profitenda) la fede trasmessa, si sia una singolare armonia (conspiratio) di Presuli e di fedeli [Cfr Pio XII, Const. Apost. Munificentissimus Deus, 1 nov. 1950: AAS 42 (1950) 756].

La S. Tradizione e la S. Scrittura costituiscono un solo sacro deposito del verbo di Dio affidato alla Chiesa aderendo (inhaerens) al quale, tutto il popolo santo (tota plebs sancta) adunato con i suoi pastori persevera assiduamente (iugiter) nella dottrina degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr At 2,42 gr), in modo che nel tenere, praticare e professare (profitenda) la fede trasmessa, ci sia una singolare armonia di Presuli e di fedeli [Cfr Pio XII, Const. Apost. Munificentissimus Deus, 1 nov. 1950: AAS 42 (1950) 756 collatis verbis S.Cypriani, Epist. 66,8: CSEL, 3,2, 733: “Ecclesia plebs Sacerdoti adunata et Pastori suo grex adhaerens” ].

1

2

Ma la S. Scrittura e la S. Tradizione, come sacro deposito del verbo di Dio, è affidato (concreditum) non ai singoli uomini, ma al vivo e infallibile Magistero della Chiesa [nota: Cf Pio XII, Lett. Encicl. Humani Generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 569)];

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Il compito poi d’interpretare autenticamente il verbo di Dio scritto o trasmesso [nota: Cfr Conc. Vat I, Const. dogm. de fide catholica, cap 3. Denz 1792 (3011)] è affidato (concreditum) al solo vivo e infallibile Magistero della Chiesa [nota: Cf Pio XII, Lett. Encicl. Humani Generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 569)] per mezzo del quale la suprema autorità è costituita nel solo nome di Yešùac Mašìyaih e nell’unica Sua Chiesa .

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Il compito poi d’interpretare autenticamente il verbo di Dio scritto o trasmesso [nota: Cfr Conc. Vat I, Const. dogm. de fide catholica, cap 3. Denz 1792 (3011)] è affidato (concreditum) al solo vivo Magistero della Chiesa [nota: Cf Pio XII, Lett. Encicl. Humani Generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 569)] la cui autorità è esercitata in nome di Yešùac Mašìyaih.

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Il compito poi d’interpretare autenticamente il verbo di Dio scritto o trasmesso [nota: Cfr Conc. Vat I, Const. dogm. de fide catholica, cap 3. Denz 1792 (3011)] è affidato (concreditum) al solo vivo Magistero della Chiesa [nota: Cf Pio XII, Lett. Encicl. Humani Generis, 12 agosto 1950: AAS 42 (1950) 569)] la cui autorità è esercitata in nome di Yešùac Mašìyaih.

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il quale Magistero non è certo (quidem) sopra il verbo di Dio, ma ad esso serve (ministrat), in quanto, per divino comando e con l’assistenza di Rùaih-Pneuma santo, lo custodisce (tuetur), e autenticamente lo interpreta, illustrando ed anche enucleando le cose che sono contenute implicitamente ed oscuramente nell’una o nell’altra parte del Deposito. [nota: Cfr Pio XII, l.c. p 569: Denz. 2314]. Da ciò la regola prossima della fede è certo (quidem) il Magistero della Chiesa, la regola remota invece il Sacro Deposito.

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Il qual Magistero certamente (quidem) non è sopra il verbo di Dio, ma ad esso serve (ministrat), insegnando (docens) soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza di Rùaih-Pneuma santo, santamente custodisce, fedelmente espone, e da questo unico deposito della fede attinge (haurit) tutte quelle cose che, come divinamente rivelate, propone a credere .

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Il quale Magistero certamente (quidem) non è sopra il verbo di Dio, ma ad esso serve (ministrat), insegnando (docens) soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza di Rùaih-Pneuma santo, piamente la ascolta, santamente custodisce, fedelmente espone, e da questo unico deposito della fede attinge (haurit) tutte quelle cose che, in quanto divinamente rivelate, propone a credere.

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Il quale Magistero certamente (quidem) non è sopra il verbo di Dio, ma ad esso serve (ministrat), insegnando (docens) soltanto ciò che è stato trasmesso, in quanto, per divino mandato e con l’assistenza di Rùaih-Pneuma santo, piamente la ascolta, santamente custodisce, fedelmente espone, e da questo unico deposito della fede attinge (haurit) tutte quelle cose che, in quanto divinamente rivelate, propone a credere .

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I,10.

Capitolo I [Conclusione].

E’ chiaro dunque che la S. Scrittura, la S. Tradizione e il Magistero della Chiesa, secondo il sapientissimo disegno (consilium) di Dio, sono così tra loro connessi (internecti) e congiunti (consociari), che l’uno non può consistere senza gli altri. I tre insieme contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime secondo il proprio modo; anche il senso dei fedeli concorre in modo subordinato.

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E’ chiaro dunque che la S. Tradizione, la S. Scrittura e il Magistero della Chiesa, secondo il sapientissimo disegno (consilium) di Dio, sono così tra loro connessi e congiunti (consociari), che l’uno non ha consistenzasenza gli altri e tutti insieme ciascuno secondo il proprio modo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime .

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È' chiaro dunque che la S. Tradizione, la S. Scrittura e il Magistero della Chiesa, secondo il sapientissimo disegno (consilium) di Dio, sono così tra loro connessi e congiunti (consociari), che l’uno non ha consistenza senza gli altri e tutti insieme ciascuno secondo il proprio modo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime.

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E’ chiaro dunque che la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, secondo il sapientissimo disegno (consilium) di Dio, sono così tra loro connessi e congiunti (consociari), che l’uno non ha consistenza senza gli altri e tutti insieme ciascuno secondo il proprio modo, sotto l’azione dell’unica Rùaih-Pneuma Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime.

AaLa Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura

costituiscono un (solo) sacro deposito del verbo di Dio

si parla della Tradizione e della Scrittura in relazione non solo al Magistero, ma