CREDIT SUISSE BulletinASEAN, con 625 milioni di abitanti, sarà presto la quarta regione economica...

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CREDIT SUISSE Bulletin La nuova Asia Un breve viaggio attraverso la regione più emozionante del mondo Dal . La più antica rivista bancaria del mondo. 1 / 2017 075360I

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La nuova AsiaUn breve viaggio attraverso la regione più emozionante del mondo

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Bulletin 1 / 2017 — 1

— Editoriale —

Foto di copertina: CL, alias Lee Chae-rin, cantante sudcoreanaFoto: Kim Yeong Jun per W Korea

 Nel 1999, 18 persone si riunirono in un appartamento per saperne di più su un’innovativa idea imprenditoriale. Ciò

che al relatore mancava era solo il capitale. Ma quella sera l’uomo che aveva organizzato l’incon-tro riuscì a raccogliere USD 60 000 di capitale iniziale per fondare una nuova azienda. Quindici anni dopo, nel 2014, la nostra banca ha parteci- pato alla sua quotazione in borsa: un’operazione da USD 25 miliardi, l’IPO più ricca di sempre.

Questa pagina di storia non è stata scritta nella Silicon Valley, come si potrebbe pensare, ma a Hangzhou, nella Cina orientale. La so-cietà è Alibaba e quell’uomo era il fondatore Jack Ma, un ex insegnante di inglese che, come lui stesso racconta, era stato ammesso solo alla «peggiore università» della sua città.

La carriera di Ma è lo specchio di ciò che è l’Asia oggi: un continente ricco di opportunità. Come spiegato dalla business leader malese Kathleen Chew in questo numero di Bulletin, «oggi il sogno americano è più che altro un so-gno asiatico» (pagina 28). L’Asia è un mercato di crescita fondamentale per Credit Suisse, l’area dove concentriamo i nostri sforzi per in-serirci ulteriormente nelle economie emergenti del nostro pianeta. In questo numero vogliamo mostrarvi quanto a¨ascinante e dinamico sia il continente asiatico. Per usare le parole di Hel-man Sitohang, CEO della regione Asia Paci©c, «non esiste altro posto con così tanti abitanti, i cui patrimoni siano cresciuti così velocemente negli ultimi dieci anni. E dove la concentrazione di individui facoltosi è massima.» (pagina 24).

 In Cina nascono ogni giorno 10 000 società (si veda il nostro articolo sulle start-up a Shenzhen, pagina 56). È incredibile come il

paese più popoloso al mondo crei continuamen-te valore aggiunto.

Lo visitai per la prima volta nel 1984: era già una potenza politica, ma per molti versi ancora un paese in via di sviluppo con un alto tasso di povertà. Allora rappresentava meno del 2% dell’economia globale, oggi è la seconda eco-nomia al mondo dopo gli USA (maggiori detta-gli nell’ampio dossier di Research da pag. 39). Altre regioni in Asia stanno vivendo un boom, in particolare l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), che comprende tra gli altri Indonesia, Vietnam, Singapore e ¯ailandia, paesi in cui stiamo investendo e dove la nostra presenza è signi©cativa.

L’ASEAN, con 625 milioni di abitanti, sarà presto la quarta regione economica del mondo, come confermato dal geo-

stratega Parag Khanna (pagina 14).Questo numero di Bulletin dedicato all’A-

sia sarà disponibile all’Asian Investment Con-ference (AIC) di Credit Suisse, l’evento econo-mico più importante della regione. Vi parte- cipavo regolarmente ancora prima di entrare in Credit Suisse, poiché è un’opportunità per incontrare i protagonisti della scena asiatica. Quest’anno l’AIC festeggia il 20° anniversario: un’altra storia di successo di questo continente!

Auguro a tutti un’interessante e gradevole lettura.

Un continente ricco di opportunità

Tidjane ̄ iam, CEO di Credit Suisse Group AG

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La silhouette possente e fluida, con la linea di spalla dalla caratteristica forma ondulata, rende la nuova A5 Sportback un’autentica icona di design. I proiettori a LED Audi di serie garantiscono un’illuminazione a giorno della carreggiata, apportando un surplus di sicurezza. Maggiori informazioni dal vostro partner Audi.

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Sommario

28 «Devi studiare molto» Istruzione e fame di successo nella cultura orientale.

29 Rugsit Kanan, 23 anni, dalla �ailandia Lo studente parla del program-ma «Schwarzman Scholars».

30 L’onda sudcoreana Come un paese poco cool ha conquistato il mondo con il pop.

34 «Farò in modo che volare sia alla portata di tutti» Il brillante imprenditore Tony Fernandes in un’intervista spiritosa.

— Dossier — L’ECONOMIC RESEARCH

DI CREDIT SUISSE SULL’ASIAAscesa: i nuovi emergenti (40), Servizi: dalla fattoria al portatile: (42), Immobili Cina: (per ora) tutto bene (44), Demo-gra©a: aumenta la pressione demogra©ca

(45), Innovazione: in Cina è imposta dallo Stato (46), Mercati ©nanziari: un passo alla volta (48), Fatti e cifre: l’Asia

nelle statistiche (50)

4 Lettere dei lettori/ Sigla editoriale

6 La nuova Asia Breve viaggio, in immagini, attraverso la regione più entusiasmante del mondo.

14 «Tutti traggono vantaggio dalla globalizzazione» Il geostratega Parag Khanna parla della globalizzazione in Asia e ne fa un’analisi sistematica.

19 Pionieri svizzeri del commercio La sorprendente storia di un’avventura economica.

21 Le basi del rapporto Fatti e cifre mostrano quanto Asia e Svizzera siano legate.

22 10 scrittori Autori asiatici che vale la pena leggere.

24 «Noi siamo rimasti» Helman Sitohang, CEO Asia Paci©c di Credit Suisse, parla di mercati, fedeltà e ascesa della classe media.

52 10 artisti Autorevoli artisti dell’avanguardia asiatica.

54 Un equilibrio migliore L’illustre economista giapponese critica l’ideologia della crescita.

56 Nel paese degli unicorni La Cina investe miliardi in start-up per rendere il paese più innovativo.

64 Crocevia mondiale dei container Il porto di Singapore: lo snodo chiave del commercio tra Oriente e Occidente.

68 10 �loso� Pensatori asiatici di spessore storico.

70 «Risparmiare le monetine non basta» Perché per i bambini di strada è importante saper gestire il denaro.

72 Conoscete l’Asia? 13 domande sul continente più grande del mondo.

— La nuova Asia —

IndiaPagg. 14, 70

ThailandiaPag. 29

CinaPagg. 14, 29, 40,

44, 45, 46, 56 Giappone Pagg. 45, 54

MalaysiaPagg. 28, 34

SingaporePagg. 14, 24, 64

Cartina: La Tigre

Corea del SudPag. 30

FilippinePag. 71

IndonesiaPag. 24

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4 — Bulletin 1 / 2017

— La nuova Asia —

Sigla editoriale: editore: Credit Suisse AG, direzione del progetto: Christoph G. Meier, Mandana Razavi, hanno collaborato: Jessica Cunti, Yanik Schubiger, Simon Staufer, contenuto, redazione: Ammann, Brunner & Krobath AG (www.abk.ch), progetto gra� co, layout, realizzazione: Cra� t Kommunikation AG (www.cra� t.ch), redazione fotogra� ca: Studio Andreas Wellnitz, Berlino, traduzione: Credit Suisse Language Services, prestampa: n c ag (www.ncag.ch), tipogra� a: Stämp� i AG, tiratura: 110 000

Commissione di redazione: Oliver Adler, Felix Baumgartner, � omas Beyeler, René P. Buholzer, Béatrice Fischer, André Helfenstein, Anja Hochberg, Markus Kleeb, Carsten Luther, Manuel Rybach, Robert Wagner, Gabriele Zanzi

neutralStampato

No. 01-17-499269 – www.myclimate.org© myclimate – The Climate Protection Partnership

PERFORMANCEAbbonatevi gratuitamente a Credit Suisse Bulletin!Inviate un’e-mail con il vostro indirizzo a [email protected]

Saremo lieti di ricevere le lettere dei nostri lettori. La redazione si riserva la facoltà di eseguire una selezione e di redigere le lettere ricevute. Scriveteci:

E-Mail: [email protected]: Credit Suisse AG, Redazione Bulletin, GCPA, 8070 Zurigo

1 – Manuel RybachGlobal Head of Public A ̈airs and Policy di Credit Suisse, ha vissuto e lavorato a lungo in Asia. Per la redazione è stato una fonte importante di idee e un apripista. Rybach ha conseguito il dottorato all’Uni-versità di San Gallo, dove è anche docente di Public A ̈airs. Attivo in Credit Suisse dal 2000, ha operato in varie sedi, fra cui a Washington D.C. La sua intervista a Helman Sitohang, CEO Asia Paci© c di Credit Suisse, inizia a pagina 24.

2 – Euny HongNata in New Jersey, la giornalista si è tras-ferita a Seul a dodici anni. Dopo gli studi in © loso© a a Yale ha iniziato a lavorare come giornalista scrivendo, tra gli altri, per il «New York Times», il «Wall Street Journal», il «Washington Post» e « ̄ e Atlantic». Nel 2014 ha pubblicato « ̄ e birth of Korean Cool», in cui spiega come la Corea del Sud stia conquistando il mondo attraverso la cultura pop. Pagina 30

3 – Lam Yik FeiDal 2011 il fotografo di Hong Kong lavora tra gli altri per il «New York Times», l’«In-ternational Herald Tribune» e Bloomberg. In questo numero ha visitato Shenzhen, la «Silicon Valley della Cina meridionale», in compagnia della giornalista e corrispon-dente di «WirtschaftsWoche» Lea Deuber. Pagina 56

Hanno collaborato a questo numero:

1

Bulletin «Stabilità» 4/2016

Bulletin «Mondo digitale, realtà analogica» 3/2016

Giornalismo di qualitàRicevo Bulletin da decenni ormai e ogni numero mi entusiasma. Ecco com’è il giornalismo di qualità, avvincente e interessante, anche a confronto di altre «riviste aziendali».Sten Nahrgang, Colonia, Germania

Che � ne ha fatto la tutela ambientale?Con preoccupazione ho constatato che, a di ̈erenza del 1976, nel 2016 la tu-tela ambientale non rientra tra le dieci principali apprensioni. Fatico a credere che la popolazione svizzera non ri ̧etta più su questo tema in tempi in cui gli obiettivi climatici non vengono rispettati, le emissioni di CO2 e polveri sottili sono in drammatico aumento e le acque sempre più inquinate.Peter Niermann, Oberiberg

Uno sviluppo inimmaginabileHo trovato molto istruttivi e illuminan-ti gli articoli sul mondo digitale e la realtà analogica dell’ultimo numero, in cui si spiegava a che punto siamo e quali sviluppi, ad oggi impensabili, ci attendono ancora. Nella nostra breve esistenza non siamo assolutamente in grado di comprenderli e valutarli. C’è da supporre che siamo davvero solo all’inizio di una rivoluzione epocale, i cui e ̈etti e bene© ci ci sono ancora sconosciuti.Paul Baumberger, Berna

Idee per gli amiciIn quanto nomade tecnologica che si occupa di stampa 3D, la lettura di questo numero è stato un vero piacere. L’ho letto dalla prima all’ultima pagina durante un volo diretto a Basilea e desidero ringraziarvi per l’ottimo intrat-tenimento. Molte delle idee con cui mi sono confrontata saranno oggetto di conversazione con i miei amici ancora a lungo.Hanna Watkin, Monaco di Baviera, Germania

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StabilitàCosa tiene in equilibrio il mondo

40 anni di barometro

delle apprensioniBulletinC R E D I T S U I S S E

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Mondo digitale, realtà analogica

A colloquio con il pioniere del digitale Sebastian �run Pagina 22

Con

il barometro

della gioventù

Credit Suisse 2016

L’uomo e la macchina – interazione e in�uenze reciproche

3

2

Reazioni

3

12

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 5

In America Latina, Africa e Asia, 675.000 bambini ora possono accedere ad un’istruzione di qualità grazie al supporto delle iniziative di Opportunity’s EduFinance di Credit Suisse. La nostra associazione mette in atto un ruolo formativo aumentando le possibilità dei genitori di mandare i loro figli a scuola e permettendo agli insegnanti di sviluppare ambienti di apprendimento di alta qualità a basso costo. Supportando l’accesso ai di�cili servizi finanziari e alla formazione, Credit Suisse aiuta i proprietari delle scuole come Regina Githinji, nella foto qui sotto, a dare ai bambini la possibilità di rompere il ciclo della povertà ottenendo una buona

educazione. Regina ha fondato la Scuola Revelation Ushindi negli bassifondi del Kenya con solo tre studenti. Nel corso degli ultimi nove anni ha utilizzato una serie di Opportunity per prestiti e formazione per l’installazione di acqua corrente pulita, per l’acquisto di libri di testo e cibo per i bambini, per pagare gli stipendi degli insegnanti e per saldare i costi di a�tto sulla ormai grande proprietà che serve 80 studenti.

Regina è uno dei 14 milioni di clienti Opportunity che si sta adoperando per farli uscire dalla povertà e, così facendo, stanno trasformando le loro vite e la comunità che li circonda. Scopri di più su opportunity.org.

INVESTIRE NELLA FORMAZIONE

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I volti della nuova Asia

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Artista di Hanoi, Vietnam: trentaduenne, è tra i dieci creativi asiatici più infl uenti e si occupa delle tensioni tra tradizione e modernità. Qui posa davanti al Goethe-Institut di Hanoi.

PHUONG LINH NGUYEN — Pagina 53

Foto: Justin Mott

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Geostratega di Kanpur, India settentrionale: politologo, consulente strategico e pubblicista. Vive e svolge ricerca a Singapore. A suo avviso, la tradi- zionale democrazia occidentale non è la forma di governo ideale in Asia, mentre riconosce i vantaggi delle leadership tecnocratiche.

PARAG KHANNA — Da pagina 14

Foto: Wee Khim

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Scrittrice del Bangladesh: Tahmima Anam, 41 anni, bengalese, è una delle voci più interessanti e recenti della vastissima tradizione letteraria asiatica. «I giorni dell’amore e della guerra», finora il suo più grande successo, tratta il tema della guerra di indipendenza del Bangladesh.

TAHMIMA ANAM — Pagina 23

Foto: Immo Klink

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NORIKO HAMA — Da pagina 54

Economista di Tokyo, Giappone: 64 anni, è un’importante esperta di questioni economiche ed è nota per le sue posizioni critiche verso la politica del primo ministro Shinzo Abe. Secondo l’economista, la ricerca della crescita non è la strada giusta per un’economia matura come quella giapponese.

Foto: Yasuyuki Takagi

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ALLIEVE DEL PROGRAMMA AFLATOUN — Da pagina 70

Pratiksha More, Trupti Yadav (in piedi, da sinistra a destra), Aarati Phalke, Sharmila Chaudhury e Payal Jagdale (sedute, da sinistra a destra) di Kolhapur, India. Le ragazze del programma Afl atoun hanno accesso a una formazione economica, ma acquisiscono anche competenze sociali e civiche.

Foto: Mahesh Shantaram

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CEO di Selangor, Malaysia: 43 anni e una carriera a Wall Street seguita dall’arrivo nel 2006 in AirAsia, di cui oggi è a capo. La linea aerea è stata fondata dal dinamico imprenditore Tony Fernan-des, che è anche proprietario della squadra calcistica inglese Queens Park Rangers e per un certo periodo ha posseduto il team di Formula 1 Caterham. Il suo principio di conduzione chiave è la meritocrazia.

AIREEN OMAR — Da pagina 34

Foto: Charles Pertwee / Bloomberg / Getty Images

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Mason Zhang, Chen Lang e Addison Li (da sinistra a destra) di Shenzhen, la Silicon Valley cinese. La loro società «Subtle» produce streetwear dal 2014 e ha un successo notevole grazie agli straordinari design e materiali utilizzati. Le start-up sono la speranza di Pechino. Negli ultimi tre decenni il paese ha conosciuto una crescita esponenziale e si è votato all’innovazione per elevare ulteriormente il tenore di vita.

FONDATORI D’AZIENDA A SHENZHEN — Da pagina 56

Foto: Lam Yik Fei

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— La nuova Asia —

14 — Bulletin 1 / 2017

La svolta: il capo del partito cinese Deng Xiaoping lanciò il suo celebre programma di riforma e modernizzazione dopo la visita del 1978 a Lee Kuan Yew, fondatore di Singapore.

Parag Khanna, come ricercatore lei è conteso da ogni università del mondo. Perché nel 2012 ha deciso di stabilirsi a Singapore? Gli anni precedenti avevo vissuto negli Stati Uniti e a Londra, ma poi ho voluto trasferirmi nella regione più entusiasmante del mondo: l’Asia. A Singapore circa cinquant’anni fa è iniziata l’ascesa del continente. La città-stato è la nazione postcoloniale in assoluto di maggior successo, è stata in grado di o¨rire ai propri cittadini benessere e stabilità ed è un modello per la maggior

«La regione più entusiasmante del mondo»Come ha fatto l’Asia a diventare la più grande potenza economica? In quale direzione sta andando il continente? Quali sono i paesi chiave? Si arriverà a un con¸itto tra Cina e Stati Uniti? Ce ne fa un quadro Parag Khanna, uno dei più illustri geostrateghi al mondo.Di Daniel Ammann e Simon Brunner (testo) e Lyndon Hayes (illustrazioni)

parte dei paesi asiatici. Se volete sapere come sarà il futuro dell’Asia, studiate Singapore.

Ci troviamo al 71° piano di un grattacielo a�acciato sull ’avveniristico quartiere degli a�ari. Fino a 50 anni fa qui era ancora quasi tutta palude e oggi Singapore è uno dei paesi più ricchi del mondo. Com’è stato possibile? Impressionante, vero? Stando alla dottrina classica, la ricetta per l’ascesa economica prevede un governo illuminato, una buona organizzazione, disciplina ©scale, sicurezza giuridica, proprietà privata

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Bulletin 1 / 2017 — 15

e commercio. Ma vi sono anche fattori speci©ci. L’odierna Singapore non esisterebbe senza il suo fondatore, e per decenni anche primo ministro, Lee Kuan Yew.

Piani�cò meticolosamente l ’ascesa di Singapore. Richiese la consulenza di esperti interna-zionali, guardò a ciò che funzionava nel resto del mondo e lo mise in pratica. Fece elaborare una strategia di modernizzazione che promosse intelligen-temente l’industrializzazione e le infrastrutture, includendo Singapore nella

catena globale di approvvigionamento e di creazione del valore.

Lee Kuan Yew prese a modello non solo governi. Quando si dice che Singapore è l ’azienda meglio gestita al mondo, si tratta solo in parte di una battuta. È così. Il governo, come un’azienda, segue i key performance indicator [indicatori chiave di prestazione, n.d.r.] e le best practice. Svolge una gestione attiva dei talenti e si adegua sempre al contesto in continua evoluzione. Oggi Singapore è il più importante «info-state».

Questo termine richiama il Big Brother e il cittadino trasparente. No, io intendo un paese tecnocratico che basa la propria leadership di governo su informazioni e modelli statistici. Che osserva i processi economici e politici in atto a livello globale ed elabora scenari per orientare la propria economia e la popolazione attiva nella giusta direzione con l’obiettivo di garantire ai cittadini benessere, prosperità e stabilità sociale.

È possibile che un mini Stato con nemmeno sei milioni di abitanti diventi un modello

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16 — Bulletin 1 / 2017

per i grandi paesi asiatici, ad esempio per la Cina, il paese più popoloso del mondo? Singapore è un modello per la Cina già da 40 anni, anche se col senno di poi sembra surreale. L’allora leader di partito Deng Xiaoping si recò in visita qui nel novembre del 1978. Con una certa arroganza pensava di trovare una città povera, arretrata, ma era vero il contrario. Il colloquio con Lee Kuan Yew durò cinque ore e mezza. A dicembre Deng annunciò la «open door policy», il suo famoso programma di riforma e modernizzazione.

Come si manifesta oggi l ’in�uenza di Singapore sulla Cina? La si avverte in tutto il paese. Ci sono almeno dieci zone economiche speciali e parchi industriali sviluppati da Singapore. Sono niente meno che il ©ore all’occhiello dell’high-tech cinese. Il ruolo di modello di Singapore è utile anche per predire il futuro della Cina. Per Singapore è stato determinante decidere ©n da subito di mantenere nel paese una parte della catena di creazione del valore, e anche la Cina ha fatto

Novanta è uno dei principali importatori di materie prime, soprattutto da paesi che dopo la guerra fredda l’Occidente ha iniziato a ignorare. La Cina ha enorme-mente aumentato il proprio grado di connessione [«connectivity»] con l’economia mondiale attraverso miliardi di investimenti nelle infrastrut-ture estere e domestiche. Sta per diventare il primo esportatore di infrastrutture al mondo, e in questo modo lega a sé sempre più paesi. E questo è un fattore di potere.

Come si evolverà l ’economia cinese nel prossimo futuro? Ci sarà una privatizzazione delle aziende statali come si sente dire continuamente?Non credo. Anche a questo riguardo si può osservare come ha agito Singapore e supporre che la Cina ne seguirà l’esempio. La mia previsione è che le aziende statali con¸uiranno in nuove società di cui lo Stato detiene una piccolissima maggioranza. Il modello è Temasek, la holding da 170 miliardi del governo singaporiano che possiede rilevanti quote di partecipazione in molte società tra cui Singapore Airlines, Singtel,

lo stesso. La strategia di sostituzione delle importazioni è il fattore chiave per l’ascesa di una potenza.

Può spiegarsi meglio?Fino a vent’anni fa la Cina era ancora il banco di lavoro dell’Occidente. Sulle T-shirt e scarpe da ginnastica da pochi soldi si leggeva «Made in China». Oggi il paese è il primo produttore di computer al mondo. E c’è un altro dato molto rilevante: dieci anni fa la Cina era costretta a importare il 60 per cento dei componenti elettronici, oggi solo il 30 per cento. I cinesi hanno imparato a produrre i semiconduttori. Il paese lavora duramente per scalare la catena di creazione del valore. Sempre più spesso «Made in China» diventa «Made by China».

Nel suo libro «Connectography» spiega come la Cina abbia ra�orzato i propri legami economici con gli altri paesi in particolare dopo l ’adesione all ’Organizzazione mondiale del commercio OMC nel 2001. Oggi la Cina è il più importante partner commerciale per 124 paesi, gli Stati Uniti lo sono per soli 52 paesi. Dagli anni

Infrastrutture per il mondo: un treno ad alta velocità in Cina.

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 17

Dove si colloca la Cina?La Cina è tecnocratica. Vengono sì commesse violazioni dei diritti umani ma nel complesso il suo comportamento è utilitaristico. Naturalmente anche Singapore è una tecnocrazia. Sono questi gli Stati modello per il Vietnam, la Malaysia e la giunta thailandese. Il futuro dell’Asia è tecnocratico...

... non democratico?In Asia è di½cile instaurare una democrazia sul modello tradizionale dell’Occidente.

Per quale motivo?Purtroppo le grandi democrazie asiatiche – India, Indonesia e Filippine – non sono riuscite a creare benessere e stabilità. Sono paesi poveri e caotici. Non rispecchiano il sogno di nessuno. Chi vuole essere povero? No, la regione più popolosa del mondo si muove in una direzione tecnocratica, e anche io la ritengo una strada preferibile a quella indiano-democratica.

DBS Bank e PSA [si veda a pagina 64]. La Cina ristrutturerà anche il settore ©nanziario, sempre secondo il modello singaporiano: quando è iniziata l’ascesa della città-stato, le banche hanno sostenuto la crescita in modo mirato e aperto il mercato agli istituti esteri. La funzione delle banche è cruciale in un’economia.

Quali altre regioni asiatiche presentano un grande potenziale?L’Associazione delle nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN*) è sicuramente tra queste. Con i suoi dieci paesi e 625 milioni di abitanti diventerà presto il quarto spazio economico al mondo. Il prodotto nazionale lordo dell’ASEAN è superiore a quello dell’India, con una popolazione che è la metà di quella indiana. La popolazione attiva è giovane e i costi del lavoro bassi. L’ASEAN ha assunto il ruolo di banco di lavoro del mondo che era della Cina ed è molto ben inserita nelle catene di approvvigiona-mento. L’integrazione fra i paesi è in crescita. Le aziende vietnamite di dimen-sioni maggiori esternalizzano in Laos e Cambogia. I birmani hanno bisogno dei soldi di Singapore. Le capitali di Singapore e Malaysia, un tempo Stati rivali, saranno presto collegate da un treno ad alta velocità. I con©ni diventano più permeabili.

L’ascesa economica del continente è una storia di successo. Secondo l ’OCSE, tra soli dieci anni due terzi del ceto medio globale vivranno in Asia. Questa ascesa come ha inciso sulle persone?Ci sono i cambiamenti super©ciali, la rapida urbanizzazione, le infrastrutture, il crescente ceto medio, il consumismo. Il dato che trovo interessante è che in Asia il contratto sociale tra Stato e cittadini è molto più stabile che in Occidente. Il patto prevede modelli di Stato gerar-chici in cambio di stabilità e benessere.

Un patto col diavolo?Quando un governo agisce in modo meritocratico e utilitaristico e la sua politica porta più benessere e stabilità alla popolazione, è un patto positivo. È tecnocrazia nell’accezione più positiva del termine. Se invece agisce arbitraria-mente e viola i diritti umani allora è uno Stato autoritario e dunque una cosa negativa.

«Purtroppo le grandi democrazie asiatiche

– India, Indonesia e Filippine – non sono

riuscite a creare benessere e stabilità.»

La strada indiana: l’industria software è un cluster molto promettente per il futuro.

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— La nuova Asia —

18 — Bulletin 1 / 2017

Per anni l ’India, il suo paese natale, ha cercato di posizionarsi come contrappeso euroasiatico rispetto alla Cina.Un errore madornale. È troppo lontana per poterlo essere! L’India non può essere il centro dell’Asia. Si trova sotto l’Hima-laya ed è circondata da Pakistan e Bangla-desh, paesi con cui le relazioni sono complesse. Il paese ha profuso grandissimi sforzi per diventare una potenza atomica. A cosa hanno portato? A nulla. Anche la Corea del Nord e il Pakistan sono potenze atomiche e nonostante ciò non hanno alcun peso nel mondo. L’India ha sprecato vent’anni.

Narendra …… Modi. So già dove vuole arrivare, e ha ragione: l’attuale primo ministro sta facendo molte cose positive per l’India, e infatti si sta ©nalmente andando in una direzione tecnocratica. Ci si concentra nuovamente sul paese, che ha il più elevato tasso di crescita al mondo. L’India vuole diventare la potenza regionale a¨acciata sull’Oceano Indiano e investe molto nella sua ¸otta, un piano niente male. Con l’industria del software ha co- struito un cluster molto promettente per il futuro e che permette una maggiore creazione di valore, a di¨erenza della produzione di T-shirt.

Qual è sul piano geopolitico il signi�cato dell ’ascesa asiatica? La guerra fredda vedeva contrapposte due grandi potenze, gli Stati Uniti e l ’Unione Sovietica. E oggi?In termini di potenza economica e potenziale militare i grandi protagonisti sono USA, Cina ed Europa. Viviamo dunque in un mondo tripolare.

La Russia non conta più?Assolutamente no, è troppo debole.

Una volta ha scritto che, in tempi di cambia-menti, quando una potenza egemone come gli USA deve confrontarsi con un concorrente emergente come la Cina, il con�itto è inevitabile.Tra grandi potenze tensioni ce ne sono sempre. I con¸itti si giocano sul piano commerciale e giuridico, come la disputa per la sovranità sulle isole e scogliere del Mar Cinese Meridionale. La domanda è: scoppierà una guerra? E la domanda delle domande: scoppierà una guerra mondiale?

Si sta avvicinando la �ne della globalizzazione?Assolutamente no. La globalizzazione non si fermerà solo perché il commercio mondiale cresce un po’ più lentamente, perché comunque continua a crescere. Nel 2016 i paesi ASEAN hanno deciso di instaurare un libero mercato del lavoro.

I colloqui transatlantici e transpaci�ci di libero scambio perdono colpi. In termini di globalizzazione, molto più importanti del commercio sono gli investimenti ©nanziari. Cito solo il dato relativo alla percentuale delle posizioni degli investimenti diretti esteri («FDI stocks») rispetto al prodotto nazionale lordo globale: nel 1980 ammontava ad appena il 30 per cento, oggi è del 60 per cento. Il dato attesta l’esistenza di legami stabili e a lungo termine tra le economie. In caso di fallimento degli accordi commerciali o di ra¨orzamento dei con©ni gli investimenti diretti addirit-tura aumentano, perché le aziende vogliono radicarsi nei propri mercati di vendita. Insomma, non c’è scenario in cui la globalizzazione non proceda spedita.

Molti occidentali si sentono penalizzati dalla globalizzazione. Come fare a�nché possano bene�ciarne più persone? È dalle elezioni americane del 2004 che i politici parlano di programmi di forma-zione per chi ha perso il proprio posto di lavoro perché esternalizzato all’estero. Sono più di dodici anni! Ed è accaduto ben poco. Tedeschi e svizzeri, singaporiani, coreani e giapponesi hanno investito in formazione. Solo perché americani e inglesi non l’hanno fatto signi©ca che la globalizzazione ha fallito?

Nella globalizzazione noi siamo dalla parte dei vincitori. Ma altri...Scusi se interrompo. Tutti traggono vantaggio dalla globalizzazione, in America come in Europa e in Asia. Anche il disoccupato di Detroit ne bene©cia notevolmente, e sottolineo notevolmente. Altrimenti non avrebbe il cellulare. Non potrebbe permettersi i jeans, che sarebbero dieci volte più cari.

La risposta?Una guerra mondiale no. Oggi l’interdi-pendenza economica è più grande e profonda che mai. Le nostre riserve in valuta estera, le riserve di denaro, i tassi d’interesse sono in parte determinati dagli investimenti esteri. Due delle cinque maggiori aziende statunitensi producono in Cina.

E quindi?Prima di intraprendere un con¸itto bisognerebbe riportare la produzione in casa propria. L’alternativa è la bancarotta di due delle cinque maggiori società americane.

Nonostante la grande interdipendenza, negli USA e in Europa emergono sempre più spiccate tendenze protezionistiche. È la nuova forma bellica, la «supply chain war». Questa guerra per le catene di approvvigionamento non mira a conquiste territoriali, bensì a sviluppare globalmente le relazioni ©siche ed economiche del paese, a garantire l’accesso alle principali materie prime, alle tecnologie d’avanguardia, alle rotte commerciali e ai mercati in crescita. Il controllo del processo produttivo è da secoli la strada per diventare una grande potenza.

Parag Khanna, 39 anni, è politologo e autore di bestseller (è appena uscito «Technocracy in America: Rise of the info-state», 2017, in cui indica la Svizzera come modello per altri paesi). Nato in India, è Senior Research Fellow presso il Centre on Asia and Globalisation alla Lee Kuan Yew School of Public Policy di Singapore.

* I paesi ASEAN: Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malaysia, Myanmar, Filippine, Singapore, ̄ ailandia, Vietnam.

Foto: Wee Khim

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 19

122 giorni, ovvero quattro mesi. Tanto durò nel 1863 il viaggio dello svizzero Caspar Brennwald nel lontano Giappone. Il ©glio del fornaio di Männedorf, sul lago di Zurigo, faceva parte di una delegazione diplomatica il cui obiettivo era siglare il primo con-tratto commerciale tra Giappone e Svizzera. Il progetto avrebbe avuto risvolti vantaggiosi per Brennwald, che rimase a Yokohama e assieme al connazionale Herrmann Siber fondò un’attività com-merciale, la futura SiberHegner & Co.

Ma nel XIX secolo tutta l’Asia era la terra dalle in©nite opportunità per giovani uomini avventurosi provenienti da una Svizzera dove molti vivevano in condizioni di disagio. «Go east, young man», era il motto. Nel 1868, Eduard Anton Keller giunse nelle Filippine. Tre anni più tardi Wilhelm H. Diethelm approdò nella Colonia della corona britannica di Singapore. Seppure in paesi diversi, trovarono impiego presso attività commerciali, lavo-rarono duramente e in pochi anni assunsero la guida delle società.

E fu anche grazie al loro approccio aperto e positivo verso persone e culture diverse se in pochi anni le loro attività riuscirono

ad allargarsi ad altri mercati geogra©ci. Da Singapore la Diethelm & Co. si espanse in Indocina, ¯ailandia e Malaysia, la Ed. A. Keller & Co. in Cina e Hong Kong.

A metà del XX secolo in tutta la regione ©orirono oppor- tunità commerciali inaspettate. Nei primi anni Cinquanta la Diethelm & Co. sostituì l’intera ¸otta di taxi di Bangkok con vet-ture dell’inglese Austin, pochi anni dopo aiutò Swissair ad aprire la nuova tratta aerea Zurigo-Bangkok-Tokyo per favorire ulterior-mente le relazioni commerciali tra la Svizzera e l’Asia. Nel frattem-po in Giappone la SiberHegner & Co. era leader nelle esportazioni di seta giapponese.

La �ne delle tradizionali attività commercialiLo scoppio della crisi asiatica del 1997 si abbatté duramente anche sulle tre imprese commerciali, le cui sedi erano state nel frattempo trasferite a Zurigo. Alla vigilia del nuovo millennio la SiberHegner era sull’orlo del fallimento. Un processo di inversione di tendenza avviato in extremis portò l’azienda a conseguire nuovamente

Espansione sul mercato di DKSH

Pionieri svizzeri del commercio: come avere successo negli a¨ari in AsiaDi Adrian T. Keller e Jörg Wolle

Parte di una rete di distribuzione capillare: furgone DKSH a Ho Chi Minh.

Foto: DKSH

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20 — Bulletin 1 / 2017

solidi pro©tti nell’arco di breve tempo. Nel 2000 le aziende Diethelm e Keller, imparentatesi molti anni prima, optarono per la fusione, dopo che la quarta generazione ne aveva assunto la conduzione. Il passo successivo fu l’avvio di colloqui per realizzare la fusione tra la Diethelm Keller Services Asia e la SiberHegner. Il gruppo DKSH nacque nel 2002, dieci anni più tardi approdò in borsa e la Diethelm Keller Holding AG ne è ancora oggi l’azioni-sta di riferimento.

Delle grandi aziende commerciali svizzere solo DKSH è an-cora in attività, come constatato di recente dalla «Neue Zürcher Zeitung». Nomi un tempo noti a livello mondiale come la Volkhart di Winterthur o l’André & Cie di Losanna non esistono più. Altri

ancora come Desco e Cosa Liebermann sono stati assorbiti da DKSH. Da allora le attività del gruppo hanno conosciuto un otti-mo sviluppo: con 30 000 unità il numero di collaboratori è più che raddoppiato, l’utile quintuplicato e il fatturato duplicato. Per farlo è stato necessario rivedere completamente il modello di business: globalizzazione e digitalizzazione avevano spazzato via i tradizio-nali vantaggi competitivi spaziali e temporali delle imprese com-merciali. Così negli ultimi anni DKSH si è reinventato fornitore di servizi per chi intende espandersi in Asia.

Tokyo non è BangkokI servizi di espansione di mercato in Asia sono ancora molto richiesti. Nonostante infatti le moderne tecnologie di comunica-zione abbiano facilitato notevolmente i commerci internazionali, per le aziende occidentali la regione non ha a¨atto perso in complessità.

L’errore forse più frequente è pensare che esista un’unica soluzione panasiatica. Ritenere che ciò che funziona in Cina o in India avrà successo anche in Giappone e ̄ ailandia è una convin-zione errata. L’Asia ha molti volti. A partire dalle di¨erenze cul- turali passando per quelle religiose. Un’attività di successo nella ¯ailandia buddista viene percepita in modo ben diverso in Indo-nesia, il più grande paese musulmano al mondo. Anche i gusti sono tutt’altro che uguali: uno snack di cracker di riso di colore blu può essere un enorme successo in Giappone ma non incontrare neces-sariamente il favore dei consumatori malesi. E naturalmente anche le di¨erenze di potere d’acquisto giocano un ruolo decisivo: il Myanmar, dove il reddito pro capite è di circa 5000 dollari l’anno, non può essere paragonato a Singapore, che con oltre 85 000 dol-lari è più ricco della Svizzera.

La sensibilità per le di¨erenze e le inclinazioni locali non si sviluppa dall’oggi al domani. Forte del suo essere presente nella regione da oltre cent’anni, DKSH può ora condividere la sua pre-ziosa esperienza. A bene©ciarne non sono solo molte PMI svizze-re, ma anche gruppi internazionali come Mars nel Sud-est asiatico e Procter & Gamble a Hong Kong, che di recente ha esternaliz- zato la propria presenza locale in gran parte a DKSH. Spesso il gruppo riesce a promuovere gli a¨ari in loco meglio degli stessi

produttori. Nell’arco degli anni DKSH ha sviluppato nella regione una rete di distribuzione molto rami©cata, in grado di operare una distribuzione capillare – dal supermercato di Taiwan alla farmacia di Hanoi ©no al bar sulla spiaggia a Koh Samui. DKSH vanta inoltre comprovate competenze di marketing e vendita.

Il secolo asiaticoNonostante s©de e diversità, il momento di espandersi in Asia è proprio questo. È indubbio infatti che il continente svolgerà un ruolo di primo piano nel XXI secolo: la Cina è tornata a essere la seconda economia mondiale, nonostante i catastro©sti il Giappone mantiene un saldissimo terzo posto e da anni ormai l’India avanza inesorabile. Ma non c’è solo il Sud-est asiatico: un’altra potenza economica sta facendo capolino. Fino a pochi anni fa derisi come il «banco di lavoro allungato dell’Occidente», i dieci Stati ASEAN stanno sviluppando economie autonome e consapevoli. L’Asia sta tornando a essere il centro dinamico dell’economia mondiale e o¨re innumerevoli possibilità per a¨ari di successo.

«Ritenere che ciò che funziona in Cina o in India avrà successo

anche in Giappone e ̄ ailandia è una convinzione errata.»

Asia Society: una �nestra sull’OrienteLa Svizzera ricopre un ruolo storico d’eccezione come anello di collegamento negli scambi tra est e ovest. L’Asia Society, fondata 60 anni fa a New York, svolge una funzione analoga: promuovere la comprensione reciproca tra persone e culture asiatiche e il resto del mondo. Si occupa di economia, relazioni internazionali, scienza, formazione, arte e cultura. Con dodici centri in tutta l’Asia, negli Stati Uniti e in Europa, oggi l’orga- nizzazione vanta una forte presenza. Con l’apertura del centro di Zurigo nel 2016, l’Asia Society ha aperto il primo u½cio europeo. Il presidente è Adrian T. Keller. In qualità di organizzazione non pro©t, l’Asia Society cerca di costruire ponti tra l’Asia e la Svizzera e l’Europa centrale. Credit Suisse sostiene l’organizzazione.

Adrian T. Keller è presidente del Consiglio di amministrazione di DKSH. Il Dr. Jörg Wolle è CEO di DKSH.

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Bulletin 1 / 2017 — 21

SVIZZERA Filippine28.4.2016*

Cina 7/2014*

IndiaIndonesia Vietnam Giappone 9/2009

Hong Kong 10/2012

Singapore 1/2003

Corea del Sud 9/2006

Esportazioni Importazioni in miliardi di CHFVolume degli scambi in miliardi di CHF

Le basi del rapporto Si dice che Svizzera e Asia siano molto legate. È davvero così?

I dati e i fatti lo confermano. Di Sara Carnazzi Weber, Florence Hartmann e Bettina Rutschi Ostermann

Investimenti diretti

Lo stock di investimenti diretti da parte di imprese svizzere in Asia è più che raddoppiato dal 2005.

Totale Asia Cina (in miliardi di CHF)

Fonte: BNS

Lavoratori svizzeri in Asia

Forte aumento della presenza di personale delle imprese svizzere in Asia.

2005 2015 (in migliaia di collaboratori)

Fonte: BNS

Import/export

Per la Svizzera, la Cina è di gran lunga il principale partner commerciale asiatico, soprattutto per le importazioni di merci. Nell’export Giappone e Hong Kong seguono con meno distacco. Fonte: Amministrazione federale delle dogane, SECO, Credit Suisse

Piattaforma RMB in Svizzera

La Cina prosegue in modo mirato l’in-ternazionalizzazione della sua moneta, il renminbi (RMB). Poiché il RMB non è liberamente negoziabile a causa dei controlli cinesi sui movimenti di capitale, all’estero la Cina promuove le piattaforme RMB. Dal 9 novembre 2015 il CHF è negoziabile direttamente in RMB sulla piattaforma u½ ciale cinese per la negoziazione di divise. Si stima che la Banca nazionale svizzera abbia investito circa 2 miliardi delle sue riserve valutarie in titoli cinesi.

ThailandiaMalaysia

Accordo di libero scambio AELS: in vigore dal… Accordi bilaterali: in vigore dal… In trattativa

* Sottoscritto il…

25

20

15

10

5

2

1

0

8,9 12,3

6,4 3,1

5,7 1,4

3,5 1,6

Valute per pagamenti

diretti con Cina e Hong Kong

(in %)

Fonte: Swift Watch

40 %

HKD45,8

Altre1,9

USD 3,3RMB

4,0

CHF45,0

AsiaMondo

528 1963

1433262

45,5

3,5

20142005

107,0

20,3

Quota dell’export

svizzero di orologi

destinata al mercato

asiatico

Gra© co: Cra ̈t

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Letteratura

10scrittori asiatici da leggere.

A cura di Antara Dev Sen, critica letteraria, autrice e fondatrice di «¯e Little Magazine», una rivista dedicata alla letteratura contemporanea del Sud-est asiatico. Di origine indiana, presiede la giuria del «DSC Prize for South Asian Literature», che viene assegnato ogni anno. Sen è ©glia del premio Nobel per l’economia Amartya Sen e dell’autrice Nabaneeta Dev Sen.

U. R. AnanthamurthyU. R. Ananthamurthy (India, 1932 – 2014, scriveva in lingua kannada), una delle voci indiane più in¸uenti contro gli aspetti re-pressivi e la politicizzazione della regione. Nipote di un sacerdote, non solo è stato uno dei più rinomati accademici indiani, ma anche un acclamato poeta lirico, cultore di studi letterari, saggista, critico, autore teatrale e intellettuale pubblico.

Eka KurniawanEka Kurniawan (Indonesia, scrive in in- donesiano) è una voce importante del Sud-est asiatico. Le sue opere – le più note sono «L’uomo tigre» e «Cantik itu luka» («Beauty Is a Wound») – ri¸ettono l’eredità della violenza con cui in passato le grandi lotte di potere hanno plasmato la regione. Kurniawan è stato paragonato a Gabriel García Márquez e Salman Rushdie e i suoi temi sono così universali da infrangere le barriere culturali.

Cixin LiuDalla pubblicazione del romanzo «¯e ¯ree-Body Problem» nel 2007, Cixin Liu (Cina, scrive in mandarino) vanta un nutri-to gruppo di sostenitori in Cina. La sua fama ha assunto dimensioni mondiali nel 2015, quando il libro ha ottenuto l’«Hugo Award» per il miglior romanzo. Autore di fantascienza profondamente radicato nella realtà, inaugura un nuovo stile tipi- camente cinese.

Amitav GhoshAmitav Ghosh (India, scrive in inglese) non ha certo dormito sugli allori dopo la conclusione della trilogia dell’Ibis, in cui aveva esplorato i mondi strettamente collegati del dominio imperiale e del commercio. Recentemente ha pubblicato il saggio «¯e Great Derangement: Climate Change and the Unthinkable», nel quale cerca di illustrare perché le civiltà, le culture e i sistemi politici non abbiano compreso la portata degli eventi naturali estremi e del cambiamento climatico.

22 — Bulletin 1 / 2017

Foto: Philippe Matsas / Opale / Leemage / laif; Boaz Teitelbaum / Camera Press / Keystone; Olivia Arthur / Magnum Photos / Agentur Focus; Draupadi Verlag; Isolde Ohlbaum / laif; Linda Nylind / eyevine; Li Yibo / Shaanxi Xinhua News Agency / China / Heyne; Judy Misquitta; Isolde Ohlbaum / laif; Everett Collection / Keystone

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 23

Tahmima AnamTahmima Anam (Bangladesh, scrive in inglese) è una delle poche autrici del Bangladesh che si rivolgono direttamente al resto del mondo. Nel 2007 ha conqui- stato la fama con il suo romanzo «I giorni dell’amore e della guerra», ambientato nel 1971, durante il terzo con¸itto indo-paki-stano. Con «¯e Good Muslim» esplora il contesto sociale del fondamentalismo armato in Bangladesh.

Michael OndaatjeMichael Ondaatje (Sri Lanka/Canada, scrive in inglese), inizialmente attivo come poeta lirico, ha conquistato la fama lettera-ria con il romanzo «Il paziente inglese», oggetto di una premiata trasposizione cine-matogra©ca. In seguito, con «Lo spettro di Anil» torna alle sue radici nello Sri Lanka. Il mondo lo conosce per i suoi romanzi, ma i suoi ammiratori lo apprezzano anche per le sue raccolte di poesie, come «¯e Cinnamon Peeler».

Mahasweta Devi Mahasweta Devi (India, 1926 – 2016, scri-veva in bengali), una scrittrice profonda-mente politica e attivista sociale, che si è impegnata per i diritti degli svantaggiati e dei nullatenenti. Era la voce di chi non ha potere, una coscienza morale della sua epoca. Al contempo svolgeva il ruolo di cronista di storie tramandate dalla tradi- zione orale e di sostenitrice della giustizia sociale e del cambiamento.

Cyrus MistryCyrus Mistry (India, scrive in inglese) è uno scrittore sensibile nonché un brillante narra-tore, autore di teatro, giornalista e scrittore di racconti brevi. Raggiunge il successo nel 2014 con il romanzo «Le torri del silenzio», che narra la storia dei portatori di cadaveri nella comunità parsi di Mumbai.

Rabindranath TagoreRabindranath Tagore (India, 1861 – 1941, scriveva in bengali) è ad oggi uno dei più importanti poeti dell’India e anche 75 anni dopo la sua morte rimane sorprendente-mente attuale come saggista nonché autore di romanzi, brevi racconti e teatro. Proprio le sue poesie e i suoi saggi sul nazionalismo potrebbero essere il genere di lettura di cui oggi il mondo ha bisogno.

Kenzaburo Oe Kenzaburo Oe (Giappone, scrive in giap-ponese) è la voce letteraria della coscienza nazionale. Dopo la catastrofe di Fuku- shima, ha esercitato pressioni sul governo a½nché rinunciasse al nucleare, così come dopo la Seconda guerra mondiale si era espresso contro la guerra per mandato co-stituzionale. Etica, responsabilità e le con-seguenze della guerra atomica sono al centro dell’opera letteraria di Oe, che nel 1994 è stato insignito del premio Nobel per la letteratura.

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24 — Bulletin 1 / 2017

«La maggior parte degli istituti ©nanziari lasciò la regione. Noi no.»

Da bambino si trasferì dalla comunista Praga nella capitalista Giacarta e in seguito visse le enormi conseguenze della crisi asiatica. Helman Sitohang lavora da quasi vent’anni per Credit Suisse. Il CEO della regione Asia Paci©c sa che per i suoi clienti la fedeltà è molto importante. Di Manuel Rybach (intervista) e Wee Khim (foto)

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Bulletin 1 / 2017 — 25

«Lo spirito imprenditoriale elvetico ha molto successo qui.»: l’esperto di banking asiatico Helman Sitohang.

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26 — Bulletin 1 / 2017

Signor Sitohang, lei è nato in Cecoslovacchia nel 1965. All ’età di nove anni la sua famiglia è tornata in Indonesia. Come ha segnato la sua vita questo trasferimento? Praga era una città splendida e ben organizzata, ma comunista e non particolarmente attiva. Giacarta invece era una città capitalista nelle prime fasi del suo sviluppo, la trovavo estrema-mente interessante. Regnava un’atmosfera imprenditoriale, tutto o quasi era possibile. Gli a¨ari erano argomento di discussione quotidiana, cosa che attirò subito la mia attenzione. Ritrovarmi in un ambiente sconosciuto e dovermi arrangiare mi ha forgiato e spesso mi ha aiutato anche successivamente.

La popolazione della capitale dell ’Indonesia è cresciuta da 4,5 milioni di abitanti negli anni Settanta a oltre 10 milioni oggi. Come ha vissuto la trasformazione di Giacarta da città a metropoli?La nostra casa si trovava all’angolo con il Sudirman. Oggi è uno degli assi principali della città, una di quelle famigerate strade in cui si rimane in coda per ore, mentre allora era una stradina di quartiere che percorrevo tutti i giorni per andare a scuola e dove transitavano pochissime auto. All’epoca in tutta la città c’era un unico palazzo di 18 piani. Ci andavo spesso con mio padre perché ci a¨ascinava, a Praga infatti si vedevano solo edi©ci prefabbricati. Oggi a Giacarta ci sono quasi 70 grattacieli, alti almeno 150 metri.

Quando ha scoperto il suo interesse per il mondo bancario? Quando siamo arrivati a Giacarta parlavo solo il ceco, quindi ho avuto qualche di½coltà a scuola. Mi ci sono voluti un paio di mesi per imparare la lingua locale. In compenso ero bravo in matematica, il che mi ha permesso di sopravvivere. È allora che ho scoperto il mio talento con i numeri. Questo, insieme al vibrante mondo degli a¨ari in cui mi ero totalmente immerso, ha risvegliato il mio interesse per il banking.

È arrivato a Credit Suisse dopo lo scoppio della crisi asiatica del 1997. La regione si trovava in stato di shock.Ho cominciato in Indonesia. La situazione era critica: ad eccezione di un breve calo negli anni Sessanta, l’economia aveva assistito a una crescita ininterrotta, poi improvvisamente nel 1997 è crollato tutto. Il PIL indonesiano è diminuito del 13 per cento in un anno. Nessuno aveva mai vissuto una situazio-ne simile e nessuno quindi sapeva come comportarsi. Molti dei nostri clienti si trovarono sull’orlo della rovina, videro il loro capitale volatilizzarsi. I debiti di alcuni miliardari asiatici erano più ingenti del loro patrimonio.

Voi come avete reagito?Siamo rimasti a ©anco dei nostri clienti e li abbiamo sostenuti, nonostante anche per una banca non sia sempre facile in un periodo di crisi. La maggior parte degli istituti lasciò la regione.

Foto: Felix_Indarta/iStock

«Un vibrante mondo degli a¨ari»: da quando Helman Sitohang era un ragazzo, Giacarta è cresciuta di 5,5 milioni di abitanti (nell’immagine: il Central Business District).

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 27

Noi no. E questo i clienti lo ricordano ancora oggi. Durante questo periodo di crisi Credit Suisse ha guadagnato un’ottima reputazione nel Sud-est asiatico.

Lei lavora per una banca svizzera, come viene percepita la «Swissness» in Asia?Lo spirito imprenditoriale elvetico ha molto successo qui, e Credit Suisse ce l’ha praticamente nel DNA. Altri fattori considerati dei punti di forza sono la precisione, l’attenzione per i dettagli e la consapevolezza della qualità. In©ne, la Svizzera è sinonimo di tradizione e longevità: non si corre dietro a ogni trend, né tantomeno si lasciano i clienti nei guai alla prima di½coltà, anzi si resta uniti come è accaduto durante la crisi in Indonesia.

In generale, cosa contraddistingue i clienti asiatici?L’85 per cento delle aziende è di proprietà familiare. Tra queste rientrano sia le piccole imprese delle aree rurali, sia i conglomera-ti multinazionali del valore di miliardi. È interessante notare che queste aziende spesso sono ancora gestite dalla generazione dei fondatori, o perlomeno vi appartengono. Da questo quadro emergono le esigenze dei clienti: molte aziende oggi si trovano in una fase di passaggio alla generazione successiva, le famiglie benestanti desiderano diversi©care il portafoglio, i clienti in generale hanno bisogno di un supporto per le attività nel mercato dei capitali – per se stessi e per le loro imprese. Inoltre abbiamo osservato un boom nella ©lantropia.

Oggi praticamente tutti gli istituti �nanziari sono tornati in questa regione e hanno obiettivi di crescita ambiziosi. Anche Credit Suisse vede l ’Asia come un mercato chiave. Cosa vi rende diversi e migliori della concorrenza?Come dicevo prima, la nostra banca qui ha una posizione di rilievo. Nessun CEO di una banca internazionale è rimasto tanto a lungo quanto me. Inoltre abbiamo un modello che fun- ziona: l’investment banking e il private banking operano ©anco a ©anco, è qualcosa di unico in questa regione e si adatta per- fettamente agli assetti proprietari familiari locali. Inoltre al momento l’Asia è semplicemente il mercato più interessante al mondo: non esiste altro posto con così tanti abitanti, i cui patrimoni siano cresciuti così velocemente negli ultimi dieci anni. E la concentrazione di individui facoltosi è massima.

Dove vede le maggiori opportunità di crescita?Principalmente nell’espansione della classe media. L’Asia è già un perfetto esempio di quei settori che assistono a uno sviluppo quando il reddito disponibile supera una certa soglia: la domanda aumenta per beni di consumo, intrattenimento, mezzi di comunicazione e salute. Se parliamo dei paesi invece, bisogna sempre essere consapevoli delle dimensioni e¨ettive dei mercati: complessivamente Cina, India e Indonesia hanno quasi tre miliardi di abitanti. Quattro persone su dieci al mondo vivono in uno di questi paesi! Un altro trend è quello dei mercati emergenti asiatici, che oggi stanno assistendo a una crescita simile a quella della Cina di dieci anni fa. E anche in questo caso è necessario prestare attenzione alla dimensione dei mercati: nelle Filippine, in ̄ ailandia e in Vietnam, ad esempio, vivono com-plessivamente più della metà degli abitanti dell’Unione europea.

Parlando in termini concreti, quali rischi vanno seriamente considerati in Asia?La crescita cinese è senza dubbio l’incognita con il maggior potenziale di impatto. Continuiamo a prevedere un aumento del PIL del 6,5 per cento, spinto dagli investimenti infrastrutturali e dalle crescenti esportazioni. Ma non è detto che sia così. Inoltre il mondo è diventato più incerto anche in Asia. La domanda più importante da porsi è: come si svilupperanno le relazioni tra Cina e Stati Uniti?

Quest’anno Credit Suisse terrà per la 20ª volta l ’Asian Investment Conference (AIC) a Hong Kong, dove si discuteranno proprio queste tematiche. Che valore ha questa conferenza per il continente?L’AIC è la più importante ed esclusiva conferenza dedicata agli investimenti della regione, un appuntamento ©sso del mondo politico, economico e scienti©co. I partecipanti dello scorso anno, 3500 persone, rappresentavano 18 miliardi di dollari di capitale investito. Jack Ma, Shinzo Abe, Michael S. Dell, Lawrence Summers... c’erano tutti. Anche quest’anno l’elenco dei relatori è sorprendente, Mo Farah e Glenn Hubbard solo per citarne alcuni.

Helman Sitohang, 51 anni, è il CEO della divisione Asia Paci©c di Credit Suisse. È considerato uno dei più in¸uenti banker asiatici e ha contribuito a numerosi collocamenti in borsa, fusioni e acquisizioni. Ha ricevuto diversi riconosci-menti, tra i quali nel 2015 l’«Outstanding Achievement Award» della pubblicazione specializzata «Finance Asia». L’ingegnere vive a Singapore. Suo padre è indonesiano di Sumatra, grazie a una borsa di studio ha studiato a Praga dove ha conosciuto la moglie slovacca.

Manuel Rybach è Global Head of Public A¨airs and Policy presso Credit Suisse. In precedenza, aveva lavorato per la banca a Hong Kong dove, tra gli altri ruoli, aveva gestito il programma dell’Asian Investment Conference.

L’ Asian Investment Conference si terrà dal 27 al 30 marzo 2017 a Hong Kong. Per maggiori informazioni (in inglese) sul sito: www.credit-suisse.com/aic

«Bisogna sempre essere consapevoli delle dimensioni e¨ettive dei mercati: complessivamente Cina, India e Indonesia hanno quasi tre miliardi di abitanti. Quattro persone su dieci al mondo vivono in uno di questi paesi!»

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— La nuova Asia —

28 — Bulletin 1 / 2017

«Devi studiare molto se vuoi avere una vita migliore»

Dal valore dell’istruzione all’incessante fame di successo, ©no all’importanza delle fondazioni per il bene della comunità: la giurista

Kathleen Chew illustra alcune delle di¨erenze tra est e ovest.Intervista: Daniel Ammann e Simon Brunner

ignora Chew, lei dirige una delle più impor-tanti fondazioni asiatiche, la YTL Foundation in Malaysia. Si occupa preva-lentemente di progetti di formazione: perché? In molte culture orientali l’istruzione occupa un posto importante come fondamento della società: se si educa bene un ©glio, sarà una persona migliore e avrà più possibilità di condurre una vita migliore. Inoltre, le persone istruite sono più attente all’ambiente e hanno una maggiore aspettativa di vita. I genitori del nostro fondatore Yeoh Tiong Lay erano immigrati dalla Cina. Per gli immigrati, che devono lavorare sodo per farsi strada, l’istruzione è ancora più decisiva.

Nelle librerie da Pechino a Bangalore sono molto amate le biogra�e di persone che nella vita hanno raggiunto il successo. Questo cosa rivela dell ’Asia?Forse nelle consolidate economie occiden-tali, l’ambizione e la fame di successo hanno perso un po’ di slancio, invece il mondo aziendale asiatico è ancora dominato da persone incredibilmente determinate e disposte a lavorare sodo. Fin da piccola mi è stato inculcato: «Devi studiare molto se vuoi avere una vita migliore». Oggi il sogno americano è più che altro un sogno asiatico. D’altra parte, qui fare carriera dal basso è più

facile anche perché non siamo ancora così evoluti.

In che modo YTL investe in formazione?Abbiamo iniziato nel 1997 con le borse di studio. Ci è sembrato il modo più diretto per raggiungere le persone. Come capo giurista dell’azienda sono stata incaricata di istituire la fondazione.

E poi ci è rimasta?Nei primissimi tempi mi è stato presenta-to un giovane sveglio e intelligente; suo padre era morto e la madre era una sarta indigente. Non poteva permettersi di pagare le spese scolastiche mensili di 50 ringgit [allora circa 20 franchi, N.d.R.]. Ci è stato chiesto se volessimo aiutare questo giovane. Abbiamo subito detto di sì. La storia di quel ragazzo mi ha toccata

così tanto che sono rimasta alla fondazione. In seguito ha studiato medicina e oggi è chirurgo all’ospedale pubblico di Penang. È il primo del suo villaggio ad aver frequentato l’università; è una fonte di speranza per tutte quelle persone.

Nel corso degli anni l ’impegno della fondazione YTL è aumentato.Oggi ©nanziamo gli studi su una base più ampia, soprattutto nel campo in cui YTL ha maggiore esperienza: il settore della tecnologia. Abbiamo sviluppato una piattaforma online chiamata Frog e in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione l’abbiamo installata in oltre 10 000 scuole pubbliche. La nostra a½liata YTL Communications ci aiuta a portare in aula la rete Internet veloce 4G. Spesso mancano i computer, dobbiamo distribuire semplici portatili Chromebook. Ma soprattutto serve molta formazione e in generale bisogna essere aperti al cambiamento. L’ideale è che le scuole stesse si occupino della manutenzione dei PC e della connessione Internet, oltre a integrare sapientemente l’infrastruttura IT nelle lezioni.

Come può essere migliorato il settore delle fondazioni in Malaysia?Le fondazioni sono ancora concentrate su se stesse, invece di supportarsi a vicenda. Un esempio: la fondazione Bill & Melinda Gates è molto attiva in vari settori, motivo per cui altre fondazioni di tutto il mondo le a½dano risorse. Qui sarebbe molto di½cile. Un primo passo in questa direzione è la Malaysia Collective Impact Initiative (MCII), che riunisce fondazioni aziendali e altri stakeholder allo scopo di migliorare sistematicamente l’istruzione. In quanto parte di MCII ora

S

Kathleen Chew, 57 anni, lavora per YTL dal 1988. Ha dato vita sia al reparto legale, sia alla fondazione che oggi dirige. La giurista si è laureata in legge alla University of Birmingham in Inghilterra.

Foto: per gentile concessione del proprietario

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Credit Suisse supporta «Schwarzman Scholars», www.schwarzmanscholars.org. A cura di Simon Brunner

abbiamo una panoramica completa dello scenario estremamente frammentato delle fondazioni malesi. Tra l’altro Credit Suisse è uno dei partner fondatori di MCII.

In Asia le fondazioni aziendali sembrano essere più di�use della �lantropia privata. Perché?È semplice: qui in molte aziende le famiglie dei fondatori sono ancora fortemente coinvolte, come nel caso di YTL; di conseguenza il loro patrimo-nio rimane in azienda. Ma il numero degli individui molto ricchi aumenta e la classe media si allarga sempre più. Quindi in Asia anche la ©lantropia privata è un tema importante.

Percepisce un cambio di mentalità tra la vecchia generazione dei fondatori, che hanno fatto strada partendo da una situazione di grande povertà, e la gioventù di oggi?I nostri padri e nonni hanno fatto molto. Avevano un unico obiettivo: lasciarsi alle spalle la povertà e arricchirsi. La giovane generazione è diversa, per esempio è molto più consapevole di problematiche come le disuguaglianze o l’inquinamento ambientale, e intende contrastarle. Per esperienza, credo che i giovani si lascino coinvolgere più facilmente nei progetti sociali.

do guardo i miei 109 compagni di studi, mi sembra perfettamente plausibile. È in-credibile tutto ciò che hanno fatto e rag-giunto: imparo perlopiù dai miei colleghi. La cosa interessante è che i miei colleghi cinesi sanno parecchio degli Stati Uniti, ad ogni modo più di quanto i miei colleghi di Harvard sapessero della Cina.

Il programma di un anno si conclude con un master. Poi andrò alla Lazard Asset Management di New York: uno dei migliori gestori ©nanziari del mondo mi ha o¨erto un lavoro. L’asset management è complesso quanto i problemi sulla scacchiera.

Avrei anche potuto rimanere in Cina, ma per me non è così importante il luogo in cui vivo. L’importante è che il mio lavoro abbia un orientamento globale e che l’am-biente sia multinazionale. Cosa signi©ca patria per me? Bangkok, dove sono cresciu-to, è naturalmente una città importante, ma mi trovo altrettanto bene a Boston, Pechino e in molti altri luoghi del mondo.

Borsa di studio «Schwarzman»

Rugsit Kanan, 23 anni, dalla ̄ ailandia

La scorsa estate mi sono trasferito a Pechi-no da Boston. Studiare a Harvard era già impegnativo, ma Tsinghua è qualcosa di completamente diverso: qui sono molte di più le ore con obbligo di frequenza e le le-zioni servono per trasmettere conoscenze. Negli Stati Uniti si passava gran parte del tempo a discutere, qui si viene bombardati di informazioni a un ritmo incalzante.

Spesso la sera intervengono oratori ospiti come l’economista Lawrence Sum-mers o il moderatore della CNN Fareed Zakaria. Finora a colpirmi di più è stata Ngaire Woods, la prima decana della Bla-vatnik School of Government dell’Univer-sità di Oxford. Nei ©ne settimana facciamo spesso escursioni e io gioco a scacchi nella nazionale thailandese. Mi alleno di sera tardi.

Noi siamo la prima annata «Schwarz-man». Si tratta del principale progetto di bene©cenza della storia cinese. L’initiator Stephen A.  Schwarzman, cofondatore e CEO di Blackstone, ha già donato 100 mi-lioni di dollari e intende raccogliere altri 400 milioni per il progetto. Nelle sue paro-le, il programma deve chiamare a raccolta «gli studenti migliori e più intelligenti di tutto il mondo». Inoltre sostiene: «Nella politica, nel mondo degli a¨ari, così come in ambito scienti©co, oggi è necessario comprendere la Cina per poter essere lea-der di successo».

Sottolinea spesso che noi qui scrivia-mo la storia. Sono parole grosse, ma quan-

YTL Corporation Berhad è un conglomerato ©nanziario con sede a Kuala Lumpur, Malaysia. Nel 1955 Yeoh Tiong Lay (YTL) fondò un’impresa edile che oggi realizza un fatturato di 3,5 miliardi di franchi e un utile al netto delle imposte di 430 milioni di franchi.

Foto: per gentile concessione del proprietario

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Come un paese privo di appeal è diventato cool per legge.Di Euny Hong

L’onda sudcoreana

La seconda personalità più influente al mondo secondo un sondaggio tra i lettori della rivista «Time» (2015)? La cantante pop CL (alias Lee Chae-rin).

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a Corea del Sud è l’unico paese non anglo-fono al mondo ad aver provato a s�dare il monopolio americano sulla cultura pop universale.

La sola idea è incredibile per questo paese, soprattutto se si pensa che dopo la guerra di Corea (1950–1953) il prodotto interno lordo era inferiore a quello della maggior parte degli Stati africani a sud del Sahara. Fino agli anni Settanta il PIL sud- coreano è stato inferiore a quello nordcore-ano. Quando nel 1985 la mia famiglia rien-trò in Corea del Sud dagli USA, il paese era così arretrato che la nostra donna delle pu-lizie non aveva mai visto un aspirapolvere. L’elettronica e gli elettrodomestici non si sapeva cosa fossero. Trovai che la Corea del Sud non fosse a�atto «cool».

A trent’anni di distanza una società coreana di nome Samsung vende in tutto il mondo più cellulari di qualunque altro produttore. La Corea del Sud non è solo un leader tecnologico, ma determina anche i trend culturali, in Asia e non solo. Di�- cile ignorare i segni dell’Hallyu – letteral-mente: onda coreana –, ovunque ci si trovi nel mondo.

La cultura pop sudcoreana invade persino paesi con i quali la Corea intrattie-ne scarse relazioni diplomatiche. Il pop sudcoreano è talmente apprezzato che nel

2014 i membri del governo cinese discus-sero del perché la Cina non fosse in grado di produrre una soap televisiva che potesse fare concorrenza alla sudcoreana «Il mio amato viene da una stella». Il protagonista della serie TV è un extraterrestre che si innamora di un’attrice coreana. In Iran, paese con cui le relazioni sono state tese per decenni, il dramma storico «Jumong» ha registrato l’80 per cento di share. A causa delle severe leggi morali e per motivi politici, in Iran e in altri paesi isla-mici le serie americane non sono invece trasmesse. Anche con Cuba i rapporti sono freddi. L’emittente di Stato Canal Habana ha tuttavia trasmesso la serie «La regina delle casalinghe», e a quanto pare riscuotendo grande successo. Questo si-gni�ca che nel mondo un’intera genera-zione di giovani ha più dimestichezza con le serie TV sudcoreane che con quelle americane.

Bellezza made in South KoreaLa prima e la più grande zona di in¤uenza dell’Hallyu è da sempre l’Asia. I giappo-nesi sono fan scatenati delle serie K (dove K sta per Corea del Sud) sin dal 2002, anno di trasmissione di «Sonata d’inver-no». Il protagonista, noto come la star dal-la voce roca, divenne per i giapponesi quello che Brigitte Bardot fu negli anni Sessanta per gran parte del mondo: un idolo romantico, sensuale e dal fascino esotico.

Tema di discussione per il governo cinese: scena tratta dalla serie TV «Il mio amato viene da una stella».

Nel Sud-est asiatico la gente va pazza in particolare per i prodotti di bellezza K. La catena di cosmesi §e Face Shop, in Europa la potremmo paragonare a Se- phora o Douglas, conta oltre 1000 punti vendita in Asia. Gli stessi Sephora e Douglas vendono in Europa prodotti di bellezza sudcoreani.

Nel 2011, in Francia, i biglietti per un concerto di musica K-pop sono andati sold out in un quarto d’ora. Nel 2015 i lettori della rivista «Time» hanno eletto la cantante pop coreana CL (alias Lee Chae-rin), front woman della girl band 2NE1, la seconda personalità più in¤uen-te al mondo, davanti al presidente ameri-cano Barack Obama e al Papa.

Ma come ha fatto un paese, scono-sciuto a tutti �no a un paio di decenni fa, a diventare il più cool del mondo? Se questa trasformazione sembra una sorta di cospira-zione politica, è perché in e�etti ci si avvi- cina molto: l’Hallyu è un’idea del governo sudcoreano. Negli ultimi vent’anni, l’espan-sione globale della musica pop, delle serie TV, della moda e della gastronomia sud- coreane è stata �nanziata e orchestrata dal governo del paese. Il Ministero della Cultu-ra ha istituito un dipartimento per la cultura pop, e altri ancora si occupano di videogame, televisione e strategie politico-culturali. La Korean Venture Investment Corporation, di proprietà dello Stato, dispone di un budget di 1,5 miliardi di dollari per il �nanziamento della cultura pop e di progetti IT.

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Foto: Kim Yeong Jun for W Korea; Courtesy HB Entertainment Co., Ltd

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Naturale chiedersi come mai un paese de-cida di puntare proprio sulla cultura pop che da un secolo è di dominio pressoché esclusivo degli Stati Uniti. La risposta? La cultura popolare è la chiave del soft power.

Il potere reputazionaleIl termine soft power fu coniato nel 1990 da Joseph Nye, politologo di Harvard, per indicare l’in¤uenza, di�cilmente misurabi-le, che un paese esercita non tramite la pro-pria potenza militare bensì grazie alla sua immagine. L’hard power designa invece il potere militare ed economico. L’America ha esercitato il proprio soft power spingen-do il mondo a comprare Marlboro e jeans

Ambizione culturale: l’attore Song Il-Gook nei panni di Jumong nell’omonima serie TV.

la Corea del Sud nel 1997 e 1998. La po- polazione era demoralizzata. Il giorno in cui la Corea del Sud fu costretta a chie- dere all’FMI un prestito di salvataggio da 58 miliardi di dollari fu de�nito una «gior-nata di lutto nazionale». Il fatto che il paese avesse appena intrapreso la strada del be-nessere rendeva il boccone ancora più ama-ro. Lo smacco dell’indebitamento creò il panico tra alcuni sudcoreani e alimentò il timore che i loro recenti successi potessero essere solo frutto di un caso fortuito.

Il governo sudcoreano comprese che, per evitare che in futuro si ripetesse una ca-tastrofe analoga, la nazione doveva percor-rere strade mai battute prima per generare denaro.

Solo tempo e talentoSecoli di instabilità hanno insegnato ai sud- coreani che quando si tocca il fondo un lato positivo c’è, ed è che non si ha nulla da per-dere a lanciarsi in rischi avventurosi. Pro-prio quello che fece il paese, deciso a pun-tare su un settore che non richiedesse la riconversione di ogni fabbrica. Tutto ciò di cui questo nuovo settore aveva bisogno era-no infatti tempo e talento. E questo settore era la cultura pop. Così dalle ceneri della bancarotta nacque il «Korean Cool», oggi una priorità nazionale.

Il governo sudcoreano decise di sov-venzionare e imporre l’Hallyu. Sul fronte dell’export ciò signi�cava �nanziare la tra-duzione delle serie sudcoreane con soldi dei contribuenti e tutelare l’industria pop con un credito d’emergenza non appena emerse la minaccia della pirateria.

L’economia sudcoreana è un parados-so: pur essendo totalmente capitalista, sotto certi aspetti è anche piani�cata. Sin dall’in-dipendenza dal Giappone dopo la Seconda guerra mondiale, il governo sudcoreano è sempre intervenuto nel settore privato. E la cultura pop non fa eccezione.

Ero certa che il fenomeno dell’Hal-lyu si sarebbe gradualmente a�evolito, invece divenne sempre più forte tanto che fu seguito da una sorta di seconda ondata: i video musicali del gruppo femminile di K-pop Girls’ Generation registrarono oltre due miliardi di visualizzazioni, nonostante fosse stato dato per spacciato dopo l’uscita dalla band di Jessica Jung, l’amatissima cantante. L’Hallyu vanta diverse imitazioni. Una versione cinese di «Il mio amato viene da una stella» è andata in onda nel 2016 con il titolo «Il mio incredibile amico». In omaggio al fascino inimitabile dell’Hallyu

Levi’s servendosi dell’intermediazione di un’immagine accattivante: quella di James Dean e di John Wayne.

Di�cilmente l’impatto del pop sulla cultura mondiale potrebbe essere soprav- valutato. Uno degli esempi più lampanti è la «Velvet Revolution», la rivoluzione di velluto del 1989, in Cecoslovacchia. Il nome si deve a Václav Havel e ad altri leader della resistenza cecoslovacca, ispi- rati dal gruppo rock americano dei Velvet Underground.

L’ambizione culturale della Corea del Sud non è né avventata né campata in aria. È �glia della necessità. E con necessità in-tendo vergogna. L’impulso arrivò in seguito alla crisi �nanziaria asiatica, che investì

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anche i cinesi hanno a�dato il ruolo di pro-tagonista maschile a una star sudcoreana, l’attore Kim TaeHwan, che recita in cinese.

Fidelizzati al marchio CoreaLa chiave del successo sudcoreano sta nel rivolgersi ai mercati di paesi in cui l’Ameri-ca evita di mettere piede. I paesi in via di sviluppo sono spesso troppo poveri per es-sere davvero allettanti per l’export statuni-tense. Ed è qui che la Corea del Sud ha un vantaggio imbattibile: un tempo è stata essa stessa una nazione in via di sviluppo. Quindi conosce bene le fasi di sviluppo in cui si trovano questi paesi. La Corea del Sud ne ha studiato attentamente le culture per poter stabilire quali prodotti K potreb-bero avere più successo e gli economisti lavorano sodo per calcolare la velocità con cui queste nazioni diventano più ricche e aumentano il loro potere d’acquisto.

Con un PIL pro capite di appena 4200 dollari, il Paraguay ne è un esempio. Alcune serie sudcoreane sono state doppia-

te non solo in spagnolo ma anche in gua-ranì, un dialetto indigeno parlato ancora da due milioni di persone.

Sono pronta a scommettere che non appena gli abitanti di questi paesi potran- no permettersi telefoni cellulari e lavatri- ci, acquisteranno prodotti coreani. Per- ché? Perché sono già �delizzati al marchio Corea.

Euny Hong è una giornalista specializzata in economia ed è cresciuta negli USA e in Corea. Scrive per «Financial Times», «New York Times», «Wall Street Journal», «Washington Post» e «§e Atlantic». È autrice del libro «§e Birth of Korean Cool: How One Nation Is Conquering the World §rough Pop Culture» (2014, Picador).

Due miliardi di visualizzazioni su YouTube: il gruppo pop Girls’ Generation.

Così dalle ceneri della bancarotta nacque il

«Korean Cool», oggi una priorità nazionale.

Foto: © MBC 2017; Han Myung-Gu / WireImage / Getty Images

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«Ho ridimensionato le distanze in Asia»Tony Fernandes è uno dei più noti e brillanti imprenditori asiatici. Ha rivoluzionato il settore dei viaggi con la compagnia aerea low-cost AirAsia. Un colloquio sui sogni dell’infanzia, la sua principale �loso�a di business e il capitalismo sociale.Intervista: Daniel Ammann

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34 — Bulletin 1 / 2017 Foto: Xavier Popy / REA / laif

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China Morning Post», la notizia ha fatto il giro del mondo: preziosa pubblicità gratui-ta per Tony Fernandes e la sua AirAsia.

Dopo una fulminea carriera nell’in-dustria musicale – prima alla Virgin Re-cords di Branson a Londra, poi con War-ner Music in Malaysia – Fernandes è approdato al settore del trasporto aereo senza alcuna esperienza. Nel 2001 ha ac-quistato AirAsia che all’epoca, fortemente indebitata, apparteneva allo Stato malese e disponeva solo di due vecchi Boeing. Contro ogni previsione, nel giro di pochi anni Fernandes riesce a fare di AirAsia non solo la prima compagnia aerea low-cost del continente, ma anche una delle più fortunate al mondo. Oggi copre 112 destinazioni in 20 paesi e con 171 velivoli trasporta ogni anno oltre cinquanta milio-ni di passeggeri. Amante dello sport, Fer-nandes possiede la squadra di calcio lon-dinese Queens Park Rangers e per un

Tony Fernandes è forse più consapevole del valore cruciale del marketing di qualsiasi al-tro leader economico. Lo stesso vale anche per il suo self marketing. In pubblico il fon-datore e CEO di AirAsia si presenta perlo-più in jeans, T-shirt e cappellino da baseball rosso con la scritta AirAsia in bianco; le sue interviste sono sempre piacevoli.

Se è utile per la compagnia, modera anche un reality show televisivo: con «§e Apprentice Asia» Fernandes ha aumentato notevolmente la sua notorietà in tutto il continente. La trasmissione viene dagli Stati Uniti, dove era condotta da Donald Trump. Oppure lancia pubblicamente una scommessa all’amico Richard Branson. Branson ha perso: truccato e in divisa da hostess, ha dovuto fornire assistenza ai pas-seggeri di un volo AirAsia, mentre con i proventi del volo Fernandes ha donato cir-ca 200 000 dollari a un’organizzazione be-ne�ca. Dalla BBC alla CNN �no al «South

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certo periodo di tempo è stato proprieta-rio del team di Formula 1 Caterham.

Signor Fernandes, lei ha chiesto di poter vedere in anticipo le domande di questa intervista…… Ho letto le prime due, poi mi sono annoiato (ride fragorosamente). Vuole sapere le stesse cose che mi chiedono tutti gli altri. Allora cambiamo programma: le farò altre domande. Dove bisognerebbe andare in Asia almeno una volta nella vita?Le consiglio due spiagge e un’attrazione storica. Sicuramente non può mancare

a mio padre: «Voglio una compagnia aerea tutta mia». Mi rispose: «Sarò già contento se riesci a diventare portiere dell’Hilton».

La maggior parte dei bambini non vuole possedere gli aerei, ma pilotarli. E di norma, crescendo, il sogno di fare il pilota svanisce piuttosto in fretta. Per fortuna il mio sogno è rimasto, anche mentre studiavo al collegio inglese di Epsom. Durante le vacanze scolastiche sarei tornato volentieri a casa, a Kuala Lumpur, ma non potevamo permettercelo. Allora dissi a mia madre:

una visita a Bali, uno dei posti più belli al mondo. Poi l’isola Palawan nelle Filippine: un vero paradiso. Terzo, raccomando il tempio buddhista di Borobudur sull’isola indonesiana di Java. È incredibile. E poi anche una città: Bangkok, la metropoli più a�ascinante di tutta l’Asia. Tutti dovrebbero andarci almeno una volta.

Da bambino cosa voleva diventare?Ho sempre voluto possedere una compa-gnia aerea.

Mi prende in giro!No, sul serio. Fin da bambino ho sempre amato gli aerei. A sette anni, dissi

«Vedrai: un giorno farò in modo che volare sia alla portata di tutti». Purtroppo non è vissuta abbastanza a lungo, è morta troppo presto, quando avevo solo 16 anni.

Ha fatto di AirAsia la compagnia aerea più grande ed e ciente dell ’Asia, nonché in molti paesi asiatici la prima compagnia low-cost. In che modo ha cambiato il continente?E con ciò, eccoci giunti alle domande noiose (ride di gusto). No, sul serio e senza voler sembrare arrogante: AirAsia ha cambiato profondamente l’Asia. In parole povere: ho ridimensiona-

insieme e grazie alle compagnie aeree low-cost possono andare più lontano. Anche l’ambiente accademico e le aziende bene�ciano della possibilità di viaggiare più rapidamente e a minor prezzo da un angolo all’altro dell’Asia.

Oggi anche lei si concede più vacanze che in passato?Non tanto quanto vorrei. Ogni tanto visito Parigi o il sud della Francia. Mi piacciono molto quei luoghi. Ma ho intenzione di concedermi più vacanze dopo i 55 anni, a condizione che Credit Suisse continui a fornirmi il supporto necessario (ride).* Lo scriva nell’intervista, me lo promette?

to le distanze in Asia. Ho avvicinato le persone. Può prendere un aereo anche chi �nora non poteva permettersi di farlo. La metà dei nostri passeggeri vola per la prima volta nella vita.

Il boom economico asiatico ha favorito una netta crescita dei ceti medi e del potere d ’acquisto. In che modo ciò si ripercuote sul suo business?Quando ero giovane, non andavamo mai in vacanza, a parte qualche �ne settimana al mare. Ora le cose sono cambiate: oggi le vacanze sono una parte integrante della cultura asiatica. Le famiglie trascorrono più tempo

«Segui il tuo cuore»: l’imprenditore Fernandes.

A sette anni dissi a mio padre:

«Voglio una compagniaaerea tutta mia.»

Foto: Ian Teh / Agence VU / Keystone; Stephen Crowley / §e New York Times / Redux / laif

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Promesso. In quali paesi asiatici vede del potenziale di crescita?Nei prossimi anni le Filippine saranno protagoniste di un’enorme crescita.

Perché proprio questo Stato insulare? Possiede un grande potenziale turistico, non ancora del tutto sfruttato. La classe media continua a crescere. E l’infrastrut-tura è in netto miglioramento. Lo stesso vale per l’Indonesia.

Come vede le opportunità per l ’India?L’India dovrebbe crescere più velocemente di qualsiasi altro paese, ma il governo frena lo sviluppo del turismo. Per esempio

nazionalismo mostra il suo volto odioso. Questa è attualmente la principale minaccia per il mondo. Il nazionalismo e il razzismo hanno provocato già �n troppi guai.

Qual è il suo principio di business numero 1?La meritocrazia è la linfa vitale della mia azienda. Per me sono importanti le gerarchie orizzontali, ho voluto creare un’atmosfera che favorisse l’innovazione. Lo so, è un modo di dire trito e ritrito. Ma se si vogliono attirare collaboratori innovativi, capaci di usare la testa e anche disposti a correre

riamente la persona più adatta. Ultima-mente l’Asia è anche troppo concentrata sulle questioni etniche e religiose. A volte ho l’impressione che siamo più segregati che mai. Ma tornando alla sua domanda: direi che il concetto di meritocrazia è piuttosto nuovo per l’Asia, anche se ora sta rapidamente guadagnando terreno.

Un altro aspetto curioso di AirAsia: gran parte del top management è costituito da donne. Promuove attivamente questa politica?Fin dall’inizio ho messo in chiaro che avrei portato in azienda le donne. Sono

le nuove compagnie aeree possono o�rire voli internazionali solo dopo cinque anni e devono operare sulle rotte interne con almeno venti velivoli.

Dove scorge le principali s�de per il suo settore?Proprio lì: interventi statali, nazio- nalismo e protezionismo.

Questi interventi pesano di più rispetto a qualche anno fa?Assolutamente. Sembra un paradosso! Grazie alla globalizzazione, abbiamo forse conseguito il maggior livello di benessere nella storia dell’umanità. E ora torniamo a una sorta di guerra fredda, in cui il

rischi, allora è fondamentale creare l’ambiente adatto. In altre parole un’at-mosfera che consenta a qualunque livello di conduzione di pensare in modo autonomo e senza paura delle critiche. Anche nei miei confronti deve essere possibile esprimere un parere discordante!

Questo concetto della meritocrazia è una novità per l ’Asia?Dipende dal paese. In generale posso dire che spesso, in molti ambiti, conoscere le persone giuste conta più di ciò che si sa fare. Inoltre molte aziende sono a conduzione familiare. Questo ha i suoi vantaggi, ma può anche voler dire che a diventare CEO non è necessa-

un grande sostenitore della parità di genere. Prima di AirAsia non esistevano piloti donna in Malaysia o Indonesia ed erano pochissimi negli altri paesi asiatici. Ma non ho mai avvantaggiato le donne in AirAsia. Una donna deve avere la possibilità di candidarsi per i lavori migliori, ma deve anche essere la migliore per accedere a quei posti. Questa è meritocrazia. Tutto il resto sareb-bero concessioni puramente simboliche.

Come hanno reagito i piloti uomini all ’ingresso delle colleghe di sesso femminile?Naturalmente non sono mancate le critiche. Per esempio, all’inizio uno dei miei primi piloti si è terribilmente

Il presidente USA Barack Obama e il primo ministro malese Najib Razak nel 2014 durante la �rma di un accordo tra John Rice di GE Global Growth & Operations (seduto a destra) e Tony Fernandes (a sinistra).

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infuriato. Ma abbiamo cercato il dialogo con i piloti e alla �ne li abbiamo convinti. I piloti donna non ci hanno mai dato motivo per dubitare di loro. I vecchi pregiudizi vacillano sempre più.

Quanto conta il ruolo delle donne nell ’economia asiatica?Nel Sud-est asiatico il ruolo delle donne è tradizionalmente molto forte. Per esempio in Giappone o Corea le donne sono meno presenti nell’economia.

Le compagnie low-cost negli Stati Uniti e in Europa esitano a introdurre tratte di lunga

Lei è nato a Kuala Lumpur da padre indiano e madre malese ed è cresciuto per un certo periodo in Inghilterra. In che modo è stato plasmato da queste diverse identità?Io mi sento prima di tutto malese. Ma potrei vivere in qualsiasi paese del mondo. Lo so che potrebbe sembrare la risposta di una candidata a Miss Mondo: sono un cittadino del mondo. Potrei sopravvivere ovunque, a patto di avere la possibilità di imparare la lingua.

Quale consiglio darebbe a uno studente o a un giovane imprenditore asiatico?Non ascoltare nessuno. Non limitarti

percorrenza e intercontinentali: perché voi o�rite questi voli?Norwegian Air Shuttle in Europa o�re già queste tratte e con successo. Ma ha ragione: noi siamo stati i pionieri. All’inizio c’era grande scetticismo sulle nostre possibilità di successo con i voli a lungo raggio. Nel caso dei voli economici a corto raggio, ho portato in Asia un nuovo modello che in Europa si era già rivelato vincente. Oggi Norwegian e altre compagnie aeree occidentali ci guardano come un modello da emulare. È bello che l’Asia abbia assunto questo ruolo nel settore dei trasporti aerei.

a fare quello che i tuoi genitori si aspettano da te. Segui il tuo cuore. Assicurati di o�rire un prodotto d’eccezione, che tutti vorranno avere. Costruisci un team che completi le tue stesse doti. Circondati di persone capaci, che ti aiutino a commercializzare il prodotto. Troppe buone idee falliscono perché non sono adeguatamente commercializzate. E quel che più conta: cash is king. La liquidità è l’imperativo supremo nel business operativo.

I suoi genitori cosa si aspettavano che diventasse?Medico, come mio padre.

migliore e più sostenibile. Quindi il mio obiettivo è costruire ospedali di qualità, leggermente più costosi degli ine�cienti ospedali statali, ma per l’80 per cento più economici delle cliniche private. Presto sarò in grado di presentare un modello di questo tipo.

Suo padre è contento che non abbia seguito il consiglio e abbia fatto più strada di un portiere d’albergo?Una volta mi ha detto che ho preso la decisione giusta.

Lei ha ottenuto tutto ciò che desiderava: possiede una compagnia aerea, una squadra di calcio, i Queens Park Rangers, ed è anche stato proprietario di un team di Formula 1. Cosa le resta da raggiungere?Nelle questioni sociali sono di sinistra. Penso che si possa essere un capitalista sociale. Tutti devono avere accesso a un’assistenza sanitaria

Scommessa persa: Richard Branson costretto a vestirsi da hostess su un volo AirAsia nel 2013.

* La relazione d’a�ari tra AirAsia e Credit Suisse è iniziata nel 2002 con un collocamento privato di 30 milioni di dollari statunitensi. Da allora Credit Suisse ha partecipato a tutte le transazioni della compagnia aerea, compresa l’IPO da 227 milioni di dollari del 2004.

Foto: Ahmad Yusni / EPA / Keystone

Page 41: CREDIT SUISSE BulletinASEAN, con 625 milioni di abitanti, sarà presto la quarta regione economica del mondo, come confermato dal geo-stratega Parag Khanna (pagina 14). Questo numero

—— Economic Research ——

La mappa della crescitaIl servizio Research di Credit Suisse fornisce risposte alle domande di carattere economico sul più grande continente del mondo.

Foto: Rüdiger Nehmzow / laif

—— Economic Research ——

La mappa della crescitaIl servizio Research di Credit Suisse fornisce risposte alle domande di carattere economico sul più grande continente del mondo.

Foto: Rüdiger Nehmzow / laif

+ Ascesa: i nuovi emergenti 40

+ Servizi: dalla fattoria al portatile 42

+ Immobili: (per ora) tutto bene 44

+ Demografi a: aumenta la pressione demografi ca 45

+ Innovazione: in Cina è imposta dallo Stato 46

+ Mercati fi nanziari: un passo alla volta 48

+ Fatti e cifre: l’Asia nelle statistiche 50

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Sono tre i «miracoli economici» asiatici av-venuti dopo la Seconda guerra mondiale. Prima l’enorme crescita del Giappone dai primi anni Cinquanta �no alla �ne degli anni Ottanta, poi l’ascesa delle quattro tigri asiatiche – Hong Kong, Corea, Singapore e Taiwan – protrattasi dalla metà degli anni Sessanta �no a metà degli anni Novanta. In�ne, a partire dai primi anni 2000 �no a circa il 2014, la spinta alla crescita trainata principalmente dalla Cina. Mentre paesi del Sud-est asiatico come Malaysia e §ai-landia hanno partecipato agli ultimi due periodi di crescita, le economie in maggiore ripresa sono state in generale quelle nord asiatiche, che in termini di PIL pro capite hanno eguagliato e talvolta persino sorpas-sato Germania e Stati Uniti, le due princi-pali economie occidentali.

La questione chiave per il futuro è se altri paesi asiatici, compresa la Cina, sa-ranno in grado di mettere in moto una si-mile crescita, oppure se rimarranno a un livello reddituale medio-basso. Conside-rato che certe economie della regione sono quelle di alcuni fra i paesi emergenti più poveri (si veda il gra�co), nella migliore delle ipotesi la fase di recupero si protrarrà a lungo. Inoltre la preoccupazione princi-pale risiede nel fatto che i modelli di svi-luppo che in passato hanno trainato la miracolosa crescita asiatica, oggi probabil-mente non funzionano più.

La chiave: il commercio asiatico internoIn Asia uno dei fattori chiave per lo svilup-po dei «pionieri della crescita» sono state le esportazioni, focalizzate in America ed Europa: a partire dagli anni Ottanta la quota delle esportazioni verso Stati Uniti e UE oscillava tra il 31% e il 43% delle espor-tazioni complessive (in USD).

Poiché attualmente la crescita economica di Stati Uniti ed Europa si è decisamente ridotta, questi paesi non possono più rap-presentare la principale forza di traino per le economie asiatiche meno sviluppate. Si prevede che nel prossimo futuro nemmeno Africa e America latina potranno assumere questo ruolo, pertanto una crescita trainata dalle esportazioni sarà possibile solo all’in-terno dell’Asia. Negli ultimi anni gli scam-bi commerciali tra i paesi asiatici emergen-ti sono diminuiti, ma la quota sul totale delle attività commerciali è salita dal 22% del 1980 a oltre il 38% del 2015. Dato che nel frattempo la Cina realizza in Asia il 69% del PIL (Giappone escluso) e il 42% delle importazioni asiatiche (Giappone escluso), il perdurare della crescita dell’eco-nomia cinese è di cruciale importanza.

Anche se il commercio interno asia-tico tornerà a crescere e nei prossimi anni i volumi aumenteranno, è verosimile che per il mercato del lavoro non potrà mai più ri-coprire lo stesso ruolo avuto nei decenni scorsi. Da un lato nei paesi dell’Asia orien-tale è in corso un rapido invecchiamento della popolazione che frena il potenziale di crescita (come spiegato nell’articolo a pa-gina 45), dall’altro si prevede che anche in futuro il commercio riguarderà prevalente-mente ¤ussi di semilavorati e prodotti completamente trasformati, segmenti in cui la produttività aumenta rapidamente.

Per questi motivi i numeri relativi agli occupati non potranno nemmeno av-vicinarsi ai livelli raggiunti dalle economie maggiormente sviluppate durate gli anni di boom economico. Ciò signi�ca che i servizi dovranno avere un ruolo decisa-mente più rilevante anche nelle economie meno sviluppate, se si vuole che il processo di ripresa abbia successo. Ma è ancora da

vedere se tutto questo potrà concretizzarsi (si veda a pagina 42). Nei centri urbani della maggior parte delle economie asiati-che più povere c’è tuttavia ancora un ampio margine di ampliamento delle in-frastrutture �siche, così importanti per la crescita e che soprattutto possono attrarre quei lavoratori che altrimenti rimarrebbero occupati nell’agricoltura, un settore a bassa creazione di valore.

Il successo: risparmi elevati?Nel citatissimo articolo del 1994 «§e Myth of Asia’s Miracle», il premio Nobel per l’economia Paul Krugman sosteneva che la rapida crescita di alcuni paesi asiatici come Singapore sarebbe stata di breve du-rata. La sua previsione sembrò concretiz-zarsi con lo scoppio, solo pochi anni dopo, della crisi asiatica. Eppure l’ipotesi si rivelò precipitosa, perché a Singapore e in altri paesi la crescita riprese presto, rimanendo su livelli molto elevati �no a poco tempo fa.

Inoltre, dopo la crisi le quote di ri-sparmio e d’investimento aumentarono, consentendo a molti paesi di accantonare risparmi sotto forma di surplus delle par-tite correnti. I governi contribuirono in modo decisivo a queste eccedenze limi-tando il disavanzo pubblico. La §ailandia fu capace di passare dal de�cit del –6,3% del PIL del 1998 a un avanzo pari allo 0,25% del PIL nel 2015. Dopo il boom e le successive crisi valutarie, le banche cen-trali limitarono inoltre l’in¤azione. Alla luce del fabbisogno di investimenti, non-ché della necessità di formare la giovane popola zione a un’economia orientata ai servizi, un’elevata quota di risparmi sem-bra essere e�ettivamente il presupposto per una strategia di crescita vincente. Ciò si deve anche al fatto che la dipendenza

I nuovi emergentiAlcuni paesi asiatici crescono in misura meno marcata rispetto a qualche anno fa, soprattutto a causa del forte rallentamento dell’economia cinese. Fintanto che i canali commerciali continueranno a rimanere aperti e i governi punteranno sulla stabilità, le prospettive rimangono positive anche per i paesi più poveri.Di Oliver Adler

—— Economic Research ——

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dai capitali esteri espone le economie al rischio di shock � nanziari esterni. Poiché le economie di tutto il mondo sono in ra-pida evoluzione tecnologica, il futuro dei paesi asiatici più poveri non dipende in prima istanza da importanti misure di in-dustrializzazione, benché in alcuni seg-menti industriali possano determinarsi vantaggi comparativi grazie ai bassi costi salariali. Fondamentali per la crescita sa-ranno l’urbanizzazione, le infrastrutture e un’ampia gamma di settori dei servizi. Gli investimenti in capitale umano divente-

ranno di conseguenza sempre più impor-tanti. Il loro � nanziamento richiede eleva-ti risparmi nazionali, che possono essere generati solo se i governi rinunciano a politiche monetarie e � scali troppo espan-sive. Sarà inoltre necessario che i singoli paesi dispongano di sistemi � nanziari più sviluppati e che si realizzi una maggiore integrazione � nanziaria fra i paesi, così da creare mercati dei capitali più grandi e più liquidi e allineare meglio le fonti di � nan-ziamento e il loro utilizzo (si veda anche a pagina 48).

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‹Ascesa ›

Gli ampi divari reddituali asiaticiPIL pro capite annuo di una selezione di paesi (2015, stimato, in USD, a parità di potere d’acquisto)

Fonte: IMF, Credit Suisse

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Foto: Markus Hanke / Gallery Stock

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Il passaggio a un maggiore benessere e mi-gliori condizioni di vita è avvenuto in quasi tutti i paesi sviluppati in seguito all’indu-strializzazione dell’economia: nell’ambito di un ingente cambiamento strutturale la forza lavoro si è spostata dall’agricoltura all’industria, ponendo le basi per il succes-sivo progresso economico. Solo in un se-condo momento ha avuto inizio l’ascesa del settore dei servizi.

Ma oggi uno sviluppo a tre livelli di questo tipo non è più la regola. Tra i paesi emergenti e in via di sviluppo dell’Asia e dell’America latina esistono alcune econo-mie nazionali che sono passate direttamen-te da società principalmente di tipo agrico-

lo a economie di servizi, senza mai aver assistito alla formazione di un forte settore industriale. Il grande interrogativo è: riusci-ranno questi paesi a raggiungere il benessere anche in assenza di industrializzazione?

L’altra viaNegli ultimi quattro decenni l’Asia è cambiata profondamente. Il contributo dell’agricoltura alla creazione di valore è nettamente diminuito. L’urbanizzazione è cresciuta velocemente e oggi gli abitanti delle città sono quasi quattro volte quelli del 1970. Il numero di bambini per ogni donna, che nel 1970 in media era più di cinque, è sceso a tre. Questi cambiamenti

radicali non hanno colpito tutti i paesi asiatici nella stessa misura e l’evoluzione ha avuto un andamento non omogeneo. Fino ad oggi sono solo cinque i paesi entrati a far parte del gruppo ad alto reddito: Giappone, Hong Kong (Cina), Corea del Sud, Singapore e Taiwan. Mentre Singapore e Hong Kong sono diventati subito centri � nanziari o� shore, la trasformazione delle economie nazionali in Giappone, Corea del Sud e Taiwan è avvenuta secondo il modello tradizionale: uno spostamento strutturale dall’agricoltura all’industria e solo successivamente, nell’ambito di una graduale deindustrializzazione, al settore dei servizi.

Dalla fattoria al portatileUn’economia nazionale può raggiungere il benessere senza passare per l’industrializzazione?Di Julia Dumanskaya

‹ Servizi ›

42 Foto: Atul Loke / Panos

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Molti paesi asiatici emergenti e in via di sviluppo però oggi sembrano percorrere una via diversa. In India, Indonesia, nelle Filippine o in Pakistan, ad esempio, l’oc-cupazione nel settore industriale al mo-mento si trova solo di poco al di sopra del livello (basso) degli anni Settanta. Non si può dunque parlare di uno slancio dell’in-dustrializzazione. Al contempo sono an-cora 700 milioni gli asiatici occupati nell’agricoltura, ossia circa il 43% dei lavo-ratori, sebbene il contributo di questo set-tore alla creazione di valore si sia notevol-mente ridotto. Se il peso relativo dell’agricoltura nell’occupazione diminui-sce più lentamente di quanto non faccia nella creazione di valore, è perché la cre-scita della popolazione in questi paesi oggi è ancora nettamente superiore rispetto ai tempi dell’industrializzazione nei paesi sviluppati. Inoltre il settore industriale non o�re abbastanza posti di lavoro. L’a-gricoltura poco produttiva, oggi come un tempo, o i servizi che poco contribuiscono alla creazione di valore perché spesso fan-no parte dell’economia sommersa, fungo-no così da ricettacolo per la forza lavoro in eccesso.

Servizi troppo poco moderniIn molti paesi ancora oggi il settore dei servizi è meno produttivo dell’industria (si veda il gra�co). Ad alcuni rari settori caratterizzati da un’elevata creazione di valore, come ad esempio i servizi �nanzia-ri e per le imprese, si contrappone una se-

rie di ambiti meno produttivi come il com-mercio, la ristorazione e i servizi pubblici.

I settori dei servizi più produttivi sono strettamente collegati alle imprese in-dustriali e hanno potuto appro�ttare delle nuove tecnologie. Se durante il cambia-mento della struttura economica è stata saltata la fase dell’industrializzazione, c’è il rischio di uno sviluppo lento dei servizi produttivi. L’esempio di India, Indonesia e Filippine mostra che il livello di occupazio-ne dei servizi moderni e produttivi negli ultimi dieci anni è sì cresciuto, ma è ancora decisamente inferiore rispetto a quello dei servizi tradizionali. Il settore che mostra il livello occupazionale di gran lunga più alto (oltre 40%) è quello poco produttivo di commercio, industria alberghiera e ristora-zione. Di conseguenza la produttività del settore dei servizi in questi paesi è inferiore a quella del settore industriale e anche di quella dei paesi con un percorso di svi-luppo tradizionale.

La maggior parte delle ricerche giunge alla conclusione che l’industrializ-zazione sia una condizione necessaria per un cambiamento strutturale di successo e per la crescita del livello di benessere di una società. Con due uniche eccezioni (Israele ed Emirati Arabi Uniti) tutti i 25 paesi ad alto reddito hanno prima rag-giunto un elevato grado di industrializza-zione. Secondo l’Asian Development Bank addirittura nessun paese sarebbe ri-uscito a entrare nel gruppo dei paesi ad alto reddito senza prima aver impiegato

almeno il 18% della forza lavoro nel setto-re industriale.

Il motore del progressoL’importanza dell’industria si identi�ca con il suo ruolo centrale nella generazione e di�usione di innovazioni. Ad esempio, nel 2008 quasi il 90% di tutte le spese pri-vate per la ricerca e lo sviluppo nella Corea del Sud proveniva dal settore industriale. In Germania è stato osservato un valore al-trettanto elevato. Il settore industriale, con la sua funzione centrale nel progresso tec-nologico, contribuisce in misura determi-nante a un aumento della produttività e quindi a una maggiore crescita. Se i paesi asiatici poco o non industrializzati non rie-scono a far crescere la produttività nel set-tore agricolo e nei servizi, è probabile che il loro processo di sviluppo abbia luogo più lentamente rispetto a quello dei loro predecessori di maggior successo della stessa regione.

I paesi a basso reddito come la Cam-bogia o il Laos in una prima fase dovrebbe-ro ancora poter appro�ttare dei vantaggi comparativi derivanti dalle attività ad alta intensità di lavoro. Un notevole aumento dell’occupazione nell’industria è tuttavia di�cile da raggiungere, dato che, grazie al progresso tecnologico, la produzione indu-striale avviene con un impiego sempre mi-nore di manodopera. Di importanza fon-damentale per le economie asiatiche diventeranno gli investimenti nella forma-zione e nelle infrastrutture, nonché la crea-zione e lo sviluppo di un solido quadro le-gale e �nanziario. L’importanza di questi fattori per la crescita del benessere è dimo-strata dal fatto che su 55 paesi industrializ-zati in tutto il mondo solo 23 siano diven-tati anche ad alto reddito.

—— Economic Research ——

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Industria più produttiva dei serviziCreazione di valore per lavoratore per l’anno 2010, in migliaia di USD, sulla base dei prezzi del 2005 Servizi Industria

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Negli ultimi decenni gli investimenti nell’edilizia hanno dato un forte impulso alla crescita degli investimenti � ssi in Cina: circa un quarto della domanda nell’economia cinese proviene ormai dal set-tore immobiliare. Dunque non sorprende che le oscillazioni sul fronte della domanda di immobili residenziali abbiano in¤ uito pesantemente sulle ¤ uttuazioni del ciclo congiunturale.

Per il governo non è stato facile controllare queste oscilla-zioni, non da ultimo perché le vendite immobiliari sono servite in larga misura per generare utili a livello governativo locale. Tuttavia le recenti misure di stabilizzazione sembrano più e� caci delle precedenti, per cui il rischio di un crollo del mercato immobiliare si è ridimensionato.

Nessuna sorpresaA metà del 2016 l’u� cio politico ha stabilito tra i suoi obiettivi politici il «controllo della bolla patrimoniale». Ad agosto e settem-bre il pubblico ha reagito con un’ondata di acquisti di immobili residenziali, che hanno indotto più di venti città cinesi a inasprire le norme che ne disciplinano la compravendita.

All’orizzonte si prospetta una correzione di mercato, che tut-tavia in ultima analisi dovrebbe risultare moderata. In primo luogo l’inasprimento delle disposizioni non è valido ovunque. Ne restano infatti escluse le città meno grandi e meno importanti. In secondo luogo la People’s Bank of China ha mantenuto i tassi d’interesse a a un livello basso. Terzo, si stima che il reddito delle economie domestiche sia aumentato del 60% negli ultimi cinque anni, il che insieme agli interessi ipotecari moderati assicura una relativa so-stenibilità. Ma in Cina restano bassi soprattutto i debiti ipotecari. Secondo le stime, rappresentano solo l’8% dell’intero patrimonio abitativo delle economie domestiche e il 14% del patrimonio � -nanziario (giugno 2016). Inoltre la domanda di proprietà abitativa resta elevata. L’agenzia di rating Fitch stima che entro il 2030 do-vranno essere realizzati circa 800 milioni di metri quadrati di su-per� cie abitabile per far fronte alla domanda di chi si trasferisce nelle città: all’incirca la super� cie di Singapore.

Quindi va tutto bene? Non proprio: i problemi strutturali restano irrisolti. Il governo non permette l’edilizia abitativa là dove le persone vorrebbero e� ettivamente vivere: ne consegue una fon-damentale distorsione di mercato. È proprio nelle zone urbane che la terra a disposizione scarseggia, determinando una sproporzione tra o� erta e domanda, oltre a un aumento dei prezzi. Un ulteriore e� etto distorsivo a� onda le radici nelle limitate opportunità di in-vestimenti � nanziari. A causa dei rigidi controlli sulla circolazione di capitali e dei bassi tassi d’interesse sui depositi nelle banche sta-tali, gli immobili diventano un’opportunità d’investimento interes-sante, che però provoca un notevole aumento dei prezzi.

In conclusione, considerando tutti i suddetti fattori, nel 2017 non si prevede una sostanziale ¤ essione dei prezzi immo-biliari. Tuttavia è essenziale a� rontare i problemi strutturali al � ne di ridurre la volatilità e prevenire il rischio di un crollo nel lungo periodo.

(Per ora) tutto beneIl mercato immobiliare è uno dei pilastri dell’economia cinese. Ma in passato le sue profonde oscillazioni sono state fonte di incertezza. Di Vincent Chan, Weishen Deng e Ray Farris

—— Economic Research ——

‹ Immobili ›

44 Foto: Qilai Shen / EPA / Keystone; Lee Chapman / REX / Dukas

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L’invecchiamento delle popolazioni è uno dei principali temi di politica sociale del XXI secolo. Si tratta di un fenomeno che ha � nora caratterizzato soprattutto i paesi sviluppati ma che sta divenendo sempre più globale. Oltre all’Europa, l’Asia orien-tale è una delle regioni che stanno invec-chiando più rapidamente a livello mondia-le, a un ritmo molto più veloce per esempio dell’America latina e del Nord America. Soltanto in Africa l’età media rimarrà rela-tivamente bassa anche nei prossimi decen-ni, e dopo il 2050 questo sarà l’unico conti-nente che presenterà ancora una crescita signi� cativa della popolazione.

In Giappone la quota di persone con più di 70 anni è già oggi superiore alla quo-ta di giovani in età compresa tra i 10 e i 25 anni. Tra il 2027 e il 2029 sarà la volta anche di Corea del Sud e Singapore (si veda il gra� co). L’Europa arriverà a questo punto nel 2030. Presumibilmente nel 2034 anche la § ailandia raggiungerà questo grado di invecchiamento, seguita dalla Cina nel 2038. Già oggi la Cina risente delle conseguenze della politica del � glio unico. Nonostante il governo vi abbia mes-so u� cialmente � ne nel 2015, le mutate condizioni di vita nelle città e il forte au-mento dei prezzi per gli spazi abitativi e la formazione rendono di� cile per molte coppie avere più di un � glio.

Altre regioni asiatiche manterranno però ancora a lungo una struttura d’età più favorevole. In India, Cambogia o Laos, per esempio, dovranno trascorrere altri 60 o 70 anni prima che il rapporto tra giovani e anziani si rovesci a favore di questi ultimi.

Nessuna sorpresaL’invecchiamento demogra� co nelle regioni emergenti e in via di sviluppo non giunge

Aumenta la pressione demografi ca Alcune società asiatiche stanno invecchiando a ritmo serrato, con ripercussioni sulla crescita e sui sistemi pensionistici.Di Sara Carnazzi Weber e Thomas Mendelin

—— Economic Research ——

‹ Demografia ›

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Quale paese sta invecchiando più rapidamente?Anno in cui la quota degli ultrasettantenni supererà la quota di giovani di età compresa tra i 10 e i 25 anni. Selezione di paesi che supereranno la soglia entro il periodo di previsione. Regioni: valori medi.

Fonte: Nazioni Unite, Credit Suisse

Europa

Nord America

Sud America

Asia

Oceania

Africa

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certo inaspettato. Grazie all’espansione economica e al conseguente migliora-mento del tenore di vita, l’aspettativa di vita aumenta e nel contempo diminui-scono i tassi di natalità, cosa che deter-mina un crescente invecchiamento della società. Anche in termini relativi i paesi emergenti e in via di sviluppo continue-ranno a recuperare terreno rispetto al mondo sviluppato: mentre oggi il 60% della popolazione ha più di 70 anni, nel 2050 tale quota salirà già al 75%.

L’(eccessivo) invecchiamento della società comporta alcune fondamentali ripercussioni economiche. Per esempio, ha un’in¤uenza signi�cativa sulla cresci-ta potenziale, vale a dire sulla crescita possibile nel caso di un normale utilizzo della capacità produttiva: i modelli di crescita ad alta intensità di lavoro, che hanno �nora caratterizzato i paesi emergenti e in via di sviluppo, perderan-no rilevanza, mentre passerà in primo piano la crescita determinata dal pro-gresso tecnologico.

Sistemi pensionistici sotto pressioneDiverrà inoltre più complesso garantire un sistema pensionistico sostenibile. Le grosse di�erenze nella qualità dei regimi pensionistici dei singoli paesi rendono di�cile formulare a�ermazioni di carat-tere generale sul futuro della previdenza per la vecchiaia in Asia. I problemi prin-cipali sono l’elevata frammentazione del sistema, la discrepanza tra le prestazioni previdenziali per i dipendenti del settore pubblico e i programmi per il settore privato perlopiù decisamente meno svi-luppati, l’economia informale a stento rilevata e tuttavia importante, come an-che l’ammontare dei tassi sostitutivi (che confrontano il reddito sotto forma di rendita con l’ultimo salario). In Cina, per esempio, secondo una ricerca dell’ Asian Development Bank, il tasso sosti-tutivo per i dipendenti statali si attesta infatti a un ragguardevole 90%. Nel si-stema pensionistico rurale, che è deter-minante per gran parte della popolazio-ne, tale percentuale è però compresa soltanto tra il 17% e il 30%. Per una migliore copertura e un �nanziamento più sostenibile dei sistemi pensionistici, tali Stati necessitano pertanto di rifor-me radicali se vogliono evitare il proble-ma ampiamente di�uso della povertà durante la vecchiaia che costituisce un ostacolo alla crescita economica.

Negli ultimi 15 anni la Cina ha e�ettuato ingenti investimenti nella ricerca e sviluppo (R&S) al �ne di recuperare il ritardo ri-spetto ad altri paesi con i quali la Repubbli-ca popolare intende misurarsi. Secondo dati u�ciali, la quota attribuibile alla spesa R&S del PIL cinese tra il 2000 e il 2015 è più che raddoppiata, salendo nel 2015 a circa il 2% o USD 228 miliardi (retti�cata per parità dei poteri di acquisto, USD 373 miliardi). Tale livello è sì impressionante, ma rimane ancora del 25% inferiore a quello degli Stati Uniti. Inoltre, l’e�cacia di questi notevoli investi-menti in R&S è stata �nora estremamente eterogenea.

—— Economic Research ——

Cina: innovazione imposta dallo StatoIl governo di Pechino vuole rendere il paese più innovativo per mezzo di regolamenti e sovvenzioni. E il ruolo di Internet sarà sempre più importante,Di Vincent Chan

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% del PIL 2000

% del PIL 2013

Spesa R&SSpese per ricerca e sviluppo, in % del PIL; le dimensioni dei cerchi corrispondono all’importo della spesa R&S annuale sostenuta dal paese in questione a parità dei poteri d’acquisto in USD; India, Malaysia e §ailandia: 2011.

Fonte: Unesco, OCSE

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Gran Bretagna

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Da un lato si registrano alcuni grandi suc-cessi nei settori delle telecomunicazioni e di Internet, dove la Cina si è aperta al resto del mondo per quanto riguarda le capacità R&S e ha dato vita a imprese estremamen-te redditizie e competitive, sia in patria sia all’estero. I leader di mercato in questi due settori non solo investono almeno il 10% del loro fatturato in R&S, ma rientrano an-che tra i 25 operatori con la spesa comples-sivamente più elevata in questo ambito in Cina. Dall’altro lato, nei settori ad alta in-tensità di know-how vi sono ancora molte imprese che non investono a su�cienza in R&S e che devono continuare a confron-

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‹ Innovazione ›

tarsi con sovraccapacità e una forte concor-renza dei prezzi.

Il governo cinese prende sul serio la promozione dell’innovazione quale stimolo importante per l’economia. Riforme dell’istruzione come l’ampliamento della for-mazione terziaria negli ultimi due decenni hanno contribuito a rinforzare il pool cine-se di capitale umano. Secondo il piano del governo, la spesa R&S dovrà essere portata al 2,5% del PIL entro il 2020. Secondo Credit Suisse, ciò dovrebbe corrispondere a un incremento del 73% rispetto al 2015, per cui gli Stati Uniti (al netto del potere d’acquisto) dovrebbero essere prevedibil-mente superati.

Come alle OlimpiadiResta tuttavia da vedere se l’attuale politi-ca normativa del paese sarà davvero in grado di promuovere l’innovazione. Il modo in cui il governo cinese sostiene il progresso scienti� co è molto simile ai suoi sforzi quasi sovrumani per conquistare medaglie d’oro ai Giochi Olimpici: ma-stodontici programmi guidati dallo Stato, sostenuti da un’enorme quantità di risorse nazionali, che però lasciano relativamente poco spazio di manovra per poter espri-mere liberamente le forze del mercato e della società.

Nel contempo, Internet sta sempre più contribuendo ad accrescere l’importan-za strategica del settore privato, e con il tempo questi nuovi imprenditori verranno sempre più riconosciuti anche dal governo come importanti motori di innovazione e sviluppo tecnologico.

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In quale area la Cina potrebbe diventare leader di mercato mondiale?

BIOTECH: il mercato dei farmaci biologici e biosimilari è ancora agli inizi in Cina, ma negli ultimi anni ha espresso uno sviluppo incalzante grazie a un grande mercato interno, un contesto normativo favorevole e un forte sostegno statale.

BIG DATA E INTELLIGENZA ARTIFICIALE: Il settore dei Big Data in Cina è cresciuto del 65% nell’arco di un anno, raggiungendo nel 2015 un volume di USD 2,32 miliardi, pari al 10,7% del mercato globale dei Big Data.

INTERNET DELLE COSE (IoT): la Cina è ilpiù grande produttore al mondo di hardware e dispone di un’ampia base di utenti di Internet. L’Internet delle cose è il nuovo megatrend inCina che dovrebbe sostenere la domanda futura

di tecnologie nell’ambito di hardware, software, servizi e infrastrutture.

NEW ENERGY VEHICLES (NEV): la Cinaè oggi il più grande mercato NEV al mondo. Nel 2015 il volume di vendite dei veicoli a energia alternativa in Cina è aumentato del 343% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 331 000 veicoli. Il tasso di penetrazione NEV è così salito dallo 0,3% nel 2014 all’1,3%, superando il tasso di penetrazione NEV dello 0,6% negli USA.

ENERGIA NUCLEARE: la Cina non è il più grande produttore di energia nucleare al mondo per capacità installata, ma si colloca comunque al primo posto su scala globale per i progetti nucleari piani�cati. Il paese ha portato avanti il proprio piano ambizioso per la produzione di energia nucleare che prevede un raddoppiamento della capacità da 28 GW nel 2014 a 58 GW entro il 2020.

Foto: LeEco

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In Asia il fabbisogno di investimenti è enorme e si prevede che nei prossimi anni continuerà a crescere. Mercati dei capitali ben regolamentati, aperti e liquidi giocano un ruolo rilevante per investire capitale disponibile nel modo più e�ciente possibi-le. Sarà necessario che i singoli paesi svilup-pino ulteriormente i propri sistemi �nan-ziari, ma servirà anche una maggiore integrazione dei mercati �nanziari che su-peri i con�ni nazionali. La strada che porta in questa direzione è stata imboccata, ma per ora bisogna procedere con prudenza.

Negli ultimi vent’anni i tassi di cre-scita di molte economie asiatiche sono stati impressionanti e a fare da traino è stato in gran parte l’aumento delle spese d’investi-mento, tra cui nelle infrastrutture statali e private, nella fornitura di energia elettrica, nei trasporti, nelle telecomunicazioni, nell’approvvigionamento e smaltimento e ancora gli investimenti �ssi, edilizi e in immobilizzazioni materiali delle aziende e gli investimenti nell’edilizia abitativa pri-vata. In base ai dati del Fondo monetario internazionale, nel 2015 la quota degli in-vestimenti sul PIL era pari al 45% in Cina, al 35% in Indonesia e 32% in India. Nel complesso, nei paesi asiatici in via di svilup-po la media si attestava al 41% contro il 21% dei paesi industrializzati. Per i prossi-mi anni si attendono ancora tassi di crescita elevati in termini di spese d’investimento che possono e non dovrebbero essere �nan-

Un passo alla voltaLe quote di risparmio dei paesi asiatici sono elevate, ma gli investimenti sono quasi solo a breve termine. La strada che porterà a investimenti a lungo termine e a una più profonda integrazione dei mercati dei capitali è stata però già intrapresa.Di Björn Eberhardt

ziate esclusivamente dalla mano pubblica. Tuttavia, per coinvolgere maggiormente il settore privato in particolare nel �nanzia-mento di infrastrutture, saranno necessarie ulteriori riforme nei settori �nanziari di molti paesi asiatici.

La robusta crescita dei patrimoniRispetto alle nazioni industrializzate, nei paesi asiatici emergenti le quote di rispar-mio sono relativamente elevate. Secondo la Banca mondiale, nel 2014 il risparmio nazionale era del 28% in Asia meridionale e del 45% nei paesi dell’Asia orientale e del Paci�co. La combinazione tra quote di ri-sparmio elevate e rapida crescita economi-ca ha anche fatto sì che i patrimoni delle economie domestiche asiatiche aumentas-sero considerevolmente: secondo il Global Wealth Report 2016 del Credit Suisse Research Institute, tra il 2000 e il 2016 in Asia (Giappone escluso) sono passati da USD 9 miliardi a USD 29 miliardi. Nello stesso periodo la loro quota rispetto al pa-trimonio globale è cresciuta dal 7,7% all’11,5%. La velocità di crescita del patri-monio delle famiglie asiatiche è stata dun-que superiore alla media globale.

In tale contesto una delle maggiori s�de da a�rontare è che queste quote di ri-sparmio, sebbene elevate, sono in gran par-te impegnate in investimenti a breve termi-ne. Il motivo è da ricercare soprattutto in un settore �nanziario fortemente imper-

niato sulle banche, le quali, per questioni di rischi, normative e costi, sono meno pro-pense a e�ettuare �nanziamenti con un orizzonte più lungo. Al contempo molti mercati asiatici dei capitali e in primis i segmenti a più lungo termine come quello delle obbligazioni, sono ancora piuttosto arretrati. È spesso il caso dei mercati dei titoli di Stato, un settore con una durata maggiore e una liquidità ancora piuttosto bassa. E se nei settori a lungo termine i prezzi dei titoli di Stato non sono ampia-mente coperti e a�dabili, anche i segmenti analoghi come quello delle obbligazioni societarie hanno di�coltà ad a�ermarsi. Il problema diventa ancora più rilevante quando i paesi emergenti tentano di crea- re tali segmenti di mercato nella propria valuta locale.

Un mercato fortemente frammentatoUn’ulteriore aggravante è che, stando all’A-sian Development Bank (ADB), il settore �nanziario asiatico è piuttosto frammenta-to e orientato ai rispettivi mercati interni. Le operazioni transfrontaliere di �nanzia-mento vengono svolte in gran parte dalle banche estere, che negli ultimi anni hanno però nuovamente ridotto le loro attività a causa delle normative. A tale riguardo, tan-to l’ADB quanto altre organizzazioni in-ternazionali richiamano l’attenzione sui ri-schi che una scarsa evoluzione dei mer- cati �nanziari comporta per la regione. Il

—— Economic Research ——

48

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rischio è che importanti paesi asiatici emergenti rimangano bloccati a un livello di reddito pro capite medio e non riescano a entrare nel gruppo delle nazioni a reddito elevato (si veda pagina 41).

Per certi versi anche le esperienze di molti paesi asiatici, specialmente quelle le-gate alla crisi asiatica del 1997/98 ma an-che alla crisi � nanziaria globale del 2008/09, continuano a pesare in modo rile-vante sulle iniziative di riforma. Gli inse-gnamenti del passato hanno ad esempio fatto sì che l’apertura dei mercati � nanziari venga considerata come un rischio. In particolare, oggi come in passato, i controlli

sui ¤ ussi di capitale sono considerati uno strumentocapace di garantire, in certe cir-costanze, la stabilità del mercato � nanzia-rio: un punto di vista condiviso negli anni passati anche dal Fondo monetario inter-nazionale e non necessariamente in contra-sto con una maggiore integrazione dei mercati � nanziari.

E ora?Cosa possono fare ora i paesi asiatici inte-ressati per sviluppare ulteriormente i propri mercati dei capitali e allo stesso tempo as-sicurarsi che le riforme tengano conto delle esperienze positive e negative maturate in

tutto il mondo nei decenni scorsi? L’ADB e l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) suggeriscono soprattutto misure tese a favorire il rispar-mio a lungo termine, caldeggiando soprat-tutto il sostegno ai sistemi pensionistici statali e/o privati ovvero la realizzazione di tali regimi. In questo modo si verrebbe inoltre a creare una nuova o più ampia base di investitori con un orizzonte temporale d’investimento lungo. Servono inoltre im-portanti misure volte a sensibilizzare al ri-sparmio a lungo termine, a creare condizio-ni quadro normative a tutela di investitori e risparmiatori e a garantire stimoli � scali. Tramite le misure normative anche la do-manda e l’o� erta di capitale possono essere indirizzate in determinati segmenti di mercato. In� ne, in alcuni paesi l’ulteriore liberalizzazione dei tassi d’interesse resta un punto importante per dare più spazio ai prezzi di mercato e migliorare così l’alloca-zione del capitale. Non sorprende quindi che le organizzazioni internazionali pro-pongano una partecipazione più attiva dei paesi asiatici alla regolamentazione globale dei mercati � nanziari, a cui anch’essi sono assoggettati. Ciò è tanto più importante se si considera che, in conseguenza delle nu-merose crisi, negli ultimi anni negli USA e nell’UE si registra una tendenza alla rego-lamentazione dei mercati � nanziari. Sareb-be dunque auspicabile l’assunzione di un ruolo attivo da parte dei paesi asiatici emergenti in tali questioni normative in proporzione alla loro quota rispetto all’eco-nomia e al patrimonio globali. Il cammino verso una maggiore integrazione e svilup-po dei mercati � nanziari asiatici dovrebbe pertanto essere perseguito con costanza ma anche prudenza. I passi compiuti dai singoli paesi negli anni scorsi sono co-munque incoraggianti.

‹ Mercati finanziari ›

Il Credit Suisse Global Wealth Report è disponibile all’indirizzo www.credit-suisse.com/gwr.

49Foto: Wang Dongzhen / Xinhua / ddp images

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‹ Dati e

cifre ›

100

60

80

40

20

Dove si vive meglio? Chi ha accesso a Internet? Con che rapidità invecchia la popolazione? Da dove emigrano gli asiatici? E in quali paesi vanno?Di Thomas Mendelin

Rimesse degli emigrati

Osservando il volume delle rimesse degli emigrati si sta prendendo coscienza della stretta interdipendenza

economica dei paesi asiatici e dell’importanza degli emigrati per le economie nazionali.

Fonte: World Bank: Personal remittances, received (current USD), based on IMF data

India, §ailandia e Pakistan sono le principali destinazioni d’immi-grazione asiatiche e l’India, insieme a Cina e Bangladesh, è anche il paese con il maggior numero di emigranti. La maggior parte degli emigranti indiani si trasferisce negli Emirati Arabi Uniti, quelli cinesi a Hong Kong e negli Stati Uniti.

L’Asia nelle statistiche

42,8%

La quota dei lavoratori che operano nel settore agricolo

in Asia diminuisce costantemente, ma è ancora

del 42,8%. A titolo di con fronto, UE: 4,4%

(al 2014).

49,7%

In India quasi la metà del totale degli occupati lavora

ancora nelle aziende agricole (2013).

Fonte: UN Population Division: Trends in international migrant stock: Migrants by destination and origin (2015); UN: World Urbanization Prospects

Crescita delle città

In Asia la quota della popolazione che vive nelle città aumenta notevolmente quasi ovunque. Ad esempio, la percentuale di popolazione urbana del Bangladesh è più che quintuplicata (1960 – 2015). Fonte: World Bank: Urban Population; UN: World Urbanization Prospects

0 100 500400200 600300 700 800

Popolazione urbana in mio.

Quota in % della popolazione urbana

Cina

Gia

ppon

e

Pakis

tan

India

Indo

nesi

a

India 68,9

105,9

Paesi resta

nti

dell’Asia

Cina

44,4

19,3

P

akis

tan

Filip

pin

e

30,0

Rimesse degli emigratiin mia. di USD

1960 2015

La top 3 degli immigranti

La top 3 degli emigranti

India 5,2

Thailandia 3,9

Pakistan3,6

in mio.

Bangladesh 7,2

Cina 9,5

India 15,6

—— Economic Research ——

Font

i: A

sian

Dev

elopm

ent B

ank,

2013

; Wor

ld B

ank

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> 65,57 51,21 – 65,57 31,50 – 51,21 14,40 – 31,50 <14,40

World Bank: Total greenhouse gas emissions (kt of CO2 equivalent); Emission Database for Global Atmospheric Research

Utilizzo di Internet

In molti paesi asiatici nel 2015 meno della metà della popolazione ha usufruito di Internet, un dato nettamente inferiore a quello di Europa e Nord America. L’utilizzo di Internet tuttavia sta aumentando a ritmo sostenuto.

Cina

IndiaGiappone

Paesi restantidell’Asia

Emissioni di gas a effetto serra

Cina, India e Giappone sono responsabili di oltre due terzi delle emissioni di gas a e� etto serra di tutta l’Asia. Nell’arco di dieci anni, la quota della Cina è cresciuta dal 36% � no a superare il 51%, sebbene in que-sto periodo siano aumentate le emissioni complessive dell’Asia. 2002 2012 in miliardi di tonnellate

Demografi a

La popolazione in Asia sta invecchiando rapidamente e questo metterà la società di fronte a grandi s� de economiche e sociali, come già sta accadendo in Europa.Grafi co: persone con più di 70 anni, in mio.

52,5%

della popolazione del Giappone possiede tra USD 100 000 e

USD 1 mio.; questo rende il Giappone uno dei paesi

con la distribuzione patri-moniale più proporzionata

del mondo.Fonte: Credit Suisse Global Wealth Databook 2016

Fonte: UN, World Population Prospects: § e 2015 revision

Africa Asia Europa America latina e Caraibi

Nord America

Australia/Oceania

12,5 3,0

1,5

7,1

51

—— Economic Research ——

World Bank: Internet users (per 100 people); International Telecommunication Union

10

20

70

30

80

40

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50

100

140

120

160

60

110

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130

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180

70

80

40

50

60

90

100

120

110

Qualità della vitaOltre alla situazione economica della popolazione, lo Human Development Index dell’Organizzazione delle Nazioni Unite tiene conto anche dell’aspettativa di vita e degli indicatori relativi all’istruzione. Quattro paesi asiatici fanno parte dei migliori 20 al mondo, ma all’interno del conti-nente ci sono grandi di� erenze. Fonte: UN Development Programme, Human development reports, 2015

Singapore (11)

Brunei (31)

Afghanistan (171)

Giappone (20)

Myanmar (148)

Hong Kong (12)

Cambogia (143)

Corea del Sud (17)

Nepal (145) Pakistan (147)

Gra� co: Cra� t

2016

404,4 mio.

2050

1108,7mio.

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Martha Atienza Martha Atienza ha una storia fuori dal co-mune. Spesso è il mare a dominare nelle opere di quest’artista, �glia di un capitano �lippino e di madre olandese; al contempo si scorge una profonda conoscenza dell’am-biente circostante, sotto forma di un pae-saggio in cui l’uomo è il protagonista. Un altro importante aspetto della sua opera è l’uso dell’arte come strumento di cambia-mento sociale.

Dusadee Huntrakul È un artista concettuale tailandese che la-vora prevalentemente con argilla e gra�te. Sia le sue sculture, sia le opere su carta emanano un senso di calma e un fascino irresistibile. Prendendo spunto dalla storia personale dell’artista, le sue opere trattano temi come i sistemi di valori economici, il mercato del lavoro o le problematiche am-bientali.

Fyerool DarmaNato e cresciuto a Singapore, Fyerool Darma è attivo soprattutto come pittore. Al centro della sua opera spiccano tematiche legate all’immigrazione, all’identità culturale e al post-colonialismo. Tocca temi controversi della storia del Sud-est asiatico, soprattutto quelli attinenti all’area di lingua malese, così come nel suo progetto per la Biennale di Singapore del 2016.

Haendi AnuarIl malese Ha�endi Anuar è cresciuto a Kuala Lumpur e ha frequentato le scuole d’arte a Rhode Island e a Londra. Al ritor-no in patria, è rimasto a�ascinato dalle ca-ratteristiche e strutture visive dell’ambiente urbano di Kuala Lumpur, fonte di ispira-zione per notevoli installazioni, dipinti, sculture e oggetti. Sono parte integrante della sua opera anche i rimandi alla storia dell’arte occidentale.

Arte

10 autorevoli artisti dell’avanguardia asiatica.

A cura di Louis Hu, curatore del Singapore Art Museum dedicato al Sud-est asiatico. Inoltre, Hu insegna al National Institute of Education e scrive per diverse pubblicazioni d’arte.

Immagini: Martha Atienza, Endless Hours at Sea (dettaglio), 2016, installazione Biennale di Singapore, per gentile concessione del Singapore Art Museum; Ha�endi Anuar, Elephant Utopia (dettaglio), 2015, per gentile concessione di Richard Koh Fine Art e dell’artista; Phuong Linh Nguyen, �e Last Ride (dettaglio), 2016, installazione Goethe-Institut Hanoi, per gentile concessione del programma Skylines With Flying People, Nha San Collective, a cura di Truong Que Chi; Agan Harahap, Mardijker Photo Studio (dettaglio), 2016, per gentile concessione dell’artista; Lim Sokchanlina, National Road No.5, 2015, collezione Singapore Art Museum, per gentile concessione del National Heritage Board; Fyerool Darma, �e Most Mild Mannered Men, 2016, installazione Biennale di Singapore, per gentile concessione del Singapore Art Museum; Dusadee Huntrakul, provino per un possibile monumento, 2016, per gentile concessione dell’artista e Naruebes Vadvaree; Tun Win Aung e Wah Nu, �e Name, 2016, per gentile concessione del Singapore Art Museum; Boedi Widjaja, Black-Hut, 2016, installazione Institute of Contemporary Arts Singapore, per gentile concessione di Cher Him; Sarah Choo Jing, �e Hidden Dimension II, 2013, installazione multimediale, edizione 3/5, collezione Singapore Art Museum, per gentile concessione dell’artista.

52 — Bulletin 1 / 2017

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Agan HarahapL’artista indonesiano Agan Harahap ha iniziato la sua carriera come illustratore, gra�co e fotografo e solo alla soglia dei trent’anni ha deciso di intraprendere una carriera a tempo pieno nell’arte. Nelle sue opere coniuga fantasia e realtà, dando vita a una visione satirica o parodistica della vita contemporanea dominata dai social media e dalla cultura pop.

Boedi Widjaja La vita di Boedi Widjaja così come la sua opera artistica sono improntate al cambia-mento. Nato a Surakarta, Indonesia, da ge-nitori cinesi, Widjaja ha dovuto fuggire a Singapore a causa dei con¦itti etnici nella sua regione natale, Java. Dopo gli studi di architettura, ha lavorato come designer gra�co e si è dedicato all’arte solo dopo i trent’anni; spesso le sue opere ri¦ettono esperienze autobiogra�che.

Lim SokchanlinaLe opere di Lim Sokchanlina ri¦ettono il tema che preoccupa la giovane e promet-tente generazione di artisti cambogiani contemporanei: la trasformazione del volto della Cambogia per e�etto della globaliz-zazione. Nato nella provincia meridionale di Prey Veng, Sokchanlina è cofondatore e membro attivo di diverse organizzazioni culturali cambogiane, tra cui Stiev Selapak/Art Rebels e Sa Sa Bassac.

Phuong Linh NguyenPhuong Linh Nguyen è nata a Hanoi, Vietnam. Le sue opere interdisciplinari comprendono installazioni, sculture e vi-deo. È una delle fondatrici della collettiva di artisti Nha San, un gruppo di giovani artisti vietnamiti le cui opere ri¦ettono le tensioni tra tradizione e modernità, non-ché il radicamento nella realtà locale e la globalizzazione: leitmotiv che ritroviamo anche nelle sue opere.

Sarah Choo JingSarah Choo Jing è una giovane artista di Singapore, la più giovane dell’elenco, che si dedica prevalentemente alla fotogra�a e ai video. Diplomata alla NTU School of Art, Design and Media e alla Slade School of Fine Art, ha fatto breccia con il suo lavoro di laurea «Hidden Dimension», un’installa-zione video in modalità panoramica, che mostra la vita domestica di una tipica fami-glia di Singapore.

Tun Win Aung und Wah NuLa coppia di artisti Tun Win Aung e Wah Nu è originaria di Yangon, Myanmar. Noti in tutto il mondo, hanno esposto le loro opere al Guggenheim Museum nell’ambito della mostra «No Country: Contemporary Art for South and Southeast Asia» del 2013 e alla Biennale di Singapore del 2016. Spesso si occupano della realtà contempo-ranea della vita in Myanmar.

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— La nuova Asia —

54 — Bulletin 1 / 2017

l’etica professionale giapponese: la diligente dedizione dei giapponesi al proprio lavoro, il perfezionismo e l’a®dabilità assoluta.

L’isola-nazione dell’Estremo Orien-te, con una popolazione di 126 milioni di abitanti, è stata a lungo su®ciente a se stes-sa. Ancora oggi le piccole e medie imprese, la colonna portante del «Japan Inc.», pos-sono fare in larga misura a®damento sul grande mercato interno. Solo da quando il mutamento demogra�co è più percettibile – nel 2016 la popolazione è diminuita per il settimo anno consecutivo – si sta lenta-mente assistendo a un cambio di mentalità.

Il fatto che, nonostante i suoi punti deboli, il Giappone rimanga tra i big eco-nomici mondiali, secondo Hama dimostra che «le economie non devono essere giova-ni, piene di energia e crescere a ogni costo per essere produttive e creative».

In un ritratto che la rivista online americana «Slate» le ha dedicato, Hama viene de�nita «la Paul Krugman giappone-se»: come il premio Nobel per l’economia, anche Hama è «una celebre intellettuale» molto in¦uente nel proprio campo e nota per le critiche taglienti.

Un esempio? Ha ribattezzato l’Abe-nomics, la politica economica del primo ministro Shinzo Abe, «Ahonomics» – «la politica della stupidità». Hama critica du-ramente la combinazione tra programmi di spesa pubblica, riforme strutturali e una politica monetaria troppo accomodante, in

La ricetta di Noriko: un equilibrio migliore Nonostante il rallentamento della crescita e una

popolazione che invecchia rapidamente, il Giappone rimane pur sempre la terza economia mondiale.

L’illustre economista Noriko Hama spiega il fenomeno e critica la politica economica del paese.

Di Sonja Blaschke

Sono ormai �niti i tempi in cui il mondo temeva l’apparente strapotere del «Japan Inc.». I mega gruppi giapponesi come Sony e Panasonic arrancano dietro l’agile concor-renza della Corea del Sud. «Sono caduti vit-tima del loro stesso successo», a�erma l’eco-nomista giapponese Noriko Hama, 64 anni.

«I produttori nipponici sono eccel-lenti nella gestione dei processi. Per quan-to �ere ne andassero le aziende giappone-si, la tendenza alla digitalizzazione ha però reso spesso super¦ua una precisione così elevata. Oggi contano di più le idee e la loro attuazione», a�erma la docente in un intervento al campus dell’Università Doshisha di Tokyo.

Negli anni Novanta, con lo scoppio della «bubble economy», il Giappone di-ventò il «malato asiatico». La guarigione si fa attendere: anche quando i dati non sono del tutto negativi, i tassi di crescita supera-no raramente lo 0,5 per cento. Gli stipendi ristagnano e il mercato del lavoro è in con-trazione. Oggi un giapponese su quattro ha più di 65 anni e secondo le stime già nel 2030 saranno quasi uno su tre. Lo scop- pio della crisi �nanziaria e il disastro di Fukushima nel 2011 si sono ulteriormente accaniti sul paese. Nonostante tutte queste s�de l’economia giapponese funziona «in-credibilmente bene» secondo Hama. Que-ste parole, dette dalla donna che commenta regolarmente i fatti economici sulla BBC, Sky TV, CNN e nel «Financial Times» ed è nota come uno dei critici più pungenti del

suo stesso paese, suonano come un grande riconoscimento. E in e�etti il Giappone, nonostante oltre vent’anni di crescita debo-le, rimane comunque la terza economia mondiale, dietro ad America e Cina.

Imparare dal GiapponeLa giornalista ed economista ritiene che questo sia l’esito della trasformazione del Giappone in un’economia che ha raggiunto un elevato grado di maturità. «L’infrastrut-tura economica e sociale che fa funzionare questo sistema è saldamente ancorata e dif-�cilmente potrebbe deragliare», spiega l’eco-nomista e opinionista nipponica. L’altro se-greto di questo successo a lungo termine è

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 55

le persone quando è ovvio che di loro ab-biamo urgente bisogno», è la ri¦essione di Hama. Gli esperti calcolano che entro il 2050 la popolazione giapponese diminuirà da 126 a 97 milioni. Ma per i politici nip-ponici, timorosi di perdere voti, l’immigra-zione non è stata �nora un tema di discus-sione. Preferiscono puntare su una mag- giore integrazione di donne e anziani nel mercato del lavoro. Per Hama è la strada sbagliata: «Se il Giappone vuole far parte della comunità internazionale deve essere aperto all’immigrazione».

Ritiene che i suoi connazionali siano pronti a un cambio di rotta: già nel 2009, quando il partito democratico salì al gover-no, il Giappone aveva a suo avviso imboc-cato la direzione giusta. Allora i giapponesi scoprirono i vantaggi della lentezza. Invece di continuare a vivere a tutta velocità, desi-deravano una migliore qualità della vita e abbracciare la diversità e il cambiamento come un’opportunità. Con il suo «mix mol-to interessante e riuscito di diversità e inte-grazione» il Giappone poteva diventare un modello per altre società avanzate, prose-gue Hama, che lancia alle aziende giappo-nesi un appello a tornare alle proprie radici e a rivedere le proprie capacità. La creativi-tà non manca, è stata solo so�ocata dall’ec-cessivo orientamento ai processi attuato in passato. Hama, che con il suo caschetto viola non passa certo inosservata, invita i propri connazionali ad avere un po’ più di coraggio e faccia tosta. Rispetto ai suoi vi-cini asiatici, il Giappone non è molto por-tato a intercettare nuovi trend e farli propri copiando o attuando fusioni. «I giapponesi, sempre molto coscienziosi, pensano di do-ver essere quelli che inventano la ruota, an-che quando la ruota sta già girando sotto i loro occhi.» Hama è pragmatica: «Se la ruota ti viene incontro, perché non seguire il movimento»?

quanto ritiene che il loro obiettivo – la cre-scita – sia una strada del tutto sbagliata per un’economia matura. «È come pretendere che una persona già adulta continui a cre-scere all’in�nito.»

La strategia funziona solo per le eco-nomie agli albori o che hanno perso tutto a causa di una guerra. A suo avviso il Giap-pone di Abe è caduto in una «diabolica smania di giovinezza», una sorta di doping che ne distrugge il sano equilibrio.

Apertura: una delle soluzioniA®nché il Giappone sia pronto per il futu-ro, Hama non auspica crescita ma un mi-gliore equilibrio. «Quello su cui bisogne-rebbe concentrarsi ora è un equilibrato stato di salute, capire se è in linea con il proprio bioritmo e se funziona bene.» La ricetta? Una migliore distribuzione della ricchezza, ad esempio attraverso l’innalza-mento dell’aliquota �scale massima per i più benestanti. Così si risolverebbe il «più grande e per certi versi unico problema del Giappone», ciò che Hama chiama «povertà nell’abbondanza». I soldi ci sono. Le azien-de siedono su enormi quantità di risparmi in contanti che non vengono messe in cir-colazione. Secondo uno studio dell’OCSE del 2014, è povero un giapponese su sei e persino la metà dei genitori soli.

Il Giappone ne guadagnerebbe in sa-lute anche evitando di chiudersi agli immi-grati: «Penso sia molto illogico allontanare

Sonja Blaschke è corrispondente freelance dall’Asia orientale e produttrice televisiva per media di lingua tedesca. Vive in Giappone dal 2005.

«È come pretendere che una persona già

adulta continui a crescere all’in�nito.»

Foto: Yasuyuki Takagi

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— La nuova Asia —

56 — Bulletin 1 / 2017

Per conseguire una crescita duratura la Cina deve diventare più innovativa. Ecco perché Pechino investe miliardi nelle start-up. Un viaggio a Shenzhen, la Silicon Valley della Cina meridionale. Di Lea Deuber (testo) e Lam Yik Fei (foto)

Nel paese degli unicorni

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— La nuova Asia —

Bulletin 1 / 2017 — 57

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58 — Bulletin 1 / 2017

l braccio robotico gira bruscamente. Si blocca per un attimo poi inizia a fare un movimento circolare in aria, come se stesse avvitan-do una vite invisibile. Quindi torna alla posizione originaria. Song Junyi guarda con orgoglio la costruzione in metallo nero �ssata a terra davanti a lui.

Sono due anni che Song lavora al prototipo. Il ventiseienne Song ha fondato la Elephant Robotics insieme al collega Wu Qilin. Insieme sviluppano robot industriali che presto saranno impiegati nelle fabbriche cinesi. Le centinaia di migliaia di asole che oggi vengono ancora cucite a mano da semplici lavoratori, do-mani saranno realizzate con ago e �lo dai robot di Song. «In Cina i salari sono in crescita e tra non molto le fabbriche non potranno più permettersi gli operai», a�erma l’inventore. Attualmente in Cina si contano appena 19 robot industriali ogni 10 000 lavoratori. In Germania sono più di 300. I robot di Song si distinguono in particolare per la convenienza di prezzo: costano circa 10 000 dol-lari e sono accessibili anche per le piccole fabbriche.

Ristrutturare l’economiaI giovani startupper come Song sono la speranza di Pechino. Negli ultimi tre decenni la crescita del paese è stata vertiginosa e per

«A Shenzhen tutto accade molto velocemente.»: Benjamin Jo�e promuove start-up a Shenzhen (sopra); Wu Qilin e Song Junyi negli spazi di HAX (sotto).

I

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— La nuova Asia —

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Questa politica sembra avere successo. Le nuove costituzioni sono esplose in particolare nel settore dei servizi e del commercio online e nel ramo del gioco e dell’intrattenimento: si stima siano circa 10 000 le imprese che ogni giorno nascono in Cina (per il sostegno statale all’innovazione si veda anche a pagina 46).

In passato banco di lavoro del mondo, e oggi?Shenzhen è uno dei luoghi dove la visione del presidente cinese diventa realtà. È da qui che proviene la maggior parte dei disposi-tivi, come cellulari e computer, su cui si legge «Made in China». Nel 1980 il riformatore economico Deng Xiaoping dichiarò que-sta città circondata dai campi di riso la prima zona economica spe-ciale del paese. Distante solo pochi minuti di treno da Hong Kong, la vicinanza alla metropoli �nanziaria internazionale doveva av-vantaggiare la città e portare nuova crescita a un paese all’epoca chiuso. Il piano funzionò. Nell’arco di pochi anni Shenzhen diven-ne una delle più importanti metropoli economiche del paese. La Cina si trasformò nel banco di lavoro del mondo e il delta del Fiume delle Perle nel cuore dell’industria manifatturiera. Le fab-

briche spuntavano come funghi. Era nata la Shenzhen capitale hardware del mondo. E mentre negli anni Settanta la città contava solo alcune decine di migliaia di abitanti, oggi si stima siano circa 12 milioni.

La vicinanza alle fabbriche non attira più soltanto produtto-ri da tutto il mondo alla ricerca di un sito di produzione a basso costo, la città è stata scoperta anche da giovani startupper come i ragazzi della Elephant Robotics. Song e Wu lavorano ai loro robot negli spazi di HAX. Oltre che a Shenzhen, l’acceleratore (promotore di start-up) americano ha anche una sede a San Francisco e fa capo alla società di venture capital SOSV. La società statunitense fondata nel 1995 dall’ingegnere elettronico Sean O’Sullivan ha già investito in oltre 500 start-up in tutto il mondo tramite diversi programmi di incentivazione. Il motto dell’acceleratore di Shenzhen è: «Quando si tratta di hardware, tutte le strade portano a Shenzhen».

Il responsabile del programma è Benjamin Jo�e. Lavora in Asia da dieci anni e ritiene che Shenzhen faccia già oggi concor-renza alla Silicon Valley. «A Shenzhen tutto accade molto veloce-mente», a�erma Jo�e. Il promotore di start-up siede all’ottavo piano di un grattacielo di vetro. Da qui gli ascensori arrivano diret-tamente agli innumerevoli mercati sotterranei cittadini. Ubicati per lo più ai piani interrati degli alti edi�ci in vetro, ospitano numero-sissimi stand – piccoli, informali e allineati uno accanto all’altro – allestiti dalle fabbriche dei dintorni. Dischi �ssi, batterie e ali- mentatori sono disponibili in pacchi da decine di migliaia di pezzi direttamente dal produttore. Se una mattina Song ha bisogno di una vite per il suo robot, la può avere entro l’ora di pranzo. «Tutto questo è impossibile nella Silicon Valley, a Berlino o a Bangalore», commenta Jo�e. «Le nostre start-up di Shenzhen in una settimana raggiungono risultati che altrove richiedono un mese».

«Tutto questo è impossibile nella Silicon Valley,

a Berlino o a Bangalore.»

lungo tempo continua. Ma con l’aumento dei costi salariali la Cina sta perdendo in competitività, il banco di lavoro del mondo è diventato troppo caro. L’export è in calo, la congiuntura si sta inde-bolendo. Lo scorso anno la crescita economica è stata lenta come mai da oltre 25 anni. Al momento sono il denaro a basso costo e i faraonici progetti infrastrutturali a tenere in piedi la congiuntura. Per crescere in modo sostenibile la Cina deve però ristrutturare la propria economia.

A®nché il cambiamento strutturale abbia successo, Pechino punta soprattutto sulla crescita del settore dei servizi, su una mag-giore tecnologizzazione dell’industria e su più innovazione made in China. Ecco perché il paese investe miliardi nelle start-up. Il pre-sidente Xi Jinping invoca una «massiccia imprenditoria nazionale». In futuro gli universitari potranno interrompere senza alcun pro-blema gli studi se vorranno avviare un’azienda. Le start-up di tutto il paese possono accedere facilmente a prestiti �no a 100 000 yuan (15 000 franchi) per il capitale iniziale e se a richiederli è uno stu-dente universitario lo stato si accolla l’assicurazione sociale. A ciò si aggiungono agevolazioni �scali e fondi di avviamento miliardari. I centri di sviluppo e i parchi universitari high-tech o�rono agli studenti la possibilità di lavorare subito alle proprie idee.

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zionali nazioni industrializzate. USA a parte, quello cinese è l’uni-co mercato delle start-up dove in quasi tutti i settori sono presenti i cosiddetti unicorn (unicorni), aziende valutate oltre il miliardo di dollari. È il caso di Didi Chuxing, intermediario di servizi taxi, la cui valutazione è di 17 miliardi di dollari, e del servizio di consegne Ele.me, 3 miliardi di dollari di valore. Meituan-Dianping, attiva nel settore dei buoni sconto, è valutata 18 miliardi di dollari: nove volte tanto il concorrente americano Groupon.

Per molti giovani cinesi i fondatori di questi colossi tecnolo-gici sono modelli da seguire. Frank Wang è tra loro. Fondatore della società produttrice di droni DJI Innovations, è spesso citato come lo Steve Jobs cinese. L’azienda con sede a Shenzhen possiede una quota di mercato globale del 70 per cento ed è valutata 8 mi-liardi di dollari. Dopo il terremoto in Nepal o nei �lm hollywoo-diani, a fornire le riprese sono i droni di Wang. Altro celebre esem-pio è l’articolato servizio di messaggistica WeChat, che o�re diverse applicazioni online collegate tra loro come un servizio messenger, una piattaforma sociale e un proprio servizio di paga-mento chiamato WeChat Wallet. In Cina contrasta la concorrenza internazionale di Facebook, Snapchat e WhatsApp. Sempre più funzioni che solo ora vengono introdotte dai social media occiden-tali, in Cina sono standard da anni.

Per capire quanto sia all’avanguardia il panorama delle start-up cinesi, non c’è niente di meglio di una visita alla Youquan, il cui

Dischi �ssi, batterie e alimentatori in pacchi da decine di migliaia di pezzi: mercato dell’elettronica a Shenzhen.

Song ha studiato robotica a Xi’an, nel nord della Cina. Già durante gli studi inventava robot intelligenti in grado di compiere movi-menti complessi e intervenire sugli scostamenti delle linee di produzione. Ha conosciuto il socio in a�ari Wu durante la sua prima esperienza lavorativa, in una fabbrica di robot per bambini. Per Song non è stato facile decidere di mettersi in proprio. I ge- nitori avrebbero preferito vedere il �glio sistemato in un’azienda statale, con un posto di lavoro sicuro e la prospettiva di una buona pensione. «Ma noi sapevamo di poter costruire robot migliori», racconta Song.

Droni per HollywoodSong e Wu partecipano a un programma d’investimento che dura da quattro a sei mesi. Hanno ottenuto 100 000 dollari di �nanzia-menti e ceduto il nove per cento delle quote all’acceleratore. Oltre a ciò ricevono supporto nell’organizzazione dell’azienda, nello svi-luppo dei prototipi e nell’accesso a eventuali ulteriori �nanziamen-ti. Gli spazi di HAX sono gratuiti e i team che qui sviluppano le proprie idee sono circa 20. Nelle pause si gioca a tennis o si cucina assieme. HAX è uno dei migliori acceleratori al mondo.

Cina e innovazione: per molti ancora un ossimoro. A lungo il paese è stato sinonimo di prodotti a basso prezzo e contra�atti, ma recentemente ha recuperato terreno a grandi passi soprattutto in campo tecnologico facendo sempre più concorrenza alle tradi-

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nome tradotto signi�ca più o meno proprietà. Che Keda ha fonda-to la giovane società tecnologica nel 2015 a San Francisco assieme al direttore Chen Kai, ma poco dopo si è trasferito con il suo team a Shenzhen. L’azienda sviluppa un chip d’identi�cazione che aiuta i produttori a contrastare la pirateria. Per un produttore di scarpe è utile tracciare i propri prodotti �no nei negozi, sapere come proce-de il trasporto e avere la certezza che la merce è quella originale.

Lungo la catena di approvvigionamento le scarpe pos-sono andare perse, essere scambiate o mescolate a falsi. «Il problema non sono le copie a basso costo, bensì le falsi�cazioni spacciate per originali», spiega il direttore Chen Kai. Il sistema prevede l’applicazione di un chip su ogni prodotto. La società ha il sostegno tra gli altri di Sanjeev K. Mehra, ex pioniere degli investimenti presso Goldman Sachs.

Nato in Cina, cresciuto negli Stati UnitiIl venticinquenne Chen è nato in Cina. Quando era ancora in fasce il padre scappò negli Stati Uniti. Il de-naro per la traversata, che sarebbe durata nove mesi, se l’era fatto prestare al villaggio e il bimbo rimase in Cina come pegno. Fortunatamente ottenne un permesso di lavoro e l’anno dopo fu raggiunto dalla moglie. Una volta risparmiati i soldi necessari, la coppia rimborsò il prestito e riprese con sé il �glio. Mentre i genitori gestivano un ristorante cinese, Chen riuscì a entrare all’Università di Yale, a New Haven, dove studiò eco- nomia. Nonostante le innumerevoli opportunità di carriera, Chen optò per aprire la sua start-up: «Qui decidiamo noi chi siamo, chi vogliamo essere e dove vogliamo andare».

Per il chip identi�cativo contro le falsi�cazioni il team riceve supporto dalle alte sfere. Insieme ad altre cinque aziende, tra cui DJI Innovations e il colosso immobiliare cinese Vanke, la neo società rientra nel programma quinquennale di Shenzhen, il piano econo-mico cittadino. «La lotta alla pirateria è uno dei capisal-di del governo», spiega Chen, quindi la città paga per conto dell’azienda gli spazi in un grattacielo del centro. Le pesanti sedie di legno e gli antichi servizi da tè rimandano più al vecchio palazzo imperiale di Pechino che ai locali di una giovane start-up. Il trasferimento dalla Silicon Valley a Shenzhen sarebbe stato un passo logico per Chen anche senza il sostegno statale. «Nessun luogo al mondo è più dinamico della Cina».

Come Chen, sono molti i cinesi con un’istruzione interna-zionale che rientrano in patria. Secondo un’indagine del portale per le start-up Chuangyeban, circa la metà di essi è mossa dai generosi aiuti economici. L’altra metà vuole per quasi il 90 per cen-to realizzare il proprio sogno e fare il lavoro in cui crede. Sogni, indipendenza e vision non sono più utopie per molti cinesi.

«Il problema non sono le copie a basso costo.»: Che Keda e Chen Kai di Youquan.

«Qui decidiamo noi chi siamo, chi vogliamo essere

e dove vogliamo andare.»

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La giovane generazione ha spesso studiato all’estero, ha viag- giato molto e ha un’idea di come sia la vita in un altro paese. L’aspetto sorprendente è che la maggior parte faccia ritorno in patria – chi per lavorare in una società cinese, chi per aprire la propria azienda.

Il 55 per cento è donnaSonya Zhang è una di loro. Siede rilassata su una sedia bianca, davanti ha una tazza di tè fumante. Parla inglese velocemente e con un accento britannico. Quando non è a Hong Kong o negli Stati Uniti lavora a uno dei lunghi tavoli di legno nello spazio di coworking di SimplyWork, la cui sede è appartata nell’area ovest di Shenzhen. SimplyWork è nata nel 2015 ed è ancora una start-up. Oggi l’azienda gestisce sette sedi di coworking. Gli u®ci e le po-stazioni di lavoro ¦essibili hanno successo tra i giovani imprendi-tori. Nel �ne settimana gli spazi sono a�ollatissimi, è tutto un susseguirsi di portatili.

Mentre Zhang sorseggia il suo tè, in cucina un paio di giova-ni donne parlano di una nuova app. Qui la ventottenne è a proprio agio. In Cina la percentuale di startupper donne è relativamente elevata. Secondo dati del governo cinese sono un quarto del totale, e in campo tecnologico addirittura il 55 per cento.

Zhang proviene da Nanyang, nella Cina orientale, e ha studiato sei anni in Inghilterra. Lavora per una grande società di consulenza con sede a Hangzhou, nell’est del paese, e da un anno sta anche creando la sua start-up, MYH, assieme a nove amici. La �nalità dell’azienda è fornire orientamento agli studenti che si recano in scambio all’estero. L’acronimo sta per «Make yourself at home», più o meno «sentitevi come a casa vostra». Ogni anno centinaia di migliaia di studenti cinesi partono per studiare negli Stati Uniti, in Australia ed Europa, come anche la stessa Zhang. All’inizio la pe-sante barriera linguistica e le di�erenze culturali rendono spesso le cose di®cili. Zhang vuole ovviare a questo problema. La start-up accoglie lo studente all’aeroporto, si preoccupa di a®ttare un ap-partamento e fornisce aiuto nelle procedure di iscrizione a univer-sità e scuole. «Sono soprattutto i genitori a sentirsi più tranquilli rivolgendosi a un servizio come il nostro.»

Zhang è responsabile per la Cina. Anche se non è originaria di Shenzhen, per ora ha fatto della città la sua patria d’elezione. Le piacciono il suo spirito imprenditoriale, i ritmi sostenuti e l’apertu-ra della gente. Fino a pochi anni fa era ancora un piccolo villaggio di pescatori, dunque di stranieri non ce ne sono. Come dicono qui: «Se vieni a Shenzhen appartieni a Shenzhen».

Le donne sono un quarto degli startupper: Sonya Zhang di MYH.

La speranza di Pechino: Shenzhen, la metropoli delle start-up.

Lea Deuber è corrispondente dalla Cina per la «WirtschaftsWoche», vive a Shanghai.

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Crocevia mondiale dei container

I dieci principali porti per container al mondo si trovano in Asia. Il porto di Singapore rappresenta lo snodo

chiave del commercio tra Oriente e Occidente.Di Daniel Ammann, Simon Brunner (testo) e Juliana Tan (foto)

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«Guardate, quello è lo Stretto di Malacca». Atletico, occhiali senza montatura e un sorriso accattivante: con il braccio allun-gato, Tan Chong Meng indica il mare a ovest. Ci troviamo sulla terrazza sul tetto di un grattacielo di Singapore per assistere a una singolare lezione di economia.

«Il passaggio è stretto, tra i 50 e i 300 chilometri, eppure è il principale sno-do del commercio navale internazionale», a�erma Tan Chong Meng. Lo Stretto di Malacca collega l’Oceano Indiano al Paci-�co, quindi l’Est asiatico all’India, al Me-dio Oriente e all’Europa. «Il 50 per cento di tutte le merci e il 30 per cento del pe-

trolio trasportati via mare transitano da-vanti a casa nostra», aggiunge, «230 navi da carico al giorno».

«Gli esperti erano contrari»Tan Chong Meng – nei nomi cinesi il cognome viene anteposto – è Group CEO di PSA International, uno dei principali operatori portuali al mondo. La terrazza sovrasta il quartier generale dell’azienda, nella parte occidentale della città. Pren-dendo spunto dalla vista, Tan delinea pas-sato, presente e futuro di Singapore, del trasporto di container e del commercio.«Là, in lontananza, si vede il vecchio porto

per container di Singapore. La prima nave portacontainer approdò nel 1972. Il mo-derno container era stato inventato negli Stati Uniti solo vent’anni prima. La co-struzione del primo porto del Sud-est asiatico è stato un vero azzardo. Molti esperti erano contrari». Ma ha funzionato: «Il porto e l’industria marittima rappre-sentano il 7 per cento del prodotto interno lordo di Singapore», continua Tan.

Dieci volte il giro del mondoIl grattacielo PSA è meno lontano dal-l’equatore della distanza tra Zurigo e Friburgo. Fuori ci sono più di 30 gradi,

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l’umidità dell’aria è vicina al 100 per cento. Abituati all’inverno europeo, i visitatori so�rono il caldo nei loro abiti da lavoro. Tan è pieno di energia.

L’impianto portuale visto dall’alto è come un reticolo di linee geometriche, con un mosaico di gru. I container assomigliano a mattoncini Lego. Solo dopo, nel porto stesso, ci si rende conto delle loro reali di-mensioni: il container standard è lungo qua-si 20 piedi e alto più di 8 piedi (6,06 metri × 2,59 metri).

Un «box», come si dice in gergo, cor-risponde a una TEU, acronimo di «twenty- foot equivalent unit». È questa l’unità di misura principale del settore. L’anno scorso PSA ha movimentato in tutto il mondo quasi 68 milioni di TEU. È molto? Se met-tessimo in �la tutti questi container, copri-rebbero dieci volte la circonferenza della terra o una volta la distanza tra terra e luna.

Fondata nel 1997, PSA era in passato la Port of Singapore Authority, ma da tem-po l’ex autorità portuale si è espansa e oggi gestisce 40 terminali in tutto il mondo. Circa la metà dei 68 milioni di TEU tran-sitano dal porto di Singapore rendendolo il secondo porto per container più grande al mondo, solo di poco preceduto da quello di Shanghai. Anche gli altri otto porti per container più grandi al mondo sono in Asia. A giudicare dal volume dei porti, il commercio mondiale è saldamente in mano asiatica.

Solo il 15 per cento dei container ri-mane a Singapore. Il resto viene trasborda-to e rispedito: come un grande aeroporto, il porto funge da hub per lo smistamento ca-pillare. La maggior parte dei container se-gue le grandi rotte commerciali dall’Asia all’Europa.

Tan Chong Meng si accorge che i suoi visitatori so�rono il caldo e li invita nel locale climatizzato adiacente. «Entro 20, 30 anni, si prevede un ulteriore raddop-piamento del passaggio navale nello Stretto di Malacca. Presto il vecchio porto non ba-sterà più, è troppo piccolo. E gli sviluppato-ri immobiliari intendono sfruttare la posi-zione di pregio per appartamenti e negozi». Da tempo il terreno è la risorsa più prezio-sa nel piccolo Stato di Singapore, con una super�cie grande meno della metà del Canton Zurigo, ma una popolazione di 5,6 milioni di abitanti. Nel 1993 ebbe ini-zio la costruzione di un secondo porto, che ancora oggi viene costantemente ampliato. Verso il 2020 entrerà in funzione un terzo porto a Tuas, all’estremità occidentale

dell’isola. Allora il megaporto sostituirà in-teramente l’attuale struttura portuale, di-ventando il principale porto per container al mondo con una capacità stimata di 65 milioni di TEU.

Un paese gestito come un’aziendaTan Chong Meng, nato negli anni Sessan-ta da immigranti cinesi, ha lavorato per 23 anni in giro per il mondo come dipen-dente Shell prima di tornare a Singapore. Spesso si parla di Singapore come di un paese che viene gestito come un’azienda. Lee Kuan Yew, il primo premier, si ispirò alla governance di Shell per la fondazione dello Stato, per esempio adottò il principio delle «helicopter qualities», le categorie per la valutazione delle classi dirigenti. PSA è interamente di proprietà di Tema-sek Holdings, ramo d’investimenti sotto-

posto all’autorità del Ministero delle Fi-nanze di Singapore. Nel 2015 il porto ha realizzato un fatturato record di 2,5 miliar-di di franchi e un utile al netto delle impo-ste pari a 920 milioni. «Ma ora basta con la teoria: voglio mostrarvi il porto», esclama Tan. A Singapore si avverte una pressione costante alle orecchie per via dell’elevata velocità degli ascensori nei grattacieli. E anche nella sede principale di PSA scen-diamo di 40 piani in una manciata di se-condi. All’ingresso ci attende un minibus. Durante il tragitto verso il porto, Tan ci parla dell’industria dei container in Asia.

Si avvertono i segnali del ritorno al protezionismo di cui si parla tanto? Non molto: �nora a mio avviso è più retorica politica che una realtà tangibile in acque internazionali, ma certamente anche noi,

«È stato un vero azzardo.»: Tan Chong Meng, responsabile del porto di Singapore.

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come molti altri, siamo preoccupati. Un tema globale che invece vediamo è la delocalizzazione della produzione, l’arbitraggio globale del lavoro.

All’aumentare dei salari, la produzione si sposta in zone meno sviluppate?Esattamente. Nel 1995 i salari medi in Cina erano la metà di quelli indonesiani: oggi sono il doppio.

La Cina delocalizza sempre più lavoro. Dove? La �ailandia è già da tempo molto forte. Poi ci sono la Malaysia e il Laos. Fa sicuramente parte dell’elenco l’Indonesia. Con un quarto di miliardo di abitanti, il paese è molto popoloso e, come si osserva in numerosi Stati che da mercati emer-genti si sono evoluti in paesi industrializ-zati, i consumi sono sempre più in primo piano. Inoltre la popolazione è relativa-mente giovane. Il Vietnam è in una situazione analoga, con una popolazione giovane e copiosa. Molti fabbricanti di prodotti a basso prezzo guardano con attenzione al paese. Finora le Filippine erano orientate al settore dei servizi, ai call center. Ma anche loro stanno cercando di passare alla produzione.

Lei è molto ottimista per quanto riguarda il Sud-est asiatico.È il futuro centro della produzione mon- diale. Il reddito pro capite e la popolazione giovane rendono possibili bassi costi di produzione. Al contempo sta sorgendo una nuova classe media e i consumi locali potrebbero dare ulteriore impulso alla crescita. Ma nel frattempo anche l’India sta decollando: lì stiamo costruen-do il porto più grande del paese.

Quali sono gli e�etti della delocalizzazione della produzione?In generale sta riducendo la catena di approvvigionamento, perché molti dei paesi che ho citato sono più vicini della Cina alle destinazioni dell’export. Di conseguenza le rotte navali si accorcia-no e sul mercato sono disponibili più navi e container.

Siamo arrivati. Ad accoglierci troviamo Ro-nald Toh, responsabile dell’ampliamento del porto, che ci guida alla sala di comando. Lì gli operatori portuali siedono ai compu-ter in T-shirt. Ma quasi tutti gli schermi sono oscurati. Temiamo un crash del siste-

ma, ma Toh ride: «Le gru movimentano i container automaticamente. Solo se va storto qualcosa, interviene l’operatore: a quel punto lo schermo si accende».

Il capo in costume da robotSembrano �niti i tempi in cui i portuali in-dossavano tute sporche di grasso e in gene-rale ci vogliono sempre meno persone per gestire un porto. «Già oggi molte gru fun-zionano in automatico, al momento stiamo testando i camion con guida autonoma e presto si parlerà anche di droni», a�erma Tan Chong Meng. L’eliminazione dei lavo-ri �sicamente usuranti rappresenta un’op-portunità per Singapore: «Già qualche anno fa avevamo di®coltà ad attirare can-

didati per i lavori portuali. E la popolazio-ne non ringiovanisce». In altri paesi, dove la forza lavoro è più copiosa ed economi-ca, PSA persegue ritmi di automazione meno rapidi.

L’operatore portuale intende spingere oltre l’innovazione: «L’anno scorso abbia-mo lanciato ‹PSA unboXed›, un’impresa di capitale di rischio intesa a promuovere nuove idee», continua Tan, che in occasione di uno degli ultimi eventi �nanziari si è presentato in costume da robot e ha tenuto un appassionato discorso a sostegno dello spirito d’inventiva. «Il modo in cui viene piani�cato il carico di una nave è spesso ancora lento e rudimentale», a�erma. «Sembra banale, ma i container da scaricare per primi dovrebbero sempre essere quelli più in alto. Il settore è ancora molto lonta-no da questo obiettivo».

Il CEO intende trasformare i porti in imprese data-driven: «Esistono migliaia di produttori, innumerevoli spedizionieri e in fondo alla catena di approvvigionamento molti commercianti al dettaglio e milioni di clienti. Ma prima o poi tutte le merci del mondo transitano dal nostro porto. Questa è la location ideale per controllare l’intera

catena di produzione, dalla materia prima al prodotto �nito, e per elaborare i dati».

Tan, sposato da 32 anni e padre di tre �gli, è a capo di oltre 30 000 persone che per PSA provvedono all’approntamento delle navi in 16 paesi: nel nord della Cina, in Arabia Saudita, Italia o Argentina. Come si gestiscono collaboratori con back-ground culturali così diversi e geogra�ca-mente distanti? Inviate dappertutto i vostri alleati dalla sede principale? «Al contrario», a�erma Tan, «al di fuori di Singapore sono solo 50 i dipendenti di qui». PSA è orienta-ta a una cultura del lavoro che si ispira ai pescivendoli del mercato di Pike Place a Seattle. Questi commercianti hanno fatto della loro attività un’attrazione, i pesci vola-no in aria, si scherza con i clienti, si ride parecchio. Il consulente John Christensen ne ha tratto una �loso�a che mira a miglio-rare il clima sul posto di lavoro.

L’insegnamento dei pescivendoliLa cosiddetta �loso�a «Fish!» si propone di promuovere tra i collaboratori un atteg-giamento più dinamico e attento. La re-sponsabile globale del personale di PSA, Caroline Lim, era la dipendente numero 23 di Apple in Asia, ha scritto vari libri ed è stata insignita di numerosi riconoscimen-ti per la sua gestione del personale. È a lei che si deve l’introduzione di «Fish!». Tem-po fa ha illustrato la sua idea al «New York Times»: «Forse si potrà comprare la mente di un dipendente, ma il cuore e l’anima vanno conquistati».

Tan si adopera molto a questo scopo. Nel 2014, in occasione di una festa di �ne anno al Politecnico di Singapore, ha parla-to del work-life-balance, un tema di®cile in un paese, dove già alle elementari gli scolari devono sgobbare dieci o più ore al giorno. È intervenuto dicendo: «Quando ho iniziato a lavorare nel 1983, non era un concetto di�uso. E nel 1992, mentre mia moglie dava alla luce il nostro terzo �glio, io sedevo accanto a lei in ospedale e lavora-vo. La incitavo a fare in fretta, perché non volevo perdere il volo. Lei ha fatto la sua parte, ma il suo sguardo mi rimarrà impres-so per tutta la vita. Ancora oggi mi rinfac-cia quel momento».

Il suo discorso si concludeva con que-ste parole: «Io non sono un buon esempio di work-life-balance. Ma spero che i miei �gli possano essere orgogliosi di me».

«Prima o poi tutte le merci del mondo transitano

dal nostro porto. Questa è la location ideale per

controllare l’intera catena di produzione.»

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Filosofia

10pensatori asiatici di spessore storico.

A cura di Joseph Prabhu, docente di scienze �loso�che e religiose presso la California State University di Los Angeles. Nato a Bangalore, India, l’ex presidente della Society for Asian and Comparative Philosophy fa parte del comitato esecutivo del Parlamento mondiale delle religioni, un grande incontro interreligioso che si ripete ogni cinque o sei anni.

Muhammad Iqbal Il poeta e �losofo proviene dal Pakistan, sebbene il paese sia stato fondato solo dopo la sua morte, nel 1938. Si sforzò di conside-rare il Corano e la tradizione islamica da una prospettiva moderna, libera da coerci-zioni: l’uomo è un ri¦esso della creatività di Dio ed è responsabile in prima persona del proprio benessere. L’idea al centro del suo pensiero è il khudi – che si traduce come l’io o il sé – quale strumento attraverso il quale l’io divino trasforma le forze turbo-lente della vita in un atto creativo.

AbhinavaguptaAbhinavagupta era un �losofo ed esteta del X e XI secolo. A lui si deve la nascita dello shivaismo kashmiro con l’idea del-l’idealismo assoluto, secondo il quale nes-suna realtà è indipendente dalla coscienza universale (Shiva). Ogni realtà è una ma-nifestazione della coscienza. Si esprime soprattutto nell’esperienza estetica.

Immagini: SZ Photo; Museum für Asiatische Kunst, SMB/bpk, Berlino; Wikimedia/Marcus Hvadga/CC BY-NC 3.0; Wikimedia Commons/Baodo/public domain; Bibliothèque Nationale de France, Parigi, Francia/Archives Charmet/Bridgeman Images; Wikimedia Commons/5anan27/CC 1.0; Iberfoto/ullstein bild; Wikimedia Commons/Walters Art Museum/CC BY-SA 3.0; Pictures from history/ullstein bild; zVg

68 — Bulletin 1 / 2017

MengziMengzi (Mencio) sviluppò la dottrina con-fuciana. Come Confucio era convinto dell’intrinseca bontà della natura umana. Ma questo, a suo avviso, non signi�ca che la condotta dell’uomo sia retta. La presenza del male in questa dottrina è segno che i buoni istinti posso essere corrotti. Dunque, per coltivare la bontà della natura umana, è importante una formazione morale.

BuddhaBuddha (Siddhartha Gautama) «si risvegliò» dalla sua vita aristocratica e riconobbe la sof-ferenza sia negli uomini, sia nelle creature senzienti. Per questo intraprese la ricerca dell’illuminazione, per trovare il modo di guarire la so�erenza o perlomeno attenuarla. Le sue quattro nobili verità: 1. Vivere signi-�ca so�rire. 2. A causare la so�erenza è il desiderio. 3. Il desiderio può essere annienta-to. 4. Esiste la via che porta alla cessazione della so�erenza, suddivisa in otto tappe.

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LaoziLaozi (anche Lao Tzu) è il fondatore del taoismo � loso� co e autore di un’opera mi-liare, il «Daodejing». Il simbolo centrale è il tao, origine e spirito guida di tutte le cose, che tuttavia trascende qualsiasi de� nizione, in quanto non è concettuale, bensì princi-pio primo di tutto ciò che esiste. Due pre-cetti taoisti molto importanti sono wu wei, l’agire secondo natura, e yin e yang, la com-plementarietà degli opposti.

ShankaraShankara fu un � losofo dell’induismo, vis-suto nell’VIII secolo: egli sviluppò l’inse-gnamento dell’Advaita Vedanta, che si basa su un’interpretazione non dualistica delle scritture induiste. Solo Brahman o l’Assoluto è quindi reale e immutabile, tut-to il resto è mera illusione.

NāgārjunaNāgārjuna è uno dei più in¦ uenti � loso� buddhisti, nonché fondatore della scuola di Mādhyamika («Scuola della Via di Mezzo»). Il suo insegnamento centrale è la dottrina della vacuità, ovvero «nyat». Nes-suna cosa possiede un’esistenza autonoma, tutte le cose nella loro esistenza dipendono da altre cose.

DharmakīrtiInsieme al suo predecessore Dignāga, Dhar-makīrti sviluppò l’epistemologia buddhista (teoria della conoscenza) e la logica. Nell’epi-stemologia, secondo Dharmakīrti, sono am-messi solo due mezzi di conoscenza: la perce-zione, quindi l’esperienza non concettuale degli oggetti, e l’inferenza, un mezzo concet-tuale. Nell’ambito della logica si occupò dei concetti di casualità e simultaneità universale.

DōgenPer il � losofo giapponese (XIII sec.) e fon-datore della scuola Sōtō del buddhismo zen, la meditazione era una pratica sia reli-giosa sia � loso� ca. Il suo insegnamento centrale ruota intorno all’unità tra pratica e illuminazione. Nella meditazione, la distin-zione tra l’io e il mondo si riduce a una pura convenzione. Al contrario, noi siamo nel mondo e il mondo è in noi come una realtà mutevole.

ConfucioConfucio visse nella Cina del VI secolo a.C., un’epoca di instabilità sociale e politi-ca. I suoi temi centrali erano il benessere della società e la buona vita degli individui. Il suo insegnamento si basa sull’idea di jen (ovvero la sensibilità umana), che è correla-ta alla compassione e alla rettitudine. Era convinto della necessità di coltivare le virtù del cuore e dell’intelletto, così come sono sancite negli usi e nei riti della società.

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questa energia e creatività in una direzione positiva.

Questi bambini guadagnano abbastanza da riuscire a risparmiare?Noi spieghiamo loro che vale la pena risparmiare ogni centesimo e come quest’abitudine può cambiare il tenore di vita. Non si tratta solo di mettere da parte le monetine, bensì di una decisione consapevole, di un modo di pensare: risparmiare anziché spendere subito.

Quindi per lei il giusto rapporto con il denaro fa parte di un atteggiamento più generico? Assolutamente sì. La capacità di gestire il rapporto con il denaro è una necessità della massima importanza per i bambini e sarà utile per tutta la loro vita. Ma una formazione economica � ne a se stessa è priva di valore. Va associata alla conoscenza della società e del-l’educazione civica.

In che senso? Nel senso che bisogna pensare al futuro, rispettare l’ambiente e aiutare gli altri. Ritengo che il concetto di risparmio che vogliamo insegnare ai bambini vada ben oltre il denaro. Si tratta anche di usare con parsimonia le risorse naturali, come acqua, luce e corrente elettrica.

ignora Billimoria, lei insegna ai bambini di strada ad avere a che fare con il denaro. Non dovrebbero avere altre preoccupazioni? Se insegniamo loro il rapporto con il denaro e li motiviamo a risparmiare parte del loro reddito, acquisiranno indipendenza e avranno una vita migliore. La nostra intenzione è trasformare la dipendenza in autonomia e interrompere il circolo vizioso di povertà e disuguaglianza.

In che modo guadagnano questi bambini?Ad esempio raccogliendo i ri� uti, così possono riciclare e vendere tutto ciò che è recuperabile. Sono sempre più colpita dalla creatività e dallo spirito imprenditoriale che la maggior parte di essi dimostra per sopravvivere. Per non parlare del coraggio! In parte si tratta di bambini molto piccoli che lasciano la famiglia per sfuggire a una brutta situazione. Vogliamo incanalare

«Risparmiare le monetine non basta»

I bambini di strada devono imparare presto ad avere a che fare con il denaro, a� erma Jeroo Billimoria. La pluripremiata

fondatrice dell’ONG A¦ atoun parla dell’educazione � nanziaria e della crescente disuguaglianza nel suo paese, l’India.

Intervista: Daniel Ammann

L’iniziativa di formazione globale di Credit Suisse: focus sulla formazione �nanziaria delle ragazzeNell’ambito della sua iniziativa di formazione globale e di altri numerosi programmi di formazione regionali, dal 2008 Credit Suisse è impegnato, in collaborazione con una rosa selezionata di agenzie internazionali per lo sviluppo, a garantire un migliore accesso all’istruzione e una migliore qualità della vita. Nel 2014, in collaborazione con A¦atoun International e Plan International, l’accento è stato posto sulla formazione �nanziaria delle ragazze. Plan International è un’organiz-zazione con esperienza nell’istruzione, A¦atoun International è specializzata nello sviluppo di metodi e piani di studio per le competenze sociali e �nanziarie. Il programma dovrebbe aiutare circa 100 000 tra bambine e ragazze di Brasile, Cina, India e Ruanda ad avere accesso al livello secondario.

SFoto: messa a disposizione

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Quando si dovrebbe cominciare? Prima è, meglio è. Già a quattro anni possono imparare. Prima di parlare di denaro, cerchiamo di instaurare in loro questa mentalità. Chiediamo loro di risparmiare sulle risorse ad esempio spegnendo la luce, il ventilatore e chiu-dendo il rubinetto. Di tematiche quali banking, denaro e conti iniziamo a parlare quando i bambini hanno circa dieci anni.

Qual è il metodo migliore per promuovere la cultura generale �nanziaria dei bambini di strada?Se si insegnano loro solamente nozioni �nanziarie, i bambini le odieranno. Proprio come con la matematica. Perlo-meno io non amavo la matematica da bambina. Il metodo migliore è lavorare insieme. Vogliamo ra�orzare la loro autostima e il loro senso di responsa- bilità attraverso il gioco. Ad esempio, stabiliamo degli obiettivi di risparmio che i bambini possono raggiungere.

Dev’essere divertente.Non deve assolutamente essere noioso e deve avere a che fare con la loro vita quotidiana. Naturalmente ai bambini mostriamo anche che se depositano il denaro in banca guadagnano degli interessi. E che lì il denaro è più al sicuro che sulla strada, dove può essere rubato o dove si può essere ingannati. Ma è proprio a questo punto che sorgono i problemi.

Quali problemi?Il primo: molte banche non o�rono conti pensati per i bambini. Se esse si rivolges- sero anche a loro, guadagnerebbero clienti fedeli per tutta la vita. Il secondo: in molti paesi per motivi giuridici non è consentito ai bambini usufruire di servizi �nanziari senza il consenso dei genitori. Ma sono proprio i genitori che spesso sfruttano i �gli per �ni economici. Oltre all’istruzione è fondamentale anche l’accesso al sistema �nanziario, perché consente ai bambini di uscire da soli da una situazione di povertà.

Praticamente, li aiuta ad aiutarsi. Esattamente. È importante che i bambini imparino dalle proprie azioni, il cosiddetto Learning by doing. Questa è la mia analogia preferita: con il computer i bambini possono giocare a tutti i giochi di calcio del

mondo, ma questo non li rende sicura-mente buoni calciatori. Per diventarlo devono scendere in campo.

Può farci un esempio concreto che le è rimasto particolarmente impresso?Ce ne sono così tanti! Se dovessi sceglier-ne uno solo, però, sceglierei quello di Sha�qul, un undicenne del Bangladesh. Sognava di aprire un negozio di biciclette, così ha messo da parte del denaro e per l’equivalente di 90 franchi ha acquista-to la sua prima bici usata. Adesso ne ha quattro, che a®tta per qualche centesi-mo l’ora. Guadagna poco più di un franco al giorno.

Quali vantaggi trae la sua ONG A�atoun International dal sostegno di aziende occidentali?Il settore �nanziario si fa carico di grandi responsabilità quando si tratta di aiutare i gruppi più emarginati e in particolare le ragazze. Partnership con aziende come Credit Suisse non solo ci aiutano �nanzia-riamente, ma ci danno anche la possi- bilità di collaborare con altre ONG come ad esempio Plan International.

I bambini hanno tratto qualche vantaggio dall ’ascesa economica dell ’Asia? Da un lato negli ultimi vent’anni i redditi di milioni di persone sono cresciuti, mentre dall’altro i più poveri sono sempre più emarginati.

Come si spiega tutto ciò?La teoria del trickle-down, secondo cui il benessere crescente arriverebbe anche ai più poveri, purtroppo non sempre corri-sponde alla realtà.

Cosa dovrebbe cambiare?Avremmo bisogno di una società più orientata alla collettività. Oggi abbiamo più miliardari in India e in Cina che in America eppure non siamo riusciti a scon�ggere la povertà.

In Asia il denaro è un argomento tabù?Non in India. In molti paesi europei si evita di parlare dei propri a�ari privati, mentre noi siamo molto più aperti.

Il mio nome è Syrel Z. Aplaon, ho 41 anni e vivo nelle Filippine, a Bacolod, la «città dei sorrisi», con mezzo milione di abitanti. La-voro per Negros Women for Tomorrow Foundation, un istituto di micro�nanza, nel settore della tenuta dei conti e della �nanza. Lo scorso anno ho preso parte al Leadership and Diversity for Innovation Program. Il programma dura un anno e prevede, oltre alle lezioni online, anche due seminari a New York e a Mumbai. Lì ho capito che la gestione del mio team è un viaggio appena iniziato. Un vero leader non dovrebbe pen-sare troppo a se stesso, bensì a come far pro-gredire le persone che lo o la circondano. E questo è ciò che cerco di mettere in pratica ogni giorno.

Le donne nel banking

Ogni giorno una vera leader

A cura di Simon Brunner

Credit Suisse sostiene l’ONG Women’s World Banking dal 2011 nell’ambito della Micro�nance Capacity Building Initiative:www.credit-suisse.com/micro�nance

Foto: messa a disposizione

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Conoscete l’Asia?

1 Il concetto di felicità interna lorda è stato coniato dall’ex re del Bhutan. Ma quale popolazione asiatica è la più felice secondo il «World Happiness Report»?a — Gli indonesianib — I bhutanesic — I singaporianid — I kazaki

2 Qual è il quarto Stato delle cosiddette tigri asiatiche oltre a Corea del Sud, Taiwan e Singapore?a — Hong Kongb — Malaysiac — Vietnamd — � ailandia

3 Quanti chilogrammi di carne consuma una tigre reale o del Bengala ogni giorno?a — Queste tigri sono vegetarianeb — 5 kgc — 3 kgd — 8 kg

4 Ordinate i seguenti tre paesi per numero stimato di abitanti nel 2030. a — India, Cina, Indonesiab — Cina, India, Indonesiac — Cina, Indonesia, Indiad — Indonesia, Cina, India

5 La costruzione della Muraglia cinese è stata avviata prima o dopo la nascita di Cristo? a — Primab — Più o meno nello stesso

periodo (± 50 anni)c — Dopo

6 Quale lingua si parla a Goa, India?a — Portogheseb — Hindic — Urdud — Konkani

7 Secondo «Forbes» qual è lo sportivo asiatico più pagato?a — Un giocatore di tennis

giapponeseb — Un giocatore di cricket indianoc — Un calciatore cinesed — Un giocatore di baseball

giapponese

8 Cosa non è un’invenzione asiatica?a — Il regolo calcolatoreb — Lo yogac — La polvere da sparod — Il bastone per sel� e

9 Secondo «Forbes Global 2000» qual è la più grande azienda asiatica del 2016 (considerando fatturato, utile, attivi e capitalizza-zione di borsa)?a — China Construction Bank b — Industrial and Commercial

Bank of China (ICBC)c — Agricultural Bank of Chinad — Bank of China

10 Qual è la prima proposta del completamento automatico di Google per la ricerca: «Perché la Cina è così… a — … forteb — … popolosac — … inquinatad — … potente

11 In quale di questi paesi asiatici non si mangia con le bacchette?a — Myanmarb — Laosc — Corea del Nordd — Indonesia

12 Quale comportamento è nettamente in contrasto con il galateo a tavola secondo la tradizione cinese?a — Smartphone sul tavolob — In� lzare il cibo con le bacchettec — Sfregare tra di loro le bacchette

prima di mangiared — Indicare qualcuno con

la bacchetta

13 Chi ha pronunciato questa frase: «Tutto ciò che non viene donato, va perduto»?a — Rabindranath Tagore, poetab — Lee Kuan Yew, fondatore

di Statoc — Mahatma Gandhi,

rivoluzionariod — Mao, presidente di partito

13 domande sul continente più grande del mondo.Di Simon Brunner, Mikael Krogerus (quiz) e Takeuma (illustrazione)

Soluzioni: 1c/2a/3d/4a/5a/6d/7a (Kei Nishikori)/8d/9b/10b/11b/12b/13a

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AMRU Rice, fondata nel 2011, punta soprat-tutto sul riso biologico, prodotto dai suoi agri-coltori convenzionati. Dal 2014 l’azienda ha raddoppiato in media la produzione del riso bio su base annua. Nel 2013 AMRU RICE annoverava circa 100 coltivatori, mentre nel 2016 il numero è salito a ben 2500.

Il 90 per cento della produzione del riso è esportato, soprattutto verso i paesi europei, e i clienti potenziali richiedono quantitativi mag-giori rispetto a quelli prodotti oggi. Per questo motivo AMRU Rice ha investito, per un peri-odo di tre anni che termina nel 2019, circa 5 milioni di USD in magazzini, in impianti di produzione supplementari e nei più moderni macchinari.

Il gestore patrimoniale svizzero responsAbility Investments gestisce il fi nanziamento dell’a-zienda mediante veicoli di investimento e for-nendo consulenza per una strategia rivolta al futuro. „Aiutiamo l’imprenditore Saran Song a sostenere i ritmi elevati e facciamo in modo che mantenga il controllo sulla crescita“, afferma Anshul Jindal, alto responsabile

per gli investimenti per il settore agricoltura presso responsAbility.

Uno dei punti di forza di questo esportatore di riso è la certifi cazione biologica per una parte importante del raccolto. L’etichetta bio migli-ora il margine permettendo a AMRU Rice di pagare i suoi coltivatori dal 15 al 75 per cento in più per il loro riso. Occorre sviluppare e difendere quotidianamente il vantaggio in termini di prezzo. La certifi cazione biologica richiede infatti terreni sani e impone la rinun-cia a pesticidi e a fertilizzanti sintetici. I colti-vatori allontanano i parassiti manualmente e imparano a produrre da soli e ad utilizzare con successo pesticidi e concimi naturali.

Certifi cazione frutto di un duro lavoroEssa richiede processi di trasformazione gestiti in modo professionale e corsi di formazione intensivi. Qui entra in gioco la divisione Assi-stenza Tecnica di responsAbility che, in col-laborazione con l’agenzia federale „Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC)“, individua esperti locali per AMRU Rice, che forniscono la formazione professionale e che

portano il metodo di lavorazione dei coltiva-tori al livello della certifi cazione bio. „ Fino a 2500 ulteriori coltivatori otterranno nei pros-simi tre anni la certifi cazione per il riso bio“, afferma Eva Tschannen, responsabile dell’As-sistenza Tecnica di responsAbility.

Ma cosa fanno i coltivatori del guadagno supplementare realizzato grazie ai più elevati prezzi di vendita? Da un sondaggio realizzato nella cooperativa Samakee Rohas Meanchey emerge che la maggior parte dei coltivatori comprano attrezzi e macchinari, ad esempio un piccolo trattore. Altri sono felici di poter far studiare i loro fi gli, invece di doverli man-dare nei campi già in età adolescenziale.

Il „Miglior Riso Bianco della Cambogia“ viene da Amru Rice, azienda leader nell’esportazione di riso, qui nel magazzino di Phnom Penh.

Riso Bio per gli investitoriL’azienda cambogiana AMRU Rice raddoppia ogni anno la produzione, procura ai piccoli agricoltori un reddito maggiore e agli investitori più ampie prospettive.Testo Dave Hertig Foto Nici Jost

RESPONSABILITY INVESTMENTS AGLo specialista svizzero per investimenti nello sviluppo gestisce un patrimonio di 3,1 miliardi di USD, investito in 97 paesi in via di sviluppo in 550 società, tra le quali AMRU RICE, Cambogia.www.responsAbility.com

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