Jules Verne - L'Invasione Del Mare

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    JULES VERNE

    L'INVASIONE DEL MAREDisegni di Georges Roux e Leon Benett

    incisi da Ch. Barbant, Ch. Clment,E.-A. Froment e F. VintrautCopertina di Graziella Sarno

    U. MURSIA & C.

    MILANO

    Titolo originale delloperaL'INVASION DE LA MER

    (1905)

    Traduzione integrale dal francese diGIUSEPPE MINA

    Propriet letteraria e artistica riservata Printed in Italy Copyright

    1971-1973 U. MURSIA & C.1132/AC/Il U. MURSIA &C. Milano Via Tadino, 29

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    INDICE

    PRESENTAZIONE ________________________________________5

    L'INVASIONE DEL MARE_________________________________8

    Capitolo I ________________________________________________8L'oasi di gabes ________________________________________________ 8

    Capitolo II_______________________________________________19Hadyar _____________________________________________________ 19

    Capitolo III ______________________________________________29L'evasione___________________________________________________ 29

    Capitolo IV ______________________________________________40Il mare del sahara _____________________________________________ 40

    Capitolo V _______________________________________________50La carovana _________________________________________________ 50

    Capitolo VI ______________________________________________61Da gabes a tozeur _____________________________________________ 61

    Capitolo VII _____________________________________________71Tozeur e nefta________________________________________________ 71

    Capitolo VIII ____________________________________________83Il chott rharsa ________________________________________________ 83

    Capitolo IX ______________________________________________96Il secondo canale _____________________________________________ 96

    Capitolo X ______________________________________________106Al chilometro 347____________________________________________ 106

    Capitolo XI _____________________________________________115Un'escursione di dodici ore ____________________________________ 115

    Capitolo XII ____________________________________________128Quello che era accaduto _______________________________________ 128

    Capitolo XIII ___________________________________________137L'oasi di zenfig ______________________________________________ 137

    Capitolo XIV____________________________________________147Prigionieri__________________________________________________ 147

    Capitolo XV ____________________________________________158In fuga ____________________________________________________ 158

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    Capitolo XVI____________________________________________167Il tell ______________________________________________________ 167

    Capitolo XVII ___________________________________________175Conclusione ________________________________________________ 175

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    PRESENTAZIONE

    Il faro in capo al mondo eL'invasione del mare, usciti entrambinel 1905, sono gli ultimi due romanzi di Verne che videro la luce

    mentre lui era ancora vivo.

    Il faro in capo al mondonarra le lotte sostenute dal guardiano diun faro, costruito dall'Argentina sull'Isola degli Stati (di fronte allo

    stretto di Lemaire in fondo all'America Meridionale), contro una

    banda di pirati che si sono impadroniti dell'edificio dopo aver ucciso

    gli altri due guardiani. L'eroismo del superstite che cerca in tutti imodi di ritardare la partenza dei pirati dall'isola (prima da solo, poi

    con l'aiuto di un naufrago che riuscito a salvarsi dopo il tragico

    affondamento della sua nave) per permettere il loro arresto

    sottolineato qui soprattutto in funzione del concetto del dovere

    innanzi tutto e della vendetta dovuta alla memoria degli

    assassinati: Vasquez, il guardiano del faro, questa volta non un

    giovanotto n un uomo nel primo fiore della virilit, gi sullacinquantina e, pur essendo ancora assai vigoroso e coraggioso, la

    sua audacia corretta da quella giusta prudenza che solo gli anni e

    l'esperienza possono dare. Ed appunto sfruttando abilmente

    quest'ultima sua dote che egli riuscir ad avere la meglio sull'assai

    pi numeroso e pi agguerrito nemico.

    L'invasione del mareci presenta invece un panorama romanzescoal quale siamo pi avvezzi, nella vasta gamma dei Viaggi

    straordinari di Verne: qui si tratta, nientemeno, che di creare unmare interno nella zona sahariana della Tunisia e dell'Algeria

    scavando un canale che dalla Piccola Sirte porter le acque ai

    Chotts Rharsa e Melrir. L'azione si svolge nel XX secolo, questa

    volta, e pone uno contro l'altro un gruppetto di bianchi (i tecnici

    addetti, alla realizzazione della mastodontica impresa) e la pi

    pericolosa fra le trib tuareg al comando di un celebre predatore di

    carovane che ben comprende, come il regno delle sue scorrerie sar

    irrimediabilmente annientato se il progetto dei bianchi verr attuato.

    In questo romanzo, come in altri ambientati nell'Africa

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    settentrionale, Verne ha modo di presentarci descrizioni di localit,

    di paesaggi, di usi e di costumi che gli sono ben nati per aver egli

    compiuto un viaggio da quelle parti.Per, mentre nel Faro in capo al mondo i personaggi bench ben

    delineati e solidamente costruiti non hanno mai un attimo diabbandono a sentimenti che non siano quelli dell'onore, del senso

    del dovere, della lealt nei confronti dei compagni perduti e si

    mantengono su un piano che decisamente al di sopra di quello

    umano normale, nell'Invasione del mare alcune figure ci appaionopi spontanee, pi felici, pi vicine a noi: l'allegro brigadiere

    Pistache, il coraggioso maresciallo Nicol, il signor Franois non

    sono delle virt cristallizzate, la quintessenza delle perfezioni, ma

    sono uomini come tanti con i loro scatti d'ira, i loro affetti, le loro

    piccole manie, i loro difetti e proprio per questo balzano davanti agli

    occhi del lettore con molta maggior evidenza e rimangono pi a

    lungo e (bisogna ammetterlo) pi favorevolmente impressi nella sua

    mente.

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    JULES VERNE nacque a Nantes, l'8 febbraio 1828. A undici anni,

    tentato dallo spirito d'avventura, cerc di imbarcarsiclandestinamente sulla naveLa Coralie, ma fu scoperto per tempo e

    ricondotto dal padre. A vent'anni si trasfer a Parigi per studiarelegge, e nella capitale entr in contatto con il miglior mondointellettuale dell'epoca. Frequent soprattutto la casa di Dumas padre,dal quale venne incoraggiato nei suoi primi tentativi letterari.Intraprese dapprima la carriera teatrale, scrivendo commedie elibretti d'opera; ma lo scarso successo lo costrinse nel 1856 a cercareun'occupazione pi redditizia presso un agente di cambio a Parigi.Un anno dopo sposava Honorine Morel. Nel frattempo entrava incontatto con l'editore Hetzel di Parigi e, nel 1863, pubblicava ilromanzo Cinque settimane in pallone.

    La fama e il successo giunsero fulminei. Lasciato l'impiego, sidedic esclusivamente alla letteratura e un anno dopo l'altro in basea un contratto stipulato con l'editore Hetzel venne via viapubblicando i romanzi che compongono l'imponente collana deiViaggi straordinari I mondi conosciuti e sconosciuti e che

    costituiscono il filone pi avventuroso della sua narrativa. Viaggio alcentro della Terra, Dalla Terra alla Luna, Ventimila leghe sotto imari, L'isola misteriosa, Il giro del mondo in 80 giorni, Michele

    Strogoff sono i titoli di alcuni fra i suoi libri pi famosi. La sua operacompleta comprende un'ottantina di romanzi o racconti lunghi, enumerose altre opere di divulgazione storica e scientifica.

    Con il successo era giunta anche l'agiatezza economica, e Verne,nel 1872, si stabil definitivamente ad Amiens, dove continu il suo

    lavoro di scrittore, conducendo, nonostante la celebrit acquistata,una vita semplice e metodica. La sua produzione letteraria ebbetermine solo poco prima della morte, sopravvenuta a settantasetteanni, il 24 marzo 1905.

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    L'INVASIONE DEL MARE

    CAPITOLOI

    L'OASI DI GABES

    CHE cosa sai? So quanto ho udito dire al porto. Si parlava della nave che viene a prendere a portare via

    Hadyar S a Tunisi, dove lo giudicheranno. E sar condannato?

    Allah non voglia, Sohar! No, non lo permetter! Zitto! interruppe vivamente Sohar, tendendo l'orecchiocome se udisse rumore di passi sulla sabbia.

    Senza alzarsi, strisci verso l'ingresso del marabut abbandonato,dove aveva luogo questo colloquio. Era ancora giorno, ma entrobreve tempo il sole sarebbe scomparso dietro le dune, che orlano daquesta parte il litorale della Piccola Sirte. Agli inizi di marzo icrepuscoli non sono lunghi sul 34 grado dell'emisfero settentrionale.

    L'astro splendente non si avvicina all'orizzonte scendendoobliquamente: pare, invece, che piombi gi verticalmente come uncorpo soggetto alle leggi di gravit.

    Sohar si ferm, e, fatti alcuni passi oltre la soglia calcinata dalcalore dei raggi solari, in un lampo percorse con lo sguardo lapianura circostante.

    A nord, le cime verdeggianti di un'oasi che si elevava a un

    chilometro e mezzo di distanza; a sud gli interminabili greti giallastriorlati di schiuma dalla risacca della marea crescente. A ovest duneche si accavallavano perdendosi sullo sfondo del cielo. A est un largo

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    tratto del mare che forma il golfo di Gabes e bagna il litoraletunisino, ripiegandosi poi in direzione della Tripolitania.

    La leggera brezza da ovest, che aveva rinfrescato l'atmosfera pertutto quel giorno, era cessata al cadere della sera. All'orecchio di

    Sohar non giunse nessun rumore. Egli aveva creduto di udire deipassi nei dintorni di quel cubo di vecchi muri bianchi, riparato daun'antica palma. Riconobbe di essersi sbagliato. Non c'era animaviva n dalla parte delle dune n sul greto. Egli fece il giro delpiccolo edificio; e ancora nessuno, n traccia di passi sulla sabbia,tranne quelle che lui e sua madre avevan lasciato all'ingresso delmarabut.

    Era passato meno di un minuto da quando Sohar era uscito, cheDjemma apparve sulla soglia, preoccupata di non veder tornare suofiglio.

    Questi, che stava allora girando l'angolo del marabut, la rassicurcon un cenno.

    Djemma era un'africana di razza tuareg, oltre la sessantina, alta erobusta, dalla figura eretta, dai modi energici. I suoi occhi, azzurricome in generale quelli delle donne della sua razza, lanciavano

    sguardi ardenti e fieri. Era bianca di pelle, ma sembrava gialla, per latintura d'ocra che le ricopriva la fronte e le guance. Era vestita distoffa scura, di un ampio haik di quella lana fornita in tantaabbondanza dalle greggi degli Hammamma, che vivono nei dintornidei Sebkas o Chotts, nella bassa Tunisia. Un largo cappuccio lericopriva la testa, la cui folta capigliatura cominciava appena aincanutire. Djemma rimase immobile, finch suo figlio la raggiunse;egli non aveva veduto nulla di sospetto, e il silenzio era turbato solo

    dal canto lamentoso del bou-habibi, il passero del Gerid. Nesvolazzavano parecchie coppie intorno alle dune.

    Djemma e Sohar rientrarono nel marabut per aspettare che la nottepermettesse loro di raggiungere Gabes senza farsi scorgere.

    Il colloquio continu cos: La nave ha lasciato La Goulette? S, madre, stamane aveva scapolato il capo Bon

    l'incrociatore Chanzy. Arriver stanotte?

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    Stanotte se per non si ferma a Sfax; ma pi probabile chevenga a gettare le ancore davanti a Gabes, di dove mio fratello, tuofiglio, sar portato a bordo.

    Hadyar! Hadyar! mormor la vecchia madre. Con un altro

    fremito di collera e di dolore esclam: Mio figlio, mio figlio! Quei Rumi l'uccideranno, e io non lo

    vedr pi, ed egli non potr guidare i tuareg alla guerra santa! Ahno! Allah non permetter questo.

    E come se quella crisi di dolore avesse esaurito le sue forze,Djemma cadde in ginocchio in un angolo del piccolo locale, e rimasesilenziosa.

    Sohar era tornato sulla soglia, e se ne stava appoggiato allo stipitedella porta, immobile come se fosse di pietra, o come una di quellestatue che talvolta adornano l'ingresso dei marabut. Nessun rumorepreoccupante lo scosse dalla sua immobilit.

    L'ombra delle dune si allungava a poco a poco verso est, a mano amano che il sole si abbassava sull'orizzonte opposto. A oriente dellaPiccola Sirte si scorgevano le prime costellazioni. Una sottile falcedel disco lunare, al primo quarto, si affacciava dietro le nebbie

    lontane del tramonto. Si preannunciava una notte tranquilla e buia,poich una cortina di leggeri vapori andava nascondendo le stelle.Un po' dopo le sette, Sohar torn presso la madre e le disse: ora S, rispose Djemma, ora che Hadyar sia strappato dalle

    mani di quei Rumi necessario che venga tolto dal carcere di Gabes prima che

    spunti il sole Domani sarebbe troppo tardi.

    Tutto pronto, madre, afferm Sohar i nostricompagni ci aspettano Quelli di Gabes hanno preparato la fuga,quelli del Gerid faranno scorta a Hadyar, e quando spunter il giornoessi saranno lontani nel deserto.

    E io con loro dichiar Djemma; non abbandoner maimio figlio.

    E con voi ci sar anch'io aggiunse Sohar; non

    abbandoner mia madre e mio fratello.

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    Djemma si alz, lo attir a s, e lo strinse fra le braccia; poi,rassettando il cappuccio del suo haik, varc la soglia.

    Sohar la precedeva di pochi passi, mentre entrambi si avviavanoverso Gabes. Invece di seguire l'orlo del litorale lungo le alghe

    lasciate sul greto dall'ultima marea, camminavano lungo la base delledune, sperando di essere visti meno facilmente durante quel tragittodi un chilometro e mezzo.

    L dove c'era l'oasi, nell'ombra crescente si presentavaconfusamente allo sguardo il folto degli alberi. Nessuna luce siscorgeva nell'oscurit. Nelle case arabe, prive di finestre, la lucegiunge solo dai cortili interni, e, venuta la notte, al di fuori non brillapi nulla.

    Tuttavia, al di sopra del profilo indistinto della citt che siintravedeva appena, non tard ad apparire un punto luminoso. Ilraggio, piuttosto intenso, doveva provenire dalla parte alta di Gabes,forse dal minareto di una moschea o forse dal castello che ladominava.

    Sohar non si lasci ingannare, e indicando con il dito quelbagliore, disse:

    Il bordy. l, Sohar? S l che l'hanno rinchiuso, madre mia.La vecchia si era fermata. Pareva che quella luce avesse in certo

    modo stabilito una comunicazione tra lei e suo figlio. Certo, se quellaluce non proveniva dal carcere dove era rinchiuso il prigioniero,proveniva almeno dal forte dove Hadyar era stato condotto. Daquando il temuto capo tuareg era caduto nelle mani dei soldati

    francesi, Djemma non aveva pi rivisto suo figlio, e non lo avrebbemai pi rivisto, se in quella stessa notte egli non fosse riuscito asottrarsi con la fuga alla sorte che gli riserbava la giustizia militare.Ella perci rimaneva immobile, e fu necessario che Sohar le ripetessedue volte:

    Madre mia, venite!Continuarono a camminare alla base delle dune verso l'oasi di

    Gabes, il pi importante complesso di edifici sulla riva continentaledella Kccola Sirte. Sohar si diresse verso il quartiere che i militari

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    chiamano Coquinville.1 un agglomerato di capanne di legno in cuiabita tutta una popolazione di mercanti, che gli ha fruttato questonome tanto giustificato. La borgata posta all'ingresso dell'ued,piccolo corso d'acqua che serpeggia capricciosamente attraverso

    l'oasi, all'ombra delle palme. L sorge il bordy, ossia il Fort Neuf, dalquale Hadyar sarebbe uscito solo per essere trasferito alla prigione diTunisi.

    Ed era da questo bordy che i suoi compagni, prese tutte leprecauzioni, fatti tutti i preparativi per la fuga, speravano distrapparlo quella stessa notte. L'operazione doveva essererelativamente facilitata dal fatto che il bordy, ricostruito al tempo deigrandi lavori fatti nella regione, era ora quasi abbandonato.

    Riuniti in una delle capanne di Coquinville, essi vi aspettavanoDjemma e suo figlio. Ma era necessaria una prudenza estrema, ecerto era meglio non lasciarsi vedere nei pressi della borgata.

    Del resto, con quanta preoccupazione i loro sguardi si volgevanoverso il mare! Ci perch essi temevano soprattutto l'arrivo, quellasera stessa, dell'incrociatore, e il trasferimento del prigioniero abordo della nave, prima che la fuga avesse potuto aver luogo.

    Cercavano di vedere se nel golfo della Piccola Sirte apparissequalche bagliore bianco, o di udire il sordo rumore del vapore o ilfischio delle sirene che segnalavano una nave diretta al suoancoraggio. Ma no, nelle acque tunisine si riflettevano solo i fanalidelle barche da pesca e nessun fischio lacerava l'aria.

    Non erano le otto quando Djemma e suo figlio giunsero sulla rivadell'ued; dieci minuti ancora e sarebbero arrivati al luogo delconvegno.

    Proprio mentre entrambi stavano per portarsi stilla riva destra, unuomo accoccolato dietro i cactus dell'argine si rizz e pronunci unnome:

    Sohar! Sei tu, Ahmet? S; e tua madre? qui.

    E noi ti seguiamo, disse Djemma.1Citt dei delinquenti. (N.d.T.)

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    Che notizie? domand Sohar. Nessuna rispose Ahmet. I nostri compagni sono l? Vi aspettano.

    Hadyar pronto? S. E da chi stato informato? Da Harrig, che stato messo in libert stamane e che si trova

    ora coi compagni. Andiamo disse la vecchia.E tutti e tre risalirono la riva dell'ued.La direzione che stavano seguendo non permetteva pi di vedere

    la massa cupa del bordy attraverso il fitto fogliame. In realt l'oasi diGabes non che un vasto palmeto.

    Ahmet non poteva smarrirsi, e camminava con passo sicuro.Prima di tutto si doveva attraversare Djara, che si stende sulle duesponde dell'ued. In questa borgata, un tempo fortificata, che fusuccessivamente cartaginese, romana, bizantina e araba, si tiene il piimportante mercato di Gabes.

    A quell'ora la popolazione probabilmente non si era ancoraritirata, e forse Djemma e suo figlio avrebbero stentato a passaresenza destare l'attenzione. Per la verit le vie delle oasi tunisine nonerano ancora illuminate con l'elettricit e nemmeno a gas, e, tranneche nei pressi di qualche caff, le avrebbero certamente trovateimmerse in un buio profondo.

    Tuttavia Ahmet, prudente e circospetto, non si stancava di dire aSohar che le precauzioni non sarebbero mai state troppe.

    Non era impossibile che la madre del prigioniero fosse conosciutaa Gabes, dove la sua presenza avrebbe potuto spingere a unasorveglianza raddoppiata intorno al forte. La fuga era gi moltodifficile, bench fosse preparata da lungo tempo, ed era necessarioche i guardiani non fossero messi sull'avviso. Perci Ahmet sceglievadi preferenza le vie che conducevano ai dintorni del bordy.

    Del resto, per tutta quella sera la parte centrale dell'oasi non cess

    di essere animata. Era una domenica, e questo giorno della settimana generalmente festeggiato in tutte le guarnigioni, tanto in Africa

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    quanto in Europa. I soldati sono in permesso, e si mettono a sedere aitavolini dei caff rientrando in caserma solo molto tardi. Gli indigenipartecipano a quella animazione, soprattutto nel quartiere deimercanti composto di italiani e di ebrei. La confusione dura fino a

    notte avanzata.Non era improbabile lo abbiamo gi detto che Djemma non

    fosse sconosciuta alle autorit di Gabes: infatti, dopo l'arresto di suofiglio, pi d'una volta ella si era spinta nei pressi del bordy mettendoa repentaglio, in quel modo, certo non solo la libert, ma anche lavita. Non si ignorava l'influenza che aveva avuto su Hadyar,influenza di madre, potentissima presso la razza tuareg. Dopo averspinto il figlio alla rivolta, non sarebbe stata in grado di provocareuna nuova ribellione per liberare il prigioniero o per vendicarlo nelcaso che il tribunale militare lo avesse condannato a morte? S,c'era da temerlo; alla sua chiamata tutte le trib sarebbero insorte el'avrebbero seguita alla guerra santa. Invano erano stati fatti tentativiper catturarla; invano si erano moltiplicate le spedizioni attraverso laregione dei Sebkas e dei Chotts. Protetta dalla generale devozione,Djemma era sfuggita finora a tutte le trappole preparate per catturare,

    dopo il figlio, la madre.Ed ecco che era venuta nel cuore di quell'oasi, dove tanti pericolila minacciavano; aveva voluto unirsi ai suoi compagni che si eranoriuniti a Gabes per attuare l'evasione.

    Se Hadyar fosse riuscito a eludere la sorveglianza dei custodi, seavesse potuto varcare le porte del carcere, sua madre avrebbe ripresocon lui la via del marabut, e, a un chilometro di distanza, nel folto diun bosco di palme, il fuggitivo avrebbe trovato i cavalli preparati per

    la sua fuga. La libert sarebbe stata riconquistata, e, chiss?, forsesarebbe avvenuto qualche nuovo tentativo di sollevazione contro ladominazione francese.

    Intanto avevano continuato il loro cammino. Fra i gruppi difrancesi e di arabi che talvolta si incontravano, nessuno aveva potutoriconoscere la madre di Hadyar sotto l'haik che la nascondeva. Delresto, Ahmet si preoccupava di avvertirli in tempo perch tutti si

    rannicchiassero in qualche angolo buio, dietro una capanna isolata, o

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    sotto le foglie degli alberi; e appena i passanti si erano allontanati,tornavano ad avviarsi.

    Erano ormai a pochi passi dal luogo del convegno, quando untuareg, che sembrava tenerli d'occhio, si precipit loro incontro.

    La strada, o meglio la viuzza, che piegava verso il bordy, in quelpunto era deserta, e, seguendola per qualche minuto, bastava risalireun piccolo sentiero laterale per trovarsi al gurbi, dove appunto sirecavano Djemma e i suoi compagni.

    L'uomo si era posto di fronte ad Ahmet e, unendo l'atto alleparole, l'aveva fermato dicendo:

    Non andare oltre! Che successo, Horeb? disse Ahmet, riconoscendo un

    tuareg della sua trib. I nostri compagni non sono pi al gurbi.La vecchia madre si era fermata anch'essa, e interrogando Horeb

    con voce insieme adirata e preoccupata domand: Forse quei cani di Rumi sono stati avvisati? No, Djemma, disse Horeb i custodi del bordy non

    sospettano nulla.

    E allora, perch i nostri compagni non sono pi al gurbi? Perch vi sono giunti dei soldati in permesso a chiedere dabere, e noi non abbiamo voluto rimanere con loro. Vi era quelsottufficiale degli spahis, Nicol, che vi conosce, Djemma.

    S, mormor la vecchia mi ha visto laggi nel Duai,quando mio figlio cadde nelle mani del capitano Ah! quelcapitano, se mai

    E la minaccia uscita dal petto della madre di Hadyar fu come un

    ruggito di belva. Dove raggiungeremo i nostri compagni? domand Ahmet. Venite, rispose Horeb.E, precedendoli, si infil in un piccolo palmeto in direzione del

    forte.Il bosco, deserto a quell'ora, si animava solo nei giorni del grande

    mercato di Gabes. Vi erano dunque molte probabilit di non

    incontrare anima viva nei pressi del bordy, nel quale per sarebbestato impossibile penetrare. Dal fatto che la guarnigione godeva di

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    molti permessi le domeniche, non si doveva dedurre che il posto diguardia potesse essere abbandonato. Non si imponeva forse la pisevera sorveglianza, fintanto che il ribelle Hadyar fosse rimastoprigioniero nel forte e non fosse stato trasferito a bordo

    dell'incrociatore per essere consegnato alla giustizia militare? Ilpiccolo drappello camminava sotto il folto degli alberi, e giunse cosal margine del palmeto.

    L c'era un gruppo costituito da una ventina di capanne, e qualcheluce filtrava attraverso le loro anguste aperture. Ormai erano soltantoa un tiro di fucile dal luogo del convegno.

    Ma, appena Horeb si fu infilato in una tortuosa viuzza, vennecostretto a fermarsi a causa di un rumore di voci e di passi. Unadozzina di soldati e di spahis venivano loro incontro, cantando egridando, eccitati dalle libagioni piuttosto prolungate nelle bettole deidintorni.

    Ahmet per prudenza evit di incontrarli e si ritir con Djemma,Sohar e Horeb in fondo a una nicchia buia, poco lontano dalla Scuolafrancoaraba.

    In quel punto c'era un pozzo la cui bocca era sormontata da

    un'armatura di legno che sosteneva il verricello al quale era avvoltala catena dei secchi.In un attimo tutti si rifugiarono dietro di esso, che era alto a

    sufficienza da poterli nascondere completamente.Il drappello veniva avanti; a un tratto si arrest e uno dei soldati

    grid: Perbacco, ho sete. E tu bevi! Eccoti un pozzo! gli rispose il maresciallo

    d'alloggio Nicol. Come! acqua? Dio mi guardi! esclam il brigadiere

    Pistache. Invoca Maometto che ti cambi l'acqua in vino. Ah! se fossi sicuro! Ti faresti maomettano? No, perdinci, no; e, d'altra parte, poich Allah proibisce il vino

    ai suoi fedeli, non acconsentirebbe mai a fare un miracolo simile perun miscredente.

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    Ben detto, Pistache, dichiar il sottufficiale, ora tiriamoavanti, dobbiamo tornare in quartiere.

    Ma mentre i soldati stavano per seguirlo, egli li arrest di nuovo.Due uomini risalivano la via, e il sottufficiale riconobbe in essi un

    capitano e un tenente del suo reggimento. Alt! ordin ai suoi uomini, che portarono la mano alla loro

    chchia.2

    Toh! disse il capitano, quel bravo Nicol. Il capitano Hardigan? rispose il sottufficiale, piuttosto

    sorpreso. Io, appunto. E veniamo in questo momento da Tunisi, aggiunse il

    tenente Villette. Per ripartire per una spedizione di cui tu, Nicol, farai parte. Ai vostri ordini, capitano, rispose Nicol, pronto a

    seguirvi ovunque vogliate condurmi. Benone, benone! disse il capitano Hardigan. E il tuo

    vecchio fratello come sta? Benissimo sulle sue quattro gambe, che io non lascio

    arrugginire. Bene, Nicol e anche Coupe--coeur? Sempre l'amico delvecchio fratello?

    Sempre, capitano, e non mi stupirei che fossero gemelli! Sarebbe un parto curioso un cane e un cavallo ribatt

    ridendo l'ufficiale. Sta' tranquillo, Nicol, non li separeremo,quando si partir!

    Se li separassimo, capitano, ne morrebbero entrambi.

    In quel momento dalla parte del mare echeggi una cannonata. Che cos'? domand il tenente Villette. Forse l'incrociatore che getta l'ancora nel golfo. E viene a prendere quel brigante di Hadyar. stata una gran

    bella cattura che avete fatto, capitano. Puoi ben dire, che abbiamo fatto insieme, soggiunse il

    capitano Hardigan.

    2 Fez in forma di calotta appiattita usato a quel tempo dai militari francesid'Oltremare. (N.d.T.)

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    S, tutti insieme, anche il vecchio fratello e anche Coupe--coeur. Poi i due ufficiali ripresero la strada risalendo verso il bordy,mentre Nicol e i suoi uomini scendevano verso i quartieri bassi diGabes.

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    CAPITOLOII

    HADYAR

    I TUAREG,di razza berbera, abitavano l'Ixham, regione compresafra il Tuat, ampia oasi del Sahara posta a cinquecento chilometri asud-est del Marocco, Timbuct a sud, il Niger a ovest, e il Fezzan a

    est.Ma al tempo in cui accadevano questi fatti, essi avevano dovutospostarsi verso le regioni pi orientali del Sahara. Agli inizi delsecolo XX le loro numerose trib, alcune quasi sedentarie, altrenomadi, si incontravano al centro di quelle pianure sabbiose chevanno sotto il nome di Utha in lingua araba, nel Sudan e fin nelleregioni dove il deserto algerino confina col deserto tunisino.

    Ora da un certo numero di anni, dopo l'abbandono dei lavori per il

    mare interno, nella regione dell'Arad che si stende a ovest di Gabes edi cui il capitano Roudaire aveva studiato la creazione, il residentegenerale e il bey di Tunisi avevano persuaso molti tuareg a venirsi astabilire nelle oasi circostanti i Chotts. Si aveva la speranza che per leloro qualit guerriere essi dovessero diventare in certo qual modo icarabinieri del deserto. Speranza vana; essi avevano continuato ameritare il loro nomignolo di tuareg, cio briganti della notte; etutt'al pi, se anche la creazione del mare sahariano avesse maidovuto venire ripresa, era certo che si sarebbero messi alla testa ditutte quelle trib ostili all'allagamento dei Chotts.

    Se ufficialmente almeno il tuareg fa il mestiere di conduttore dicarovane e anche di protettore, per istinto predone, pirata nelsangue, e la sua reputazione tale da non ispirare altro che lamassima diffidenza.

    Forse che molti anni or sono il maggiore Paing, che percorreva

    quelle pericolose regioni del continente nero, non corse il rischio diessere trucidato in un attacco di quei terribili indigeni?

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    Nel 1881, durante la spedizione partita da Vargla agli ordini delcomandante Flatters, quel coraggioso ufficiale e i suoi compagni nonperirono forse a Bir-el-Glarama? Le autorit militari dell'Algeria edella Tunisia dovevano stare continuamente sulla difensiva, e

    respingere senza tregua quelle trib che formavano una popolazioneabbastanza numerosa.

    Fra le trib tuareg, quella degli Ahaggar aveva giustamente famadi essere una delle pi bellicose. I suoi capi principali erano presentiin tutte quelle piccole rivolte che rendono cos difficile ilmantenimento dell'influenza francese agli estesi confini del deserto.Il governatore dell'Algeria e il residente generale in Tunisia eranocostretti a sorvegliare con cura particolare la regione dei Chotts oSebkas.

    Si pu quindi comprendere l'importanza di un progetto ormaiquasi in fase di realizzazione, che costituisce appunto l'oggetto diquesto racconto, cio la formazione di un mare interno. Questoprogetto doveva recare danno particolarmente alle trib tuareg,privarle di molta parte dei loro vantaggi, riducendo il tragitto dellecarovane e soprattutto rendere pi rare (permettendo di reprimerle

    pi facilmente) quelle aggressioni che aggiungevano ancora tantinomi alla necrologia africana.A questa trib degli Ahaggar apparteneva appunto la famiglia di

    Hadyar. Essa era fra le pi influenti. Intraprendente, ardito, spietato,il figlio di Djemma era sempre stato segnalato come uno dei capi pipericolosi di quelle bande in tutta la parte che si stende a sud deimonti Aurs. Negli ultimi anni molti attacchi contro carovane ocontro drappelli isolati erano stati diretti da lui, e la sua fama and

    aumentando fra le trib che rifluivano a poco a poco verso l'est delSahara, parola che si applica all'immensa pianura priva divegetazione di quella parte del continente africano. La rapidit deimovimenti di Hadyar sgomentava, e sebbene le autorit avesserodato incarico ai capi militari di impadronirsi a ogni costo della suapersona, egli era sempre sfuggito all'inseguimento. Quando venivasegnalato nei pressi di un'oasi, improvvisamente appariva nei

    dintorni di un'altra. A capo di una grossa banda di tuareg non meno

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    feroci di lui, egli batteva tutta la regione compresa fra i Chottsalgerini e il golfo della Piccola Sirte.

    I kafili non osavano pi prendere la pista del deserto se non eranoprotetti da numerosa scorta. Perci il traffico importantissimo, che si

    faceva fin sui mercati della Tripolitania, ne soffriva moltissimo.E si che non mancavano gli stanziamenti militari, n a Nefta n a

    Gafsa n a Tozeur, che il capoluogo politico di quella regione. Male spedizioni organizzate contro Hadyar e la sua banda non avevanomai dato frutto, e l'avventuroso guerriero era sempre riuscito asfuggire fino al giorno e non erano passate molte settimane incui era caduto nelle mani di un drappello francese.

    Quella parte dell'Africa settentrionale era stata teatro di una diquelle catastrofi che disgraziatamente non sono rare nel continentenero.

    Si sa con quale passione, con quale devozione e coraggio, da tantianni gli esploratori, i successori dei Burton, degli Speke, deiLivingstone, degli Stanley, si sono lanciati attraverso quel vastocampo di scoperte. Si potrebbe contarli a centinaia; e quanti ancora siaggiungeranno a questo elenco prima del giorno, lontanissimo certo,

    in cui la quarta parte del mondo antico avr svelato i suoi ultimisegreti! E quante di queste pericolosissime spedizioni si concluseroin disastri!

    Il pi recente quello di un coraggioso belga, che si era spintonelle regioni meno frequentate e meno note del Tuat.

    Dopo avere allestito una carovana a Costantina, Charles Steinxlasci quella citt dirigendosi a sud. Carovana, per la verit, poconumerosa; dieci uomini in tutto; arabi, reclutati nella regione. Per

    cavalcature avevano cavalli e mehari, e in pi degli animali da tiroper i due carri che costituivano tutta l'attrezzatura della spedizione.

    Innanzitutto Charles Steinx si era portato sino a Vargla, passandoper Biscra, Tougaut, Negussia, dove gli fu facile rifornirsi di viveri.In queste citt risiedevano autorit francesi che si affrettarono avenire in aiuto dell'esploratore.

    A Vargla, egli si trovava per cos dire nel cuore del Sahara, alla

    latitudine del 32 parallelo.

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    Fino a quel momento la spedizione non aveva avuto traversie;fatiche, forse eccessive, s, ma pericoli gravi no. L'influenza francesesi faceva ancora sentire in quelle regioni lontane. I tuareg,apparentemente almeno, si dimostravano sottomessi, e le carovane

    potevano provvedere, senza troppi rischi, a tutti i bisogni delcommercio interno.

    Durante il suo soggiorno a Vargla, Charles Steinx dovettecambiare la composizione del suo personale, perch alcuni degliarabi che l'accompagnavano non vollero continuare oltre il viaggio.Fu necessario regolare i loro conti, non senza difficolt, reclamiinsolenti e pretese esose. Ad ogni modo era meglio liberarsi di quellagente che dimostrava chiaramente la sua cattiva volont e chesarebbe stato pericoloso conservare nella scorta.

    D'altra parte, l'esploratore belga non avrebbe potuto mettersi incammino senza prima sostituire gli uomini mancanti. Egli credette diessersi tolto d'impiccio accettando i servizi di molti tuareg, i quali sioffrirono di accompagnarlo fino al termine della spedizione, sia allacosta occidentale, sia alla costa orientale del continente africano, purdi essere pagati bene.

    Charles Steinx aveva sempre molta diffidenza nei confronti dellagente di razza tuareg, ma come avrebbe potuto dubitare di avereintrodotto dei traditori nella carovana, e immaginarsi di essere spiato,fin dalla sua partenza da Biscra, dalla banda di Hadyar, e che quelformidabile capo non aspettasse altro che l'occasione di assalirlo? E,ormai, i partigiani di Hadyar, mescolati al personale della scorta,accettati appunto come guide attraverso quelle ignote regioni,potevano trascinare l'esploratore l dove Hadyar lo aspettava.

    Lasciando Vargla, la carovana comandata da Charles Steinx sceseverso sud, pass la linea del tropico, giunse nel paese degli Ahaggare di l, piegando a sud-est, contava di dirigersi verso il lago Ciad. Madal quindicesimo giorno dopo la sua partenza non si ebbero pinotizie di Charles Steinx e dei suoi compagni.

    Che cosa era mai accaduto? La carovana aveva potuto raggiungerela regione del Ciad, ed era sulla via del ritorno dalla parte est, o

    ovest?

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    Ora, la spedizione di Charles Steinx aveva destato il massimointeresse fra le molte societ geografiche che si occupavanoparticolarmente dei viaggi all'interno dell'Africa. Fino a Vargla, esseerano state tenute al corrente dell'itinerario. Per un centinaio, di

    chilometri al di l, giunsero ancora molte notizie per mezzo deinomadi del deserto. Si pensava dunque che fra poche settimaneCharles Steinx sarebbe arrivato in condizioni favorevoli al lago Ciad.

    Passarono settimane e mesi, e nessuna informazione circa l'audaceesploratore belga pot essere raccolta. Furono mandati emissari finoall'estremo sud. I posti militari francesi contribuirono alle ricercheche si estesero al di l in varie direzioni. Tutti quei tentativi nondiedero nessun frutto, e si cominci a temere che la carovana fosseandata completamente distrutta in un attacco di nomadi del Tuat oper le fatiche o le malattie in mezzo alle immense solitudini delSahara.

    Il mondo dei geografi non sapeva cosa immaginare, e gicominciava a perdere la speranza non solo di rivedere Charles Steinxma anche di raccogliere qualche notizia che lo riguardasse, quando,tre mesi dopo, l'arrivo di un arabo a Vargla venne a illuminare il

    mistero che circondava la disgraziata spedizione.Quell'arabo, che apparteneva appunto al personale della carovana,era riuscito a fuggire; e da lui si seppe che i tuareg entrati al serviziodell'esploratore l'avevano tradito. Charles Steinx, mal guidato daloro, era stato assalito da una banda di tuareg comandata da Hadyar,capo di trib gi celebre per le aggressioni di cui molte carovaneerano state vittime. Charles Steinx si era difeso coraggiosamente coipochi fidi della scorta. Per quaranta ore, dopo essersi trincerato in

    una kirba abbandonata, aveva potuto tener fronte agli assalitori: mal'inferiorit numerica del suo piccolo drappello non gli permise diresistere di pi; ed egli cadde nelle mani dei tuareg che lo trucidaronoinsieme coi suoi compagni.

    Si capisce che emozione destasse quella notizia. Fu un grido solo:vendicare la morte dell'ardimentoso esploratore, e vendicarla su quelcrudele capo tuareg, il cui nome fu votato alla pubblica esecrazione.

    E quanti altri attentati contro le carovane erano a lui attribuiti, senzaragione! Perci le autorit francesi decisero di allestire una

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    spedizione per impadronirsi della sua persona, punirlo di tanti delitti,e distruggere al tempo stesso la funesta influenza che egli esercitavasulle trib. Si sapeva bene che quelle trib guadagnavano a poco apoco terreno verso l'est del continente africano. La loro sede tendeva

    a spostarsi verso le regioni meridionali della Tunisia e dellaTripolitania. Il grande commercio che si faceva attraverso questeregioni correva il rischio di essere turbato e magari distrutto se ituareg non fossero stati ridotti alla sottomissione assoluta.

    Venne dunque ordinata una spedizione, e il governatoredell'Algeria e il residente generale in Tunisia diedero ordini perch lecitt dei paesi dei Chotts e dei Sebkas, in cui vi erano posti militari,appoggiassero l'impresa. Il ministro della Guerra design per questadifficile campagna, da cui si attendevano cos importanti risultati,uno squadrone di spahis comandato dal capitano Hardigan.

    Un distaccamento di una sessantina d'uomini venne condotto alporto di Sfax dallo Chanzy. Qualche giorno dopo lo sbarco, coiviveri, con le tende portate a dorso di cammello, sotto la guida dialcuni arabi, esso lasci il litorale e si diresse a ovest. Doveva trovareda rifornirsi nelle citt e borgate dell'interno, Tozeur, Gafsa e altre, e

    le oasi non mancano nella regione del Gerid.Il capitano aveva ai suoi ordini un altro capitano, due tenenti emolti sottufficiali, fra i quali il maresciallo d'alloggio Nicol.

    Ora, poich il maresciallo faceva parte della spedizione,bisognava pure che ne facessero parte il suo vecchio fratelloVadlavant e il fedele Coupe--coeur.

    La spedizione, regolando le tappe in modo da assicurare la buonariuscita del viaggio, attravers tutto il Sahel tunisino. Dopo aver

    passato Dar-el-Mehalla ed El Quitter, venne a riposarsi perquarantotto ore a Gafsa. nel cuore della regione dello Henmara.

    Gafsa costruita nell'ansa principale formata dall'ued Bayoeh. incorniciata da colline alle quali segue a pochi chilometri di distanzauna formidabile catena di montagne. Fra le diverse citt della Tunisiameridionale, essa possiede il maggior numero di abitanti, riuniti in un

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    agglomerato di case e di capanne. Il Kasbah3che la domina, e doveun tempo vegliavano i soldati tunisini, ora affidato alla custodia disoldati francesi e indigeni. Gafsa si vanta pure di essere un centro dicultura e ha diverse scuole dove si studiano l'arabo e il francese.

    Anche le industrie vi sono assai prospere: tessitura di stoffe,fabbricazione di haiks di seta, coperte e burnus la cui lana fornitadai molti montoni degli Hammamma. Vi si vedono ancora i termil,bacini costruiti al tempo dei romani, e sorgenti termali la cuitemperatura va da 29 a 32 centigradi.

    In questa citt il capitano Hardigan ottenne notizie pi preciseintorno ad Hadyar: la banda dei tuareg era stata segnalata nei dintornidi Ferkane, centosessanta chilometri a ovest di Gafsa. La distanza dapercorrere era grande, ma gli spahis badano poco alla fatica comenon temono il pericolo. E quando il distaccamento seppe quanto isuoi capi si aspettavano dalla sua energia, non domand altro che dimettersi in cammino.

    Del resto come dichiar il maresciallo Nicol io hoconsultato il vecchio fratello che pronto a fare tappa doppia, se sarnecessario e Coupe--coeur non chiede di meglio che di marciare

    in testa a tutti.Il capitano, ben rifornito, parti coi suoi uomini. Prima di tutto, asudest della citt, si dovette attraversare una foresta di non meno dicentomila palme, che ne ripara un'altra composta unicamente dialberi da frutta.

    Un solo villaggio importante s'incontrava nel tragitto fra Gafsa ela frontiera algerino-tunisina. Chebika, dove vennero confermate leinformazioni circa la presenza del capo tuareg. Questi agiva allora

    con grave danno delle carovane che battevano le estreme regionidella provincia di Costantina, e le sue malefatte, che erano gi tante,crescevano di continuo per nuovi attentati contro le propriet e lepersone.

    3 Palazzo dei sovrani barbareschi nelle citt dell'Africa settentrionale, ora anchesinonimo di cittadella fortificata. Da non confondersi con la casbah, quartierearabo di Algeri. (N.d.T.)

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    A poche tappe di l, attraversata la frontiera, il comandanteaffrett la marcia per giungere al villaggio di Negrine, sulle rivedell'ued Sokhna.

    La vigilia del suo arrivo, i tuareg erano stati segnalati qualche

    chilometro pi a ovest, fra Negrine e Ferkane, sulle sponde dell'uedGerich, che scorre verso i grandi Chotts di quella regione.

    Dalle informazioni avute, Hadyar, accompagnato da sua madre,doveva avere un centinaio di uomini; ma bench il capitano Hardiganne avesse appena circa la met, i suoi spahis non avrebbero esitato adattaccare. Il rapporto uno contro due non spaventa le truppe d'Africa,le quali molto spesso si sono battute in condizioni anche peggiori.

    E cos accadde questa volta quando il distaccamento fu giunto neidintorni di Ferkane. Hadyar era stato avvertito, e senza dubbio nonpensava di dare battaglia. Non era forse meglio lasciare che ildistaccamento penetrasse maggiormente in quel difficile paese deigrandi Chotts, e tormentarlo con aggressioni continue, chiedendoaiuto anche ai tuareg nomadi che percorrono quelle regioni e che nonsi sarebbero rifiutati di unirsi a Hadyar, tanto conosciuto da tutte letrib tuareg? D'altra parte, dal momento che aveva scoperto tracce, il

    capitano Hardigan non le avrebbe certamente abbandonate, maavrebbe proseguito fin dove fosse stato necessario.Per conseguenza, Hadyar aveva stabilito di nascondersi, e se gli

    fosse riuscito di tagliar loro la ritirata, dopo aver reclutato nuoviseguaci, senza dubbio avrebbe potuto distruggere quei pochi soldatiinviati contro di lui. Quella sarebbe stata un'altra e pi deplorevolecatastrofe, da aggiungersi a quella di Charles Steinx.

    Per, il piano di Hadyar fu sventato mentre la banda cercava di

    risalire il corso dell'ued Sokhna per spingersi a nord fino alla base delgebel Cheschar. Un plotone, guidato dal maresciallo d'alloggio Nicol,al quale Coupe--coeur aveva dato l'allarme, si pose attraverso lastrada dopo aver guadato il corso d'acqua del Duar.

    Si accese il combattimento, e il resto del distaccamento non tarda prendervi parte. Ci fu un'intensa fucileria, a cui si unirono i colpisecchi delle rivoltelle. Si ebbero dei morti dalla parte dei tuareg e dei

    feriti fra gli spahis. Una met dei tuareg forz l'ostacolo e potfuggire; ma il loro capo non era pi con loro.

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    Infatti, nel momento in cui Hadyar tentava di raggiungere icompagni con tutta la velocit del suo cavallo, il capitano Hardigansi era lanciato su di lui. Hadyar tent inutilmente di disarcionarlo conuna rivoltellata; la pallottola non lo colp; a uno scarto violento del

    suo cavallo Hadyar perse le staffe, e cadde. Prima che avesse iltempo di rialzarsi, uno dei tenenti gli si precipit addosso; accorseroaltri soldati a cavallo, e Hadyar fu preso, nonostante gli sforzitremendi fatti per liberarsi.

    In quel momento Djemma, che si era gettata avanti, sarebbegiunta fino a suo figlio se non fosse stata trattenuta dal marescialloNicol. Una mezza dozzina di tuareg, per, gliela strapparono; einutilmente il bravo Coupe--coeur li insegu mentre si portavano viarapidamente la vecchia tuareg.

    Non ho fortuna! esclam il maresciallo; avevo in pugnola lupa e m' sfuggita di mano Qui, Coupe--coeur! ripet,chiamando il cane. Ad ogni modo il lupacchiotto una buonapreda.

    Hadyar era stato preso, e preso bene, e se i tuareg non fosseroriusciti a liberarlo prima del suo arrivo a Gabes, il Gerich sarebbe

    stato finalmente liberato dai suoi pi temuti briganti.La banda senza dubbio lo avrebbe tentato, e Djemma non avrebbelasciato il figlio nelle mani dei francesi se il distaccamento nonavesse ricevuto rinforzi da soldati raccolti nei posti militari di Tozeure di Gafsa.

    Tre settimane dopo, la spedizione era ritornata al litorale, e ilprigioniero era stato chiuso nel bordy di Gabes, nell'attesa di esseretrasportato a Tunisi, dove sarebbe stato deferito alla giustizia

    militare.Questi gli avvenimenti accaduti prima che incominciasse il nostro

    racconto.Il capitano Hardigan, dopo un breve viaggio a Tunisi, era tornato a

    Gabes, come si visto, la stessa sera in cui l'incrociatore Chanzygettava l'ancora nel golfo della Piccola Sirte.

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    CAPITOLOIII

    L'EVASIONE

    DOPO che i due ufficiali, il maresciallo d'alloggio e gli spahis se nefurono andati, Horeb avanz rasentando il muricciolo del pozzo, evenne a mettersi in osservazione. Quando ogni rumore di passi alledue estremit del sentiero fu svanito, il tuareg fece cenno ai

    compagni di seguirlo. Djemma, suo figlio e Ahmet lo raggiunserosubito, e risalirono una viuzza sinuosa, fiancheggiata da vecchiecasupole disabitate, che piegava verso il bordy.

    Da quel lato l'oasi era deserta e il baccano dei quartieri pipopolosi non vi si ripercuoteva minimamente. La notte era buia sottoil denso velo di nuvole immobili nella calma dell'atmosfera. Amalapena gli ultimi aliti dell'alto mare portavano sulla spiaggia ilmormorio della risacca.

    Bast un quarto d'ora a Horeb per giungere al nuovo luogo diconvegno, che era nella sala terrena di una specie di caff tenuto daun mercante levantino. Questo mercante era della partita, e si potevacontare sulla sua fedelt, assicurata mediante il pagamento di unagrossa somma, che sarebbe stata raddoppiata qualora le cose fosserofinite bene. In quell'occorrenza il suo intervento era stato utile.

    Fra i tuareg riuniti in quel piccolo caff vi era Harrig. Questi era

    uno dei pi fedeli e coraggiosi seguaci di Hadyar. Pochi giorni prima,in una rissa per le vie di Gabes, si era fatto arrestare e rinchiudere nelcarcere del bordy. Durante le ore passate nel cortile comune non glifu difficile entrare in colloquio con il suo capo. Nulla di pi naturaleche due uomini della stessa razza fossero attratti l'uno verso l'altro. Siignorava che questo Harrig appartenesse alla banda di Hadyar. Egliaveva potuto fuggire durante la lotta e accompagnare nella fugaDjemma: poi, ritornato a Gabes, adeguandosi al piano prestabilito

    con Sohar e Ahmet, egli approfitt della propria incarcerazione percombinare la fuga di Hadyar.

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    Ad ogni modo ci che pi importava era che questi fosse rimessoin libert prima dell'arrivo dell'incrociatore che doveva portarlo via;ed ecco che la nave, segnalata al suo passaggio al capo Bon, andavaad ancorarsi nel golfo di Gabes. Perci era necessario che Harrig

    potesse lasciare il bordy in tempo per mettersi bene d'accordo coicompagni. Bisognava che l'evasione avesse luogo quella notte,poich, a giorno fatto, sarebbe stato tardi. Al levar del sole Hadyarsarebbe stato trasportato a bordo dello Chanzy, e non sarebbe statopi possibile strapparlo all'autorit militare.

    Le cose erano a questo punto quando intervenne il mercante, checonosceva il capo guardiano della prigione del bordy. La leggerapena pronunciata contro Harrig per la rissa era gi finita di scontarela sera prima, ma Harrig, cos impazientemente aspettato, non erastato rilasciato. Non era possibile che egli fosse incorso in unaggravio di pena per una qualsiasi mancanza al regolamentocarcerario; ad ogni modo, bisognava sapere che cosa era accaduto eottenere che per Harrig le porte del bordy si aprissero prima di notte.

    Il mercante decise dunque di andare dal guardiano, il quale nellesue ore di ozio veniva volentieri a sedersi al caff. Si mise in

    cammino quando cominciava a farsi sera e si diresse al forte.La visita al guardiano poi non risult necessaria, e pi tardi, dopola fuga, sarebbe potuta sembrare sospetta. Mentre il mercante siavvicinava alla porticina del guardiano, un uomo gli sbarr la via.

    Era Harrig, che riconobbe il levantino. Soli, sul sentiero chescende dal bordy, non avevano timore di essere visti o uditi, eneppure di essere spiati o seguiti. Harrig non era un prigionieroevaso, bens un carcerato che, finita la pena, rimesso in libert.

    Hadyar? chiese il mercante per prima cosa. avvertito rispose Harrig. Per questa notte? Per questa notte. E Sohar e Ahmet e Horeb? Ben presto ti raggiungeranno.Dieci minuti pi tardi Harrig si trovava coi compagni nella sala

    terrena del caff, e per maggiore precauzione uno di loro rimase fuori

    a sorvegliare la strada.

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    Solo dopo un'ora la vecchia tuareg e suo figlio, guidati da Horeb,entrarono nel caff dove Harrig li inform di tutto.

    Nei pochi giorni della sua prigionia Harrig aveva avuto modo dicomunicare con Hadyar. Il fatto che due tuareg, chiusi nello stesso

    carcere, si fossero messi in rapporto non poteva sembrare sospetto;del resto, il capo tuareg entro breve tempo sarebbe stato condotto aTunisi, mentre a Harrig sarebbe stata resa la libert.

    La prima domanda fatta a quest'ultimo, quando Djemma e i suoicompagni giunsero in casa del mercante, la fece Sohar in questitermini:

    E mio fratello? E mio figlio? aggiunse la vecchia. Hadyar avvertito rispose Harrig. Nel momento in cui

    uscivo dal bordy abbiamo inteso la salva di cannoni dello ChanzyHadyar sa di dover essere imbarcato domattina, e questa notte stessatenter di fuggire.

    Se tarda dodici ore disse Ahmet non far pi in tempo. E se non riesce? mormor Djemma con voce sorda. Riuscir non esit a dichiarare Harrig: col nostro aiuto

    riuscir. E come? domand Sohar.Queste furono le spiegazioni date allora da Harrig. La cella in cui

    Hadyar passava le notti si trovava in un angolo del forte, nella partedella cortina che sorgeva dal lato del mare, e la cui base era bagnatadalle acque del golfo. A questa cella conduceva un cortiletto, al qualeil prigioniero aveva libero accesso, fra alte mura che non avrebberopotuto essere superate.

    In un angolo di quel cortiletto si apriva un passaggio, una speciedi fogna che andava a sbucare fuori della cortina. Una grata metallicachiudeva quel condotto che andava a sboccare a dieci piedi circasopra il livello del mare. Ora Hadyar aveva constatato che la grataera in cattivo stato e che la ruggine ne rodeva le sbarre ossidate dallasalsedine. Non doveva essere difficile staccarla durante la notte eraggiungere carponi l'orifizio esterno.

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    Ma una volta giunto l, come sarebbe proseguita la fuga diHadyar? Tuffandosi in mare, egli avrebbe potuto raggiungere laspiaggia pi vicina, dopo aver fatto il giro del bastione?

    Era in condizioni di et e di forze tali da arrischiarsi fra le correnti

    del golfo che portavano verso l'alto mare?Il capo tuareg non aveva ancora quarantanni. Era un uomo di alta

    statura, di carnagione bianca, sebbene abbronzata dal sole delle zoneafricane, magro, forte, abile in tutti gli esercizi fisici, destinato aessere a lungo valido e forte tenendo conto della sobriet checontraddistingue gli indigeni della sua razza, ai quali il grano, i fichi,i datteri, la lattuga assicurano un nutrimento che li rende robusti eresistenti.

    Non senza ragione Hadyar aveva ottenuto una grande influenza suquei tuareg nomadi del Tuat e del Sahara, cacciati ormai verso iChotts della bassa Tunisia. La sua audacia era pari all'intelligenza.Egli aveva ereditato queste qualit dalla madre, come tutti i tuaregche madreggiano. Fra loro, infatti, la donna pari all'uomo, se purenon gli superiore. Al punto che un figlio di padre schiavo e didonna nobile nobile d'origine; mentre il caso contrario non si

    verifica. Tutta l'energia di Djemma si ritrovava nei suoi figli, cheerano sempre rimasti accanto a lei nei vent'anni della sua vedovanza.Sotto la sua influenza Hadyar aveva acquistato le qualit di unapostolo, di cui aveva il bel volto dalla barba nera, gli occhi ardenti,l'atteggiamento risoluto. Perci alla sua voce le trib l'avrebberoseguito attraverso le immensit del Gerid, se egli avesse volutotrascinarle contro gli stranieri e spingerle alla guerra santa.

    Era dunque un uomo nel pieno vigore degli anni, ma non avrebbe

    potuto concludere favorevolmente la sua evasione se qualchedunaltro non l'avesse aiutato dal di fuori. Infatti, non bastava spingersiall'orifizio del condotto dopo averne forzato la grata. Hadyarconosceva il golfo; sapeva che vi si formano correnti violentissime,bench le maree vi siano deboli, come accade in tutto il bacino delMediterraneo. Non ignorava che nessun nuotatore pu resistere loro,e che sarebbe stato trascinato in alto mare senza aver potuto toccar

    terra su una delle spiagge a monte o a valle del forte. Dunque era

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    necessario che egli trovasse una barca all'estremit del passaggio,all'angolo della cortina e del bastione.

    Ecco le informazioni date da Harrig ai suoi compagni.Come ebbe finito, il mercante si accontent di dire:

    Ho laggi una barca a vostra disposizione E mi ci porterai? domand Sohar. Quando sar venuto il momento. Cos facendo avrai mantenuto tutte le tue promesse, e noi

    manterremo le nostre aggiunse Harrig e raddoppieremo lasomma che ti fu promessa, in caso di buona riuscita.

    La riuscita sicura asser il mercante, che da buon levantinonon vedeva nella cosa altro che un buon affare che doveva dargli ungrosso profitto.

    Sohar si era rialzato, e disse: A che ora ci aspetta Hadyar? Fra le undici e mezzanotte rispose Harrig. La barca sar l molto prima aggiunse Sohar e appena

    imbarcato mio fratello, lo condurremo al marabut, dove i cavalli sonopronti

    E in quel luogo osserv il mercante non rischiate diessere visti. Vi accosterete alla spiaggia, che sar deserta fino almattino.

    Ma la barca? fece osservare Horeb. Baster tirarla sulla sabbia, dove io la trover rispose il

    mercante. Non rimaneva che un quesito da risolvere. Chi di noi andr a prendere Hadyar? domand Ahmet. Io rispose Sohar.

    E io ti accompagner disse la vecchia tuareg. No, madre dichiar Sohar. Bastiamo in due per guidare

    la barca al bordy Se ci imbattessimo in qualcuno, la vostra personapotrebbe sembrare sospetta al marabut che dovete andareHoreb e Ahmet verranno con voi Harrig e io, con la barca,condurremo l mio fratello.

    Sohar aveva ragione. Djemma lo comprese e disse soltanto:

    Quando ci separiamo?

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    Subito rispose Sohar. Fra mezz'ora voi sarete al marabut.In meno di mezz'ora noi saremo ai piedi del forte con la barca,all'angolo del bastione, dove non si rischia di essere veduti e semio fratello non si mostra all'ora concordata, prover s, prover a

    giungere fino a lui. S, figlio mio, perch, se egli non fugge stanotte, non lo

    rivedremo mai pi! mai pi!Era venuto il momento. Horeb e Ahmet si avviarono per primi

    scendendo la stretta via che porta al mercato. Djemma li seguivanascondendosi nell'ombra quando incontravano qualcuno. Il casoavrebbe potuto metterli di fronte al maresciallo d'alloggio Nicol, edera necessario che egli non la riconoscesse. Oltre i confini dell'oasinon c'era pi pericolo, e seguendo la base delle dune non si sarebbeincontrata anima viva fino al marabut.

    Poco dopo Sohar e Harrig uscirono dal caff. Essi sapevanobenissimo dove si trovava la barca del mercante, e preferivano chequesti non li accompagnasse: avrebbe potuto essere visto ericonosciuto da qualche viandante ritardatario.

    Erano circa le nove. Sohar e il suo compagno salirono verso il

    forte, e ne seguirono la cinta verso sud. All'interno e all'esterno ilbordy sembrava tranquillo, e qualsiasi rumore si sarebbe fatto sentirein quell'atmosfera silenziosa, non turbata da un soffio di vento, eanche cupa, perch dense nubi immobili e grevi coprivano il cielo daun orizzonte all'altro.

    Fu solo nel giungere alla spiaggia che Sohar e Harrig ritrovaronoun po' di vita. Passavano dei pescatori, alcuni di ritorno con ilprodotto della loro pesca, altri diretti alle loro barche per portarsi in

    mezzo al golfo. Qua e l alcuni fuochi rompevano l'ombraincrociandosi in ogni direzione. A mezzo chilometro si scorgeval'incrociatore Chanzy, coi suoi poderosi fanali che gettavano strisceluminose sulla superficie del mare.

    I due tuareg evitarono accuratamente i pescatori e si diresseroverso un molo in costruzione all'estremit del porto.

    Ai piedi del molo era ormeggiata la barca del mercante. Come era

    stato stabilito, un'ora prima Harrig si era assicurato che essa fosse alsuo posto. Due remi giacevano sotto i banchi, e non rimaneva altro

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    che imbarcarsi. Nel momento in cui Harrig stava per togliere ilgancio, Sohar gli afferr il braccio. Due guardie doganali, incaricatedella sorveglianza di quella parte di spiaggia, venivano verso di loro.Forse conoscevano il proprietario dell'imbarcazione e sarebbero stati

    stupiti di vedere Sohar e il suo compagno prenderne possesso. Erameglio non destare nessun sospetto. I doganieri avrebbero senzadubbio chiesto a Sohar e ad Harrig che cosa volessero fare di unabarca che non era loro; e senza nessun arnese da pesca, i due tuaregnon avrebbero potuto farsi passare per pescatori.

    Perci risalirono la spiaggia e si rannicchiarono alla base del moloper non essere visti. Vi rimasero una buona mezz'ora almeno, e sipu immaginare la loro impazienza vedendo i doganieri fermarsilungamente in quel punto. Che dovessero rimanere di fazione fino almattino? No. Finalmente si allontanarono.

    Allora Sohar avanz sulla sabbia, e appena i doganieri si furonoperduti nell'oscurit, chiam il compagno, che subito lo raggiunse.

    La barca fu tirata fino all'acqua, Harrig s'imbarc, e Sohar,deposto il gancio a prua, lo segu.

    Subito i due remi manovrati dolcemente spinsero l'imbarcazione,

    che super il molo rasentando la base della cortina bagnata dalleacque del golfo.In un quarto d'ora Harrig e Sohar ebbero superato l'angolo del

    bastione e si fermarono sotto l'orifizio del condotto, per il qualeHadyar doveva tentare la fuga.

    Il capo tuareg era solo nella cella in cui doveva passarequell'ultima notte. Un'ora prima il guardiano lo aveva lasciatochiudendo col grosso catenaccio la porta di quel cortiletto sul quale si

    apriva la cella. Hadyar aspettava il momento di agire con quellastraordinaria pazienza dell'arabo fatalista, eppure tanto padrone di sin tutte le circostanze. Egli aveva udito la salva di cannoni delloChanzy; non ignorava l'arrivo dell'incrociatore; sapeva che vi sarebbestato imbarcato il giorno dopo e che non avrebbe dovuto mai pirivedere le regioni dei Sebkas e dei Chotts, il paese caro del Gerid!Ma alla rassegnazione tutta musulmana si univa la speranza di

    riuscire nel suo tentativo. Era ben sicuro che sarebbe riuscito afuggire attraverso quello stretto passaggio; ma i suoi compagni

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    avrebbero potuto procurarsi una barca, e sarebbero stati pronti aipiedi del muro? Pass un'ora. Ogni tanto Hadyar usciva dalla cella, siponeva all'ingresso del condotto e tendeva l'orecchio. Qualsiasirumore di barca che fosse avanzata rasentando la cortina, egli

    l'avrebbe percepito distintamente; ma non si udiva nulla, ed eglitornava al suo posto, in assoluta immobilit.

    Talvolta andava anche a origliare presso la porta del cortilespiando il passo di un guardiano, nel timore che si volesse procedereal suo imbarco nella notte stessa; dentro la cinta del bordy regnavaun silenzio assoluto, che solo il passo della sentinella sulcamminamento alla sommit del bastione interrompeva ogni tanto.

    Mezzanotte era vicina, ed era stato fissato con Harrig chemezz'ora prima Hadyar avrebbe raggiunto l'estremit del passaggiodopo aver divelto la grata. Se in quel momento la barca si fossetrovata l, egli si sarebbe imbarcato subito; ma se, invece, essa nonfosse arrivata, egli avrebbe dovuto aspettare sino ai primi baglioridell'alba, e, nel caso, avrebbe tentato la fuga a nuoto rischiando diessere trascinato dalle correnti attraverso il golfo della Piccola Sirte?Sarebbe stata l'ultima possibilit, la sola, di sottrarsi alla condanna a

    morte.Hadyar usc dunque per accertarsi che nessuno si dirigesse verso ilcortiletto, si sistem il vestito serrandoselo bene intorno al corpo, estrisci dentro l'angusto passaggio.

    Il condotto era lungo una decina di metri circa, e largo appena asufficienza perch un uomo di media corporatura vi potessepenetrare. Hadyar dovette sfregarsi contro le pareti lacerando alcunepieghe del suo haik, ma, strisciando con grandissimi sforzi, raggiunse

    la grata. Questa, come stato gi detto, era in pessime condizioni; lesbarre non erano sistemate saldamente nel sasso che si sbriciolavasotto la mano. Bastarono cinque o sei scosse per staccarla, e quandoHadyar l'ebbe ripiegata contro la parete il passaggio fu libero.

    Al capo tuareg non rimaneva ora che strisciare ancora per duemetri per raggiungere l'orifizio esterno; e fu quella la parte pipenosa, poich il condotto si andava restringendo verso la sbocco.

    Tuttavia Hadyar vi riusc, e alla fine non ebbe nemmeno bisogno diaspettare.

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    Quasi subito giunsero al suo orecchio queste parole: Hadyar, siamo qui.Hadyar fece l'ultimo sforzo, e la parte anteriore del suo corpo usc

    dall'orifizio a dieci piedi d'altezza sull'acqua.

    Harrig e Sohar gli mossero incontro, ma, nel momento in cuistavano per tirarlo fuori, si ud un rumore di passi. Essi temettero chequel rumore venisse dal cortiletto, che un guardiano fosse statomandato per imbarcare immediatamente il prigioniero e che,trovando il prigioniero scomparso, avrebbe subito dato l'allarme nelbordy.

    Per fortuna, non era cos. Il rumore era stato provocato dallasentinella passeggiando presso il parapetto della torretta. Forse la suaattenzione era stata destata dall'avvicinarsi della barca, ma dal postodove essa passeggiava non poteva scorgere nulla; e, d'altra parte, lapiccola barca, in quell'oscurit, non sarebbe stata visibile. A ognimodo fu necessario usare prudenza e dopo pochi istanti Sohar eHarrig afferrarono Hadyar per le spalle, e a poco a poco lo estrasserodalla buca, finch egli fu finalmente fra loro.

    Con una spinta vigorosa, la barca fu mandata al largo. Era

    preferibile non rasentare n i muri del bordy n la spiaggia; erameglio risalire il golfo fino all'altezza del marabut. D'altra parte funecessario evitare molte barche che uscivano dal porto o vitornavano, poich quella notte calma favoriva la pesca. Passandodavanti allo Chanzy, Hadyar si rizz, e con le braccia incrociateconcentr il suo odio in una lunga occhiata poi, senza proferireparola, si rimise a sedere a poppa della barca.

    Mezz'ora dopo, i tre uomini sbarcavano sulla sabbia; poi, tirata la

    barca in secco, il capo tuareg e i suoi due compagni si dirigevanoverso il marabut, e vi giungevano senza aver fatto nessun cattivoincontro.

    Djemma si era fatta avanti verso suo figlio, che strinse fra lebraccia, e disse solo questa parola:

    Vieni!Poi, voltando l'angolo del marabut, raggiunse Ahmet e Horeb. Tre

    cavalli aspettavano, pronti a lanciarsi sotto lo sprone dei lorocavalieri. Hadyar balz in sella, e con lui Harrig e Horeb.

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    Vieni! aveva detto Djemma, nel rivedere suo figlio; e anchequesta volta pronunci una sola parola:

    Va'! disse indicando con la mano le tenebrose regioni delGerid. Un momento dopo, Hadyar, Horeb e Harrig erano scomparsi

    nell'oscurit della notte.Fino al mattino la vecchia tuareg rimase con Sohar nel marabut.

    Ella aveva voluto che Ahmet ritornasse a Gabes. La fuga di suo figliosi era risaputa? Se ne diffondeva gi la notizia nell'oasi? E le autoritavevano mandato delle pattuglie a inseguire il fuggitivo? E in qualedirezione si sarebbe andati a cercarlo? Attraverso il Gerid? E controil capo tuareg e i suoi compagni ora si doveva ricominciare lacampagna intrapresa precedentemente e che si era risolta con la suacattura? Questo voleva sapere Djemma prima di riprendere ilcammino verso il paese dei Chotts. Ma Sohar non riusc a sapernulla, per quanto si aggirasse nei dintorni di Gabes. Egli si spinseperfino in vista del bordy; ripass dal mercante, il quale seppe allorache il tentativo era riuscito e che Hadyar, finalmente libero, correvaattraverso le solitudini del deserto.

    D'altra parte, il mercante non aveva ancora udito dire che la fuga

    fosse gi nota, e naturalmente, se qualcosa ne fosse trapelato,avrebbe dovuto essere lui uno dei primi ad esserne informato.Le prime luci dell'alba non avrebbero tardato, ad ogni modo, a

    illuminare l'orizzonte a est del golfo. Sohar non volle aspettare oltre.Era necessario che la vecchia lasciasse il marabut prima del giorno,poich era conosciuta, e, non essendo stato possibile tenere ilfigliolo, anche lei sarebbe stata in ogni caso buona preda.

    Sohar la raggiunse quando l'oscurit era ancora profonda, e, sotto

    la sua guida, ella riprese la via delle dune.Il giorno seguente una delle lance dell'incrociatore si rec al porto

    per la consegna del prigioniero. Quando il custode ebbe aperto l'usciodella cella occupata da Hadyar, la sua meraviglia fu grande. Fu facileaccertare in quali condizioni la fuga si fosse compiuta, dopo unaricerca nel condotto, la cui grata venne trovata rimossa. Hadyaraveva dunque cercato di fuggire a nuoto, e, in tal caso, non era molto

    probabile che le correnti del golfo l'avessero sospinto al largo?Oppure una barca, preparata da qualche complice, l'aveva trasportato

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    in qualche punto del litorale? Questo non pot essere verificato, e lericerche fatte nei dintorni dell'oasi furono inutili: infatti non si potscoprire nessuna traccia del fuggitivo. Le pianure del Gerid e leacque della Piccola Sirte non lo restituirono n vivo n morto.

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    CAPITOLOIV

    IL MARE DEL SAHARA

    DOPO aver rivolto le sue sincere felicitazioni ai presenti cheavevano risposto al suo appello, ringraziato gli ufficiali, i funzionarifrancesi e tunisini, che coi notabili di Gabes erano venuti alla

    conferenza, il signor de Schaller cos disse: Bisogna convenire, signori, che coi progressi della scienza ogniconfusione tra storia e leggenda sta divenendo sempre piimpossibile. L'una finisce per far giustizia dell'altra. La leggendaappartiene ai poeti; la storia retaggio dei dotti. Pur riconoscendo imeriti della leggenda, oggi io sono costretto a relegarla nel dominiodell'immaginazione e ad attenermi alle realt provate dalleosservazioni scientifiche.

    Difficilmente la nuova sala del casin di Gabes avrebbe potutoriunire un pubblico meglio disposto a seguire il conferenziere nellesue interessanti dimostrazioni. L'uditorio era gi totalmentefavorevole al progetto di cui si doveva discorrere. Perci le sueparole fin dal principio furono accolte con un mormorio lusinghiero.Solo alcuni indigeni, mescolati al pubblico, sembravano mantenereun prudente riserbo. E per la verit il progetto di cui il signor deSchaller si preparava a fare la storia non era visto di buon occhio damezzo secolo da parte delle trib, sedentarie o nomadi, del Gerid.

    - Noi ammettiamo senza difficolt prosegu l'oratore chegli antichi erano gente d'immaginazione e gli storici hannoaccontentato abilmente il loro gusto scrivendo storie che eranosoltanto tradizioni. In quei racconti essi si ispiravano a un substratoveramente mitologico.

    Non dimenticate, signori, quanto ci narrano Erodoto, Pomponio

    Mela e Tolomeo. Il primo nella sua Storia dei popoli non parla forsedi un paese che si stende fino al fiume Tritone, il quale si getta nella

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    baia di questo nome? Non racconta forse, come un episodio delviaggio degli Argonauti, che la nave di Giasone, spinta dall'uraganosulle coste della Libia, fu ricacciata a ovest fino a questa baia delTritone, della quale non si scorgeva neanche il confine occidentale?

    Si dovrebbe dedurre da tale racconto che tale baia avessecomunicazione col mare. Ed d'altra parte ci che riferisce Scillacenel suo Periplo del Mediterraneo.

    Dopo Erodoto, ecco Pomponio Mela, il quale quasi al principiodell'era cristiana riferisce ancora l'esistenza del grande lago Tritonechiamato anche lago Pollade, la cui comunicazione con la PiccolaSirte (che poi l'odierno golfo di Gabes), scomparve perl'abbassamento delle acque, dovuto alla loro evaporazione.

    Infine, stando a Tolomeo, le acque avrebbero continuato adabbassarsi di livello sino a formare i quattro laghi, Tritone, Pollade,di Libia e delle Testuggini. Questi sono i Chotts algerini Melrir eRharsa e i Sebkas tunisini Gerid e Fegegi.

    Signori, in queste antiche leggende che non hanno nulla incomune con la precisione della scienza contemporanea vi daprendere e da lasciare ( soprattutto da lasciare ). Non vero che la

    nave di Giasone sia mai stata spinta attraverso quel mare interno, ilquale non comunic mai con la Piccola Sirte, e non avrebbe maipotuto raggiungere quei lidi se non a patto di essere munita dellepoderose ali d'Icaro, il figlio avventuroso di Dedalo. Le osservazionifatte gi alla fine del XIX secolo dimostrano senza incertezze che unmare sahariano che avesse ricoperto tutta la regione dei Sebkas e deiChotts non ha mai potuto esistere, poich in alcuni punti l'altitudinedi tali depressioni supera di quindici o venti metri il livello del golfo

    di Gabes, specialmente in quelle pi vicine alla costa, e mai questomare, in tempi storici, avrebbe avuto l'estensione di cento leghe chegli attribuiva qualche spirito troppo immaginoso.

    Tuttavia, signori, pur riducendo tale estensione alle dimensioniche consente la natura di quei terreni cosparsi da Chotts e da Sebkas,non era impossibile mettere in atto il progetto di un mare saharianoalimentato dalle acque del golfo di Gabes. Questo appunto il

    progetto formulato da alcuni scienziati audaci, ma pratici, progettoche per molte peripezie non pot essere portato a compimento; ed

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    la sua storia che desidero ricordarvi esponendovi i tentativi vani e icrudeli disinganni sofferti in tanti anni.

    Nell'uditorio corse un mormorio d'approvazione, e siccome ilconferenziere indicava con una mano una carta appesa alla parete

    dietro la cattedra, tutti gli sguardi si volsero da quella parte.La carta comprendeva la parte della Tunisia e dell'Algeria

    meridionale attraversata dal 34 parallelo e che si stende dal terzogrado di longitudine est fino all'ottavo. Vi erano segnate le grandidepressioni a sud-est di Biscra: l'insieme dei Chotts algerini di livelloinferiore a quello delle acque mediterranee compresi sotto ladenominazione di Melrir e Rharsa. Dall'estremit del Chott di Melrirsul settimo meridiano era tracciato il canale incompiuto che limetteva in comunicazione con la Piccola Sirte. A nord, dalla partetunisina, si stendevano le pianure percorse dalle trib degliHammemas: a sud, nella parte algerina, l'immensa regione delledune.

    Le principali citt e villaggi della regione erano indicati con lamassima esattezza: Gabes sulla sponda del golfo omonimo, lHammasulla riva destra del nuovo canale, quasi all'estremit est del Chott

    Fegegi, Limagnes, Softim, Bu-Abdallah e Bechia su quella lingua diterra che si prolunga fra il Fegegi e il Gerid. Seddada, Kri, Hamma,Tozeur, Nefta; fra Gerid e Rharsa, Chebecha a nord, e Bir Klebia aovest di quest'ultimo; infine Zeribet, Ain-Naga, Takir-Rassu, Mraier,Fagussa vicine alla ferrovia transahariana progettata a ovest deiChotts algerini.

    L'uditorio poteva dunque vedere sulla carta l'insieme di quelledepressioni fra le quali Rharsa e Melrir quasi interamente inondabili

    dovevano formare il nuovo mare africano. Ma riprese a dire il signor de Schaller che la natura abbia

    per l'appunto disposto le depressioni in modo da raccogliere le acquedella Piccola Sirte non poteva essere detto se non dopo un accuratolavoro di livellazione. E fin dal 1872, durante una spedizione neldeserto del Sahara, il senatore d'Orand, Pomel e l'ingegner Rocardaffermarono che quel lavoro non avrebbe mai potuto essere compiuto

    data la costituzione dei Chotts.

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    Lo studio fu allora ripreso in condizioni pi sicure nel 1874 dalcapitano di Stato maggiore Roudaire, al quale spetta la prima ideadello straordinario progetto.

    Gli applausi scoppiarono da ogni parte al nome dell'ufficiale

    francese, che fu acclamato come gi tante volte lo era stato, e comesempre dovr esserlo. A quel nome, del resto, bisognava associarequelli di Freycinet, presidente del Consiglio dei ministri a queltempo, e di Ferdinand de Lesseps, che pi tardi avevano sostenutoquell'impresa gigantesca.

    Signori, riprese a dire il conferenziere, bisogna tornare aquel tempo lontano per parlare della prima ricognizione scientificadella regione chiusa a nord dalle montagne dell'Aurs a trentachilometri a sud di Biscra. Fu infatti nel 1874 che l'audace ufficialestudi il progetto di mare interno al quale doveva poi consacrare tantisforzi. Ma come avrebbe potuto prevedere quanti ostacoli sarebberosorti, per vincere i quali forse nemmeno la sua energia sarebbebastata? Comunque sia, il nostro dovere di rendere a quell'uomocoraggioso e dotto l'omaggio che gli dovuto. Dopo i primi studifatti dal promotore dell'impresa, il ministro della Pubblica istruzione

    incaric ufficialmente il capitano Roudaire delle diverse missioniscientifiche che si riferivano alla ricognizione della regione. Cosfurono eseguite esattissime osservazioni geodetiche che stabilirono ilrilievo di quella parte del Gerid.

    Fu allora che la leggenda dovette ritirarsi davanti alla realt.Quella regione, che si diceva essere stata un mare comunicante

    un tempo con la Piccola Sirte, non si era mai trovata in talicondizioni. Inoltre, la depressione del terreno, che si diceva

    completamente inondabile dalla sponda di Gabes fino agli estremiChotts algerini, lo era invece solo in piccolissima parte. Ma anche seil mare del Sahara non avesse potuto avere le dimensioni che lacredenza popolare gli aveva attribuito inizialmente, non ne risultavaperci che il progetto dovesse essere abbandonato. In principio,signori, disse de Schaller si aveva avuto l'aria di credere che ilnuovo mare potesse estendersi per quindicimila chilometri quadrati.

    Ora da questa cifra se ne dovettero togliere cinquemila per i Sebkastunisini, il cui livello pi alto di quello del Mediterraneo. In realt,

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    dai calcoli fatti dal capitano Roudaire, a soli ottomila chilometriquadrati deve essere ridotta la superficie inondabile dei ChottsRharsa e Melrir, la cui altitudine negativa sar di venti metri pibassa della superficie del golfo di Gabes.

    E allora, toccando la carta con la bacchetta che aveva in mano, espiegando minutamente il panorama che l'accompagnava, il signor deSchaller pot condurre il suo uditorio attraverso quella partedell'antica Libia.

    Nella regione dei Sebkas, a partire dal litorale, le coste, dalle pibasse che misurano m 15,52, alle pi alte di m 31,45, raggiungonol'altitudine massima presso la sponda di Gabes. Dirigendosi versoovest, le prime grandi depressioni si incontrano solo nel piccolobacino dello Chott Rharsa, a duecentoventisette chilometri dal mare,per una lunghezza di quaranta chilometri. Poi il terreno si rialza pertrenta chilometri fino ad Aslue, per ridiscendere poi per altricinquanta chilometri fino al Chott Melrir, in gran parte inondabileper un'estensione di cinquantacinque chilometri. A questo punto ilgrado di longitudine 3 40' si incrocia con il parallelo, e la distanzafra questo punto e il golfo di Gabes di quattrocentodue chilometri.

    Questo fu, signori disse de Schaller il lavoro geodeticocompiuto in quelle regioni. Ma, se ottomila chilometri quadrati eranocertamente in condizioni tali da ricevere le acque del golfo, il tagliod'un canale di duecentoventisette chilometri, data la natura delterreno, non sarebbe stato superiore alle forze umane? Dopomoltissimi scandagli, il capitano Roudaire ritenne di no. Non sitrattava tanto, come stato detto in un notevole articolo di MaximeHlne, di scavare un canale attraverso un terreno sabbioso come

    Suez o fra montagne calcaree come a Panama e a Corinto. Qui ilterreno non ha affatto quella solidit. Lo scavo si sarebbe eseguito inuna crosta salina e mediante un drenaggio si sarebbe prosciugatosufficientemente il terreno per i lavori necessari. E anche sul ciglioneche separa Gabes dalla prima Sebka, ossia per un'estensione di ventichilometri, il piccone non avrebbe incontrato altro che un bancocalcareo di trenta metri. Tutto il resto del taglio si sarebbe fatto in

    terreno molle.

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    Il conferenziere riassunse allora con grande precisione i vantaggiche, stando a Roudaire, dovevano derivare da quell'opera gigantesca.Prima di tutto il clima dell'Algeria e della Tunisia sarebbe miglioratoeccezionalmente; sotto l'azione dei venti del sud le nuvole formate

    dall'evaporazione del nuovo mare si sarebbero sciolte in pioggebenefiche su tutta la regione, con gran profitto dell'agricoltura.Inoltre le depressioni dei Sebkas tunisini di Gerid e di Fegegi, deiChotts algerini di Rharsa e di Melrir, ora paludose, si sarebberobonificate rapidamente sotto il profondo strato delle acquepermanenti.

    Dopo questi miglioramenti fisici, quali guadagni commercialiavrebbe goduto la regione trasformata in tal modo dalla manodell'uomo! Infine Roudaire faceva a buon diritto valere questi ultimiargomenti: la regione a sud dell'Aurs e dell'Atlante sarebbe statafornita di nuove vie sulle quali le carovane avrebbero fruito dimaggior sicurezza; il commercio grazie a una flottiglia mercantile sisarebbe sviluppato in tutta quella zona, a cui le depressioni finoravietavano l'accesso; le truppe messe in grado di sbarcare a sud diBiscra avrebbero assicurato la tranquillit aumentando l'influenza

    francese in quella parte dell'Africa. Eppure soggiunse il conferenziere bench questoprogetto di un mare interno sia stato studiato con scrupolosa cura,bench le operazioni geodetiche siano state eseguite con la piscrupolosa attenzione, moltissimi contraddittori vollero negare ivantaggi che la regione avrebbe ricavato da questa ciclopica impresa.

    Poi de Schaller confut ad uno ad uno gli argomenti citati negliarticoli di vari giornali del tempo, sui quali si era cominciata una

    guerra senza quartiere contro l'opera del capitano Roudaire.Si diceva che la lunghezza del canale che doveva condurre l'acqua

    del golfo di Gabes ai Chotts Rharsa e Melrir, sarebbe stataequivalente alla capacit del nuovo mare, ossia a ventotto miliardi dimetri cubi, e che le depressioni non avrebbero mai potuto esserecolmate.

    Poi si pretese che a poco a poco l'acqua salmastra del mare del

    Sahara si sarebbe infiltrata sotto i terreni delle oasi vicine e, risalendo

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    alla superficie per capillarit naturale, avrebbe distrutto le vastepiantagioni di datteri che costituiscono la ricchezza del paese.

    Altre critiche veramente serie asserivano che le acque del marenon sarebbero mai giunte alle depressioni, ma sarebbero evaporate

    ogni giorno attraversando il canale. Eppure in Egitto, sotto raggiardenti di un sole pari a quello del Sahara, il lago Menzaleth, che sidiceva sarebbe stato impossibile colmare, venne pure riempito, e inquel caso la sezione del canale non era che di cento metri.

    Vennero anche discusse l'impossibilit o, per lo meno, le difficoltfinanziarie del taglio del canale. Ma, effettuate le opportuneverifiche, si trov che il terreno dal ciglione di Gabes fino alle primedepressioni era cos molle, che talvolta lo scandaglio vi penetrava dasolo per il suo proprio peso.

    I denigratori dell'impresa avevano formulato i pronostici piscoraggianti: i dintorni dei Chotts, si diceva, erano assai pianeggiantie non avrebbero tardato a trasformarsi in acquitrini e in focolai dipestilenze che avrebbero infettato la regione. I venti dominanti,anzich soffiare da sud, come pretendevano gli autori del progetto,avrebbero soffiato da nord. Le piogge causate dall'evaporazione del

    nuovo mare non sarebbero ricadute sulle campagne dell'Algeria edella Tunisia, ma sarebbero andate perdute inutilmente sulleimmense pianure sabbiose del gran deserto.

    Queste critiche furono il punto di partenza di un periodo nefasto,durante il quale si verificarono avvenimenti tali da richiamare l'ideadella fatalit in quelle regioni dove il fatalismo regna sovrano,avvenimenti che rimasero scolpiti nella memoria di quanti hannovissuto in Tunisia.

    I progetti del capitano Roudaire avevano sedotto l'immaginazionedegli uni, acceso la passione speculatrice degli altri. Il signor deLesseps, che era tra i primi, aveva preso la cosa a cuore fino almomento in cui non ne fu distolto dal taglio dell'istmo di Panama.4

    Tutto ci non era accaduto senza colpire l'immaginazione degliindigeni nomadi o sedentari di quelle regioni, che vedevano il sud

    4Dopo il taglio dell'istmo di Suez il visconte de Lesseps form infatti nel 1881,una nuova compagnia per il taglio dell'istmo di Panama; questa per fall nel 1889.(N.d.T.)

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    algerino in potere dei Rumi, la fine della loro sicurezza, della lorofortuna rischiosa e della loro indipendenza. L'invasione del marenelle loro solitudini significava la fine d'una dominazione secolare. Eperci fra le trib si manifestava una sorda agitazione, poich esse si

    sentivano minacciate nei loro privilegi o, meglio, nei privilegi cheesse si attribuivano. Fu allora che il capitano Roudaire, avvilito,soccombette pi al disinganno che alla malattia, e l'opera da luisognata dorm a lungo, finch, pochi anni dopo il riscatto del Panamaad opera degli americani, nel 1904 ingegneri e capitalisti stranieriripresero i suoi progetti e fondarono una societ che, sotto il nome diCompagnia franco-straniera, si organizz in modo da cominciare ilavori e portarli presto a termine a vantaggio della Tunisia e, diriflesso, dell'Algeria.

    E mentre l'idea di penetrare nel Sahara si imponeva a molticervelli, il movimento in tal senso manifestatosi nell'ovest algerino,nella zona di Orano, si era andato accentuando a mano a mano che ilprogetto abbandonato di Roudaire cadeva nell'oblio. Gi la ferroviastatale oltrepassava Beni-Unif nell'oasi di Figuig e si trasformava incapolinea della Transahariana.

    Non voglio entrare, in questa sede, continu de Schaller in considerazioni retrospettive sulle operazioni di questa Compagnia,sull'energia che essa dimostr e sui lavori considerevoli cheintraprese con pi coraggio che riflessione. Essa agiva, come voi bensapete, su un territorio vastissimo, e siccome per lei non vi era ilminimo dubbio che la cosa non dovesse riuscire, si occup di tutto.Fra le altre cose organizz il servizio forestale, al quale diede ilcompito di consolidare le dune a nord dei Chotts con mezzi analoghi

    a quelli che si erano impiegati in Francia nelle Lande per proteggerele coste contro la duplice invasione del mare e delle sabbie. Cioprima ancora che i suoi progetti fossero portati a compimento, laCompagnia ritenne necessario, anzi indispensabile, mettere le cittesistenti e quelle da fondarsi, nonch le oasi, al sicuro dalle sorpresedi un futuro mare che certo non sarebbe stato un lago tranquillo, e delquale era prudente diffidare in anticipo. Contemporaneamente si

    imponeva tutto un sistema di lavori idraulici per condurre le acquepotabili agli ued e ai rhis. Non bisognava ferire gli indigeni nelle loro

  • 7/22/2019 Jules Verne - L'Invasione Del Mare

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    abitudini e nei loro interessi: solo a quel prezzo si sarebbe ottenuta lariuscita dell'impresa. E bisognava anche, non tanto scavare, quantopreparare dei porti per il cabotaggio che, allestito prontamente,avrebbe dato un profitto immediato.

    Per questi lavori cominciati tutti insieme si erano costituiticomplessi di operai e citt provvisorie erano sorte l dove fino algiorno prima, per cos dire, regnava la solitudine quasi assoluta. Inomadi, sebbene malcontenti, erano per trattenuti dal numero stessodegli operai. Gli ingegneri non si risparmiavano, e la loro scienzas'imponeva instancabilmente a quella massa di uomini chelavoravano sotto i loro ordini e che avevano in loro fiducia illimitata.In quel momento il sud tunisino incominciava a diventare un veroalveare umano incurante dell'avvenire, dove gli speculatori di ognitipo, mercanti e trafficanti, sfruttavano i primi operai, obbligati adaffidare la cura del loro nutrimento a fornitori venuti non si sa dadove, come avviene sempre in casi simili.

    E al di sopra di tutte queste necessit materiali si librava l'idea diun pericolo continuo, ma invisibile, il senso di una minacciaindefinita, qualche cosa come la vaga angoscia che precede tutti i

    cataclismi atmosferici e che turbava quella grande folla nella vastasolitudine che la circondava.Signori, la catastrofe avvenne per colpa dell'imprevidenza e dei

    calcoli sbaglia